Beyond Creation – Algorythm

Il quartetto dà alle stampe un lavoro molto interessante, cercando la giusta via di mezzo tra lo sfoggio tecnico ed il songwriting che, valorizzato da una parte progressiva sempre legata a quella estrema, dà vita ad un’ora di musica di ottimo livello per il genere suonato.

Se pensate di mettervi all’ascolto di questo bellissimo lavoro con la chimera di trovarvi al cospetto di qualcosa di mai sentito prima, allora lasciate perdere, ma se invece il technical death metal è una delle frange del metal estremo che più vi piace, allora i Beyond Creation ed il loro nuovo album intitolato Algorythm diventeranno uno dei vostri acsolti preferiti di questo ultimo scampolo d’anno.

La band canadese licenzia per Season Of Mist quest’opera tecnica e progressiva, assolutamente legata da un sottile quanto indistruttibile filo al death metal classico, ma valorizzato da un’ovvia tecnica sopraffina e da una forma canzone che non perde mai la strada di un’ottima fruibilità.
I Beyond Creation arrivano al terzo full length dopo i buoni riscontri ottenuti con il debutto The Aura e con il secondo album Earthborn Evolution, uscito quattro anni fa.
Il quartetto dà alle stampe un lavoro molto interessante, cercando la giusta via di mezzo tra lo sfoggio tecnico ed il songwriting che, valorizzato da una parte progressiva sempre legata a quella estrema, dà vita ad un’ora di musica di ottimo livello per il genere suonato.
Da Entre Suffrage Et Mirage in poi l’album è un susseguirsi di virtuosismi strumentali in un contesto in cui i brani hanno una loro precisa identità, tra parti ritmiche chirurgiche, accelerazioni, cambi di tempo ed atmosfere perfettamente bilanciate.
La title track risulta un brano da incorniciare: tecnica ed estrema gioca meravigliosamente con la doppia voce (growl e scream) e mantiene un mood progressivo incastonato nel furioso death metal dei Beyond Creation.
Le influenze sono quelle che troverete nella quasi totalità dei gruppi dediti al genere, ma brani come The Inversion sottolineano l’ottima vena del gruppo del Quebec, che ci tempesta di note progressive di matrice death metal.

Tracklist
1. Disenthrall
2. Entre Suffrage Et Mirage
3. Surface’s Echoes
4. Ethereal Kingdom
5. Algorythm
6. À Travers Le Temps Et L’Oubli
7. In Adversity
8. The Inversion
9. Binomial Structures
10. The Afterlife
Bonus tracks
11. Surface’s Echoes (Instr)
12. The Afterlife (Instr)

Line-up
Simon Girard – Vocals & Guitars
Kevin Chartré – Guitars & Back Vocals
Hugo Doyon-Karout – Bass
Philippe Boucher – Drums

BEYOND CREATION – Facebook

Vanhelgd – Deimos Sanktuarium

Suoni death intinti in aromi doom per i gli svedesi Vanhelgd: quinto ottimo disco per una band che non deve dimostrare più niente ed essere ascoltata con attenzione.

Prosegue incessante il viaggio artistico del quartetto svedese, attivo dal 2009 con Cult of Lazarus e giunto con Deimos Sanktuarium al quinto full length.

La band non ha mai disperso le proprie energie compositive in formati minori, tranne un EP nel 2010, preferendo il formato sulla lunga distanza per farci apprezzare il proprio suono. Ogni due anni, corredati sempre da belle cover create da Mattias Frisk, i Vanhelgd ci regalano momenti di grande musica death, intinta nel doom; non fa eccezione anche quest’opera, sette brani di medio lunga durata, dove si rimane intrappolati in un mondo sonoro disperato, angosciante e catacombale. Nel tempo la band ha rilassato i propri ritmi, non perdendo nulla in ferocia e in tensione, anzi mortifere cadenze death doom ci fanno piombare in mondi tetri e sinistri dove le chitarre tessono atmosfere opprimenti senza aver bisogno di correre all’impazzata. L’andamento sinistro e maligno di Profaned is the blood of the covenant è raggelante e velenoso fino alla paralisi completa dei nostri sensi. La band non reinventa la ruota ma conosce molto bene la materia death e sa plasmare con assoluta ispirazione un proprio suono, dove tutto è mirato al lento disfacimento organo sensoriale; tutto è più subdolo, non troviamo violenza gratuita o ritmi forsennati ma atmosfere claustrofobiche che attanagliano le viscere con il growl mefitico di Mattias e Jimmy Johansson a condurre le danze. I brani hanno tutti delle peculiarità: in The ashes of our defeat un pesante suono di organo ci porta indietro nel tempo, regalandoci momenti maestosi e disperati, mentre in The silent observer i ritmi più propriamente death si stemperano nella coda a più voci dal forte sapore epico. Ottimo disco da parte di una band ispirata che non deve dimostrare più niente ed essere ascoltata con attenzione..

Tracklist
1. A Plea for Divine Necromancy
2. Så förgås världens härlighet
3. Vi föddes i samma grav
4. Profaned Is the Blood of the Covenant
5. The Ashes of Our Defeat
6. The Silent Observer
7. Här finns ingen nåd

Line-up
Jimmy Johansson Guitars, Vocals
Mattias Frisk Guitars, Vocals
Jonas Albrektsson Bass
Mathias Westman Drums

VANHELGD – Facebook

Benighted – Dogs Always Bite Harder Than Their Master

Furia, velocità violenza, ritmiche indiavolate, scream e growl direttamente dal buco più profondo dell’inferno creano un sound personalissimo e di una brutalità stordente, confermando i Benighted come un mostro metallico abominevole.

La Francia estrema non manca di stupire con band e album notevoli, sempre all’insegna di una qualità che stupisce sia per quanto riguarda i suoni death che quelli black metal.

I Benighted sono da considerarsi dei veterani della scena transalpina, essendo nati nel 1998 dall’unione di un manipolo di musicisti provenienti da band death e black come Dishumanized, Darkness Fire e Osgiliath: tali forze, unite, provocano una serie di terremoti brutal death che invadono il mercato dall’alba del nuovo millennio con il primo devastante lavoro omonimo per continuare la loro micidiale missione con altri sette full length, di cui Necrobreed risulta l’ultimo malefico parto dello scorso anno.
I cinque brutal deathsters transalpini tornano con questo nuovo macello sonoro composto da tre tracce inedite, la cover della storica Slaughter Of The Soul degli At The Gates e sei brani live, per un totale di trentatré minuti di brutal/grind/black/death metal entusiasmante.
Furia, velocità violenza, ritmiche indiavolate, scream e growl direttamente dal buco più profondo dell’inferno creano un sound personalissimo e di una brutalità stordente, confermando i Benighted come un mostro metallico abominevole.
Le sei tracce live, poi, confermano la bravura del gruppo in quel contesto, tanto che la voglia di vederli in un concerto, magari in qualche locale del nord Italia, aumenta man mano che la musica deflagra dalle casse dello stereo ormai allo stremo.
I Benighted sono una delle più convincenti realtà underground del metal estremo, non solo transalpino, fate vostro questo lavoro e non potrete fare a meno di recuperare anche gli album precedenti.

Tracklist
1.Teeth and Hatred
2.Martyr
3.Dogs Always Bite Harder than Their Master
4.Slaughter of the Soul (At the Gates cover)
5.Reptilian (live)
6.Cum with Disgust (live)
7.Spit (live)
8.Necrobreed (live)
9.Unborn Infected Children (live)
10.Foetus (live)

Line-up
Julien Truchan – Vocals (lead)
Emmanuel Dalle – Guitars
Fabien “Fack” Desgardins – Guitars
Pierre Arnoux – Bass, Vocals (backing)
Kévin Paradis – Drums

BENIGHTED – Facebook

Deathcrush – Hell

Un favoloso disco di brutal death italiano, per amanti ed affezionati di Incantation, Morbid Angel e Vader, con pregevoli tocchi black.

Chiamarsi Deathcrush è senz’altro impegnativo, visto che fu il titolo del primo disco dei Mayhem.

I sardi non temono comunque confronti, con oramai quindici anni di vita e varie uscite discografiche, tra demo, singoli e split, oltre a vari concerti, con Obituary e Hour of Penance. Questo loro secondo lavoro è un fantastico disco di brutal-black, in linea con le migliori cose di Immolation, Acheron ed Angel Corpse. Nei brani più tecnici ed epici, magniloquenti e marziali, ci possono altresì venire in mente i Nile e i Behemoth. Ma i Deathcrush sono i Deathcrush: devastanti e brutali, con un basso ed una voce realmente da paura. L’interplay chitarre-batteria è poi davvero da applausi, con riff ottimi e molto floridiani. King of Rats è, inoltre, puro e gelido black metal di alta scuola, mentre nella conclusiva Deny the Crucifix aleggia potente il fantasma dei Deicide del masterpiece Legion (1992). Hell è un disco fenomenale e i Deathcrush sono una grandissima band, null’altro da dire. Da avere senza se e senza ma.

Tracklist
1- Incest Of The Wretched
2- Eucharisty Of Worms
3- Lost In The Vortex Of Heretics
4- Blasphemik Souls
5- Dethroned Arcangels
6- Mors Mori 3002
7- Crowning The Beast
8- Spreading The Chaos
9- King Of Rats
10- Deny The Crucifix

Line-up
Luigi Cara – Vocals / Bass
Andrea Sechi – Guitars
Giampiero Serra – Drums

DEATHCRUSH – Facebook

Grind Zero – Concealed in the Shadow

Ottima conferma da parte della band lombarda, la cui proposta rivede con gusto e buona personalità la tradizione del miglior death di marca svedese.

Tornano a farsi sentire gli ottimi deathgrinders milanesi Grind Zero, a quattro anni di distanza dal debutto Mass Distraction.

In quaranta minuti, questo nuovo Concealed in the Shadow migliora in modo ulteriore le quotazioni del quintetto lombardo, ora con un nuovo e preparatissimo batterista. Il sound s’è fatto più ricco e professionale, del resto a masterizzare il CD è stato il grande Dan Swanö. Concealed in the Shadow aggiorna, si può dire, lo Swedish Death più old school, con chitarre grattugiate, sorrette da una passione posta al servizio dell’impatto complessivo dei singoli brani. In particolare, songs come Corrosion e Sodomizing The Sun palesano con forti vibrazioni sonore tutta la carica, l’enfasi e l’entusiasmo di questi ragazzi. Anche in Lost Shrine, dalla verve più melodica, i Grind Zero di certo non deludono. La strada imboccata è pertanto quella giusta ed il prodotto finale è ottimo, sotto tutti i punti di vista. Impeccabile la registrazione.

Tracklist
1- Soul Collected
2- Corrosion
3- See You in Hell
4- Master’s Pleasure
5- Sodomizing the Sun
6- A Shadow
7- Lost Shrine
8- Buried Deception
9- The Horde
10- Cursed By My Path

Line-up
Alex Colombo – Bass
Marco Piras – Vocals
Udo Usvardi – Guitars
Mr. D. – Guitars
Emanuele Prandoni – Drums

GRIND ZERO – Facebook

Balance Of Terror – World Laboratory

I Balance Of Terror non conoscono limiti, sono brutali e feroci, passano con disinvoltura dal brutal death al grind, in un delirio metallico valorizzato a dovere da un’ottima produzione, che lascia percepire ogni sfumatura e nota di cui sono composte le sette tracce più intro presenti sull’album.

Questo devastante lavoro è stato licenziato lo scorso anno, ma la qualità altissima della musica prodotta dai francesi Balance Of Terror merita sicuramente di essere condivisa con i lettori dai gusti estremi della nostra webzine.

Il gruppo transalpino ha iniziato la sua estrema missione nel 2014 e World Laboratory rimane, per ora, l’unica testimonianza del massacro sonoro creato da questa mostruosa creatura.
Mezzora di death/grind tecnico e devastante, una bomba atomica che esplode e distrugge con il suo micidiale vento, formato da blast beat al limite dell’umano, uso della voce che passa dal growl profondo allo scream di matrice hardcore, fino alla timbrica gutturale e animalesca classica del grind e del brutal, con chitarre portate sulla soglia dell’implosione.
I Balance Of Terror non conoscono limiti, sono brutali e feroci, passano con disinvoltura dal brutal death al grind, in un delirio metallico valorizzato a dovere da un’ottima produzione, che lascia percepire ogni sfumatura e nota di cui sono composte le sette tracce più intro presenti sull’album.
Non c’è pace ne speranza per chi si imbatte in Gap o nella title track, i Balance Of Terror con questo ottimo lavoro corrono verso il disfacimento totale con una serie di mitragliate estreme da far impallidire Napalm Death, Brutal Truth e compagnia.

Tracklist
1.Intro
2.Gap
3.Erase
4.Intelligence Failure
5.Rest In Beast
6.Wave Of Panic
7.World Laboratory
8.Ecclesiastical Putridity

Line-up
Quentin Guilluy – Bass
Mat Trak – Drums
Gaz Oil – Guitars
Flo Butcher – Vocals
Jean Gui – Guitars

BALANCE OF TERROR – Facebook

Ur Tid – Toward Dark Endless

La prima prova targata Ur Tid si rivela senza dubbio positiva, in quanto regala quasi mezz’ora di musica godibile, anche se indubbiamente il prossimo step per Sjöblom dovrà necessariamente essere quello di donare al proprio sound una pizzico di peculiarità in più.

Altro giro altro progetto solista di un musicista alle prese con la propria interpretazione del black death metal.

Questa volta è il turno dello svedese Johann Sjöblom (membro dei validi In My Embrace) che con il marchio Ur Tid propone l’ep d’esordio intitolato Toward Dark Endless.
Siamo ovviamente nell’ordine dello stile ampiamente consolidato all’interno della scena scandinava, quindi troviamo ritmiche incalzanti, un gran gusto melodico ed una padronanza del genere che consente a Sjöblom di offrire sei brani interessanti nonostante si muova all’interno di un solco ampiamente sfruttato.
Il black death che troviamo in Toward Dark Endless possiede una venatura folk che ne favorisce la fruizione senza farne smarrire la connotazione estrema: il risultato è più che soddisfacente, con il picco rinvenibile in un bellissimo brano come Skuggfolket, trascinante ed incisivo, in linea con l’operato delle migliori band nordiche del settore.
La prima prova targata Ur Tid si rivela senza dubbio positiva, in quanto regala quasi mezz’ora di musica godibile, anche se indubbiamente il prossimo step per Sjöblom dovrà necessariamente essere quello di donare al proprio sound una pizzico di peculiarità in più, per evitare di finire nell’ampio calderone nel quale confluiscono realtà valide ma prive di quel quid in grado di farle emergere.

Tracklist:
1.Towards Dark Endless
2.Into Oblivion
3.A World In Darkness
4.Skuggfolket
5.Ur Tid
6.The Preacher And The Prophet

Line-up:
Johann Sjoblom

UR TID – Facebook

Symphony of Symbols – Historiocriticism

Oscurità e soffocanti atmosfere regnano sovrane in questo Historiocriticism, nuovo e mastodontico lavoro in cui atmosfere glaciali e liquide e metal estremo brutale e devastante creano un sound vorticoso, violento ed abissale.

MetalEyes vola virtualmente in Ungheria per fare la conoscenza dei Symphony Of Symbols, band che del death metal oscuro possente e brutale fa il suo credo.

Fondata dal chitarrista Sándor Hajnali e dal batterista István Forró nel 1997, il gruppo inizia la sua avventura nel mondo del metal estremo come death/black metal band; il suo esordio infatti (Fall of Enigma licenziato nel 2002) si avvale di un sound ispirato alla scena polacca, storica in questo tipo di sonorità.
Dieci anni e vari assestamenti di line up portano al secondo lavoro targato 2012 (Stupefying Beliefs) sotto l’ala della Metal Scrap, con il sound proposto che si avvicina a quello offerto in questo ultimo album, ovvero un death metal brutale, tecnico e progressivo.
Oscurità e soffocanti atmosfere regnano sovrane in questo Historiocriticism, nuovo e mastodontico lavoro in cui atmosfere glaciali e liquide (Gates) e metal estremo brutale e devastante (Verity In The Legends), creano un sound vorticoso, violento ed abissale.
Il growl di matrice brutal estremizza se è possibile ancora di più il concept musicale di questo macigno sonoro, ad opera di un quartetto che a livello tecnico sa il fatto suo, risultando apprezzabile anche sotto l’aspetto creativo.
Un’ora secca di scale musicali ed atmosfere chirurgiche, pervase da un’atmosfera terrificante (Giant Signs, In The Serve Of Evil), che sfumano su brani di progressive death metal pregno di sana pesantezza estrema, che non lascia trasparire debolezze ma ci travolge compatta come un carro armato in Pyramid Cities e The First Nation, The Last Survivor.
Morbid Angel e Suffocation sono le maggiori fonti di ispirazione per il gruppo ungherese, da considerare una sorpresa anche se il nome circola dal lontano 1997: se non li conoscete, recuperate il tempo perso, non ve ne pentirete.

Tracklist
1.Flood
2.Dispersion
3.Gates
4.Pyramid Cities
5.Rings
6.Verity in the Legends
7.Giant Signs
8.Beyond Earth
9.In the Serve of Evil
10.The First Natoin, the Last Survivor
11.Everything Reveals

Line-up
Kovács Zoltán Frigyes – Vocals
Sándor Szalkai – Guitar
Tamás Mezey – Bass
István Forró – Drums

SYMPHONY OF SYMBOLS – Facebook

Mongol – The Return

Il gruppo canadese celebra in maniera possente le gesta dei mongoli e del loro estesissimo impero, con un folk metal molto ben composto ed eseguito con vigore.

Il folk metal è un linguaggio musicale dalla grande varietà e forza, che può essere declinato in molte maniere e lascia molta libertà a chi lo adotta.

I canadesi Mongol lo usano per narrare le gesta degli antichi mongoli e di Dschinghis Khan, il mitico condottiero che li condusse ad avere un impero di grandi dimensioni, ma soprattutto ad entrare nella storia come popolo guerriero, anche se erano molto più di ciò. Le dominazioni mongole arrivarono alla porte dell’Europa, e stupisce vedere quanto conquistarono, specialmente nel medio e nell’estremo Oriente, diventando uno degli imperi più estesi della storia, ma anche uno dei meno conosciuti, almeno in occidente. Il gruppo canadese celebra in maniera possente le loro gesta, con un folk metal molto ben composto ed eseguito con vigore. Le parti migliori delle loro canzoni sono quando avanzano compatti e cantano coralmente, dando vita a momenti molto intensi e di grande presa. Il lavoro è generalmente di buona qualità, confermando e superando quanto fatto in precedenza, mettendo maggiormente l’accento sulla velocità e sulla potenza, sempre ben presenti. Ben strutturato è anche l’uso degli strumenti tipici, ma i Mongol rimangono più metal che folk. Molti pezzi saranno devastanti dal vivo, perché si sente che sono stati studiati per la quella dimensione che è quella naturale per questi barbari. In certi frangenti si è maggiormente vicini al black death che al folk, ma poi si torna sempre all’ovile, dimostrando una non comune versatilità nel cambiare registro. Uno dei gruppi più interessanti del folk metal nordamericano e non solo.

Tracklist
1. Prophecy of the Blind
2. The Return
3. Sacrificial Rites
4. Takhil
5. Amongst the Dead
6. To the Wind
7. Dschingis Khan
8. The Mountain Weeps
9. River Child
10. Warband

Line-up
Tev Tegri – Vocals
Zev – Lead Guitar, Folk Instruments, Clean Vocals
Zelme – Rhythm Guitar, Backup Vocals
Sorkhon Sharr – Bass
Sche-khe – Folk Instruments & Keyboards
Bourchi – Drums

MONGOL – Facebook

Burial Invocation – Abiogenesis

Ottimo debutto dei turchi Burial Invocation capaci di intrecciare tante nobili influenze death all’interno del loro suono. Old school proiettata nel futuro.

Ottimo affresco di death metal contemporaneo è il debutto dei turchi Burial Invocation che, dopo una attesa durata sette anni, rilasciano un notevolissimo disco che si nutre di old school ma si proietta nel futuro.

Attiva, per breve tempo, nel 2010 con Rituals of the grotesque EP e successivamente con uno split con i nipponici deathster Anatomia, nel 2011 la band si è poi sciolta, rientrando sulla scena solo nel 2014 e arrivando ora al debutto, per la benemerita Dark Descent che mi lascia sempre sbalordito per la qualità del suo catalogo.
Chi segue con attenzione le loro uscite difficilmente rimane deluso. Il terzetto turco ci propone cinque brani densi, impattanti sia come forza sia come atmosfera e fino dall’opener Revival si è proiettati in un sound caleidoscopico, cangiante, in cui la chitarra del principale compositore Cihan Akun crea momenti feroci alternati a variazioni allucinate e dal sapore psichedelico, infarcendo il tessuto sonoro con assoli acidi e ispirati. Non rientriamo in categorie technical, ma la band sa suonare dannatamente bene, conosce bene la materia death e ha voglia di dimostrarlo. Echi di Immolation, per la grande e naturale capacità di variare il riffing all’interno dei brani, senza perdere il filo e la tensione, ma soprattutto la scuola finnica, devota a sonorità anche di stampo doom, sono gli ingredienti principali di questo interessante opera che amalgama al suo interno anche interessanti misteriosi aromi orientali, come nel breve strumentale Tenebrous Horizons, dove un affascinante cello modula con la chitarra una armonia aperta, che potrebbe far presagire futuri sviluppi sonori. Si rimane stupiti dalla grande capacità evocativa del terzetto che, all’interno di ogni brano, riesce senza forzature ad alternare cavalcate feroci con il growl incisivo di Mustafa Yildiz, intrecciato perfettamente nello sviluppo strumentale, e momenti di quiete condotti dalla variegata chitarra di Cihan Akun: esempio assoluto è la title track, dodici minuti incredibili, in questo senso, che rammentano anche le traiettorie impazzite dei Blood Incantation del masterpiece Starspawn. Tante influenze all’interno dei brani, tanta capacità di amalgamare in modo fluido strutture e suoni fanno di questo debutto un ottimo album, si spera foriero di altri sviluppi.

Tracklist
1. Revival
2. Abiogenesis
3. Visions of the Hereafter
4. Phantasmagoric Transcendence
5. Tenebrous Horizons

Line-up
Cihan Akün – Guitars, Bass, Vocals (additional), Songwriting, Lyrics
Aberrant – Drums
Mustafa Yıldız – Vocals

BURIAL INVOCATION – Facebook

Worth – The Essence Of Life

The Essence Of Life arriva alla sufficienza per le buone intuizioni melodiche e gli interventi della voce pulita, sicuramente più convincente di quella estrema: un aspetto, quest’ultimo, sul quale le Worth devono necessariamente lavorare in futuro.

Le Worth sono un gruppo di ragazze attive dal 2014 nella zona di Barcellona all’esordio con The Essence Of Life, full length dal sound che si ispira al death metal melodico di matrice scandinava.

I Sentenced sono l’influenza massima delle Worth, anche se magari il sound delle musiciste iberiche è meno gotico e più incentrato su un metal/hard rock di sicura presa a livello strumentale, mentre la prestazione vocale in growl lascia molto a desiderare.
Peccato, perché l’album è piacevolmente melodico, le armonie chitarristiche si accompagnano con le tastiere che imprimono la loro anima dark su brani che, con un cantato, più incisivo avrebbero sicuramente aumentato di molto l’appeal sull’ascoltatore.
Il singolo Parting Ways, Last Recall, The Return, il mid tempo possente di Dead Mind (Chapter III) sono gli episodi migliori di un debutto con qualche luce e l’ombra di un growl forzato e poco incisivo.
The Essence Of Life arriva alla sufficienza per le buone intuizioni melodiche e gli interventi della voce pulita, sicuramente più convincente di quella estrema: un aspetto, quest’ultimo, sul quale le Worth devono necessariamente lavorare in futuro.

Tracklist
01. The Essence of Life
02. Last Recall
03. Lake of Time (Chapter IV)
04. The Return
05. Dead Mind (Chapter III)
06. Resign Their Fate
07. Into the Abyss (Chapter II)
08. She
09. Parting Ways
10. Stormy Tale (Chapter I)

Line-up
Anna Nadal – Drums
Francesca Missori – Bass
Gloria Falgueras – Guitars, Backing Vocals
Marta Monistrol – Guitars
Cri Jill – Vocals

WORTH – Facebook

Thrombus – Mental Turmoil

La Caverna Records, label sudamericana specializzata in metal estremo, ristampa il primo ed unico album dei Thrombus, band americana nata nel 1991, periodo d’oro per il death metal tradizionale, che purtroppo ha avuto vita breve lasciando in eredità solo Mental Turmoil, risalente al 1993.

Ancora storie di metal estremo che arrivano a noi da ogni parte del mondo: del resto l’underground riserva sempre piacevoli sorprese a chi si dedica con passione al supporto e alla divulgazione delle scene e generi che compongono l’universo metal.

La Caverna Records, label sudamericana specializzata in metal estremo, ristampa il primo ed unico album dei Thrombus, band americana nata nel 1991, periodo d’oro per il death metal tradizionale, che purtroppo ha avuto vita breve lasciando in eredità solo Mental Turmoil, risalente al 1993.
Il gruppo dell’ Oregon aveva concentrato i suoi sforzi in questi ventitré minuti di death metal rabbioso, in pieno stile americano tra primi Obituary, Massacre e Slayer: un sound viscerale, valorizzato da un ottimo approccio in fase ritmica e buoni solos che ricamavano brani diretti come l’opener From Beyond, brano top di Mental Turmoil e, a seguire la title track, un diretto al volto death/thrash che dettava le coordinate per gli altri brani presenti.
Il sound seguiva la scia dei pionieri del genere sviluppatosi sul finire degli anni ottanta, così come la produzione, ma anche nel suo risultare datato, almeno per i nostri giorni, non manca di affascinare.
La band risulta ormai sciolta da più di vent’anni, ma l’album è sicuramente una chicca per il collezionisti e gli amanti di queste proposte.

Tracklist
1. From Beyond
2. Mental Turmoil
3. Fetid Mass
4. Structured
5. Embolic Infarction
6. What a Wast

Line-up
Mike Brown – Guitars, Vocals
Isamu Sato – Guitars
Karl Fowler – Drums, Vocals
Darren Baker – Bass

Sinnrs – Profound

Il nome dei Sinnrs, con un esordio di tale spessore, si rivela del tutto degno di essere affiancato a quelli delle band guida del settore.

L’esordio dei danesi Sinnrs avviene con un album che fin dal titolo appare come una dichiarazione di intenti.

Profound è, infatti, un album che di sicuro non scorre leggiadro senza lasciare taccia: il black death di matrice centro europea (il fatto che la registrazione del disco sia avvenuta presso i polacchi Hertz Studios forse non è casuale) è incisivo e asfissiante ma, allo stesso tempo, connotato da repentine aperture atmosferiche.
Un bellissimo brano come Lift My Bones si rivela emblematico in tal senso, allorché una furiosa prima parte lascia spazio ad eleganti orchestrazioni prima di ripartire verso un esemplare finale nel corso del quale le due anime si fondono alla perfezione.
I due misteriosi musicisti nordici non sono dei neofiti perché, a giudicare dalla riuscita di Profound, è quasi certo che dietro ai due nickname e alle figure incappucciate si celino musicisti già attivi da tempo nella scena: ciò che stupisce positivamente è la capacità di rendere quanto mai sferzanti le parti estreme e, allo stesso tempo, solenni e malinconiche quelle orchestrali, realizzando quello che appare più un perfetto connubio che non una dicotomia.
Il lavoro tiene agganciato l’ascoltatore fino al termine, crescendo ad ogni passaggio e regalando qualche altra perla come No Promise To Mankind: il nome dei Sinnrs, con un esordio di tale spessore, si rivela del tutto degno di essere affiancato a quelli delle band guida del settore.

Tracklist:
01. Nihil
02. To Derive Eden’s Flame
03. The Storm of I
04. Lift My Bones
05. Renowned Praetorians
06. No Promise to Mankind
07. It Calls Me
08. Et Sic Incipit
09. Watch Her Soul Burn
10. Commemorate None

Line-up:
Nero: Guitar, Vocals, Orchestrals
Maestus: Drums

SINNRS – Facebook

Mule Skinner – Airstrike

Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Anche nel grindcore, come negli altri generi estremi, le contaminazioni hanno imbastardito il sound originale, portando il genere verso nuovi lidi senza farne venire meno la prerogativa d’essere uno degli esempi più estremi della musica moderna.

Ovviamente non mancano band che, dopo tanti anni, continuano a proporre con attitudine, personalità e senza compromessi i dettami di un sound che va oltre la musica per abbracciare tematiche sociali e politiche.
Un suono che, come la spazzatura lasciata per giorni sulle strade dei quartieri poveri delle metropoli, viene disprezzato dai benpensanti, ominidi travestiti da persone oneste in un mondo che ha perso il controllo.
I grinders statunitensi Mule Skinner tornano per F.O.A.D. Records con il secondo lavoro di una carriera che partì addirittura nel 1987, ma che in trent’anni ha regalato solo un demo, due ep ed il full length Abuse, licenziato nel lontano 1996.
Quindi si può sicuramente parlare di un ritorno auspicato dagli amanti del genere (anche se l’ep Crushing Breakdown è di quattro anni fa) che conferma i Mule Skinner come band grindcore classica, dal sound stilisticamente conservatore ma pregno di provocatoria denuncia, dall’impatto devastante ed un’attitudine mai doma.
I tredici brani, senza tregua, ci investono con tutta la loro rabbiosa aggressione in quota primi Napalm Death e Terrorizer, ma mantenendo ben salde le coordinate stilistiche e riuscendo a donare ad ogni singolo brano una sua precisa identità.
Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Tracklist
1.Suicide Vest
2.Airstrike
3.Bone & Debris
4.Chocking Agent
5.Bred to Destroy
6.Sovereignty
7.Firing Squads
8.Battle Worshiper
9.Among Sheep
10.Faith in Blood
11.Backbone
12.Tactical Control
13.Fuse

Line-up
Tony Salisbury – Bass
Todd Capiton – Drums
Michael Howes – Guitars
Ryan Ashmore – Vocals

MULE SKINNER – Facebook

Gourmand – Blossoming From The Grave

Con una forza ed una potenza impressionanti al servizio di un sound dalle partiture mai banali, in Blossoming From The Grave vivono in perfetta simbiosi l’anima progressiva e quella estrema.

Una devastante proposta estrema e progressiva in arrivo dagli States e precisamente dal Kansas, firmata da questo ottimo quintetto chiamato Gourmand.

Il secondo album del gruppo, intitolato Blossoming Of The Grave, segue le coordinate del primo lavoro uscito lo scorso anno (The Inquisitionist) permettendogli di affacciarsi con ancora più impeto sulla scena estrema.
Il death metal old school di ispirazione statunitense viene rielaborato in chiave progressiva senza perdere impatto, con una serie di brani diretti, a tratti impreziositi da atmosfere pacate, per poi ripartire come bolidi in corse all’ultima nota, grazie anche ad una tecnica invidiabile dei musicisti presenti.
Con una forza ed una potenza impressionanti al servizio di un sound dalle partiture mai banali, in Blossoming From The Grave vivono in perfetta simbiosi l’anima progressiva e quella estrema in brani spettacolari come Between Vessel and Body, Siren’s Song e The Price Of Cosciousness. I Gourmand sorprendono, la vena melodica si sostituisce alla parte più violenta lasciando spazio ad aperture ariose e a strumentali che sono ben più di semplici riempitivi bensì brani importanti per l’economia dell’album, come per esempio la splendida Redemption.
Il sound di Blossoming From The Grave trae linfa dal death metal tecnico e progressivo, tra Death, Suffocation e Between The Buried And Me, con sprazzi atmosferici che ricordano gli Opeth: queste influenze si tramutano in un affascinante e convincente mosaico di metal estremo suonato da un gruppo di notevole abilità tecnico compositiva.

Tracklist
1. Blossoming From The Grave
2. A Message In Wax
3. Between Vessel and Body
4. Metamorphosis
5. Redemption
6. Siren’s Song
7. Perpetual Sickness
8. The Price of Consciousness
9. Empathy Gap (Ft. Justin Payne of Unmerciful)
10. The First of My Name

Line-up
Luke Adams – Vocals/Cello
Ben Harvey – Bass/Keys/Backing vocals
Scott Prewitt – Guitar
Danny Loomis – Guitar/Backing vocals
Trevor Hall – Drums

GOURMAND – Facebook

Necrotombs – Embalmed With Rotten Flesh

Si parla di alieni e di temi horror e gore attraverso un metal estremo che varia le sue sfumature, passando dal death metal classico di matrice statunitense al doom/death, fino a toccare lidi brutal in un’orgia si sonorità estreme da buon impatto.

I Necrotombs sono la creatura del polistrumentista nostrano Christian “Xerberus” Contran, con un passato nei Rapist e negli Stigmhate.

Questo ferocissimo esempio di death metal old school si intitola Embalmed With Rotten Flesh ed è il secondo lavoro dopo l’esordio dello scorso anno intitolato 37th Parallel.
Si parla di alieni e di temi horror e gore attraverso un metal estremo che varia le sue sfumature, passando dal death metal classico di matrice statunitense al doom/death, fino a toccare lidi brutal in un’orgia si sonorità estreme da buon impatto.
Xerberus la materia la conosce bene e ci fa dono di una raccolta di brani putridi, vere sinfonie brutali di marca death metal, che alternano scorribande ritmiche a lente marce con il fango alle caviglie, brulicante di vermi che affiorano dai resti umani di cavie da laboratorio.
L’atmosfera creata dal musicista nostrano conduce quindi oltre l’oceano Atlantico, e i brani che compongono Embalmed with Rotten Flesh sono vari ed ispirati da un songwriting che sorprende, passando dagli Obituary, ai Morbid Angel, dai Cannibal Corpse ai Suffocation, con disinvoltura e sagacia senza perdere mai il filo di un discorso che ha nell’impatto e nelle atmosfere macabre la propria forza.
Sono tante le tracce che meritano un plauso, dall’opener Strangled With Guts (Obituary oriented) al doom/death della prima parte della title track fino alla brutale Born From a Corpse.
Embalmed With Rotten Flesh, pt.2 è un gioiellino strumentale con parti oscure e dark, picco compositivo di questo ottimo lavoro che non lascerà sicuramente indifferenti i deathsters dai gusti classici.

Tracklist
1.Strangled with Guts
2.Dissolved in Acid
3.Putrefied
4.Embalmed with Rotten Flesh, Pt. 1
5.Emptiness of Solitude
6.Born from a Corpse
7.Embalmed with Rotten Flesh, Pt. 2
8.Forced to Die
9.Frozen to Be Eaten

Line-up
Xerberus – Everything

NECROTOMBS – Facebook

Pestilence – Dysentery

Un nastro che è una pietra miliare: l’alba del death metal nell’Europa continentale.

Un po’ di storia. I primi dischi death metal escono in Florida tra il 1987 e il 1988.

L’Europa risponde con la concomitante scuola svedese (i cui primi album, a partire dallo storico Left Hand Path degli Entombed, escono dal 1990 in poi) e – cronologicamente addirittura prima, sia pure di poco – con i Pestilence di Consuming Impulse (Roadrunner, 1989). In precedenza, la band olandese aveva dato alle stampe il suo esordio (Malleus Maleficarum nel 1988, un concept sulla caccia alle streghe e sul libro tardo-quattrocentesco che l’aveva avviata). All’origine di tutto vi era un demo davvero di culto, Dysentery, inciso naturalmente su cassetta nel 1987 dai Pestilence: qui, con testi che anticipano gli Autopsy e i Defecation, assistiamo a una primissima commistione – che rimane pressoché unica sul continente europeo – di speed-thrash (nello stile degli Slayer di Show No Mercy) e del nuovo genere inventato dai Death, in America. I quattro pezzi di Dysentery sono stati successivamente ristampati, insieme al secondo demo Penance, su CD dalla Vic Records nell’ottobre del 2015.

Track list
1- Against the Innocent
2- Delirical Life
3- Traitor’s Gate
4- Throne of Death

Line up
Patrick Mameli – Vocals / Guitars / Bass
Randy Meinhard – Guitars
Marco Foddis – Drums

https://www.youtube.com/watch?v=6hJYy7L9akU

1987 – Autoprodotto

Rabhas – Maelstrom

L’impatto è notevole, i brani sono convincenti, manca solo un minimo di cura in più nella produzione, ma è un dettaglio messo in ombra dal monumentale impatto che il gruppo produce con questa raccolta di brani estremi.

Continuano ad arrivare interessanti proposte dall’underground estremo nazionale come i bolognesi Rabhas, band attiva dal 2011 e con alle spalle un primo demo ed un full length (Demolizione) uscito nel 2014.

Questo nuovo album Maelstrom, invece, è uscito nella primavera di quest’anno tramite la label russa Narcoleptica Prod ed è composto da nove brani cantati in italiano, come da tradizione del gruppo.
E appunto di un maelstrom musicale si tratta, un devastante death metal che non disdegna parti intricate capaci di mettere in evidenza la buona tecnica del gruppo che alterna death metal classico a parti più brutali e dall’impatto di un asteroide.
Il growl brutale accompagna dunque le evoluzioni dei musicisti impegnati sulle varie Maelstrom, Perversione Assassina, la progressiva Putridamente, in un death metal di scuola americana e consigliato agli amanti di Death, Morbid Angel ed Obituary.
L’impatto è notevole, i brani sono convincenti, manca solo un minimo di cura in più nella produzione, ma è un dettaglio messo in ombra dal monumentale impatto che il gruppo produce con questa raccolta di brani estremi.
Maelstrom si rivela così un buon lavoro per gli amanti del death metal di matrice statunitense, ai quali va l’invito a supportare il gruppo bolognese.

Tracklist
1.Intro
2.Maelstrom
3.Perversione assassina
4.Nevrotomia
5.Putridamente
6.Effetto nocebo
7.Visione
8.Rabhas
9.Tenebrae ad Libitum

Line-up
L – vocals
Preck – bass + guitars
Sguicio – drums
Fischio – guitars

RABHAS – Facebook

Anisoptera – Spawn Of Odonata

Spawn Of Odonata è composto da otto brani di death progressivo e dissonante, in linea con quanto proposto negli ultimi tempi dai gruppi prog e technical metal.

Arrivano dalla Bay Area, luogo storico per il metal a stelle e strisce (specialmente parlando di thrash e death metal), gli Anisoptera, duo in attività dal 2014 con un demo seguito dal singolo Ammonite, licenziato un anno dopo e che troverete in questo nuovo full length.

Spawn Of Odonata è composto da otto brani di death progressivo e dissonante, in linea con quanto proposto negli ultimi tempi dai gruppi prog e technical metal.
Il mood è brutale, la provenienza da un luogo storico come la Bay Area si sente, ma il duo ne valorizza l’aspetto più tecnico con una serie di partiture intricate che arricchiscono l’approccio estremo del gruppo con sonorità jazz e fusion, nascoste nell’atmosfera estrema di brani come Rebirth, Cursed o Sterilization.
Randall Krieger e Robby Perry mettono la tecnica al servizio del sound, e rispetto a molti loro colleghi la parte più violenta e metallica è sempre in evidenza: un bene, perché Spawn Of Odonata rimane legato ben stretto al genere, senza lasciare i lidi estremi per avventurarsi in generi totalmente opposti al classico death metal.
Le ritmiche sono i constante cambiamento di tempi e modi, pur con una potenza sempre devastante, il growl è arcigno e la chitarra ha il suo daffare nel creare scale vorticose ma seguendo sempre l’economia del brano.
L’album si chiude al meglio con Heterochromia Iridis, brano strumentale acustico, mai come in questo caso definibile quale sorta di quiete dopo la tempesta metallica.

Tracklist
1. Parasite
2. Rebirth
3. Cursed
4. Aerial Predator
5. Sporadic Cycle
6. Ammonite
7. Sterilization
8. Heterochromia Iridis

Line-up
Randall Krieger- Guitar
Robby Perry- Vocals

ANISOPTERA – Facebook

Hierophant – Spawned Abortions

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata.

La band, torna con questo 7” in cui troviamo nel lato A l’inedito Spawned Abortions, che conferma la proposta assolutamente sopra le righe dei ravennati, e nel lato B la cover del classico Realm Of Chaos dei leggendari Bolt Thrower.
Il death metal feroce e carico di malata attitudine hardcore ci investe in tutta la sua furia in Spawned Abortions, nuovo massacro sonoro di scuola Hierophant all’insegna del, caos primordiale, un attacco frontale che si trasforma in una mattanza quando le note della storica Realm Of Chaos, tornano a dispensare morte e sofferenza.
Lorenzo Gulminelli (voce e chitarra), Ben Tellarini (batteria) ed il nuovo arrivato Fabio Carretti (basso e voce) sono le figure che stanno dietro questo mostro sonoro chiamato Hierophant, una delle realtà più convincenti dell’ottima scena death metal tricolore.

Tracklist
1.Spawned Abortions
2.Realm Of Chaos

Line-up
Lorenzo Gulminelli – Vocals/Guitar
Ben Tellarini – Drums
Fabio Carretti – Bass/Vocals

HIEROPHANT – Facebook