Angry Nation – Embracing The Collapse

Il thrash/death deglI Angry Nation solo in alcuni episodi supera il livello di guardia in quanto a velocità, avanzando potente e pesantissimo come uno schiacciasassi metallico, valorizzato da ottime melodie incastonate in armonie chitarristiche piazzate perfettamente nel contesto dei brani.

Thrash/death roccioso, potente e melodico è quello che suona il quartetto chiamato Angry Nation e formato dagli italiani Alessandro Vagnoni (batteria) e Jacopo Rossi (basso) e da due musicisti austriaci, Walter Oberhofer (chitarra) e Wolfgang Süssenbeck (voce).

Embracing The Collapse è il secondo lavoro del gruppo, dopo l’esordio licenziato un paio d’anni fa intitolato The Fail Decade, sul mercato tramite la Woolfblood Productions.
Il thrash/death degli Angry Nation solo in alcuni episodi supera il livello di guardia in quanto a velocità (Trail Of Dead Bodies, Dead World Empire), avanzando potente e pesantissimo come uno schiacciasassi metallico, valorizzato da ottime melodie incastonate in armonie chitarristiche piazzate perfettamente nel contesto dei brani (Universal Seduction), così che Embracing The Collapse non esibisca solo doti distruttive, dimostrandosi invece un buon lavoro di metal estremo tra tradizione e input moderni.
I tre musicisti ci sanno fare, l’esperienza c’è e si sente, messa al servizio di deflagrazioni musicali come Supremacy Of Reason o State Of Deception; il thrash metal lascia il comando del sound al death e viceversa, mantenendo inalterata l’atmosfera apocalittica dell’album.
Quasi cinquanta minuti in balia delle atmosfere da fine del mondo, incubo che il carillon e le voci infantili della devastante Black Ink Terrorists, opener dell’album, accentuano invitandoci nel mondo post nucleare di Embracing The Collapse.
Se amate i due generi confluenti nel sound del quartetto italo austriaco, questo nuovo lavoro non mancherà di stupirvi positivamente, riunendo sotto lo stesso cielo oscurato dai fumi di morte Asphyx, primi Machine Head, Obituary e Kreator.

Tracklist
1.Black Ink Terrorists
2.Universal Seduction
3.Armed Revolution
4.Supremacy Of Reason
5.Trail Of Dead Bodies
6.Embracing The End
7.State Of Deception
8.Dead World Empire
9.Automaton Mentality
10.America Has Traps
11.Freedoms Origin

Line-up
Jacopo Rossi – Bass
Alessandro Vagnoni – Drums
Walter Oberhofer – Guitars
Wolfgang Süssenbeck – Vocals

ANGRY NATION – Facebook

Anguish Force – Chapter 7

Gli Anguish Force pescano a piene mani dalla tradizione metallica erigendo muri sonori potentissimi e dando vita ad un lavoro imperdibile per gli amanti del genere.

Settimo capitolo per gli Anguish Force, storica metal band proveniente bolzanina che ci investe con tutta la sua potenza heavy/power/thrash metal vecchia scuola, ma supportata da una produzione al passo con i tempi.

La band torna dunque con Chapter 7, a quattro anni dal precedente full length (Sea Eternally Infested), ennesimo sigillo di una onorata carriera nell’underground metallico segnata da una serie di ottimi lavori che, per tradizione, uniscono in un unico sound quella manciata di generi che formano il mondo dell’heavy metal classico.
Come scritto in precedenza, anche le sonorità di questo ultimo lavoro degli Anguish Force segue le caratteristiche consolidate da oltre quindici anni, e fin dall’intro strumentale Chapter 7, l’album è un vulcano che erutta metallo incandescente, puro hard’n’heavy potenziato da bordate power/thrash metal.
Karma’s Revenge esplode in tutta la sua potenza metallica, i riff sono comandamenti scritti sulla tavole della legge del genere, velocità ed impatto vanno di pari passo per darvi il benvenuto in casa Anguish Force, laddove spiccano il grande lavoro delle chitarre, una sezione ritmica tellurica ed una voce rocciosa: la formula è semplice, ma per farla funzionare ci vogliono impatto ed attitudine.
Don’t Lose the War è un brano trascinante, probabilmente irresistibile se suonato su un palco, ma non sono da meno pezzi da novanta come Planned Earthquake, The Punishment e la top song The Book Of The Devil.
Gli Anguish Force pescano a piene mani dalla tradizione metallica erigendo muri sonori potentissimi e dando vita ad un lavoro imperdibile per gli amanti del genere.

Tracklist
1. Chapter 7
2. Karma’s Revenge
3. Don’t Lose the War
4. The Other 11 September
5. Planned Earthquake
6. Under the Streets
7. Waiting For the Call
8. The Punishment
9. The Book Of the Devil
10.So It Was
11.Thunder in The Thundra (THOR cover)

Line-up
KINNALL – vocals
LGD – guitar
LUCK AZ – guitar
TUMBLER – bass
PEMMEL – drums

ANGUISH FORCE – Facebook

Zombiefication – Below The Grief

Il duo messicano, come da tradizione, ha dato vita ad un lavoro di matrice death metal, apocalittico e distruttivo in ogni sua nota, che si colloca tra le opere consigliate particolarmente ai fans del metal estremo.

Un’apocalisse zombie si abbatte sulla Terra con la forza del giudizio universale, i morti camminano e si cibano dei vivi mentre intorno il mondo brucia, accompagnato dalla colonna sonora del duo messicano Zombiefication, band attiva da quasi dieci anni e con tre full length già editi ai quali si aggiunge questo devastante lavoro intitolato Below The Grief.

Mr.Jacko (basso e chitarra) e Mr.Hitchcock (voce) tornano, a quattro anni esatti dal precedente Procession Through Infestation, con questo massacro death metal scarno ed essenziale, tra devastanti accelerazioni e potenti parti cadenzati, un canto che più che un growl tipico del genere risulta un urlo belluino che attraversa sette brani a formare un’opera senza compromessi.
Riff apocalittici formano un sound estremo che non lascia speranza, l’atmosfera che si respira all’ascolto è quella di un disperato ed ormai inutile grido di aiuto, mentre il death metal del duo si potenzia di veloci parti thrash e le parti rallentate disegnano nella mente le lunghe marce in cerca di cibo delle centinaia di migliaia di zombie che vagano per città distrutte.
Il sound risulta un death metal old school di matrice statunitense, una letale mazzata inferta senza pietà, con l’atmosfera di orrore apocalittico che dà vita ad insano metallo estremo con cui il duo crea brani devastanti come l’opener Blood Falls, Death To Its Son e Hunger Undying.
Il duo messicano, come da tradizione, ha dato vita ad un lavoro di matrice death metal, apocalittico e distruttivo in ogni sua nota, che si colloca tra le opere consigliate particolarmente ai fans del metal estremo.

Tracklist
1.Blood Falls
2.Deliverance From The Astral Sea
3.Echoes Of Light
4.From death To Its Son
5.Heavy Is The Crown
6.Hunger Undying
7.Sky Burial

Line-up
Mr.Jacko – Bass Guitars
Mr.Hitchcock – Vocals

ZOMBIEFICATION – Facebook

Deaf Havana – Rituals

Il ritorno dello scorso anno aveva fatto ben sperare i fans del gruppo e la conferma del ritrovato stato di salute dei Deaf Havana arriva oggi con questo buon lavoro, consigliato agli amanti dei suoni rock dal taglio melodico e dall’anima indie.

Poco meno di un anno è passato da All These Countless Nights, album che risultava per James Veck-Gilodi e di suoi Deaf Havana una sorta di nuovo inizio dopo uno tsunami di problemi che ha attanagliato la band per molti anni.

Ora il cantante e chitarrista inglese ha preso in mano il presente e futuro del gruppo e ha scritto questo nuovo album, aiutato ovviamente dai musicisti che compongono i Deaf Havana e che hanno saputo assecondare la vena del loro leader espressa in Rituals, una raccolta di brani rock/indie/pop, melodici e maturi, d’autore per quanto il genere strizzi comunque l’occhio al circuito mainstream.
Un album intimo, mai sopra le righe e dalle atmosfere rock delicate, un raffinato quadro musicale che non lascia mai campo all’elettricità, al limite si dilata in tracce ed aperture melodiche che dal pop prendono l’appeal, dall’indie e dall’alternative spunti meno lineari del solito e dal rock quel modo di esprimersi delicatamente introverso e ribelle.
Rituals è un album nato e scritto per il suo autore, ovviamente protagonista con la sua voce e la sua chitarra , ma valorizzato da tutti i musicisti coinvolti nel progetto Deaf Havana: una raccolta di brani che in pochi minuti nascono, crescono e maturano tra raffinate impennate rock e delicate semi ballad che sono il fulcro del sound creato da James Veck-Gilodi e soci.
Più ragionato, anche se scritto in pochi mesi, e meno urgente del suo predecessore, Rituals vive però di canzoni emozionali, con quella vena malinconica che sottolineava anche i migliori episodi del suo predecessore, come Ritual, Holy, Fear e la bellissima Worship.
Il ritorno dello scorso anno aveva fatto ben sperare i fans del gruppo e la conferma del ritrovato stato di salute dei Deaf Havana arriva oggi con questo buon lavoro, consigliato agli amanti dei suoni rock dal taglio melodico e dall’anima indie.

Tracklist
1.Wake
2.Sinner
3.Ritual
4.Hell
5.Holy
6.Saviour
7.Fear
8.Pure
9.Evil
10.Heaven
11.Worship
12.Saint

Line-up
James Veck-Gilodi – Vocals, Guitars
Matthew Veck-Gilodi – Guitars
Lee Wilson – Bass
Tom Ogden – Drums, Percussions
Max Britton – Piano, Keyboards

DEAF HAVANA – Facebook

Le Ceneri – Demo

Ispirazioni ed influenze che toccano lidi tradizionali ed importanti ed un impatto volto a distruggere nella più malvagia oscurità, depongono a favore di un esordio che fa ben sperare per il futuro.

Proposta assolutamente underground consigliata da MetalEyes agli appassionati di death metal: Le Ceneri sono un gruppo proveniente da Belluno e questo demo di quattro pezzi è il loro primo devastante atto di forza.

Un death metal che, per forza ed impatto, si può senza dubbio definire brutal: il sound del gruppo infatti è un uragano estremo massiccio e compatto, con l’uso sia dell’idioma inglese che italiano (Smirne Brucia, notevole brano tra violente raffiche di vento atomico e pachidermiche sfumature vicine al doom).
La band è nata da pochi mesi ed è formata da Alvise Cappello (voce e basso), Guglielmo Cappello (chitarra) e Carlo Guadalupi (Chitarra): il loro lavoro, oltre alla già citata Smirne Brucia, si compone di altre tre tracce, l’opener Apostasia, primo urlo bestiale, la brutale Novit Dominus Qui Sunt Eius e la tellurica Scared To Death.
Ispirazioni ed influenze che toccano lidi tradizionali ed importanti (Morbid Angel/Hate Eternal in primis) ed un impatto volto a distruggere nella più malvagia oscurità, depongono a favore di un esordio che fa ben sperare per il futuro.

Tracklist
1.Apostasia
2.Novit Dominus Qui Sunt Eius
3.Scared To Death
4.Smirne Brucia

Line-up
Alvise Cappello – Vocals, Bass
Guglielmo Cappello – Guitars
Carlo Guadalupi – Guitars

LE CENERI – Facebook

Lizzies – On Thin Ice

Le ragazze spagnole non si lasciano attrarre da soluzioni moderne e guardano invece ad un passato glorioso per il rock al femminile, fatto e scritto da gentaglia come le Runaways o le Girlschool.

Hard & heavy sanguigno e verace, non così moderno come quelli di molte band attuali, ma con un piedino ben saldo nel metal/rock di matrice ottantiana.

Le Lizzies da Madrid licenziano il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Good Luck uscito un paio di anni fa sempre per The Sign Records, con il loro hard rock che non disdegna impennate heavy e ritmiche rock’n’roll e che ha nella sua anima vintage l’arma in più per risultare personale, in una scena nella quale i gruppi del genere finiscono inesorabilmente nella trappola dell’alternative.
Nulla di tutto ciò capita alle ragazze spagnole, che non si lasciano attrarre da soluzioni moderne e guardano invece ad un passato glorioso per il rock al femminile, fatto e scritto da gentaglia come le Runaways o le Girlschool.
Diretto come un pugno in pieno volto, il sound di On Thin Ice risulta quindi più verace e senza fronzoli rispetto al passato: le Lizzies puntano ad un approccio che rivela un’urgenza espressiva più accentuata rispetto al passato ed il sound ci guadagna non poco, trovando la perfetta dimensione per il sound delle quattro rockers .
La band ruggisce per quaranta minuti, i brani si susseguono tra sferragliante rock e poche ma potenti sfumature metal, le chitarre urlano tra solos e ritmiche adrenaliniche in un lotto che, partendo dall’opener Like An Animal, non concede tregua.
Le icone del rock al femminile si uniscono a Thin Lizzy, ed in parte Motorhead, nel imprimere il loro marchio su un ipervitaminico lavoro, nel quale il singolo Final Sentence è solo uno dei candelotti di dinamite lanciati dalle Lizzies sulle vostre teste: attenti al botto e ai danni collaterali.

Tracklist
1.Like An Animal
2.No Law City
3.I’m Paranoid
4.Playing With Death
5.Real Fighter
6.Talk Shit And Get Hit
7.Final Sentence
8.Rosa María
9.World Eyes On Me
10.Love Is Hard
11.The Crown

Line-up
Elena – Vocals
Patricia – Guitars
Marina – Bass

LIZZIES – Facebook

Psychotomy – Aphotik

Aphotik dimostra come non bisogna andare troppo distante dai confini nazionali per ascoltare death metal classico di ottimo livello: gli Psychotomy offrono un album potente, purulento e devastante degno delle band migliori del genere.

Una mazzata niente male questo nuovo lavoro degli Psychotomy, band veneta attiva da otto anni e con due lavori alle spalle, l’ep Transcend the Absolution del 2012 ed il primo full length licenziato nel 2015 ed intitolato Antinomia.

Il trio proveniente dal nord est italico veneto ci travolge con il suo dissonante metal estremo: Aphotik risulta infatti un muro sonoro invalicabile a base di death metal old school, con le sue influenze bel delineate, ma con una forza espressiva che convince già dalle prime battute.
Dalla prima note dell’opener Towards the Pillars of Chaos/Kenosis ci si imbatte in un unico e devastante ammasso di carne putrescente, l’album non concede pause, i rallentamenti si alternano con sfuriate estreme, riff per nulla scontati formano altissimi ed impenetrabili muri di note estreme valorizzati da un songwriting di ottimo livello.
Una quarantina di minuti è la durata perfetta per seguire senza distrarsi la musica offerta da autentici e penetranti esempi di death metal di scuola Incantation/Immolation come Evidence Of Tyranny, Blood Red Kvlt, o la monumentale Ascent Through Malevolent.
Aphotik dimostra come non bisogna andare troppo distante dai confini nazionali per ascoltare death metal classico di ottimo livello: gli Psychotomy offrono un album potente, purulento e devastante degno delle band migliori del genere.

Tracklist
1.Towards the Pillars of Chaos/Kenosis
2.Evidence of Tyranny
3.Witness of Void
4.Blasphemous Inception
5.Blood Red Kvlt
6.Ascent Through Malevolence
7.Conjuring the Abyss
8.Beyond the Eternal Omega
9.Lethe

Line-up
L.D.R – Guitars & Vocals
I.B. – Guitars
M.V. – Drums

PSYCHOTOMY – Facebook

Barros – More Humanity Please

Paul Barros, pur lasciando intravedere la sua ottima tecnica chitarristica, lascia la scena alle canzoni, ottimi esempi di hard rock melodico raffinato, a tratti graffiante ma pur sempre debordante di melodie.

Due passi nell’hard rock melodico di classe con questo splendido lavoro ad opera di Paul Barros, chitarrista dei portoghesi Tarantula, qui con il progetto solista che porta il suo nome ed una band che vede Pico Moreira alla batteria, Vera Sá al basso e soprattutto il singer Ray Van D, protagonista di una performance che ricorda i migliori interpreti del genere.

I Barros debuttano quindi con un album molto bello: il chitarrista pur lasciando intravedere la sua ottima tecnica strumentale, lascia la scena alle canzoni, ottimi esempi di hard rock melodico raffinato, a tratti graffiante ma pur sempre debordante di melodie.
Preceduto dal singolo My Everything, mixato e masterizzato da Harry Hess (Harem Scarem), More Humanity Please vive del talento dei suoi protagonisti, dal cantato di razza di Ray Van D alla chitarra di Barros, raffinata anche quando l’atmosfera si riempie di elettricità: dieci brani di classe, per una quarantina di minuti immersi nel caldo abbraccio del rock duro di matrice melodica, venato di aor e che richiama in molte tracce i Van Halen era Sammy Hagar.
Il singolo My Everything è la canzone perfetta per aprire l’album, grintosa con classe, pregna di melodie così come la seguente Disconnected, con l’album che decolla subito e prima della ballad Tearing As Apart, ci regala ancora due splendide hard rock songs; Kingdom For A Day e Take Me Us I Am.
More Humanity Please, brano che dà il titolo all’album è una ballad che profuma di west coast, mentre la conclusiva How Does It Feel è un grintoso hard rock che ci dà appuntamento al prossimo giro sulla giostra melodica condotta da Paul Barros e dalla sua band: il consiglio agli amanti del genere è quello di non perdersi questo meritorio lavoro.

Tracklist
1.My Everything
2.Disconnected
3.My Kingdom For A Day
4.Take Me Us I Am
5.Tearing Us Apart
6.When It Rains It Pur
7.Live Before We Die
8.A Love That Shines
9.More Humanity Please
10.How Does It Feel

Line-up
Paulo Barros – Guitar
Vera Sa – Bass
Pico Moreira – Drums
Ray Van D – Vocals

BARROS – Facebook

Tornado – Commitments To Excellence

Thrash, street metal, punk rock e hard core, non manca nulla nel sound di questi quattro ragazzacci finlandesi, una bassa pressione rock’n’roll che vi travolgerà con la forza di cento twister uniti per portare caos e distruzione per quaranta minuti di musica che colpisce direttamente ai bassifondi.

Cercate riparo il più presto possibile perché il tornado thrash/street metal finlandese sta per abbattersi su di voi, come successo un paio di anni fa quando il cantante Superstar Joey Severance e compagni licenziarono il devastante Black President.

Questa volta tocca alla Rockshots la responsabilità d’aver liberato questo fortunale metallico intitolato Commitment To Excellence, l’ennesimo massacro sonoro targato Tornado.
Thrash, street metal, punk rock e hard core, non manca nulla nel sound di questi quattro ragazzacci finlandesi, una bassa pressione rock’n’roll che vi travolgerà con la forza di cento twister uniti per portare caos e distruzione per quaranta minuti di musica che colpisce direttamente ai bassifondi, con la potenza del metal e l’irriverenza sfrontata del punk’n’roll.
Pronti e via, White Horse Of The Apocalypse ci investe con tutta la sua potenza thrash metal, così come Global Pandemic, mentre The Flight Of Yuri Gagarin, tra parti veloci ed altre cadenzate, risulta una delle tracce migliori dell’album.
I musicisti ci sanno fare eccome, quindi non troviamo solo attitudine ed impatto, ma anche una discreta tecnica al servizio dello tsunami che letale si abbatte su di noi in veste thrash metal con la travolgente in Endless Forms Of Torment e con la pesantissima Supremacy, altre due mazzate niente male per quello che a mio avviso è l’album più estremo del combo nord europeo.
At The Chapel Of Rest conclude il lavoro, confermando l’impatto che il gruppo riversa su una raccolta di brani devastanti, in un crescendo di potenza che si alimenta come una tempesta prima di sfogare tutta la sua forza sull’ascoltatore.
Valorizzato da una manciata di ospiti come Karl Sanders, Niko Kalliojärvi, Ross Dolan, Adam Phillips e Glen Drover, Commitment To Excellence è la conferma del valore dei Tornado, i quali si abbatteranno su di voi con tutta la loro potenza.

Tracklist
1. A Minute Of Nothing
2. White Horse Of The Apocalypse (Solo: Karl Sanders/Nile. Additional Vocals: Niko Kalliojärvi/ex-Amoral)
3. Global Pandemic
4. Spirit And Opportunity (Additional Vocals: Ross Dolan/Immolation)
5. The Flight Of Yuri Gagarin
6. Endless Forms Of Torment (Additional Solo: Adam Phillips/Pro-Pain)
7. Through Difficulties To Victory
8. Supremacy
9. Chaos Among The Ruins
10. United Forces (S.O.D. Cover)
11. At The Chapel Of Rest (Additional Solo: Glen Drover/ex. Megadeth)

Line-up
Superstar Joey Severance – Vocals
Tommy Shred – Lead Guitar
Henry Steel – Bass
Jimmy the Grey – Drums

TORNADO – Facebook

Ravens Creed – Get Killed or Try Dying

Get Killed or Try Dying segue dunque la strada intrapresa dai Ravens Creed, quella di suonare death metal minimale e old school, che non manca di farsi accompagnare da un’urgenza thrash di scuola slayerana per un altro esempio di metal estremo da consigliare ai fans del genere.

Death metal d’impatto e senza compromessi, assolutamente old school nella forma e nelle intenzioni è quanto offerto dai Ravens Creed.

Il gruppo britannico, nato per volere di due vecchie conoscenze della scena come Steve Watson (Iron Monkey / Cerebral Fix) e Jay Graham (Skyclad / Return to the Sabbat / Undergroove), torna sul mercato con il quarto full length della propria carriera, nata tra i vicoli e i locali londinesi nel 2006, a distanza di tre anni dal precedente Ravens Krieg, di cui ci eravamo occupati al momento dell’uscita.
Il sound del gruppo non si discosta da quello che avevamo potuto ascoltare tre anni fa, trattandosi di un death metal feroce, battagliero e minimale, con tredici brani sparati come cannonate in appena mezzora scarsa di guerra totale.
Get Killed or Try Dying segue dunque la strada intrapresa dai Ravens Creed, quella di suonare death metal minimale e old school, che non manca di farsi accompagnare da un’urgenza thrash di scuola slayerana per un altro esempio di metal estremo da consigliare ai fans del genere.
Dead Bird On Winchester Street arriva come una tempesta dopo l’intro ed inizia così il massacro a colpi di death/thrash metal, dove una dopo l’altra le tracce si susseguono veloci come tempeste di fuoco in mezzo alla battaglia.
Jay Graham è il solito martello ritmico, una macchina da guerra senza soluzione di continuità, il growl di Al Osta segue l’evoluzione dei brani che non disdegnano potentissimi rallentamenti o ritmi cadenzati e marziali come nella tellurica title track.
Il resto dell’album segue questa strada che porta allo scontro finale, confermando l’assoluta attitudine old school ed underground del combo londinese, il quali non lascia spazio a facili compromessi risultando una garanzia per i fans più duri e puri di queste sonorità.

Tracklist
1.Intro – Unrelenting Supremacy
2.Dead Bird on Winchester Street
3.Death on a Rival
4.Get Killed or Try Dying
5.Hymn & Hearse
6.Off with their Legs
7.Treacherous Rector
8.Rats Beneath Our Feet
9.Remember the Hammer
10.Sound of Sirens
11.When a Deaf Man Goes Blind
12.The Trauma of Being Hunted
13.Outro

Line-up
Rod Boston – Bass
Jay Graham – Drums
Steve Watson – Guitars
Al Osta – Vocals

RAVENS CREED – Facebook

Lords Of The Trident – Shadows From The Past

Una raccolta di brani che riesce a mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore grazie ai tanti momenti melodici in un contesto metallico supportato da un buon songwriting, anche se l’album precedente era baciato da un maggiore stato di grazia che influisce sul giudizio comunque positivo di questa nuova prova.

L’ultimo lavoro uscito tre anni fa, era un autentico gioiellino metallico, duro, melodico, a metà strada tra il power metal e le più tradizionali sonorità heavy classiche.

Sto parlando di Frostburn, bellissimo lavoro dei Lords of The Trident, simpatica e bravissima band del Wisconsin, dal sound che di americano ha poco o nulla ed invece ha molto dell’heavy europeo.
Mai troppo power, il metal del quintetto guidato dal vocalist Fang VonWrathenstein si rivela una bella sorpresa per i fans dei suoni classici di scuola tedesco/britannica, con una band che non prendendosi troppo sul serio diverte tra citazioni ed ispirazioni che non possono non far saltare sulla poltrona i defenders incalliti.
Shadows From The Past è il quarto lavoro sulla lunga distanza per gli statunitensi: niente di nuovo ma convincente sotto il cielo di un Wisconsin illuminato da lampi e tuoni metallici e riflessi accecanti di lucide spade.
Una raccolta di brani che riesce a mantenere alta l’attenzione dell’ascoltatore grazie ai tanti momenti melodici in un contesto metallico supportato da un buon songwriting, anche se l’album precedente era baciato da un maggiore stato di grazia che influisce sul giudizio comunque positivo di questa nuova prova.
Chitarre che si incendiano in solos e passaggi heavy metal lasciano spazio a cavalcate power di scuola Helloween; ottimo è l’uso dei chorus dal flavour epico e dal buon appeal, mentre il singer conferma di essere cantante perfetto per la musica suonata e la sezione ritmica fa il suo sporco lavoro al meglio, alternando parti telluriche ad accelerazioni che trovano le loro origini tra le vie di Amburgo a metà degli anni ottanta.
L’opener Death Dealer parte come un treno e deraglia nella tellurica e melodica Zero Hour, la bellissima Figaro porta con sé sfumature progressive, mentre The Party Has Arrived fa da preludio alla più moderna Reaper’s Hourglass.
Sono questi i pezzi forti che i Lords Of The Trident mettono in campo per uscire vincitori da questa ennesima prova, che non deluderà sicuramente gli amanti del genere, anche se Frostburn, come scritto, rimane il loro album migliore.

Tracklist
1.Death Dealer
2.Zero Hour
3.Tormentor
4.Burn It Down (With Fire)
5.Figaro
6.The Party Has Arrived
7.Brothers of Cain
8.Reaper’s Hourglass
9.Chasing Shadows
10.The Nameless Tomb
11.The Gatekeeper
12.Cross the Line
13.Desolation (Haze of the Battlefield Pt. 2)
14.Fire and Sand

Line-up
Fang VonWrathenstein – Lead Vocals
Baron Taurean Helleshaar – Lead Guitar
Asian Metal – Lead Guitar
Pontifex Mortis – Lead Bass
Master “Herc” Hercule Schlagzeuger – Lead Drums

LORDS OF THE TRIDENT – Facebook

Necronomicon – Unleashed Bastards

Unleashed Bastards è un buon ritorno per i Necronomicon ed un lavoro da consigliare senza riserve agli amanti del thrash metal classico di scuola europea.

Nella storia del thrash metal di matrice europea non ci si deve solo ricordare del triumvirato tedesco Sodom- Kreator- Destruction, perché tante sono le band nate nel corso degli anni ottanta che, pur valide, si sono fatte valere solo entro i confini del genere e ad esclusiva dei suoi fans.

Una di queste sono sicuramente i Necronomicon, tedeschi D.O.C. attivi dalla metà del decennio più importante per il thrash e per tutto l’heavy metal classico, e sopravvissuti con fasi alterne a più di trent’anni di mode e trend.
Il nuovo album si intitola Unleashed Bastards, avvicina la band alla doppia cifra per quanto riguarda i full length (questo è il nono, dando un minimo di continuità alle uscite, visto che l’ultimo album risale al 2015 (Pathfinder… Between Heaven and Hell).
Pochi fronzoli in quanto a uscite minori, con la discografia del gruppo che si concentra sulle opere dalla lunga distanza, anche se tra Escalation (ultimo lavoro uscito negli anni ottanta) e Construction Of Evil (il primo del nuovo millennio) il gruppo tedesco ha limitato le sue uscite al solo Screams, uscito nel 1994.
Thrash metal dunque, prodotto molto bene, con abbondante dispiego di brani potentissimi e di trazione germanica, vicini a quanto uscito ultimamente in casa Destruction.
Unleashed Bastards si sviluppa su una dozzina di tracce spaccaossa per una cinquantina di minuti: canzoni come l’opener Burn And Fall e la seguente Live The Lights On sono quanto di più classico troverete in giro, all’interno di un lavoro suonato in maniera convincente, cantato dallo storico singer Freddy con tutto il mestiere di un vocalist da una vita davanti al microfono e valorizzato da un lavoro strumentale molto efficace .
Il tutto contribuisce alla creazione di un muro di cemento armato metallico che non conosce pause, ma solo precisi momenti di quiete atmosferica che prepara alle esplosioni metalliche, come in My Name Is Vengeance o Forbid Me From Living, un crescendo di potenza che non lascia scampo.
In conclusione possiamo sicuramente definire Unleashed Bastards un buon ritorno per i Necronomicon ed un lavoro da consigliare senza riserve agli amanti del thrash metal classico di scuola europea.

Tracklist
1. Burn And Fall
2. Leave The Lights On
3. Total Rejection
4. Malevolent
5. We Did We Do
6. Imperial Hunger
7. My Name Is Vengeance
8. Forbid Me From Living
9. Unleashed
10. Religion Live Fast
11. Personal Enemy
12. The Nightmare Continues

Line-up
Freddy – Vocals, Guitar
Marco – Bass
Chris – Drums
Mike – Guitar

NECRONOMICON – Facebook

https://youtu.be/iLGBbuAGWr0

Cemetery Urn – Barbarian Retribution

I Cemetery Urn si posizionano esattamente a metà tra la tradizione europea e quella statunitense, aggiungendoci dosi massicce di personalità deviata e dall’impatto mortifero.

Tornano i catacombali Cemetery Urn, una delle più stimate realtà dell’underground estremo australiano.

La band taglia il traguardo del quarto album in una dozzina d’anni di attività, confermando la tradizione che la vede come portavoce del famigerato australian barbaric death metal.
Quattro full length hanno portato in casa Cemetery Urn uno zoccolo duro di fans e l’etichetta di band di culto, almeno per quanto riguarda il death metal old school.
Anche con questo ultimo lavoro, intitolato Barbaric Retribution, l’atmosfera è quella soffocante e putrida di una catacomba, da centinaia di anni dimenticata sotto il livello del suolo, dove per chissà quale sordida maledizione i morti si aggirano famelici e crudeli in cerca di anime da donare al signore degli inferi.
Malato e crudele, il sound dell’urna cimiteriale sfoga tutta la sua barbarica e malvagia violenza in nove episodi di death metal classico, old school anche e soprattutto nell’attitudine, confermata dalla copertina, straordinario manifesto della musica inclusa in Barbaric Retribution.
Soffocante e putrescente, l’album alterna momenti veloci e cattivi ad altri atmosfericamente più oscuri e doom, con Manifesto Putrefactio (appunto) posta a metà lavoro ad esprimere perfettamente il credo musicale del gruppo dei deathsters di Melbourne.
I Cemetery Urn si posizionano esattamente a metà tra la tradizione europea e quella statunitense, aggiungendoci dosi massicce di personalità deviata e dall’impatto mortifero.

Tracklist
1.Victim Defiled
2.Ghost of Suicide
3.Deathmask Preserver
4.Down the Path of the Dead
5.Manifesto Putrefactio
6.Barbaric Retribution
7.Semblance of Malignant Mastery
8.Putrefied Living Flesh
9.Tendrils of Defilement
Line-up
M.Crossingham – Drums
A.Gillon – Guitarz
D.Maccioni – Guitars
T.Rentos – Bass

CEMETERY URN – Facebook

Hitwood – Marea

Marea è un altro ottimo lavoro di un artista in continua evoluzione, un musicista che riesce a valorizzare le sue influenze ed ispirazioni proponendo un sound maturo e melodicamente progressivo.

Continua il viaggio di Hitwood, il vecchio uomo protagonista con i suoi perché ed i suoi viaggi del concept creato da Antonio Boccellari, polistrumentista nostrano al suo quarto lavoro tra full length ed ep.

Dopo i primi due album di natura strumentale (When Youngness … Fly Away …e As A Season Bloom) la one man band tricolore ha inserito nel precedente Detriti la parte vocale, indispensabile per raccontare in modo completo le avventure di Hitwood e del suo viaggio mistico.
In Marea, dunque, oltre a Boccellari, che si è occupato di tutti gli strumenti, del mixaggio e della masterizzazione, troviamo quattro cantanti che si danno il cambio in quella che risulta ancora una volta un’opera melodic death metal di assoluto valore.
Oltre al fido Carlos Timaure, protagonista principale nella maggioranza dei brani, fanno la loro importante comparsa dietro al microfono Rikk Wolf, Laurhell e Gary Glays, intenti a valorizzare i capitoli del nuovo episodio della saga.
Hitwood ci dona la sua personale rivisitazione del melodic death scandinavo, arricchendolo di elementi progressivi ancora più accentuati in questa ultima prova, alzando l’asticella della qualità di un songwriting ispirato.
Marea non trova ostacoli sul suo cammino, il lavoro chitarristico e di ottimo livello, le atmosfere hanno sempre quel qualcosa di mistico e sognante che ormai è il marchio di fabbrica del musicista piacentino, le sfuriate estreme sono limitate, lasciando che l’anima progressiva sia la base importante per questa raccolta di splendide tracce.
Composto da dieci brani, tra i quali spiccano Apocalyptic Omen, oscura ed emozionante traccia in cui si respira aria death/doom, il singolo Our Street e i due splendidi brani che formano il suo cuore pulsante (Venus of my Dreams II: Her Passage e Where Unreality Becomes True), Marea è un altro ottimo lavoro di un artista in continua evoluzione, un musicista che riesce a valorizzare le sue influenze ed ispirazioni proponendo un sound maturo e melodicamente progressivo.

Tracklist
1.Intro: Last Day of Gaia
2.Apocalyptic Omen
3.Polished Sense of Nothingness
4.Our Streets
5.This Picture
6.Venus of my Dreams II: Her Passage
7.Where Unreality Becomes True
8.The Scene you Could See
9.I’ll Wait for you, Near the Lighthouse
10.Harakiri

Line-up
Antonio Boccellari – Songwriting, All Instruments, Mixing and Mastering
Carlos Timaure – Vocals on tracks 3-5-6-8-10
Rikk Wolf – Vocals on track 7 & Songwriting/Lyrics
Laurhell – Vocals on track 2
Gary Glays – Vocals on track 4

HITWOOD – Facebook

Sinsaenum – Repulsion For Humanity

Un’ora abbondante alle prese con questa macchina da guerra musicale che non si ferma crogiolandosi con i personaggi che la compongono, ma ci investe con tutta la sua maligna forza brutale e regala perle estreme di notevole spessore.

Il metal estremo non smette di stupire e regala con notevole generosità perle musicali per i propri fans attraverso nuove band, vecchie glorie e super gruppi, alleanze artistiche delle più varie e neanche immaginate.

I Sinsaenum in verità avevano già procurato non pochi danni con il primo album uscito un paio di anni fa (Echoes of the Tortured), quindi si ritornano a sentire in lontananza le grida delle vittime lacerate dalle ferite inflitte da questo manipolo di musicisti internazionali che, per presentarli per benino, sarebbe necessario un volume enciclopedico.
Joey Jordison (ex-Slipknot, ex-Murderdolls, Vimic), Frédéric Leclercq (Dragonforce), Sean Zatorsky (Dååth), Attila Csihar (Mayhem), Stephane Buriez (Loudblast) e Heimoth Seth tornano con il secondo lavoro a nome Sinsaenum intitolato Repulsion for Humanity: un mostro estremo che fagocita tutte le nefandezze del mondo per esplodere in un sound marcissimo, un black/death personale, devastante e pesantissimo.
Un’ora abbondante alle prese con questa macchina da guerra musicale che non si ferma crogiolandosi con i personaggi che la compongono, ma ci investe con tutta la sua maligna forza brutale e regala perle estreme di notevole spessore.
Non solo assalti sonori death/black con la variante thrash metal di matrice slayerana ad estremizzare ancora di più le atmosfere da girone infernale, ma death metal atmosferico e dark (I Stand Alone) e doom/death di scuola Asphyx (Manifestation Of Ignorance), per un’opera che gioca con il metal estremo come farebbe Lucifero con un chierichetto.
Stupenda è My Swan Song una lunga jam black metal che ricorda vecchie rovine perse tra i boschi norvegesi, mentre le citazioni ai generi che compongono l’oscuro universo del metal estremo continuano a valorizzare una track list sontuosa.
I protagonisti si mettono tutti al servizio dei brani, così che i Sinsaenum risultano una band a tutti gli effetti, compatta e feroce, malvagia e potentissima e Repulsion For Humanity uno degli lavori più interessanti dell’anno in corso, e quindi da non perdere assolutamente.

Tracklist
1. Final Resolve
2. Sworn To Hell
3. I Stand Alone
4. Rise Of The Lightbearer
5. Manifestation Of Ignorance
6. Sacred Martyr feat. Lauren Hart
7. My Swan Song
8. Nuit Noire
9. Insects
10. Forsaken

Line-up
Frédéric Leclercq – Guitar, Bass, Synth, Vocals
Joey Jordison – Drums
Stephane Buriez – Guitar
Sean Zatorsky – Vocals
Attila Csihar – Vocals
Heimoth – Bass

SINSAENUM – Facebook

Zero Down – Larger Than Death

Larger Than Death è un lavoro di hard & heavy tra la scuola americana e quella britannica, classico e senza fronzoli, assolutamente old school sia nell’attitudine sia nella scelta di suoni che rimangono legati al suono metal per eccellenza e che, in questo caso, sono assolutamente perfetti.

Gli Zero Down tornano con un nuovo album intitolato Larger Than Death, l’ennesimo capitolo di una discografia incentrata sull’heavy metal più classico e riottoso, un concentrato potente e adrenalinico di metal classico e punk rock in puro stile anno ottanta.

Il quintetto proviene da una città importantissima per lo sviluppo delle sonorità hard & heavy, quella Seattle patria di Jimi Hendrix, dei Queensryche, dei Metal Church e del movimento grunge.
In effetti, i musicisti coinvolti in questo progetto hanno più o meno tutti un passato che li vede coinvolti in band vicine alle sonorità per cui la piovosa città nello stato di Washington è diventata famosa, ma con gli Zero Down tornano indietro di qualche anno per respirare a pieni polmoni aria che sa di tradizione metallica, con un heavy metal oscuro che guarda ai primi Metal Church, ma pregno di quell’attitudine punk che ricorda i Maiden quando dietro al microfono Paul Di Anno si sbarazzava di tutti i vocalist dell’epoca con la sua carica inarrestabile.
Dall’opener High Priestess è un susseguirsi di riff scolpiti nella storia dell’heavy metal: le influenze del gruppo si permeano di un’anima priestiana (Lightening Rod) e il tutto funziona, almeno per chi ama l’heavy metal classico, a tratti attraversato da una vena horror (Lone Wolf).
Larger Than Death è un lavoro di hard & heavy tra la scuola americana e quella britannica, classico e senza fronzoli, assolutamente old school sia nell’attitudine sia nella scelta di suoni che rimangono legati al suono metal per eccellenza e che, in questo caso, sono assolutamente perfetti.

Tracklist
1.High Priestess
2.Mean Machine
3.Lightening Rod
4.Racoon City
5.Curandera
6.Western Movies
7.Preacher Killer
8.Lone Wolf
9.Larger than Death
10.Horns

Line-up
Lenny Burnett – Lead & Rhythm Guitars, Vocals
Matt Fox – Lead & Rhythm Guitars, Vocals
Ron E. Banner – Bass, Vocals
Chris Gohde – Drums
Mark “Hawk” Hawkinson – Lead Vocals & Screams

ZERO DOWN – Facebook

Omnium Gatherum – The Burning Cold

La straordinaria bellezza di questo lavoro pone gli Omnium Gatherum come assoluti protagonisti di questo anno metallico, almeno per quanto riguarda quel genere che, ricordiamolo, nasce proprio dalla loro terra e continua a donarci imperdibili emozioni fuori dal tempo.

Se non bastavano gli splendidi ultimi lavori di Amorphis e Barren Earth, la Finlandia melodic death metal ci regala un altro straordinario album da parte una delle sue band più rappresentative: gli Omnium Gatherum.

Arrivato dopo più di vent’anni di attività, l’ottavo album del gruppo di Karhula sale sul podio insieme alle due opere licenziate quest’anno dai gruppi citati e forma, così, una sorta di sacra triade finnica del genere; quello che viene offerto è un melodic death dalle splendide trame progressive, magari più diretto e classicamente metal, ma vorticoso nei mille cambi di atmosfere, tra una vena sinfonica poetica e commovente, ed esaltanti fughe metalliche su tappeti di tastiere che ricordano nei momenti più veloci i Dream Theater.
Mixato e masterizzato da Dan Swanö, ulteriore garanzia di qualità, The Burning Cold risulta un’opera di una bellezza disarmante, l’ennesimo in arrivo dalla terra dei mille laghi che lascia senza fiato per magnificenza strutturale, emozioni regalate e la sagacia nell’uso di trame progressive in un sound che rimane solidamente estremo.
Melodie melanconiche, cavalcate metalliche, un’aura magica che attraversa straordinari episodi come Gods Go First, le aperture progressive di Over The Battlefield, l’arcana melodia al centro della tempesta metallica di Be The Sky, l’epico incedere del capolavoro The Frontline, caratterizzano un susseguirsi di guizzi sul pentagramma che non fanno prigionieri.
La straordinaria bellezza di questo lavoro pone gli Omnium Gatherum come assoluti protagonisti di questo anno metallico, almeno per quanto riguarda quel genere che, ricordiamolo, nasce proprio dalla loro terra e continua a donarci imperdibili emozioni fuori dal tempo.

Tracklist
01.The Burning
02.Gods Go First
03.Refining Fire
04.Rest In Your Heart
05.Over The Battlefield
06.The Fearless Entity
07.Be The Sky
08.Driven By Conflict
09.The Frontline
10.Planet Scale
11.Cold

Line-up
Jukka Pelkonen – Vocals
Markus Vanhala – Guitar
Tuomo Latvala – Drums
Aapo Koivisto – Keyboards
Joonas Koto – Guitar
Erkki Silvennoinen – Bass

OMNIUM GATHERUM – Facebook

Doro – Forever Warriors, Forever United

Passano gli anni e Doro riesce ancora a far battere i cuori dei true metallers, anche se forse questo doppio album risulta eccessivamente morbido, ma di certo la qualità non si discute: per i fedeli sudditi della Metal Queen sicuramente un buon lavoro.

Scrivere di un’uscita importante come l’ultimo lavoro della Metal Queen è sempre un’arma a doppio taglio, considerando che sono passati trentacinque anni da quando Doro irruppe come un uragano biondo sulla scena metal diventandone, prima con i leggendari Warlock e poi con la sua lunga carriera solista, l’incontrastata regina.

Il 2018 porta dunque con sé un nuovo album di questa icona del metal classico, stupenda anche se gli anni passano, irresistibile sul palco e ancora in forma dietro al microfono.
Forever Warriors, Forever United è un nuovo inno al mondo metallico con tutti i suoi cliché, stucchevoli magari, ma sempre motivo di orgoglio per i tanti fans del genere, uniti quando la Metal Queen tedesca chiama a raccolta le sue truppe.
Un doppio album, venticinque brani tra cui una manciata di cover tra le quali spiccano Caruso del nostro Lucio Dalla, Don’t Break My Heart Again degli Whitesnake e Lost In The Ozone dei Motorhead, per un monumentale lavoro dove i tanti ospiti valorizzano senza stravolgerla la musica di Doro Pesch.
Accompagnata da una band compatta e sicuramente all’altezza della situazione, Doro rifila uno dietro l’altro una serie di anthem (tra i quali spiccano All For Metal e Bastardos ) che causeranno i tipici momenti di epica estasi collettiva in sede live.
L’opera è lunga e richiede il suo tempo per essere assimilata a dovere, perdendo quindi un poco di grinta in favore di un approccio leggermente soft che il vocione estremo del buon Johan Hegg degli Amon Amarth rende drammatico in If I Can’t Have You – No One Will.
Con il secondo disco la vena malinconica e soft dell’album si accentua, anche se Résistance parte a tutta birra e Lift Me Up ricorda le classiche power ballad ottantiane, per poi far scemare leggermente l’attenzione dell’ascoltatore e farlo riprendere con il drammatico ed emozionante incedere della splendida Living Life To The Fullest.
La regina torna a graffiare con la robusta Fight Through The Fire, prima che questa monumentale opera si avvii verso la conclusione con la cover dei Motorhead, omaggio all’amico Lemmy.
Passano gli anni e Doro riesce ancora a far battere i cuori dei true metallers, anche se forse questo doppio album risulta eccessivamente morbido, ma di certo la qualità non si discute: per i fedeli sudditi della Metal Queen sicuramente un buon lavoro.

Tracklist
Forever Warriors
01. All For Metal
02. Bastardos
03. If I Can’t Have You – No One Will
04. Soldier Of Metal
05. Turn It Up
06. Blood, Sweat And Rock ‘n’ Roll
07. Don’t Break My Heart Again
08. Love’s Gone To Hell
09. Freunde Fürs Leben
10. Backstage To Heaven
Bonus songs:
11. Be Strong
12. Black Ballad
13. Bring My Hero Back Home Again

Forever United
01. Résistance
02. Lift Me Up
03. Heartbroken
04. It Cuts So Deep
05. Love Is A Sin
06. Living Life To The Fullest
07. 1000 Years
08. Fight Through The Fire
09. Lost In The Ozone
Bonus songs:
10. Caruso
11. Tra Como E Coriovallum (instrumental)
12. Metal Is My Alcohol

Line-up
Doro Pesch – Vocals
Luca Princiotta – Guitars
Bas Maas – Guitars
Nick Douglas – Bass
Johnny Dee – Drums

DORO – Facebook

Exlibris – Innertia

Gli Exlibris, con un cantante dalle enormi potenzialità e buone canzoni, piacciono senza ricorrere a chissà quali chimere di originalità o pirotecnici voli ad inseguire vette tecniche, molte volte obsolete o addirittura inutili nell’economia del sound, puntando piuttosto sull’appeal melodico e sull potenza dell’heavy power metal.

Se oggi si vuole ascoltare dell’ottimo metal classico è indubbio che bisogna guardare all’Italia, da un po’ di anni fucina di ottime proposte in tale ambito, almeno per quanto riguarda la scena underground, ovviamente insieme alla solita Germania, patria di queste sonorità.

Dopo il successo dei gruppi nati in terra scandinava negli anni a cavallo dei due secoli, sono dunque i paesi affacciati sul Mediterraneo che stanno regalando le migliori soddisfazioni, anche se, a ben guardare, non mancano neppure gradevoli sorprese in giro per il vecchio continente.
In questo caso, per esempio, è la Polonia a dare i natali agli Exlibris, quintetto dedito ad un heavy/power metal che non disdegna sconfinamenti melodici vicini all’hard rock melodico, arrivato a tagliare il traguardo del quarto album con questo ottimo lavoro dal titolo Innertia.
Capitanata dal bravissimo cantante di origini finlandesi Riku Turunen, dal cognome che ricorda la famosa regina del metal sinfonico Tarja, ma con la voce che invece gioca a fare il Tobias Sammet, la band di Varsavia dà vita ad un album piacevole, assolutamente in grado di soddisfare i palati dei fans del power come quelli più raffinati dell’hard rock melodico, vincendo alla grande la sfida non facile di convincere con un songwriting ispirato.
Gli Exlibris, con un cantante dalle enormi potenzialità e buone canzoni, piacciono senza ricorrere a chissà quali chimere di originalità o pirotecnici voli ad inseguire vette tecniche, molte volte obsolete o addirittura inutili nell’economia del sound, puntando piuttosto sull’appeal melodico e sull potenza dell’heavy power metal.
Brani come Harmony Of The Spheres, Shoot For The Sun, Amorphous o Origin Of Decay passano in rassegna le varie foni di ispirazione degli Exlibris, andando dagli Avantasia ai Primal Fear, dagli Stratovarious ai Brother Firetribe, in un susseguirsi di fuochi d’artificio power/heavy/hard rock tutti da ascoltare.

Tracklist
1.Innertia
2.Harmony of the Spheres
3.Gravity
4.Shoot for the Sun
5.Incarnate
6.No Shelter
7.Amorphous
8.Origin of Decay
9.Multiversal
10.Thunderbird
11.Ascension

Line-up
Riku Turunen – vocals
Daniel Lechmański – guitars and vocals
Piotr Sikora – keyboards and orchestration, vocals
Piotr Torbicz – bass
Grzegorz Olejnik – drums

EXLIBRIS – Facebook

Unanimated – Annihilation

Annihilation arriva come un devastante fulmine nordico a ribadire la forza espressiva di questa band, e speriamo davvero che un prossimo full length sia tra le priorità di Micke Broberg e compagni.

Tra le grandi band del panorama death black scandinavo non ci si può certo dimenticare degli Unanimated, un quintetto di diabolici misantropi del metal estremo che dal 1988 lascia a noi mortali poche ma notevoli opere di metallo dannato ed oscuro.

Il vivere nell’ombra di un mercato lontano dal loro pensare li ha portati in tutti questi anni a licenziare solo tre full length, un paio di demo nei primi anni novanta e questo nuovo ep che sancisce il patto con la Century Media e un ritorno (si spera) a lungo termine.
Il capolavoro Ancient God Of Evil, uscito un paio di anni dopo il debutto In the Forest of the Dreaming Dead, aveva incendiato la scena svedese nella prima metà degli anni novanta, periodo in cui nella fredda Scandinavia si creavano opere immortali, poi il lungo silenzio durato quattordici anni, l’uscita del bellissimo In the Light of Darkness nel 2009 e la band a ritornare nell’ombra, con i suoi componenti a lasciare marchi diabolici importanti con altre realtà.
Annihilation, accompagnato da una fantastica copertina old school, presenta gli Unanimated versione 2018 con Richard Cabeza al basso, Micke Broberg alla voce, Johan Bohlin e Jonas Deroueche alle chitarre e Anders Schultz alla batteria.
I quattro brani dimostrano che, quando questi cinque musicisti si riuniscono sotto il monicker Unanimated, non c’è ne per nessuno: Adversarial Fire torna come se il tempo si fosse fermato a glorificare il male con il più puro death/black di matrice swedish, genere che il gruppo di Stoccolma sa suonare come pochi.
From A Throne Below è un brano dal flavour epico, la band si avvicina al sound dei Watain con cui divise il palco poco tempo fa, tra di cambi di tempo, parti velocissime e thrashy ed altre più cadenzate.
L’atmosfera funerea di Of Fire And Obliteration ed il suo andamento acustico porta alla title track, un monumento al genere, swedish death metal alimentato dalla nera fiamma così come vuole la tradizione.
Gli Unanimated sono tornati, Annihilation arriva come un devastante fulmine nordico a ribadire la forza espressiva di questa band, e speriamo davvero che un prossimo full length sia tra le priorità di Micke Broberg e compagni.

Tracklist
1.Adversarial Fire
2.From a Throne Below
3.Of Fire and Obliteration
4.Annihilation

Line-up
Richard Cabeza – Bass Guitar
Jojje Bohlin – Guitars
Micke Broberg – Vocals
Jonas Derouche – Guitars
Anders Schultz – Drums

UNANIMATED – Facebook