Esogenesi – Esogenesi

I quattro lunghi brani, inframmezzati da un breve strumentale, testimoniano in ogni frangente lo spessore già ragguardevole raggiunto dagli Esogenesi al loro primo passo, sicuramente non più lungo della gamba in quanto preparato con tempi debitamente lunghi come si conviene a chi si dedica ad un genere per sua natura antitetico a tutto ciò che appare frettoloso o superficiale.

E’ arrivato così il momento di sedersi un’ultima volta davanti a una tastiera cercando di raccontare su MetalEyes, a chi abbia voglia di leggere, tutta la gamma di sensazioni e riflessioni che scaturiscono dall’ascolto di un disco.

Quello in questione è l’esordio dei milanesi Esogenesi, giovane band che sceglie di cimentarsi nel genere più anticommerciale per antonomasia in ambito metal, come è il doom nella sua veste più estrema.
La ricerca di un’espressione artistica “impopolare” conferisce ai nostri quella dose di peculiarità che, per i motivi che ho già spiegato diverse volte, non va ricercata in questa dolente nicchia musicale e, quindi, neppure si evince dal contenuto musicale di un lavoro che trae linfa dalla tradizione del death doom rielaborandone i dettami con una competenza degna dei veterani della scena e con una convinzione ed efficacia che non lasciano mai alcun dubbio sulla riuscita delle operazione.
Infatti Esogenesi è un album roccioso, a tratti crudo, strettamente basato sull’intreccio tra le chitarre ed una base ritmica che viene portata in grande evidenza negli schemi compositivi esibiti dalla band lombarda; se, da un lato, non troviamo particolari concessioni ad aperture atmosferiche, non si rinviene neppure uno sbilanciamento eccessivo verso l’asprezza del death: il risultato è conseguentemente caratterizzato da un magistrale equilibrio delle componenti chiamate in causa, in virtù di un riffing pesante e cadenzato ma non del tutto scevro di una sua idea melodica, sebbene ben racchiusa da uno spesso bozzolo attraverso il quale talvolta si fa spazio tramite notevoli passaggi di chitarra solista (vedere il finale della magnifica Decadimento Astrale) o momenti delicatamente rarefatti (il primo minuto e mezzo di Esilio Nell’Extramondo).
Come si può intuire anche dal titolo del brano appena citato, il concept degli Esogenesi ruota attorno al significato del loro monicker ed è quindi legato a tematiche che che travalicano i confini terreni per veleggiare negli infiniti spazi dell’universo (con testi in italiano violentati dal profondo growl di Jacopo Marinelli); nonostante questo, il death doom proposto non si ammanta di un’aura cosmica o psichedelica, ed è proprio per la sua efficace essenzialità e ortodossia che l’operato del quartetto differisce da quello di altre realtà contigue al genere nella nostra penisola come (Echo), Plateau Sigma, Il Vuoto o Fuoco Fatuo, tutte in un modo o l’altro orientate ad inserire nel proprio sound suggestioni tipiche del post metal oppure pulsioni prossime al funeral (specie gli ultimi).
I quattro lunghi brani, inframmezzati dal breve strumentale …Oltregenesi…, testimoniano in ogni frangente lo spessore già ragguardevole raggiunto dagli Esogenesi al loro primo passo, sicuramente non più lungo della gamba in quanto preparato con tempi debitamente lunghi come si conviene a chi si dedica ad un genere per sua natura antitetico a tutto ciò che appare frettoloso o superficiale: il quintetto milanese si va ad aggiungere ai nomi citati (e ad altri che ho tralasciato) andando a rimpolpare una scena funeral/death doom che in Italia sta finalmente cominciando ad assumere le sembianze di un movimento a tutti gli effetti e non più l’isolato frutto della sensibilità artistica di uno sparuto manipolo di musicisti.

Nota a margine dell’articolo:
Come anticipato nelle prime righe, questa è l’ultima recensione che viene pubblicata sulle pagine virtuali di MetalEyes, e personalmente, mi piace l’idea di aver chiuso questa avventura parlando di una band all’esordio che continua ad alimentare il genere che più amo. Doom on!

Tracklist
1.Abominio
2.Decadimento Astrale
3….Oltregenesi…
4.Esilio Nell’Extramondo
5.Incarnazione Della Conoscenza

Line up
Jacopo Marinelli – Vocals, lyrics
Ivo Palummieri – Lead Guitar
Davide Roccato – Rhythm Guitar
Carlo Campanelli – Bass
Michele Adami – Drums

ESOGENESI – Facebook

Walkways – Bleed Out, Heal Out

In un momento di scarsa qualità delle proposte alternative rock vicine al metalcore questo gruppo è una bella scoperta e vi regalerà degli ascolti molto piacevoli e duraturi.

I Walkways sono un gruppo alternative rock metal israeliano che riesce ad essere affascinante e radiofonico allo stesso tempo.

Il loro debutto è un disco bilanciato, elegante sebbene piacione. Con un grande lavoro dietro. Il loro suono prende le mossa dal metalcore, dall’alternative rock più vicino al metal e dalla melodia dell’hard rock americano. Questo gruppo è la dimostrazione che si può fare bene e con stile musica che punta a vendere, se qualcuno riesce a vivere di musica di questi tempi è più che giusto, se invece vogliamo cercare qualcosa di maggiormente estremo od alternativo allora sappiamo che qui non è il posto giusto. Qui troviamo melodia, potenza e la ricerca costante di creare qualcosa di aggressivo in maniera bilanciata. Uno dei pregi maggiori dei Walkways è che riescono ad essere melodici senza cadere nell’eccesso di dolcezza di alcuni gruppi a loro contigui, che sembrano esclusivamente per ragazzini brufolosi. La loro capacità musicale è oltre la media dei gruppi di questi lidi musicali, e si sente che sono ben guidati. Il disco ha anche molte facce diverse, livelli differenti che permettono un ascolto duraturo, perché ci sono molte situazioni musicali diverse al suo interno. Questo secondo disco del gruppo di Tel Aviv, che segue il primo del 2013 Safe In Sound, segna la definitiva maturazione di questo gruppo che in patria è molto seguito e si sta facendo notare anche all’estero. Ascoltando il disco non si ha difficoltà a capire perché la Nuclear Blast Records, praticamente una delle poche major metal rimaste in circolazione, abbia firmato questo gruppo israeliano che sa essere potente quando serve e dolce e sinuoso in momenti più lenti. In un momento di scarsa qualità delle proposte alternative rock vicine al metalcore questo gruppo è una bella scoperta e vi regalerà degli ascolti molto piacevoli e duraturi.

1. Till the End
2. Hell Born Shove Impossible
3. Despair for Heaven’s Sake
4. Half the Man I Am
5. Trumpet Call
6. Levitate
7. Bleed Out Heal Out
8. You Found Me
9. Unbearable Days
10. Enough
11. Humane Beings
12. Care in This Together
13. Thank You
14. Bone Deep

Vocals – Ran Yerushalmi
Guitars – Bar Caspi
Guitars – Yoni Menner
Bass – Avihai Levy
Drums – Priel Horesh

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Carnal Tomb – Abhorrent Veneration

I Carnal Tomb danno un seguito all’altezza del buon esordio di tre anni fa e come allora noi di Metaleyes ve ne consigliamo l’ascolto, sempre che i vostri gusti in fatto di death metal siano rivolti alla frangia tradizionale del genere.

Apparsi sulle pagine di Metaleyes nel 2016, all’indomani dell’uscita del debutto sulla lunga distanza intitolato Rotten Remains, tornano i Carnal Tomb realtà death metal devota ai suoni old school.

Il quartetto proveniente da Berlino, ritorna sul luogo del delitto e sforna sette brani racchiusi in Abhorrent Veneration, album che conferma le buone impressioni scaturite dall’ascolto del precedente lavoro.
I Carnal Tomb continuano infatti la loro missione nel panorama underground estremo, il loro sound si nutre di quelle caratteristiche che fecero la storia del death metal nord europeo agli inizi dell’ultimo decennio del secolo scorso.
La mano schiaccia sulle ferite imputridite, l’urlo disumano che ne scaturisce è un growl sofferto e rabbioso su di un sound che come da tradizione alterna ripartenze, mid tempo e brusche frenate doom/death, questa volta più marcate rispetto al passato.
Sette brani medio lunghi, dove impera il death metal classico, duro e marcio come da tradizione, rimembrando opere considerati classici di Entombed, Dismember e compagnia famelica.
Abhorrent Veneration risulta quindi un lavoro convincente, la band sforna una serie di tracce che seguono le regole del genere senza sgarrare di una virgola dando vita ad una tracklist che ha nell’opener Putrid Fumes, nel lento discendere nei meandri dell’inferno delle doom/death Dissonant Incubation e Sepulchral Descent le sue armi più micidiali.
I Carnal Tomb danno un seguito all’altezza del buon esordio di tre anni fa e come allora noi di Metaleyes ve ne consigliamo l’ascolto, sempre che i vostri gusti in fatto di death metal siano rivolti alla frangia tradizionale del genere.

Tracklist
1. Putrid Fumes
2. Abhorrent Veneration
3. Cryptic Nebula
4. Amid the Graves
5. Dissonant Incubation
6. Feeding Mold
7. Sepulchral Descent

Line-up
Corpse Ripper – Bass, Vocals
Goat Eviscerator – Guitars
Cryptic Tormentor – Vocals, Guitars
Vomitchrist – Drums

https://www.facebook.com/CarnalTombDeathMetal

Heilung – Futha

Cultura vichinga, antiche saghe islandesi e il tocco magico di un altro tempo rendono Futha un lavoro che può competere a disco dell’anno in svariate categorie, ma cosa più importante è un disco femmineo ed oscuro, terminato nell’ora più scura dell’anno, le 21 del 21 dicembre, dopo tre anni di lavorazione per un qualcosa di meraviglioso e tremendo.

Gli Heilung sono un gruppo di folk totale, dove gli altri gruppi ricreano anche in maniera mirabile atmosfere antiche loro sono dentro a quella dimensione temporale e ci parlano da lì.

Definirli metal è azzardato, diciamo che fa parte del loro sostrato, ma qui c’è tantissimo di più. Anche il termine folk non è del tutto esatto qui, dato che gli Heilung fanno musica antica, nel senso che riportano alla luce una musica nordica e primordiale, con ritmi e tempi totalmente diversi dal nostro. Il gruppo danese compie sempre un lavoro immenso per produrre i propri dischi, sia in termini di ricerca, che di composizione e resa, e i risultati sono incredibili. I loro lavori trattano l’epopea dei vichinghi da dentro, specialmente il loro lato più esoterico ed animalesco, ed anche dal vivo l’immedesimazione è totale. Il precedente Ofnir era un album di netto segno maschile, che parlava di rune tracciate sugli scudi, lotte e sangue. Futha è anche un’incisione ritrovata su di un braccialetto, la cui traduzione ha suscitato più di una disputa in ambito accademico, che possiede sa un grande significato magico che un diretto riferimento ai genitali femminili. L’epoca dalla quale proviene il braccialetto era un tempo assai lontano nel quale la donna era molto potente all’interno di una società che si potrebbe tranquillamente definire matriarcale, molto lontana dalla concezione odierna della donna. Tutto ciò si respira all’interno di questo lavoro, che è molto più di un disco, è un trattato di magia, una porta per un passato che vive ancora in noi. Gli Heilung meravigliano per la loro originalità e per il loro disegno musicale, e Futha è davvero difficile da rendere con termini moderni. Il disco non è tutto di musica, e quando c’è il ritmo esso è tribale e si lega in maniera fortissima e magica alle voci che sono polifoniche, o raccontano storie come si usava nelle tribù. Ci sono anche notevoli momenti di dark ambient, ma i pezzi più forti sono quelli che coinvolgono tutte le parti del gruppo, come la immensa Eldansurin, vero e proprio capolavoro musicale, e non è il solo. Cultura vichinga, antiche saghe islandesi e il tocco magico di un altro tempo rendono Futha un lavoro che può competere a disco dell’anno in svariate categorie, ma cosa più importante è un disco femmineo ed oscuro, terminato nell’ora più scura dell’anno, le 21 del 21 dicembre, dopo tre anni di lavorazione per un qualcosa di meraviglioso e tremendo.

1 Galgaldr
2 Norupo
3 Othan
4 Traust
5 Vapnatak
6 Svanrand
7 Elivagar
8 Elddansurin
9 Hamrer Hippyer

Kai Uwe Faust
Christopher Juul
Maria Franz

https://www.facebook.com/amplifiedhistory/

DEFLORE & JAZ COLEMAN – Party In The Chaos

Si raggiunge l’apice, perché Jaz è il cantante a loro predestinato, la sua voce tagliente si inserisce benissimo nei loro suoni al contempo freddi e bollenti.

I Deflore sono un duo romano di musica industrial psych metal, una delle cose più interessanti che si possano sentire in Italia nell’ambito musica pesante intelligente.

Per l’occasione hanno unito le forze con un tale che ha scritto alcune delle migliori pagine di musica sovversiva degli ultimi quarant’anni, Mister Jaz Coleman dei Killing Joke, un gruppo che riesce davvero difficile da descrivere a parole. Fondamentalmente Jaz è una delle poche voci che possono permetterci di staccarci dalla matrice e di vedere veramente il mondo come è, e non è facile. Questo ep racchiude in piccolo tutta la parabola musicale dei Deflore che sono sempre stati un gruppo all’avanguardia in Italia, perché sono sempre riusciti a dare una particolare accezione ai loro lavori, riuscendo ad essere originali in un ambito musicale quasi sempre derivativo. Qui poi si raggiunge l’apice, perché Jaz è il cantante a loro predestinato, la sua voce tagliente si inserisce benissimo nei loro suoni al contempo freddi e bollenti. Se siete amanti dei suoni industrial metal con un gran bel tocco di psichedelia qui troverete tutto ciò che amate, ma è comunque un disco ipnotico ed avvolgente per tutti coloro che lo ascolteranno. E poi i testi, parte molto importante. Abbandonate le speranze, giacché la nave non la potete abbandonare, qui si parla del doloroso tramonto della civiltà occidentale, che tra un business e l’altro sta facendo affondare tutto un pianeta che era sopravvissuto benissimo anche senza di noi. Fin dalla prima canzone Party In The Chaos si capisce la potenza di queste tre canzoni, e anche dove vogliono andare a parare, sembra di ascoltare i migliori Killing Joke, con più metal dentro però. La seguente Sunset In The West è strumentale, un bellissimo pezzo industrial psycj metal, dove i Deflore mostrano un altro lato importante della loro musica, che non è affatto secondario, quello di una psichedelia metallica che amplia molto la loro proposta sonora. Si chiude con Transhuman World, un pezzo davvero potente con un Jaz in grandissima forma, che parla dell’incubo transumano che si avvicina sempre di più, anche perché ora al governo in Italia c’è un partito che fra i suoi ideologi aveva un tizio che parlava positivamente del microchip sottopelle.
Un gran lavoro, una combinazione perfetta e assai naturale per un grande gruppo e per un cantante che sembra concepito apposta per loro. L’unica richiesta da fare ai Delfore e a Jaz è di fare un disco intero. Per favore, prima della fine.

1.Party In The Chaos
2.Sunset In The West
3.Transhuman World

Jaz Coleman – Voice
Christian Ceccarelli – Bass, Grooves, Samples and Snyths
Emiliano Di Lodovico – Guitar, Synths and Radio

https://www.facebook.com/defloreband/

Glasya – Heaven’s Demise

Heaven’s Demise è composto da una decina di brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al mondo potente, elegante del symphonic metal, le influenze sono chiare e perfettamente delineate in una struttura che, pur non offrendo spunti clamorosi, riesce a mantenere una buona dinamica, tra arrangiamenti orchestrali, e forza metallica sempre tenuta imbavagliata dalla gradevole interpretazione della vocalist.

Nel vasto panorama offerto dal metal, quello sinfonico continua a mantenere uno zoccolo duro di fans deliziati dalle opere dei gruppi diventati icone del genere e da quelli che, invece, si presentano al pubblico con esordi più o meno riusciti.

Sinfonie metalliche dalle delicate orchestrazioni, animate da riff potenti e da voci suadenti: il symphonic metal di stampo gothic da anni rappresenta una strada sicura per i suoi ascoltatori, magari non più gratificati dai capolavori del passato, ma attratti come sempre da un ottimo livello qualitativo.
Le nuove leve proposte da un underground generoso offrono lavori di buona fattura come questo esordio dei portoghesi Glasya, sestetto di Lisbona capitanato dalla voce classica della brava Eduarda Soeiro, cantante di genere che mette le sue doti canore al servizio di un sound che non disdegna passaggi heavy, solos taglienti e cavalcate di matrice power.
Heaven’s Demise è composto da una decina di brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al mondo potente, elegante del symphonic metal: le influenze sono chiare e perfettamente delineate in una struttura che, pur non offrendo spunti clamorosi, riesce a mantenere una buona dinamica, tra arrangiamenti orchestrali e forza metallica sempre tenuta imbavagliata dalla gradevole interpretazione della vocalist.
Dall’inizio alla fine l’album mantiene quello che promette, e i Glasya senza strafare offrono una buona prova ed una manciata di canzoni da ricordare, guadagnandosi un buon giudizio ed un arrivederci al prossimo passo che, sicuramente, porterà ancora più personalità e convinzione in seno al sestetto portoghese.

Tracklist
1.Heaven’s Demise
2.Ignis Sanctus
3.Coronation of a Beggar
4.Glasya
5.Eternal Winter
6.Birth of an Angel
7.The Last Dying Sun
8.Neverland
9.No Exit from Myself
10.A Thought About You

Line-up
Eduarda Soeiro – Vocals
Davon Van Dave – Keyboards, Orchestrations
Manuel Pinto – Bass
Hugo Esteves – Guitars
Bruno Prates – Lead Guitars
Bruno Ramos – Drums

https://www.facebook.com/GlasyaOfficial/

Desecresy – Towards Nebulae

Un album legato alla tradizione classica, ma con un’anima underground che lo posiziona tra le uscite dedicate a chi dal genere cerca un sound davvero ostico, psicotico ed influenzato da band come Grave, Immolation ed Incantation.

Tornano i finlandesi Desecresy, formatisi inizialmente come un duo ma ora, di fatto, diventati una one man band guidata dal solo Tommi Grönqvist.

Il nuovo lavoro, intitolato Towards Nebulae, continua il viaggio dei Desecresy nel death metal dalle atmosfere abissali, dalla produzione sporca e da un impatto che accentua la vena brutale del suo ormai solitario creatore.
Il nuovo album, il sesto in dieci anni di vita del progetto, non cambia di una virgola il sound, salvo il ritornare parzialmente un approccio assolutamente underground alla materia.
Il suono sporco e nebbioso, le ritmiche caotiche che rallentano a tratti fino ai limiti del doom, racchiude un’attitudine old school che ci riporta ai primi anni novanta; i Desecresy, malgrado la loro nazionalità, non sono la classica band scandinava, ma lasciano che le maggiori scuole del genere ispirino questi nuovi undici brani.
Un album legato alla tradizione classica, ma con un’anima underground che lo posiziona tra le uscite dedicate a chi dal genere cerca un sound davvero ostico, psicotico ed influenzato da band come Grave, Immolation ed Incantation.

Tracklist
1.The Gate
2.Trophies of Death
3.Only Mist Drifts
4.Fringes of Existence
5.Endless Swamp
6.Sediments of Blood
7.The Dead Language
8.The Damned Expedition
9.Transfiguration March
10.Unbeknownst to Mortals
11.Forms in Echos

Line-up
Tommi Grönqvist – Guitars, Bass, Drums, Vocals

https://www.facebook.com/Desecresy-244902242257521/

Chaos Magic – Furyborn

Questa alternanza tra possente metallo, eleganza melanconica e raffinato rock contribuisce alla riuscita di Furyborn nella sua interezza, i brani si susseguono tra esaltanti scorribande heavy/power e ruffiane melodie.

Un album creato per non fare prigionieri tra i fans del metal sinfonico, power e gotico, il nuovo lavoro dei Chaos Magic, band capitanata dalla singer cilena Caterina Nix, singer bella e brava, scoperta da Timo Tolkki qualche anno fa, ospite nel progetto Avalon prima e poi onorata della presenza del chitarrista e produttore finlandese sul primo album licenziato nel 2015.

Ancora con una manciata di ospiti di prestigio a valorizzare quanto fatto dal gruppo e dal nuovo produttore Nasson, alle prese con chitarra e tastiere, vera icona del metal in patria (anche lui proveniente dal paese sudamericano) che ha donato al sound dei Chaos Magic un tocco moderno, potenete e ammiccante quanto basta per prendere al lazo più fans possibili.
La bellezza della cantante, la sua voce assolutamente perfetta e gli ospiti di livello assoluto come Tom Englund degli Evergrey, Ailyn Gimenèz (ex Sirenia), Ronald Romero (nuovo cantante dei Rainbow) ed il tastierista nostrano Giuseppe Iampieri (Mistheria), contribuiscono a rendere Furyborn un lavoro vincente, la band non le manda a dire e picchia da par suo quando le atmosfere gothic/rock, lasciano spazio a sfuriate di potente power metal di matrice nordica.
Questa alternanza tra possente metallo, eleganza melanconica e raffinato rock contribuisce alla riuscita di Furyborn nella sua interezza, i brani si susseguono tra esaltanti scorribande heavy/power e ruffiane melodie, con la voce della Nix a dispensare valanghe di appeal.
Tra i brani presenti quelli più metallici rendono al massimo e alzano non poco il giudizio sull’intero lavoro, con l’opener You Will Breathe Again, la title track e Path Of The Brave che piaceranno anche ai fans dai gusti relativamente più massicci.

1.You Will Breathe Again
2.Furyborn
3.Like Never Before
4.Beware Of hìThe Silent Waters
5.Falling Apart
6.Bravely Beautiful
7.Throw Me To The Wolf
8.I’d Give It All
9.path Of The Brave
10.My Affliction
11.I’m Your Cancer

Caterina Nix – Vocals
Nasson – Guitars, Keyboards
Franco Lama – Keyboards
Hermaunt Folatre – Bass
Carlos Hernandez – Drums

https://www.facebook.com/caterinanix/

Rockin’ Engine – Midnight Road Rage

Midnight Road Rage è un album che si fa ascoltare con piacere e che, in quanto ad attitudine ed impatto, dice sicuramente la sua nell’affollato mondo del rock duro.

Hard & heavy potente e tagliente come un rasoio è quello proposto dal quartetto canadese dei Rockin’ Engine provenienti da Ottawa ed attivi dal 2015.

Il loro debutto autoprodotto si intitola Midnight Road Rage ed è composto da otto esplosive tracce di rock duro che amalgama con buon esito hard rock ed heavy metal old school.
Un grande lavoro chitarristico (Steve O Leff e Ste Vy Leff ) e ritmiche telluriche e pregne di un buon groove (Joel Bilodeau alla batteria e JP Buzzard al basso) sono il leit motiv di Midnight Road Rage, un album classico nel suo approccio (ma ben inserito in questi tempi in cui i suoni classici stanno trovano nuovamente buoni riscontri rispetto a qualche anno fa, merito anche dell’underground e di band come i Rockin’ Engine), che nei suoi quaranta minuti circa di durata non molla la presa grazie ad una ricetta semplice ma assolutamente vincente.
Unj rock duro di origine controllata che tra i solchi di tracce dinamitarde come Let’s Roll The Dice, When Engines Collide e la spettacolare Road Rage Boogie non manca di farci divertire a suon di rock’n’roll potenziato da un’overdose di watt, tra Van Halen, Gotthard e modern hard rock dal groove micidiale.
Midnight Road Rage è un album che si fa ascoltare con piacere e che, in quanto ad attitudine ed impatto, dice sicuramente la sua nell’affollato mondo del rock duro.

Tracklist
1.Shake That Ass
2.Let’s Roll The Dice
3.Livin’ A Lie
4.When Engines Collide
5.Never Surrender
6.The State Of Nature
7.Hiding In Darkness
8.Road Rage Boogie

Line-up
Steve O Leff – Vocals, Guitars
Ste Vy Leff – Guitars
JP Buzzard – Bass
Joel Bilodeau – Drums

https://www.facebook.com/rockinengineofficial

Tomb Mold – Planetary Clairvoyance

L’album si avvale di strutture sonore ispirate da Cannibal Corpse, Blood Incantation e Abhorrence, confermando i Tomb Mold come gruppo assolutamente a suo agio nel panorama estremo underground di matrice death metal.

Nuovo lavoro per i canadesi Tomb Mold, band canadese che iniziò la sua avventura nel mondo del metal estremo come duo e col tempo diventata un quartetto.

Con questo devastante lavoro licenziato dalla 20 Buck Spin, siamo giunti al terzo album, confermando le buone cose fatte sul precedente Manor Of Infinite Forms licenziato lo scorso anno.
Planetary Clairvoyance continua l’opera di annientamento a colpi di death metal classico e brutale, una tempesta di suoni estremi dalla forza di cento asteroidi in picchiata sulla terra.
Sette brani per quaranta minuti scarsi in cui il gruppo canadese non lesina mitragliate death potentissime, alternate ai classici rallentamenti vecchia scuola e a tratti valorizzati da ricami progressivi.
Il growl di ispirazione brutal, si unisce ad un sound feroce e senza compromessi, votato all’impatto pur mantenendo una buona dose di elasticità che fa di Planetary Clairvoyance un muro sonoro indistruttibile.
Niente di originale dunque, solo death metal di origine controllata e che amalgama tradizione statunitense ed europea, in un clima da tregenda che trova attimi di quiete in oscuri ricami chitarristici, tra l’armageddon sonoro di brani feroci come l’opener Beg For Life, Planetary Clairvoyance (They Grow Inside Pt 2) e Heat Death.
L’album si avvale di strutture sonore ispirate da Cannibal Corpse, Blood Incantation e Abhorrence, confermando i Tomb Mold come gruppo assolutamente a suo agio nel panorama estremo underground di matrice death metal.

Tracklist
1. Beg For Life
2. Planetary Clairvoyance (They Grow Inside Pt 2)
3. Phosphorene Ultimate
4. Infinite Resurrection
5. Accelerative Phenomenae
6. Cerulean Salvation
7. Heat Death

Line-up
Derrick vella – Guitars
Max Klebanoff – Vocals
Steve Musgrave – Bass
Payson Power – Guitars

https://www.facebook.com/tombmold

Aether – In Embers

In Embers si rivela un album piacevole, di maniera per molti, ma molto interessante per chi ama queste sonorità e le band di riferimento degli Aether.

L’underground metallico è sempre ricco di sorprese e quando meno te lo aspetti riesce ancora a sorprendere con inaspettati doni musicali come questo bellissimo lavoro intitolato In Embers, dei polacchi Aether.

Il giovane gruppo proveniente da Łódź, attivo dal 2015, dà alle stampe il suo primo lavoro su lunga distanza dopo l’ep Tale Of Fire uscito tre anni fa, accolto molto bene dagli addetti ai lavori.
L’album si destreggia tra i cliché di un genere che poco ha da dire in termini di originalità ma che, in mano ad un gruppo come quello polacco riesce ancora a dire la sua, tra ritmiche death/power, tappeti di tastiere a donare un tocco symphonic e tanta metallica epicità.
Con la prima traccia veniamo trasportati nelle fredde lande dell’est, tra venti scandinavi che scendono a diminuire ulteriormente la temperatura, la successiva Wildfire Within risulta la classica power metal song che solo l’uso del growl avvicina al death metal melodico, mentre Tale Of Fire alza l’atmosfera epica, seguita da Valhalla.
L’atmosfera maestosa di Last Battle macchia di sangue il manto nevoso tra non pochi riferimenti ai vari Wintersun, Insomnium, Omnium Gatherum e Stratovarius, con l’aggiunta dei nostri Rhapsody Of Fire a portare fiera la bandiera del symphonic power.
In conclusione In Embers si rivela un album piacevole, di maniera per molti, ma molto interessante per chi ama queste sonorità e le band di riferimento degli Aether.

Tracklist
1.Golden Eyed Fox
2.Wildfire Within
3.Elements
4.Tale of Fire
5.Valhalla
6.Last Battle
7.Forest
8.Insomnia
9.Dream

Line-up
All guitars and vocals by Michał Miluśki
Bass by Michał Górski
Keyboards by Krzysztof Wiedeński

Drums performed by Rolf Pilve (Stratovarius, Wintersun, Solution 0.45)
Guest vocals by Vincent Jackson Jones (Aether Realm)
Choirs/backing clean vocals by Artur Rosa Rosiński (Lux Perpetua)
Orchestrations by Topias Kupiainen (Arion)
Female vocals by Aneta Sikorska

Michał Miluśki – guitars and vocals
Michał Górski – bass
Krzysztof Wiedeński – keyboards
Krzysztof Grochowski – guitars
Maksym Steć – drums

https://www.facebook.com/aethermelodeath/?fref=ts

Lyken21 – Cyclical Insight

L’unico difetto che si porta dietro Cyclical Insight potrebbe risultare proprio la sua totale mancanza di coesione compositiva, perché un sound così eterogeneo rischia d’essere un’arma a doppio taglio, specialmente al cospetto degli ascoltatori più conservatori.

Proposta molto interessante quella dei Lyken21, quartetto con molte frecce al proprio arco in un sound crossover che unisce metal moderno ed heavy/thrash tradizionale.

La band del New Jersey ha all’attivo quattro full length, dati alle stampe tra il 2007 ed il 2015, ed ora torna in pista grazie alla Sliptrick Records che licenzia questo buon lavoro intitolato Cyclical Insight.
Prodotto dal chitarrista dei Dillinger Escape Plan Kevin Antreassian con l’aiuto del cantante del gruppo Marton Miklos (Mike Portnoy, The Dillinger Escape Plan, Russell Allen, The Number 12 Looks Like You), l’album regala undici brani che spaziano tra un buon numero di generi ed influenza, con la band aiutata da vari ospiti tra cui Mike Lepond, bassista dei Symphony X.
I Lyken21 quindi non offrono una visione del tutto nitida del loro credo musicale, che rimane legato al metal ma che vive di impulsi e ispirazioni diversi, tra heavy/thrash, prog e modern metal.
A tratti sembra di ascoltare degli Iced Earth dal sound più moderno, altre volte si manifestano sonorità progressive (Symphony X) oppure appaiono passaggi diretti a dall’impatto thrash metal (Metallica/Megadeth).
Ottimi solos classici abbandonano i territori modern metal per poi tornarvi e lasciare il campo ad atmosfere progressive, la buona tecnica di cui si possono vantare il musicisti fa il resto e le varie Assassin, Starlight ed American Zombie risultano brani lontani tra loro, ma convincenti.
L’unico difetto che si porta dietro Cyclical Insight potrebbe risultare proprio la sua totale mancanza di coesione compositiva, perché un sound così eterogeneo rischia d’essere un’arma a doppio taglio, specialmente al cospetto degli ascoltatori più conservatori.

Tracklist
1.Assassin
2.Shadows
3. Sanctified
4. Good Can Be Good
5. Revelation Reality
6. Hell’s 4 Children
7. Starlight
8. Doomsday Deception (German)
9. Lost In My Head
10. American Zombie
11. Ebb Of Humanity

Line-up
Marton Miklos – Vocals/Keyboards
Oleg Lipovchenko – Guitars
Andres Nuiver – Bass
Joe Billy III – Drums

https://www.facebook.com/Lyken21

Havamal – Tales From Yggdrasil

Un buon lavoro che sicuramente troverà spazio nei cuori degli amanti del death metal melodico epico e battagliero e che ha negli Amon Amarth la fonte di ispirazione indiscussa.

Giunge fino a noi la parola di Odino (il monicker Havamal è ispirato proprio dal poema che secondo la tradizione nordica fu composta da Odino in persona) con il primo lavoro sulla lunga distanza degli Havamal intitolato Tales from Yggdrasil.

Niente di nuovo quello portato dai venti gelidi che si rinforzano in terra scandinava, il sound del quintetto poggia su un melodic death metal epico e di matrice viking.
In breve gli Hamaval accentuano la componente melodica in un sound debitore nei confronti degli Amon Amarth et similia, strutturato sulla presenza fissa delle tastiere a fare da tappeto epico ad un melodic death dai solos ispirati all’heavy classico. Nella sua semplicità Tales From Yggdrasil si ascolta che è un piacere, composto da una raccolta di brani, talvolta infiorettati da arrangiamenti orchestrali, mentre la chitarra come un’infallibile ascia squarcia il cielo illuminato dalle saette, come avviene nella potente Berserker, nel mid tempo mid tempo power epico di Death Of Balder e nell’inno Hail Havamal.
Un buon lavoro che sicuramente troverà spazio nei cuori degli amanti del death metal melodico epico e battagliero e che ha negli Amon Amarth la fonte di ispirazione indiscussa.

Tracklist
1.Harken the Shadows
2.Draugers March
3.Berserker
4.Dawn of the Frost Giants
5.Blood Oath
6.Net of Rain
7.Death of Balder
8.Hail Havamal
9.Ginnungagap

Line-up
Björn – Vocals
Lennie – Guitar
Kjell – Guitar
Sandra – Bass
Andreas – Drums

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Ascend The Hollow – Echoes Of Existence

Un disco che ridarà entusiasmo agli amanti del cyber metal più tecnico, quella cascata di note che ti colpisce e che ha un cuore elettronico e non umano.

Gli Ascend The Hollow sono un gruppo di cyber metal, una botta di metal moderno che nasce dalla congiunzione di silicio ed emozioni umane.

Il loro suono è dominato dalla chitarra a nove corde, dal basso a sei corde, da una potente batteria e da una voce femminile che gioca con quella maschile, per un affresco molto moderno ma che poggia sulle coordinate classiche del metal, ovvero la congiunzione di melodia e potenza, con inclusa una dose di brutalità. Il loro suono è molto poderoso, ed il gruppi attinge dalla tradizione dell’industrial metal con tastiere incluse ed inserti di elettronica, per un lavoro che spinge in una direzione ben precisa e riesce ad essere anche innovativo. Stupisce la grande capacità di coniugare una grande potenza con momenti maggiormente melodici che sono sottolineati dalla splendida voce di M – Noise. Inoltre il gruppo si divide fra Berlino, Dublino ed Amsterdam, e riesce a fare un disco come questo. Uno dei maggiori punti di forza del disco è la sua grande intensità, rafforzata da una grande produzione che fa risaltare tutto al meglio. In alcuni punti si sfiora il death metal e anche il brutal death metal, ma è la melodia a dominare il tutto. Un debutto molto convincente per un gruppo che prende le mosse da una scena molto codificata e derivativa, ma che riesce a fare un discorso musicale e stilistico originale e molto piacevole, anche perché di questo genere spesso l’ascoltatore non ascolta tutte le canzoni, mentre qui ogni traccia possiede un buon livello medio. Gli Ascend The Hollow sono un gruppo che ha anche una levatura tecnica molto al di sopra della media e la mette al servizio del collettivo, per un risultato notevole. Un disco che ridarà entusiasmo agli amanti del cyber metal più tecnico, quella cascata di note che ti colpisce e che ha un cuore elettronico e non umano.

Tracklist:
1. Polaris Calling | 2. Vessels | 3. Mother Of Morality | 4. Sea Of Crises | 5. Into The Black Eye | 6. This Dark Rage | 7. Swarms Within | 8. Prisoners Of The Storm | 9. Repent Rewind Reset | 10. C3lls

Line-up
M-NOISE: Vocals.
RAVEN: Guitars, Programming.
GEF: Guitars, Programming.
DAVEC: Bass.

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Lord Dying – Mysterium Tremendum

Il tema della morte ed il mistero della vita accentuano la sensazione di essere al cospetto di un album particolare, un gioiello che dà la possibilità ai Lord Dying di entrare nelle play list di fine anno a colpi di possente ed imperdibile metallo d’autore.

Bellissimo, affascinante e suggestivo, il terzo album dei Lord Dying incorona la band di Portland come una tre le massime espressioni odierne per quanto riguarda lo sludge/doom metal, anche se alla luce di quanto ascoltato su Mysterium Tremendum imprigionare la musica del combo in un solo genere diventa alquanto difficile.

Metal di non facile classificazione dunque, anche se la matrice è assolutamente sludge, le atmosfere passano in attimi veloci come battiti di ciglia tra sfumature vicine al post rock, sferzate metalliche e lente marce di musica del destino, venate da un’anima progressive ed heavy classiche.
Il gruppo statunitense, attivo dal 2010 e con due full length alle spalle, arriva al suo capolavoro grazie ad un indovinato attingere alle sue ispirazioni, lontano da facili strutture e carico di attitudine ed impatto, tellurico nei passaggi pesanti come macigni, splendido in quelli in cui le armonie rock prendono il sopravvento sulla forza bruta.
La band non sbaglia un passaggio, perfetta in ogni dettaglio a cominciare dall’opener Envy The End e i picchi qualitativi che fanno di questo lavoro un’opera d’arte come Nearing the End of the Curling Worm, la magnifica Severed Forever e Split from a World Within, Devoid of Dreams Death, The Final Loneliness.
Il tema della morte ed il mistero della vita accentuano la sensazione di essere al cospetto di un album particolare, un gioiello che dà la possibilità ai Lord Dying di entrare nelle play list di fine anno a colpi di possente ed imperdibile metallo d’autore.

Tracklist
1. Envy the End
2. Tearing at the Fabric of Consciousness
3. Nearing the End of the Curling Worm
4. The End of Experience
5. Exploring Inward (An Unwelcome Passenger)
6. Severed Forever
7. Even the Darkness Went Away
8. Freed from the Pressures of Time
9. Lacerated Psyche
10. Split from a World Within, Devoid of Dreams Death, The Final Loneliness
11. Saying Goodbye to Physical Form

Line-up

Erik Olson-guitar/vocals
Chris Evans-guitar
Matt Price-bass
Chase Manhattan-drums

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Sad Iron – Chapter II: The Deal

Ritmiche scagliate a velocità della luce, solos taglienti come rasoi, e refrain da pogo infernale sotto qualunque palco in giro per locale e festivals, niente di più e niente di meno, una garanzia la track list di questo lavoro per i fans di queste sonorità.

Heavy, speed, thrash metal old school, una corsa a tutta velocità nel sound che ha fatto storia, questo è il terzo album in uscita per Wormholedeath dei Sad Iron, una macchina da guerra metallica fieramente old school.

Il gruppo olandese risulta attivo dai primi anni ottanta, con il primo album, intitolato Total damnatio targato 1983, quindi siamo al cospetto di gente che ha scritto un pezzo di storia l’ha scritta nell’underground metallico europeo.
Un lungo silenzio interrotto tre anni fa con la pubblicazione di The Antichrist ed ora questo nuovo album intitolato Chapter II: The Deal, composto da una decina di canzoni veloci come il vento, dirette e tradizionalmente old school, che ci catapultano in quelle atmosfere ottantiane mai dimenticate, soprattutto se si hanno un bel po’ di capelli bianchi sulla ormai rada chioma.
Ritmiche scagliate a velocità della luce, solos taglienti come rasoi, e refrain da pogo infernale sotto qualunque palco in giro per locale e festivals, niente di più e niente di meno, una garanzia la tracklist di questo lavoro per i fans di queste sonorità.
Suonate dai Sad Iron, le varie The Deal (The Story Of Miss Betty), Revolution e la magnifica Fighting For Revenge si rivelano esplosioni di metal adrenalinico vecchia scuola e Chapter II: The Deal, nella sua interezza, un lavoro heavy/speed/thrash metal convincente su tutta la linea.

Tracklist
1.The Deal (The Story of Miss Betty)
2.Revolution
3.Raise Hell
4.Warmonger
5.Now It’s Dark
6.Fighting for Revenge
7.F.O.B
8.Murder of Crows
9.Weaponized
10.We Play to Kill

Line-up
Marc van den Bos – Guitar, vocals
Bernard Rive – Guitar
Bjorn Hylkema – Bass, backing vocals
Marco Prij – Drums

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Gaahls Wyrd – GastiR – Ghosts Invited

Un grande ritorno per un cantante che è andato molto oltre il ruolo che gli era stato ritagliato e che sa creare bellissime atmosfere.

Arriva il primo disco sulla lunga distanza dei Gaahls Wyrd, il nuovo gruppo di Gaahl, cantante dei Gorgoroth dal 1998 a 2007.

Praticamente questo gruppo è la continuazione del precedente gruppo di Gaahl e del suo fido Kristian Espedal, i God Speed, ma qui ci spinge molto altro. GastiR – Ghosts Invited è un tributo alla musica oscura, un qualcosa che Gaahl, un lavoro a cui vanno molto strette tutte le categorie, perché parte dal black metal per andate molto oltre qualsiasi genere, trattando della nostra e di altre dimensioni. I norvegesi creano qui, dopo un buon esordio con la registrazione di un concerto a Bergen, uno dei possibili futuri del black metal, che sta diventando sempre più un qualcosa di simile ad un codice sorgente che un vero e proprio genere musicale. I Gaahls Wyrd dipingono otto canzoni che sono porte per altre luoghi che stanno dento e fuori di noi. La voce di Gaahl ha compiuto la definitiva trasformazione da voce black metal a lettrice di anime, scava dentro come un brano shoegaze eseguito con la chitarra a mille. Il missaggio del disco è stato eseguito con grande intelligenza, riuscendo a bilanciare il tutto, senza che nulla predomini in maniera tediosa o inutile. Il disco, oltre che un grande lavoro, è anche qualcosa di trasversale, nel senso che piacerà a chi vuole qualcosa in più dal black metal, ma anche chi si aggira nelle lande del post metal lo apprezzerà molto. Qui la musica prende il sopravvento sui generi, entra nel sangue e nel cervello di chi la ascolta e genera una dolcissima dispersione, e se ne vuole ancora. Un grande ritorno per un cantante che è andato molto oltre il ruolo che gli era stato ritagliato e che sa creare bellissime atmosfere.

Tracklist
1.Ek Erilar
2.From The Spear
3.Ghosts Invited
4.Carving The Voices
5.Veiztu Hve
6.The Speech And The Self
7.Through And Past And Past
8.Within The Voice Of Existence

Line-up
Gaahl
Lust Kilman
Eld
Spektre

https://www.facebook.com/gaahlswyrd/

Ares Kingdom – By the Light of Their Destruction

Grezzi, indiavolati e cattivissimi gli Ares Kingdom non tradiscono, continuano il loro discendere negli abissi paludosi del death metal fregandosene altamente di quello che la tecnologia ha regalato in tutti questi anni, confezionando un album malvagio, brutale e rivolto agli appassionati più incalliti.

Il sound degli Ares Kingdom è un death/thrash metal old school, devastante e senza compromessi, legato a doppia mandata alla scuola estrema a cavallo tra gli anni ottanta (thrash) ed il decennio successivo (death).

La band nasce a metà anni novanta, la sua discografia vanta tre full length e numerosi ep, arrivando a questo nuovo quarto lavoro su lunga distanza dopo che tra il 2018 e quest’anno ha rilasciato la bellezza di quattro ep.
Death/thrash old school, dove anche la produzione segue il sound nel ricordare i pionieri del metal estremo, tra Slayer, Possessed e primi Obituary.
By the Light of Their Destruction è composto da otto brani che non trovano sbocchi se non nei gusti degli affezionati, di quei fans duri e puri che disprezzano tutto quello che viene prodotto oggigiorno, a meno che non risultino tributi alla scena metallica estrema di trent’anni fa, tra Slayer, Possessed e primi Obituary.
Grezzi, indiavolati e cattivissimi gli Ares Kingdom non tradiscono, continuano il loro discendere negli abissi paludosi del death metal fregandosene altamente di quello che la tecnologia ha regalato in tutti questi anni, confezionando un album malvagio, brutale e rivolto agli appassionati più incalliti.
Tracklist
01. The Hydra Void
02. Burn, Antares (Scorpius Diadem)
03. Dark Waters Eridanus
04. Eighteen Degrees Beneath
05. Allegory
06. The Bones Of All Men
07. Iconologia
08. Talis Chimera Est

Line-up
Alex Blume – Vocals/Bass
Chuck Keller – Lead Guitar
Mike Miller – Drums

https://www.facebook.com/Ares-Kingdom-97935152280/

https://youtu.be/NBbT6LJtwhs

Trench Warfare – Hatred Prayer

Il suono grezzo e senza compromessi pone i Trench Warfare come realtà di matrice old school e senza ombra di dubbio imprigionata nella melma infernale dell’underground più estremo e violento. L’attitudine evil fa il resto e l’album, composto da una dozzina di esplosioni metalliche si carica di atmosfere di morte, guerra e perversione.

La Transcending Obscurity è ormai da anni un punto di riferimento per gli amanti del metal estremo in tutte le sue oscure anime.

Dall’Asia agli stati Uniti, passando per l’Europa, i suoi tentacoli sono arrivati fino ai più neri abissi dell’underground mondiale con sempre più band ed artisti a valorizzare un roster impressionante.
I Trench Warfare per esempio sono un gruppo texano che licenzia il primo album su lunga distanza intitolato Hatred Prayer, una mezz’ora circa di violentissimo death metal pregno di attitudine black.
Il suono grezzo e senza compromessi pone i Trench Warfare come realtà di matrice old school e senza ombra di dubbio imprigionata nella melma infernale dell’underground più estremo e violento.
L’attitudine fa il resto e l’album, composto da una dozzina di esplosioni metalliche, si carica di atmosfere di morte, guerra e perversione.
Rallentamenti doom/death creano un alone morboso vecchia scuola, così che brani pachidermici come Astral Projection o New Lord risultano vere e proprie colate di lava proveniente dall’inferno.
Accelerazioni al limite del brutal, attitudine black metal e potenza death sono il mortale mix proposto dai Trench Warfare, consigliato agli amanti dei vari Morbid Angel, Deicide e Sarcofago.

Tracklist
1. Decimate Legions
2. Spare No Wrath
3. Axioms of Prevarication
4. Barbarous Temperment
5. Astral Projection into the Shapeless Abysmal Void
6. Evil Shall Triumph
7. Behead Muhammad
8. Young Lord (Poison Idea cover)
9. The New Lord
10. Blood Cleaning
11. Sate Thy Lust
12. Hatred Prayer

Line-up
Tony Goyang Jr – Guitars, Bass
Jay Gorania – Vocals
Lee Fisher – Drums

https://www.facebook.com/trenchwarfaretexas/