Nordheim – Rapthor

I Nordheim usano con ottimi risultati l’ironia come un’arma che riesce a cambiare sempre gli equilibri e sono la dimostrazione che facendo un metal senza compromessi si possa essere molto divertenti.

Nuovo disco per i canadesi Nordheim, fautori del folk death metal più ironico e potente che ci sia.

Mettendo l’amicizia ed il divertimento in cima alla lista delle priorità, il gruppo del Quebec riesce a confezionare un disco veloce, potente e molto divertente. Non discostandosi molto dal solco tracciato con i precedenti lavori, i Nordheim esprimono tutto il loro potenziale con un disco suonato come un raptosauro che travolge tutto, con ottimi intarsi di tastiere ed un affiatamento notevole. Il loro suono è una miscela esplosiva di tastiere, chitarre lanciate a mille con una sezione ritmica notevole, un cantato molto ben strutturato per un risultato che non è nulla di nuovo, ma che è di alta qualità. Inoltre dal vivo questi canadesi riescono sempre a regalare la loro pubblico una festa metallica. I Nordheim usano con ottimi risultati l’ironia come un’arma che riesce a cambiare sempre gli equilibri e sono la dimostrazione che facendo un metal senza compromessi si possa essere molto divertenti. Sicuramente questo disco deve essere ascoltato facendo un uso abbastanza smodato di sostanze alcoliche per poter cantare a squarciagola i cori. I Nordheim negli anni sono riusciti a costruirsi un zoccolo duro e fedele di fans, e RapThor è la dimostrazione musicale del perché li amino in molti. Velocità, ironia, attitudine metal e tanto tanto divertimento per un gruppo che riesce a non essere mai scontato.

Tracklist
1. Troll Riding a Raptor
2. Boobs and Bacon
3. Scroll of Lightning Bolt
4. Black Witch Rises
5. I Wish you were Beer
6. Strength became the Storm
7. Blood’s Shade
8. DragonThorn

Line-up
Warraxe – Vocals and Rythm Guitars
Fred – Lead Guitars
BenFok – Bass and Back Vocals
Lucas – Drum

NORDHEIM – Facebook

Emphatica – Metamorphosis

Metamorphosis fa parte di quelle opere di musica totale, che lasciano stupefatti, un’esperienza di viaggio che ci fa perdere in una marea di suoni e sensazioni molte volte difficili da interpretare.

Emphatica è la creatura di Gerardo Sciacca, musicista campano dal grande talento che, con il suo progetto solista, nel giro di poco più di due anni ha dato alle stampe ben sette lavori, di cui quattro nel 2014 (“Winterscape”, “Atlas Of The Universe”, “Minimal Clouds” e Metamorphosis), per lo più strumentali ai quali probabilmente l’etichetta di symphonic metal sta stretta, almeno per i canoni del genere.

Metamorphosis fa parte di quelle opere di musica totale, che lasciano stupefatti, un’esperienza di viaggio che ci fa perdere in una marea di suoni e sensazioni molte volte difficili da interpretare; musica senza tempo che esce fuori dai binari dell’usa e getta, ormai abitudine anche nei generi meno popolari, e si eleva ad opera d’arte.
Ho immaginato, all’ascolto dell’album, di attraversare il corridoio di un museo, volgendo lo sguardo alle opere esposte, ora quadri, ora sculture, ed accomunando ad ognuna di esse un momento di questo capolavoro, così che la musica di Gerardo potesse avere un volto, un paesaggio, una storia.
Di solito queste sensazioni si manifestano leggendo, nel raffigurarsi volti e luoghi descritti dallo scrittore che il lettore, senza volerlo, disegna nella sua mente, proprio per dare una fisionomia a personaggi ed eventi: sensazioni che la musica racchiusa in Metamorphosis esalta, portando l’ascoltatore a lavorare di fantasia.
Molto vicino ad un’opera classica, questo lavoro non aggiunge elementi sinfonici al metal, ma li amalgama sapientemente, facendo risultare il tutto un’unica stupenda sinfonia di musica a 360°, e creando un mastodontico caleidoscopio di suoni dove la voce risulterebbe superflua, come se potesse rompere l’incantesimo, fragile opera di cristallo di cui la conclusiva The Time Traveler è un manifesto di celestiale armonia di note.
Un album consigliato a tutti gli amanti della buona musica: tra le sue note (tanto per darvi dei riferimenti) ho rinvenuto echi di progressive settantiano, gothic, metal prog, qualche digressione elettronica e naturalmente musica classica, il tutto amalgamato per creare un lavoro sublime. Non lasciatevelo sfuggire.

Tracklist:
1.The Abstract Manifesto
2.Metamorphosis
3.Once In A Lifetime
4.Northern Stars
5.Anima
6.The Eyes Of Darkness
7.The Time Machine
8.The Time Traveler

Line-up:
Gerardo Sciacca- All Instruments

EMPHATICA – Facebook

Kantica – Reborn In Aesthetics

Una produzione da top band, una cantante che incanta ed ammalia e cinque musicisti che formano una squadra compatta ed assolutamente vincente, sono le prime avvisaglie di un’opera ottima in ogni dettaglio, creata per far innamorare gli (ancora tanti) estimatori del power metal sinfonico.

Questa volta a regalarci cinquanta minuti di metal sinfonico, tra power e gothic in un deliro orchestrale e maestoso, sono i savonesi Kantica, band ligure al debutto su Revalve con Reborn In Aeshtetics.

Mettetevi il cuore in pace cari cacciatori dell’arca dell’originalità, perché qui si cavalca il genere giocando con tutti i suoi cliché, ma il bello è che i Kantica il gioco lo conducono con maestria lasciando l’impressione di essere al cospetto di un gruppo con molta più esperienza di quella che suggerisce l’anagrafe.
Sonorità piene e cinematografiche si specchiano sul golfo ligure prima che lo scirocco si alzi e la mareggiata porti con sé cavalcate power metal dalle ritmiche potentissime, alternandosi con pacate atmosfere gothic ed impreziosite da orchestrazioni dal piglio moderno, come negli ultimi lavori di quella che il sottoscritto considera la band regina del genere, gli Epica.
Una produzione da top band, una cantante che incanta ed ammalia e cinque musicisti che formano una squadra compatta ed assolutamente vincente, sono le prime avvisaglie di un’opera ottima in ogni dettaglio, creata per far innamorare gli (ancora tanti) estimatori del power metal sinfonico.
Dopo l’intro i primi botti portano il titolo di Fascination Of The Elements, un brano in crescendo che prepara l’ascoltatore alla maestosa atmosfera che regna nel resto dell’album con brani carichi di nobile e sinfonico metallo come And There Then Was Pain, che tanto sa di primi Temperance.
Tutto gira a meraviglia in Reborn In Aeshtetics, decine di cambi di tempo spezzano il respiro, come affrontare un mare in tempesta sulla prua di un vascello, mentre Hellborn Lust, Lovecide e Psychological Vampire confermano il mood epico sinfonico dell’album.
Un debutto per certi versi sorprendente, che conferma la sempre crescente qualità della scena tricolore in un genere dove si è ormai detto tutto e nel quale la differenza la si può fare solo in termini di songwriting e di un talento che iKantica hanno da vendere.

Tracklist
01.(Re)Born Unto Aestheticism
02.Fascination of the Elements
03.And Then There Was Pain
04.Hellborn Lust
05.Albatross
06.R.E.M. State
07.From Decay to Ascension
08.Illegitimate Son
09.Psychological Vampire

Line-up
Chiara Manese – Vocals
Matteo ‘Vevo’ Venzano – Rythm guitar
Andy ‘K’ Cappellari – Lead guitar
Fulvio DeCastelli – Bass guitar
Enrico Borro – Keyboards
Tiziana ‘Titti’ Cotella – Drums

KANTICA – Facebook

Entropy Coding – Tales Of The Moon

Tales Of The Moon è un affresco di metal sinfonico raffinato ed elegante, impreziosito dai vari musicisti ospiti della Coltrè e da un songwriting che pur mantenendo un approccio tradizionale al genere, è ricco di talento e di una marcata personalità.

Nella splendida cornice della scena metallica nostrana, oltre alle band che sono da anni gli storici punti di riferimento, nascono e si rigenerano decine e decine di realtà che ormai non hanno nulla da invidiare ai gruppi stranieri che formano l’immenso mondo della nostra musica preferita.

Etichette e artisti si sono rimboccati le maniche cercando di regalarci opere d’arte in un periodo di crisi, non solo economica, durante il quale vivere di emozioni equivale ad essere considerato obsoleto.
Nella scena della capitale si muove con il suo progetto Entropy Coding la compositrice, pianista e tastierista Susanna Coltrè, che per l’attivissima etichetta Agoge Records debutta con Tales Of The Moon, aiutata da una serie di ospiti speciali ed dal produttore Gianmarco Bellumori, patron della label.
L’album è un affresco di metal sinfonico raffinato ed elegante, impreziosito dai vari musicisti ospiti della Coltrè e da un songwriting che pur mantenendo un approccio tradizionale al genere, è ricco di talento e di una marcata personalità.
Ammantato da un’atmosfera di raffinato romanticismo, il lavoro risulta un’opera da godere in totale relax: metallico, progressivo e sferzato a tratti da un vento power, segue le coordinate del sound proveniente dal nord Europa, con il grande impegno di forze che dal progressive prendono ritmiche e cambi di tempo, mentre le sinfonie accrescono il mood operistico senza farci sembrare al cospetto della solita band fotocopia di Nightwish e compagnia.
Neon In The Dark, la splendida Luna ed il capolavoro prog/gothic metal Eclipse, seguite dagli epici movimenti sinfonici di Knight Prisoner, sono i momenti più riusciti di un album che non risparmia emozioni a chi avrà la fortuna di fermarsi ad ascoltare quello che Susanna Coltrè è riuscita a creare in virtù di un talento straordinario.

Tracklist
1.Once Upon a Time
2.Neon in the Dark
3.Feel the Air
4.Luna
5.Eclipse
6.Running Before the Dawn
7.Knight Prisoner
8.The Wolf’s Trap
9.Shining Through Our Light

Line-up
Susanna Coltrè: Keyboardist, Pianist and Composer

Collaborations:
Emiliano Cantiano – Drums
Leonardo Barcaroli – Bass
Melania Petrillo – Vocals
Giovanni Saulini – Vocals
Filippo Rosati – Guitars
Fabrizio Proietti – Guitars
Cristiano Neila – Guitars
Vlad Voicu – Guitars
Davide Catania – Guitars
Danilo Carrabino – Guitars

ENTROPY CODING – Facebook

Manach Seherath – Timeless Tales

Esordio sulla lunga distanza per i napoletani Manach Seherath: Timeless Tales risulta un ottimo esempio di metallo epico e tastieristico, ispirato dalle opere dei Virgin Steele.

Dei Manach Seherath vi avevamo parlato tra le pagine metal di In Your Eyes ben tre anni fa, in occasione dell’uscita del primo demo omonimo composto da tre brani, tutti riproposti in questo esordio sulla lunga distanza.

Il gruppo attivo dal 2012 per volere del cantante Mich Crown, arriva finalmente alla pubblicazione di questo intenso lavoro, un notevole esempio di heavy metal melodico ed epicheggiante, strutturato sul gran lavoro delle tastiere e dall’impatto che trova la sua natura nella scuola ottantiana, anche se i suoni e gli arrangiamenti sono assolutamente al passo coi tempi.
La maggiore fonte di ispirazione per la band partenopea sono a mio parere i Virgin Steele: la band di David DeFeis aleggia sulla composizione dei nuovi brani, che si allontanano dalle atmosfere dark che erano rinvenibile nel vecchio demo, per abbracciare il sound dello storico gruppo epic metal statunitense.
Le tracce che compongono la parte inedita dell’album includono una vena epico declamatoria stimolante, con melodie che valorizzano il mood metallico dall’anima epica, mentre i duelli tra tastiere e chitarre sono supportati da una sezione ritmica presente e rocciosa.
The Waters Of Acheron ha un compito introduttivo, mentre si entra nel vivo con The Cursed Collector e la splendida Sword In The Mist, che accelera i ritmi e ci consegna il primo chorus epico.
Chasing The Beast ha nei refrain melodici il suo punto di forza, mentre Asleep: the Legend of a Heart pt.1 è sinfonica quel tanto che basta per farne un brano perfettamente bilanciato tra suoni tradizionali e moderno metal sinfonico.
I tre brani già editi sul primo demo portano alla conclusione questo ottimo lavoro, grazie al quale i Manach Seherath si confermano gruppo da seguire con attenzione e consigliato agli amanti del metal melodico ed epico.

Tracklist
1 – The Waters of Acheron
2 – The Cursed Collector
3 – Swords in the Mist
4 – Chasing the Beast
5 – Asleep: the Legend of a Heart pt.1
6 – Restless: the Legend of a Heart pt.2
7 – Arti Manthano: a Timeless Trilogy pt.1
8 – Timeless: a Timeless Trilogy pt.2
9 – All in All: a Timeless Trilogy pt.3

Line-up
Mich Crown – Vocals
Cyrion Faith – Keyboards
Gianluca Gagliardi – Guitars
Lukas Blacksmith – Bass
Carlo Chiappella – Drums

MANACH SEHERATH – Facebook

Meden Agan – Catharsis

La band produce uno sforzo notevole per quanto riguarda gli arrangiamenti e l’album letteralmente deflagra in un’apoteosi di metal orchestrale, strutturato su ritmiche serrate, ottimi interventi della sei corde del leader Koutsogiannopoulos e fughe sui tasti d’avorio dal retrogusto neoclassico di Tolis Mikroulis.

Primi fuochi d’artificio metallici del 2018 con il nuovo lavoro della symphonic metal band greca Meden Agan.

Il gruppo nasce per volere di Diman Koutsogiannopoulos che negli anni regala una precisa identità alla sua creatura, partendo da un metal sinfonico, dalle prepotenti cavalcate power e dall’eleganza portata da sfumature gotiche ed orchestrali.
Il primo full length è datato 2005 (Illusions), segue un periodo dove la carriera del gruppo rallenta per tornare nel 2011 con il secondo album Erevos Aenaon, seguito dopo tre anni da quello che era l’ultimo parto della band, Lacrima Dei.
L’importante cambio di cantante porta il gruppo all’incontro con la notevole singer Dimitra Panariti e all’uscita, tramite No Remorse Records, di Catharsis, nuova sinfonia metallica targata Meden Agan.
Catharsis è un uno di quei lavori che, mantenendo inalterate le coordinate di un genere che poco di nuovo ha da mostrare agli ascoltatori, se ben suonato e ottimamente cantato sa come produrre emozioni, magari valorizzato da un ottimo songwriting come in questo caso.
La band produce uno sforzo notevole per quanto riguarda gli arrangiamenti e l’album letteralmente deflagra in un’apoteosi di metal orchestrale, strutturato su ritmiche serrate, ottimi interventi della sei corde del leader Koutsogiannopoulos e fughe sui tasti d’avorio dal retrogusto neoclassico di Tolis Mikroulis.
Poi, ovviamente, lo stato di grazia nel songwriting fa il resto, con i Meden Agan protagonisti di una serie di brani che esaltano, entusiasmano e lasciano senza fiato.
Solo all’ottava traccia (Salvation) la band si prende una pausa e noi rifiatiamo, travolti da una tracklist che fino al quel momento non conosce tregua con una serie di brani magniloquenti e che hanno in Cleanse Their Sins, l’arabeggiante Whispers In The Dark e la bombastica Veil Of Faith i principali picchi di questa notevole opera.
Nightwish, Epica, i nostrani Elegy Of Madness sono i gruppi che più si avvicinano alla band ateniese, una delle nuove realtà di una scena sinfonica data per morta troppo presto.

Tracklist
1. Catharsis (Intro)
2. The Purge
3. Cleanse Their Sins
4. No Escape
5. Whispers In The Dark
6. Shrine Of Wisdom
7. Veil Of Faith
8. Salvation
9. A Curse Unfolding
10. Lustful Desires
11. Weaver Of Destiny

Line-up
Dimitra Panariti – Vocals
Diman Koutsogiannopoulos – Guitars
Tolis Mikroulis – Keys
Aris Nikoleris – Bass & Male Vocals
Panos Paplomatas – Drums

MEDEN AGAN – Facebook

Mistheria – Gemini

Gemini è un lavoro suggestivo, la tipica opera che va assaporata proprio come una composizione classica, e la durata tutt’altro che breve non inficia la fluidità dell’ascolto, tra scale neoclassiche, brani dal piglio power sinfonico e progressivo ed altri che lasciano le luci della ribalta ai tasti d’avorio del musicista italiano.

Quello tra metal e musica classica è un connubio che dura ormai da quasi mezzo secolo, almeno da quando i Deep Purple nel 1969 si unirono alla Royal Philarmonic Orchestra, condotta da Malcolm Arnold, per uno storico live show;
nel corso degli anni l’incontro si è verificato sempre più spesso dando vita a diversi lavori divenuti poi dei classici.

Dal metal tradizionale a quello estremo, con l’importante aiuto di molte soluzioni progressive, questa per molti sacrilega alleanza è divenuta uno splendido modo per portare la musica classica all’attenzione dei fans del metal, e viceversa.
Mistheria è un compositore e produttore italiano la cui lunga esperienza e la moltitudine di collaborazioni lo hanno portato a scrivere il suo nome su una settantina di opere, affiancando musicisti storici, autentiche leggende e nomi comunque importanti del rock/metal mondiale.
Finita la sua collaborazione con il mastodontico Vivaldi Metal Project – The Four Season, progetto che vede impegnati più di un centinaio di artisti metal e classici, si è dedicato alla stesura e composizione di Gemini, opera licenziata dall’attivissima Rockshots Records, aiutato da una manciata di musicisti della scena internazionale.
La Trans Siberian Orchestra, il nuovo volto sinfonico e classico dei Savatage, fa capolino da questa raccolta di composizioni che, come negli album del supergruppo statunitense, propone brani originali alternati a cover di brani classici, ma nel caso di Gemini in versione strumentale e più orientati ad un più accentuato neoclassicismo.
Non a caso tra gli ospiti spicca la presenza di Chris Caffery, alla chitarra insieme a Roy Z, Roger Staffelbach, Leonardo Porcheddu e Ivan Mihaljevic , di Steve Di Giorgio al basso, con Dino Fiorenza, e John Macaluso alla batteria, il tutto orchestrato da Mistheria che, oltre alle tastiere, si è occupato degli arrangiamenti.
Gemini è un lavoro suggestivo, la tipica opera che va assaporata proprio come una composizione classica, e la durata tutt’altro che breve non inficia la fluidità dell’ascolto, tra scale neoclassiche, brani dal piglio power sinfonico e progressivo ed altri che lasciano le luci della ribalta ai tasti d’avorio del musicista italiano.
Diviso in tredici brani che si possono considerare come veri e propri movimenti, Gemini troverà ottimi riscontri in chi ama tali sonorità, mentre lascerà indifferenti tutti gli altri, ma è indubbia la capacità di Mistheria nel saper far convivere le due anime principali del sound in modo fluido e armonico, regalando emozioni a più riprese.
Un lavoro impressionate che non può mancare nella discografia degli amanti del metal classico e di quello orchestrale.

Tracklist
01 – Hands Of Fire
02 – Angels In The Shadow
03 – Fight Of The Bumblebee
04 – Moonlight Sonata
05 – Air “The Day After”
06 – Devil’s Step
07 – Prayer To God
08 – Prog Fantasy
09 – Falling Stars
10 – My Dear Chopin
11 – Asturias
12 – Adagio in G minor
13 – Metal Piano Sonata op.13

Line-up
Mistheria – music, arrangements, keyboards
Roger Staffelbach – guitar
Leonardo Porcheddu – guitar
Ivan Mihaljevic – guitar
Steve Di Giorgio – bass
Dino Fiorenza – bass
John Macaluso – drums

Chris Caffery – guitar
Roy Z – guitar

MISTHERIA – Facebook

Genus Ordinis Dei – Great Olden Dynasty

Il death metal viene glorificato dai Genus Ordinis Dei, che ne accentuano l’epicità e la magniloquenza con sfavillanti orchestrazioni, atmosfere oscure rese drammatiche dai tasti d’avorio che ci fanno sentire circondati dalla musica.

La premessa doverosa sulla qualità altissima dei prodotti che escono dal nostro paese è diventata una prassi da ormai qualche anno, rischiando persino che le lodi alla scena rock/metal italiana diventino un qualcosa di scritto e ripetuto all’infinito.

D’altronde davanti a opere come Great Olden Dynasty, secondo lavoro dei Genus Ordinis Dei, non si può che supportare con ancora più convinzione le band di casa nostra, ormai perfettamente in grado di tenere botta ai colleghi stranieri.
La band di Crema, fondata nel 2009 e con un bellissimo esordio alle spalle datato 2013 (The Middle), torna dopo tre anni dall’ep omonimo con questo bellissimo esempio di death metal feroce, epico e maestoso.
Prodotto da Simone Mularoni ai Domination Studio, con Cristina Scabbia dei Lacuna Coil presente come ospite sulla conclusiva Salem, il nuovo lavoro dei Genus Ordinis Dei è un bellissimo esempio di metal estremo che, accompagnato dalle orchestrazioni sempre presenti e non solo usate come intro o outro ai brani, travolge l’ascoltatore con un suono violento e pomposo, vario e dal taglio progressivo nelle ritmiche, diretto e dall’impatto di un carro armato sinfonico.
Nick K, singer dotato di un growl da brividi, prende per mano il sound, valorizzato dalle splendide orchestrazioni create da Tommy Mastermind e dal lavoro ritmico di Steven F.Olda (basso) e Richard Meiz (batteria) e l’album deflagra fin dall’opener The Unleashed per non scendere più sotto il livello d’eccellenza.
Il death metal viene glorificato dai Genus Ordinis Dei, che ne accentuano l’epicità e la magniloquenza con sfavillanti orchestrazioni, atmosfere oscure rese drammatiche dai tasti d’avorio che ci fanno sentire circondati dalla musica.
Dall’ascolto escono prepotentemente la straordinaria bellezza di Morten, brano in crescendo che, da una partenza atmosferica da ballata metal, si trasforma in una portentosa traccia progressiva, e le mille varianti ritmiche ed atmosferiche della conclusiva Greyhouse, traccia che torna al sound caratterizzante l’album dopo la parentesi Salem, canzone più in linea con il death metal dal piglio melodico valorizzato dalla voce di Cristina e da un ottimo chorus.
Great Olden Dynasty è un album intenso ed estremo, che arriva come un fulmine a ciel sereno in questo ultimo scorcio dell’anno, ennesimo colpo di coda di una scena metal nazionale di altissimo livello.

Tracklist
1. The Unleashed
2. You Die In Roma
3. Cold Water
4. The Flemish Obituary
5. Sanctuary Burns
6. Morten
7. ID 13401
8. Halls of Human Delights
9. Salem (featuring Cristina Scabbia)
10.Greyhouse

Line-up
Nick K – vocals & guitars
Tommy Mastermind – guitars & orchestra
Steven F. Olda – bass
Richard Meiz – drums

GENUS ORDINIS DEI – Facebook

Serenade – Onirica

I Serenade accontentano i fans del metal sinfonico e gotico, ma piacerà anche a chi vuole sentire ritmiche potenti, chitarre aggressive e grinta metallica da vendere, il tutto ben orchestrato e perfettamente bilanciato nel sound di questo nuovo lavoro.

Secondo lavoro per i Serenade, altra ottima realtà nel vasto mondo del metal sinfonico e dalle trame gotiche.

Superba voce soprano, tanto metallo aggressivo e dalle ritmiche power, una buona alternanza tra momenti atmosfericamente più pacati e dal taglio gotico, come da copione, e fughe heavy metal fanno di Onirica un’ottima colonna sonora al racconro incentrato sul viaggio nel mondo dei sogni e nelle paure dell’animo umano.
La band veneta è attiva dal 2009, il primo album intitolato Wandering Through Sorrow è ormai vecchio di cinque anni, ma il tempo ha giocato a favore del gruppo e della Revalve Records, vista la buona riuscita di Onirica.
I Serenade accontentano i fans del metal sinfonico e gotico, ma piacerà anche a chi vuole sentire ritmiche potenti, chitarre aggressive e grinta metallica da vendere, il tutto ben orchestrato e perfettamente bilanciato nel sound di questo nuovo lavoro.
Grande voce e carisma sono le principali virtù della singer Claudia, soprano dalla splendida ugola, assecondata da un songwriting mai banale e dalle buone prestazioni dei singoli musicisti; Insomnia apre l’album prima che When Darkness Will Fall arrivi come una perturbazione metallica e Kill Your Pain irrompa con le sue trame power sinfoniche, regalandoci il primo duetto tra la singer e Fabio Dessi degli Arthemis, che si ripeterà sul crescendo di Luceafarul.
I Serenade mantengono sempre un approccio heavy che a tratti sfocia in potenti frustate estreme come in Oceanus, brano mastodontico  preceduto da Hold Me Bank, primo singolo e video tratto dall’album; è invece delicatamente gotica e lasciata al solo piano che accompagna la voce di Claudia la ballad Stormborn, mentre la già citata Luceafarul e il crescendo metallico di Sleeping Dream concludono il nostro viaggio nel mondo dei sogni accompagnati dalla band padovana.
Onirica si rivela un album riuscito e piacevolmente heavy, valorizzato dalle buone prestazioni del gruppo e dalla splendida voce della sua musa: per gli amanti del genere un gioiellino da non perdere.

Tracklist
01.Insomnia
02.When Darkness Will Fall
03.Kill Your Pain
04.Hold Me Back
05.Oceanus
06.Lullaby
07.Stormborn
08.Luceafarul
09.Sleeping Dream

Line-up
Claudia – Vocals
Filippo – Guitars
Alberto – Guitars
Dario – Bass
Leonardo – Drums

SERENADE – Facebook

Xanthochroid – Of Erthe and Axen Act II

Gli Xanthochroid sono sempre capaci di coinvolgere,  qualunque sia il filone stilistico prescelto, dall’alto della dote  più unica che rara che hanno nell’infondere la propria musica di un pathos cinematografico, consentendo all’ascoltatore di immergersi del tutto nel loro mondo immaginario per ottenerne visioni nitide e quanto mai reali.

Dopo aver ascoltato qualche mese fa la prima parte dell’atteso ritorno degli Xanthochroid, risale alla metà di ottobre l’uscita del secondo capitolo di Of Erthe and Axen.

Come preannunciato dalla band, il sound in quest’occasione riacquista quella magniloquenza sinfonica e, di pari passo, la robustezza metallica che erano state parzialmente sacrificate nel precedente episodio a favore di una comunque efficace vena folk.
In, effetti dopo la puntuale evocatività dell’intro, con Of Aching, Empty Pain la band californiana fa una sorta di riassunto musicale del proprio repertorio, piazzando il classico brano che mescola con brillantezza unica accenni di ritmiche black metal ad ampie aperture melodiche, richiamando anche il tema portante che costituisce il trait d’union della sua discografia.
Con Of Gods Bereft of Grace si entra in un territorio maggiormente inedito, grazie ad un andamento cangiante all’interno del quale trovano posto davvero tutte le pulsioni dei nostri, rassicurando  ampiamente chi poteva temere un inaridimento della vena compositiva di Sam Meador.
Gli Xanthochroid sono sempre capaci di coinvolgere,  qualunque sia il filone stilistico prescelto, dall’alto della dote  più unica che rara che hanno nell’infondere la propria musica di un pathos cinematografico, consentendo all’ascoltatore di immergersi del tutto nel loro mondo immaginario per ottenerne visioni nitide e quanto mai reali.
Walk With Me, O Winged Mother riporta l’opera a toni più rarefatti, con l’intervento di una Ali Meador utilizzata stavolta con parsimonia, questo almeno per qualche minuto prima che il brano monti dal punto di vista sinfonico sino a raggiungere picchi di grande solennità.
Gli ultimi venti minuti del lavoro esibiscono, come d’abitudine per i ragazzi di Lake Forest, un crescendo emotivo che va di pari passo con l’enfasi melodica, e se in Through Chains That Drag Us Downward meraviglia sempre la padronanza con la quale i nostri alternano umori e timbri vocali senza mai perdere il filo del discordo, con Toward Truth and Reconciliation il sound trova la sua maestosa sublimazione accompagnandoci, tra un brivido e l’altro,  ad un finale davvero degno della soundtrack di un film dai connotati epici.
Se Blessed Be With Boils stupiva per il suo essere l’epifania di un talento più unico che raro, questa doppia fatica non delude le attese, confermando appieno il valore di una band che, nel proprio segmento stilistico, ha a mio avviso già superato i propri maestri; volendo cercare il pelo nell’uovo, gli unici minimi dubbi permangono relativamente all’eccessiva dilatazione dei tempi intercorsi tra un full length e l’altro (anche se parzialmente compensata dagli oltre novanta minuti complessivi di Of Erthe and Axen) e alla capacità in futuro di svincolarsi dai temi lirici e musicali della saga di Thanos and Ereptor senza smarrire l’ispirazione (come accadde invece ai Virgin Steele successivamente all’epopea chiusa da “The House Of Atreus – Act 2”).
L’ancora giovane età di Meadow, Earl e Vallefuoco ed il talento cristallino esibito ad ogni uscita sono elementi che consente ragionevolmente di escludere il pericolo di un appannamento a breve termine, per cui non ci resta che godere a lungo e per intero di questo splendido lavoro, per il quale vale davvero la pena di dedicare un’ora e mezza del proprio tempo.

Tracklist:
1. Reveal Your Shape, O Formless One
2. Of Aching, Empty Pain
3. Of Gods Bereft of Grace
4. Of Strength and the Lust for Power
5. Walk With Me, O Winged Mother
6. Through Caverns Old and Yawning
7. Through Chains That Drag Us Downward
8. Toward Truth and Reconciliation

Line-up:
Sam Meador – Vocals, Keyboards, Guitars (acoustic)
Matthew Earl- Drums, Flute, Vocals (backing)
Brent Vallefuoco – Guitars (lead)
Ali Meador – Vocals

XANTHOCHROID – Facebook

Gloomy Grim – Fuck the World, War Is War!

La compilation fotografa un progetto che vent’anni fa era ancora in embrione, con diverse idee valide ma ancora da sviluppare e suoni rivedibili, rivelandosi appetibile solo per i fans accaniti dei Gloomy Grim.

Battendo il ferro reso caldo dal ritorno con un nuovo full length a otto anni dal precedente, avvenuto lo scorso anno con The Age Of Aquarius, i Gloomy Grim pubblicano, via Symbol of Domination/Murdher, questa compilation contenente i due primi demo editi dalla band finlandese.

All’epoca Fuck the World, Kill the Jehova! (1996) e Friendship Is Friendship, War Is War! (1997) erano il frutto del lavoro solista di Agathon, il quale in seguito, pur mantenendone salde le redini, ha reso la sua creatura un band vera e propria.
I Gloomy Grim hanno sempre proposto un symphonic black metal dai tratti orrorifici e dagli esiti alterni ma nel complesso piuttosto interessante: quanto proposto in questa occasione altro non è che la fotografia di un progetto ancora in embrione, con diverse idee valide ma ancora da sviluppare e suoni rivedibili, soprattutto per quelli di tastiera piuttosto plastificati.
Tra gli otto brani offerti appaiono decisamente migliori i tre conclusivi, ovvero quelli corrispondenti al secondo demo, denotando come è naturale che sia un certo progresso rispetto a quello prodotto l’anno prima ma, evidentemente, una riproposizione pari pari di musica composta e incisa vent’anni fa risulta meno efficace e meno utile rispetto a quanto avrebbe potuto rappresentarne la sua riedizione ex novo.
Massimo rispetto per Agathon ed il suo lungo percorso artistico, e per la Symnbol Of Domination, etichetta ucraina che quasi sempre porta alla luce interessanti realtà sommerse dell’underground metal, ma questa uscita può risultare appetibile solo per quelli che ritengono i Gloomy Grim una band fondamentale (immagino che non siano moltissimi), mentre per tutti gli altri direi che si può tranquillamente passare oltre.

Tracklist:
01. Temple Of Agathon
02. Written In Blood
03. Pope Of The Black Arts
04. Asylum
05. Outro
06. War / Ashes
07. Blood
08. Reign

Line-up:
Agathon

GLOOMY GRIM – Facebook

Enzo And The Glory Ensemble – In The Name Of The Son

Mettete da parte antipatici luoghi comuni e fate entrare della grande musica a casa vostra.

Il secondo lavoro di Enzo And The Glory Ensemble è un’opera che non sfigura certo tra le migliori uscite di quest’anno, almeno tra le metal opera, trattandosi di un suggestivo concept dalle tematiche cristiane e successore del già bellissimo primo album, In The Name Of The Father, uscito un paio di anni fa.

In The Name Of The Son esce quest’anno tramite la Rockshots per portare la parola del Signore ai metallari dai gusti sinfonici e progressivi, non facendo mancare un’ottima grinta power, epici chorus ed una serie di preghiere in musica dedicate questa volta, al secondo membro della santissima Trinità.
Valorizzato da una serie di illustri ospiti del panorama metal internazionale, tra cui Marty Friedman, Kobi Farhi (Ophaned Land), Ralf Scheepers (Primal Fear), Mark Zonder (Fates Warning), Gary Wehrkamp & Brian Ashland(Shadow Gallery) e con la partecipazione del coro congolese Weza Moza Gospel Choir, l’album è un bellissimo e toccante atto di devozione religiosa, esposta come solo un musicista metal potrebbe fare, regalando atmosfere da colonna sonora, toccanti ballate e cavalcate heavy/power sostenute dalla parte sinfonica, presenza costante nel sound di Enzo Donnarumma.
Ed è così che dopo tanto metal estremo e musica del diavolo, ci immergiamo in questo atto di fede che il musicista nostrano trasforma in una metal opera affascinante, colma di momenti di grande intensità e come detto impreziosita dall’intervento dei tanti ospiti.
Le molte atmosfere di musica tradizionale delle terre dove la più grande storia mai raccontata ha avuto il suo svolgimento porta inevitabilmente al sound degli Orphaned Land, reso ancora più teatrale e sinfonico, mentre l’heavy power è protagonista delle fughe metalliche ed i Saviour Machine meno oscuri aleggiano in diversi momenti di un’opera che se ha in Magnificat il suo momento più alto (liricamente parlando), non manca di stupire con la sua eccitante amalgama tra metal e musica popolare, classica e sinfonica (The Tower Of Babel ricorda non poco le atmosfere di Jesus Christ Superstar in versione metal).
Isaiah 53 è una power metal song arrembante, The Trial una mini suite oscura e cinematografica, esemplificativa della varietà di sfumature in uso, mentre Te Deum ci travolge con i suoi cori, le splendide aperture sinfoniche e l’energia metallica usata a profusione.
L’opera è stata prodotta dal musicista nostrano con l’aiuto di Gary Wehrkamp e masterizzato da Simone Mularoni (una garanzia di qualità) quindi mettete da parte antipatici luoghi comuni e fate entrare della grande musica a casa vostra.

Tracklist

1.Waiting for the Son
2.The Tower of Babel
3.Luke 1:28
4.Psalm 8
5.Glory to God
6.Psalm 133
7.Magnificat
8.Isaiah 53
9.Matthew 11:25
10.The Trial
11.Eternal Rest
12.Te Deum
13.If Not You

Line-up
Enzo Donnarumma – Vocals, Guitars.

ENZO DONNARUMMA – Facebook

Epica – The Solace System

La sublime magnificenza del metal sinfonico riprodotta da quella che ad oggi è la migliore realtà del genere, anche per questo l’ep risulta imperdibile.

The Holographic Principle è passato come una cometa, una brillante stella che ha illuminato la scena symphonic metal nel 2016 e come una cometa si è portato inevitabilmente dietro la sua splendente coda.

Infatti, questo nuovo The Solace System non è altro che un ep di sei brani, scritti dal gruppo nel periodo in cui la creazione del precedente e bellissimo full length era nella sua fase più fulgida.
Ovviamente, l’opera è pur sempre un ep di canzoni scritte nel recente passato e trovano la loro collocazione proprio come eredità del capolavoro licenziato dal gruppo lo scorso anno, quindi il sound non si discosta dalla produzione più recente del gruppo.
Nessuna novità e tanta buona musica, niente di più e niente di meno, da parte dei symphonic metallers olandesi, che confermano lo stato di grazia nel periodo della nascita di The Holographic Principle e piazzano sul mercato un degno epilogo.
Visto in questa dimensione The Solace System è l’ennesima mezzora di musica metallica e sinfonica ai suoi massimi livelli, colma di cori epici, sinfonie magniloquenti accompagnate da un power metal moderno e dall’impatto di un treno, con la Simmons che ci sfida a trovarle un difetto anche piccolissimo ed il gruppo che gira a mille come un perfetto bolide metallico.
La sublime magnificenza del metal sinfonico riprodotta da quella che ad oggi è la migliore realtà del genere, anche per questo l’ep risulta imperdibile, composto com’è da una manciata di canzoni sopra la media (la title track, la potente ed epico sinfonica Fight Your Demons e Wheel Of Destiny in particolare) risulta imperdibile.
La Simmons, al riguardo ha dichiarato alla stampa: “All’inizio della stesura di ‘The Holographic Principle‘ ci siamo resi conto di avere un enorme numero di canzoni. Quelle che non entravano perfettamente nell’album sono ora disponibili per voi in un EP speciale. Spero vi piacciano quanto piacciono a noi“. Speranza esaudita.

Tracklist
1.The Solace System
2.Fight Your Demons
3.Architect Of Light
4.Wheel Of Destiny
5.Immortal Melancholy
6.Decoded Poetry

Line-up
Simone Simons – vocals
Isaac Delahaye – guitars
Mark Jansen – guitars, growls
Coen Janssen – synthies, piano
Ariën van Weesenbeek – drums
Rob van der Loo – bass

EPICA – Facebook

Dzö-nga -The Sachem’s Tales

Ascoltando The Sachem’s Tales si entra in un mondo sognante e gotico, che nasconde mostri e inusitata bellezza, ci sono cavalcate, sfuriate e dolci ninne nanne, e tutto ciò rende il disco molto originale.

I Dzö-nga, pronucia zone–gah, sono un progetto che abbraccia gran parte dello spettro del black metal, fondato dal multistrumentista americano Cryvas.

Il cuore del loro suono è un black metal che spazia soprattutto dal symphonic all’ambient, sempre con elementi di forte originalità. Una delle peculiarità di questo disco è il mixaggio che è fuori dal comune, essendo molto differente da quelli più comuni nel genere: qui vengono preferiti i toni più bassi e pacati degli strumenti, e pur essendoci di fondo un’aggressività black si fa tutto più particolare, quasi onirico. Ascoltando The Sachem’s Tales si entra in un mondo sognante e gotico, che nasconde mostri e inusitata bellezza, ci sono cavalcate, sfuriate e dolci ninne nanne, e tutto ciò rende il disco molto originale. Gli Dzö-nga fanno un impasto sonoro che sfrutta le infinità possibilità di codifica del black, genere che ha davvero molti tentacoli da poter essere usati come si vuole. È quasi vampiresco il tutto, con un tono gotico molto accentuato. Ci si avvicina, sia come stile che come tematiche, al meglio del cascadian black metal, genere che permette di parlare di natura e, come in questo caso, del folkore algonchino, visto che The Sachem’s Tales è un album incentrato sulle tradizioni della più grande famiglia di nativi americani . In questo disco vengono esplorate le loro storie e le loro profezie che sono molto attuali, anche perché gli algonchini avevano un’idea ben precisa di come sarebbe andata a finire, ovvero male. Inoltre le loro notti erano popolati da terribili demoni, legati alla durezza della loro vita, in posti non molto ospitali. La musica degli Dzö-nga regala una visione speciale di tutto ciò, e un black metal particolare ed unico, differente da molti altri, sempre interessante e godibile.

Tracklist
1.Midewiwin Lodge
2.To the Great Salt Water
3.The Wolves Fell Quiet
4.Halle Ravine
5.Against the Northern Wind
6.A Seventh Age of Fire
7.The Witching Meadow

Line-up
Cryvas – Instruments, vocals
Grushenka Ødegård – Vocals

Aaron Maloney – Session drums
Lilith Astaroth – Guest vocals (The Sachem’s Tales)

DZO-NGA – Facebook

Worhol – The Awakening

The Awakening risulta un album piacevole, chiaramente debitore nei confronti delle tante realtà di un genere sempre più spesso con la cinghia tirata al massimo, ma ancora molto amato dai kids di tutto il mondo.

Una band guidata da padre e figlia non se ne vedono poi molte in giro, ci ha pensato la Wormholedeath che, tramite Imminence Records, licenzia The Awakening, debutto del gruppo texano che prende il nome della coppia, Worhol.

Aiutata da Craig Malinowski al basso e Marty Naul alle pelli, la strana coppia (per una band, ovviamente) ha dato vita ai suoi sogni componendo un’opera sinfonica che rispecchia il trend del genere, tra rock, trame gotiche e metal classico, mai troppo pomposo, elegantemente orchestrale e dai buoni spunti heavy, specialmente nei solos chitarristici ad opera di Larry Worhol.
The Awakening risulta un album piacevole, chiaramente debitore nei confronti delle tante realtà di un genere sempre più spesso con la cinghia tirata al massimo, ma ancora molto amato dai kids di tutto il mondo.
Come detto, il lavoro chitarristico è l’arma in più di questo album , semplicemente ed assolutamente heavy metal, mentre il canto della bellissima Ashley si posiziona, in tutto il suo suadente ed ammaliante fascino, tra Amy Lee e Sharon den Adel, dunque tra la tradizione americana (più alternativa come approccio al genere) e quella europea (più gotica e classica).
Trainato da almeno la metà dei brani molto ispirati (Time To Say Goodbye, la ballad In This Town e la raffinata Jurisdiction e la conclusiva Is This What’s Left Of Me) The Awakening lascia piacevoli sensazioni a chi vi si approccia senza grosse aspettative di originalità o personalità, mantenendo una gradevole sensazione di eleganza per tutta la sua durata, donandoci come detto una manciata di solos ispiratissimi e tutte le caratteristiche per fare di un album del genere un lavoro consigliato agli amanti di Evanescence e Within Temptation.

Tracklist
01 – Voices From Above
02 – Bowing Before You
03 – Time To Say Goodbye
04 – Already Forgotten
05 – Rage And Revenge
06 – In This Town
07 – We, The Abused
08 – Jurisdiction
09 – Is This What’s Left Of Me

Line-up
Larry Worhol – Guitarist/Pianist, (Composer)
Ashley Worhol – Vocalist/Pianist, (Composer)
Craig Malinowski – Bassist/Visual Artist
Marty Naul- Drums

WORHOL – Facebook

Wintersun – The Forest Seasons

Anche se i fans aspettavano il nuovo Time II, saranno sicuramente soddisfatti da questa nuova ed interlocutoria fatica targata Wintersun, un gruppo ormai divenuto di culto nell’universo della musica estrema.

La natura, il cambio delle stagioni nella foresta come metafora della vita, benvenuti nel nuovo monumentale lavoro di casa Wintersun, tornati dopo i fasti di Time, opera magna licenziata ormai cinque anni fa.

Per Time II si dovrà ancora aspettare, dopo la raccolta di fondi ed il raggiungimento di quasi cinquantamila euro sulla piattaforma Indiegogo a cui verranno aggiunti i proventi di questo lavoro, molto bello anche se non raggiunge il livello assoluto del suo predecessore.
Non mi si fraintenda, comunque anche The Forest Seasons vale tutti i soldi spesi, continuando la tradizione del gruppo finlandese e del verbo musicale del suo leader Jari Mäenpää, epic folk metal nobilitato da sinfonie e parti estreme death/black, con quattro mini suite per quasi un’ora immersi nelle foreste nordiche, protagonisti del passaggio e del cambiamento che avviene da una stagione all’altra.
L’ album parte alla grande con le due parti di Awaken From The Dark Slumber (Spring), ma è l’estate con il suo caldo abbraccio a regalare le prime vere emozioni: The Forest That Weeps è uno spettacolare affresco folk epico, che il gruppo colora con note estreme e sinfonie ariose, mentre l’autunno si avvicina, si fanno spazio le zone d’ombra e il black metal è il miglior modo per iniziare a descrivere i colori che si oscurano come il manto di foglie che fa da tappeto a tutta la foresta.
La neve comincia a cadere e tutto si trasforma in una distesa bianca come i capelli di un uomo in prossimità della vecchiaia.
Eternal Darkness (Autumn), si nutre di black metal e swedish death, ma l’arrivo dell’inverno porta una vena ancor più melanconica e suggestiva, mentre il bianco mantello poggiato sul mondo si ghiaccia e avvolge tutto in un silenzio ovattato.
Loneliness (Winter) ritorna all’epico incedere sinfonico di marca Wintersun che accompagna la natura e l’uomo verso quella che sarebbe una nuova rinascita, in un ciclo ininterrotto nel tempo.
Anche se i fans aspettavano il nuovo Time II, saranno sicuramente soddisfatti da questa nuova ed interlocutoria fatica targata Wintersun, un gruppo ormai divenuto di culto nell’universo della musica estrema.
Per chi non conoscesse ancora il sound proposto dal gruppo finlandese, preparatevi ad un vulcano metallico che vomita Children Of Bodom, Dimmu Borgir, Dissection ed Ensiferum in una sola devastante lava.

Tracklist
01. Awaken From The Dark Slumber (Spring) – Part I The Dark Slumber – Part II The Awakening
02. The Forest That Weeps (Summer)
03. Eternal Darkness (Autumn) – Part I Haunting Darkness – Part II The Call of the Dark Dream – Part III Beyond the Infinite Universe – Part IV Death
04. Loneliness (Winter)

Line-up
Jari Mäenpää – Vocals, Guitars, Keyboards, Bass
Kai Hahto – Drums
Teemu Mäntysaari – Guitars, Vocals
Jukka Koskinen – Bass, Vocals
Asim Searah – Guitars, Vocals

WINTERSUN – Facebook

Elegy Of Madness – New Era

Terzo e nuovo centro per gli Elegy Of Madness, che con il nuovo New Era si confermano come una delle migliori realtà nazionali del symphonic metal.

Quattro anni fa rimasi letteralmente folgorato dal secondo lavoro degli Elegy Of Madness, band pugliese che con Brave Dreams portava una ventata di oscura e sinfonica freschezza nella scena gothic metal.

Non è un caso se il quintetto è saldamente legato alla Wormholedeath, label nostrana con un fiuto eccezionale per band assolutamente non scontate, che siano estreme, dall’approccio classico o come in questo caso piacevolmente orchestrali.
Brave Dreams era piaciuto per un songwriting sopra la media, chitarre che esploravano la scena death melodica scandinava (Amorphis) e quella gotica proveniente dalle strade umide e nebbiose del Regno Unito (Paradise Lost), unite ad atmosfere orchestrali e valorizzate da una singer straordinaria come Anja Irullo .
Gli Elegy Of Madness, al trio storico formato, oltre che dalla cantante, dal chitarrista Tony Tomasicchio e dal violoncellista Luca Basile, si ripresentano con una sezione ritmica nuova di zecca per l’entrata in formazione di Larry Ozen al basso e Francesco Caputo alle pelli, e con un sound che porta con sé qualche importante novità.
New Era entra subito nel vivo, l’opener Apokalypsis risulta un brano perfetto per presentare il nuovo lavoro, un singolo orchestrato a meraviglia, dall’appeal irresistibile e con una prova della Irullo che conferma la spiccata personalità espressa in passato: una conferma, dunque, e la consapevolezza di trovarci al cospetto di una delle migliori interpreti del genere in circolazione.
Dicevamo del sound: New Era sposta il tiro su un metal sinfonico ed orchestrale più moderno, perdendo di fatto quelle sfumature che riconducevano al death/gothic dei primi anni novanta ed affascinando non solo con atmosfere apocalittiche, ma con l’uso più presente di una parte elettronica e soprattutto di tanta melodia, così da risultare appetibile agli amanti del genere con i piedi ben saldi nel nuovo millennio.
Diciamo che brani straordinariamente melodici come Fairytale, la title track, song da primo posto nelle classifiche rock se non fosse purtroppo per la carta d’identità tricolore del gruppo, la power ballad Memories River e l’ elegante Reset, avvicinano la musica degli Elegy Of Madness alle splendide trame degli ultimi Epica, più moderni come approccio al genere, finemente orchestrali e meno gotici.
Quando si parla del gruppo pugliese non si può non nominare la Turunen, sempre ispiratrice del magnifico canto della singer nostrana, mentre le orchestrazioni operistiche e cinematografiche della conclusiva Day Zero ci invitano a ricominciare in questa nuova era, dove verremo presi per mano dalla musica di questa straordinaria band: sicuramente il modo migliore per ripartire …

Tracklist
1.Apokalypsis
2.Answer
3.Fairytale
4.Lunacy
5.New Era
6.Divine Obsession
7.Memories River
8.Endless
9.Illuminated
10.Nobody Cares
11.Reset
12.Day Zero

Line-up
Anja Irullo – Voice
Tony Tomasicchio – Guitars and Backing Vocals
Luca Basile – Cello, Orchestra

Larry Ozen – Bass
Francesco Caputo – Drums

ELEGY OF MADNESS – Facebook

Apocalypse Orchestra – The End Is Nigh

Un’orchestra di metal sinfonico e doom altro, con una fortissima presenza di strumenti e ritmi medievali, per un album che è una lenta e decadente danza sopra l’abisso.

Un’orchestra di metal sinfonico e doom altro, con una fortissima presenza di strumenti e ritmi medievali, per un album che è una lenta e decadente danza sopra l’abisso.

Durante il medioevo avevano ben presente la caducità, la velocità e la fragilità delle nostre vite, un’apocalisse con conseguenti dies irae era attesa, anzi data per sicura. La vita era descritta con toni cupi o esageratamente festosi, e di quelle descrizioni possiamo ritrovare molto in questo debutto degli svedesi Apocalypse Orchestra, fondati da Mikael Lindström e da Erik Larsson qualche anno or sono nella provincia svedese. Il loro incedere ha una costruzione fortemente medievale, con una poetica musicale con elementi vicini agli Opeth. specialmente per la voce, ma questo è solo un punto di partenza perché poi il risultato è molto originale e convincente. Ascoltando The End Is Nigh si ha l’impressione di stare su di un promontorio incolonnato con altre anime dannate verso il tuffo nel mare in tempesta, per sfuggire al giudizio divino, o molto peggio, è solo la descrizione di paradigmi umani che si coniugano dalla sofferenza e dalla inadeguatezza del nostro essere umani. Questi svedesi scavano in profondità, fanno della lentezza un punto di forza, prendendo qualcosa dal doom, ad esempio dei riff notevoli, ma poi si va oltre. Il disegno che sorregge questa opera è ampio e possente, anche grazie alle incursioni degli strumenti medievali, usati sempre in maniera molto adeguata. Non è un disco folk metal o un disco doom, è il debutto di un gruppo che ha delle ben precise caratteristiche e fa un discorso musicale ambizioso e molto forte, anche perché il talento è presente in abbondanza. Un disco da sentire assolutamente, perché è un qualcosa che piacerà a molti ascoltatori di generi diversi, ed è una delle cose più originali e ben fatte ascoltate quest’anno.

TRACKLIST
1.The Garden of Earthly Delights
2.Pyre
3.Flagellants’ Song
4.Exhale
5.Theatre of War
6.The Great Mortality
7.To Embark
8.Here Be Monsters

LINE-UP
Andreas Skoglund – Drums and percussions, backing vocals
Jonas Lindh – Guitars, backing vocals
Mikael Lindström – Hurdy gurdy, bagpipes, rauschpfeife, backing vocals
Rikard Jansson – Bass, backing vocals
Erik Larsson – Guitars, mandola, cittern, rauschpfeife, vocals

APOCALYPSE ORCHESTRA – Facebook

Altair – Descending : The Devilish Comedy

Quaranta minuti di power metal veloce e progressivo, potente e melodico, ovviamente dai tratti epici, sinfonico il giusto per poi ripartire con cavalcate metalliche tra tradizione tedesca e raffinata scuola scandinava.

La Sleaszy Rider si conferma come una delle label europee che, a livello underground, ha alzato non poco l’asticella qualitativa delle proprie proposte comprendenti praticamente tutte le correnti musicali del mondo metallico.

Con un occhio particolare anche per la scena italiana, la label greca non sta sbagliando un colpo e, parlando di suoni classici e dai rimandi power, dopo l’ultimo bellissimo album dei Kaledon ci presenta un’altra ottima band nostrana, i ferraresi Altair.
Attivi dal 2008, con un passato fatto di aggiustamenti più o meno importanti nella line up, gli Altair giungono al secondo album, dopo l’ottimo debutto licenziato nel 2013, quel Lost Eden che ha portato ottimi riscontri; si ripresentano con questo ottimo lavoro intitolato Descending: A Devilish Comedy, un concentrato di power progressive metal suonato bene, prodotto meglio e composto da un lotto di belle canzoni.
Si, perché poi alla fine lo scrivere brani dal buon appeal, pur mantenendo un approccio da metal band tecnica e progressiva senza far mancare all’ascoltatore melodie, refrain e ritornelli che entrano in testa al primo ascolto, diventa fondamentale per non farsi dimenticare, in questi tempi in cui tutto va di fretta anche nella musica (con opere che rimangono nel lettore, lo spazio di due o tre ascolti) .
E il sestetto di Ferrara ci riesce con questi quaranta minuti di power metal veloce e progressivo, potente e melodico, ovviamente dai tratti epici, sinfonico il giusto per poi ripartire con cavalcate metalliche tra tradizione tedesca e raffinata scuola scandinava.
Con il microfono ben saldo tra le mani del buon Simone Mala, interpretativo e sanguigno vocalist di razza, e le evoluzioni tecniche dei suoi compagni, Descending: A Devilish Comedy vi accompagnerà nel mondo del power metal elegante e melodico, metallico nel più tradizionale senso del termine tra Gamma Ray e Stratovarius, Helloween e Sonata Arctica e con un tocco di progressivo metallo di cui i Symphony X sono gli assoluti maestri.
Non rimane che piazzarvi le cuffie nelle orecchie e godere delle evoluzioni del gruppo nelle varie Path Of Worms, Seven, Sed Of Violence e la conclusiva A Lesson Before Ascending, per poi, alla fine, ripartire daccapo …

TRACKLIST
1. Descending
2. Path of Worms
3. Limbo
4. Seven
5. Godless
6. Seed of Violence
7. Flame of Knowledge
8. Frozen Graves
9. A Lesson Before Ascending

LINE-UP
Simone Mala – Voice
Luca Scalabrin – Bass/Vocals
Gianmarco Bambini – Guitar
Albert Marshall – Guitar
Enrico Ditta – Keyoboards
Simone Caparrucci – Drums

ALTAIR – Facebook

Soulspell – The Second Big Bang

Si torna a parlare di metal opera con il quarto album dei brasiliani Soulspell, creatura del batterista Heleno Vale, qui a dirigere la crema dell’heavy power mondiale nel suo nuovo e bellissimo lavoro, The Second Big Bang.

Le metal opera ormai fanno storia a sé nella discografia di una band, molte volte sono episodi che non trovano repliche, altre invece diventano il leit motiv di un’intera discografia o quasi.

Inutile ricordare l’importanza della seconda parte della discografia dei Savatage e, in seguito, delle opere di Ayreon e Avantasia in quello che ormai è un genere parallelo al metal di estrazione classica, ispirato dall’heavy e dal power a seconda della provenienza dei musicisti e pregno di sinfonie operistiche (da qui il nome metal opera).
Concept più o meno riusciti spesso trovano nella quantità e qualità degli ospiti intervenuti il loro maggiore interesse, molte volte superando quello per la musica vera e propria.
Si torna dunque a parlare di metal opera con il quarto album dei brasiliani Soulspell, creatura del batterista Heleno Vale, qui a dirigere la crema dell’heavy power mondiale nel suo nuovo e bellissimo lavoro, The Second Big Bang.
Prodotto da Tito Falaschi, masterizzato e mixato da Dennis Ward, si tratta di un monumentale lavoro in cui gli ospiti che si danno il cambio nelle varie parti sono il fiore all’occhiello di un album inattaccabile, perfettamente in grado di funzionare nella sua interezza, ma con brani che potrebbero tranquillamente viaggiare per conto proprio, mentre le cavalcate power tra Helloween ed Avantasia splendono tra le orchestrazioni ed epiche sinfonie, e a tratti ci si spellano le mani tra atmosfere hard rock e fughe metal prog.
Fin qui niente di nuovo, e ci mancherebbe, ma come il genere impone le sfumature cangianti di brano in brano mantengono altissima l’attenzione, anche perché le sorprese, specialmente al microfono, sono tante e di altissima qualità.
Infatti, tra gli altri, alla voce troverete Andre Matos, Arjen Lucassen, Blaze Bayley, Fabio Lione, Oliver Hartmann, Ralf Scheepers, Tim Ripper Owens, Timo Kotipelto, tutti a farvi tornare la voglia di power metal, melodico, epico e sinfonico, con i nomi di spessore che non si fermano ai soli cantanti ma proseguono con quelli alle prese con i vari strumenti, a partire da un Lucassen nei panni di tuttofare (oltre al canto, il menestrello olandese si cimenta con chitarra e tastiere), Jani Liimatainen e Kiko Loureiro alle sei corde, Frank Tischer (Avantasia) alle tastiere, Markus Grösskopf al basso, più un buon numero di musicisti della scena brasiliana.
Angra, Avantasia e Ayreon sono le influenze che escono prepotentemente dalle note di The Second Big Bang, album che merita l’attenzione degli amanti del genere, per un songwriting molto ispirato di cui si giovano brani intensi ed emozionanti come Sound Of Rain, Horus’s Eye, il singolo Dungeons And Dragons con il nostro Fabio Lione in pieno delirio rhapsodyano, e Game Of Hours.
Amanti delle metal opera fatevi sotto, questo lavoro sazierà la vostra fame di storie raccontate in musica e vi fornirà grandi soddisfazioni.

TRACKLIST
01 – Time To Set You Free
02 – The Second Big Bang
03 – The End You’ll Only Know At The End
04 – Dungeons And Dragons
05 – Horus’s Eye
06 – Father And Son
07 – White Lion Of Goldah
08 – Game Of Hours
09 – Super Black Hole
10 – Sound of Rain
11 – Soulspell (Apocalypse Version)
12 – Alexandria (Apocalypse Version)

LINE-UP
Vocals :
Andre Matos (The White Lion Of Goldah), Arjen Lucassen (Space And Time), Blaze Bayley (Banneth, the Keeper of the Tree), Daísa Munhoz (The Princess Judith), Dani Nolden (The Shadows), Fabio Lione (The Dungeon Master), Jefferson Albert (Padyal, the Worshipful Master), Oliver Hartmann (The Space Agency Director), Pedro Campos (Timo’s Mystical Body), Ralf Scheepers (The Clairvoyant), Tim Ripper Owens (The Holy Dead Tree), Timo Kotipelto (Greibach, The Mathematician) e Victor Emeka (Adrian, the Apprentice).

Bass :
Daniel Guirado, Markus Grösskopf (Helloween) e Tito Falaschi

Guitars :
Arjen Lucassen (Ayreon), Cleiton Carvalho, Eduardo Ardanuy (ex-Dr. Sin), Jani Liimatainen (ex-Sonata Arctica), Kiko Loureiro (Megadeth / Angra), Leandro Erba, Marcos Pópolo, Rodolfo Pagotto (Vandroya), Thiago Amendola e Tito Falaschi.

Keyboards:
Arjen Lucassen (Ayreon), Fábio Laguna (Hangar / ex-Angra), Frank Tischer (Avantasia) e Rodrigo Boechat.

Drums :
Eduardo Santos, Gabriel Viotto, Heleno Vale e Juliano Caserta.

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