Dury Dava – Dury Dava
Dentro si possono trovare tantissimi generi, dal krautrock al prog, dal kosmische alla psichedelia anni sessanta, e anche alcune strutture della jazz fusion.
Dentro si possono trovare tantissimi generi, dal krautrock al prog, dal kosmische alla psichedelia anni sessanta, e anche alcune strutture della jazz fusion.
Hologram Temple è una prova matura e al contempo ricca degli slanci compositivi necessari per portare le sonorità estreme su un piano differente e più elevato, senza snaturarne l’abrasiva essenza
Son Of The Morning scorre lento, solo ravvivato da mid tempo che lasciano spazio a parti atmosferiche dark , in cui la band viene ispirata dall’occult rock che ricorda anche la scena italiana.
Gli Atlases trovano la loro personale pietra filosofale unendo come meglio non si sarebbe potuto tutti quegli ingredienti che in mano ad altri divengono solo un coacervo di sonorità messe assieme alla rinfusa: Haar è la dimostrazione pratica di quale risultato possa scaturire quando a maneggiare le sette note troviamo musicisti di talento invece che mediocri assemblatori.
In meno di quaranta minuti i quattro brani riversano sull’ascoltatore una montagna di fango intersecata da sequenze droniche, il tutto con la necessaria chiarezza d’intenti per evitare di rendere il tutto un coacervo di suoni indistinguibili.
Un disco frutto di passione e di amicizia, e di un livello musicale molto alto per un progetto davvero interessante.
L’unione tra heavy metal old school, doom classico ed epic metal è la ricetta usata dagli Altar Of Oblivion, in apparenza semplice ma non così facile da mettere in pratica.
L’album riesce ad incorporare nelle stesse trame, in modo assolutamente convincente, ispirazioni che vanno dai Bathory, ai Count Raven, dai Celtic Frost ai Saint Vitus, dai Candlemass ai Cathedral, in una sorta di versione sludge dell’epic doom tradizionale.
Mors Aeterna è uno dei motivi per cui amiamo così tanto l’underground pesante.
In Splendor Below è senza dubbio un disco che merita d’essere ascoltato e che, probabilmente, convincerà pienamente più di un ascoltatore ma per quanto mi riguarda l’appuntamento con un nuovo capolavoro, se non all’altezza almeno vicino a Rain Without End, è nuovamente rimandato alla prossima occasione.
I Burning Gloom costruiscono un possente groove sonoro che travolge l’ascoltatore e, cosa non affatto facile, tengono molto alta la tensione per tutto il disco.
I Lord Vicar non inventano nulla, suonando un genere circoscritto, ma lo fanno con una forza espressiva ed una qualità sopra la media che li rendono una delle massime espressioni del classic doom attuale.
Siamo al cospetto di un gruppo che riesce a fondere mirabilmente, con il proprio sound, il dolente incedere del doom con l’impatto melodico vibrante del migliore hard’n’heavy ossequiando al meglio la tradizione, da qualsiasi punto di vista lo si voglia guardare, senza che il tutto faccia mai sorgere dubbi sia sulla freschezza compositiva, sia sulla personalità esibita.
Quasi cinquanta minuti di metal diretto, epico e roccioso grazie ad una serie di tracce che hanno nel songwriting e nell’impatto il loro punto di forza.
Evil Eye è molto vicino ad essere una sinfonia di rock pesante, con tanta psichedelia interpretata in maniera differente rispetto alla normale concezione, per un risultato al di fuori del comune.
Incandescente fusione di sludge, death, black e doom per la band statunitense, che abbina con grande personalità pesantezza e atmosfera.
Diva Sporca è un disco che sa di antico, di qualcosa che si muove nelle nebbie, di sguardi impauriti al cielo verso la luna nera che sta sopra di noi da millenni, è anche ricerca musicale e passione che porta oltre.
Wheel Of Time è un disco che, molto semplicemente, è una scintilla che può far scattare molte cose, ma soprattutto è un pezzo di musica unico e bellissimo, puro e da ascoltare assolutamente.
I Blind Monarch offrono un lavoro di grande sostanza e convincente dalla prima all’ultima nota: certo, qui il sound è volto ad evocare solo sofferenza e stoica sopportazione, per cui ognuno si prenda la propria croce con la prospettiva di portarsela appresso per il resto dei suoi giorni, senza che possa arrivare il Cireneo del caso ad alleviarne il peso.
Ruins va ben oltre le già elevate aspettative, proiettando i Marianas Rest ai vertici di una scena melodic death doom che, in Finlandia, pare davvero attingere ad un filone aureo apparentemente inesauribile.