Lonely Robot – Under Stars

Under Stars è il perfetto epilogo del lungo viaggio intrapreso dall’astronauta John Mitchell, un album piacevole per chi dai suoni progressivi pretende eleganza e songwriting raffinato.

Ed eccoci arrivati al capitolo finale della trilogia dei Lonely Robot, creatura del polistrumentista John Mitchell (Kino, Frost*, Arena, It Bites), che racconta il viaggio fantastico e surreale di un’astronauta nel tempo e nello spazio.

Si tratta di tre album di progressive rock che viaggiano, come il personaggio della saga, nella storia del genere, dal primo capitolo licenziato nel 2015 (Please Come Home), passando per il precedente album uscito un paio di anni fa (The Big Dream), ed arrivando a questa nuova fatica intitolata Under Stars che vede, oltre al musicista e songwriter inglese (voce, chitarra, tastiere e basso), i fidi Craig Blundell (batteria) e Steve Vantsis (basso).
Under Stars, anche a livello musicale, non si discosta molto dai suoi predecessori, i Lonely Robot suonano progressive rock ispirato al passato ma con molta attenzione per i suoni odierni, passando ovviamente per il new prog inglese.
Terminal Earth introduce l’ascoltatore nel mondo esplorato dal protagonista, mentre Ancient Ascendant entra nel vivo dell’opera che, se non registra novità nel sound, riesce a convincere per la buona qualità dei brani proposti.
La voce di Mitchell è sempre elegante e la musica l’accompagna in brani in cui gli spunti d’interesse non mancano, tra richiami atmosferici ed elettronici, progressioni mai intricate e moderne sfumature post rock.
La title track, Icarus, la spaziale The Signal, When Gravity Falls si specchiano nel variegato mondo progressivo che ha ispirato Mitchell, tra Pink Floyd, Tangerine Dream, Arena, Genesis e i nuovi eroi che percorrono le strade del genere nel nuovo millennio.
Under Stars è il perfetto epilogo del lungo viaggio intrapreso dall’astronauta John Mitchell, un album piacevole per chi dai suoni progressivi pretende eleganza e songwriting raffinato.

Tracklist
1. Terminal Earth
2. Ancient Ascendant
3. Icarus
4. Under Stars
5. Authorship Of Our Lives
6. The Signal
7. The Only Time I Don’t Belong Is Now
8. When Gravity Fails
9. How Bright Is The Sun?
10. Inside This Machine
11. An Ending

Line-up
John Mitchell – vocals, guitar, keyboards, bass
Craig Blundell – drums
Steve Vantsis – bass

LONELY ROBOT – Facebook

OMEGA DIATRIBE

Il video di Trinity, dall’album omonimo (Metal Scrap Records).

Il video di Trinity, dall’album omonimo (Metal Scrap Records).

Hungarian extreme groove metallers release a brand new live music video for their latest record’s title track which has been shot in Budapest at Rise Above The Sky Tour 2019.
Trinity has been released last year by Metal Scrap Records and mixed & mastered by the legendary Tue Madsen at Antfarm Studios which leads the band to win ‘The best studio production of 2018’ by the Hungarian Metal Awards.
The band also win the ‘Best live band in 2018’ which reflects about their intense live shows all over Europe.

Catch the band at summer on their festival tour:
2019.07.02 – Dürert Kert, Budapest, HU /supporting Whitechapel & Misery Index
2019.07.04 – GoatHell Festival, Pula, HR
2019.07.06 – Flex Festival, Oradea, RO
2019.07.13 – Rockmaraton Festival, Dunaújváros, HU
2019.07.18 – Sportalshow Festival, Esztergom, HU
2019.07.19 – Agressive Music Festival, Pohori, CZ
2019.08.03 – Rockstadt Extreme Festival, RO
2019.08.18 – Abaliget Progressive Camp Festival, HU
2019.08.19 – Fekete Zaj Festival, Mátra, HU
2019.08.24 – Fezen Festival, Székesfehérvár, HU
2019.08.31 – Nyárzáró Fesztivál, Paks, HU

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LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: BLOOD THIRSTY DEMONS

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta è il turno della one man band horror metal Blood Thirsty Demons.

MC Nuovo album per la storica band horror metal Blood Thirsty Demons: con noi Cristian! Bentornato su Overthewall.

Ciao e grazie per questo spazio che mi dedichi.

MC Circa vent’anni fa ti affacciavi sulla scena metal italiana, ci racconti i primi passi della band?

Allora, i Blood Thirsty Demons nascono nel 1997, periodo in cui la band non aveva un genere ben definito, ma univamo tutto quello che più ci piaceva, dal thrash,al heavy classico.
Poi ci fu un momentaneo scioglimento e in quel periodo iniziai ad interessarmi allo studio dell’occulto. Da qui la rinascita della band con un genere ben definito, ovvero l’horror metal, ispirato da band come Death SS, Mercyful Fate, King Diamond ecc…; da lì i primi demo, poi ristampati dalla danese Horror Records che fu la prima etichetta a credere in noi e ci aiutò a farci conoscere un po’ in tutta Europa. Da quel momento non mi sono più fermato, neanche dopo l’ennesimo scioglimento che mi ha portato a trasformare il progetto in una One Man Band.

MC Tu sei leader anche di un progetto parallelo, gli Human Degrade. E’ da un po’ che non ne sento parlare.Ti sei dedicato esclusivamente ai Blood Thirsty Demons?

Per non metterci troppo tempo a fare uscire questo disco, ho dovuto mettere un attimo in stand by la lavorazione del nuovo Human Degrade, ma al momento sto andando avanti a lavorarci. E’ un progetto in cui suono thrash e dalle tematiche più di disagio sociale, rispetto a quelle esoteriche che tratto con Blood Thirsty Demons.

MC Circa tre anni fa pubblicavi Voices From The Dark, quest’anno nuova etichetta discografica e nuovo disco,l’ottavo per la precisione. Ci parli della gestazione di In Death We Trust?

Allora, nel penultimo lavoro ero sotto contratto con la Barbarian Wrath, ma per problemi di salute di chi la gestiva l’etichetta ha dovuto chiudere e ho dovuto guardarmi in giro alla ricerca di un’altra label.
A questo punto ho trovato nella The Triad quella giusta per quello che stavo cercando, anche per il fatto di avermi già seguito in passato dimostrandomi sempre di apprezzare la mia musica, cosa che per me è molto importante; quindi abbiamo deciso una co-produzione con la mia C.M. Releases.

MC Le tematiche ricorrenti nei tuoi dischi sono alquanto orrorifiche ed inquietanti. Da dove arriva questa tua passione per l’occulto?

E’ nata da ragazzino, dalla passione per la demonologia. Da lì e anche dall’ascolto di determinate band del genere horror, mi venne questa curiosità, questa voglia di conoscere meglio questi determinati argomenti, cosa che negli anni mi è stata molto d’aiuto anche per trovare un mio personale equilibrio nella vita di tutti i giorni.

MC Otto album sono un bel bagaglio per un artista. Che consiglio daresti a chi si cimenta a fare horror metal?

Innanzi tutto di capire cos’è davvero l’horror metal, di studiarne le origini e di capire che non basta un semplice face painting per farsi definire horror. L’horror classico, che tutto il mondo ci invidia perché solo in Italia sappiamo comporre determinate atmosfere, è legato a una certa cultura musicale che bisogna studiare prima di mettersi a suonarlo. Aggiungere suoni elettronici o sonorità moderne non serve in questo genere e non bisogna avere paura di essere paragonati a band storiche per questo. Modernizzarsi non vuol dire sempre evolvere, anzi, spesso ha rovinato tutto.

MC Quali sono i tuoi progetti futuri? C’è qualcosa che vorresti realizzare con la musica?

Ogni giorno mi alzo e penso a un possibile progetto… amo troppo la musica e farei mille cose, ma il tempo non sempre si trova. Sicuramente andrò avanti con Blood Thirsty Demons e Human Degrade, ma mi piacerebbe in futuro
avere anche un progetto doom, vediamo cosa partorirà la mia mente.

MC Secondo te qual’è il danno maggiore e la miglior qualità della scena metal italiana?

Il danno sicuramente è quello di non unirsi. L’unione fa la forza, ma qui tutti si mettono in competizione. Molti musicisti hanno più interesse a voler essere considerati migliori di altri piuttosto che pensare a far
apprezzare la propria musica ed essere contenti del loro seguito, sempre che riescano ad averlo. La miglior qualità sta forse nelle band storiche che hanno scritto pagine importanti e che potevano competere benissimo con le band inglesi.
Nell’horror, invece, credo che gli italiani facciano da sempre scuola a tutti.

MC Dove i nostri ascoltatori possono seguirti?

Possono seguirmi principalmente sulla pagina Facebook, oltre che su Bandcamp e tra poco troveranno su tutte le piattaforme digitali anche il nuovo album in tutti i formati. Grazie per l’intervista e per lo spazio che mi hai dedicato.

At The Dawn – The Battle To Come

Gli At The Dawn hanno indurito il sound senza perdere quell’approccio melodico e raffinato, marchio di fabbrica della scena italiana, facendo sì che il lavoro offerto sia quanto mai coinvolgente.

Tornano con un nuovo album ed una formazione per due quinti rinnovata gli At The Dawn a confermare il buon stato di salute della scena tricolore nel genere.

Il terzo album della band imolese si intitola The Battle To Come, è stato registrato, prodotto e mixato dalla coppia Simone Mularoni (DGM) e Simone Bertozzi (Arcana13, Ancient Bards) ai Domination Studio e vede all’opera, oltre ai chitarristi Michele Viaggi, Michele Vinci e al cantante Stefano De Marco, la sezione ritmica nuova di zecca composta da Andrea Raffucci al basso e Antero Villaverde alla batteria.
Il nuovo album vede il quintetto sterzare verso un sound più power ed epico, sempre ispirato da un’anima più progressiva, ma sicuramente più potente e diretto rispetto a quello offerto fin qui.
Cavalcate heavy/power potenti, crescendo epici, tastiere che ricamano trame sinfoniche su mid tempo rocciosi, fanno di The Battle To Come un album diretto e metallico, raffinato come da tradizione dei gruppi nostrani e quindi assolutamente godibile.
Ovvio che il genere per sua natura non lascia spazio a nulla che non sia già stato scritto e suonato, ma gli At The Dawn, grazie ad un buon mix tra songwriting, perizia tecnica e produzione regalano ai fans del genere un gioiellino musicale.
Dopo l’intro è di Brotherhood Of Steel il compito di aprire le porte e darci il benvenuto in un nuovo album che non registra attimi di stanchezza, anche nei brani più melodici e lineari come l’elegante power/aor di A Rose In The Dark.
Il power/heavy/prog metal trova la sua naturale incarnazione nelle possenti e suggestive Anthem Of Thor, The Call, The Forsaken Ones, con la nuova sezione ritmica sugli scudi e Viper Of The Sands potente brano dai ricami prog metal.
Gli At The Dawn hanno indurito il sound senza perdere quell’approccio melodico e raffinato, marchio di fabbrica della scena italiana, facendo sì che il lavoro offerto sia quanto mai coinvolgente.

Tracklist
01. The Battle To Come
02. Brotherhood Of Steel
03. Cadaver Synod
04. Anthem Of Thor
05. Dragon Heart
06. A Rose In The Dark
07. The Call
08. Torquemada (The Hand Of God)
09. The Forsaken Ones
10. Viper Of The Sands
11. King Of Blood And Sand

Line-up
Michele Viaggi – guitars
Michele Vinci – guitars
Stefano De Marco – vocals
Andrea Raffucci – bass
Antero Villaverde – drums

AT THE DAWN – Facebook

Hellish Grave – Hell No Longer Waits

Dieci brani che non trovano tregua, dieci inni metallici dall’impatto old school che trovano nei vari Motorhead, Possessed ed Hellhammer le massime influenze, meritandosi un più che sufficiente giudizio per attitudine, impatto e songwriting.

Amanti del metal old school di matrice thrash/speed metal, sedetevi comodi, portate le cuffie alle orecchie e fatevi massacrare dagli Hellish Grave e dal loro secondo full length, intitolato Hell No Longer Waits.

Speed metal, thrash ed una forte attitudine black metal sono il mix esplosivo con cui la band brasiliana si impossessa delle anime dei appassionati dagli ascolti fermi tra gli anni ottanta ed i primi anni del decennio successivo, un prodotto che più underground di così non si può ma assolutamente in grado di farvi saltare i padiglioni auricolari.
Un sound senza compromessi è quello con cui la band di San Paolo ci aggredisce, con Satana che suggerisce blasfemie varie su di una potenza di fuoco non indifferente.
In Hell No Longer Waits tutto puzza di zolfo e decomposizione: gli Hellish Grave danno così un seguito al paio di ep ed al primo lavoro su lunga distanza Worship Macabre, in un clima da tregenda, un inferno che brucia di metallo estremo.
Dieci brani che non trovano tregua, dieci inni metallici dall’impatto old school che trovano nei vari Motorhead, Possessed ed Hellhammer le massime influenze, meritandosi un più che sufficiente giudizio per attitudine, impatto e songwritng.

Tracklist
1.Transilvanian Nights
2.In Nomine Draculae
3.Revenant Awakening
4.Over My Haunted Pact
5.Possessed by the Witch
6.Macabre Worship
7.Lust for Youth
8.Locomotive Blast
9.Hell No Longer Waits
10.Soldiers of Hell

Line-up
Witchripper – Bass
Hellish Angelcorpse – Vocals
Butchereaper – Guitars
Speeddemon – Drums
Liber Falxifer – Guitars

HELLISH GRAVE – Facebook

ACID DEATH

Il video di “Primal Energies”, dall’album omonimo (7hard).

Il video di “Primal Energies”, dall’album omonimo (7hard).

This is the second official video for band’s new album, Primal Energies, released on March 15th 2019 by 7hard/7us Media Group GmbH.

Video information:
– Directed and edited by Dennis Kostopoulos (band’s lead guitar player)
– Filmed by John Manoussos.
– D.O.P. by Themis Katsimichas.

ACID DEATH’s “Primal Energies” album is available via Itunes, Amazon, Google Play and all the digital platforms, plus band’s official merch store, www.aciddeath.net/merch

ACID DEATH
Savvas Betinis
Dennis Kostopoulos
John Anagnostou
Kostas Alexakis

– Official Site: www.aciddeath.net
– Facebook: www.facebook.com/aciddeathgr
– Youtube: www.youtube.com/user/aciddeathgr
– ReverbNation: www.reverbnation.com/aciddeathgr
– Twitter: www.twitter.com/aciddeathgr
– Instagram: www.instagram.com/aciddeathgr
– Bandcamp: https://aciddeath.bandcamp.com
– RSS Feed – News: www.aciddeath.net/feed

Record Label:
7hard (A division of 7us Media Group GmbH)

www.7hard.de & www.sevenus.de

The Rods – Brotherhood Of Metal

I The Rods sono tornati con un album magnifico all’insegna dell’heavy metal più duro e puro, imperdibile per chiunque si dichiari un amante di questi suoni.

Nuovo album per i The Rods, leggendaria band statunitense, veri pionieri dell’heavy metal a stelle e strisce con il loro primo lavoro (Rock Hard) targato 1980.

David Feinstein, con un passato remoto negli Elf del cugino Ronnie James Dio, Carl Canedy, che con lui fondò i Thunder insieme a Joey DeMaio prima della nascita dei Manowar, e Garry Bordonaro tornano con Brotherhood of Metal, a distanza di quattro anni dall’ultimo lavoro e nono capitolo di una discografia che vide i The Rods protagonisti nella scena metallica degli anni ottanta, prima di un lungo silenzio durato venticinque anni, ed il ritorno nel 2011 con Vengeance.
Brotherhood Of Metal, licenziato dalla SPV/Steamhammer spara undici cannonate metalliche ad altezza d’uomo, una carica esplosiva da far impallidire le nuove generazioni di musicisti impegnati in una battaglia già persa contro gente del calibro di Feinstein e soci.
Fin dalla title track posta come opener verrete travolti dalla forza dirompente dei The Rods, una macchina da guerra metallica che nell’arco di cinquantadue minuti non fa prigionieri.
Nessuna ballad, solo grande heavy metal duro come l’acciaio, classicamente anni ottanta, sorretto da un tappeto ritmico pesantissimo, tastiere che conferiscono sfumature epiche ad una serie di brani dove esaltanti cori dall’impatto live di un carro armato non si contano.
Si arriva a Party All Night, il brano più rock’n’roll del lotto, posizionato a metà tracklist dopo una serie di bordate metalliche (Smoke On The Horizon, Louder Than Loud), mentre Tonight We Ride e 1982 sono inni all’heavy metal old school e The Devil Made Me Do It un’irresistibile hard & heavy che lascerà pochi sopravvissuti in sede live.
I The Rods sono tornati con un album magnifico all’insegna dell’heavy metal più duro e puro, imperdibile per chiunque si dichiari un amante di questi suoni.

Tracklist
01. Brotherhood Of Metal
02. Everybody’s Rockin’
03. Smoke On The Horizon
04. Louder Than Loud
05. Tyrant King
06. Party All Night
07. Tonight We Ride
08. 1982
09. Hell On Earth
10. The Devil Made Me Do It
11. Evil In Me
Vinyl bonus track
12. Crank It Up (35 Years)

Line-up
David “Rock” Feinstein – Guitars, Vocals
Carl Canedy – Drums
Gary Bordonaro – Bass

THE RODS – Facebook

Sognando la West Coast: in ricordo di John Cipollina

Il 29 maggio 1989 ci lasciava ad appena quarantasei anni il grande John Cipollina, uno dei maggiori musicisti e session-man californiani di sempre.

Il 29 maggio 1989 ci lasciava ad appena quarantasei anni il grande John Cipollina, uno dei maggiori musicisti e session-man californiani di sempre. Nato a Berkeley, fu uno dei grandi protagonisti della scena di San Francisco, dal 1966 in poi. Dotato di un sound unico ed inconfondibile, vero e proprio maestro nell’uso del tremolo, dotato di uno stile distintamente espressivo e assai melodico, il grande chitarrista statunitense è stato inserito, da Rolling Stone, nell’elenco dei cento migliori axemen, al n. 32 per l’esattezza, davanti a leggende della sei corde come Brian May, Robert Fripp e Frank Zappa.

Cipollina è conosciuto principalmente per il suo lavoro con i Quicksilver Messenger Service, band cardinale nella nascita ed affermazione dell’acid rock in California, nati tra il 1964 e il 1965. QMS, nel 1968, fu il primo atto di una carriera fulminante: prodotto da Nick Gravenites (Paul Butterfield Blues Band), il debutto dei Quicksilver metteva in mostra atmosfere epiche e luminosi strumentali, con sferzanti intrecci chitarristici tra Cipollina e Gary Duncan, ben supportati dalla sezione ritmica di David Freiberg (futuro Jefferson Starship) al basso e Greg Elmore alla batteria. Happy Trails, nel 1969 fu il primo capolavoro del gruppo: registrato in parte dal vivo, con solo tre lunghi brani tra cui Mona e Who Do You Love (ambedue di Bo Diddley), presentava travolgenti improvvisazioni, in cui l’estro e la fantasia di Cipollina risaltavano, in tutta la loro bellezza. Anche il sognante Shady Grove (1969) fu un disco eccezionale e stupendo, nuovamente ricco di brillanti tour de force strumentali.

Alle Hawaii, nel 1970, sotto la direzione di Dino Valenti, venne realizzato il nuovo Just For Love, contrassegnato da brani incantevoli e scelte timbriche straordinarie. Vertiginoso lo strumentale dal titolo Cobra, pezzo cucito su misura per i fraseggi di Cipollina. Ma il chitarrista americano dimostra anche di sapere dialogare splendidamente con le note melodiche del pianoforte. Sessions dell’album andarono a costituire, con altre tracce, il successivo disco dei Quicksilver (What About Me, 1971).
Nel 1972, Cipollina lasciò temporaneamente i Quicksilver e suonò in Rolling Thunder, disco solista di Mickey Hart, il batterista dei Grateful Dead. La connessione, storica e musicale, con il gruppo di Jerry Garcia rimane molto importante: materiale dei due di può oggi riascoltare anche sul secondo CD di Curiosities from the San Francisco Underground, apparso nel 2016 per la Shady Grove.
Nel 1973, Cipollina fondò i Copperhead, che debuttarono, in quello stesso anno, per la CBS, con un ottimo album omonimo, che faceva incontrare il retaggio west coast e l’heavy rock americano anni Settanta. Purtroppo il successo fu nullo, malgrado le aspettative, ed il gruppo si sciolse. Nel 1975, lo ritroviamo nei riformati Quicksilver, per il disco Solid Silver, esempio di valida reunion ed ultimo atto prima dello scioglimento definitivo. Realmente la fine di un’epoca gloriosa.

Sempre nel 1975, Cipollina suonò con i gallesi Man, campioni dello space rock britannico, nel loro live Maximum Darkness, pubblicato dalla United Artists: una serie di lunghe, magnifiche ed astrali escursioni cosmiche, con un talento improvvisativo senza pari negli assoli. Seguì quindi un ritiro di quattro anni, dopo un decennio costantemente sulla breccia ed impegnatissimo su più fronti. Unica eccezione, al solito, qualche concerto significativo.
Cipollina, quando ormai il momento magico del rock psichedelico californiano era passato, ritornò comunque in pista, alla fine dei Seventies, quando imperavano (anche negli USA) post-punk e new wave. La sua rimase così una musica senza tempo, fluida e sognante, lontana dalla commercialità ed incurante delle mode. Nel 1979 suonò nell’esordio di Terry and the Pirates (Too Close For Comfort) e l’anno dopo si accasò, in Germania, presso la Line Records, impegnata in operazioni nostalgiche ma di notevole spessore e qualità artistica. Videro in tale maniera la luce il disco omonimo del suo nuovo gruppo – i Raven, nel 1980 – e il secondo di Terry and the Pirates (The Doubtful Handshake, con una cover che ricordava volutamente Happy Trails: un autentico sguardo rivolto al passato).

Tra il 1981 ed il 1982, stavolta per la piccola Rag Baby, furono pubblicati altri due album di Terry and the Pirates, Wild Dancer e Rising of the Moon. Li si apprezza meglio nel live (postumo, 2007) intitolato Return to Silverado, stampato dalla Acadia. Al 1982, sempre accompagnato dalla band di Terry Dolan, risale inoltre anche la storica e magistrale performance di Cipollina, alla Rockpalast di Dortmund, fortunatamente riedita su compact dalla tedesca Mig, nel quinto volume della serie West Coast Legends. La conferma che quella live era la vera dimensione per il chitarrista americano.
Nel 1984, Cipollina collaborò con Robert Hunter. Tra il 1985 e il 1986 fu invece a fianco di Merrell Fankhauser. La voglia di rock era comunque più forte: Cipollina costituì infatti gli Zero (Here Goes Nothin’, 1987) e soprattutto gli eccellenti Dinosaurs (1988). Di lui abbiamo oggi anche vari bootleg semi-ufficiali, sia con i Quicksilver, sia da solo. Questi ultimi comprendono anche il periodo 1976-1978 (quando cioè Cipollina non effettuò registrazioni di studio) ed il 1983. Detto altrimenti: non ci manca niente davvero per tornare a ricordare, ascoltare ed apprezzare uno dei più grandi chitarristi di tutta la storia del rock.

Holding Patterns – Endless

In Endless ci sono tanti elementi del periodo d’oro della musica alternativa, quando le idee erano valide e volavano leggere, e ascoltando gli Holding Patterns si può avere ancora speranza in quel bitume che viene così denominato.

Gli inglesi Holding Patterns sono in pratica tre quinti della formazione dei Crash Of Rhinos, gruppo di Derby che pubblicò due buoni dischi nel 2011 e nel 2013.

Dopo aver provato una riunione del gruppo poi fallita per problemi di tempo, ecco nascere questo nuovo gruppo. Il debutto è uno dei dischi di musica alternativa fra i più belli degli ultimi tempi grazie ad una freschezza ed un tiro davvero notevoli. Il loro retroterra è molto importante, c’è un po’ di quell’emo rielaborato in maniera speciale che già era presente nei Crash Of Rhinos, in più troviamo una composizione cresciuta e molto matura, un tentativo riuscito di coniugare le forme spigolose del math rock con qualcosa di più smussato, ma altrettanto emotivo. Ci sono tanti elementi del periodo d’oro della musica alternativa, quando le idee erano valide e volavano leggere, e ascoltando gli Holding Patterns si può avere ancora speranza in quel bitume che viene così denominato. Il power trio inglese confeziona un disco che emoziona e colpisce, sia dal punto musicale che da quello dei testi. Sono momenti in cui si tirano le somme, non può essere altro che così, gli Holding Patterns lo fanno senza problemi e con un’ottima forma. Le loro canzoni hanno quella cadenza tipica dei musicisti che finalmente fanno quello che gli pare, e se questo disco fosse uscito anni fa avremmo gridato al miracolo, mentre è ancora più importante che sia uscito ora. Per il nuovo disco il gruppo ha anche cambiato approccio nel modo di scrivere le canzoni, ed il risultato è una forma originale e molto fresca. Ci sono passaggi clamorosi e momenti di sincere lacrime nemmeno fossero i Get Up Kids, ma con addirittura qualcosa in più rispetto agli americani, un quid dato dalla maggior libertà compositiva. Una canzone come Dust, ma potrebbe valere lo stesso discorso per tutte le altre, è qualcosa che davvero mancava, ed è un piccolo miracolo come tutto questo disco.

Tracklist
1.Glow
2.At Speed
3.First Responder
4.Centered At Zero
5.No Accident
6.Pyre
7.Dust
8.This Shot Will Ring
9.Endless
10.House Fire
11.Long Dead
12.Momentarily

Line-up
Oli
Draper
Jim

HOLDING PATTERNS – Facebook

Idle Hands – Mana

La band americana continua il suo viaggio nel mondo del dark/gothic ed anche Mana, come il precedente lavoro, si nutre del buio della notte, un mondo oscuro pregno di atmosfere new wave in potenziata dall’anima heavy metal che agita il sound dei nostri.

Dopo l’ep di debutto licenziato sul finire dello scorso anno, è arrivato il momento anche gli Idle Hands di pubblicare il primo lavoro sulla lunga distanza.

La band americana continua il suo viaggio nel mondo del dark/gothic ed anche Mana, come il precedente lavoro, si nutre del buio della notte, un mondo oscuro pregno di atmosfere new wave in potenziata dall’anima heavy metal che agita il sound dei nostri.
Solo un brano (Blade And The Will) era presente nella track list dell’ep, il resto sono tutti brani inediti e risultano un buon passo in avanti per il gruppo di Portland, che ci avvolge nel suo nero mantello musicale.
Erede del dark rock ottantiano, il sound di questi undici brani ci catapulta nel mondo ombroso dei Sisters Of Mercy, mentre dagli anni novanta gli Idle Hands pescano tra le atmosfere gotiche dei Type 0 Negative per tornare nel decennio precedente, rispolverando l’U.S. metal dei Metal Church in un mix di piacevole metal/rock dalle tinte dark.
La voce segue i canoni del dark rock e della new wave, così da risultare di gradimento per gli amanti del genere; come scritto in precedenza la band ha fatto un passo avanti significativo nel personalizzare il proprio sound, grazie anche ad una track list che risulta di buon livello lungo tutta la durata dell’opera.
Jackie, Don’t Waste Your Time e Double Negative i brani più significativi di questo buon lavoro targato Idle Hands, consigliato a chi negli anni ottanta non viveva di solo metal classico.

Tracklist
1. Nightfall
2. Jackie
3. Cosmic Overdrive
4. Don’t Waste Your Time
5. Give Me To The Night
6. Blade And The Will
7. Dragon, Why Do You Cry?
8. Double Negative
9. It’ll Be Over Before You Know It
10. A Single Solemn Rose
11. Mana

Line-up
Gabriel Franco – Vocals, Guitar, Studio Bass
Sebastian Silva – Lead Guitar
Colin Vranizan – Drums

IDLE HANDS – Facebook

Paice Ashton Lord – Malice in Wonderland (Reissue)

La presenza delle otto tracce inedite non può che arricchire di grande musica blues/soul questa preziosa riedizione, valorizzando ulteriormente un’opera imperdibile per i fans dei musicisti coinvolti e di tutti gli amanti del rock a 360°.

Questo bellissimo e rarissimo lavoro intitolato Malice In Wonderland a firma Paice Ashton Lord uscì originariamente nel 1977, quando il decennio d’oro dell’hard rock e del progressive si stava avviando verso un tramonto che avrebbe portato ad un’alba di rivoluzione musicale, con il successo del punk e la nascita dell’heavy metal, mentre i suoi protagonisti, ancora affamati di note davano vita ad progetti più o meno famosi ma dal comune denominatore della qualità.

Ian Paice e Jon Lord, dopo aver lasciato i Deep Purple nel 1976, chiamarono il cantante e tastierista Tony Ashton (Ashton, Gardner and Dyke e Family) e formarono i Paice Ashton Lord, raggiunti per le registrazioni da Bernie Marsden, in seguito chitarrista e compagno dei due nei primi Whitesnake, e Paul Martinez, negli anni ottanta fido bassista di Robert Plant.
La riedizione di Malice In Wonderland, curata dalla earMUSIC prevede, oltre all’intero album del 1977 comprende gli otto brani che avrebbero dovuto comporre la track list del secondo lavoro mai uscito, trasformando questa riedizione in una vera chicca per gli appassionati, anche grazie all’introvabilità della versione originale.
Chiariamo subito che qui di suoni purpleiani non ce ne sono, perché i musicisti invece optarono per un’alchimia di generi che lasciavano fuori dai solchi delle varie Ghost Story, Arabella (Oh Tell Me), Sneaky Private Lee, o dal blues di I’m Gonna Stop Drinking Again, l’hard rock tipico di quegli anni per ammantarli di note southern, funky, soul e blues rock.
La perizia tecnica di questa manciata di maestri delle sette note contribuisce alla riuscita di un lavoro che riporta alle origini del rock, con brani eleganti e sanguigni, magari lontano dai cliché hard rock di quei tempi e più vicino al sound di fine anni 60′.
La presenza delle otto tracce inedite non può che arricchire di grande musica blues/soul questa preziosa riedizione già dalla prima splendida Steamroller Blues, mantenendo un legame inossidabile con i brani precedenti e regalando ancora grande musica con Nasty Clavinet, Dance Coming e la conclusiva Ballad Of Mr.Giver, a valorizzare ulteriormente un’opera imperdibile per i fans dei musicisti coinvolti e di tutti gli amanti del rock a 360°.

Tracklist
1. Ghost Story
2. Remember the Good Times
3. Arabella (Oh Tell Me)
4. Silas & Jerome
5. Dance with Me Baby
6. On the Road Again, Again
7. Sneaky Private Lee
8. I’m Gonna Stop Drinking Again
9. Malice in Wonderland

Bonus tracks
10. Steamroller Blues
11. Nasty Clavinet
12. Black and White
13. Moonburn
14. Dance Coming
15. Goodbye Hello LA
16. Untitled Two
17. Ballad of Mr. Giver

Line-up
Tony Ashton – Vocals, Keyboards
Bernie Marsden – Guitars
Jon Lord – Keyboards, Synth
Paul Martinez – Bass
Ian Paice – Drums

Africa Unite / Architorti – In Tempo Reale

Prima avvertenza: questo non è un disco reggae. Seconda avvertenza: è uno dei dischi più innovativi ed importanti di sempre della scena italiana. Terza avvertenza: tratta dei social media e della nostra vita online.

Gli Africa Unite tornano con un disco disponibile sia in download libero sul loro sito che in edizione fisica con canzoni bonus acquistabile sempre sul loro sito.

Prima avvertenza: questo non è un disco reggae. Seconda avvertenza: è uno dei dischi più innovativi ed importanti di sempre della scena italiana. Terza avvertenza: tratta dei social media e della nostra vita online. Come dicono loro stessi, gli Africa Unite scelgono la via più difficile per fare il disco nuovo, e chiamano al loro fianco gli Architorti, una formazione di archi per nulla convenzionale. Il risultato è qualcosa di meraviglioso, un disco che fluttua in una dimensione tutta sua, un suono minimale e ricchissimo, le forme musicali non esistono, tutto si risolve in una compenetrazione fra elettronica ed archi, con le voci di Bunna e Madaski che si fondono magnificamente. La stessa voce di Bunna è uno strumento, suona in una maniera come non l’abbiamo mai sentita, dato che è dub di per sé stessa, nel senso che si è spogliata di tutti gli altri elementi. Che Madaski fosse uno dei geni musicali più umili e creativi che abbiamo in Italia è cosa nota, ma qui si supera andando a fare una sintesi musicale che penso abbia sempre avuto in testa e che qui sublima. Gli Architorti sono sempre stati un ensemble totalmente nuovo in fatto di musica classica e ben oltre, e qui si integrano molto bene con gli Africa Unite alchemizzati in un qualcosa di diverso. Il gruppo piemontese da anni sta portando avanti un discorso creativo e di politica musicale che non ha eguali in Italia, facendo uscire dischi in download libero che servono per invogliare la gente a vederli in concerto, che è poi il luogo dove si possono trovare le risorse per andare avanti. Questo album racchiude autentici tesori, ad esempio L’Impero Del Nord dovrebbe essere l’inno nazionale, ed è un balsamo contro l’odio dello stilista delle felpe, il capitano di un popolo sempre più socialmente alla deriva, ed è qualcosa di bellissimo soprattutto per la scioccante strofa di Madaski. Le altre canzoni hanno testi di una lucidità e sincerità incredibili e d analizzano in maniera mai banale la vita online e quella poca che rimane offline. La voce di Bunna è la massimo della sua forma, e non canta ma suona la sua stessa voce con una metrica inedita che si fonde con gli Architorti che in alcuni momenti sembrano un coro. Anche il video di NIN (Nuove Intrusioni Notevoli) è innovativo e molto ben centrato. Nonostante gli Africa Unite siano sempre stati un gruppo innovativo e di qualità, questo disco è davvero epocale e potrebbe essere molto importante per il panorama musicale italiano, se non fossimo attirati dal clic della prossima emozione online.

Tracklist
01 – Hopptiquaxx!
02 – NIN (nuove intrusioni notevoli)
03 – La Morsa del Ragno
04 – L’impero del Nord
05 – Peculiarità
06 – La Differenza
07 – Rughe Indelebili 019
08 – Il Mio Pensiero Lucido

AFRICA UNITE – Facebook

HALF LIFE

Il lyric video di “Killing Words”, dall’ep “I’ve Got To Survive” (Club Inferno Ent.).

Il lyric video di “Killing Words”, dall’ep “I’ve Got To Survive” (Club Inferno Ent.).

“Killing Words” is the first track offered to the audience by Heavy Metal young band HALF LIFE to present their debut EP “I’ve Got To Survive”.

“I’ve Got To Survive” will be out via Club Inferno Ent. on May 29th, 2019 and it is the first example of what HALF LIFE are going to show walking the path of Heavy Metal.

“I’ve Got To Survive” cover and tracklist:
1. I’ve Got To Survive
2. Killing Words
3. Only Shadows
4. The Judgement

Official sites:
– CLUB INFERNO ENT.: www.facebook.com/clubinfernoent
– HALF LIFE: www.facebook.com/halflifeband
– PRE-ORDER: smarturl.it/HALFLIFEBAND

REDWOLVES

Il video di ‘Fenris’, dall’album ‘Future Becomes Past’ (Argonauta Records).

Il video di ‘Fenris’, dall’album ‘Future Becomes Past’ (Argonauta Records).

Music video for “Fenris” from Redwolves’ new album Future Becomes Past – available now on all platforms

Credits:

Video by Redwolves (Kasper Rebien & Rasmus Cundell)

Cast: Maiken H. Hyldeqvist-Hansen, Ea Hedegaard, Maja Carlsen, Casper Taarup, Caroline Matthiassen, Lyndon Smith, Mikkel Møller-Larsen

Thanks a lot to:
Susanne Szmyrko & Ole Rebien
Maria Bech Poulsen
Argonauta Records & All Noir PR

www.facebook.com/Redwolvesband/

www.redwolves.dk

Aftermath – There Is Something Wrong

Thrash metal e hardcore, progressive e crossover, sono dunque le anime che vivono nel sound degli Aftermath, che continuano la loro denuncia contro politiche dannose ed una società allo sfascio tramite una musica estrema che non manca di sorprendere per l’ottima preparazione strumentale dei protagonisti, che tra Devin Townsend e Voivod ci investono con il loro metal fuori dagli schemi e non poco riottoso.

Con There Is Something Wrong sembra di essere tornati a metà degli anni novanta, quando nel metal imperversavano le sonorità crossover e non era così raro trovarsi al cospetto di band dal sound che univa un deflagrante thrash metal, progressive e hardcore, ad accompagnare testi di denuncia politica e sociale.

Ed infatti gli Aftermath arrivano proprio da quel periodo, essendo attivi addirittura dalla seconda metà degli anni novanta, ma con l’unico album Eyes of Tomorrow licenziato (oltre a vari demo) nel 1994.
Un lungo silenzio nel corso del quale il nome del gruppo di Chicago era accomunato ad un paio di compilation ed ora il ritorno con questo nuovo e fiammante There Is Something Wrong, che con un po’ di ritardo sulla storia del crossover metal torna a far parlare di Kyriakos “Charlie” Tsiolis e compagni.
Thrash metal e hardcore, progressive e crossover, sono dunque le anime che vivono nel sound degli Aftermath, che continuano la loro denuncia contro politiche dannose ed una società allo sfascio tramite una musica estrema che non manca di sorprendere per l’ottima preparazione strumentale dei protagonisti, che tra Devin Townsend e Voivod ci investono con il loro metal fuori dagli schemi e non poco riottoso.
Partenza dallo spirito hardcore con le potenti ma lineari FFF (FalseFlagFlying), Diethanasia, Scientists And Priest e Smash, Reset, Control, poi l’album comincia a solcare lidi progressivi molto vicini ai Voivod di Angel Rat e The Outer Limits con una serie di brani che mantengono un impatto estremamente hardcore come Gaslight, Pseudocide e la title track.
Il nuovo album della storica band statunitense non troverà certo tutti gli estimatori del periodo di uscita del primo album, ma sicuramente non tradirà quei fans che non si sono dimenticati del gruppo e dell’ormai storico Eyes Of Tomorrow.

Tracklist
1.Can You Feel It?
2.False Flag Flying
3.Diethanasia
4.Scientists and Priest
5.Smash Reset Control
6.Gaslight
7.A Handful of Dynamite
8.Temptation Overthrown
9.Pseudocide
10.There Is Something Wrong
11.Expulsion

Line-up
Kyriakos “Charlie” Tsiolis – Vocals
Steve Sacco – Guitar
Ray Schmidt – Drums
George Lagis – Bass

AFTERMATH – Facebook

Destroyer Of The Light – Mors Aeterna

Mors Aeterna è uno dei motivi per cui amiamo così tanto l’underground pesante.

Il terzo disco dei texani Destroyer Of The Light è semplicemente uno dei migliori dell’anno in ambito heavy.

Mors Aeterna possiede una profondità ed una complessità rarissimi da trovare in musica. Nati ad Austin in Texas, là dove per le imperscrutabili leggi del destino c’è una bellissima e florida scena musicale in uno degli stati americani più reazionari, nel 2012 i nostri sono uno di quei gruppi che compiono un’evoluzione continua e senza requie fin dai loro inizi. Nel disco troviamo stili musicali diversi, tutti funzionali al progetto superiore, come nella massoneria. Ed infatti l’occulto qui è presente in tutto, dal titolo alla copertina, dalle musiche ai testi. Mors Aeterna è una narrazione, una ricerca di qualcosa che va oltre le umane capacità ma che è insita in noi, ed in fondo l’importante è la ricerca più che lo scopo finale. Musicalmente si può trovare qualcosa come il post doom, ovvero doom fuso con il post rock, stoner, momenti di new wave, come anche di doom classico, oltre a molto altro. Quello che conta in questo caso è chiudere gli occhi ed ascoltare: ad esempio Falling Star è un pezzo commovente, un perfetto esempio di musica pesante fatta con il cuore e con il cervello posseduto da qualche entità di un’altra dimensione. Un’altra cose che colpisce dei Destroyer Of The Light è la delicatezza, la leggiadria con la quale si sviluppa la loro musica, sembra davvero che suonino con una grazie immane e bellissima. I loro suoni si diffondono nel cervello come una benefica droga oppiacea, non ci si preoccupa più di nulla, perfettamente allineati con il globo terracqueo e non solo. L’ascolto dell’album può essere fatto continuativamente, ma anche ogni singola canzone è indicata come terapia. Perché questo lavoro dei texani è qualcosa di terapico, e lo sanno fare solo i grandi gruppi. Mors Aeterna è uno dei motivi per cui amiamo così tanto l’underground pesante. Oltre all’insieme, la miriade di particolari e di intarsi distribuiti per tutto il disco vi garantiranno molti ascolti, grazie ai quali se ne comprenderà la natura profonda.

Tracklist
1. Overture Putrefactio
2. Dissolution
3. Afterlife
4. The Unknown
5. Falling Star
6. Burning Darkness
7. Pralaya’s Hymn
8. Loving the Void
9. Into the Abyss
10. Eternal Death

Line-up
Steve Colca: guitar/vocals
Keegan Kjeldsen: guitar
Penny Turner: drums
Nick Coffman: Bass

DESTROYER OF LIGHT – Facebook

Sandness – Untamed

I Sandness piazzano undici irresistibili hit che faranno la gioia dei fans del metal anni ottanta, in un contesto assolutamente moderno, facendo sì che Untamed nella sua natura old school risulti comunque un’opera targata 2019.

Al terzo album in undici anni i Sandness fanno centro con Untamed, nuovo spumeggiante lavoro che aggiusta il tiro, mira al cuore dei melodic rockers e non fa prigionieri.

Rispetto al precedente Higher & Higher, uscito tre anni fa, il sound del trio risulta infatti più diretto e melodico, animato da tonnellate di attitudine sleazy, chorus che entrano in testa al primo colpo e riff che, se come da tradizione rimangono legati all’heavy metal classico, sono benedetti da un songwriting ispirato.
Mark Denkley (basso e voce), Metyou ToMeatyou (batteria e cori) e Robby Luckets (chitarra, voce e cori) piazzano undici irresistibili hit che faranno la gioia dei fans del metal anni ottanta, in un contesto assolutamente moderno, facendo sì che Untamed nella sua natura old school risulti comunque un’opera targata 2019.
D’altronde il genere, tornato a far parlare di sé in questi ultimi tempi dopo il successo di The Dirt, versione cinematografica della biografia dei Mötley Crüe, nell’underground non ha mai smesso di far divertire i propri fans. con il nostro paese a dare il proprio contributo di gruppi e album di spessore.
Con Untamed i Sandness piantano radici sul podio di queste sonorità, grazie ad una raccolta di brani freschi, melodici e con l’anima rock’n’roll che esce prepotentemente dai solchi del singolo Tyger Bite, London, Never Givin’Up, l’irresistibile Tell Me Tell Me e tutte le altre lascive ed irriverenti tracce rivestite di spandex attillatissimi e animate da una sola parola d’ordine: divertimento.
Passi da gigante dunque per il trio nostrano con questo nuovo lavoro, consigliato senza riserve a tutti gli amanti dell’hard & heavy e delle sonorità sleazy.

Tracklist
01. Life’s a Thrill
02. Tyger Bite
03. London
04. Never Givin’ Up
05. Easy
06. Pyro
07. Radio Show
08. Tell Me Tell Me
09. Only The Youth
10. The Deepest Side Of Me
11. Until It’s Over

Line-up
Mark Denkley – Bass guitar, lead and backing vocals
Metyou ToMeatyou – Drums and backing vocals
Robby Luckets – Guitars, lead and backing vocals

SANDNESS – Facebook

Nornír – Verdandi

Discreto debutto per una band che ha iniziato un suo percorso e che si spera possa portare ulteriori frutti, magari esibendo una migliore personalità.

Inesauribile l’underground nel proporre nuovi artisti, nella fattispecie black metal, provenienti dalla città mineraria di Freiberg, in Sassonia.

I Nornír, un quartetto, di recente costituzione con all’attivo un demo del 2015 e un Ep del 2017 (Urd) e che ora, su Northern Heritage, si fa conoscere compiutamente con un full length suonato con passione e conoscenza della materia. I rimandi sono tutti verso il freddo suono scandinavo, soprattutto quello gelido degli anni 90, la cosiddetta “second wave” che ormai rappresenta, per moltissime band, fonte primaria di ispirazione e anche metro di paragone. I quattro musicisti, dallo scarno passato underground, ci scaldano il cuore con sette brani fedeli alla linea, impastando black secondo i crismi classici, tremolo picking e sezione ritmica impattante, con buone melodie dal vago sapore folk e da un sufficiente potere evocativo. Lo scream di Lethian, anche chitarrista, è viscerale e rauco al punto giusto, generando buone sensazioni e mantenendo la giusta tensione lungo lo scorrere dei brani; anche interventi in clean vocals hanno il potere di far emergere spunti interessanti come in Natt, il brano più lungo, dove l’interplay delle voci e delle chitarre è molto suggestivo aprendosi poi con vigore in un classico sviluppo black che ci riporta indietro nel tempo. Discreto debutto per una band che ha iniziato un suo percorso e che spero possa portare ulteriori frutti, magari dotati di migliore personalità. L’ottima Valhalla’s Calls in chiusura dell’opera dimostra che la band ha ottime frecce al suo arco.

Tracklist
1. Kveld
2. Vergessenheit
3. Natt
4. Transzendenz
5. Yggdrasil og nornene
6. Isvinden i nord
7. Valhalla’s Call

Line-up
Lethian – Vocals, Guitars
Angrist – Guitars (lead)
Farliath – Drums
Reineke – Bass

NORNIR – Facebook

Athanasia – The Order of the Silver Compass

Non lasciatevi ingannare dalla provenienza, perché il trio non ha nulla a che fare con il sound nato sui marciapiedi del Sunset Boulevard, anzi il metallo incendiario racchiuso in questo ottimo lavoro risulta di matrice europea, tra power metal, melodic death e hard & heavy.

Gli Athanasia sono un nuovo gruppo proveniente dagli Los Angeles, formato dal cantante e chitarrista Caleb Bingham (ex Five Finger Death Punch), dal bassista Brandon Miller e dal batterista Jason West (ex Murderdolls/Wednesday13).

Non lasciatevi ingannare dalla provenienza, perché il trio non ha nulla a che fare con il sound nato sui marciapiedi del Sunset Boulevard, anzi il metallo incendiario racchiuso in questo ottimo lavoro intitolato The Order of the Silver Compass risulta di matrice europea, tra power metal, melodic death e hard & heavy.
Tedesco/scandinavo, così si potrebbe definire la matrice del sound creato dagli Athanasia, che offrono mezz’ora abbondante di musica divisa in otto brani uno più bello dell’altro.
L’approccio melodico si alterna con sfuriate estreme gelide come il vento che soffia dai paesi scandinavi, le atmosfere drammatiche ed un tocco progressivo tradiscono a tratti la nazionalità a stelle e strisce, lasciata solo intravedere, mentre il power death metal melodico regna sovrano tra i solchi di piccoli gioiellini metallici come l’opener Read Between The Lines, la title track, Cyclops Lord e Nightmare Sound.
L’album offre un’altalena imperdibile di metal estremo e classico, tra sfumature melodiche di alto livello e hard & heavy sfoggiato in refrain dall’appeal altissimo, con l’ottima la prova di Bingham al microfono, alle prese con clean e scream, e alla chitarra, con la quale sciorina riff di scuola classica, e dei suoi due compari a formare una sezione ritmica rocciosa e varia.
La conclusiva metal ballad WhiteHorse chiude benissimo un album che lascerà a bocca aperta i fans dei generi citati, assolutamente accontentati in toto dal sound di questo ottimo lavoro.

Tracklist
1.Read Between The Lines
2.Spoils Of war
3.The Order Of The Silver Compass
4.Cyclops Lord
5.The Bohemian
6.Mechanized Assault
7.Nightmare Sound
8.WhiteHorse

Line-up
Caleb Bingham – Guitar/Lead Vocals
Brandon Miller – Bass/Background Vocals
Jason West – Drums

ATHANASIA – Facebook

ARCANE TALES

Il lyric video di “Genesis”, dall’album “Power Of The Sky” in uscita a ottobre (Broken Bones/Silverstream Records).

Il lyric video di “Genesis”, dall’album “Power Of The Sky” in uscita a ottobre (Broken Bones/Silverstream Records).

La one man band veneta Arcane Tales (power-symphonic metal) pubblicherà il nuovo album, intitolato “Power Of The Sky”, il 15 ottobre 2019 per Broken Bones/Silverstream Records, e si accoderà alla “Sapphire Stone Saga” che l’autore ha iniziato dal primo album e che vede il suo evolversi anche nei libri fantasy che l’autore stesso ha pubblicato. Di seguito artwork, tracklist e link del lyric video di “Genesis”, ovvero il singolo che anticipa l’album.

Tracklist:
1) Lux Lucet in Tenebris
2) Power of the Sky
3) Fire And Shadow
4) Genesis
5) Wind of Doom
6) As a Phoenix
7) Seed of Discord
8) The Magic Dance of the Snow
9) Into the Cradle of Sin

ARCANE TALES – Facebook:www.facebook.com/arcanetales/

ARCANE TALES – Reverbnation:www.reverbnation.com/arcanetales

BROKEN BONES RECORDS – Facebook: www.facebook.com/brokenbonesrecords/

BROKEN BONES RECORDS – Email:brokenbonesrecords@libero.it

SILVERSTREAM RECORDS – Facebook:www.facebook.com/silverstreamrecords/

SILVERSTREAM RECORDS – Email:silverstreamrecords@gmail.com

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