Darrel Treece-Birch – No More Time

Lasciate per una volta i facili lidi della musica usa e getta e fatevi una passeggiata in riva al mare accompagnati dalle note di No More Time, le emozioni saliranno piano, come la marea.

Darrel Treece-Birch, tastierista dei Nth Ascension e dal 2011 alla corte dei Ten di Gary Hughes, con cui ha inciso gli ultimi tre full length e l’ep The Dragon And Saint George uscito pochi mesi fa, continua la sua carriera solista arrivando con quest’ultimo album alla quinta opera, tutte licenziate nel nuovo millennio.

Il musicista, compositore e produttore britannico si è circondato di ottimi professionisti gravitanti nel mondo del rock melodico e progressivo, dando alle stampe un lavoro senza tempo, che pur mantenendo i crismi di un’opera progressiva, svaria tra le sonorità del rock melodico di classe con picchi emozionali altissimi, qualche pausa dal sapore ambient e tanto gusto pinkfloydiano nelle atmosfere.
In gran parte strumentale, l’album, che sfiora i settanta minuti di musica, richiede non poca concentrazione per essere assimilato, il songwriting di ottima qualità concede pochi momenti facili e tanti punti di introspezione musicale; la copertina che accompagna l’album spiega molto della musica in esso contenuta, lasciando il tempo al suo scorrere o fermandolo per assaporare la pace che le note create da Darrel Treece-Birch sanno donare.
Prodotto dallo stesso musicista nel Regno Unito, No More Time come detto si avvale di numerosi ospiti tra cui Steve Grocott e Dann RosIngana (Ten) e Dan Mitchell alla chitarra, Karen Fell, singer della Gary Hughes Band,  e tre musicisti dei Nth Ascension, Alan Taylor (voce e chitarre), Gavin Walker (basso) e Martin Walker alla sei corde.
Si potrebbe pensare ad un disco improntato su suoni chitarristici, ed in parte le sei corde si danno il cambio tra i brani per colmare il suono di solos che come detto, lasciano sul campo sfumature pinkfloydiane, ma è molto importante nel sound del musicista britannico la componente elettronica, una liquida ed elegante base tastieristica sulla quale i cantanti si danno il cambio, con la splendida Music Of The Spheres (cantata da Karen Fell) a prendersi la scena e salire sul gradino più alto del podio come traccia maggiormente emozionante dell’intero album.
Non ci sono sbavature o imperfezioni in questo lavoro, anche se rimane confinato in un genere di difficile assimilazione, specialmente per gli ascoltatori di oggi, fagocitatori di musica virtuale e poco inclini a dare il giusto tempo alla musica di far breccia nella propria anima.
Poco male, lasciate per una volta i facili lidi della musica usa e getta e fatevi una passeggiata in riva al mare accompagnati dalle note di No More Time, le emozioni saliranno piano, come la marea.

TRACKLIST
1. Nexus Pt1
2. Earthbound
3. Riding the Waves
4. Hold On
5. Requiem Pro Caris
6. Nexus Pt2
7. Twilight
8. Mother (Olive’s Song)
9. Freedom Paradigm
10. Nexus Pt3
11. The River Dream
12. No More Time
13. Legacy
14. Music of the Spheres
15. Return to the Nexus

LINE-UP
Darrel Treece-Birch: Keyboards, Vocals, Bass Guitars, Mandolin, Drums.

Special Guests:
Phil Brown: (Counterparts UK) Acoustic Guitar, Electric Guitar
Steve Grocott (Ten) Electric Guitar
Karen Fell: (Gary Hughes Band) Vocals
Dan Mitchell: (Formerly of Ten) Electric Guitar
John Power: (Counterparts UK) Bass and Fretless Bass Guitar, Acoustic Guitar, Electric Guitar, & Violin
Dann RosIngana: Electric Guitar
Alan Taylor: (Nth Ascension) Vocals, Acoustic Guitar, Electric Guitar
Gavin Walker: (Nth Ascension) Bass Guitar
Martin Walker: (Nth Ascension) Electric Guitar

DARREL TREECE-BIRCH – Facebook

Assailant / Ubiquitous Realities – Bringers of Delusion

Uno dei migliori split album usciti negli ultimi tempi in campo estremo

Symbol of Domination Prod. ci presenta, con questo split album, due gruppi provenienti dal Costarica, lembo di terra che divide il continente americano e che si affaccia sul mercato metallico con sempre più convinzione.

La prima band in questione sono i prog/thrashers Assailant, quartetto che arriva con Bringers Of Delusion alla seconda uscita sul mercato, che segue di ben quattro anni il primo demo, licenziato nel 2012.
Tanto tempo è passato, un peccato perché il gruppo merita oltremodo con il suo thrash metal ultra tecnico e progressivo che non lascia sicuramente indifferente chi ha modo di ascoltarne la proposta.
Amalgamando la vecchia scuola nata nella Bay Area con quella europea dai rimandi progressivi, i quattro musicisti centro americani stupiscono per l’alta qualità tecnica ed un’arguzia compositiva sopra le righe, lasciando un’ottima impressione e molta aspettativa (almeno nel sottoscritto).
I quattro brani presentati oltre ad esssre suonati molto bene, fanno rizzare le orecchie ai fans del thrash più evoluto, presentandosi come una perfetta amalgama tra Voivod, Death Angel ed i tedeschi Mekong Delta, peccando solo per una produzione che, con maggiore cura, avrebbe ancor più valorizzato le traccie proposte.
Una band da seguire, così come gli Ubiquitous Realities, duo che fa del technical death metal dai rimandi brutal il suo credo e che con lo split in questione da il via alla sua carriera nel mondo del metal estremo.
Prodotte meglio rispetto ai brani dei loro connazionali, le quattro canzoni presentate convincono presentandoci una band pronta per un eventuale full lenght, specialmente se manterrà le caratteristiche qui riscontrate: buona tecnica, ed un talento per miscelare a dovere metal estremo e sfumature progressive con maturità e freschezza compositiva.
Bringers Of Delusion risulta uno dei migliori split usciti negli ultimi tempi in campo estremo, poiché dà spazio a due realtà che, pur provenendo da un paese fuori dai circuiti abituali, hanno le carte in regola per crearsi il proprio spazio nel vasto mondo del metal underground.

TRACKLIST
1. Assailant – The Leading Spectre
2. Assailant – Hands of the Saints
3. Assailant – Suspension of Disbelief
4. Assailant – Delusions
5. Ubiquitous Realities – Bringers of Malevolence
6. Ubiquitous Realities – Biological Demise
7. Ubiquitous Realities – Alterated Perception I
8. Ubiquitous Realities – Alterated Perception II

LINE-UP
Assailant:
Daniel Murillo – Bass, Vocals (backing)
José Del Valle – Guitars, Vocals
Ricardo Arce – Guitars, Vocals (backing)
Andrés Guillén – Drums

Ubiquitous Realities :
Sebastian Sanchez – Drums
Hamid Rojas – Guitars, Vocals

 

UBIQUITOUS REALITIES – Facebook

Orobas – Arise In Impurity

Tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio, ma l’ep può rivelarsi una partenza sufficiente se verrà seguito da lavori più personali.

Debuttano con l’Ep Arise In Impurity i death metallers Orobas , maligna creatura attiva da appena un anno e cresciuta nei meandri della scena di Dhaka, in Bangladesh.

Il quartetto capitanato dal batterista e fondatore Hephaestus, paga dazio al blackened death metal di scuola est europea, con le proprie influenze che non si scostano dalle solite band storiche (Behemoth).
Con impatto e discreta determinazione, la giovane band asiatica rilascia il suo primo lavoro, Arise In Impurity, un ep composto da quattro songs più intro, oscure e basate su testi occulti e mitologici.
Senza lasciare nulla per quanto riguarda cattiveria ed attitudine, il gruppo spara quattro cartucce devastanti, colme di blast beat e di tutti i cliché che il genere impone, inserendosi nelle nuovissime proposte del metal estremo underground provenienti dal continente asiatico in seconda fila rispetto ad altre realtà con più esperienza e più personalità.
Bad Blood Hunter risulta il migliore episodio, oscura e malvagia quanto basta per convincere, mentre nel finale troviamo la buona cover del classico dei Venom, Black Metal.
La strada per il gruppo è lunga e tortuosa, Arise In Impurity può diventare un sufficiente inizio di carriera, se seguito da lavori più personali, tre brani (se escludiamo intro e cover) sono pochi per dare un giudizio definitivo, ma per ora il rischio è che gli Orobas finiscano nel calderone dei gruppi dimenticati o addirittura ignorati, anche se un ascolto potrebbe rivelarsi gradito per chi è un fan accanito del genere.

TRACKLIST
1. Ode to Impurity (Intro)
2. The Ravana
3. Lord Ramesses
4. Bad Blood Hunter
5. Black Metal (Venom cover)

LINE-UP
Puppeteer – Bass
Hephaestus – Drums
Kraken – Guitars
Sammael – Vocals

OROBAS – Facebook

Grotesque Ceremonium – Demonic Inquisition

L’impatto è da tregenda, l’attitudine evil non manca, ma l’ascolto è consigliato solo ai fans del genere.

Death metal old school oscuro e brutale , una cascata grondante riff malefici, un muro sonoro violento e monolitico senza soluzione di continuità: questo troverete tra i solchi di Demonic Inquisition, primo lavoro sulla lunga distanza dei Grotesque Ceremonium, one man band proveniente da Ankara fondata da Batu Çetin, polistrumentista e membro di un’altra manciata di gruppi della scena turca (Cenotaph, Drain of Impurity, Phosgendöd, Womb of Decay, Decimation).

Accompagnato da una copertina rigorosamente old school, a richiamare la musica prodotta, l’album si dipana su nove brani estremi per oltre quaranta minuti di oscuro e pesantissimo death metal, reso evil e d’impatto da un growl brutale e profondo (ma leggermente monocorde) ad appannaggio dello stesso Batu Çetin.
L’album risulta un devastante omaggio al sound storico, metal estremo senza compromessi, un massacro sonoro terribile e che non lascia spazio a nulla che non sia potenza, oscurità e violenza, un sound creato nell’abisso senza speranza, o la minima apertura melodica.
Si parte scendendo le scale che portano all’inferno senza guardarsi indietro, l’oscurità si fa spessa come una coltre di catrame putrefatto, riff su riff, growl belluino e demoniaco, una violenza che si tramuta in velocità ragionata mantenendo la velocità di crociera come se a regolare il flusso di note ci fosse un pilota automatico.
Ed è questo il maggior difetto di questo lavoro, i brani formano una lunga suite di feroce metal estremo con la stessa foga dall’inizio alla fine, non ci sono fermate in questo lungo discendere nei meandri nascosti dove cresce il male: non concedono tregua, ma si fatica a riconoscerli, così che diventa difficile trovarne qualcuno che spicchi su una tracklist che risulta un ammasso di lava nera che scorre migliaia di metri nel sottosuolo.
L’impatto è da tregenda, l’attitudine evil non manca, ma l’ascolto è consigliato solo ai fans del genere: se non siete amanti di gruppi come gli Incantation (dei quali viene proposta la cover di Profanation) il consiglio è di passare oltre.

TRACKLIST
1. Defiled Spirits of Unholy Torments
2. Demonic Inquisition
3. Burned at the Stake
4. Malefizhaus & Hexengefangnis
5. Barbaric Apostasy
6. Agonized Screams of the Damned
7. In the Cauldrons of Hell
8. Crushing Morbid Death
9. Profanation (Incantation cover)

LINE-UP
Batu Çetin – Vocals, All instruments

GROTESQUE CEREMONIUM – Facebook

Armory – World Peace… Cosmic War

Heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici

In Svezia non si parla solo la lingua metallica estrema, ma sono di tradizione le sonorità classiche così come nel resto della penisola scandinava.

Ora non ricordo sinceramente un altro gruppo di origine svedese che suoni lo speed metal, ma mi vengono incontro gli Armory, giovane band di Goteborg con un amore incondizionato per il metal old school.
Attivo da cinque anni il gruppo arriva all’esordio con questo ottimo full length, accompagnato da una splendida copertina fuori dai soliti cliché del genere, ma che riprende il concept del disco incentrato sullo spazio ed i suoi misteri.
World Peace … Cosmic War, ovvero heavy metal suonato a velocità della luce, sostenuto da ritmiche indiavolate e ricamato da solos altrettanto veloci e melodici, con qualche raro momento dove la corsa si trasforma in cavalcata ed il cantato regala acuti in pieno ottanta style.
Il genere può anche essere considerato da alcuni obsoleto, magari conservatore nel ripetere i soliti stilemi, ma per suonarlo bisogna essere capaci ed i musicisti che compongono la line up sanno il fatto loro ed il risultato non può che essere un heavy metal album tripallico, devastante ed assolutamente in grado di offrire ai fans quaranta minuti su e giù per le montagne russe dello speed.
Qualche miglioramento nella produzione avrebbero reso i brani ancora più esplosivi e travolgenti, ma risulta un dettaglio, il disco funziona alla grande con una serie di canzoni che richiamano una serie di nomi storici da brividi come Agent Steel, Helstar, Exciter e qualche accenno alla vergine di ferro nelle perfette trame chitarristiche che i due axeman G.G. Sundin e Ingelman scaraventano senza pietà nel lavoro non dando tregua alcuna.
Chiaro che il lavoro della sezione ritmica risulta importantissimo e Space Ace alle pelli con la collaborazione di Anglegrinder al basso eseguono il loro compito alla grande così come il vocalist Konstapel P, dal tono grintoso e dagli acuti spacca specchi.
High Speed Death, la maideniana Hell’s Fast Blades, Artificial Slavery e Space Marauders, speed metal song da nove minuti di delirio metallico, sono i brani più convincenti di un esordio consigliato senza dubbio ai molti defenders ancora in giro per il mondo.

TRACKLIST
1. World Peace (Intro)
2. Cosmic War
3. High Speed Death
4. Hell’s Fast Blades
5. Spinning Towards Doom
6. Without Days, Without Years
7. Artificial Slavery
8. Phantom Warrior
9. Final Breath
10. Space Marauders

LINE-UP
Konstapel P – Vocals
G.Sundin – Guitars
Ingelman – Guitars
Anglegrinder – Bass
Ace – Drums

ARMORY – Facebook

Hellbringer – Awakened from the Abyss

Questo album è il classico esempio di metal old school, ben suonato e prodotto in maniera efficace

Dalla terra dei canguri arrivano questi tre cavalieri armati di chitarra, basso e batteria a difendere l’onore del thrash metal, ovviamente old school e di chiara impronta centroeuropea.

Loro sono gli Hellbringer, australiani di Canberra e sono attivi dal 2007 con il monicker Forgery, poi sostituito dall’attuale tre anni dopo, e la loro discografia si completa con un ep ed il primo full length, il devastante Dominion of Darkness, licenziato nel 2012.
Tornano tramite High Roller Records con questo ottimo esempio di thrash vecchia scuola dal titolo Awakened from the Abyss, trascinante quel tanto che basta per arrivare in fondo e premere nuovamente il tasto play.
Veniamo infatti travolti dalla carica guerresca del combo, tra velocità ritmica e solos che scaricano una valanga di riff metallici; non ci si muove dal classico metal estremo di Sodom e Destruction, sconfinando a tratti nel sound slayerano, ma gli Hellbringer il loro mestere lo sanno fare e le varie Coven of Darkness, Iron Gates e Dark Overseer non deludono, specialmente se siete amanti di queste sonorità.
Il massacro che i servitori di Lucifero hanno in serbo per le povere anime dannate, come ben raffigurato dalla copertina, continua tra ritmiche in your face e solos ficcanti, la voce cartavetrata ed in puro thrash style, accompagna e descrive gli eventi con la giusta dose di cattiveria ed il tutto funziona più che bene.
Questo album è il classico esempio di metal old school, ben suonato e prodotto in maniera efficace, il che aumenta l’appeal di Awakened from the Abyss, che non lascia il tempo di respirare nella sua mezz’ora (perfetta per il genere) di durata.
Un armageddon sonoro si abbatterà su di voi, dichiaratamente ed orgogliosamente old school, così da rinverdire i fasti del genere del periodo ottantiano, buon ascolto.

TRACKLIST
1. Fall Of The Cross
2. Coven Of Darkness
3. Realm Of The Heretic
4. Iron Gates
5. Spectre Of Rebirth
6. Awakened From The Abyss
7. Dark Overseer

LINE-UP
Luke Bennett – Bass/Lead Vocals
James Lewis – Guitar/Backing Vocals
Josh Bennett – Drums

http://www.facebook.com/Hellbringeraus

In Cauda Venenum / Heir / Spectrale – In Cauda Venenum / Heir / Spectrale

Tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

Bellissimo ed affascinante split licenziato dalla label francese Emanations, in collaborazione con Les Acteurs De L’ombre, etichetta specializzata in sonorità estreme e d’avanguardia, che ci presenta queste tre entità transalpine dalle sonorità oniriche, post metal e black.

La prima band in scaletta sono gli Spectrale, duo di Bordeaux composto da Jeff Grimal e Jean-Baptiste Poujol che, armati di sole due chitarre acustiche, eseguono tre brani strumentali dalla forte impronta psichedelica, eterea e dai tenui colori sulle tonalità del grigio.
L’atmosfera creata da Sagittarius A, Al Ashfar e Crepuscole invita ad entrare nell’universo del duo, composto da musica ipnotica, trascendentale, le sei corde si intrecciano in trame acustiche oniriche, mentre in sottofondo richiami psichedelici creano un’aurea di viaggio, una liquida passeggiata dentro di noi accompagnati dai suoni acustici in un crescendo atmosferico tra sonorità pink floydiane e post metal alla Ulver.
Clamorosa la prova degli In Cauda Venenum, gruppo di Lione con un full length omonimo alle spalle uscito lo scorso anno, autore di un interessante post black metal e qui alle prese con un brano originariamente composto da Angelo Badalamenti per la colonna sonora di Twin Peaks.
Laura Palmer, Agonie à Twin Peaks è un brano di quindici minuti dove il gruppo descrive l’agonia della protagonista, una ragazzina votata all’autodistruzione, amalgamando disperate e drammatiche parti black con atmosferiche e quanto mai oscure sonorità post dark, valorizzate dal cello di Raphaël Verguin, in un’escalation di sofferenza e distruzione mentale e corporale.
Un piccolo capolavoro, angosciante e quanto mai terrorizzante, una discesa nel più profondo disagio accentuato dalle criptiche sonorità che la band con maestria fonde con il metal estremo, in un delirio di dolore che porta inevitabilmente alla morte.
La terza band chiamata in causa sono i black metallers Heir, giovane gruppo di Tolosa attivo dallo scorso anno con il debutto in formato ep dal titolo Asservi.
Tre brani per il quintetto che svariano tra il black metal old school e sonorità rock, atmosferico quanto basta per considerare il gruppo come parte del movimento post black e bravo nel saper condurre il songwriting tra i meandri del metal estremo, rallentando i ritmi e regalando ottime parti molto vicine al confine con lo sludge.
Delle tre songs, i nove minuti di Upon The Masses sono il perfetto sunto del sound degli Heir, in quanto racchiudono furia black, rallentamenti ed atmosfere post rock.
Ne esce uno split esaustivo sul lavoro di queste label transalpine, specializzate nei generi più vari della musica estrema e che ci presentano altre tre realtà del loro roster dall’alto tasso qualitativo.
Musica non per tutti ma tremendamente affascinante, specie per chi vuole sperimentare nuovi ascolti.

TRACKLIST
1. Spectrale – Sagitarrius A
2. Heir – Descent
3. In Cauda Venenum – Laura Palmer, agonie à Twin Peaks
4. Spectrale – Al Ashfar
5. Heir – Upon the Masses
6. Spectrale – Crépuscule
7. Heir – Sectarism

LINE-UP
Spectrale :
Jeff Grimal – Guitars
Jean-Baptiste Poujo – Guitars

In Cauda Venenum :
Ictus – Guitars, Vocals
N.K.L.S. – Drums, Guitars
Raphaël Verguin – Cello

Heir :
F.D – Bass
D.D – Drums
M.S – Guitars
M.D – Guitars
L.H – Vocals

IN CAUDA VENENUM – Facebook
HEIR – Facebook

Blood Incantation – Starspawn

Il gruppo americano riesce a coniugare tecnica ed atmosfere con una facilità straordinaria.

L’atmosfera che si respira su questo ultimo lavoro degli statunitensi Blood Incantation è quanto di più soffocante, maligno ed assolutamente old school si possa trovare in giro per l’underground estremo, rimanendo in campo death metal.

La band di Denver, devota in toto al sound reso famoso dai maestri Morbid Angel, giunge con Starspawn al primo full length dopo una serie di lavori minori tra cui spicca l’ep Interdimensional Extinction dello scorso anno.
Il gruppo nato nel 2011 e composto da musicisti gravitanti nell’underground estremo, centra il bersaglio al primo colpo, Starspawn segue la strada maestra indicata dall’angelo morboso e lo fa aggiungendovi un po’ di farina del suo sacco, tradotta in aperture melodiche dal sapore progressivo, atmosfere che chiamare oscure è un eufemismo, lenti passaggi doom e cavalcate death metal infernali, il tutto accompagnato da un growl brutale e demoniaco.
Si presentano al meglio i Blood Incantation mettendo come opener la lunghissima Vitrification of Blood (Part 1), tredici minuti di rituale estremo, nero come la pece, un lento trascinarsi tra i geyser delle melmose pozze dell’inferno, dove la temperatura sale man mano che si scende verso il baratro; la violenta Chaoplasm è molto più diretta, ma con Hidden Species (Vitrification of Blood Part 2) si torna a scendere spinti da vorticose scale tecniche di assoluto valore, camei atmosferici progressivamente efficaci ed una malsana e monolitica predisposizione alla sofferenza, tipica del doom/death più onirico ed estremo.
I quattro minuti acustici di una bellezza disarmante dal titolo Meticulous Soul Devourment, ci introducono alla devastante title track che chiude il lavoro, superba nella sua brutalità, sorprendente nella maestria con cui il quartetto la suona.
Starspawn risulta così un gran bel disco, assolutamente imperdibile per i fans dei Morbid Angel:22 il gruppo americano riesce a coniugare tecnica ed atmosfere con una facilità straordinaria, grande band non lasciatevela sfuggire.

TRACKLIST
1. Vitrification of Blood (Part 1)
2. Chaoplasm
3. Hidden Species (Vitrification of Blood Part 2)
4. Meticulous Soul Devourment
5. Starspawn

LINE-UP
Jeff Barrett – Fretless Bass
Isaac Faulk – Drums
Paul Riedl – Guitars/Vocals
Morris Kolontyrsky – Guitars

Gloomy Grim – The Age of Aquarius

Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di soprendere

Negli anni novanta le storiche band che permisero al symphonic black metal di trovare la meritata notorietà furono seguite da una schiera di figliastri blasfemi tra cui i finlandesi Gloomy Grim, realtà oscura nata dalla mente di Agathon, cantante e tastierista nonché ex componente di Barathrum e Thy Serpent ed altri meno conosciuti gruppi estremi.

il 1996 è l’anno di nascita della band di Helsinki, vent’anni di metal estremo dai rimandi satanici, con l’esordio targato 1998 (Blood, Monsters, Darkness) ed una serie di album (quattro) che si interrompe otto anni fa, all’uscita di Under the Spell of the Unlight.
Tornano in pista,  dunque, dopo un lungo lasso di tempo i Gloomy Grim, e lo fanno con questo ottimo lavoro, The Age Of Aquarius, continuando la tradizione che vuole il sound del gruppo come un ottimo esempio di black metal sinfonico, squarciato da tempeste di raw black metal ed impreziosito da atmosfere dark/gotiche e spettacolari cambi di tempo tanto che non è azzardato avvicinarli al prog estremo.
Durata perfetta per assaporare per intero l’opera, The Age Of Aquarius riporta il gruppo nel regno oscuro delle band cardine del genere, il vento gelido che attraversa l’album si placa dove il quintetto di demoni estraggono dal cilindro note oscure pregne di umori gotici ed orrorifici in un delirio di musica estrema molto suggestiva.
Stiamo parlando di black metal, ed allora non mancano furiose accelerazioni ed epiche cavalcate, lenti ma potentissimi condensati di metallo nero, ed un’aura maligna che come nebbia ricopre le varie songs.
Un lavoro vario, dalle ottime idee e che non manca di sorprendere, il lavoro di Agathon sulle voci (scream e growl) è da applausi e la parte sinfonica risulta perfettamente inserita nelle trame estreme dei brani, con particolare attenzione per le parti oscure, gotiche ed inquietanti.
Non ci sono punti deboli in questo lavoro, sicuramente adatto anche a chi non ha grossa dimestichezza con il genere, per le reminiscenze classiche delle sei corde (The Shameful Kiss) e un’impronta dark/gothic ispiratissima.
Un’opera che nella sua interezza sbaraglia non pochi concorrenti ma che ha in A Lady In White, One Night I Heard A Scream, Time e Light of Lucifer Shine on Me le perle nere di questo gioiello estremo.

TRACKLIST
1. The Rise of the Great Beast
2. Germination
3. A Lady in White
4. Beyond the Hate
5. One Night I Heard a Scream
6. The Shameful Kiss
7. The Mist
8. Time
9. Light of Lucifer Shine on Me
10. Trapped in Eternal Darkness

LINE-UP
Agathon – Vocals
Suntio – Drums
Lord Heikkinen- Guitars
Nuklear Tormentörr- Bass
Micko Hell – Guitars

GLOOMY GRIM – Facebook

Somnium Nox – Apocrypha

Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta

Dalle terre australiane arriva questo nuovo duo di black metallers con il debutto fatto di una sola traccia di sedici lunghi minuti, che ripercorre la storia del black metal, dal più puro e raw, passando per il sinfonico fino a sfiorare lidi post black.

I Somnium Nox sono il chitarrista Nocturnal ed il vocalist Ashahalasin, e Apopcrypha è il primo vagito, un urlo che tocca vertici di geniale metallica, caratterizzata da una varietà stilistica sorprendente, colma di parti estreme, elementi sinfonici ed atmosfere post black che ne fanno un sunto degli ultimi venticinque anni.
Con coraggio e personalità i due musicisti di Sydney/Canberra incorporano in un’unica opera quello che è stata l’evoluzione del genere dagli ormai lontani primi anni novanta, e lo fanno con una facilità disarmante rendendo l’ascolto scorrevole per nulla forzato ed assolutamente affascinante.
Si parte in quarta ed i primi minuti sono estremismo black allo stato puro, poi i venti cambiano, delicate sinfonie fanno capolino fino all’arrivo di una parte atmosferica rock oriented e dai rimandi pinkfloydiani, a metà brano la furia si abbatte ancora una volta su di noi, estrema e cattivissima, per poi cadere in un abisso metallico che sfocia al centro della terra dove ad aspettarci ci sono note di liquido incedere black/psichedelico.
Il viaggio finisce qui, il ritorno sarà un’odissea, dispersi nei meandri di musica senza tempo che coglie elementi già usati in precedenza ma dona loro un’anima propria e li fa convivere in questo bellissimo brano.
Non perdeteli di vista ed aspettate con noi il prossimo passo di questa intrigante creatura estrema.

TRACKLIST
Apocrypha

LINE-UP
Nocturnal – Guitars
Ashahalasin – Vocals

SOMNIUM NOX – Facebook

Attick Demons – Let’s Raise Hell

Let’s Raise Hell è un ottimo album, inutile dire che è un ascolto obbligato per i fans dei Maiden, ma il consiglio si estende anche a tutti gli amanti del metal più classico.

Tornano in pista gli Attick Demons, band portoghese che ripercorre con il proprio sound le gesta della vergine di ferro da ormai vent’anni, pur non avendo una numerosa discografia alle spalle.

Infatti il gruppo, sotto l’ala della label tedesca Pure Steel, è solo al secondo lavoro sulla lunga distanza, le sue uscite si limitano ad un ep omonimo uscito nel 2000, un demo, ed il primo album intitolato Atlantis ed uscito cinque anni fa.
Tre chitarre come i Maiden da Brave New World, disco che vedeva il ritorno di Adrian Smith tra le fila della band del despota Steve Harris, ed un cantante che lascia di stucco da quanto la sua voce sia perfettamente uguale a quella di Bruce Dickinson.
Semplici cloni? Assolutamente no, Let’s Raise Hell è un bellissimo lavoro di heavy metal classico dove le somiglianze con la più famosa metal band del pianeta sono palesi, ma non inficiano un risultato ottimo sotto tutti i punti di vista.
Il songwriting regala perle metalliche dure come l’acciaio, a tratti travolgenti, ma che sanno regalare qualche spunto progressivo, meno prolissi degli ultimi lavori della vergine di ferro e più in linea proprio con l’album uscito nel 2000 e che tornava a far risplendere la maschera di Eddie sui palchi di tutto il mondo.
Let’s Raise Hell vs Brave New World, da questo fantasioso scontro la band portoghese ne esce alla grande, grazie ad una produzione che esalta la potenza vocale del singer e rende i suoni dei brani puliti e cristallini, mentre la bravura dei musicisti contribuisce ad esaltare l’ascoltatore, travolto dai solos che si intrecciano come serpenti in amore, ed una sezione ritmica che esce potente e pesante come un carro armato.
I brani che sparano nobile metallo maideniano sono all’altezza della situazione, Adamastor colma di accelerazioni e cambi di ritmo da infarto, Glory To Gawain dove la voce di Artur Almeida tocca vette altissime, The Endless Game (la Ghost Of The Navigator di Let’s Raise Hell), mentre la palma di migliore song dell’album va all’oscura Dark Angel, aperta da atmosfere arabeggianti, chitarre lusitane e che si trasforma in un midtempo dove il cantante duetta con una voce femminile da brividi.
Il finale è riservato ad un tris di brani dall’alto potenziale esplosivo: Ghost, Nightmare e Ritual tornano a duellare sul campo con lo storico sestetto britannico, in un quanto mai sanguinario corpo a corpo, dove con la song conclusiva valorizzata da una serie di riff straordinari, riescono a fuggire e a rimandare alla prossima uscita il singolar tenzone.
Let’s Raise Hell è un ottimo album, inutile dire che è un ascolto obbligato per i fans dei Maiden, ma il consiglio si estende anche a tutti gli amanti del metal più classico.

TRACKLIST
1. The Circle Of Light
2. Adamastor
3. Glory to Gawain
4. Dark Angel
5. The Endless Game
6. Let’s Raise Hell
7. Ghost
8. Nightmares
9. Ritual

LINE-UP
Artur Almeida – vocals
Luis Figueira – guitars
Nuno Martins – guitars
Hugo Monteiro – guitars
João Clemente – bass
Ricardo Allonzo – drums

ATTICK DEMONS – Facebook

Evoked – Lifeless Allurement

I brani proposti non mancheranno di far felici i fans del death metal senza compromessi

Questa creatura che si aggira nell’underground estremo proviene dalla Germania, è un duo chiamato Evoked e per la Go Fuck Yourself Productions immette sul mercato questo ep di cinque brani.

La band si compone di due musicisti, il chitarrista e cantante Bonesaw ed il batterista Artilleratör, con alle spalle altre esperienze in ambito estremo ed ora insieme per far vivere questa oscura entità che dal death metal old school trae forza.
Un ep che non aggiunge niente al percorso artistico del gruppo, il cui sound è quanto di più vecchia scuola si possa trovare spulciando tra le centinaia di uscite in ambito estremo; l’attacco frontale dei brano rimane confinato nel più profondo spirito underground, messo in risalto dalla copertina in bianco e nero e da una produzione che si poteva riscontrare nelle opere nate nei primi anni novanta.
Oscuro e soffocante, il sound del gruppo respira attraverso le ragnatele che col tempo si sono impossessate del genere; nulla di male, il death metal classico rimane l’arte estrema per antonomasia (almeno per il sottoscritto) e le opere uscite negli ultimi tempi confermano l’immortalità di questo genere, ma il gruppo pecca nel voler mantenere un approccio old school troppo stereotipato, soprattutto nei dettagli (produzione, strumenti ribassati e songwriting leggermente monocorde), non andando oltre la piena sufficienza.
I brani proposti non mancheranno di far felici i fans del death metal senza compromessi e brani come l’opener Mangled Torn & Eaten, Disintegrated Mind e la title track giustificheranno l’acquisto, almeno per chi di queste sonorità continua ingordo a nutrirsi, aspettiamo l’eventuale full length per un giudizio più completo ed esauriente.

TRACKLIST
1. Mangled, Torn & Eaten
2. Swallowed by the Void
3. Disintegrated Mind
4. Tremendous Existence
5. Lifeless Allurement

LINE-UP
Bonesaw – Guitars, Vocals
Artilleratör – Drums

EVOKED – Facebook

Ribbons Of Euphoria – Ribbons Of Euphoria

Ne esce un sound che nel suo essere stupendamente vintage mantiene un’originalità concettuale altissima

La Satanath Records, conosciuta come label che supporta principalmente sonorità estreme, stupisce tutti con l’esordio omonimo di questa band greca, un quintetto ateniese che propone un clamoroso progressive rock dalle mille sfumature, un involucro di suoni dai più svariati generi, un affresco di musica rock adulta, straordinariamente matura per una band all’esordio, pronta per diventare quantomeno oggetto di culto per gli appassionati del rock progressivo.

Ribbons Of Euphoria pesca dal meglio che le sonorità dei mostri sacri del genere ci hanno regalato, amalgamando in modo stupefacente progressive rock, hard rock, psichedelia e blues creando un’opera che risulta una sorpresa ad ogni nota, ogni passaggio, ogni cambio di atmosfera che la band usa a suo vantaggio per stupire l’ascoltatore.
Cinque brani per quaranta minuti abbondanti di musica a 360°, cinque clamorosi trip dove le allucinazioni sempre più reali non sono incubi, ma incontri ravvicinati con il rock che ha fatto storia.
Lasciate perdere disquisizioni tecniche che lasciano il tempo che trovano, le varie Incidence Of Truth, la suite prog/psichedelica A Jester And The Queen, la stoner/blues The Druids Are Rising (To The Forefront Once More), la purpleliana Smokin’ N’ Spittin’ e l’acida e liquida Mindful Of Dreams emanano profumo di erbe bruciate in un lento rituale psichedelico, dove il progressive di Yes e Gentle Giant, incontra l’hard rock dei Deep Purple, il rock blues dei Cream e l’era psichedelica dei fab four e li potenzia con cascate di groove e ritmiche sabbathiane.
Ne esce un sound che nel suo essere stupendamente vintage mantiene un’originalità concettuale altissima, una serie infinita di jam che si accavallano, una sopra l’altra una più clamorosa dell’altra in un rituale altamente acido, portando al genere una ventata di freschezza di cui ad oggi ha assolutamente bisogno per non risultare obsoleto.
Parlare di sound fresco dopo aver nominato le band di cui sopra può sembrare un’azzardo, beh cercatevi questo gioiellino, ascoltatelo e poi fatemi sapere … un album che è già un cult!

TRACKLIST
01. Incidence Of Truth
02. A Jester And The Queen
03. The Druids Are Rising (To The Forefront Once More)
04. Smokin’ N’ Spittin’
05. Mindful Of Dreams

LINE-UP
Stavros Zouliatis – vocals, percussion
Thanos Karakantas – bass, backing vocals
Nick Poulakis – guitars, backing vocals
Thanasis Strogilis – drums

RIBBONS OF EUPHORIA – Facebook

High Spirits – Motivator

Inaspettate influenze tradizionali per un musicista conosciuto nel mondo dell’underground per sonorità estreme e sperimentali come quelle suonate con i Nachtmystium.

Gli High Spirits sono la creatura del polistrumentista americano Chris Black, già attivo con un buon numero di band, anche importanti come Pharaoh e Nachtmystium, qui in veste di rocker a tutto tondo.

Fondati gli High Spirits per soddisfare la sua sete di hard rock nel 2009, ha licenziato due full length prima di questo Motivator, Another Night nel 2011 e You Are Here due anni fa, completando la discografia con qualche singolo, un ep e ben due compilation.
La proposta di Black ricalca l’hard rock a cavallo tra gli anni ottanta ed il decennio successivo, con qualche puntata nell’heavy metal britannico, in qualche solos, per il resto rock duro puro e semplice, arioso in alcune parti, più serrato in altre ma ben confezionato.
Intanto la produzione, senza strafare, permette di godere di tutti i dettagli del sound, le sonorità old school a cui Black fa riferimento vengono così valorizzate in toto, il songwriting di buon livello si evince da una raccolta di buone canzoni, orecchiabili, melodiche ma che non mancano di infiammare i cuori dei rockers più attempati.
Di livello i chorus, Black ha un’ottima voce ed imprime verve profusione in brani che ripercorrono la storia dell’hard rock con buona presa ed ottimo appeal.
Mezz’ora scarsa di durata, ma sufficiente senz’altro per tornare e rivivere i fasti della musica dura tradizionale con due o tre brani sopra la media, dalla metallica Reach For The Glory, all’hard rock di Haunted By Love e Down The Endless Road.
Il musicista di Chicago se la cava sia in fase di registrazione che con gli strumenti utilizzati e Motivator lascia ottime sensazioni, senza strafare ma puntando sull’anima più pura e tradizionale della musica dura.
Tra i solchi dell’album ci si aggira per sentieri battuti da UFO, Survivor, Thin Lizzy e Scorpions, inattese influenze tradizionali per un musicista conosciuto nel mondo dell’underground per sonorità estreme e sperimentali come quelle suonate con i Nachtmystium.
Il gruppo ha una buona attività live, dove Black si contorna di ottimi protagonisti della scena, così da non relegare il progetto alla solita one man band da studio, ma donandogli un’identità live, importantissima per mantenerla in ottima salute.

TRACKLIST
1. Up and Overture
2. Flying High
3. This Is the Night
4. Reach for the Glory
5. Do You Wanna Be Famous
6. Haunted by Love
7. Down the Endless Road
8. Take Me Home
9. Thank You

LINE-UP
Chris Black – All instruments, Vocals

HIGH SPIRITS – Facebook

Black Crown Initiate – Selves We Cannot Forgive

Una band, nata appena tre anni fa, che elabora a suo modo il metal estremo, si spolvera di dosso ogni accostamento possibile ed immette sul mercato il suo secondo lavoro, arrivando in poco tempo ad una maturazione compositiva completa.

Una band, nata appena tre anni fa, che elabora a suo modo il metal estremo, si spolvera di dosso ogni accostamento possibile ed immette sul mercato il suo secondo lavoro, arrivando in poco tempo ad una maturazione compositiva completa.

Gli statunitensi Black Crown Initiate, in soli tre anni hanno dato alle stampe un ep e due full lenght, Selves We Cannot Forgive infatti è il successore del debutto The Wreckage of Stars, uscito un paio di anni fa e che aveva dato al gruppo una già buona popolarità.
Il nuovo lavoro fa compiere un altro importantissimo passo avanti prendendo a spallate i soliti cliché del genere e cercando una via personale alla materia fatta di sfumature e generi che si susseguono nei vari brani, diversi uno dall’altro tanto da sorprendere ad ogni passaggio.
Un bel contenitore di sorprese Selves We Cannot Forgive, dal songwriting elastico e fresco e che passa in modo naturale da roboanti sferzate brutal, a reminiscenze core, passando per brani dalla forte connotazione rock (Again), magari violentati da sfuriate death ma pur sempre strutturate su un esplosivo e moderno prog rock.
Tralasciando un’ottima preparazione strumentale ed una produzione al top (gli americani in questo sono una sicurezza), l’album è talmente vario che si rischia ad un ascolto superficiale di credere d’essere al cospetto di band diverse, ed invece il gruppo cerca nuove soluzioni ad ogni passaggio, continuando a viaggiare tra brutalità e melodia, death metal e parti malinconiche, aperture ariose ed imprevedibili, blast beat e delicati passaggi prog rock.
La componente moderna o core è presente in piccole dosi, e si respira in qualche passaggio tra il growl (assolutamente brutal) e le clean vocals, con qualche ritmica più marziale ma costantemente estrema ed intricata.
Belie the Machine, Transmit To Disconnet, l’ottima Sorrowpsalm (forse il brano che raccoglie tutte le sfumature del sound in un unico caleidoscopio musicale), confermano la bravura di questo combo statunitense, pronto per finire sulla bocca di fans e addetti ai lavori in questa calda estate 2016.
Scommetto che in poco tempo diventeranno la new sensation del metal estremo proveniente dal nuovo continente, noi ve ne abbiamo parlato ora, qualcuno come sempre se ne prenderà i meriti magari più in là, a giochi fatti: è già successo, ma non importa, fatevi sotto perché il gruppo se lo merita …

TRACKLIST
1. For Red Clouds
2. Sorrowpsalm
3. Again
4. Belie the Machine
5. Selves We Cannot Forgive
6. Transmit to Disconnect
7. Matriarch
8. Vicious Lives

LINE-UP
Nick “Bass” Shaw – Bass
Jesse Beahler – Drums
Andy Thomas – Guitars, Vocals (clean)
James Dorton – Vocals

BLACK CROWN INITIATE – Facebook

Lanthanein – Lágrimas

Si sogna con la musica dei Lanthanein, e mai come di questi tempi ne sentiamo il bisogno.

Se si segue con attenzione la scena underground mondiale ci si accorge che mai come in questi anni la musica rock/metal abbia definitivamente cancellato dalla sua mappa stucchevoli e quanto mai inutili confini, muovendosi controcorrente alla società odierna sempre più costruita su muri razziali e religiosi.

Paesi asiatici, Australia, Sudafrica sono entrati prepotentemente sul mercato, regalando realtà assolutamente valide in ogni genere di cui si compone il mondo metallico.
In Sudamerica, per esempio, la tradizione metallica, specialmente in Brasile, è consolidata da decenni, con il metal classico e quello estremo a fare da traino a tutto il movimento.
I Lanthanein provengono invece dall’Argentina e ve ne avevamo parlato in occasione del primo ep Nocturnálgica, un ottimo esempio di symphonic gothic metal che però, voltava le spalle ai suoni bombastici cari alle band odierne per solcare lidi gothic/doom, eterei, melanconici ed atmosfericamente eleganti.
Làgrimas è il debutto sulla lunga distanza che racchiude tutte i brani apparsi sull’ep e, nella sua interezza, conferma la bontà della proposta del duo argentino.
Marilí Portorrico, bravissima soprano e raffinata interprete delle bellissime impressioni gotiche che compongono il sound del gruppo, e A.N.XIIIU.X musicista e parte metallica della musica di Lágrimas, aiutati da una manciata di vocalist classici, interpretano quest’opera gotica, pregna di umori malinconici, ancora una volta cantata usando il più internazionale inglese e la lingua madre, attraversata da orchestrazioni raffinate e metallicamente vicino alle sonorità gotiche delle fine dello scorso millennio.
Il genere non si discosta infatti dal gothic/doom dei primi anni novanta, la scena olandese è madrina del sound di Lágrimas, ma dalla loro i Lanthanein hanno quel tocco passionale innato per chi proviene dalle terre sudamericane che riscaldano di emozionalità i vari brani.
Violini, piano, orchestrazioni a tratti strutturate su ritmiche black, accompagnano Marilí Portorrico in questo passeggiare nel crepuscolo, uno spazio temporale dove il tempo immobile, regala suadenti atmosfere di drammatiche sfumature dark, operistiche ma non invadenti, sfumate su paesaggi dai colori tenui, impresse su tele antiche ed in bianco e nero.
I brani tratti dal primo ep confermano tutta la loro bellezza, ma Lux Pepetua, la stupenda delicatezza di Auraluna e Ceremonia del Alma Dormida non sono da meno, andando a completare un opera dark/gotica affascinante.
Non perdetevi questo album, specialmente se siete amanti di tali sonorità, si sogna con la musica dei Lanthanein e mai come di questi tempi ne sentiamo il bisogno.

TRACKLIST
1. Lacrimosa et Gementem
2. Vestigios (Vestiges)
3. Lanthanein
4. Lágrimas de luna (Moontears)
5. Epifanía (Epiphany)
6. A orillas del silencio (At the Shores of Silence)
7. Auraluna
8. Nocturnálgica (Nocturnalgic)
9. Lux Perpetua
10. Ceremonia del alma dormida (Ceremony of the Soul Asleep)
11. A orillas del silencio (At the Shores of Silence) [acoustic version]

LINE-UP
Marilí Portorrico – Vocals, Choir, Arrangements, Programming
A.N.XIIIU.X – Vocals, Guitars, Bass

LANTHANEIN – Facebook

Whipstriker – Seven Inches Of Hell

Poca classe , tanta attitudine ed impatto sconquassante, voce sguaiata e solos veloci come il lampo, al limite del più famigerato speed anni ottanta.

La Folter Records stampa, rigorosamente in vinile, la compilation Seven Inches Of Hell degli Whipstriker, gruppo brasiliano attivo dal 2008 ma con una discografia che abbonda di split ed ep e si completa con un tris di full length che vanno dall’esordio Crude Rock ‘n’ Roll del 2010, passa dal secondo Troopers of Mayhem uscito nel 2013 fino ad arrivare all’ultimo Only Filth Will Prevail licenziato quest’anno.

La raccolta di ben ventisei brani pesca da una serie di ep e split usciti tra il 2010 ed il 2014, un lasso temporale che ha visto il gruppo di Rio de Janeiro in piena overdose di uscite discografiche.
Il sound del gruppo è più di quanto old school potete immaginare, ma anche molto vario, si passa infatti dal rock’n’roll in pieno stile motorheadiano ad accenni thrash/speed tra Venom, Hellhammer e primissimi Slayer.
Palla lunga e pedalare, si direbbe nel gergo calcistico tanto caro al popolo carioca, poca classe, tanta attitudine ed impatto sconquassante, one two three e via di ritmiche thrash & roll, voce sguaiata e solos veloci come il lampo, al limite del più famigerato speed anni ottanta.
Qualche brano raggiunge i quattro minuti, per il resto ci si destreggia tra canzoni sparate e dirette, così come nella tradizione del genere, mitragliate di dirty rock’n’roll o thrash’n’ roll come più vi piace chiamarlo.
Resta il fatto che questa raccolta ci presenta una band in tutto e per tutto votata all’old school, sia nella musica prodotta, con una manciata di brani in grado di farvi saltare come grilli (Cops Victim, Sweet Torment, Viver e Morrer no Subterraneo e Worshippers Of Death), sia nella produzione.
E qui sta il difetto della compilation: ora, non me ne vogliano i puristi, ma una riedizione che mantiene un suono obsoleto, anche se per volere del gruppo, lascia con un pizzico di amaro in bocca; infatti, molti dei brani proposti, con una ripulita in consolle avrebbero mantenuto la promessa di un’esplosività che rimane solo a livello di inenti.
Gli amanti dell’old school a tutti i costi lo apprezzeranno, ma Seven Inches Of Hell con queste premesse rimane appunto un lavoro rivolto solo ai fans più incalliti.

TRACKLIST
Side A
1. Her Fire of Hell
2. Cruel Savage
3. Black Rose
4. Viver e Morrer no Subterraneo
5. Queen Of The Iron Whip
Side B
6. Denied Messiah
7. Seeds of Torment
8. Born Spread The Mayhemic Loudness
9. Start The Warcollapse
10. Stand Up And Be Counted
Side C
11. Burned Alive
12. Worshippers Of Death
13. Bombstorm
14. Outlaw Rules
15. The Excess
16. Loudman
17. Dead On Arriva
Side D
18. Cop´s Victim
19. No Surrender, No Surrender
20. Dead Future
21. Fast Rape Before The War
22. Skill To Destroy
23. Never leave This War
24. Ripping Corpses In The Way
25. Sweet Torment
26. Anguish Of War

LINE-UP
Whipstriker – Bass, Vocals
Skullkrusher – Drums
Witchcaptor – Guitar
Rodrigo Giolito – Guitars

WHIPSTRIKER – Facebook

Wildernessking – … And The Night Swept Us Away/The Devil Within

La label transalpina Les Acteurs De L’Ombre, dopo gli ottimi riscontri avuti dal primo full length, ristampa in un unico formato in vinile i primi due ep dei sudafricani Wildernessking.

Mystical Future aveva ben impressionato gli addetti ai lavori, un album sorprendente sotto tutti i punti di vista, a partire dal paese di provenienza del quartetto fuori dai soliti circuiti fino alla maturità artistica ed allo spessore dell’opera.
… And The Night Swept Us Away e The Devil Within risalgono rispettivamente nel 2012 e nel 2014 e rispecchiano in toto tutte le virtù riscontrate in seguito; il quartetto di Città del Capo conferma il proprio talento nel saper amalgamare il metal estremo dai rimandi black con atmosfere ricche di parti oniriche e malinconiche, risultando maturo già da questi splendidi primi passi.
La furia del black metal alternata a passaggi melodici ed atmosferici, chiamata superficialmente e più semplicemente post black, trova in questi brani una delle sue forme migliori, un’urgenza espressiva e rabbiosa che si scontra con delicate ed intimiste parti melodiche, tragiche e drammatiche nella loro perenne oscurità, ma in grado di trasmettere emozioni forti, con un talento non comune e riscontrabile con il contagocce anche nei paesi che hanno dato i natali a queste sonorità.
Improvvisi impulsi elettrici che si trasformano in tempeste di suoni estremi, si placano all’arrivo di atmosferici passaggi acustici, malinconici ed intimisti, ma assolutamente privi di forzature come se i Wildernessking avessero trovato lungo le strade della loro lontana ed affascinante terra il segreto per riuscire ad amalgamare sonorità così distanti tra loro, ma perfettamente inglobate nel loro songwriting, traducendolo in un susseguirsi di saliscendi emozionali, lungo il doloroso e sofferto spartito.
La titletrack del primo ep seguita, dalle trame acustiche di Morning, ne sono il perfetto esempio, passando dalle tempeste black della prima alle stupende melodie della seconda con una facilità disarmante, come la fine di una tempesta su Capo di Buona Speranza ed il ritorno naturale alla quiete, con il mare che piano ritorna ad addormentarsi.
L’album per intero si sviluppa su queste coordinate, passando dal capolavoro The Devil Within, title track del secondo ep, dove il black metal del gruppo non è mai stato così devastante e le parti atmosferiche così oscure e pregne di umori oscuri ed onirici.
Una band quella sudafricana alla quale, anche grazie a questa uscita, la definizione di cult band calza a pennello: un altro esempio di come la musica non abbia confini geografici, superateli, anche voi vi farete solo del bene.

TRACKLIST
… And The Night Swept Us Away:
1. 1. Adrift 03:33
2. 2. And The Night Swept Us Away 05:26
3. 3. Morning 06:01

The Devil Within:
4. 1. Lurker 04:22
5. 2. Flesh 04:27
6. 3. The Devil Within 10:05

Bonus Track:
Decay 02:56
And The Night Swept Us Away (live studio version) 05:11″

LINE-UP
Keenan Nathan Oakes – Vocals Bass
Dylan Viljoen – Guitars
Jesse Navarre Vos – Guitars
Jason Jardim – Drums

WILDERNESSKING – Facebook

Ribspreader – Suicide Gate – A Bridge to Death

Death metal old school, sempre e comunque di matrice scandinava, ma valorizzato da quel tocco statunitense che fa dell’album un ulteriore esempio di grande musica estrema.

Ormai con il buon Rogga Johansson ci incontriamo almeno tre, quattro volte l’anno: lui stakanovista del metal estremo con i suoi innumerevoli progetti, io a raccontarvi delle devastanti opere che del virus mortale del death metal sono portatrici.

Non un album sotto la media, collaborazioni con i più svariati musicisti da ogni parte del mondo, Johansson porta avanti la sua missione: tenere alta la bandiera del death metal old school , ed anche questa volta il musicista svedese centra il bersaglio con l’ultimo lavoro dei Ribspreader.
Questo ennesimo progetto è attivo da più di dieci anni, è datato 2004 infatti l’esordio del gruppo con l’album Bolted to the Cross, seguito da Congregating the Sick dell’anno dopo, una manciata di ep e compilation e poi il trittico Opus Ribcage MMVI (2009), The Van Murders (2011) e l’ultimo Meathymns uscito un paio di anni fa.
Un’alleanza Svezia/Stati Uniti, con Rogga seguito da due musicisti americani, Jeramie Kling alle pelli e Taylor Nordberg alla solista, entrati nel gruppo per registrare Suicide Gate – A Bridge to Death e tanto death metal old school, sempre e comunque di matrice scandinava, ma valorizzato da quel tocco statunitense che fa dell’album un ulteriore esempio di grande musica estrema.
La bravura dei due nuovi arrivati alza il livello dell’opera, impreziosita da un enorme lavoro alle pelli e dalla classe dell’axeman che macina solos melodici senza soluzione di continuità, rendendo i brani del disco una raccolta di brani irresistibili, almeno per chi ama il death metal vecchia scuola ed in particolare la scuola nordeuropea.
Molto più Edge Of Sanity che Grave, le canzoni vivono di stop and go, solos accattivanti nella loro natura estrema, ritmiche che grondano sanguinolento groove e tanta melodia: il growl di Johansson ripercorre le strade che furono di re Swano in Unorthodox e The Spectral Sorrows, avvicinandosi pericolosamente al capolavoro Purgatory Afterglow (Under Ash-Filled Skies risulta la Blood-Colored di questo lavoro).
Qualità altissima nel songwriting ed appeal estremo: Suicide Gate – A Bridge to Death vive per poco più di mezzora tra una traccia più bella dell’altra ed una tecnica superiore, e bene ha fatto la Xtreem Music nel prendersi cura dell’album.
Ancora una volta Johansson regala agli appassionati un altro ottimo motivo per continuare ad amare il genere, a quando l’inizio dei lavori per il meritato monumento?

TRACKLIST
1. Descent of the Morbid
2. Centuries of Filth
3. Eligi
4. The Suffering Earth
5. A Worthless Breed
6. World Dismemberment
7. In Mankind’s Rotting Grip
8. The Remains in the Wall
9. Under Ash-Filled Skies

LINE-UP
Rogga Johansson – Guitars, Bass, Vocals
Jeramie Kling – Drums
Taylor Nordberg – Guitars (lead)

RIBSPREADER – Facebook

The Dead Goats – All Them Witches

La furia estrema non perde di intensità neppure quando armonie gotiche di tastiere ricamano nenie orrorifiche che durano lo spazio di un attimo, ma che sono la carta vincente di All Them Witches.

Un’altra realtà estrema proveniente da quel nido di entità malefiche che risulta la Polonia, terra che ha visto negli ultimi anni un proliferare di gruppi dediti al metal estremo di matrice death/black.

Il trio dei The Dead Goats invero è molto più vicino alle sonorità death di stampo classico provenienti dalla Scandinavia con la predisposizione alle tematiche horror ed ottimi inserti atmosferici che valorizzano il sound devastante del gruppo.
All’esordio quattro anni fa con il full length Path of the Goat, la band ha rifilato una serie di ep e split che li ha visti nel 2014 in coppia con i grandi Revel In Flesh, deathsters tedeschi autori del magnifico Death Kult Legions, uscito quell’anno.
All Them Witches è un ottimo esempio di death metal carico di furia iconoclasta, ma come detto attraversato da atmosferiche parti horror, che creano un’aura oscura, pregna di attitudine dark, così che il sound risulti vario e ricco si piccole sorprese.
Il death metal del gruppo risulta un attacco frontale, la furia estrema non perde di intensità neppure quando armonie gotiche di tastiere ricamano nenie orrorifiche che durano lo spazio di un attimo, ma che sono la carta vincente di All Them Witches.
Il resto è death metal old school, senza compromessi, con tutti i canoni del genere ben in evidenza e con la denominazione di origine controllata made in Scandinavia.
Un sound, quello delle varie All Them Witches, Darkness and Decay, The Curse of Gallows Hill e la conclusiva The Gloom That Came to Salem, che pesca a piene mani dal periodo storico del death metal svedese, poco male, anzi, l’album trova nelle sue trame devastanti ed oscure un modo per convincere l’ascoltatore, travolgendolo con un fiume in piena di note oscure e pesantissime, riff e ritmiche consolidati nel tempo e nella storia del genere e tanto blasfemo ed intrigante horror/gore.
In conclusione un lavoro riuscito ed assolutamente consigliato ai deathsters amanti dei suoni creati dalla scuola nordeuropea.

TRACKLIST
1. Coven
2. All Of Them Witches
3. Darkness And Decay
4. Broodmother
5. Conquering The Worm
6. The Curse Of Gallows Hill
7. Dwarves In My Coffin
8. Into The Fiery Grave
9. The Gloom That Came To Salem

LINE-UP
Bartulewicz – guitar, vocals
Jaworski – bass, backing vocals
Pierściński – drums, vocals

THE DAED GOATS – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=fnrQJmsEY60