Nefesh – Panta Rei

Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Quarto album per gli anconetani Nefesh, nati dalla mente del chitarrista e compositore Luca Lampis.

La visione musicale e poetica del gruppo è molto profonda e anela ad andare molto lontano, e questo disco ne è la prova. Il disco è infatti un concept album in cui le canzoni sono concatenate in maniera diversa fra loro, e infatti lo si può ascoltare in modi differenti : chi vuole può far scorrere le tracce in sequenza anche casuale, ma il modo migliore è quello di ascoltarlo più e più volte di maniera da carpire la complessa profondità di questo lavoro, che si divide in tre trilogie di tre canzoni ciascuna. Gli stili musicali sono diversi, dal prog al thrash, al sympho metal, ma è il progressive a guidare la struttura musicale dei Nefesh. L’intreccio fra musica è ben strutturato e assai profondo, ci sono molte concatenazioni e rimandi ed il tutto è studiato fin nei minimi particolari. Personalmente trovo notevolissimi i brani in italiano, che rimandano alla nostra migliore tradizione prog, in quanto sono anche pezzi molto evocativi e speciali; i pezzi in inglese sono più veloci e potenti, sono altrettanto buoni, ma le canzoni in italiano sono superiori. Un gruppo come i Nefesh cura e valorizza ogni nota del disco, nulla è fatto per caso e dietro a tutto c’è un lavoro profondo e di qualità. Panta Rei è tante cose, ma fondamentalmente un disco sulle relazioni umane, e quindi sull’uomo. I testi, mai ovvi, colgono aspetti molto importanti di noi stessi, ma la cosa fondamentale di questo disco è che lascia aperta una porta alla speranza, cercando di trovare degli argomenti positivi volgendo il nostro sguardo verso il cielo, perché ciò che sta sopra di noi è forse la nostra unica ancora di salvezza. Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Tracklist
01. Outro – Preludio Al Ritorno
02. Panic!
03. Luce Candida
04. The Hidden Sun
05. Preludio Al Divenire
06. The Hell You Are!
07. Vite Condivise
08. Please, Stay
09. Preludio Al Risveglio
10. Be Damned!
11. Costellazioni
12. A New Inner Vision
13. Intro

Line-up
Luca Lampis – Guitars/Arrangements/Lyrics
Michele Baldi – Drums
Matteo Sbrolli – Vocals

NEFESH – Facebook

Othismos – Separazione

La caduta è molto dolorosa e qui il dolore suppura da tutte le ferite, messo in evidenza con un black hardcore intelligente e suonato come lo hanno immaginato, con un grande lavoro in studio.

Secondo disco per questo grande gruppo di blackened hardcore punk, o semplicemente black punk come si definiscono loro, ed è forse la migliore definizione della loro musica.

Il gruppo di Montepulciano in provincia di Siena, dopo l’ottimo debutto L’Odio Necessario, arriva al secondo disco forte di una maturazione che sta raggiungendo ottimi livelli. Il percorso musicale parte dall’hardcore punk per poi mutare, alimentato da un forte e necessario odio, verso qualcosa di molto pesante e veloce, che spazia nella tradizione hardcore italiana, andando anche oltre, abbracciando momenti di new wave, ma una classificazione è davvero e per fortuna molto difficile. Una delle cose che attrae l’orecchio di chi ama certe sonorità è che ci sono momenti che devono molto al la tradizione hardcore italiana, ma più come spirito che come aderenza musicale. Il tiro degli Othismos è efficace e non lascia tregua, con canzoni cantate in italiano ed in inglese. La rabbia trasuda dai veloci passaggi musicali, con una produzione arricchita dal master fatto da Brad Boatright a Portland presso gli Audiosiege Studios, e l’aggressività e la potenza di questo disco ti danno un calcio in faccia. Come detto dal gruppo stesso, Separazione è la loro colonna sonora alla caduta della razza umana, che preannuncia una nostra auspicabile estinzione. La caduta è molto dolorosa e qui il dolore suppura da tutte le ferite, messo in evidenza con un black hardcore intelligente e suonato come lo hanno immaginato, con un grande lavoro in studio. Questo disco non appartiene a qualche genere bene preciso, ma ad una gamma di sentimenti e di emozioni, al racconto di ciò che ci accade e che succede intorno a noi, dove la morte ride e la vita è morta. Giri di basso ipnotici e che preannunciano la tempesta, chitarre che tagliano come rasoi, batteria che in doppia cassa dà il meglio e una voce che non ci permette di far finta di nulla.
La rabbia assume sempre nuove forme, in questa interminabile caduta.

Tracklist
01. Canto dell’Estinzione
02. Black Star
03. Hymn of Victory
04. Madre
05. The Fangless Beast
06. 100 Years Demise
07. The Plague
08. Tale of a Righteous Man

Line-up
Filippo “Caino” Masina – bass, vocals
Luca Migliorucci – guitars
Tommaso Dringoli – guitars, moral support
Shmulik Froilich – drums

OTHISMOS – Facebook

VV.AA. – Rick And Morty Soundtrack

La qualità è molto alta e il doppio disco è un qualcosa che sorprende e che rende l’opera direttamente a una delle migliori uscite dell’anno in campo indie.

Colonna sonora realizzata dalla Sub Pop e da Adult Swim per la serie Netflix Rick And Morty.

Il cartone animato Rick And Morty tratta delle avventure cosmic horror dell’inventore Rick e del giovane Morty che viene trasportato dal professore da un mondo all’altro, nonché in vari dimensioni. La serie animata nacque come parodia del notorio film Ritorno Al Futuro, una pietra miliare dell’immaginario popolare. La colonna sonora è di altissimo livello e molto godibile, anzi forse è più bella della serie stessa. Nel disco doppio incontriamo brani composti dal musicista della serie Ryan Elder, che possiede una sensibilità rara nel rendere la profondità di musiche che potrebbero essere molto più leggere e che invece fanno pensare non essendo composte per il solo intrattenimento. Infatti i suoi pezzi sono forse i migliori del lotto, innanzitutto perché non si conoscevano ancora, almeno alle nostre latitudini, le capacità di Elder, ma anche perché danno il giusto peso alla narrazione delle gesta di Rick & Morty, che è comunque una serie animata per adulti e queste canzoni sono al cento per cento vero indie americano. Inoltre per arricchire il tutto ci sono brani di Mazzy Star, Blonde Redhead, Chaos Chaos e Belly che sono notevoli, ma la parte migliore sono proprio le composizioni di Ryan Elder. Come colonna sonora è davvero notevole e ha un’impronta sognante, ma anche sci fi nerd, con risvolti anche tenebrosi. La qualità è molto alta e il doppio disco è un qualcosa che sorprende e che rende l’opera direttamente a una delle migliori uscite dell’anno in campo indie.

Tracklist
1. Rick and Morty Theme Song
2. Jerry’s Rick
3. The Small Intestine Song
4. The Flu Hatin’ Rap
5. African Dream Pop
6. Mazzy Star – ‘Look on Down From the Bridge’
7. The Rick Dance
8. Goodbye Moonmen
9. Summer and Tinkles
10. Chaos Chaos – ‘Do You Feel It’
11. Unity Says Goodbye
12. Get Schwifty (C-131)
13. Raised Up (C-131)
14. clipping. – ‘Stab Him in the Throat’
15. Help Me I’m Gonna Die
16. Let Me Out
17. Chaos Chaos – ‘Memories’
18. Chad VanGaalen – ‘Stuttering Light’
19. Alien Jazz Rap
20. Blonde Redhead – ‘For the Damaged Coda’
21. Fathers and Daughters
22. Belly – ‘Seal My Fate’
23. Chaos Chaos – ‘Terryfold’
24. Tales From the Citadel
25. Rick and Morty Score Medley

SUB POP – Facebook

L’Ira Del Baccano – Si Non Sedes Is – Live MMVII

Torna in doppio vinile e in cd digipack una delle pietre miliari della psichedelia pesante italiana, un autentico capolavoro di suggestioni e stimoli neuronali.

Torna in doppio vinile e in cd digipack una delle pietre miliari della psichedelia pesante italiana, un autentico capolavoro di suggestioni e stimoli neuronali.

Il disco uscì in origine nel 2007 ed era finora disponibile esclusivamente in download digitale o in copie pirata in rete. Ora è il momento del suo ritorno in uno splendore maggiore rispetto all’originale, dato che il Pisi Mastering Studio ha compiuto un ottimo lavoro sullo spettro sonoro e sul bilanciamento dello stesso. In questa ristampa della Subsound Records si po’ quindi godere maggiormente della bellezza sonora di questo gruppo che è ciò che si avvicina di più in Italia alla mentalità dei Grateful Dead, ovvero suonare in libertà, bellissime jam che fluttuano libere nell’atmosfera. Ciò che è ancora più bello e che è L’Ira del Baccano fa psichedelia pesante. Questo esordio ha inoltre una storia particolare, perché è l’atto di nascita del nome L’Ira Del Baccano (tra l’altro un nome fantastico che avrebbe fatto la felicità degli esoteristi junghiani), dato che il disco fu registrato in due concerti nei quali il gruppo si chiamava ancora Loosin’o’Frequencies che ebbe un mini cd prodotto da Paul Chain come unica uscita. Oltre a sancire il cambio di nome, il disco dal vivo fu anche il decisivo momento di svolta per il gruppo, che divenne da quel momento totalmente strumentale. Inoltre il cambio di ragione sociale fu deciso quando il mix era già pronto. Questa è la storia per i posteri, ma la cosa più importante è che ci hanno dato questo disco che è un autentico capolavoro di libertà musicale, di psichedelia che si congiunge carnalmente con il metal, riuscendo a rimanere eterea e a far sognare l’ascoltatore. Infatti il disco all’epoca dell’uscita e negli anni successivi si fece una solida e molto meritata fama nel sottobosco musicale, e molti lo indicano come uno dei dischi fondamentali dell’ambito. Ascoltandolo ci si perde catturati dalla bellezza di queste note libere, suonate con uno spirito che si rifà agli anni settanta, ma che è anche proiettato anche nel futuro, perché infatti nei due ottimi dischi successivi, Terra 41 del 2014 e Paradox Hourglass del 2017, il discorso cominciato nel 2007 continua ulteriormente. Questo disco è bellissimo da ascoltare senza mai staccare le cuffie dalla testa, in un continuum spazio temporale appartenente ad una dimensione diversa dalla nostra.
Un’importante ristampa di un disco fondamentale per la musica pesante italiana e non solo.

Tracklist
1.Doomdance
2.Sussurri Di Nascita Celeste/Grateful to Jerry
3.875
4.Don Bastiano
5.Tempus Inane Flago Requiem Spatiumque Furori
6.Live Jam on Sussurri Theme (INEDIT VINYL ONLY bonus track)
7.Doomdance Apocalypse ’80 mix(VINYL ONLY bonus track;from ” Split 2010 ” digital ep)

Line-up
Alessandro “Drughito” Santori – guitar/direction and architecture of Baccano
Roberto Malerba – guitar/synth
Sandro “fred” Salvi – drums
Ivan Contini Bacchisio – bass

L’IRA DEL BACCANO – Facebook

Earthless – From The West

La band californiana è un ensemble che affonda le sue radici e la sua ragion d’essere nella musica dal vivo, fatta per stare su un palco e volare alto.

Album dal vivo per i magnifici Earthless, che hanno la loro missione nello stare davanti ad un pubblico a suonare.

Il disco è stato registrato dal vivo a San Francisco il primo marzo 2018 e cattura alla perfezione tutta la potenza e la varietà musicale di questo grande gruppo. Si può affermare forse a sproposito che questa band potrebbe corrispondere ai Grateful Dead della psichedelia pesante, nel senso che dal vivo cambia tutto rispetto all’ascolto su supporto fonografico. Il tour del concerto qui presente era quello dell’ultima fatica, Black Heaven che è già un bel disco di per sé, che qui viene stravolto rimanendo un punto di partenza per ciò che saranno gli Earthless nel futuro, o forse già solo dal prossimo concerto. La band californiana è un ensemble che affonda le sue radici e la sua ragion d’essere nella musica dal vivo, fatta per stare su un palco e volare alto. La già ricca musica dal vivo si espande, raggiunge lo stato gassoso al più presto e viene inalata dagli spettatori. L’impianto è quello della jam, quasi fosse un’equazione da sviluppare dati gli elementi di partenza, e che nel suo sviluppo acquista vita propria. Per fare pezzi di dieci minuti, ed anche oltre, dal vivo bisogna avere un talento fuori dal comune, perché non è per nulla facile. Le trame sonore si fondono fra loro nel suono stesso, e il trio ha una potenza psichedelica notevole che si fonde con un tiro musicale che va bene oltre i generi o le classificazioni. Dentro ci si può sentire anche un po’ della grandezza dal vivo dei Grand Fuck Railroad, quel vivere per suonare e stare su di un palco che è una dote innata. Prendere il proprio disco e plasmarlo in una veste radicalmente diversa dal vivo, ecco cosa fanno gli Earthless, infatti questo è da considerare a tutti gli effetti una raccolta di inediti, perché sono davvero altro rispetto alla versione in studio. In From The West troviamo anche una cover di Communication Breakdown degli Zeppelin che da ben l’idea di cosa siano gli Earthless, ovvero un gruppo psicotropo più che psichedelico. Un disco dal vivo gigantesco e bellissimo.

Tracklist
01. Black Heaven
02. Electric Flame
03. Gifted By The Wind
04. Uluru Rock
05. Volt Rush
06. Communication Breakdown
07. Violence Of The Red Sea
08. Acid Crusher

Line-up
Mario Rubalcaba
Isaiah Mitchell
Mike Eginton

EARTHLESS – Facebook

Codename : Delirious – The Great Heartless

I Codename: Delirious potrebbero suonare benissimo sia il metalcore e l’elettro metal così come il deathcore o il nu metal, invece scelgono la via più difficile, ovvero quella della sintesi originale e personale.

Debutto per gli italiani Codename: Delirious, propugnatori di un metalcore con molto groove e dagli importanti inserti di elettronica.

Il disco ha una sua struttura portante ben definita, sebbene alcuni passaggi siano ancora titubanti. Il gruppo milanese sforna un lavoro che è assai difficile da ascoltare in Italia, con moltissime cose dentro, mostrando ancora notevoli margini di miglioramento. Ci sono molti generi dentro a The Great Heartless, dal metalcore al numetal, fino ad un nuovo ibrido fra metal ed elettronica. Il gruppo stesso si definisce dubmetal e non sbaglia certamente, anzi il dub visto come cambio open source di un suono è proprio il termine adatto. La resa globale è di buona qualità, ma soprattutto il tutto è molto vario ed amalgamato bene. Inevitabilmente, mettendo molta carne al fuoco, ci sono dei momenti di confusione, delle vie ancora da esplorare e alcune titubanze su quale prendere, ma ciò è nulla in confronto a quanto di buono si ascolta qui. La caratteristica migliore del disco è il suo continuo mutare, l’essere perennemente in bilico fra elettronica e metal, con il cantato che detta la linea e il resto del gruppo che fa benissimo il resto. Dal punto di vista del metal questo è sicuramente un lavoro moderno, fatto da giovani curiosi e molto capaci nel plasmare diversi materiali a proprio piacimento. Inoltre il disco è molto divertente da ascoltare, perché si vaga e mentre lo si ascolta si viene piacevolmente presi per mano e condotti a distanza di sicurezza dalla realtà. I Codename: Delirious potrebbero suonare benissimo sia il metalcore e l’elettro metal così come il deathcore o il nu metal, invece scelgono la via più difficile, ovvero quella della sintesi originale e personale. Un buon debutto che lascia intravedere un fulgido futuro.

Tracklist
1 – Act So Tough (HVRD RMX)
2 – Ryo/Leon
3 – Dr. Braun
4 – …chissà
5 – Lost At Sea
6 – Love Song (for people who don’t feel a thing)
7 – Worst Of Me
8 – He Gotta Know The Name
9 – Bridge Over Alpha-Z

Line-up
Luca – Consolle
Marco – Bass/Backing Vocals
Dario – Guitar
Omar – Voice
Chris – Drums

CODENAME: DELIRIOUS

The Fog Ensemble – Throbs

Throbs è un’opera che vive di emozioni e del gioco fra la poca luce e la molta oscurità e la nebbia ovviamente, quella coltre che spesso cala maggiormente dentro di noi piuttosto che fuori di noi, e che ci cela l’andamento della vita.

I The Fog Ensemble sono un gruppo greco forse fra i più originali al mondo, e non si sta esagerando.
La loro musica è una strana ed esplosiva miscela di shoegaze, post punk, minimalismo e psichedelia molto non convenzionale.

Throbs è un’opera che vive di emozioni e del gioco fra la poca luce e la molta oscurità e la nebbia ovviamente, quella coltre che spesso cala maggiormente dentro di noi piuttosto che fuori di noi, e che ci cela l’andamento della vita. Il gruppo greco usa tutti gli elementi in suo possesso per fare una musica che colpisce al cuore chi ama le distorsioni che portano la propria anima in un altro posto. Vi sono molte influenze e sono quasi tutte inglesi, perché si può dire quello che si vuole, ma la terra di Albione in quanto a distorsioni malinconiche è sempre al primo posto. I The Fog Ensemble hanno inciso il disco nello studio degli Shellac, e qualcosa anche del gruppo americano è rimasto all’interno del disco, ma la quasi totalità è opera loro. Il disco ha un andamento lento e dolcemente mortale, come un’incredibile dolcezza che ti possiede prima della fine, ci sono momenti ripetitivi e paranoici, e al contempo immense aperture melodiche che si schiudono quando meno te lo aspetti. I brani sono totalmente strumentali e ciò conferisce loro una forza che forse le parole avrebbero disperso, o forse no, ma ascoltando questi brani strumentali la meraviglia è comunque tanta. Raro è l’ascolto di un disco che non sai cosa ti possa riservare, e Throbs è una continua sorpresa, anche grazie ad un uso sapiente dell’elettronica che va a coadiuvare gli altri strumenti in maniera molto adeguata. Ogni canzone è un potenziale singolo per accompagnare dolci e tremendi momenti di smarrimento, e questo disco è un continuo perdersi dentro la musica, recuperando quel gusto antico di ascoltare un disco da capo a piedi, senza mai staccare, o solo per girare il lato. Un lavoro estremamente completo ed ipnotico, per gli amanti di varie sonorità, e soprattutto per chi apprezza la musica che scatena un vortice di emozioni.

Tracklist
01. Lighthouse
02. Droog Party
03. Fever Bliss
04. Weather Girl
05. False Moves
06. Throbs
07. Breathe

Line-up
Antonis Karakostas – Guitars,Loops,Programming
Nicholas Kondylis – Bass
George Nanopoulos – Drums

THE FOG ENSEMBLE – Facebook

Selvans – Faunalia

Tutte le canzoni sono magnifici affreschi tutti diversi fra loro, attraverso i quali si viene trasportati in una dimensione dove le nostre tradizioni sono ancora vive, anche quelle più crudeli e demoniache, perché noi siamo degli animali.

La natura, soprattutto quella animale, è la nostra vera casa, ed il cristianesimo ha rotto questo stretto legame, che si è totalmente dissolto con la nostra epoca giustamente chiamata antropocene.

Il nuovo lavoro degli italiani Selvans, chiamato Faunalia, è qui per ricordarci tutto ciò e riportarci sulla retta via: trattasi di un’ulteriore evoluzione del loro avanguardistico black metal, che con questo disco travalica i confini del genere. Infatti l’azzeccato sottotitolo è A Dark Italian Opus, ed infatti è un nero viaggio nel nostro immaginario, nei nostri boschi, nelle nostre tradizioni popolari, con i nostri animali che ci ricordano chi siamo in realtà, ed è qualcosa di ben diverso da questo sentimento moderno che imperversa ovunque. Il duo usa il black metal come codice di partenza per andare a creare un suono che sfocia, in alcuni momenti, nel neo folk e nella musica tenebrosa. Il suono dei Selvans è sempre cangiante ed interessante, vi troviamo il black metal italiano della nuova specie, momenti più classici sottolineati da un organo importante e sempre puntuale, e poi ci sono forti inserti di neo folk con l’introduzione di strumenti tipici. Non c’è posto per la confusione in questo progetto, la direzione è sempre in avanti, il disco è di alto livello e rientra pienamente nella nuova stirpe del black italiano, dove Donwfall Of Nur, Progenie Terrestre Pura, Earth And Pillars ed altri stanno facendo qualcosa di davvero importante, trasmutando il black metal in qualcos’altro, in pieno spirito alchemico. Ascoltando Faunalia si può addirittura parlare di progressive, perché le canzoni sono concepite in maniera non circolare, ma è un continuo avanzare verso nuovi territori. Tutte le canzoni sono magnifici affreschi tutti diversi fra loro, attraverso i quali si viene trasportati in una dimensione dove le nostre tradizioni sono ancora vive, anche quelle più crudeli e demoniache, perché noi siamo degli animali.

Tracklist
1. Ad Malum Finem
2.Notturno Peregrinar
3.Anna Perenna
4.Magna Mater Maior Mons
5.Phersu
6.Requiem Aprutii

Line-up
Haruspex – vocals, keyboards, traditional instruments
Fulguriator – guitars, bass

SELVANS – Facebook

Unreqvited – Mosaic I: l’Amour et l’Ardeur

Ci sono musiche che dipingono atmosfere che non sono di questo mondo, o semplicemente non di questa dimensione.

Ci sono musiche che dipingono atmosfere che non sono di questo mondo, o semplicemente non di questa dimensione.

Quando ascoltiamo questi veri e propri portali, ci sembra di distaccarci da terra, lasciando in basso tutto il nostro peggio. Tutto ciò e molto altro ci viene offerto dal compositore e musicista francese che opera sotto lo pseudonimo di Unreqvited. Questo terzo disco porta a compimento una maturazione che è cominciata fin dal primo lavoro, che era indirizzato maggiormente al black metal, mentre per questa ultima fatica si potrebbe parlare di post black metal, ma in realtà è un disco di musica neoclassica fatto con elementi altri. Certo qui e là si po’ trovare qualcosa del post black, come nelle ultime cose di Alcest tanto per capirci anche se i due condividono solo la provenienza geografica, ma il tutto porta verso una proiezione classica della musica classica, con un respiro molto più ampio rispetto all’usuale forma canzone. La caratteristica più bella di questo disco è che contiene una gamma di sentimenti amplissima, un vero e proprio viaggio nell’atto del sentire interagendo con qualcuno o con qualcosa. Le tracce sono tutte di lunga durata e sviluppano diversi temi al loro interno, ci prendono per mano e ci portano lontano. La potenza immaginifica di Unreqvited è un vortice che parla direttamente al cuore, un caldo innamoramento che diventa disperato solipsismo, perché alla base di tutto c’è il dolore che porta questa vita e la certezza che solo noi possiamo comprendere fino in fondo ciò che proviamo. Interi mondi vivono dentro questo piccolo capolavoro, suonato e composto con una cura inusuale e soprattutto senza alcun intento di vendere o di piacere, ma quello di aprirsi e raccontare. Il post black è una materia abbastanza sterminata, e la qualità non sempre è presente, ma qui ne possiamo trovare davvero molta, Unreqvited possiede una marcia in più e ci sono notevoli margini di miglioramento per un futuro che si preannuncia fulgido, o molto tenebroso se preferite.

Tracklist
1.Sunrise
2.Dreamscape
3.Radiant
4.Balance
5.Permanence

Line-up
鬼 – all instruments, composition, engineering, mix/master

UNREQVITED – Facebook

Neos Gheron – Potius Nihil, Potius Deseltus

Le parti strumentali vanno anche oltre il dungeon synth per rientrare a tutti gli effetti nel metal sinfonico, mentre quando si fondono voce e organo si raggiunge la vera nera maledizione. Un ottimo recupero per un disco davvero estremo ed underground.

Disco anomalo ed estremamente interessante, che sarebbe andato perduto se non fosse stato per questa ristampa della Masked Dead Records.

Il progetto Neos Gheron fu fondato da Roberto Pecorari, che ha suonato tutti i synth, e da Luca Amato aka Lupe, ex cantante della black metal band Entirety.
Tutto ciò fu inciso nel 2006 e poi non è mai uscito, rimanendo in un cassetto fino al 2018. In pratica il disco è totalmente dungeon synth per quanto riguarda la parte musicale e con una voce black spesso in growl. Potius Nihil, Potius Deseltus è l’accurata descrizione di un percorso pieno di follia, un peregrinare lungo i mondi demoniaci popolati da ombre che infliggono dolore e spaventosi tormenti. La cosa più rimarchevole è che questi suoni, davvero inusuali se associati assieme, sono convincenti e non si riesce a distogliere l’ascolto da un qualcosa che a volte è persino contundente e quasi dissonante. I Neos Gheron confezionano un disco figlio del male e totalmente votato all’estremismo musicale. Ascoltare parti di piano o di organo associate a qualche grimorio in latino, od un maledetto cantato in italiano è un qualcosa di molto bello ed appagante, come guardare un mondo che cambia vinto dalla magia nera sotto i nostri occhi. Più che un suono qui si vuole creare un’atmosfera, un andare oltre la nostra dimensione per cercare sentieri della mano sinistra poco battuti ed assai più spaventosi benché più vicini alla natura umana. Le parti strumentali vanno anche oltre il dungeon synth per rientrare a tutti gli effetti nel metal sinfonico, mentre quando si fondono voce e organo si raggiunge la vera nera maledizione. Un ottimo recupero per un disco davvero estremo ed underground.

Tracklist
1. Mors Lupe
2. Potius Nihil… Potius Deseltus (Act. I) Ars Falsarum Imaginium Extintarum (Act. II)
3. Est Locus Unicuique Suus
4. Longa Vita Néos Gheron!
5. Subdecti Nostras Memorias Nequitunt Laedere Inferiores
6. Stulti! (Silence track)
7. La Morte Di Lupe (Bonus track)

Line-up
Luca Amato (Lupe) – all lyrics and vocals
Roberto Pecorari – all synths

MASKED DEAD RECORD – Facebook

Sargeist – Unbound

Oltre agli stilemi del black qui ci sono persone che vogliono fare musica e non solo scioccare l’ascoltatore o rinchiuderlo nelle prigioni della bassa fedeltà. Ci sono molte cose da scoprire in questo disco, e Unbound garantisce molti ascolti, tutti piacevoli.

Dopo vari cambi di formazione e qualche pausa creativa tornano i finnici Sargeist uno dei gruppi più influenti della scena black metal mondiale ed europea, guidati come sempre dal chitarrista cantante e compositore Shatraug, membro dei mitici Horna, un altro grande gruppo black finlandese.

La terra finnica è sempre stata fertile madre per ottimi gruppi di black metal, e i Sargeist sono fra questi. Il loro black è classico e melodico al contempo, potente e molto ben composto, non è pura furia ma è un dipanarsi di tenebrosi sentimenti che vivono in noi, e che forse sono la parte più vera di noi. I Sargeist sono uno dei gruppi maggiormente prolifici per quanto riguarda le uscite discografiche, sono stati protagonisti di molti split e altrettante collaborazioni, nel vero spirito del black metal. Nonostante la loro prolificità, era dal 2014 che non si sentiva nulla di nuovo dai Sargeist, a causa soprattutto dei cambi di formazione, ma con questo disco tornano prepotentemente alla ribalta, e lo fanno nel migliore dei modi possibili. Il disco è molto ben bilanciato, a livello di qualità e di impatto è davvero dura fare meglio di loro. L’impianto sonoro è principalmente classico e non si discosta molto dai dischi precedenti, con quell’impronta che hanno solo i grandi gruppi black finlandesi, i quali si differenziano dai loro vicini norvegesi per la capacità di attenersi molto bene ai dettami del genere, forse meglio dei capostipiti. Per chi ama i suoni oscuri, distorti e tumultuosi, qui c’è pane per i suoi denti, e i Sargeist offrono come al solito più di quanto sopra ai loro ascoltatori. La cosa più importante qui presente è l’attitudine, e più per esteso lo spirito che permea questo lavoro, e la visione musicale dei Sargeist. Oltre agli stilemi del black qui ci sono persone che vogliono fare musica e non solo scioccare l’ascoltatore o rinchiuderlo nelle prigioni della bassa fedeltà. Ci sono molte cose da scoprire in questo disco, e Unbound garantisce molti ascolti, tutti piacevoli.

Tracklist
1. Psychosis Incarnate
2. To Wander the Night’s Eternal Path
3. The Bosom of Wisdom and Madness
4. Death’s Empath
5. Hunting Eyes
6. Her Mouth is an Open Grave
7. Unbound
8. Blessing of the Fire-Bearer
9. Wake of the Compassionate
10. Grail of the Pilgrim

Line-up
Profundus – vocals
Shatraug – guitars
VJS – guitars
Abysmal – bass
Gruft – drums

SARGEIST – Facebook

Grey Czar – Boondoggle

La passione ed il talento portano a fare dischi come questo, una piccola grande gemma che suona molto bene e che potrà piacere trasversalmente agli ascoltatori di generi diversi fra loro.

Attivi dal 2010, gli austriaci Grey Czar propongono un’inusuale miscela di prog, doom e stoner, il tutto con un taglio molto personale e particolare.

La loro musica contiene molti spunti, i ritmi cambiano spesso e i riff vanno a creare un affresco vicino alle opere prog degli anni settanta, seppure con maggiore durezza. Ci sono elementi musicali in questo gruppo che non si possono ritrovare altrove, una certa drammatizzazione della canzone che viene divisa in molti rivoli che poi vanno a sfociare in un fiume che porta al mare. La voce di Roland Hickmann viene utilizzata come uno strumento, elevando ad un altro livello anche i quelli veri che sono sempre ben amalgamati, con una produzione che riesce ad incanalare bene tutto facendoli rendere al massimo. Il respiro delle canzoni tende sempre verso l’alto, per arrivare al cielo con un’epicità che ha preso qualcosa dall’heavy metal, pur essendo fortemente diversa da quel genere. La storia di questi quattro austriaci è comune alla maggior parte dei musicisti nel globo terrestre, ovvero gente che prova e suona sottraendo tempo ad affetti e famiglia, quasi sempre in qualche scantinato dopo aver lavorato tutto il giorno, eppure quel fuoco arde sempre e ti porta, come nel caso dei Grey Czar, a produrre e far uscire il proprio lavoro senza l’ausilio di promoter o etichette. Nella fattispecie, Boondoggle è un’ottima prova, che mostra tante facce diverse di un gruppo dalle notevoli dote e ancora tanta potenzialità. Ciò che stupisce maggiormente è la disinvoltura con la quale cambiano spesso il passo dei loro pezzi, accentuando ora una caratteristica ora un’altra, ma rimanendo sempre fedeli ad un forte struttura, perché si sente che sono un gruppo molto solido. La passione ed il talento portano a fare dischi come questo, una piccola grande gemma che suona molto bene e che potrà piacere trasversalmente agli ascoltatori di generi diversi fra loro. Inoltre i dischi dei Grey Czar sono sempre trampolini per spiccare il volo nei loro infuocati concerti.

Tracklist
1.Age of Man
2.Fire Water Holy Ghost
3.Profession of Faith
4.Weight of Worlds
5.Thunder Bay
6.Forlorn March
7.Sail Away
8.White Velvet
9.Create Break or Animate
10.Vast Empyrean
11.Everqueen
12.Deep Sea

Line-up
Roland Hickmann – Guitar & Vocals
Wolfgang Brunauer – Bass & Vocals
Florian Primavesi – Guitar & Vocals
Wolfgang Ruppitsch – Drums

GREY CZAR – Facebook

Hank Von Hell – Egomania

Non ci sono in giro dischi come questo che divertono e fanno riflettere, ma la cosa più importante e bella è vedere una persona che ha visto la morte tante volte rialzarsi e fare un disco che spacca i culi, senza pose o imitazioni, con un gran lavoro e con la sicurezza di essere Hank Von Hell, e non è poco: come dice nell’ultima traccia …il mio oceano è il futuro…

Riuscire a vincere i propri demoni, cadere più e più volte, rialzarsi sempre e tornare più forte di prima non è una cosa affatto facile, ma Hank Von Hell ci è riuscito alla grande.

Hans Erik Dyvik Husby, dalla Norvegia, ha una traiettoria di vita non comune a molti: in principio fu il cantante della prima formazione dei Turbonegro, la loro incarnazione che ha dato il meglio, e a causa dei suoi problemi con l’eroina il gruppo si sciolse nel 1998, per poi riformarsi, ma Hank lo abbandonò perché aveva cambiato vita. Il nostro norvegese andò in riabilitazione presso un centro Narconon, la struttura riabilitativa di Scientology, per poi riapparire nel 2009 con un singolo in coppia con Maria Solheim che raggiunse il numero uno in Norvegia, avendo un gran successo. E ora è il momento del vero ritorno con questo Egomania, e per togliere subito i dubbi, è un gran disco, sincero, veloce e molto divertente anche quando parla di argomenti non certo leggeri. Hank è una delle poche persone al mondo in grado di fare un disco punk rock in maniera mai ovvia e con un quoziente musicale più alto della media, e lo ha fatto con questo lavoro che esce per Century Media Records. Il suono è fresco e solare, un punk rock o rock punk a seconda dei momenti, con la voce di Hank in gran spolvero. Ottima anche la scelta del gruppo che lo accompagna, tutti musicisti di buon livello. Il suono non è assolutamente riconducibile ai Turbonegro dei tempi che furono, ma è un punk con forti tendenze al glam, ed è un disco molto piacevole e ben strutturato, una vera sorpresa, perché Hank aveva sempre risposto picche a chi chiedeva un ritorno sulle scene. Doveva essere lui a scegliere il momento, perché con la sua storia alle spalle e il suo carisma un flop sarebbe stato duro da digerire, invece il disco è ottimo e per tutta la sua durata l’ascoltatore viene portato in un mondo di corpse painting, glam punk e con una forte carica di sincerità e di ironia che è sempre stata una delle doti di Hank. Il disco parla della sua vita come di cose più frivole, il tutto con uno sguardo assai poco convenzionale, come la sua musica. Non ci sono in giro dischi come questo che divertono e fanno riflettere, ma la cosa più importante e bella è vedere una persona che ha visto la morte tante volte rialzarsi e fare un disco che spacca i culi, senza pose o imitazioni, con un gran lavoro e con la sicurezza di essere Hank Von Hell, e non è poco: come dice nell’ultima traccia …il mio oceano è il futuro…

Tracklist
1. Egomania
2. Pretty Decent Exposure
3. Blood
4. Dirty Money
5. Bum To Bum
6. Never Again
7. Bombwalk Chic
8. Wild Boy Blues
9. Too High
10. Adios (Where’s My Sombrero?)

HANK VON HELL – Facebook

Mortiis – The Song Of A Long Forgotten Ghost

Nel 1993 questo demo era un unicum nel panorama musicale estremo ed ha folgorato più di una mente, tanto che ancora adesso se ne parla molto rivestendo una grande importanza per molti, musicisti e non.

Continua la riproposizione delle perle dimenticate della prima era della carriera di Mortiis, la mitica entità musicale norvegese che sta vivendo un intenso periodo dopo anni di bassa frequenza.

The Song of a Long Forgotten Ghost fu pubblicato come demo nel lontano 1993, formato da una traccia unica figlia di una visione e che si dipana per oltre cinquanta minuti di organo, percussioni e poco altro, un qualcosa di molto esoterico ed affascinante. Questa ristampa vede per la prima volta il demo rimasterizzato, che ci rende l’autentica atmosfera che voleva offrire Mortiis.
L’ipnosi che induce questa musica è qualcosa che viene da molto lontano, dai più profondi recessi del nostro cervello, quasi come voler ritornare a sensazione che pensavamo perdute. Questo lavoro è molto importante per il sottogenere chiamato dungeon synth, che è un prodotto della fascinazione per il medioevo ed è principalmente composto da linee di organo e tastiere. Questo strano codice musicale è molto di nicchia, ma è estremamente interessante, e qui Mortiis ne dà uno dei suoi esempi migliori. Il talento musicale del norvegese mostra la via a quelli che verranno dopo, ma produce anche un lavoro davvero valido e completo, non di facile fruizione ma da ascoltare attentamente.
The Song of a Long Forgotten Ghost è un sogno, un vedere oltre i nostri sensi, un lungo viaggio fra cripte impolverate e sepolcri, fra neve e sangue che cola da pietre che hanno visto mille battaglie. Lo scopo di questa musica è di trascinare l’ascoltatore in uno spazio tempo differente, connotato dalla fisica e dai suoni dell’antichità, ed è totalmente avulso da qualsivoglia concetto di modernità. Nel 1993 questo demo era un unicum nel panorama musicale estremo ed ha folgorato più di una mente, tanto che ancora adesso se ne parla molto rivestendo una grande importanza per molti, musicisti e non. E’ un piacere vederlo in una nuova veste, con il suono riportato alla luce e con la nuova copertina frutto del grande lavoro di David Thierree, che ha espanso il concetto iniziale di Mortiis. Un ascolto non per tutti, ma che lascerà estasiato chi ama certe atmosfere.

Tracklist
1 The Song Of A Long Forgotten Ghost

MORTIIS – Facebook

Abstract Void – Back To Reality

Post black metal che si fonde mirabilmente con la retrowave e la synthwave: a priori sembrerebbe un matrimonio impossibile, ed invece Abstract Void lo porta avanti in maniera eccezionale, riuscendo ad essere credibile e molto potente.

Post black metal che si fonde mirabilmente con la retrowave e la synthwave.

A priori sembrerebbe un matrimonio impossibile ed invece Abstract Void lo porta avanti in maniera eccezionale, riuscendo ad essere credibile e molto potente. Seconda fatica dopo Into The Blue del 2017, uscito solo in digitale e disponibile in download libero sul suo bandcamp, Back To Reality è un piccolo capolavoro sia per la musica, sia per le emozioni che regala. Ascoltare due generi, che erroneamente si pensavano così lontani, convivere perfettamente aprendo nuovi mondi creativi è una vera gioia. Il post black metal, o blackgaze come preferite, è da anni un genere in continuo movimento e che sta regalando dal punto di vista creativo cose notevoli. Anche la retrowave, o synthwave negli ultimi tempi ha visto molte nuove uscite e tanto fermento, con ottime produzioni e anche una certa vicinanza di alcuni al metal. Qui con Abstract Void si compie un notevole passo in avanti, dato che si crea un mondo totalmente nuovo, uno stile finalmente inedito, in un universo musicale dove si pensava di avere già sentito tutto. Ci sono le tastiere, i synth, le chitarre black, la batteria che viaggia veloce e il cantato in growl, il tutto molto ben bilanciato e fatto benissimo. Ovviamente solo l’ascolto può dare l’esatta idea di cosa sia questo disco, ma preparatevi ad un’esperienza sonora unica. Si viene rapiti per andare in un luogo dove il tempo e lo spazio sono dominati da una matematica precisa che avanza per linee rette, che disegna emozioni con i pixel e i bit, ma che sa anche gridare ed avere un animo black. La bellezza di questo disco è struggente e a volte arriva a fare male, perché è come un computer che urla, premonitore di un futuro che potrebbe arrivare molto presto. Perfetta fusione fra due mondi musicali che stanno benissimo assieme, e che sono stati fatti incontrare da una mente musicale superiore, con un gusto ed una bravura unici.

Tracklist
1.Wind of Reminiscence
2.As I Watch the Sunset Fade
3.Back to Reality
4.Disconnected
5.Joy Night
6.A Reflection of Dying Past
7.Sigh

ABSTRACT VOID – Facebook

Chuggaboom – Trinity

I Chuggaboom giocano in tutto e per tutto, ma lo fanno molto bene e alla fine offrono un metalcore vicino al nu metal davvero piacevole.

Gli inglesi Chuggaboom si nascondono dietro delle maschere, si sono auto proclamati miglior gruppo metalcore della Terra, e probabilmente hanno ragione.

Di loro si sa solo appunto che sono inglesi e che hanno un’ironia molto marcata: i Chuggaboom giocano in tutto e per tutto, ma lo fanno molto bene e alla fine offrono un metalcore vicino al nu metal davvero piacevole. Poi se un gruppo sulla sua pagina mette fra i propri interessi Gary Lineker, direi che siamo già sulla buona strada. Le melodie sono ottime, le parti aggressive sono notevoli e il tutto funziona molto bene ed è fatto per poi essere portato nella dimensione dal vivo. I testi sono da seguire perché sono di un’ironia molto tagliente, che va a colpire al cuore la scena metalcore e le sue pose, tra esistenzialismo e machismo. Una delle cose che più manca al genere è appunto la capacità di uscire dal cortocircuito di pose machiste per cantare poi di incredibili depressioni amorose: certamente una grossa fetta del pubblico metalcore è costituita da adolescenti brufolosi e carichi di ormoni, ma ogni tanto prendersi un po’ in giro farebbe bene. I Chuggaboom ci sono per questo, per ironizzare su tante cose e già che ci sono suonano un gran bel metalcore, che poi sarebbe il principale argomento di discussione. Vale davvero la pena ascoltare i testi e la musica di questi misteriosi inglesi, che continuano la bellissima tradizione dello humour musicale albionico che parte dai Monty Python e continua con gli Spinal Tap e speriamo vada oltre i Chuggaboom. La qualità del disco è molto buona, scorre tutto bene ci si diverte proprio nell’ascoltarlo. Andate a sentirvi anche i lavori precedenti perché meritano tutti, come la geniale cover della canzone di Euro 96 giocato proprio in Inghilterra, e diventerete un chuggalo.

Tracklist
1. Phony
2. Growing Pains
3. Awkward Erections
4. The Song That Saved Your Life
5. Illumiparty
6. What’s The Time‽

Line-up
Vocals – Levi Taurus “♉”
Guitar – John Virgo “♍”
Guitar – Leo Carter “♌”
Bass – Avira Caprica”♑”
Drums – Castor Holland “♊”

CHUGGABOOM – Facebook

MZ.412 – In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi

La bellezza di In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi è il fascino malato e decadente del satanismo e di anime e vite perdute, di ritmi sincopati che si spezzano per far entrare momenti molto vicini al black metal, attimi di rabbia di demoni che invocati non vogliono tornare nelle loro dimensioni.

Un vero e proprio rituale che usa la musica come mezzo per chiamare spiriti da altre dimensioni.

Gli svedesi MZ.412 sono stati uno dei gruppi di maggior spicco della Cold Meat Industry, una fra le migliori etichette mondiali di elettronica e musica altra. La Concilium Records farà uscire a gennaio 2019 la ristampa di questo capolavoro di dark black metal ambient originariamente uscito nel 1995 e diventato molto più di un classico, essendo un apripista per un sottogenere che ora frequentano in molti. L’evoluzione dei MZ.412 fu costante, partendo da un’elettronica ambient oscura e tenebrosa per immergersi in un tenebra ancora più profonda, con questo lavoro che è una vera e propria invocazione a Satana, cosa molto semplice, poiché basta descrivere l’inferno che è la nostra società odierna. Come detto poc’anzi questa è musica totalmente rituale, fatta da una dark ambient di eccelsa qualità che precipita l’ascoltatore in molti ambienti diversi, dall’apocalisse ad una cripta sottoterra, da un momento di relativa calma ad una frequenza che ronza nel cervello di non morti. Ascoltando questo lavoro ognuno si farà la propria idea, dato che questa musica evocatrice differisce da soggetto a soggetto, ma qui dentro c’è tanto male, dolore ed ansia, e se ascoltata ad lato volume questa musica diventa un qualcosa che ci entra dentro, pur essendo già insita in noi. La bellezza di In Nomine Dei Nostri Satanas Luciferi Excelsi è il fascino malato e decadente del satanismo e di anime e vite perdute, di ritmi sincopati che si spezzano per far entrare momenti molto vicini al black metal, attimi di rabbia di demoni che invocati non vogliono tornare nelle loro dimensioni. Sangue, lussuria, morte e vita che non è vita, il tutto raccontato in maniera quasi perfetta con un’elettronica che incrocia tantissime cose ed è figlia di una certa industrial inglese degli anni ottanta, specialmente di quella più maledetta. Non c’è salvezza o speranza, c’è solo l’adorazione di un angelo caduto che è quello che meglio ci rappresenta. Un capolavoro della dark ambient che rivede la luce, testimonianza di un tempo dove la creatività musicale era molto maggiore, e i risultati molto migliori. Preparatevi al rito.

Tracklist
1 In Nomine Dei
2 Salvo Honoris Morte
3 Necrotic Birth
4 Black Earth
5 Daemon Raging
6 God Of Fifty Names
7 Regie Satanas
8 Paedophilia Cum Sadismus
9 Hail The Lord Of Goats

MZ.412 – Facebook