Cinnamun Beloved – Stain

Se siete fans del genere e vi piace curiosare nell’underground mondiale in cerca di nuove ed affascinanti realtà, i Cinnamun Beloved appagheranno la vostra fame di musica metallica dal taglio gotico e sinfonico.

La scena metal sinfonica si arricchisce di sempre nuove realtà, molte delle quali non arriveranno al successo di quelle poche band che hanno ormai fatto la storia di queste sonorità, ma che, ad un livello più che dignitoso creano opere meritevoli d’attenzione.

Nell’underground, i gruppi che propongono la loro versione più o meno riuscita del genere non si contano più, magari sempre legati all’abusata formula voce femminile, ritmiche power, sinfonie orchestrali ed atmosfere gothic, comunque in grado di soddisfare i fans del genere, affezionati a questi cliché.
In arrivo dall’Argentina, i Cinnamun Beloved sono il classico esempio di quanto appena scritto, con Sabrina Filipcic Holm, suadente vocalist a capitanare un quintetto al secondo album dopo l’esordio The Weird Moment dato alla luce nel 2012.
Sleaszy Rider licenzia Stain, album che del genere si nutre, con la voce della cantante protagonista in una raccolta di brani che non escono dai canoni delle sonorità tanto care ai vari Nightwish, Within Temptation ed Evanescence, sinfoniche ma non bombastiche, raffinate ma allo stesso tempo rese grintose e potenti da ritmiche power.
Le atmosfere gotiche sono presenti, così come le orchestrazioni, il sound si aggira tra le nebbie notturne del dark rock con quel briciolo di eleganza che risulta il punto di forza dell’album, mentre la Holm, senza strafare, si dimostra una buona interprete della scuola delle cantanti symphonic metal.
Stain è un buon lavoro, la sontuosa perfezione stilistica dei top player del genere è ancora lontana, ma all’ascolto dei vari brani l’impressione di essere al cospetto di un gruppo con le proprie potenzialità ancora da esprimere in toto è alta: quindi, se siete fans del genere e vi piace curiosare nell’underground mondiale in cerca di nuove ed affascinanti realtà, i Cinnamun Beloved appagheranno la vostra fame di musica metallica dal taglio gotico e sinfonico.

Tracklist
1. Symbols Of Beginning
2. So Far
3. Ride The Night
4. I Don’t Wanna Be
5. Together
6. Furious As The Wind
7. Storyline
8. The Scent
9. Without Your Caress
10. Another Day
11. Symbols Of Beginning II

Line-up
Sabrina Filipcic Holm – Vocals
Matvas Sala – Drums
David Nupez del Prado – Guitars
David Saavedra – Bass
German Esquerda – Keyboards

CINNAMUN BELOVED – Facebook

Black Vatican – The Black Vatican

The Black Vatican si lascia ascoltare volentieri anche se il fatto di mantenere una stessa ritmica per tutti i cinquanta minuti del lavoro lascia diverse perplessità.

Provenienti da Kansas City, i Black Vatican sono un trio alla propria prima uscita all’insegna di un gothic sinfonico dagli esiti alterni.

Infatti, dopo un primo brano, The Darkened (Sacred) Wine, che non sarebbe affatto male se non venisse affossato da una voce femminile a dir poco rivedibile, a partire dalla seconda traccia Dark Promises si ricominciano ad intravedere qualità interessanti e una buona capacità di creare atmosfere decadenti e tutt’altro che banali.
I riferimenti per i Black Vatican sono dei Cradle Of Filth dalle ritmiche meno spinte, ai quali si potrebbe aggiungere qualcosina dei Bal Sagoth per l’uso prevalente della voce maschile recitante (accompagnata però da un gracchiante screaming) e, in generale, pur non brillando certo per originalità, The Black Vatican si lascia ascoltare volentieri anche se il fatto di mantenere una stessa ritmica per tutti i cinquanta minuti del lavoro lascia diverse perplessità.
Resta sicuramente un buon gusto negli arrangiamenti che si scontra, però, con un certo minimalismo che pervade tutti gli altri aspetti; From The Asylum chiude l’album così com’era iniziato, senza che arrivi mai l’auspicato cambio di passo a livello ritmico e compositivo: troppo poco per andare oltre ad una risicata sufficienza.

Tracklist:
1. The Darkened (Sacred) Wine
2. Dark Promises
3. Revelations Cries
4. Into Abyssful Terror
5. Lady of Dis
6. Restless Anastasia
7. Borrowed Time (Sin’s Solace)
8. From the Asylum

Line-up:
Erick Ramos – Bass, Vocals
Cole Roberts – Guitars
Isaac Byrd – Drums

Tarja – Act 2

Raccontare un concerto della Turunen diventa superfluo, specialmente per i tanti fans che in tutto il mondo applaudono la bellissima artista finlandese: non mi rimane così che sottolineare la bellezza di questo nuovo lavoro e consigliarne l’ascolto e la visione anche a chi prova mettere in discussione il regno della regina Tarja

Può piacere o meno, ma è indubbio che Tarja Turunen sia ancora oggi la regina tra le sirene del symphonic metal, termine di paragone obbligatorio per ogni bellissima musa al microfono delle centinaia di band nate dopo il successo dei Nightwish.

Da anni la cantante finlandese ha intrapreso un’ottima carriera solista che l’ha portata ad incidere sette full length, una serie infinita di singoli, ep e un paio di live, Act 1, pubblicato nel 2012, e questo nuovo manifesto della sua arte intitolato Act 2, in uscita su earMUSIC e tratto da The Shadow Show, il tour mondiale che ha visto la Turunen protagonista di duecento concerti in quaranta differenti paesi.
Nello specifico, Act 2 ci delizia con lo show esclusivo tenutosi al Metropolis Studio di Londra e il concerto italiano al Teatro Della Luna di Milano, motivo patriottico in più per non perdersi questo bellissimo live.
Licenziato nelle versioni 2CD digipak, 3LP gatefold (180g, nero), DVD, Blu-ray, limited mediabook 2CD+2BD (che include come bonus i due concerti completi tenutisi all’Hellfest in Francia e al Woodstock Festival in Polonia) e in digitale, Act 2 ci presenta una Tarja ancora lontana dall’abdicare, incontrastata sovrana di un genere che, se ultimamente sta tirando la corda, torna a risplendere in quest’opera, splendido esempio dell’arte musicale di una delle figure più nobili che il metal ci abbia regalato nella sua storia.
Due ore di musica che ripercorrono la carriera solista della Turunen, un sound che nella versione live acquista quella giusta grinta per tornare a far rivivere i fasti delle opere che hanno fatto grande la precedente esperienza della cantante, ma che, allo stesso tempo, confermano il talento inarrivabile di cui dispone, anche e soprattutto ora, nell’ormai consolidata carriera solista.
Raccontare un concerto della Turunen diventa superfluo, specialmente per i tanti fans che in tutto il mondo applaudono la bellissima artista finlandese: non mi rimane così che sottolineare la bellezza di questo nuovo lavoro e consigliarne l’ascolto e la visione anche a chi prova mettere in discussione il regno della regina Tarja.

Tracklist
Disc 1
1.No Bitter End
2.Eagle Eye
3.Sing for Me
4.Love to Hate
5.The Living End
6.Medusa
7.Calling From the Wild
8.Victim of Ritual
9.Die Alive
10.Innocence
11.Until my Last Breath
12.Too Many

Disc 2
1.Against the Odds
2.No Bitter End
3.500 Letters
4.Eagle Eye
5.Demons in You
6.Lucid Dreamer
7.Shameless
8.The Living End
9.Calling from the Wild
10.Supremacy
11.Tutankhamen – Ever Dream – The Riddler – Slaying the Dreamer
12.Goldfinger
13.Deliverance
14.Until Silence – The Reign – Mystique Voyage – House of Wax – I Walk Alone
15.Love to Hate
16.Victim of Ritual
17.Undertaker
18.Too Many
19.Innocence
20.Die Alive
21.Until my Last Breath

Line-up
The Shadow Shows:
Kevin Chown: bass
Christian Kretschmar: keyboards
Max Lilja: cello
Alex Scholpp: guitar
Timm Schreiner: drums

TARJA – Facebook

T-Error Machinez – The War Of Valkyries (Reworked)

L’idea di riprendere in mano il disco solista di Omega X e di rielaborarlo collaborando anche con altri gruppi come Synapsyche, Larva ed Xperiment è stata un’ottima idea che ha portato a fare un disco molto potente, melodico e ben bilanciato.

Tornano i T- Error Machinez, uno dei migliori gruppi italiani di industrial metal ed ebm, con la rielaborazione del disco solista del loro membro Omega X.

La band lo ha ripreso in mano e gli ha dato una nuova veste, collaborando con altri gruppi. Il lavoro è diviso in cinque capitoli che trattano di miti, di demoni e degli archetipi della nostra cultura profonda, per metterci faccia a faccia con quello che siamo veramente. I T- Error Machinez nascono nel 2013 per fare musica oscura e di qualità: il dipanarsi delle loro canzoni denota un’ottima capacità compositiva, e laddove per altri ci sono le nebbie dell’incertezza, il trio ne esce sempre con una melodia chiara e con strumenti pesanti. La loro poetica è quella di esplorare le cose che vediamo e soprattutto quelle che non sono visibili ad occhio nudo, che siano dentro o fuori di noi. La loro musica ha fortissime radici nell’ebm di gruppi come i Suicide Commando, dei quali hanno fatto un bel rifacimento di God Is In The Rain in download libero sul loro bandcamp, hanno elementi di sympho metal e ottime orchestrazioni, per una musica dall’ampio respiro. E’ facile in questo genere cadere in trappole barocche, appesantendo il suono di inutili orpelli, mentre qui tutto è necessario ed adeguato, e sembra di stare per davvero in un passato/futuro mentre è in corso una guerra fra umani. L’idea di riprendere in mano il disco solista di Omega X e di rielaborarlo collaborando anche con altri gruppi come Synapsyche, Larva ed Xperiment è stata un’ottima idea che ha portato a fare un disco molto potente, melodico e ben bilanciato.

Tracklist
1.The Wings Of Icaro
2.The War Of The Valkyries
3.Cultos Asmodeus
4.The Black Sun
5.All Your Nightmares… Are Real!
6.The Tormentum Of The Dark Carnival Creation
7.The End Of Human Time (feat.Synapsyche)
8.Biological Pharmacode
9.Clock Tower
10.Angeles Del Apocalipsis (feat.Larva)
11.The Redemption
12.Infected World
13.Lovers Cursed (feat.Xperimen

Line-up
Omega X: Vocals, lyrics, composer
Alien T-Error: Guitars, composer, backing vocals
T-Error Wolf: Bass, composer, backing vocals

T-ERROR MACHINEZ – Facebook

A Tear Beyond – Humanitales

Il talento nel saper costruire brani dal forte impatto emotivo, sorprendendo l’ascoltatore ad ogni passaggio, è l’arma in più di questa splendida realtà nostrana che richiama la scuola teatrale tedesca e ci trasporta per quasi un’ora nel suo mondo oscuro.

Gli A Tear Beyond avevano impressionato non poco il sottoscritto all’indomani dell’uscita del loro secondo album, Maze Of Antipodes, licenziato tre anni fa.

Il gruppo vicentino torna con un nuovo lavoro intitolato Humanitales, un’altra spettacolare e tragica opera dal sound che racchiude gothic, dark, extreme, industrial e symphonic metal e lo elabora secondo una personale  visione.
Capitanata dal cantante ed interprete Claude Arcano, la band rispetto al lavoro precedente (il primo album Beyond, diede inizio all’avventura nel 2012) accentua in parte l’atmosfera orchestrale e cinematografica su cui si poggia il proprio universo musicale che mantiene una forte componente teatrale, in un quadro nel quale i colori mantengono le tonalità del nero.
Il talento nel saper costruire brani dal forte impatto emotivo, sorprendendo l’ascoltatore ad ogni passaggio, è l’arma in più di questa splendida realtà nostrana che richiama la scuola teatrale tedesca e ci trasporta per quasi un’ora nel suo mondo oscuro.
Humanitales coniuga come da tradizione i generi citati e ci regala una nuova manciata di splendide trame su cui il singer costruisce un’altra performance da applausi, con l’ascoltatore che, chiudendo gli occhi, si ritroverà al cospetto di un palcoscenico sul quale gli A Tear Beyond danno vita alle atmosfere di brani capolavoro come Tale, quindici minuti di nobile e tragico metallo sinfonico, gotico e concettualmente estremo nel saper unire molte anime musicali dalle tinte dark.
Devil Doll, Rammstein e Moonspell fanno parte sicuramente del bagaglio musicale del gruppo che aggiunge una sua ormai consolidata e debordante personalità in un crescendo artistico sorprendente: per gli amanti di queste sonorità un’opera imperdibile.

Tracklist
1.Humanitales
2.Frolic
3.Sentence (Forgiveness act II)
4.So Deep Out There
5.Angels Out of Grace
6.Inugami
7.Damned Paradise
8.Inadequacy
9.Tale
10.The Frozen Night (rebirth bonus)

Line-up
Claude Arcano – Vocals
Ian – Guitars
Undesc – Guitars
Cance – Bass
Phil – Keybs and Orchestra
Skano – Drums

A TEAR BEYOND – Facebook

Majesty Of Silence – Zu dunkel für das Licht

Il sound teatrale e straripante di enfasi fatica a raggiungere l’obiettivo, perché con un simile approccio è senz’altro importante un buon talento compositivo (e fin qui ci siamo), ma lo è altrettanto, se non di più, un senso della misura che fa decisamente difetto ai Majesty Of SIlence.

Un altro ritorno dopo oltre un decennio di silenzio: questa volta sono gli svizzeri Majesty Of Silence a rifarsi vivo dopo un lungo oblio iniziato nel 2006, dopo l’uscita del loro quarto full length.

Tutto sommato il momento scelto per ripresentarsi sulla scena sarebbe anche quello giusto per chi si dedica ad un genere come il symphonic black che, in effetti, negli ultimi anni era finito fuori dai radar della maggior parte degli appassionati, fino al recente rientro in pompa magna dei Dimmu Borgir e alla luce del gradito recupero ad alto livello degli stessi Cradle Of Filth.
Dimezzati rispetto alla formazione originale (sono rimasti i soli Peter Mahler e Christian Geissmann), gli elvetici cii sommergono con un album come Zu dunkel für das Licht entro il quale non si fanno mancare nulla, riversandoci tutto quanto sarebbe lecito attendersi da interpreti di questa frangia metallica che non ha mai avuto la sobrietà tra le sue caratteristiche principali.
E’ cosi che il sound teatrale e straripante di enfasi fatica a raggiungere l’obiettivo, perché con un simile approccio è senz’altro importante un buon talento compositivo (e fin qui ci siamo), ma lo è altrettanto, se non di più, un senso della misura che fa decisamente difetto dell’Argovia.
Ecco, se Dani Filth vi appare in certi momenti fastidiosamente verboso, andando a sovrastare costantemente le trame musicali dei suoi compagni, non è nulla rispetto a quanto accade con i Majesty Of Silence i quali, per ottanta minuti, ci sommergono incessantemente con le proprie strepitanti liriche in tedesco, facendomi persino venire in uggia una lingua che personalmente adoro in certi ambiti ambiti musicali.
Peccato, perché questo lavoro, con le dovute sfrondature farebbe tutto un altro effetto; nei frangenti più solenni e teatrali affiorano persino reminiscenze dei Devil Doll, mentre i passaggi sinfonici riportano necessariamente ai Dimmu Borgir, e non è un caso se sono per lo questi momenti quelli in cui si rimpiange maggiormente la bulimia verbale che affligge alcuni passaggi magnifici, disseminati in buona quantità specialmente nella seconda metà dell’opera (Traurige Geschicht’, Rudi, Sonne, Erlösung).
Probabilmente il tutto sarà anche funzionale al racconto (ed evidentemente cose da dire ce ne sono in quantità) ma si giunge alla fine dell’opera abbastanza estenuati nonostante l’abitudine a certi ascolti e la relativa buona predisposizione.
Le migliori band attuali, non solo in ambito estremo, ci stanno insegnando che la musica aumenta la sua efficacia quando si toglie piuttosto che aggiungendo, e il sound dei Majesty Of Silence è “troppo” sia per minutaggio che per interpretazione del genere, con l’aggiunta puntuale anche di una voce femminile che c’entra come i cavoli a merenda.
Ecco, è per tutti questi motivi che il ritorno della band svizzera non va oltre una sufficienza derivante dall’apprezzamento per un’espressione musicale non banale, ma che necessita di una necessaria revisione per poter raggiungere in futuro un livello più consono al potenziale dimostrato a tratti.

Tracklist:
1. Der Untergang
2. Das Feuer
3. Der Zahn der Zeit
4. Unerwarteter Besuch
5. Endstille
6. Dem Engel noch zuhören
7. Klangfeind – Neuzeithasser
8. Traurige Geschicht’
9. Rudi
10. Sonne
11. Weisse Welt
12. Zweiundzwanzig
13. Erlösung
14. Stille

Line up:
Peter Mahler: Guitars, Vocals
Christian Geissmann: Guitars, Bass, Vocals

MAJESTY OF SILENCE – Facebook

Graveshadow – Ambition’s Price

Symphonic metal d’ordinanza, senza grossi picchi ma pure senza cadute rovinose, abbastanza estremo per risultare vario nelle atmosfere che toccano parti thrash e death con discreta fluidità nel songwriting; il resto lo fa una voce femminile più rock nelle parti pulite, rispetto al solito cantato operistico, ma leggermente forzata nel growl.

Symphonic metal d’ordinanza, senza grossi picchi ma pure senza cadute rovinose, abbastanza estremo per risultare vario nelle atmosfere che toccano parti thrash e death con discreta fluidità nel songwriting; il resto lo fa una voce femminile più rock nelle parti pulite, rispetto al solito cantato operistico, ma leggermente forzata nel growl.

Sono questi pregi e difetti di Ambition’s Price, secondo lavoro sulla lunga distanza dei californiani Graveshadow, attivi dal 2012 e già sul mercato con l’ep omonimo di inizio carriera e nel 2015 con il primo album, Nocturnal Resurrection.
I Graveshadow nelle parti melodiche dimostrano buone intuizioni, specialmente nei refrain, in quelle metalliche affondano i colpi grazie ad un’ottima prova delle sezione ritmica, anche se, come detto il growl non è sicuramente il punto di forza del gruppo statunitense.
Poi tutto gira come previsto nel genere, le orchestrazioni fanno da tappeto sonoro alle varie tracce senza risultare troppo bombastiche, i brani più diretti come Hero Of Time o Liberator sono i meglio riusciti e l’ascolto prosegue senza sussulti sino alla fine.
Ambition’s Price è un lavoro di genere che rischia di passare inosservato, non perché sia brutto, ma proprio in quanto mancante di un paio di canzoni che facciano la differenza.
Le influenze sono da ricercare nel symphonic metal ma anche nel power thrash statunitense, quindi all’ascolto dell’album troverete tracce di Nightwish e Delain come di Iced Earth, non male in effetti anche se la sensazione è che il sound abbia bisogno ancora di una registrata per funzionare a dovere.
I Graveshadow sono un gruppo che, portato qualche aggiustamento e limato un paio di difetti, potrebbero ripagare gli amanti del genere, per ora arrivano alla sufficienza abbondante ma senza riuscire a convincere del tutto.

Tracklist
1.Doorway To Heaven
2.Widow And The raven
3.Ambition’s Price
4.Hero Of Time
5.The Gates
6.The Unspoken
7.Return To Me
8.Call Of The Frostwolves – I. Slave
9.Call Of The Frostwolves – II. Liberator
10.Call Of The Frostwolves – III. Warchief
11.Eden Ablaze

Line-up
Heather Michele – Vocals
Will Walker – R.Guitars
Aaron Robitsch – L.Guitars
Roman Anderson – Drums
Ben Armstrong – Bass

GRAVESHADOW – Facebook

Kronomatopea – Time It’s Time

Time It’s Time è un’opera impegnativa che per oltre un’ora vi terrà incollati alle cuffie, tra raffinati passaggi di musica classica, cavalcate metalliche, solos neoclassici e quell’epicità che affiora quando i due stili musicali si incontrano.

Kronomatopea è il progetto symphonic power metal del musicista e compositore classico Francesco Sammartano, appassionato di metal tanto da coniugare in maniera efficace le due anime musicali in questo bellissimo primo album, aiutato dal cantante Marco Scorletti (ex Astral Domine) e da altri importanti ospiti.

Time It’s Time è un’opera impegnativa che per oltre un’ora vi terrà incollati alle cuffie, tra raffinati passaggi di musica classica, cavalcate metalliche, solos neoclassici e quell’epicità che affiora quando i due stili musicali si incontrano.
Non si può non rimanere affascinati da un lavoro come Time It’s Time , sicuramente un must per gli amanti del genere, qui davvero coccolati dalle composizioni di Sammartano.
Le influenze che affiorano all’ascolto delle perle sinfoniche chiuse nello scrigno dal compositore nostrano vanno ricercate tra le icone del metal più nobile come Malmsteen (primo amore metallico di Sammartano), Angra, Stratovarius e i nostri Rhapsody, quindi non è l’originalità che troverete tra le note di Time It’s Time, ma musica fuori dal tempo, spettacolare, a tratti dal taglio cinematografico quando le orchestrazioni rimangono le uniche protagoniste dello spartito, prima che deliziose note classiche o ripartenze metalliche aggiungano eleganza o verve al sound.
A Way To Follow, The Song Of Light, Not For Glory e l’apoteosi neoclassic/power/symphonic/epic metal di Valkyrie’s Land portano l’opera dei Kronomatopea a livelli altissimi per un debutto, una vera sorpresa per chi ama gli effetti della sacra alleanza tra musica classica ed heavy metal.
Sembra che i Kronomatopea siano già al lavoro sulla seconda opera, nel frattempo godetevi questo bellissimo quadro musicale dal titolo Time It’s Time.

Tracklist
1.Overture
2.Time, It’s Time
3.A Way To Follow
4.A Break From The Line
5.The Song Of Light
6.Not For Glory
7.The Cycle Of The Life
8.Lighting
9.Valkyrie’s Land
10.Vissi D’arte
11.Tears And Memories

Line-up
Francesco Sammartano – All instruments
Marco Scorletti – Vocals

Riccardo Barbiera – Drums (on tracks: 1,2,3,5,6,8,11)
Gianluca Labella – Drums (on tracks: 8,9)
Simona Guaiana – vocals on tracks: 5,10)
Alessandro Flores – vocals (on track: 6)
Marco Scorletti – vocals (on tracks: 2,8,9)
Raffaele Albanese – vocals (on tracks: 3,8)
Mirko La Porta – lead violin (on tracks: 2,3)
Andrea De Paoli – Harpsichord (on track: 5)

https://www.facebook.com/sammartanoskronomatopea/?ref=br_rs

Materdea – Pyaneta

Un affascinante e superbo album di musica metal, tra sontuose orchestrazioni, melodie acustiche, attitudine pagan/folk e potenza power.

Torna, a distanza di due anni dal bellissimo The Goddess’ Chants e a quattro dal capolavoro A Rose For Egeria, quella che dopo aver ascoltato questa sontuosa opera dal titolo Pyaneta, si conferma come una delle migliori realtà symphonic metal in assoluto.

I Materdea sono un mondo a parte, raffinati ed eleganti musicisti che coniugano in modo assolutamente perfetto sinfonie metal e melodie folk, ritmiche power prog ad un amore incondizionato per la natura ed il pianeta che ci ospita, troppo spesso dimenticato e torturato dalla scellerata umanità moderna.
La bellezza di Pyaneta raggiunge vette straordinarie: il viaggio intrapreso dal gruppo esplora la vita e la natura con l’aiuto di una musica totale, magari dall’approccio più moderno rispetto all’immaginario fantasy che ispirava gli scorsi lavori, ma ancora una volta supportato da un’eleganza ed una raffinata attitudine che l’album talmente bello da commuovere.
Al comando dei Materdea ci sono sempre il chitarrista Marco Strega e quella splendida interprete che è Simon Papa, cantante che incanta letteralmente, grazie al dono di saper ipnotizzare con l’elegante bellezza della sua voce.
Prodotto da Tony Lindgren ai Fascination Street Studios, Pyaneta è composto da undici perle sinfoniche, pregne di atmosfere folk e cavalcate power metal, dove violini e violoncello (Camilla D’Ononfrio, Giulia Subba e Chiara Manueddu) insieme alle orchestrazioni formano un muro sonoro costruito su una sezione ritmica precisa e potente (Morgan De Virgilis al basso e Carlos Cantatore alla batteria), con la chitarra di Marco Strega a colorare quadri elettrici là dove Simon Papa ci delizia con la sua voce fuori dal tempo.
Potrei citarvi tutta la tracklist senza correre il rischio di uscire dall’eccellenza, mentre sarebbe più difficile fare paragoni scomodi con realtà che sono lontane miglia dal suono Materdea: preferisco quindi lasciarvi all’ascolto di questo affascinante e superbo album di musica metal, tra sontuose orchestrazioni, melodie acustiche, attitudine pagan/folk e potenza power.

Tracklist
01. Back To Earth
02. The Return of the King
03. One Thousand and One Nights
04. Pyaneta
05. Neverland
06. S’Accabadora
07. The Legend of the Pale Mountains
08. Legacy of the Woods
09. Coven of Balzaares
10. Metamorphosis (Bonus Track CD version only)
11. Bourrè del Diavolo

Line-up
Simon Papa – voce
Marco Strega, – chitarra e voce
Chiara Manueddu – violoncello
Camilla D’Onofrio – violino
Giulia Subba – violino
Morgan De Virgilis – basso
Carlos Cantatore – batteria

MATERDEA – Facebook

Follow The Cipher – Follow The Cipher

I Follow The Cipher sul versante commerciale hanno tutto per sfondare, su quello del sound magari peccano un po’ in personalità per puntare tutto sull’impatto (anche visivo), un dettaglio che certo non rallenterà la corsa di Ken Kängström e compagni.

I Follow The Cipher sono la band fondata da Ken Kängström, musicista che i fans dei Sabaton conoscono bene visto la sua duratura collaborazione con il gruppo guerriero svedese.

Kängström ha trovato nella bravissima e bellissima cantante Linda Toni Grahn la musa per la sua creatura e, firmato un contratto per il colosso Nuclear Blast, rilascia il primo lavoro omonimo.
Follow The Cipher è un album destinato a fare il botto tra gli amanti dei suoni bombastici e sinfonici, una raccolta di brani dall’irresistibile appeal che, se pecca in personalità (d’altronde è pur sempre un debutto), risulta uno spettacolo di suoni raffinati, dal taglio epico e dai rimandi orchestrali in un contesto moderno, supportato da una produzione che molti considereranno troppo cristallina per un album metal, ma proprio per questo inattaccabile per scalare le classifiche rock del nord e centro Europa.
L’album si snoda così tra un omaggio alla band con cui i Follow The Cipher mantengono una stretta amicizia (Carolus Rex, scritta da Kängström per i Sabaton) e tanto epic symphonic metal, con la cantante che piazza una prestazione magnifica e un songwriting che fa l’occhiolino ai gruppi storici della scena scandinava.
Valkyria, Titan’s Call, la bellissima A Mind’s Escape fanno parte di una tracklist che si rispecchia nel symphonic metal di Nightwish e Within Temptation, senza perdere nulla in potenza power metal e melodic death, in un contesto dove band come Children Of Bodom, Sabaton e primi In Flames si rivestono di una produzione moderna e dal taglio cinematografico (Play With Fire in questo senso è un piccolo capolavoro).
Follow The Cipher non deluderà i fans dei gruppi citati: il gruppo sul versante commerciale ha tutto per sfondare, su quello del sound magari pecca un po’ in personalità per puntare tutto sull’impatto (anche visivo), un dettaglio che certo non rallenterà la corsa di Ken Kängström e compagni.

Tracklist
1. Enter the Cipher
2. Valkyria
3. My Soldier
4. Winterfall
5. Titan’s Call
6. The Rising
7. A Mind’s Escape
8. Play With Fire
9. I Revive
10. Starlight
11. Carolus Rex

Line-up
Linda Toni Grahn – lead vocals
Ken Kängström – guitars & vocals
Viktor Carlsson – guitar & vocals
Jonas Asplind – bass & vocals
Karl Löfgren – drums

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Horrorgraphy – Season of Grief

Season of Grief  alla fine si lascia ascoltare ma, quasi ad avallare l’impietosità del confronto, la band greca piazza alla fine la cover di The Rise of Sodom and Gomorrah che definisce con chiarezza la distanza siderale che spesso intercorre tra i maestri di un genere ed i loro volenterosi epigoni.

La recente uscita dei Therion, viste le sue dimensioni inusuali, dovrebbe aver placato per un po’ la sete di symphonic gothic metal degli appassionati.

Diviene così ancora più difficile per le band minori trovare nuovi spazi in un settore che di suo è già sufficientemente inflazionato, figuriamoci poi se uno dei nomi di punta se ne esce con tre ore di musica inedita.
Ci provano ugualmente i greci Horrorgraphy a ritagliarsi uno spazio, con questo lavoro d’esordio che non nasconde in alcun modo la devozione nei confronti dell’opera di Christofer Johnsson.
Il tutto avviene, ovviamente, senza che a disposizione ci siano né i mezzi né il talento per avvicinare quei livelli, ma nonostante ciò il risultato finale non è affatto deprecabile.
Dimon’s Nigh, già incrociato con altri suoi progetti come Humanity Zero e Inhibitions, si occupa di tutta la parte musicale e si avvale di tre voci, quella femminile di Marialena Trikoglou e quelle maschili di Pain e Seek.
La configurazione, sia detto con il massimo rispetto, sembra quella di una sorta di Therion dei poveri e quello che ne deriva non può che essere inevitabilmente un discreto surrogato e nulla più.
A livello compositivo Season of Grief mostra buone intuizioni, mentre la perfezione sonora ed esecutiva delle opere johnssoniane è piuttosto lontana; meglio quindi allorché gli Horrorgraphy spingono in po’ più sull’acceleratore, dato che nelle parti più evocative e rarefatte certe carenze (voce femminile e chitarra solista in particolare) tendono ad emergere più nettamente.
Season of Grief  alla fine si lascia ascoltare ma, quasi ad avallare l’impietosità del confronto, la band greca piazza alla fine la cover di The Rise of Sodom and Gomorrah che definisce con chiarezza la distanza siderale che spesso intercorre tra i maestri di un genere ed i loro volenterosi epigoni.

Tracklist:
1. In a Dark Time
2. Ghosts
3. Hauted
4. The March of the Dead
5. Hounds of Hell
6. Her Violin Sings at Night
7. Join Me in Suicide
8. Season of Grief
9. The Rise of Sodom and Gomorrah (Therion cover)

Line up:
Dimon’s Night – All instruments, Songwriting
Pain – Vocals
Seek – Vocals
Marialena Trikoglou – Vocals (soprano)

Chronosfear – Chronosfear

Un power metal spontaneo, con un tocco moderno di prog che riesce a non sconfinare nel virtuosismo.

I Chronosfear si presentano al mondo con un album omonimo, un biglietto da visita per chi ancora non avesse capito con chi si ha a che fare.

Sì, perché ci sono dei pezzi da 90 dello scenario metal del nord Italia. La band, composta da 5 elementi, è nata nel 2003 con un altro nome e con l’intenzione di proporre cover rivisitate. Solo tra il 2015 e il 2016 completa la formazione con gli attuali elementi e sforna questo condensato di power metal con l’aggiunta di una sana nota di prog firmato Underground Symphony Records (che ha lavorato con gente del calibro di Labyrinth e Fabio Lione)
La formazione con una sola chitarra è del tutto uguale a quella dei Sonata Arctica, eccezion fatta per la virtuosa keytar di Klingenberg che però, di fatto, è uno dei pregi di questo album. Il virtuosismo dei singoli è infatti sempre controllato, malgrado il genere sia presti molto e ci abbia sempre abituato agli assoli di 5 minuti con tanto di botta e risposta continui tra chitarre e tastiere,-ma  i Chronosfear riescono a non eccedere mai, anche quando potrebbero.
Il disco ci fa saltare da momenti molto carichi dell’energia tipica del power a momenti lenti ed emozionanti con una disinvoltura tale che l’ascoltatore non se ne stanca mai. Tutto questo ovviamente, si ripercuote anche sui testi. I temi ci fanno viaggiare da battaglie per l’equilibrio dell’universo a tematiche più gotiche legate alla vita ed il suo significato, fino a quello attualissimo della guerra contemporanea. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.
Se siete amanti del power metal non potrete che apprezzare questo lavoro d’esordio dei Chronosfear, che li posiziona certamente in cima alla lista dei dischi in uscita tra i gruppi emergenti. L’auspicio è che possa essere il primo di una lunga serie. L’inizio è dei migliori, ma presto vorremo conoscerne il seguito.

Tracklist
01. Clockworks
02. The gates of Chronos
03. Symphonies of the dreams untold
04. The last dying ember
05. Of dust and flowers
06. Faces
07. Innocent and lost
08. The ascent
09. Time of your life
10. Revelations
11. Homeland

Line-up
Filippo Tezza – Vocals
Eddie Thespot – Guitars
Davide Baldelli – Keyboards
Xavier Rota – Bass
Michele Olmi – Drums

CHRONOSFEAR – Facebook

Metalwings – For All Beyond

Un’ora di splendida musica symphonic metal tra atmosfere folk, sfumature gotiche e potenza power metal.

Un album come For All Beyond ci presenta una band dalle potenzialità enormi, nel campo del metal sinfonico una delle sorprese di questa prima metà dell’anno.

Il gruppo proveniente da Sofia, capitale della Bulgaria, paese non proprio al centro del mappamondo metallico e capitanato dalla cantante, tastierista e songwriter Stela Atanasova, dopo il mini cd Fallen Angel in the Hell, uscito nel 2016, trova la chiave per aprire lo scrigno dove il custode delle sinfonie tiene celato il segreto per suonare il genere e crea questa opera fuori dal tempo.
Un’ora di splendida musica symphonic metal tra atmosfere folk, sfumature gotiche e potenza power metal: il debutto sulla lunga distanza dei Metalwings procurerà non pochi brividi sulla pelle dei fans di queste sonorità, che vengono  nobilitate da un album che profuma di colline e foreste dell’est, di villaggi d’argilla sorti sulle rive di ruscelli incantati o castelli dimenticati dal tempo.
In questo contesto la band bulgara alterna le varie atmosfere con grande sagacia e For All Beyond ne trova giovamento acquistando appeal ad ogni passaggio.
L’attenzione è tutta per la cantante, davvero brava nel saper dosare toni operistici ed altri più personali, sempre sottolineati da una raffinata ed elegante interpretazione, mentre gli strumenti prettamente metal creano cavalcate power e passaggi folk, sinfonie gotiche e tempeste heavy.
Lo strumentale End Of The War ci introduce all’ascolto dell’album, lungo brano che crea la giusta atmosfera lasciata esplodere con Secret Town, comandata da chitarre elettriche e viola.
Un brano power sinfonico lineare, perfetto per un singolo, mentre già dalla notevole Immortal Metal Wings la musica disegna quadri di un tempo passato che non smetteranno di colorarsi fino alla fine dell’album.
When We Pray, la title track, le bombastiche Realm Of Dreams ed il singolo Fallen Angel In The Hell (brano che dava il titolo al precedente ep) ci accompagnano alla scoperta del mondo antico dei Metalwings, per un’ora l’unico paesaggio che risplende davanti ai nostri occhi.

Tracklist
1.End of the War
2.Secret Town
3.Immortal Metal Wings
4.When We Pray
5.A Wish
6.There’s No Time
7.For All Beyond
8.Realm of Dreams
9.Tujni Serza
10.For All Beyond (Orchestral Version)
11.Fallen Angel in the Hell
12.Fallen Angel in the Hell (Instrumental Version)

Line-up
Stela Atanasova – Lead Vocals, Electric Viola, Keys
Grigor Kostadinov – Guitars
Krastyo Jordanov – Guitars, Irish Flute, Backing vocals
Milen Mavrov – Bass
Angel Kitanov – Keyboards
Blackie – Drums

METALWINGS – Facebook

Crossing Eternity – The Rising World

Un power metal molto classico con l’aspirazione di ricercare nuove sonorità.

I Crossing Eternity ci presentano The Rising World, primo lavoro per il trio multietnico che fa faville e ci dimostra che l’esperienza conta moltissimo nel loro sound.

Loro non sono affatto giovani, quindi di esperienza ne hanno anche un bel po’. Questo primo disco, composto da 13 tracce uscirà il prossimo 15 giugno sotto l’etichetta Rockshots Records (che ha lavorato con Dark Tranquillity, Lordi, Tristania, Venom e Vision Divine, tanto per citarne alcuni). Due delle tracce sono già disponibili per l’ascolto perché sono state rilasciate come singoli in due date separate.
Il sound non è di certo particolarmente innovativo, in generale le composizioni si attengono ad un power metal abbastanza old-style a cui vengono fatte delle piccole aggiunte, ma senza stravolgere nulla. Per la maggior parte si tratta di svariati strumenti percussivi che si sovrappongono alla sezione ritmica principale. Curiosa la scelta di inserire in due brani addirittura dei timpani. Il brano che li caratterizza di più è probabilmente l’omonimo Crossing Eternity, mentre il più discostato dal genere principale è certamente Kingdome Come, che prende tratti molto più folk metal. Anche i testi rispecchiano alla perfezione il genere suonato.
Ma i Crossing Eternity dopotutto piacciono. Certo, essere un trio è degno di nota, dato che il power prevede generalmente una formazione di 5 o 6 elementi (in alcuni casi anche 7). È chiaro che i suoni sono molto buoni, specialmente per un primo disco: ci auguriamo che il loro misticismo si possa rafforzare e che il tentativo di studiare nuove sonorità da inserire nel genere abbia successo.

Tracklist
1. Crossing Eternity
2. Ghost Of A Storm
3. Sand In The Sky
4. High above the crown
5. Kingdome Come
6. Embrace Your Voices
7. Journey To The End Of Dreams
8. Winter Poem
9. Haunted
10. Dreams Fall
11. Angles Cry, Rainbows Hide
12. Spirit Of The Forest
13. War Of Gods

Line-up
Berti Barbera – Vocal/Percussion intruments
Manu Savu – Guitar/ Bass/ Keyboards
Uffe Tilman – Drums

CROSSING ETERNITY – Facebook

Cabrakaan – Songs From Anahuac

Un ep molto originale e pieno di pathos, di vitalità messicana e di melodie ragionate, dove anche le durezze stanno bene nel contesto, dato che i Cabrakaan sono un gruppo molto particolare e lo fanno sentire molto bene.

Ep del 2014 per questo gruppo messicano che fa un buon folk metal con molte influenze che si potrebbero definire new age.

I Cabrakaan però non hanno molto di messicano, ma sono piuttosto un gruppo che va ad inserirsi in una maniera di fare folk metal che si potrebbe definire sinfonica. La loro musica non è segnata dalla durezza o dalla velocità, ma dalla costante ricerca del bilanciamento tra metal e folk, cercando sempre di trovare soluzioni sonore originali. La voce di Pat Cuikäni è molto bella e piena, carica di epicità e di possibilità canore, quasi come una guida in un mondo differente dal nostro. Le peculiarità di questo gruppo sono molte, e i ragazzi di Toluca hanno una forte personalità. Questo ep a volte sembra una colonna sonora di un manga o di un anime, come quelli di Miyazaki, dove la realtà è davvero sfumata e il sogno diventa tangibile. Anche il gioco fra aulica voce femminile e voce in growl è molto funzionale e ben fatto. La band trae una grossa ispirazione dalle tradizioni azteche e riesce a renderle molto bene anche dal vivo. Infatti, nonostante sia stato fondato solo nel 2012, il gruppo ha una solida reputazione internazionale, dato che ha partecipato a molti festival in giro per il mondo. I nostri si sono trasferiti da poco a Calgary in Canada, e da lì stanno preparando il nuovo disco che, ascoltato il loro primo ep, fa nascere una bella attesa. Un ep molto originale e pieno di pathos, di vitalità messicana e di melodie ragionate, dove anche le durezze stanno bene nel contesto, dato che i Cabrakaan sono un gruppo molto particolare e lo fanno sentire molto bene.

Tracklist
1. Cipactli
2. Citalmina
3. Obsidian
4. La Leyenda
5. La Llorona
6. Meshika

Line-up
Pat Cuikäni – Lead Vocals/Ocarinas
Marko Cipäktli – Drums/Harsh Vocals
Alex Navarro – Guitar
Paul Belmar – Guitar
Rex Darr – Bass

CABRAKAAN – Facebook

Sanguine Glacialis – Hadopelagic

Non ci si annoia tra i tentacoli del Kraken raffigurato sulla copertina, e a tratti ci si esalta, mentre la band ci scarica addosso un’enormità di musica senza confini, stupendo manifesto di cosa può dare il metal estremo al mondo delle sette note se maneggiato da autentici geni come dimostrano di essere i Sanguine Glacialis.

Un album estremo che è uno spettacolo di generi e sfumature, come serpenti in amore che si aggrovigliano lascivi per poi separarsi e tornare all’unisono a formare un muro di suono in movimento perpetuo ipnotico e letale

Furia death metal, tecnica sopraffina, gothic e symphonic e poi divagazioni progressive, jazz, pop e quant’altro passa per la mente di questi geniali musicisti canadesi uniti sotto il monicker Sanguine Glacialis: è musica che riempie lo spazio quella che compone questo bellissimo lavoro intitolato Hadopelagic, composto da un’ora di note che lasciano senza fiato, in un perfetto incontro tra generi diversi spostando il confine del gothic metal verso l’infinito, se ancora il sound del gruppo si può definire tale.
I Sanguine Glacialis strappano un contratto di distribuzione con la Wormholedeath e partono alla conquista degli ascoltatori meno legati ai generi e più aperti alle sperimentazioni, ai quali regalano questo stupendo affresco di musica a 360°, dove la parola d’ordine è stupire con una serie di brani in cui lo spartito viene travolto da una valanga di note senza una loro definitiva collocazione, se non nella musica dei Sanguine Glacialis.
Attiva dal 2012, dopo un primo album (Dancing with a Hanged Man) ed ancora un ep giunono alla definitiva consacrazione, almeno per quanto riguarda la qualità della propria proposta che si avvale, nella sua assoluta originalità, di un songwriting che ha del miracoloso per la fluidità e presa sull’ascoltatore.
Non ci si annoia tra i tentacoli del Kraken raffigurato sulla copertina, a tratti ci si esalta, mentre la band ci scarica addosso un’enormità di musica senza confini, stupendo manifesto di cosa può dare il metal estremo al mondo delle sette note se maneggiato da autentici geni come dimostrano di essere i Sanguine Glacialis.
Prodotto da Chris Donaldson dei Cryptopsy, per Hadopelagic non c’è a mio avviso un altro lavoro al momento che si avvicini per poter solo lontanamente fare un paragone, bisogna solamente sedersi comodi, premere il tasto play e farsi accompagnare dalla musica nel mondo dei Sanguine Glacialis.

Tracklist
1.Aenigma
2.Kraken
3.Libera Me
4.Le cri tragique d’une enfant viciée
5.Funeral for Inner Ashes
6.Oblivion Whispers
7.Deus Ex Machina
8.Missa di Angelis
9.Un ineffable mal-être
10.Monsters

Line-up
Maude Théberge – Vocals & Keyboards
Jonathan Fontaine – Guitar & Backvocals
Remi LeGresley – Guitar & Backvocals
Marc Gervais – Bass & Backvocals
David Gagné – Pavy – Drums

SANGUINE GLACIALIS – Facebook

Afterlife Symphony – Lympha

Gli Afterlife Symphony producono il massimo sforzo e con Lympha creano la loro opera migliore, diretta e dura come l’acciaio, specialmente nelle ritmiche che mantengono un approccio metallico possente.

A poco più di un anno di distanza dal bellissimo Moment Between Lives, secondo e precedente lavoro, tornano i veneti Afterlife Symphony con questo ennesimo tributo alle sonorità sinfoniche, bombastiche e metalliche.

Il gruppo ci delizia con un’altra ora scarsa di musica elegante e dall’anima gotica, più diretta rispetto ai precedenti lavori a cui si aggiunge al precedente album il debutto Symphony of Silence uscito nel 2013.
Aiutati in fase di produzione da Marco Pastorino (Temperance), uno che di queste sonorità se ne intende, gli Afterlife Symphony producono il massimo sforzo e con Lympha creano la loro opera migliore, appunto diretta e dura come l’acciaio, specialmente nelle ritmiche che mantengono un approccio metallico possente.
Gli arrangiamenti più moderni rispetto al passato e l’anima progressiva accantonata per un impatto che non trova ostacoli, sono le prime avvisaglie di un sound più maturo e personale e che risplende nelle prime quattro tracce, prima che Cremisi alleggerisca il peso di una partenza possente con l’opener Artemisia e la seguente Oroboro.
Rispetto al precedente lavoro non ci sono stati cambiamenti nella line up, con la vocalist Anna Giusto dietro al microfono e protagonista di una prova che conferma le ottime impressioni suscitate lo scorso anno, sostenuta dai quattro musicisti, compagni d’avventura e interpreti di un sound ancora più maestoso ed avvolgente.
Il finale è lasciato alla title track e ai suoi dieci minuti di sunto del credo musicale del gruppo, tra mid tempo orchestrali, strutturati su ritmiche possenti, e pacati movimenti classicamente gotici.
Prima di arrivare alla fine, però, ci siamo imbattuti nella splendida Era, in Obscura e nella metallica XXI, tre perle sinfoniche che alzano il livello qualitativo di questo lavoro, consigliato agli amanti dei suoni sinfonici e di realtà come Epica e Within Temptation, a cui aggiungerei i nostrani Temperance, anche per la presenza di Pastorino in consolle che ha portato un approccio più catchy alla musica del gruppo.

Tracklist
01 – Artemisia
02 – Oroboro
03 – Mantra
04 – Do
05 – Cremisi
06 – Era
07 – Creation
08 – Nebula
09 – Obscura
10 – XXI
11 – Enemy
12 – Lympha

Line-up
Anna Giusto – Vocals
Eddy Talpo – Rhythm and lead guitars
Stefano Tiso – keyboards and piano
Nicolas Menarbin – Bass
Antonio Gobbato – Drum and percussions

AFTERLIFE SYMPHONY – Facebook

Nightwish – Decades

La monumentale raccolta che riassume i primi vent’anni di carriera della più famosa symphonic metal band del pianeta.

Sembra ieri quando per la prima volta mi imbattei nei Nightwish, signori indiscussi del power metal sinfonico da ormai vent’anni ed una delle poche band della generazione di fine secolo che può sedersi al tavolo con i grandi del metal.

Un genere portato al successo a colpi di album bellissimi, specialmente nella prima fase con la divina Tarja come sirena operistica al microfono, poi un calo e la crisi dopo la partenza del soprano più famoso del metal e l’entrata frettolosa della pur brava Annette Olzon, seguita dall’arrivo della valkiria olandese Floor Jansen e al ritorno in pompa magna con l’ultimo lavoro targato 2015 Endless Forms Most Beautiful.
E proprio dall’ultimo lavoro e dalla suite The Greatest Show on Earth che parte questo viaggio a ritroso nel mondo della band di Tuomas Holopainen, una monumentale raccolta che raccoglie in sè tutte le facce della creatura scandinava, dalle suite e dai brani più classici a quelli più diretti e prettamente metallici in un’apoteosi di suoni bombastici e magniloquenti che risultano praticamente il meglio che il symphonic metal abbia regalato per entrare di diritto nella storia.
Ovviamente Decades è pur sempre una raccolta, quindi i fans della band non troveranno che brani conosciuti a memoria e che costituiscono un esaustivo riassunto dei primi vent’anni di carriera, mentre il tutto è invece molto più congeniale a chi non ha mai approfondito la conoscenza del gruppo; il lavoro viene licenziato dalla Nuclear Blast nelle versioni doppio cd, triplo vinile e doppio cd Earbox, lasciando ai fans una buona scelta di acquisto.
Ovviamente seguirà un tour mondiale che porterà i Nightwish su tutti i palchi del mondo, compreso il nostro paese, in quello che si prospetta come l’evento metallico dei prossimi 12 mesi.
I brani sono quelli nella loro versione originale, quindi si possono assaporare le varie fasi della carriera di Holopainen e soci, scandita dal cambio delle muse al microfono e da un’evoluzione che, di fatto, non si è mai fermata arrivando alla piena maturazione con l’ultimo bellissimo lavoro, aspettando la calata in Italia e la celebrazione di questa favola metallica chiamata Nightwish.

Tracklist
1. The Greatest Show On Earth
2. Élan
3. My Walden
4. Storytime
5. I Want My Tears Back
6. Amaranth
7. The Poet And The Pendulum
8. Nemo
9. Wish I Had An Angel
10. Ghost Love Score
11. Slaying The Dreamer
12. End Of All Hope
13. 10 th Man Down
14. The Kingslayer
15. Dead Boy’s Poem
16. Gethsemane
17. Devil & The Deep Dark Ocean
18. Sacrament Of Wilderness
19. Sleeping Sun
20. Elvenpath
21. Carpenter
22. Nightwish (Demo)

Line-up
Tuomas Holopainen – Keyboards
Floor Jansen – Vocals
Marco Hietala – Bass & Vocals
Emppu Vuorinen – Guitar
Troy Donockley – Uilleann pipes & whistles
Kai Hahto – Drummer

NIGHTWISH – Facebook

Therion – Blood Of The Dragon

Provando a sfruttare la scia derivante dall’uscita del mastodontico Beloved Antichrist, due etichette dell’est europeo, la russa Stygian Crypt Productions e la bielorussa Possession Productions, immettono sul mercato Blood Of The Dragon, un’uscita in doppio cd che presenta, nel primo dischetto, una serie di cover incise dai Therion in studio o tratte da diversi concerti e, nel secondo, brani coverizzati da band appartenenti a diversi filoni musicali.

Detto che un’operazione di questo tipo avrebbe avuto molto più senso avviarla in un momento di stasi dell’attivita della band di Christofer Johnsson, e non un mese dopo dopo la pubblicazione di un album contenente ben tre ore di musica inedita (ma io non sono un esperto di marketing e sicuramente ci saranno validi motivi che mi sfuggono), l’opera riveste i suoi maggiori motivi di interesse, a mio avviso, proprio per scoprire come tutti i gruppi chiamati a tributare l’ensemble svedese siano riusciti a rendere alcuni dei brani più significativi della sua discografia.
Intanto cominciamo con il dire che i meno significativi sono proprio quelli interpretati da chi, normalmente, suona symphonic metal, per cui la versione proposta finisce per essere molto simile all’originale e quindi inevitabilmente destinata a soccombere nel confronto (è il caso dei vari Ghost Warfare, Imperial Age, Dark Letter), mentre si rivelano interessanti le rivisitazioni compiuta da band dal retaggio estremo come Elimi, con una furiosa versione black di The Blood Of Kingu, Revolted Masses, alle prese con Baal Reginon, Theosophy con Pandemonic Outbreak, Theudho con Schwarzalbenheim e Frozen Oceans con The Wings Of The Hydra.
I Mare Infinitum, da buoni doomsters, rallentano ad arte The Wand Of Arabism, mentre i Numenor rielaborano abilmente The Riders Of Theli imprimendole una discreta accelerazione; tutto il resto è comunque gradevole, rivelandosi anche un utile strumento per testare le capacità di band per lo più sconosciute o comunque dalla ridotta popolarità, almeno dalle nostre parti.
Relativamente al primo cd, che nell’economia dell’operazione appare sostanzialmente superfluo, sono da rimarcare le interessanti versioni di Fight Fire With Fire dei Metallica e di Black Funeral dei Mercyful Fate, impreziosita dall’ospitata di Messiah Marcolin in questa versione dal vivo.
Resto sempre e comunque perplesso sulle potenzialità commerciali dell’operazione (anche per la tempistica), ma spero vivamente di sbagliarmi, augurando il meglio alle volenterose label promotrici del tributo.

Tracklist:
CD I:
01 – Fight Fire With Fire
02 – The King
03 – Southbound
04 – Witching Hour
05 – Green Manalishi
06 – Revelations
07 – Black Funeral (feat. Messiah Marcolin)
08 – Iron Fist
09 – Ivanubis Hollanda – Perennial Sophia
10 – Ivanubis Hollanda – Raven Of Dispersion

CD II:
01 – GHOST WARFARE – An Arrow From The Sun
02 – ANTYRA – Asgard
03 – REVOLTED MASSES – Baal Reginon
04 – REMAINS – Genocidal Raids
05 – DAY 40 – Invocation Of Naamah
06 – DARK LETTER – Kali Yuga. Part I
07 – WHIRLWIND STORM – Liusalvheim
08 – THEOSOPHY – Pandemonic Outbreak
09 – THEUDHO – Schwarzalbenheim
10 – THE EXPERIMENT no.Q – Seven Secrets Of The Sphynx
11 – IMPERIAL AGE – To Mega Therion
12 – ELIMI – The Blood Of Kingu
13 – NUMENOR – The Riders Of Theli
14 – MARE INFINITUM – The Wand Of Arabis
15 – FROZEN OCEAN – The Wings Of The Hydra
16 – MAJESTY OF REVIVAL – Wisdom And The Cage

Therion – Beloved Antichrist

Tirando le somme dell’operazione, appare evidente come Christofer Johnsson fosse uno dei pochi in possesso della caratura artistica e della credibilità necessarie per cimentarsi in un impresa di questa dimensioni: ciò che resta, però, è la sensazione d’essere al cospetto di una profusione di energie che ha prodotto un risultato di livello rispettabile, ma inferiore a quelle che potevano esser le ragionevoli aspettative.

Dopo una lunga gestazione, finalmente la rock opera che è sempre stata nelle corde e nelle intenzioni di Christofer Johnsson ha visto la luce con il titolo Beloved Antichrist, rappresentando il sedicesimo full length della brillante carriera dei suoi Therion.

Certo che, in questo caso, più che di full sarebbe il caso di parlare di “excessive length”, perché tre ore di musica spalmate su altrettanti cd sono un qualcosa che va decisamente in direzione ostinata e contraria alle modalità di ascolto e di consumo della musica in voga nel terzo millennio: del resto Johnsson è da tempi non sospetti un artista che volge il suo sguardo molto più al passato, perlomeno a livello di immaginario, e a questo va aggiunto il fatto che una simile operazione non possa essere tacciata in alcun modo di commercialità.
Confesso che l’idea stessa di parlare di un’opera di tali dimensioni crea diversi imbarazzi, perché per riuscire a raccontare con dovizia di particolari i contenuti di Beloved Antichrist è necessario un impegno orario complessivo che fa sicuramente e onore a chi ci ha provato: dal canto mio, più che di parlare di questa o quella traccia (essendocene ben 47 non sarebbe difficile citare, nel bene e nel male, 4 o 5 titoli presi a caso) preferisco tentare di fare un ragionamento più ampio, partendo dall’assunto di base che i Therion sono una delle creature musicali più importanti e peculiari della sorta del metal e, come tali, vanno trattati con la dovuta dose di rispetto e riconoscenza.
Però, prendendo in esame la storia della band svedese, se dovessi disegnare un grafico farei ascendere la linea fino al picco corrispondente a Theli, per poi farle iniziare una graduale discesa che ne mantiene le coordinate sempre al di sopra di un livello medio, con una nuova lieve impennata corrispondente all’accoppiata Lemuria / Sirius B.
E’ anche vero che lo steso Christofer Johnsson ci avverte che Beloved Antichrist non deve essere trattato alla stregua di un nuovo album dei Therion, bensì come una vera e propria rock opera sulla falsariga, almeno a livello di intenti, dei capolavori settantiani come Jesus Christ Superstar o Tommy. Un’affermazione che non deve essere letta come un atto di presunzione perché, probabilmente, il musicista svedese ha inteso puntualizzare come il lavoro possa trovare una sua dimensione più efficace nella trasposizione sul palco.
Beloved Antichrist in fondo scorre via piuttosto bene, considerata la lunghezza, ma manca di un brano capace di stupire l’ascoltatore per la sua bellezza (chi immagina che mi possa riferire a qualcosa di simile a The Siren Of The Woods ci ha preso in pieno, ma mi sarei accontentato anche di molto meno a livello di intensità emotiva).
Queste tre ore di musica scivolano, infatti, lasciando sensazioni complessivamente gradevoli, ma venendo meno quei due o tre elementi di traino fatico ad immaginare qualcuno che decida di ascoltare ogni giorno l’intera opera, ben sapendo che non vi rinverrà quei momenti topici che giustificano la presenza di tutto il restante contenuto; inoltre, trovandosi a dover assegnare una voce diversa a buona parte dei quasi trenta personaggi, a Johnsson è venuta meno l’intuizione (o semplicemente non ha ritenuto opportuno farlo) di affidare alcuni ruoli a vocalist di un certo nome, a differenza di quanto, magari un po’ ruffianamente, hanno fatto in passato i vari Lucassen o Sammet, lasciando campo libero a cantanti bravi ma sconosciuti (a parte Lori Lewis e Tomas Vikstrom, e Chiara Malvestiti limitatamente all’ambito italiano) e in quanto tali privi del carisma necessario per attirare ulteriormente l’attenzione dell’ascoltatore.
Tirando le somme dell’operazione, appare evidente come Christofer Johnsson fosse uno dei pochi in possesso della caratura artistica e della credibilità necessarie per cimentarsi in un’impresa di questa dimensioni: ciò che resta, però, è la sensazione d’essere al cospetto di una profusione di energie che ha prodotto un risultato di livello rispettabile, ma inferiore a quelle che potevano esser le ragionevoli aspettative.
Resta l’apprezzamento per il coraggio e la visionarietà del musicista scandinavo, oltre che per l’oggettiva bravura nell’essere riuscito a rielaborare in maniera attendibile la novella “Un breve racconto dell’Anticristo” dello scrittore russo Vladimir Soloviev, nonché a comporre una simile quantità di materiale senza mai scadere al di sotto di certi standard; come detto, se si considerasse Beloved Antichrist solo come un normale album (ma di fatto non può esserlo), il giudizio complessivo non potrebbe essere del tutto favorevole, mentre, provando ad immaginare a quale potrebbe esserne la resa a livello di vera e propria rappresentazione teatrale, allora le impressioni potrebbero essere riviste se non del tutto ribaltate.

Tracklist:
Disc 1 – Act I
1. Turn from Heaven
2. Where Will You Go?
3. Through Dust Through Rain
4. Signs Are Here
5. Never Again
6. Bring Her Home
7. The Solid Black Beyond
8. The Crowning of Splendour
9. Morning Has Broken
10. Garden of Peace
11. Our Destiny
12. Anthem
13. The Palace Ball
14. Jewels from Afar
15. Hail Caesar
16. What Is Wrong?
17. Nothing but My Name

Disc 2 – Act II
1. The Arrival of Apollonius
2. Pledging Loyalty
3. Night Reborn
4. Dagger of God
5. Temple of New Jerusalem
6. The Lions Roar
7. Bringing the Gospel
8. Laudate Dominum
9. Remaining Silent
10. Behold Antichrist
11. Cursed by the Fallen
12. Ressurection
13. To Where I Weep
14. Astral Sophia
15. Thy Will Be Done

Disc 3 – Act III
1. Shoot Them Down
2. Beneath the Starry Skies
3. Forgive Me
4. The Wasterland of My Heart
5. Burning the Palace
6. Prelude to War
7. Day of Wrath
8. Rise to War
9. Time Has Come / Final Battle
10. My Voyage Carries On
11. Striking Darkness
12. Seeds of Time
13. To Shine Forever
14. Theme of Antichrist

Line-up:
Christofer Johnsson – Guitars (rhythm), Guitars (baritone), Keyboards, Programming
Sami Karppinen – Drums (CD1 tracks 15, 16)
Björn Nalle Påhlsson – Bass, Guitars (rhythm), Guitars (baritone), Guitars (acoustic)
Thomas Vikström – Vocals (as Antichrist)
Christian Vidal – Guitars (lead), Guitars (rhythm), Guitars (12 string)
Chiara Malvestiti – Vocals (as Johanna)
Lori Lewis Vocals (as Helena)
Johan Kullberg – Drums

Role, Voice and Singer
Antichrist – Tenor – Thomas Vikström
Johanna – Soprano – Chiara Malvestiti
Helena – Soprano – Lori Lewis
Agnes – Mezzo – Ulrika Skarby
Mare – Soprano – Lydia Kjellberg
Sophia – Soprano – Melissa Verlak
Appolonius – Baryton – Markus Jupiter
Professor Pauli – Tenor Barytone – Linus Flogell
Satan – Bass – Erik Rosenius
Priest – Bass – Mikael Schmidberger
President – Tenor – Kaj Hagstrand
President’s wife – Mezzo – Matilda Wahlund
Male voter – Baritone – Samuel Jarreck
Female voter – Alto – Matilda Wahlund
Messenger – Dramatic soprano – Karin Fjellander
Pope – Barytone – Samuel Jarreick
Building Master – Tenor – Kaj Hagstrand
Female servant 1 – Sopran – Linnea Vikström
Female servant 2 – Mezzo – Matilda Wahlund
Male servant 1 – Baryton – Samuel Jarrick
Male servant 2 – Bass – Mikael Schmidberger
Lead Succubi – Mezzo – Matilda Wahlund
Woman/Congress – Mezzo – Matilda Wahlund
Congress woman 2 – Sopran – Linnea Vikström
Antichrist soldier – Barytone- Samuel Jarrick
Demon – Bass – Mikael Schmidberger
Angel – Dramatic soprano – Karin Fjellander
3 demons – Baritone – Mikael/Samuel/Linus

THERION – Facebook