The Voices & Aries – La Tua Mano Dà, La Tua Mano Prende

La Tua Mano Dà, La Tua Mano Prende è un lavoro assolutamente fuori dal comune, in cui accadono molte cose in un’ambientazione fortemente minimalista e soprattutto dall’approccio musicale pressoché inedito.

Fruttuosa collaborazione fra i The Voices e Pierluigi “Aries” Ammirate, usando solo chitarre, voci sintetizzatori.

Il risultato è un disco che va ben oltre la musica, molto neoclassico a partire dalla copertina, sembra quasi di sentire composizioni create quasi fossero parte di un’opera o del rito di qualche culto ancora a noi sconosciuto. La Tua Mano Dà, La Tua Mano Prende è un lavoro assolutamente fuori dal comune, in cui accadono molte cose in un’ambientazione fortemente minimalista e soprattutto dall’approccio musicale pressoché inedito.
Pierluigi è un chitarrista molto dotato tecnicamente, fortemente metal e creativo, che qui usa la chitarra come se fosse un’orchestra, creando scale, fughe e droni, il tutto molto ben composto e di grande effetto. Un discorso a parte lo merita la voce, una polifonia che sale al cielo come una preghiera, una forza alla quale ci si arrende molto volentieri e che estrania totalmente dalla realtà. Infatti The Voices nasce come progetto sperimentale di musica a cappella, ma dimenticatevi di ciò che avete sentito fino ad ora in materia. Infine i sintetizzatori vengono usati come moderni organi, che innalzano il resto del contesto e lo rendono molto neoclassico. Il disco è in modalità download ad offerta libera sul bandcamp della bresciana Masked Dead Records, una delle etichette italiane di metal e molto altro più innovative. Scorrendo il suo ampio catalogo, di cui abbiamo già trattato sulle nostre pagine, si possono ascoltare dischi che vanno ben oltre il significato e la forma del metal, per un viaggio che speriamo continui ancora a lungo. Questo ep è una vera e propria inusuale esperienza sonora, ad esempio la conclusiva Entrambe Le Mani è un manifesto di un qualcosa che tocca la nostra vera intimità, ed è molto esplicativa su cosa sia questo progetto. Innovazione ma anche molta antichità, in una connessione fra futuro ed origini molto fertile ed interessante.

Tracklist
1.Creatura Angelica
2.Per Queste Strade
3.Complice Eterea
4.Entrambe Le Mani

The Magik Way & Malvento – Ars Regalis

Ars Regalis va ben oltre la somma dei valori (già molto consistenti) dei due gruppi coinvolti, perpetuando nel migliore dei modi la tradizione musicale di matrice esoterico/occulta che vede l’italia sicuramente tra le nazioni guida.

E’ davvero molto difficile parlare di lavori come questo che riunisce due realtà, a loro modo uniche, della scena musicale italiana come The Magik Way e Malvento.

Questo perché, se già l’approccio stilistico mostra tratti non comuni alla luce di una vis sperimentale che rende arduo l’inserimento in uno specifico genere di una tale offerta, un aspetto tutt’altro che secondario (anzi) è costituito da testi profondamente intrisi di quell’esoterismo al quale tutti i musicisti fanno capo.
Nello specifico, parliamo di quell’entità denominata L’Ordine della Terra, la cui anima è la dottoressa Roberta Rossignoli, la quale ha contribuito anche alla stesura dei testi in tre dei quattro brani.
Tutto questo rende Ars Regalis molto più di un semplice album rispetto al quale poter disquisire sull’aspetto prettamente musicale perché, ovviamente, quello concettuale in simili casi diviene pressoché preponderante e immergersi in certe tematiche senza possederne le conoscenze necessarie sarebbe un imperdonabile atto di presunzione.
A tale riguardo, pertanto, mi limiterò a dire che anche per i non iniziati sicuramente il contenuto lirico riveste un fascino al quale difficilmente si può restare indifferenti, e non è affatto escluso che molti, semmai, possano essere spinti ad approfondire tali tematiche, il cui rivestimento musicale diviene l’ideale strumento divulgativo.
Per il resto va specificato che, nonostante le apparenze esteriori, questo non è un classico split album bensì una collaborazione che vede The Magik Way e Malvento fondersi in una sola entità, scambiandosi le parti a livello esecutivo e compositivo. Del resto, parlando due anni fa di Pneuma, ultimo lavoro della band campana, avevo fatto cenno delle affinità proprio con la band fondata da Nequam a metà degli anni novanta, e Ars Regalis finisce per essere una sorta di naturale punto di confluenza tra due maniere oblique e peculiari di intendere una materia musicale che prende le mosse dal black metal per approdare, infine, ad una affascinante forma in costante divenire.
Tutto ciò rende l’album un qualcosa di unico, qualora non bastassero tutti gli elementi precedentemente descritti, in quanto le sonorità dark esibite nelle quattro tracce ammaliamo, ipnotizzano e comunque sia non possono lasciare indifferente alcun ascoltatore. Va detto che il lavoro cresce progressivamente in intensità per toccare il suo apice in un brano come Babalon Iridescente, il più composito musicalmente ed il più criptico a livello lirico, con il mantra conclusivo che resta a lungo impresso nella mente (come felce, come fiera, come muschio al calar della sera).
Ars Regalis va ben oltre la somma dei valori (già molto consistenti) dei due gruppi coinvolti, perpetuando nel migliore dei modi la tradizione musicale di matrice esoterico/occulta che vede l’italia sicuramente tra le nazioni guida.

Tracklist:
1. Malvento – V.I.T.R.I.O.L. (Lyrics by R. Rossignoli, music by The Magik Way)
2. Malvento – Eterno (Lyrics & music by Malvento)
3. The Magik Way – Secondo Natura (Lyrics by R. Rossignoli, music by The Magik Way)
4. The Magik Way – Babalon Iridescente (Lyrics by Nequam, music by Malvento)

Line-up:
Zin: bass & vocals
Lutrum: keyboards, synth
Nequam: vocals, bass
Azàch: drums & percussions
Nefastus: guitars
Incinerator: drums
Tlalocàn: double bass, noises
Maniac of Sacrifice: guitars
Gea Crini: female vocals

Dark Mirror Ov Tragedy – The Lord Ov Shadows

I Dark Mirror Ov Tragedy riescono nell’impresa di unire gli stilemi del symphonic black con una maestosità orchestrale degna dei migliori Rhapsody, con il particolare non da poco di non risultare stucchevoli: un motivo in più per avvicinarsi a quest’ottimo album senza particolari remore.

I Dark Mirror Ov Tragedy sono probabilmente la band di punta del movimento metal coreano.

In effetti il loro symphonic black, per quanto fortemente debitore di chi il genere l’ha codificato (Cradle of Filth e Dimmu Borgir), è decisamente di ottima fattura, provvisto di spunti melodici importanti e arrangiamenti orchestrali ineccepibili.
Qui si determina alla fine lo spartiacque tra chi apprezza tali soluzioni in ambito black e chi non le digerisce proprio; di sicuro chi appartiene alla prima delle due categorie troverà più di un motivo di soddisfazione da questo quarto full length della band asiatica. Il sound è decisamente monopolizzato da un lavoro tastieristico di gusto classico sul quale si abbatte lo screaming filthiano del vocalist Material Pneuma, con il tutto reso  più peculiare dal bel contributo della violino dell’ospite Arthenic, ma la differenza tra i copisti senz’anima e i musicisti di spessore, che si ispirano a chi è venuto prima rielaborandone la lezione, sta tutta in una sola parola: talento.
Questa band di Seul ne ha parecchio da vendere, soprattutto per la capacità di creare melodie avvincenti inserite all’interno di un involucro sonoro affascinante, magnificamente orchestrato dal pregevole tocco della tastierista Genie, che spesso tocca inattese vette di lirsmo alternandosi con altrettanto significativi assoli chitarristici.
Altro punto di forza di questo The Lord Ov Shadows è la varietà delle soluzioni offerte, ed è proprio grazie ai cambi di ritmo, alle repentine aperture melodiche od acustiche, talvolta anche di matrice folk, alternate alle sfuriate di natura estrema, che i Dark Mirror Ov Tragedy riescono a ritagliarsi una cifra stilistica personale quanto basta per renderne la proposta fresca e a tratti entusiasmante, nonostante non si possa definire certo innovativa.
Tre lunghi brani più due eleganti intermezzi atmosferici (uno dei quali con tanto di notevole voce lirica) formano un album di valore difficilmente eguagliabile di questi tempi in ambito symphonic black, sottogenere del quale i Dark Mirror Ov Tragedy interpretano al meglio i pregi e riducono al minimo sindacale quello che molti considerano un difetti (l’indubbia magniloquenza esibita dai coreani non può certo essere nelle corde di tutti di ascoltatori); I Am the Lord Ov Shadows, lunghissima traccia conclusiva, è una sorta di apoteosi di queste sonorità grazie alla quale la band asiatica riesce nell’impresa di unire gli stilemi del symphonic black con una maestosità orchestrale degna dei migliori Rhapsody, con il particolare non da poco di non risultare stucchevoli: un motivo in più per avvicinarsi a quest’ottimo album senza particolari remore.

Tracklist:
1. Chapter I. Creation of the Alter Self
2. Chapter II. Possession
3. Chapter III. The Annunciation in Lust
4. Chapter IV. Acquainted with the Nocturnal Devastation
5. Chapter V. I am the Lord Ov Shadows

Line-up:
Material Pneuma – Vocals
Gash – Guitars
Senyt – Guitars
Reverof – Bass
Confyverse – Drums
Genie – Keyboards

Guests:
Yama Darkblaze – Vox
Binna Kim – Soprano
Arthenic – Violin

DARK MIRROR OF TRAGEDY – Facebook

Feed Them Death – No Solution/Dissolution

Un’opera estrema violenta e senza compromessi in cui il songwriting, oltre a risultare costantemente di alto livello, non perde mai la bussola e le varie tracce scorrono via senza intoppi, lasciando sempre una sensazione di orecchiabilità, gradita sicuramente dai fans del genere.

Feed Them Flesh è la creatura di Void, bassista e cantante dei seminali Antropofagus di No Waste Of Flesh ed Alive Is Good… Dead Is Better, qui alle prese con un solo project all’insegna del più feroce death/grind,

Dopo il primo assaggio con l’ep uscito nel 2017 che portava lo stesso titolo, Void torna con una versione più lunga e completa raddoppiando il minutaggio e passando così dalle cinque tracce del precedente lavoro (tutte presenti su questo full length) ad una dozzina di mazzate estreme notevoli.
A parte il contributo di due ospiti come Argento (Spite Extreme Wing, Antropofagus) e Christian Montagna (Preda, Cast Thy Eyes), presenti su due brani, il nostro fa tutto da solo creando un sound vorticoso che prende spunto in egual misura dal death metal e dal grind.
Ne esce un’opera estrema violenta e senza compromessi in cui il songwriting, oltre a risultare costantemente di alto livello, non perde mai la bussola e le varie tracce scorrono via senza intoppi, lasciando sempre una sensazione di orecchiabilità, gradita sicuramente dai fans del genere.
Groove, velocità ed impatto brutale rimangono le armi con cui Void ci attacca al muro, con una forza sovraumana espressa da vere deflagrazioni sonore come Exposed Paradising Dissent o First Time Death.
La sete di violenza in musica degli amanti di queste sonorità viene sicuramente appagata da questo nuovo mostro musicale che, spezzate le catene, vi travolgerà con tutta la sua furia death/grind.

Tracklist
1.Cadavoracity I
2.Exposed Parading Dissent
3.Bloodshed Theatre
4.The Horrific Balance
5.Terrific Gods Caravan
6.First Time Dead
7.Prosperity / Captivity
8.Doctrine of Approximation
9.Penance In the Wrong Direction
10.Inception in Rot
11.Divide + Conquer
12.Cadavoracity II

Line-up
Void – All instruments, Vocals, Songwriting, Lyrics

FEED THEM DEATH – Facebook

Octopus – Supernatural Alliance

Oscuri, epici e fantastici: gli Octopus si candidano a essere la nuova sensazione del dark-doom. Per coloro i quali amano Coven, Lucifer e naturalmente Electric Wizard.

Un disco come questo poteva uscire solo per la Rise Above. Senza dubbio.

Solo il genio e il talento del grande Lee Dorrian potevano cogliere i significati della proposta di questi Octopus (attenzione, da non confondersi con le due band dallo stesso nome degli anni Settanta: quelli anglo-britannici di psichedelia e quelli tedeschi di hard prog sinfonico). Quello degli Octopus è doom e non solo doom: oggi al riguardo si parla non solo più di dark, ma anche – ed una volta tanto la definizione sembra essere del tutto azzeccata e calzante – di occult rock. In effetti, in queste dieci canzoni – mai troppo lunghe, in vero – si respira un alone volutamente magico, esoterico, spirituale e misticheggiante. Le scelte compiute da Supernatural Alliance non guardano peraltro solo agli scenari del metal classico ed oscuro, lento e cadenzato, funereo e tombale, ma altresì (e con notevole frutto) alla tradizione di stampo epic della fantasy eroica (pezzi come The Sword and the Stone e Dragonhead). E’ la stessa grafica dell’album, bellissima e inquietante, a metterci del resto sull’avviso in merito. Veramente un ottimo lavoro, valorizzato nella fattispecie dalla voce femminile e dai tocchi prog delle tastiere e dei sintetizzatori.

Tracklist
1- Beyond the Center
2- Supernatural Alliance
3- Slave and Master
4- Strike
5- Child of Destiny
6- The Unknown
7- The Sword and the Stone
8- Fleetwood Mac
9- Black Dynamite
10- Dragonheart

Line-up
Masha Marjieh – Vocals
J. Frezzato – Guitars
Matt O’ Brien – Bass
Adam Cox – Keyboards / Synthesizers

OCTOPUS – Facebook

ORDINUL NEGRU

Il video di Faustian Nights, dall’album omonimo (Loud Rage Music).

Il video di Faustian Nights, dall’album omonimo (Loud Rage Music).

One of the most representative Romanian Black Metal bands, Timisoara based ORDINUL NEGRU, just released a new video in support of their most recent album, Faustian Nights, released last year via Loud Rage Music.

ORDINUL NEGRU‘s eight studio album Faustian Nights is available via Loud Rage Music in digital and CD formats, and will be available on vinyl and tape in Spring 2019:

Digital: https://loudragemusic.bandcamp.com/album/ordinul-negru-faustian-nights

Jewel-case CD with slipcase: http://shop.loudragemusic.com/ordinul-negru-faustian-nights

From Sorrow To Serenity – Reclaim

Prendete dei Meshuggah più giovani e meno eterodossi, mischiateli ai migliori gruppi metalcore math djent e otterrete qualcosa di vicino a ciò che si può sentire in Reclaim.

La proposta sonora degli scozzesi From Sorrow To Serenity è molto composta e stratificata, poiché include molte cose diverse al suo interno.

Reclaim è il loro nuovo album e suona molto bene, e può diventare un nuovo classico per il metal moderno. Questi scozzesi riescono a partire dal metalcore unito al math per esplorare molti mondi. Come paragone prendete dei Meshuggah più giovani e meno eterodossi, mischiateli ai migliori gruppi metalcore math djent e otterrete qualcosa di vicino a ciò che si può sentire in Reclaim. La narrazione sonora di questo disco è un filo musicale che parte dalla prima nota della prima canzone e si dipana per tutto il disco, senza mai un calo di tensione, in un’opera che ci invita a guardare dentro e fuori di noi. Un disco così rimane di difficile classificazione, ma è un bene perché le opere fuori dagli schemi sono rare di questi tempi. Si capisce che questi musicisti hanno fatto ottimi e ben differenziati ascolti, perché i riferimenti ci sono e sono tanti e molto solidi, portando alla formulazione di una proposta molto originale. Ad esempio in qualche passaggio spuntano riff che possono assomigliare a qualcosa dei Raging Speedhorn (mai gruppo fu più sottovalutato), e poi nel passaggio successivo si passa a cose più metalcore e math. La cosa più importante è che la loro cifra stilistica è assolutamente originale e non c’è nulla di derivativo. L’universo sonoro che dipingono i From Sorrow To Serenity è variegato è spazia da chitarre bombate a batterie che scavano gallerie verso mondi sotterranei dominati da imponenti giri di basso, con la voce del nuovo cantante Gaz King, ex Nexilva, che si adatta molto bene a tutti i registri. Le visioni sono potenti e la produzione è davvero eccellente nel supportarle: il disco è stato registrato nel loro studio sotto il controllo della consolle da parte del loro chitarrista Steven Jones, che milita anche nei Bleed From Within. La masterizzazione è stata eseguita da Ermin Hamidovic, Architects, Periphery, Bury Tomorrow a Melbourne in Australia. Un disco potente, molto moderno, metal fino al midollo e che fa muovere i nostri neuroni in vortici molto veloci.

Tracklist
1.Denounce
2.We Are Liberty
3.Reclaim
4.Alight
5.Perpetrator
6.Solitude
7.Unity Asunder
8.Inside A Soul
9.Supremacy
10.7
11.Resurgence

Line-up
Gaz King – Vocals –
Steven Jones – Guitars –
Andrew Simpson – Bass –
Ian Baird – Drums –

FROM SORROW TO SERENITY – Facebook

Equipoise – Demiurgus

Demiurgus valica montagne musicali ed oltrepassa confini, viaggiando su territori in cui metal estremo, tecnica individuale e parti progressive costruiscono ponti di spartiti su fiumi di note in piena.

Dopo un primo ep rilasciato nel 2016, arrivano al debutto sulla lunga distanza gli Equipoise con Demiurgus, mastodontico lavoro che non lascerà certo indifferenti i fans del death metal tecnico e progressivo.

Sette musicisti provenienti da varie band del circuito estremo, uniti sotto lo stesso monicker producono grande musica: questo in sintesi è quello che troverete in Demiurgus, un’ora abbondante di scale musicali, fughe metalliche, ritmiche da capogiro e tanto death metal valorizzato da un ottimo songwriting.
Beyond Creation,Virulent Depravity, Ashen Horde, The Fractured Dimension, Abigail Williams, Hate Eternal, Perihelion, Wormhole sono solo alcuni dei gruppi che fanno parte del curriculum dei musicisti coinvolti nel progetto Equipoise, una bestia progressiva che non conosce limiti, tra furia e tecnica esecutiva sorprendente così come una forma canzone che invoglia l’ascolto di devastanti e tecniche prove di forza come Alchemic Web of Deceit o Dualis Flamel o accenni a generi lontanissimi dal metal estremo, come in molte delle opere del genere, in brani stratosferici come Waking Divinity o Cast Into Exile.
Demiurgus valica montagne musicali ed oltrepassa confini, viaggiando su territori in cui metal estremo, tecnica individuale e parti progressive costruiscono ponti di spartiti su fiumi di note in piena.
Consigliato agli amanti del genere e di band che vanno dai Cynic agli Obscura, dagli Atheist ai Beyond Creation, Demiurgus si candida già da ora come uno degli album di quest’anno appena iniziato, almeno per quanto riguarda il technical progressive metal.

Tracklist
1.Illborn Augury
2.Sovereign Sacrifices
3.Alchemic Web of Deceit
4.A Suit of My Flesh
5.Shrouded
6.Sigil Insidious
7.Reincarnated
8.Dualis Flamel
9.Eve of the Promised Day
10.Waking Divinity
11.Ecliptic
12.Squall of Souls
13.Cast into Exile
14.Ouroboric

Line-up
Stevie Boiser – Vocals/Lyrics
Phil Tougas – Guitars
Nick Padovani – Guitars/Composition
Sanjay Kumar – Guitars
Hugo Doyon-Karout – Fretless/Fretted Bass
Jimmy Pitts – Keyboards/Synths
Chason Westmoreland – Drums

EQUIPOISE – Facebook

Suffering Souls – In Synergy Obscene

Il symphonic black metal dei Suffering Soul si riempie di epica atmosfera e di passaggi heavy, in una riuscita alchimia di suoni e sfumature che riescono bene nel compito di rapire l’ascoltatore, travolto da orchestrazioni e cavalcate metalliche, scream e toni evocativi.

Una lunga intro orchestrale ci introduce nel mondo oscuro e satanico di Lord Esgaroth e del suo solo project chiamato Suffering Souls, arrivato al quarto capitolo di una carriera iniziata nel lontano 1996 dopo un paio d’anni passati con il monicker Dismal.

Il symphonic black metal dei Suffering Souls si riempie di epica atmosfera e di passaggi heavy, in una riuscita alchimia di suoni e sfumature che riescono bene nel compito di rapire l’ascoltatore, travolto da orchestrazioni e cavalcate metalliche, scream e toni evocativi.
Dopo i primi tre album licenziati nel primo decennio del nuovo millennio ed una lunga pausa ecco quindi il ritorno con In Synergy Obscene, lavoro che si colloca perfettamente nel genere su cui regnano i Dimmu Borgir.
Meno derivativi di quanto ci si potrebbe aspettare, però, Lord Esgaroth e la sua creatura sconfiggono gli scettici con una raccolta di tracce che suscita reazioni positive in chi ama questo tipo di sonorità.
Siamo nel black metal più contaminato e melodico, quindi perfetto per chi non è proprio un integralista nell’approccio al genere, e il musicista tedesco sa come districarsi con tutti gli strumenti e ci regala almeno un tris di brani interessanti come la lunga Inheritence Of Irony con un lungo e suggestivo solo chitarristico di stampo heavy, As The Truth Unfolds, classica symphonic black metal song come l’epico incedere di The Cynic God.
In conclusione In Synergy Obscene risulta un ottimo lavoro, che non cede il passo anche dopo ripetuti ascolti e creato da un compositore che sa decisamente il fatto suo.

Tracklist
1.Idolised and Vilified
2.In Synergy Obscene
3.Inheritance of Irony
4.In Death Reborn
5.As the Truth Unfolds
6.The True Endless
7.The Cynic God
8.All You Little Devils
9.Unseen Phenomenon

Line-up
Lord Esgaroth – All instruments, Vocals

SUFFERING SOULS – Facebook

Any Given Day – Overpower

Le soluzioni sonore degli Any Given Day possono piacere a molti palati differenti, sia a chi apprezza il metalcore tout court, ma anche chi vuole anche maggiore durezza vicina alla melodia.

I tedeschi Any Given Day sono una delle incarnazioni più moderne e di successo del metalcore europeo che guarda con attenzione agli Usa.

Nati nel 2012, si sono fatti notare con il loro disco di debutto del 2014 My Longest Way Home che raggiunse la ventottesima posizione delle classifiche tedesche. Il loro suono unisce in maniera molto precisa melodia e cattiveria, con chitarre in stile metalcore, la voce si alterna in parti più vicine al growl e momenti melodici in momenti più dilatati. Il risultato è un qualcosa di molto moderno, ben composto ed eseguito senza errori, con tutti i crismi di una produzione davvero buona. Certamente il discorso commerciale è molto importante in questo frangente ma non è l’unico che abbia importanza per gli Any Given Day. Questi ultimi sanno molto bene cosa proporre al loro pubblico e Overpower è il secondo disco ma è già quello della maturità, lo si sente in maniera distinta e decisa. Fra i gruppi più moderni della scena metalcore i ragazzi di Geselnkirchen si stanno ritagliando uno spazio molto importante, sottolineando come la Germania stia conquistando uno spazio consistente in questo sottogenere del metal. Overpower è un disco che racchiude molte cose in sé, e non è consigliato per forza ad un pubblico giovanile come spesso accade per lavori di questo tipo. Le soluzioni sonore degli Any Given Day possono piacere a molti palati differenti, sia a chi apprezza il metalcore tout court, ma anche chi vuole anche maggiore durezza vicina alla melodia. I riferimenti a tante leggende metal ci sono,e i nostri non sono interpreti dediti esclusivamente al loro genere, perché non disdegnano sortite in situazioni differenti. In sostanza un album di notevole metalcore moderno.

Tracklist
01. Start Over
02. Loveless
03. Savior
04. Taking Over Me
05. Lonewolf
06. Devil Inside
07. Sure To Fail
08. In Deafening Silence
09. Whatever It Takes
10. Fear
11. Never Surrender

Line-up
Dennis Diehl – vocals –
Andy Posdziech – guitars –
Dennis Ter Schmitten – guitars –
Michael Golinski – bass –
Raphael Altmann – drums –

ANY GIVEN DAY – Facebook

Throne Of Flesh – Dogma

La buona qualità sonora e l’approccio old school sorprenderà i vecchi fans del metal noventiano, facendo salire l’attesa per la prossima mossa dei Throne Of Flesh.

Quando si parla di death metal classico nel nostro paese le sorprese sono sempre dietro l’angolo, con lavori magari sottovalutati rispetto a quelli in arrivo dagli altri paesi, ma meritevoli dell’attenzione di chi fagocita metal estremo abitualmente.

I Throne Of Flesh sono una nuovissima band che si affaccia sul mercato tricolore con Dogma, demo di quattro brani all’insegna di un death old school che non lascia spazio a dubbi sulle intenzioni del trio composto da Flavio Tempesta alla chitarra (Disease, Zora, Sudden Death, Clg, Pandemic Procession), Joseph alla voce (Bestial Vomit, Clg) e Tat0 al basso (Glacial Fear, Zora, Antipathic, A Buried Existence, Unscriptural).
L’esperienza non manca di certo a questi musicisti e confluisce tutta in questo poker di brani che fin dall’opener 24 Obnoxius Reeks Of Holiness ci investono con una carica aggressiva senza compromessi, fatta di blast beat, rallentamenti e ripartenze tipiche del death metal novantiano sagacemente suddiviso tra la tradizione statunitense e quella scandinava.
La buona qualità sonora e l’approccio old school sorprenderà i vecchi fans del metal estremo di quegli anni, facendo salire l’attesa per la prossima mossa dei Throne Of Flesh.

Tracklist
1.24 Obnoxius Reeks Of Holiness
2.Throne Of Mendacious Heritage
3.Inverted
4.Tracheotomized By Ants

Line-up
Flavio Tempesta – Guitars
Joseph Di porto – Vocals
Giuseppe Tato Tatangelo – Bass

THRONE OF FLESH – Facebook

Gandalf’s Owl – Who’s The Dreamer?

Con questa prova il musicista siciliano dà riprova del suo eclettismo, dote assolutamente dai connotati positivi ma che in futuro andrebbe maggiormente incanalata per evitare di disperdere in qualche rivolo di troppo un sound decisamente pregevole.

Dopo l’esordio di qualche anno fa ritroviamo Gandolfo Ferro, vocalist degli Heimdall, alle prese con il suo progetto solista Gandalf’s Owl.

Rispetto a quell’ep, dal quale vengono riprese comunque due tracce (Winterfell e White Arbour (…The North Remembers), c’è di sicuro un elemento nuovo che è l’utilizzo della voce in alcuni brani, cosa in effetti desueta per opere di matrice ambient. Ferro ovviamente non utilizza per lo più i toni stentorei esibiti in ambito power (fa parzialmente eccezione solo A Dwarf In The Lodge Pt2) ma offre uno stile più soffuso ed adeguato al contesto.
Il lavoro oscilla tra tracce ambient tout court ai confini del rumorismo (Garmonbozia) o altre che evocano scenari naturalistici, tra voli di gabbiani e sciabordio delle onde (White Arbour), ed episodi in cui si evince un’anima più spiccatamente prog, grazie soprattutto ad un elegante e gilmouriano lavoro chitarristico senza che vengano tralasciate incursioni elettroniche.
Discorso a parte merita la cover del capolavoro de Le Orme, Il Vento, La Notte, Il Cielo, molto ben eseguita e a mio avviso opportunamente arrangiata in modo da non apparire pedissequamente uguale all’originale, a rimarcare l’impronta progressive fornita al disco in più frangenti.
Spingendosi su una distanza più probante, Ferro lascia fluire in manie ancor più libera la propria naturale ispirazione e questo lo porta talvolta a sconfinare, nel senso che arrivati al termine di un album comunque decisamente ben riuscito, non si capisce però se sia ascoltato un lavoro di matrice ambient dalla spiccata indole progressive, o viceversa; ammesso che tutto ciò sia un difetto, resta il fatto che l’unico problema di Who’s The Dreamer? È la sua difficile catalogazione anche se, considerando il comune bacino di utenza a cui il lavoro è rivolto, tutto sommato i suoi contenuti dovrebbero mettere d’accordo più persone.
Con questa prova il musicista siciliano dà riprova del suo eclettismo, dote assolutamente dai connotati positivi ma che in futuro, a mio avviso, andrebbe maggiormente incanalata per evitare di disperdere in qualche rivolo di troppo un sound decisamente pregevole.

Tracklist:
1. Winterfell
2. A Dwarf In The Lodge Pt1
3. A Dwarf In The Lodge Pt2
4. Garmonbozia
5. Between Two Worlds
6. White Arbour (…The North Remembers)
7. Sunset By The Moon
8. Coming Home
9. Il Vento, La Notte, Il Cielo (cover LE ORME)

Line Up:
Gandolfo Ferro: all instruments
Guests:
Gaetano Fontanazza:
Guitar Ambient, Keys & Tibetan Bells on tracks 1-2-3-7
Tony Colina: Keys & Organs on tracks 5-7-9

GANDALF’S OWL – Facebook

 

ATARAXIE

Il music video di “People Swarming, Evil Ruling”, dall’album “Résignés” in uscita a marzo (DEADLIGHT / WEIRD TRUTH / XENOKORP).

Il music video di “People Swarming, Evil Ruling”, dall’album “Résignés” in uscita a marzo (DEADLIGHT / WEIRD TRUTH / XENOKORP).

Extreme Doom leviathans ATARAXIE have just unleashed the music video for their new album’s opening track, “People Swarming, Evil Ruling”.

The new album, “Résignés”, is due out March 08 through a triumvirate of extremist labels, DEADLIGHT (CD, Europe), WEIRD TRUTH (CD, rest of the world) and XENOKORP (Vinyl, Cassette & Digital). XENOKORP preorders are available on our webstore here.

Cosimo Bianciardi & Intima PsicoTensione

Il video di “L’uomo obliquo”, dall’album in uscita a maggio (Suburban Sky Records).

Il video di “L’uomo obliquo”, dall’album in uscita a maggio (Suburban Sky Records).

Esce oggi in tutti gli store digitali, disponibile in streaming e download, “L’uomo obliquo”, primo singolo della band fiorentina Cosimo Bianciardi & Intima PsicoTensione.
Il brano anticipa l’uscita del loro nuovo album, prevista per maggio 2019, con Suburban Sky Records.

L’Uomo Obliquo è uno schizoide personaggio dei nostri tempi. È intellettualmente colto e capace di acute disamine geopolitiche, ma altrettanto incline a spontanee piccole follie come spegnere un mozzicone in un pezzetto di mortadella prima di mangiarlo oppure rimanere per ore in piedi, col busto inclinato, a fissare dalla distanza di quattro metri lo svolgersi di una partita di biliardo. L’Uomo Obliquo è inconsapevolmente follia e genialità. La canzone di cui egli è protagonista ne rispecchia la natura ambivalente: ha un sound scattante, è arrangiata come un jazz-rock, ma con ingredienti un po’ diversi da quelli che ci si aspetterebbe in un brano strettamente appartenente a quel genere musicale

Vessel of Iniquity – Void of Infinite Horror

Un’opera notevole, alla quale però è necessario approcciarsi con la consapevolezza che questo viaggio “nell’orrore infoinito” non sarà affatto una passeggiata.

Ci sono diverse maniere per esprimere il disagio ed il malessere interiore che in misura diversa attanaglia ciascuno di noi.

A livello musicale quelli più espliciti e conosciuti sicuramente sono il funeral death doom ed il depressive black, l’uno volto ad esibire il lato poi luttuoso e dolente dell’umano sentire e l’altro invece quello intriso della più esplicita disperazione.
Questo progetto solista dell’inglese S.P. White si spinge ad esplorare altri mezzi espressivi, andando idealmente ad estremizzare quanto sopra per approdare ad un rumorismo che a primo acchito respinge, per poi fagocitare in maniera irrimediabile i coraggiosi che accetteranno di farsi prostrare da un dolore definibile più contundente che non ottundente.
Il musicista britannico è attivo anche negli altrettanto insidiosi The NULLL Collective, per cui non è certo un neofita rispetto a tali sonorità che infatti vengono rese con la giusta perizia ed il necessario grado di convinzione per trasformare in un’opera di un certo peso quello che per molti può sembrare solo un’accozzaglia sonora senza arte né parte.
L’accostamento ad un terrorista sonoro come Maurice De Jong (Gnaw Their Tongues) può sorgere spontaneo alla luce di quanto sopra, ma l’operato di White è in qualche modo più organico, mostrando in diversi passaggi barlumi di ascoltabilità che rendono ancor più efficace la proposta, al cui buon esito contribuisce anche una durata ragionevole (poco meno di venticinque minuti).
Chi è abituato a forme di funeral più estreme, una traccia come Void of Infinite Sorrow fornirà un’idea eloquente del modus operandi di White, con l’avvertenza che si tratta comunque dell’episodio maggiormente “accessibile” dell’intero pacchetto assieme alla conclusiva Once More into the Abyss, in cui una prima metà di matrice ambient viene letteralmente spazzata via da un vento atomico capace di ricondurre il tutto allo stato di caos primordiale.
Un’opera notevole, alla quale però è necessario approcciarsi con la consapevolezza che questo viaggio “nell’orrore infoinito” non sarà affatto una passeggiata.

Tracklist:
Side A
1. Invocation of the Heart Girt with a Serpent
2. Babalon
3. Void of Infinite Sorrow
Side B
4. Mother of Abomination
5. Once More into the Abyss

Line-up:
S.P. White – Everything

Avantasia – Moonglow

Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.

Sono passati quasi vent’anni ormai da quando il giovane e talentuoso leader degli Edguy licenziava il suo primo album solista, The Metal Opera, con il monicker Avantasia, seguendo il trend che aveva segnato gli anni a cavallo del nuovo secolo in ambito metallico, con concept per lo più di ispirazione fantasy in cui la musica era una sorta di colonna sonora interpretata da una serie di ospiti che impreziosivano il gran lavoro di stesura e creazione.

Per Tobias Sammet quella che poteva essere solo una riuscita parentesi si è trasformata in una piacevole e puntuale abitudine, e il suo progetto Avantasia, in barba alle mode o ai capricci del mercato, arriva oggi alla sua ottava meraviglia intitolata Moonglow.
Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.
Sammet non ha paura di mettersi alla prova fin da subito e l’opener Ghost In The Moon, invece di esplodere in fuochi d’artificio power come tanti brani che aprono lavori del genere, si rivela in realtà una lunga suite dalle ispirazioni progressive, lasciando alla seguente Book Of Swallows il compito di agitare le acque grazie ad un Mille Petrozza di straordinaria intensità.
Gli ospiti al microfono sono ovviamente da olimpo del metal/rock mondiale: oltre a Petrozza, troviamo infatti Ronnie Atkins (Pretty Maids), Jørn Lande (Masterplan), Eric Martin (Mr. Big), Geoff Tate (ex Queensryche), Michael Kiske (Helloween), Bob Catley (Magnum), Candice Night (Blackmore’s Night), Hansi Kürsch (Blind Guardian), affiancati dalla band che vede oltre al mastermind, alle prese con voce, basso e tastiere, Sascha Paeth alla chitarra, basso e tastiere, Michael Roderberg alle orchestrazioni e tastiere e Felix Bohnke alla batteria.
Power metal, symphonic, folk, hard rock, progressive: come sempre il musicista tedesco non si pone limiti di genere, ma crea brani di varia natura, gradevoli sicuramente per una grossa fetta degli amanti dell’hard & heavy ma contraddistinti da un livello superiore alla media per quanto riguarda scrittura ed arrangiamenti.
The Raven Child, l’oscura Alchemy, la veloce ed helloweeniana Requiem For A Dream sono i brani più significativi di questo nuovo album targato Avantasia: per i fans e non solo l’ennesima, avvincente ed imperdibile opera firmata da Tobias Sammet.

Tracklist
01. Ghost In The Moon
02. Book Of Shallows
03. Moonglow
04. The Raven Child
05. Starlight
06. Invincible
07. Alchemy
08. The Piper At The Gates Of Dawn
09. Lavender
10. Requiem For A Dream
11. Maniac

Line-up
Tobias Sammet – Vocals, Bass & Keyboards
Sascha Paeth – Guitar, Bass & Keyboards
Michael Rodenberg – Orchestration & Keyboards
Felix Bohnke – Drums

AVANTASIA – Facebook

Zebrahead – Brain Invaders

Un album molto piacevole, uno dei migliori episodi della discografia di un gruppo dato per morto tante volte ma che spinge sempre.

Certe cose non cambiano mai, metti l’ultimo disco dei Zebrahead e non riesci a stare fermo, e ciò succede dal 1995 quando furono fondati in California nella Orange County. Con questo fanno tredici dischi e non si vede il motivo per smettere, anzi.

La loro mistura di pop punk, un nu metal leggero ed hardcore melodico continua a far divertire molte persone in giro per il globo, ora come venti anni fa. Il segreto dei Zebrahead è fare musica veloce e da cantare a squarciagola, prendendo la velocità dell’hardcore melodico, la melodicità del pop punk e passaggi di numetal e rapcore che permettono di fare un suono originale. Brain Invaders è la conferma che la formula è vincente, anche perché questa opera è decisamente la migliore dell’ultimo periodo della loro discografia, se non addirittura sul podio. Questo è un suono decisamente americano, in apparenza facile, ma invece racconta cose non semplici da dire, come il gran bel messaggio del singolo All My Friends Are Nobodies, ovvero stare vicino a chi vuoi bene anche se non sei tu stesso in un bel periodo, inoltre il singolo è una bellissima traccia che racchiude tutto ciò che sono i Zebrahead: velocità, messaggio e divertimento. Questo gruppo è pressoché indistruttibile, ha avuto vari cambi di formazione, ha pubblicato con major per arrivarsi ad autoprodursi come ora. Inoltre sono uno dei gruppi rock metal fra i più amati dai giapponesi, infatti il disco uscirà prima in Giappone che nel resto del mondo, dato che da quelle parti hanno sempre avuto buon gusto per il rapcore ed affini. Alcuni diranno che è il segno dei tempi, invece la normalità è ora, mentre venti anni fa era una bolla di pazza megalomania che doveva scoppiare ed è scoppiata. Ora gli Zebrahead hanno il controllo totale ed i risultati sono eccellenti, come testimonia questo disco che non è assolutamente fuori tempo massimo e, anzi, dimostra che certi suoni se fatti con passione e cura sono molto attuali. I riempitivi in questo lavoro sono al massimo uno o due, il resto sono tutti potenziali singoli, con una manciata di episodi che valgono l’intero disco. Chi era già in giro venti anni fa potrà riscoprire fragranze e suoni che sembravano essere andati persi, invece per i più giovani sarà una scoperta non da poco. I Zebrahead sono in gran forma e il tutto viene messo in risalto da una produzione davvero potente, che confeziona un suono fresco ed immediato. Un album molto piacevole, uno dei migliori episodi della discografia di un gruppo dato per morto tante volte ma che spinge sempre.

Tracklist
1. When Both Sides Suck, We’re All Winners
2. I Won’t Let You Down
3. All My Friends are Nobodies
4. We’re Not Alright
5. You Don’t Know Anything About Me
6. Chasing the Sun
7. Party on the Dancefloor
8. Do Your Worst
9. All Die Young
10. Up in Smoke
11. Ichi, Ni, San, Shi
12. Take A Deep Breath (And Go Fuck Yourself)
13. Better Living Through Chemistry
14. Bullet on the Brain

Line-up
Ali Tabatabaee – vocals
Dan Palmer -guitar
Ben Osmundson -bass
Ed Udhus – drums/beer
Matty Lewis – vocals/guitar

ZEBRAHEAD – Facebook

Ring Van Moebius – Past the Evening Sun

Dark prog vandergraafiano per questo terzetto norvegese, che dimostra una volta di più quanto resti particolare e creativo l’approccio musicale di chi viene da Nord.

Tra gli dei immortali del progressive, i Van den Graaf Generator sono stati sempre i meno imitati (al riguardo ci vengono in mente, di primo acchito, giusto gli Islands svizzeri, i Netherworld americani, i TNR ed Egoband italiani, gli Uberfall tedeschi).

Del resto, non è mai stato, né è, facile accostarsi alla sepolcrale energia della creatura di Peter Hammill. Ci riescono, oggi, questi norvegesi Ring Van Moebius, amici dei connazionali e crimsoniani Arabs in Aspic, trio (con la fondamentale aggiunta di un sassofonista, davvero molto alla David Jackson) che rinuncia intenzionalmente alla chitarra, per esplorare, con tastiere-basso-batteria, atmosfere nel medesimo tempo melodiche e oscure, pregne di umori nordici e brumosi, non privi comunque di un certo calore, o quantomeno della ricerca di esso attraverso la ricerca compositiva. Con i tre brani di questo lavoro – la suite di 22 minuti che apre il disco, un più conciso interludio ed un’altra mini-suite a chiudere l’album (ad ogni modo, di quasi 12 minuti) – siamo a livelli assai alti: tanta magia si spigiona da questi solchi, pieni di fantasia, di belle aperture ed accelerazioni, con uno sviluppo interno della trama sonora che non perde mai di vista il suo filo logico e la coerente identità artistica di questi tre hippies, innamorati di suggestioni a tratti lovecraftiane. Molto bella anche la copertina che riecheggia Can e Harmonia.

Track list
1- Past the Evening Sun
2- End of Greatness
3- Racing the Horizon

Line up
Thor Erik Helgesen – Vocals / Keyboards / Moog / MS20
Havard Rasmussen – Bass / Effects
Dag Olav Husas – Drums / Effects
Karl Christian Gronhaug – Sax

RING VAN MOEBIUS- Facebook

Insanity Alert – 666-Pack

Ovviamente un lavoro come 666-Pack è manna per i fans di queste sonorità che troveranno nel quartetto austriaco i nuovi paladini del mosh e dei party senza freni a base di thrash metal old school.

Tornano, irriverenti, ignoranti e tremendamente divertenti gli austriaci Insanity Alert dopo la firma con la Season of Mist e due album pubblicati nel recente passato, il debutto omonimo del 2014 e Moshburger licenziato un paio di anni dopo.

La firma con la prestigiosa label non ha intaccato la furia distruttrice del quartetto che spazza via in un tornado di brani votati al mosh più sfrenato per godere di party all’insegna del divertimento primordiale, tra salti balli e birre ingurgitate senza freno.
Sono ventuno i brani, tra i quali il più lungo supera di poco i tre minuti: un’urgenza di arrivare all’ascoltatore tipica del thrash che sa di hardcore, come di punk rock, debitore degli Anthrax più irriverenti e dei Municipal Waste.
Thirstkiller dà il via al party; un rito selvaggio che non trova ostacoli, un vortice di alcool e metal che porta al totale sfinimento, e prima che regole e doveri si riprendano il comando della vostra vita, lasciatevi andare grazie a questa bomba metallica che non conosce freni.
Ovviamente un lavoro come 666-Pack è manna per i fans di queste sonorità che troveranno nel quartetto austriaco i nuovi paladini del mosh e dei party senza freni a base di thrash metal old school.

Tracklist
01. Thirstkiller
02. The Body of the Christ Is the Parasite
03. All Mosh/No Brain
04. Cobra Commander
05. Saturday Grind Fever
06. Echoes of Death
07. Windmilli Vanilli
08. StopSlammertime!
09. Why So Beerious?
10. Mosh Mosh Mosh
11. One-Eye Is King (In the Land of the Blind)
12. Welcome to Hell
13. Two Joints
14. Chronic State of Hate
15. I Come, I Fuck Shit Up, I Leave
16. A Skullcrushin’ Good Time
17. The Ballad of Slayer
18. Demons Get Out!
19. 8 Bit Brutality
20. Death by Wrecking Ball
21. Dark Energon

Line-up
Heavy Kevy – Vocals
Dave Dave Dave – Guitars
Green-T – Bass
Don Melanzani – Drums

INSANITY ALERT – Facebook

Kommandant – Blood Eel

I Kommandant sono uno dei gruppi migliori che si possano ascoltare, e chi ama certo black metal d’assalto contaminato qui troverà la propria epifania. Devastanti, con una produzione fantastica, suoni giganteschi e tanto dolore.

Tenebre, buio, nero, un soffocante orizzonte di oscurità e morte, gli unici suono sono quelli della violenza e del dolore.

Black metal malvagio che fa sanguinare le orecchie, risveglia la bestia primordiale che è in noi e ne volgiamo ancora, e ancora, mentre gli schizzi del sangue colorano il muro davanti a noi. I Kommandant vengono da Chicago, sono nati dal nulla nel 2005 e sono uno dei gruppi più peculiari e terribili del black death metal. Loro non fanno musica, ti aggrediscono alle spalle per massacrar te e la tua genia, con composizioni che vanno tutte ben oltre i cinque minuti e sono tutte piccoli capolavori. Questi americani giocano in una categoria diversa rispetto a tutti, una categoria che esisteva già prima, ma loro hanno alzato notevolmente il livello, e la l’attiva etichetta triestina ATMF non se li è lasciati scappare. Blood Eel è l’ultimo notevolissimo episodio di una discografia distruttiva e molto densa, piena di split e di collaborazioni. L’ultimo disco non è la colonna sonora dell’apocalisse, ma di qualcosa ancora peggiore, l’araldo di una morte quotidiana che arriva dallo spazio profondo, e viene chiamata vita. I Kommandant mettono in musica l’oppressione, la violenza e il peso di vivere tempi oltraggiosi, tempi che non sono salubri e qui in Blood Eel c’è tutto, suonato velocissimo, con grande tecnica, e con lo scopo di sopraffare l’ascoltatore che non viene mai percepito come tale, ma è un obiettivo da colpire come tutti gli altri. Qui dentro ci sono tantissime cose, la furia, l’attesa, il black, il death, la dark ambient e anche momenti neo folk. I Kommandant sono uno dei gruppi migliori che si possano ascoltare, e chi ama certo black metal d’assalto contaminato qui troverà la propria epifania. Devastanti, con una produzione fantastica, suoni giganteschi e tanto dolore.

Tracklist
1.Absolutum
2.Blood Eel
3.The Struggle
4.Ice Giant
5.Cimmerian Thrust
6.Aeon Generator
7.Moon…The Last Man

KOMMANDANT – Facebook

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