LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: SCALA MERCALLI

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato gli Scala Mercalli.

MC Nuovo album per una delle heavy metal band tra le più seguite ed amate in Italia, sto parlando degli Scala Mercalli e con noi abbiamo Sergio, il batterista, e Clemente il chitarrista, i due portavoce della band.
Percorriamo le tappe principali degli Scala Mercalli, siete sulla scena metal già dal 1992! Ci parlate della genesi della band?

Sergio – Eravamo tutti ragazzi sui 18-20 anni circa e con qualche piccola esperienza precedente in formazioni non ufficiali, provavamo qualche cover in garage o nelle prime sale prove che si trovavano nei rarissimi spazi a disposizione. Dopo qualche prova insieme ci è venuta la voglia di iniziare a tirare fuori qualcosa di nostro, e cosi pian piano nel ‘92 abbiamo deciso di formare una band ufficiale che cantasse in inglese, lingua madre dell’Heavy Metal, ma mantenendo un nome italiano da cui poi è uscito Scala Mercalli, un nome che doveva scuotere l’animo delle persone che ci ascoltavano e ci ascoltano!

MC Citiamo la line up attuale degli Scala Mercalli?

Sergio Ciccoli-batteria
Christina Bartolacci -voce
Clemente Cattalani- chitarra
Cristiano Cellini-chitarra
Giusy Bettei – basso

MC Il nuovo album “Indipendence” è stato pubblicato a Gennaio di quest’anno per la Alpha Omega Records ed è incentrato sulla prima parte del Risorgimento italiano. Come negli album precedenti la storia d’Italia è al centro delle vostre tematiche. Qual’è il messaggio contenuto in quest’album?

Sergio:  il messaggio base è quello di ricordare con quanto coraggio, sacrificio e amor di patria siamo nati, quanto valore hanno dimostrato i nostri avi per darci la libertà che molti di loro hanno pagato con la vita. In effetti questa volta l’album non parla solo delle eroiche vittorie riportate in quel periodo, come a Calatafimi dai Mille di Garibaldi che si unirono alla rivolta popolare, ma parla anche di dolorose sconfitte sulle quali però sono state gettate le basi delle future vittorie che hanno unificato il nostro paese. Un esempio è la canzone dedicata alla battaglia di Tolentino del 1815 dove il Re di Napoli Murat venne sconfitto dagli Austriaci, un’altra canzone invece racconta della battaglia per la difesa delle Repubbica Romana del 1849, avvenuta sul colle del Gianicolo dove molti non si arresero e vi morirono attaccati dalle truppe Francesi a tradimento nella notte. Ogni canzone, insomma, ha il suo messaggio che vi consigliamo di leggere attentamente!

MC Parliamo anche del videoclip che ha preceduto l’uscita dell’album. Come è stato realizzato?

Clemente- Abbiamo girato il video di Be Strong in una villa ottocentesca vicino a Potenza Picena (MC). Abbiamo giocato molto sulle stanze e sull’ambientazione in generale della villa per poter realizzare qualcosa di originale. Ovviamente con le nostre divise ispirate ai corpi militari di inizio/metà 1800.

MC Una domanda che immagino vi faranno in tanti. Vi ispirate alla nostra Italia storica, raccontando battaglie e vittorie, come mai il cantato è in inglese? avete mai pensato di cantare in italiano?

Sergio: Sì ci abbiamo pensato, e in infatti in questo disco abbiamo fatto due canzoni con ritornelli in italiano, ma sappiamo bene che se vogliamo essere compresi in tutto il mondo bisogna cantare nella lingua madre e ufficiale dell’Heavy Metal, cioè in inglese. In questo modo le storie italiane che narriamo possono essere ben comprese da tutti!

MC Ho avuto la fortuna di assistere ad un vostro live e mi complimento con voi per la bravura e la professionalità, oltre all’energia che esprimete con le vostre esibizioni. Che rapporto avete con il pubblico che vi segue?

Clemente: In zona sono chiaramente per lo più amici o comunque persone del giro che si conoscono; anche quando suoniamo fuori dalle Marche,vuoi non vuoi, dopo anni, le persone sono spesso le stesse, quindi diciamo che siamo una grande famiglia!

MC Come promuoverete Indipendence? Ci sono già delle date previste per i live degli Scala Mercalli?

Clemente: Abbiamo confermato diverse date per quest’estate in diversi festival ed in diverse zone d’Italia, sicuramente ne vedremo delle belle!!
Sergio: Cercheremo poi pian piano di coprire tutta la penisola da qui a fine anno come abbiamo sempre fatto, speriamo di tornare anche all’estero, anche se un nostro desiderio sarebbe suonare anche in Sicilia e Sardegna che ancora purtroppo ci mancano.

MC Quali sono i vostri contatti sul web?

Sergio: oltre al sito ufficiale www.scalamercalli.com potete trovare tutte le informazioni anche sulla nostra pagina Facebook e su Istagram.

MC Grazie di essere stato qui con noi!

Sergio: Grazie a voi per lo spazio che ci date e che date al Metallo Italiano!! Still United \m/,
Clemente: Grazie a tutto lo staff di Overthewall e Metal Eyes e grazie a tutti quelli che ci supportano, a presto live!!

Wounds – Light Eater

Gli Wounds seguono la scia di Psycroptic e Decapitated, nel loro sound non si rinviene nulla di progressivo, bensì un massacro di matrice death metal suonato con perizia tecnica ed impatto tremendo.

Debutto interessante per questo quartetto statunitense, impegnato in un technical death metal feroce, massacrante ma dalle discrete intuizioni compositive.

Gli Wounds (ex Wounof Ruin) risultano attivi addirittura dal 2006, ma arrivano solo ora al debutto discografico con questi cinque brani racchiusi in Light Eater, ep licenziato dalla Everlasting Spew Records.
Technical death metal di scuola americana è quello che si trova tra le trame di questo mini cd, venti minuti di virtuosismi ritmici e chitarristici, perennemente estremizzati e tenuti ad una andatura media pericolosamente elevata.
Da Explosion Of Interstellar Terror in poi la band ci travolge senza soluzione di continuità: i virtuosismi strumentali sono il fiore all’occhiello di Light Eater, specialmente per chi ama il death metal più tecnico che nella title track ed in Fractured appare quanto mai diretto e devastante.
Il gruppo di Chicago segue la scia di Psycroptic e Decapitated, nel suo sound non si rinviene nulla di progressivo, bensì un massacro di matrice death metal suonato con perizia tecnica ed impatto tremendo.

Tracklist
1.Explosion Of Interstellar Terror
2.Light Eater
3.Metamorphosis
4.Fractured
5.As Undead Awakening

Line-up
Cornelius Hanus – Vocals
Rick Mora – Guitars
Franco Caballero – Bass
Nate Burgard – Drums

WOUNDS – Facebook

Of Hatred Spawn – Of Hatred Spawn

Mezz’ora basta ed avanza al gruppo canadese per presentarsi al pubblico estremo mondiale con un lavoro convincente, suonato e prodotto con tutti i crismi per non rimanere ignorato dagli amanti del death metal statunitense.

Ottimo debutto per questi guerrieri del death metal old school, tecnico e brutale provenienti dal Canada e chiamati Of Hatred Spawn.

La band nasce per volere dei fratelli Tartaglia, Remy, chitarrista ed ex Unbidden e J.J, batterista e già con Skull Fist, Operus e Final Trigger, a cui si sono aggiunti il bassista Oscar Rangel (ex Annihilator) ed il cantante Matt Collacott.
Questo primo album omonimo, licenziato dalla Boonsdale Records, ci presenta un gruppo notevole per tecnica esecutiva ed approccio, e che gli Of Hatred Spawn non siano dei novellini lo si capisce ad ogni nota di questo bombardamento sonoro senza soluzione di continuità, tra cambi di tempo, fulminanti blast beat, chitarre torturate senza pietà ed un cantante capace di variare toni senza intaccare la sua resa assolutamente devastante.
Un death metal ancorato nella tradizione a stelle e strisce, con la pesantezza immane dei Morbid Angel, la brutale potenza dei Cannibal Corpse e l’armageddon creato dai Deicide, crea un fronte di bassa pressione estrema, vere tempeste elettriche che si sviluppano monumentali tra le trame di Global Dehumanization, della formidabile Plaga (autentico picco di questo lavoro) e della conclusiva, devastante God Of Wrath.
Mezz’ora basta ed avanza al gruppo canadese per presentarsi al pubblico estremo mondiale con un lavoro convincente, suonato e prodotto con tutti i crismi per non rimanere ignorato dagli amanti del death metal statunitense.

Tracklist
1.Overture
2. Global Dehumanization
3.Nest Of Vipers
4.Severed Limb Convulsion
5.Plaga
6.Nocturnal Swarm
7.God Of Wrath
Line-up
Remy Tartaglia – Guitars
JJ Tartaglia – Drums
Oscar Rangel – Bass
Matt Collacott – Vocals

OF HATRED SPAWN – Facebook

RISE OF TYRANTS

Il video di “Freakshow”, dall’album “Abnormality in Structure”.

E’ online il nuovo video dei deathsters bergamaschi RISE OF TYRANTS per il brano “Freakshow”, tratto dal loro ultimo disco “Abnormality in Structure” uscito lo scorso 15 marzo 2019.

I Rise of Tyrants sono:
Davide Cantamessa – Voce
Paolo Morosini – Chitarra
Federico Visini – Chitarra
Riccardo Arrigoni – Basso
Virgilio Breda – Batteria

Info: www.riseoftyrants.net
Streaming e acquisto album: riseoftyrants.bandcamp.com

Nasheim – Jord och aska

I Nasheim non sono paragonabili a nessun altro gruppo attualmente: la loro proposta di atmospheric black metal ha una trascendenza,un lirismo e una personalità senza pari.

Un fluire ininterrotto di pura emozionalità e una classe cristallina ci riportano all’ascolto della seconda opera di Nasheim, one man band svedese composta da Erik Grahn con l’aiuto di vari collaboratori, tra cui R.Bjornstrom alla batteria, Harper al violino e R.Shakespeare al cello.

Ogni singola nota e ogni parola sono create dal leader che, dopo lo splendido Solens Vemod del 2014, si è preso tutto il tempo necessario per far crescere la propria creatività e poter far fuoriuscire con personalità e forte identità il proprio spirito. Questa musica, o meglio arte, non può lasciare indifferente chi si accosta, qui ci sono note di atmosferico black metal che porta il genere a un livello superiore, e l’accostamento tra folk nordico e materia black genera un’opera molto curata, rifinita in ogni sua parte ma che rappresenta in toto l’anima dell’artista. Arte e vita si intrecciano e ci avvolgono continuamente in questi tre brani che rappresentano uno “stream of consciousness” trascendente, onirico e ipnotico. Durante l’ascolto sembra di entrare in un mondo parallelo dove nulla è definito e tutto è in continuo divenire e i venti minuti di Att Svava Jogg Sviderna sono lì a dimostrarlo. Non vi è sfoggio di tecnica particolare, esiste solo una forte espressività che avviluppa noi ascoltatori in una atmosfera quasi ultraterrena, dove bellezza e tensione sono in perfetto equilibrio. La musica fluisce libera, possente, l’alternanza tra clean vocals e scream è naturale, l’intreccio strumentale è fluido e spontaneo generando un miscuglio di emozioni tra speranza, disperazione che eleva la nostra coscienza a livelli superiori dove forse pensavamo di non poter mai arrivare. Lo struggente sviluppo del terzo e conclusivo brano Sank Mig I Tystnad dimostra ampiamente che i Nasheim non sono paragonabili a nessun altro gruppo attualmente: l’artista sviluppa un personale percorso nella costante ricerca di adamantina bellezza.

Tracklist
1. Att sväva över vidderna
2. Grå de bittert sådda skogar
3. Sänk mig i tystnad

Line-up
Erik Grahn – Bass, Guitars, Vocals

Kraanston – Northern Influence

Si prova un gusto decisamente differente rispetto al gruppo sludge medio, anche se definire i Kraanston sludge è un arrotondare per difetto, dato che sono difficilmente classificabili, o meglio sono i Kraanston punto e basta.

Da Torino arrivano i Kraanston, al debutto sulla lunga distanza dopo l’ep Dead Eyes del 2016.

La loro proposta è uno sludge molto particolare, potente, distorto e che esplora anche altri sottogeneri del metal come thrash e groove metal, confezionando un disco non comune e molto interessante. Non poteva essere altrimenti con in formazione due musicisti come Fabio Insalaco degli Homicide Hagridden e Andrea Bonamigo dei The Selfish Cales, due gruppi musicali assai diversi, ma entrambi eccellenti nei loro campi. Northern Influence è un disco che non cerca mai la soluzione ovvia, ma lavora attraverso distorsioni e una imponente sezione ritmica per devastare tutto. La via anglosassone allo sludge ha influenzato molto i nostri, anche se la loro proposta è originale, dato che il suono dei Kraanston è metal nella sua essenza e nella sua manifestazione. Il disco regala belle sensazione a chi ama la musica pesante fatta con passione e concretezza, e saranno particolarmente soddisfatti gli amanti di sfuriate distorte e con la batteria incombente. Il gruppo è un trio molto ben assortito e capace di funzionare al meglio, esprimendosi in momenti più lenti o anche più veloci, sempre pesanti e potenti. Si prova un gusto decisamente differente rispetto alla band sludge media, anche se definire i Kraanston sludge è un arrotondare per difetto, dato che sono difficilmente classificabili, o meglio sono i Kraanston punto e basta. La formazione di questi musicisti è solida come i loro ascolti, tutto è eseguito al meglio, in perfetta comunione con la produzione. Non manca nemmeno la melodia declinata in maniera diversa, che contribuisce ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore verso questo magma sonoro. Northern Influence riserva anche parecchie sorprese, certi pezzi dopo vari minuti cambiano registro e sono la migliore testimonianza della bravura compositiva ed esecutiva di questo gruppo. Un disco in tutto e per tutto underground che meriterebbe molto e speriamo lo riceva, anche se lo scopo principale è quello di fare male, tanto male.

Tracklist
1.UVB-76
2.An Unknown Hero
3.Tunguska (free)
4.Planet 4
5.Noril’sk
6.Cargo Cult
7.Kraanston

Line-up
Fabio Insalaco – Guitar / Vocals
Andrea Bonamigo – Bass / Vocals
Stefano Moda – Drums

KRAANSTON – Facebook

Aria – The Curse Of The Seas

I brani di Curse Of The Seas vanno a comporre un notevole esempio di metal in cui NWOBMH, power, thrash e sfumature vicine al prog formano un sound convincente ed estremamente vario.

Attivi addirittura dalla metà degli anni ottanta e giunti al tredicesimo album, tornano dopo quattro anni gli Aria, praticamente sconosciuti se non dai fans più attenti in Occidente, ma un’istituzione nella loro Russia, nei paesi dell’est ed in Asia.

Il perché la band non abbia mai trovato terreno fertile nel centro ed ovest Europa potrebbe derivare dall’uso incondizionato della loro lingua, fatto sta che a livello musicale gli Aria ci sanno fare eccome, dando l’impressione a chi ascolta d’essere al cospetto di un gruppo navigato, dall’esperienza e storia che non ha nulla da invidiare a chi ha fatto la storia dell’heavy metal.
Sembra però che, dopo tanti anni, gli Aria abbiano deciso di oltrepassare i confini virtuali della nostra musica preferita, lasciando il nuovo lavoro nelle mani del produttore Roy Z (Helloween, Judas Priest e Bruce Dickinson) e a Maor Appelbaum (Faith No More, Malmsteen, Rob Halford, Yes) il compito di masterizzare il tutto.
Accompagnati da testi che se non formano un concept vero e proprio risultano un viaggio omerico, tra mature riflessioni sulla vita viste dalla parte dell’uomo, di Dio e di oggetti inanimati, i brani di Curse Of The Seas vanno a comporre un notevole esempio di metal in cui NWOBMH, power, thrash e sfumature vicine al prog formano un sound convincente ed estremamente vario.
La lingua è forse l’unico ostacolo da superare per chi si avvicina alla musica del gruppo russo, trattandosi come il tedesco di un idioma forse più adatto a sonorità moderne, anche se la bravura del singer Mikhail Jitnyakov ne limita la poca fruibilità.
Il resto lo fanno una serie di brani splendidi, che alternano cavalcate heavy metal dalle ritmiche power, e mid tempo metallici nei quali le emozioni non mancano di certo.
I brani dalla durata medio lunga hanno in Varyag, nella ballata Hard To Be God, Alive e nei dodici minuti della conclusiva title track i momenti salienti di questo monumentale lavoro.
La Russia, così come tutta l’area ex-sovietica, continua a riservare gradite sorprese agli amanti della buona musica e gli Aria ne sono uno dei migliori esempi.

Tracklist
01. Race For Glory
02. Varyag
03. Lucifer
04. Hard To be God
05. Let it Be
06. Lust Run
07. Alive
08. Kill the Dragon
09. Smoke Without Fire
10. From Sunset To Sunrise
11. Curse of the Seas

Line-up
Vitaly Dubinin – Bass, Back vocal
Mikhail Jitnyakov – Lead vocal
Vladimir Holstinin – Guitar
Sergey Popov – Guitar
Maxim Udalov – Drums

ARIA – Facebook

Steorrah – The Alstadt Abyss

The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità dove progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.

Di questi tempi il termine progressive ha assunto una miriade di significati ed il genere si è trasformato in un lungo fiume musicale nutrito da centinaia di affluenti lungo il suo corso.

Ormai questo storico temine è usato come il prezzemolo e i fans tradizionali si sono dovuti adattare alle tante anime di un genere sviluppatosi in modo inaspettato dopo anni di stasi e conservatorismo.
Gli Steorrah, band tedesca con due album ed un live già licenziati, tornano con questo ennesimo esempio di come il progressive rock ed il metal alleandosi abbiano regalato ottima musica, cercando di instaurare legami con altri generi e dando la possibilità, grazie soprattutto al tanto bistrattato (dai fans storici del prog) metal estremo di abbattere confini che anni fa erano invalicabili.
The Alstadt Abyss risulta dunque l’ennesimo lavoro di buona qualità nel quale progressive, metal e poi post rock, jazz e atmosfere fusion trovano il loro habitat, ricamando note su note in tele progressive.
Saturnalia For Posterity e gli undici minuti della cangiante Where My Vessel Dwells, insieme alla conclusiva e seattantiana title track, ci presentano un gruppo che non ha paura di navigare sul fiume musicale di cui si parlava, esplorando isolette doom e dissonanze post rock, nel lungo corso da affrontare prima che i Steorrah scrivano la parola fine ad un album intrigante e ben congeniato.
La tecnica, al servizio di brani già di per sé, labirintici non intacca la fluidità dell’ascolto che si fa interessante ad ogni passaggio.

Tracklist
1.The Silver Apples Of The Moon
2.Sea Foam Empyrean
3.Saturnalia For Posterity
4.Wolves & Seagulls
5.Where My Vessel Dwells
6.Spheroid Nine
7.The Altstadt Abyss

Line-up
Andreas März – Vocals, Electric & Acoustic Guitars
Christian Schmidt – Drums & Piano
Nicolao Dos Santos – Electric Guitars & Backing Vocals
Raoul Zillani – Bass Guitars & Backing Vocals

STEORRAH – Facebook

Dire Peril – The Extraterrestrial Compendium

The Extraterrestrial Compendium risulta un ottimo ascolto, risultando una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia, consigliati agli amanti di Iced earth e Blind Guardian e in generale agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Per gli amanti del power/thrash metal arriva dagli States questo ottimo lavoro, il primo del duo formato dal chitarrista e bassista Jason Ashcraft e dal vocalist John Yelland con il monicker Dire Peril ed intitolato The Extraterrestrial Compendium.

Come suggeriscono il titolo e l’artwork, l’album è un concept fantascientifico che si sviluppa attraverso un power metal di matrice americana, potenziato da bordate thrash ma pervaso da una vena melodica che ne contraddistingue il piacevole ascolto.
Attivi come band da sei anni, i Dire Peril hanno dato alle stampe una manciata di ep e singoli prima di licenziare questa possente opera, composta da una dozzina di brani per oltre un’ora di metal classico, impreziosito da ritmiche schiacciasassi, un grande lavoro chitarristico, una buona prestazione vocale e buone canzoni.
Il genere è quello che ha fatto la fortuna degli Iced Earth, qui rivisitato in chiave power, quindi più “europeo” rispetto alla band di Jon Schaffer e con soluzioni corali che ricordano i Blind Guardian.
Paragoni scomodi? Non direi, anche perché i Dire Peril hanno fatto un gran bel disco, cercando di mantenere un buon livello nel corso dell’intero album che, pur sviluppandosi su di un minutaggio importante, si lascia ascoltare con attenzione.
Non c’è nulla di particolarmente originale tra le trame dei vari brani che, dall’opener Yautja (Hunter Culture), passando per Enemy-Mine, la thrashy Total Recall, il crescendo di Blood In The Ice e la splendida “Iced Guardian” Always-Right-Here, ci travolgono di suoni ben conosciuti ma ottimamente eseguiti dal duo.
The Extraterrestrial Compendium è un ottimo ascolto, rivelandosi una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia e consigliati agli amanti dei gruppi citati e, in generale, agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Tracklist
1.Yautja (Hunter Culture)
2.Planet Preservation
3.Enemy Mine
4.The Visitor
5.Total Recall
6.Queen of the Galaxy
7.Roughnecks
8.Blood in the Ice
9.Heart of the Furyan
10.Altair IV: The Forbidden Planet
11.Always Right Here
12.Journey Beyond the Stars

Line-up
Jason Ashcraft – Guitars, Songwriting
John Yelland – Vocals, Lyrics

DIRE PERIL – Facebook

FLESHGOD APOCALYPSE

Il video di ‘Sugar’, dall’album “Veleno”, in uscita a maggio (Nuclear Blast).

Il video di ‘Sugar’, dall’album “Veleno”, in uscita a maggio (Nuclear Blast).

La band italiana orchestral-death metal e revivalista del rinascimento FLESHGOD APOCALYPSE farà il suo ritorno trionfale quest’anno con l’uscita del quinto album “Veleno”, il 24 Maggio su Nuclear Blast Records. Ora il gruppo presenta il primo trailer dell’album, in cui parla dell’ultimo singolo ‘Sugar’.

https://www.youtube.com/watch?v=2lXTqJLIuxI

Acquista il brano qui: http://nblast.de/FA-Sugar

Preordina subito “Veleno”: www.nuclearblast.com/fleshgodapocalypse-veleno
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Ascolta ‘Sugar’ sulla NB Novelties Playlists :
http://nblast.de/SpotifyNovelties / http://nblast.de/AppleMusicNovelties

“Veleno” segna il primo disco dei FLESHGOD APOCALYPSE in tre anni, dall’uscita del loro acclamato disco “King” (2016). La ‘parte metal’ di “Veleno” è stata registrata a Roma al Bloom Recording Studio e Kick Studio con il collaboratore di lunga data Marco Mastrobuono, mentre la ‘parte orchestrale’ – il cast corale – è stato registrato al Musica Teclas Studio di Perugia. I Fleshgod Apocalypse hanno poi portato il loro lavoro al nominato ai Grammy Jacob Hansen (VOLBEAT, THE BLACK DAHLIA MURDER, EPICA) agli Hansen Studios in Danimarca per il mix e il master. L’intera produzione di “Veleno” ha preso, secondo Paoli, circa tre mesi. L’artwork dell’album è stato creato da Travis Smith (AVENGED SEVENFOLD, OPETH, KATATONIA).
Francesco Paoli riguardo a “Veleno”: “Oggi è il giorno. Un primo assaggio del nostro nuovo album, ‘Veleno’, è finalmente disponibile per tutti voi. Nessuna parola può descrivere quanto siamo entusiasti e quanto tempo abbiamo aspettato per questo momento. Quello che vedete è il raccolto di tre anni di sudore, rivoluzioni, emozioni intense e sfide estreme. Abbiamo dimostrato di essere più forti che mai, senza compromessi, alzando l’asticella a qualsiasi costo. L’album è a dir poco grandioso. Ogni canzone è un pezzo unico, letteralmente vivo. Non vedo l’ora che voi ragazzi sentiate il resto…”.

“Veleno” sarà disponibile nei seguenti formati:
– DIGI (CD+BLU-RAY) + TOPPA
– DIGI (CD+BLU-RAY)
– JEWELCASE CD
– 2LP (BLACK, GREY)
– DIGITAL DELUXE (INCL. VERSIONE STRUMENTALE DELL’ALBUM)
– DIGITAL

“Veleno”- Track Listing:
CD
01. Fury
02. Carnivorous Lamb
03. Sugar
04. The Praying Mantis’ Strategy
05. Monnalisa
06. Worship and Forget
07. Absinthe
08. Pissing On The Score
09. The Day We’ll Be Gone
10. Embrace The Oblivion
11. Veleno
Bonus Tracks (DIGI, DIGITAL & DIGITAL DELUXE)
12. Reise, Reise (RAMMSTEIN Cover)
13. The Forsaking (Nocturnal Version)

“An Evening in Perugia” (Bonus Blu-ray) – Track List:
01. Marche Royale
02. In Aeternum
03. Healing Through War
04. Cold As Perfection
05. Minotaur (The Wrath Of Poseidon)
06. Gravity
07. The Violation
08. Prologue
09. Epilogue
10. The Fool
11. The Egoism
12. Syphilis
13. The Forsaking

FLESHGOD APOCALYPSE live:

“Death…Is Just The Beginning” – North American Tour 2019
con HYPOCRISY, AENIMUS
22.03. USA Dallas, TX – Gas Monkey Bar N’ Grill
23.03. USA Austin, TX – Come and Take It Live!
24.03. USA Houston, TX – Scout Bar
26.03. USA Orlando, FL – The Haven
27.03. USA Atlanta, GA – The Masquerade
28.03. USA Raleigh, NC – The Maywood
29.03. USA Richmond, VA – The Canal Club
30.03. USA Worcester, MA – Palladium
31.03. USA New York, NY – Gramercy Theatre
01.04. CDN Montréal, QC – Théâtre Corona
02.04. CDN Québec City, QC – Impérial Bell
03.04. CDN Toronto, ON – The Opera House *UPGRADED*
05.04. USA Chicago, IL – Bottom Lounge
06.04. USA Minneapolis, MN – Studio B
07.04. CDN Winnipeg, MB – The Park Theatre
08.04. CDN Regina, SK – The Exchange
09.04. CDN Edmonton, AB – Starlite Room
10.04. CDN Calgary, AB – Dickens Pub
12.04. CDN Vancouver, BC – Rickshaw Theatre
13.04. USA Seattle, WA – El Corazon
14.04. USA Portland, OR – The Bossanova Ballroom
15.04. USA Oakland, CA – Metro Opera House

01.06. I Trezzo sull’Adda (MI) – Metalitalia.com Festival
23.06. B Dessel – Graspop Metal Meeting
20.07. SK Revištske Podzamcie – Gothoom
25. – 27.07. P Vila Nova de Famalicão – Festival Laurus Nobilis Music Famalicão

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Flashback Of Anger – Shades

I Flashback Of Anger sono la band dal sound più tedesco che mi sia capitato di ascoltare in questo ultimo periodo tra quelle battente bandiera tricolore, e hanno dato vita ad un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni melodic power.

Terzo album per i Flashback Of Anger, band toscana attiva dal 2003 e sotto contratto per una label tedesca che di questi suoni se ne intende, la IceWarrior Records.

L’album, uscito a dicembre dello scorso anno, si intitola Shades ed arriva a confermare l’ottima forma della scena power/progressive tricolore e la bravura del quartetto, protagonista di un lavoro piacevole e ricco di melodie dall’appeal altissimo.
Guidato dal singer Alessio Gori, anche tastierista e quinto importante elemento dei Gamma Ray di Kay Hansen nell’Hellish Rock Tour 2007/08, il gruppo dà alle stampe un album che non conosce battute d’arresto, ispirato ovviamente dalle icone del genere, ma con una sua forte connotazione.
Non stiamo parlando di una band alle prime armi, i Flashback Of Anger hanno esperienza da vendere, sia musicale che di vita e si riflette su di un sound potente e melodico, perfetto nel bilanciare la possente carica del power metal a sfumature pregne di raffinati passaggi e refrain che ricordano l’hard rock melodico ed il prog metal, anche se in generale l’atmosfera dei brani rimane ben salda nel miglior power metal della scuola di Amburgo. Pur non allontanandosi dalle coordinate stilistiche di Edguy, Helloween e Gamma Ray, i Flashback Of Anger convincono per un talento melodico sopra la media e, partendo dall’opener Ripped Off e passando per Numbers e Band Of Brothers non c’è nota che non abbia un forte appeal su chi ascolta.
I Flashback Of Anger sono la band dal sound più tedesco che mi sia capitato di ascoltare in questo ultimo periodo tra quelle battente bandiera tricolore, e hanno dato vita ad un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni melodic power.

Tracklist
1.Ripped Off
2.Numbers
3.Loaded Guns in Guitar Cases
4.Band of brothers
5.Holdout
6.Edge of dreams
7.Dawn of life
8.Lonely Road
9.Tropical Paradise
10.Marvels of the World

Line-up
Alessio Gori – Voice, Keyboards
Gianmarco Lotti – Guitars
Marco Moroni – Bass
Lorenzo Innocenti – Drums

FLASHBACK OF ANGER – Facebook

Crowhurst – III

Un’opera che grida, un urlo disperato eppure bellissimo, un disco che piacerà a tanti, perché copre un grande arco della musica pesante e non solo.

Jay Gambit aka Crowhurst è un musicista e produttore che ha coperto e copre un’ampia gamma di generi musicali, e potrebbe essere definito a ragione un esploratore sonoro.

Ogni volta visita mondi diversi e in questo caso con III si addentra in territori noise e grunge, creando come sempre qualcosa di bellissimo. III è disperato e struggente, il grido di un animale sempre connesso e però morente, colpevole di aver ucciso il proprio ambiente di vita e quindi sè stesso. La razza umana è una contraddizione in termini che prima o poi sarebbe dovuta esplodere e questo disco rappresenta benissimo il poi. La voce di Jay è disperata e ruvida, passa attraverso i padiglioni auricolari per arrivare al cuore ed esplodere, grazie anche ad una musica che si dimena con lui. Questa è forse l’opera in apparenza meno estrema musicalmente, ma è una cascata di odio e disagio, sublimata da uno spirito musicale davvero superiore. Le uscite discografiche totali di Crowhurst sono oltre settantacinque, contando anche le varie collaborazioni, ma ogni volta è un’epifania. In questa nuova pubblicazione però si è superato andando a creare un ponte temporale tra il grunge e qualcosa di estremamente moderno, di vicino al noise e ad altre cose pur senza appartenere a nessun genere in particolare, andando ad usare i codici musicali più adatti per creare qualcosa di potente e ben definito, di musicalmente unico. III è un disco in cui lo spazio si restringe sempre di più, dove le distorsioni sono solchi sull’asfalto e sulla nostra faccia, anno dopo anno, morte dopo morte. Il disco è inoltre strutturato come la narrazione di un film, infatti Crowhurst ha ammesso di essere stato influenzato da The Natural Born Killers, dal quale trae la disperazione e la violenza. Insieme al film di Oliver Stone, Jay Gambit si ispira anche alla serie tv The Twilight Zone, di cui si serve per andare oltre, infatti l’ultima canzone prende il titolo da un episodio della serie. Un’opera che grida, un urlo disperato eppure bellissimo, un disco che piacerà a tanti, perché copre un grande arco della musica pesante e non solo. Prodotto da Kurt Ballou.

Tracklist
1.I Will Carry You To Hell
2.Self Portrait With Halo And Snake
3.The Drift
4.La Faim
5.Ghost Tropic
6.Five Characters In Search Of An Exi

CROWHURST – Facebook

Der Weg Einer Freiheit – Live In Berlin

La prestazione del quartetto tedesco è impeccabile e coinvolgente, come dimostra anche l’approvazione da parte del pubblico presente, per cui non resta che ascoltare con enorme piacere questo sunto di una discografia che è ancora ascendente dal punto di vista qualitativo.

Non è così usuale che un band black metal pubblichi la registrazione di un concerto dal vivo, stante la frequente ritrosia da parte di musicisti della scena nell’esibirsi di fronte al pubblico.

Ma del resto non si possono considerare i Der Weg Einer Freiheit un gruppo come un altro, uno dei tanti che cerca con alterne fortune di procacciarsi i favori di un fetta di pubblico: questo combo guidato da Nikita Kamprad, nonostante sia attivo solo da un decennio, ha già alle spalle una discografia consistente e soprattutto uno status importante che lo colloca tra i nomi di punta del black metal tedesco.
Anche la collocazione in quest’ambito appare peraltro piuttosto forzata, visto che la band bavarese esibisce un sound che non lesina ampie aperture atmosferiche o momenti più rarefatti che, pur mantenendo ben solida e riconoscibile la matrice germanica, riconducono alle più oblique sonorità provenienti da oltreoceano per mano dei disciolti Agalloch piuttosto che dei Wolves In The Throne Room.
Il live in questione risale al 2017 e offre in circa un’ora e un quarto il meglio della produzione dei Der Weg Einer Freiheit, pescando in maniera equilibrata dai quattro full length pubblicati (quello omonimo d’esordio, Unstille, Stellar e Finisterre) con unica eccezione il brano Der Stille Fluss tratto dall’ep Agonie.
La prestazione del quartetto tedesco è impeccabile e coinvolgente, come dimostra anche l’approvazione da parte del pubblico presente, per cui non resta che ascoltare con enorme piacere questo sunto di una discografia che è ancora ascendente dal punto di vista qualitativo: tracce di intensità non comune come Einkehr (da Stellar) o la lunghissima Zeichen (da Finisterre) vengono citate solo a fini esemplificativi di quale sia lo spessore di questo eccellente gruppo.
Il presente album, peraltro, ha anche lo scopo di promuovere il tour europeo che i Der Weg Einer Freiheit stanno per intraprendere proprio in questi giorni per festeggiare il loro decennale e che, purtroppo, non toccherà la nostra nazione per cui, se non ci si vuole sobbarcare una lunga trasferta oltreconfine, l’unica maniera per godersi la musica di Kamprad e soci dal vivo resta quella di far proprio questo lavoro.

Tracklist:
1. Einkehr
2. Der stille Fluss
3. Repulsion
4. Skepsis Part I
5. Skepsis Part II
6. Ewigkeit
8. Aufbruch
9. Lichtmensch
10. Ruhe

Line-up:
Nikita Kamprad: guitars, vocals
Tobias Schuler: drums
Nico Rausch: guitars
Nico Ziska: bass

DER WEG EINER FREIHEIT – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: LA JANARA

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato Raffaella Cangero, vocalist della magnifica band campana La Janara.

MC Primo full length per la Janara, come ho già detto attesissimo perché dalla pubblicazione del primo ep autoprodotto avete suscitato molto interesse nella scena underground…

La sfida di comporre musica che fosse “italiana” sotto tutti i punti di vista e sulla quale nessuno avrebbe scommesso è stata vinta a testa alta. Abbiamo sempre creduto strenuamente nelle nostre capacità, ma soprattutto nel nostro obbiettivo e nei nostri propositi: è stato arduo perché nessuno riusciva a dare fiducia o intravedere delle potenzialità in un tipo di metal cantato esclusivamente in italiano che andava a fondersi col genuino prog italico anni ‘60/’70, e che peraltro affrontava temi fortemente centralizzati come quelli del folklore di una terra semi sconosciuta come l’Irpinia. Tra i pochi che hanno avuto fiducia in noi e che hanno percepito qualcosa di “magico” nella nostra musica c’è stato il guru e mentore della Black Widow Records, Massimo Gasperini, e se qualcuno ci avesse detto che di lì a poco anche La Janara sarebbe stata annoverata tra i grandi nomi della scuderia della storica label genovese non ci avremmo mai creduto. Abbiamo promosso con i nostri lavori (una demo del 2015 ed un EP del 2017) la personale novità di un metal italiano per italiani e quella che all’inizio risultava una stonatura, è stata via via sempre più apprezzata ed accolta con grande fervore. Abbiamo diffuso, per quanto consentissero i pochi mezzi a disposizione, la nostra proposta senza mai demordere, conquistandoci in questo modo un piccolo posto all’interno della grande e prolifica scena metal italiana.

MC Le tematiche di Tenebra, questo il nome del nuovo album, trattano appunto le tenebre dell’anima e il ricorrere delle donne a poteri occulti per affermare la propria dignità. L’ambientazione è l’Irpinia antica ma quanto sono ancora attuali queste tematiche?

Le tematiche che affrontiamo sono radicate in un’Irpinia magica e rurale, dove agiscono diversi spiriti e personaggi del folklore popolare che ancora oggi suscitano interesse e curiosità, catturando l’immaginario comune grazie al loro ancestrale fascino. I miti e le leggende tuttavia sono e sono sempre stati lo specchio della realtà attuale e la rappresentano metaforicamente: le streghe – allegoria dei deboli – che dominano la nostra proposta artistica bramano il sangue dei carnefici e lottano per la loro rivalsa; questa è una tematica quanto mai attuale, affrontata in canzoni come Mater Tenebrarum (secondo singolo estratto dall’album), Mephis o Tenebra, canzone che dà il titolo all’album. Altre canzoni affondano le loro radici nel folklore più puro ed autentico, come Malevento o Cera, mentre Il Canto dei Morti (primo singolo) affronta dell’inscindibile dicotomia di Eros e Thánatos, Amore e Morte, concludendosi con la definitiva vittoria della prima Potenza che travalica e sconfigge i limiti imposti dal Termine della vita. In particolare per questo brano ci siamo volutamente ispirati ad un grande capolavoro del cinema horror italiano (che insieme al metal e rock italici è il nostro grande punto di riferimento, ovvero Dellamorte Dellamore di Michele Soavi che affronta, tra gli altri, anche questo argomento.

MC A chi è stata affidata la stesura dei testi e la composizione?

La composizione dell’album ha una storia singolare: a differenza dell’EP dove ognuno di noi ha contribuito alla scrittura delle tracce, in questo primo album ogni canzone, compresa di testi e musica, è stata composta ed arrangiata esclusivamente dal chitarrista, il Boia, che di volta in volta ci proponeva le sue idee, già ben chiare e definite. È stato poi compito di ognuno di noi interiorizzare ed interpretare i brani in modo tale da apportare un contributo alla musica e a trarre fuori ed esprimere il meglio di ogni brano.

MC “Tenebra” si avvale della presenza di diversi special guest. Ci parli di queste collaborazioni?

I diversi guest che hanno collaborato all’album sono, oltre che cari amici, dei musicisti fantastici e piuttosto noti: il brano Or Poserai per sempre si avvale della collaborazione di Giulian Latte, fondatore e compositore della band partenopea Scuorn, molto nota nell’underground black metal italiano, che ha inserito dei cori, e di Alessandro Liccardo chitarrista, fondatore e compositore della band hard rock napoletana Hangarvain, che ha inserito un assolo; un altro solo di Liccardo è presente all’interno della canzone Mephis. Altro special guest è Riccardo Studer, tastierista degli Stormlord, che ha inserito gli arrangiamenti orchestrali; infine c’è Alessio Cattaneo degli Onryo che ha programmato i bassi e le batterie in Ver Sacrum. Non so se può essere considerato in toto un guest, ma lo cito egualmente: il ritornello di Or Poserai per sempre è una sezione di versi della poesia “A se stesso” del grande Giacomo Leopardi, special guest decisamente fuori dagli schemi!

MC Dal primo ep al full lenght. Quali differenze tra il primo lavoro e l’ultimo?

Nei soli due anni che separano questo primo album dal precedente EP del 2017 sono cambiate molte cose, non solo all’interno della band, ma anche a livello personale e compositivo. Siamo cresciuti e maturati molto in questo breve lasso di tempo, abbiamo compiuto un percorso che ci ha portati ad un costante miglioramento e a nuove concezioni o approcci alla musica e questo lo si può evincere confrontando, anche distrattamente, le sonorità dei due diversi lavori. Siamo cresciuti come musicisti ed abbiamo percorso un iter artistico che ci ha spronati a dare sempre il massimo, a ricercare nuove ispirazioni e a migliorare noi stessi. Non sono mancati anche cambiamenti all’interno della band dal momento che c’è stato un piccolo cambio di line up: il vecchio batterista (Stefano Pelosi, in arte l’Alchimista) è stato sostituto dal Mercenario, Antonio Laurano.

MC Una curiosità, ogni membro della band ha un soprannome. Citiamo tutti i componenti e il relativo appellativo?

Come ho spiegato diverse volte, i soprannomi che ci siamo affibbiati (e con i quali oggi tutti ci identificano) all’inizio sono stati un gioco attraverso il quale poter diventare protagonisti delle storie che raccontiamo con la nostra musica. Ognuno di essi, prendendo spunto dalle nostre caratteristiche personali, ha trasceso la finzione ed è diventato parte di noi: io, ad esempio, sono La Janara, rappresento la volontà di riscatto dei deboli e degli oppressi, di chi è stato schiacciato dalla Superbia e dalla Prepotenza ma che reclama a gran voce riscatto e vendetta, argomento che mi sta particolarmente a cuore e che in un certo senso rappresenta delle mie esperienze di vita.
Gli altri membri della band sono il chitarrista ovvero il Boia (alias Nicola Vitale), il bassista, l’Inquisitore (Rocco Cantelmo) e il nuovo barrerista (Antonio Laurano) il Mercenario.

MC Ci saranno live a promuovere la nuova uscita discografica?

Sono numerosi i live in programma, attualmente solo in Campania. Il release party avrà luogo il giorno stesso dell’uscita del disco, il 27 marzo, nella “nostra” Avellino, al Tilt! Tattoo bar events; ad aprile torneremo nel salernitano con due date, la prima a Battipaglia (Bar Capri, 15/04) e a Fisciano (Periferica Konnection, 19/04). Per ora stiamo promuovendo solo live nella nostra regione, ma non escludiamo di spostarci in tutto il Sud, in particolare in Basilicata e Puglia.

MC Diamo dei riferimenti ai nostri ascoltatori per trovarvi nei meandri del web?

La Janara è presente su tutti i social (Facebook, Instagram, YouTube) oltre che su diversi store digitali come Bandcamp, Bigcartel, Spotify ed Apple Music. Insomma… non potrete scampare all’incantesimo de La Janara!

Cellar Darling – The Spell

I Cellar Darling sono autori di musica salvifica, una di quelle poche entità musicali che portano luce anche quando descrivono l’ombra, e che nobilitano le nostre orecchie e il nostro cuore.

Secondo disco dei Cellar Darling, gruppo folk e anche prog metal fondato da tre ex membri degli Eluveitie, Anna Murphy, Ivo Henzi e Merlin Sutter.

Non aspettatevi però cose in quota Eluveitie, perché qui siamo di fronte a qualcosa di profondamente diverso. I Cellar Darling sono un gruppo che possiede un’incredibile capacità di fare musica metal melodica, bilanciata e molto sognante. La voce di Anna porta l’ascoltatore lontano, in una terra dolce ma che può diventare insidiosa in ogni momento, e la salvezza la può offrire soltanto la musica. Le canzoni scorrono benissimo, Anna si integra alla perfezione con il resto del gruppo, la realtà diventa sogno e viceversa, il tutto con un timbro ed uno stile pressoché unico. Il disco è un concept album sulle vicende di una ragazzina nata in un mondo in cui tutto è quasi stato distrutto dalla stessa razza umana, e lei va alla dolorosa ricerca del senso della vita. A parte il fatto che questo incipit ci ricorda terribilmente quanto questo sia prossimo a diventare realtà, la storia si dipana divisa nei capitoli che sono le canzoni, e sarà anche messo in vendita un audiolibro con lo stesso titolo del disco, letto da Anna, che ha una voce spettacolare, da dea, infatti non è a caso figlia di due cantanti operistici. Il disco è un continuo gioco di luci e tenebre, è delicato e forte, contiene in sé molte cose ed il loro contrario, possiede un grandissimo fascino e non stanca mai, usando elementi diversi per arrivare ad una sintesi innovativa e molto valida. E’ assai raro ascoltare in un gruppo una tale melodia ed un così grande bilanciamento fa i componenti e la loro musica. I Cellar Darling sono autori di musica salvifica, una di quelle poche entità musicali che portano luce anche quando descrivono l’ombra, e che nobilitano le nostre orecchie e il nostro cuore. E’ molto forte l’elemento prog nel loro modo di comporre, nel senso che le canzoni vanno sempre verso l’alto e non sono mai statiche. Molto azzeccati sono anche gli inserti di violino, pianoforte e altri strumenti che li possono far catalogare come folk, ma i Cellar Darling vanno ben oltre i generi, vanno oltre qualsiasi catalogazione, bisogna solo ascoltarli, chiudere gli occhi ed immergersi nella loro musica.

Tracklist
1. Pain
2. Death
3. Love
4. The Spell
5. Burn
6. Hang
7. Sleep
8. Insomnia
9. Freeze
10. Fall
11. Drown
12. Love Pt. II
13. Death Pt. II

Line-up
Anna Murphy – vocals, hurdy-gurdy, multi-instrumentalist –
Merlin Sutter – drums –
Ivo Henzi – guitars, bass –

CELLAR DARLING – Facebook

BRVMAK

Il video di “Golgota”, dall’album “In Nomine Patris”.

Il video di “Golgota”, dall’album “In Nomine Patris”.

ITA: Alla fine del tour italiano di “In Nomine Patris” i death metallers Brvmak presentano le riprese del singolo “Golgota”.
Di seguito lo Statement della band: “il tour è stato grandioso, abbiamo suonato molte location spettacolari ed insieme ad un sacco di amici, grazie mille a tutti”.

ENG: At the end of the Italian tour of “In Nomine Patris” the death metallers Brvmak present the filming of the single “Golgota”.
Here is the band’s statement “ The tour was great, we played in a lot of great locations and with a lot of friends! Thank you all!”
Here’s some esclusive live and funny footage from some shows to release our single “Golgota”.

BIOGRAPHY:

ITA: I Brvmak sono una band Death Metal attiva dal 2006, con attualmente un Ep (Another Beer 2006), un Full-Lenght (Captivitas 2013) e un album in uscita (In Nomine Patris 2018).
Dopo alcuni cambi di line up trovano la formazione ufficiale con l’entrata, nel 2015, di Sergio come cantante/chitarrista, aggiungendo al sound della band le sue influenze progressive.

ENG: Brvmak is a death metal band, born over ten years ago and changing his genre from a more black style to a progressive death tune. The band has one Ep, the first full length called “Captivitas” and the next album “In Nomine Patris”.
During The Brvmak’s career there was a few line-up changes and in 2015 the enter of Sergio as guitarist and singer meant a change in the competitive process and the sound, adding more progressive influences.

Brvmak are:
Sergio (vocals, guitar, viola)
Gabriele (guitar)
Emanuele (bass guitar)
Davide (drum)

Facebook: https://www.facebook.com/Brvmak/

Lullwater – Voodoo

I Lullwater rifilano una serie di brani che ben si collocano tra la prima metà degli anni novanta nell’era post Kurt Cobain, così da risultare ruvidi, potenti ma, allo stesso tempo melodici quel tanto che basterebbe per non fare prigionieri, se solo si potesse tornare indietro di almeno vent’anni.

Grunge, alternative rock, hard rock, quel poco di influenze southern tanto per ribadire la totale devozione al rock americano, et voilà, il gioco è fatto, ed anche molto bene.

Senza cercare di sembrare originali a tutti i costi, i greci Lullwater licenziano un lavoro ispiratissimo, il quarto della loro discografia iniziata una decina di anni fa e si confermano un gruppo da seguire per gli amanti del rock di ispirazione statunitense nato e sviluppatosi negli anni novanta.
Con la band greca non si va troppo a ritroso con le influenze, il sound si ferma ai primi anni novanta riportando ai maggiori gruppi usciti da Seattle in quel periodo, ed entrando nel nuovo millennio con gli esponenti del cosiddetto post grunge.
Il quarto album della band ellenica, intitolato Voodoo, è stato registrato nei Marigny Studios di New Orleans, prodotto dallo svedese Jakob Herrmann in collaborazione con Justin Davis e presenta una serie di brani grintosi e pregni di groove.
Capitanati dal chitarrista e cantante John Strickland, i Lullwater rifilano una serie di brani che ben si collocano tra la prima metà degli anni novanta nell’era post Kurt Cobain, così da risultare ruvidi, potenti ma, allo stesso tempo melodici quel tanto che basterebbe per non fare prigionieri, se solo si potesse tornare indietro di almeno vent’anni.
Di questi tempi invece ci si accontenta di sorprendere in positivo i fans e gli addetti ai lavori con brani che uniscono Peral Jam, Nirvana e Soundgarden a Nickelback e Theory Of a Madmen, creando un alchimia perfetta tra due generazioni di rock alternativo.
Si fa ascoltare che è un piacere Voodoo e bisogna arrivare al penultimo brano (Yellow Bird) per un accenno di semi ballad, mentre il resto risulta una raccolta di tracce dal sound energico come Dark Divided, Similar Skin, Godlike e Fight Of Your Life.
Un album da ascoltare mentre si guida su strade bagnate dalla rugiada della notte oppure arroventate dal caldo sole del giorno, con lo sguardo verso il confine ed il piede a tavoletta.

Tracklist
1.Curtain Call
2.Dark Divided
3.Empty Chamber
4.Similar Skin
5.This Life
6.Godlike
7.Buzzards
8.Fight Of Your Life
9.Into The Sun
10.Yellow Bird
11.Suffer Not

Line-up
John Strickland – Rhythm Guitar & Lead Vocals
Daniel Binnie – Lead Guitar
Roy ‘Ray’ Beatty – Basso e vocalizzi
Joseph Wilson – Drums & Vocals

LULLWATER – Facebook

Alive – Lookin’ For A Future

Una decina di brani che non deludono per chi il genere lo ama a dispetto dei tanti anni passati, delle mode e di una vita trascorsa nell’underground in attesa che i riflettori si riaccendano e che si torni a ruggire come ai tempi d’oro di Motley Crue, Extreme e Mr.Big.

La Volcano Records licenzia in poco tempo due ottimi lavori che ripercorrono le strade di quel metal/rock che fece sprigionare delle autentiche eruzioni rock’n’roll dalle strade della Los Angels anni ottanta.

Vain Vipers ed Alive sono due facce della stessa medaglia, simili ma allo stesso tempo differenti nell’ispirarsi alla scena di metà anni ottanta: più glam i primi, duri come l’acciaio i rockers romani, debuttanti per la label napoletana con questo Lookin’ For A Future.
Hard & heavy dunque, tagliente come le lame di un rasoio, pregno di ovvia attitudine rock’n’roll e perfetto nel saper unire grezzo rock duro e melodie ruffiane che farebbero tremare le gambe ad un orco.
I cinque musicisti della capitale ci vanno giù duro, ci invitano al loro party tra chitarre dall’attitudine metallica e sfumature che richiamano il rock americano di matrice hard blues in un contesto heavy, valorizzato dal grande e sagace uso delle melodie.
Ballad come Stand Up o la conclusiva In My Night ci ricordano che il genere non è solo fuoco e fiamme, mentre le varie Hated If, I Don’t Follow e Our last Time regalano chorus orecchiabili, in un contesto hard & heavy.
Una decina di brani che non deludono per chi il genere lo ama a dispetto dei tanti anni passati, delle mode e di una vita trascorsa nell’underground in attesa che i riflettori si riaccendano e che si torni a ruggire come ai tempi d’oro di Motley Crue, Extreme e Mr.Big.

Tracklist
1.Hated If
2.Don’t Follow
3.Money&Control
4.Leave Me
5.Stand Up
6.Lookin’ For a Future
7.Our Last Time
8.Stay Around
9.N0
10.In My Nights

Line-up
Marco Patrocchi – Vocals
Giuseppe Ricciolino – Guitars
Mattia Tibuzzi – Bass
Dario Di Pasquale – Drums
Simone Aversano – Guitars

ALIVE – Facebook

Fallujah – Undying Light

Un lavoro sicuramente in grado di riconciliare parzialmente con un genere che negli ultimi tempi ha offerto la solita minestra, fatta di tecnica esasperata e poca lucidità compositiva, a parte qualche eccezione tra cui aggiungiamo Undying Light.

Il technical death metal è un genere molte volte di difficile comprensione se non si è musicisti o amanti dei virtuosismi, aldilà di una forma canzone molte volte penalizzata da labirintiche e cervellotiche corse a rincorrere la perfezione tecnica.

In questo periodo l’alternanza di lavori più o meno riusciti ha portato il genere ad essere manipolato con cautela dagli ascoltatori e dagli addetti ai lavori, sempre in dubbio se premiare la mera tecnica o l’importantissimo lato compositivo.
Per gli statunitensi Fallujah, tornati dopo tre anni dal precedente lavoro, l’abilità tecnica risulta al servizio di brani con una loro precisa connotazione, legati al metal estremo moderno in modo indissolubile, tra scorie deathcore e progressive.
La band californiana tecnicamente è fuori categoria, ma non esagera mai con inutili fronzoli circensi, cercando atmosfere e sfumature che possano lasciare una traccia sulla strada presa a livello compositivo.
Grande lavoro ritmico, atmosfere animate da un velo psichedelico e voce scream di stampo core: i Fallujah partono da questi tre punti fermi costruendoci intorno ricami progressivi e digressioni estreme come nell’opener Glass House, in Dopamine e tra le atmosfere di The Ocean Above.
Un lavoro sicuramente in grado di riconciliare parzialmente con un genere che negli ultimi tempi ha offerto la solita minestra, fatta di tecnica esasperata e poca lucidità compositiva, a parte qualche eccezione tra le quali aggiungiamo appunto Undying Light.

Tracklist
1. Glass House
2. Last Light
3. Ultraviolet
4. Dopamine
5. The Ocean Above
6. Hollow
7. Sanctuary
8. Eyes Like The Sun
9. Distant And Cold

Line-up
Antonio Palermo – Vocals
Scott Carstairs – Guitars & vocals
Robert Morey – Bass
Andrew Baird – Drums

FALLUJAH – Facebook

Former Friends – Late Blossom

In Late Blossom c’è tutto ciò che potrebbe essere l’indie alternative in Italia se fatto con umiltà e talento, con uno sguardo deciso oltre i nostri confini, tenendo ben presente cosa sia la nostra tradizione.

Freschezza, potenza e un gran bell’intuito per melodie e ritornelli irresistibili.

I Former Friends sono un giovane gruppo di Cosenza, non si inventano nulla di nuovo ma lo fanno a modo loro e ciò è già molto importante. I nostri hanno un inizio di carriera molto inusuale, dato che la loro prima uscita è Friends For A Week, un ep che ha marcato un confine netto fra ciò che erano e ciò che sono e saranno. A seguito di questo ep esce un disco di loro brani rivisti e suonati dal vivo in saletta per The Garage Session, Behind Closed Doors. I Former Friends vibrano, sono uno di quei gruppi che quando si allineano tutti come se fossero dei pianeti le cose esplodono e vanno benissimo. Questi ragazzi hanno un grandissimo intuito per fare musica e lo si sente subito, la materia indie nelle loro mani scorre molto bene. Il tiro è notevole, e i riferimenti li troviamo nella scuola inglese degli ultimi anni, con una spruzzata di suoni a stelle e strisce. In Late Blossom c’è tutto ciò che potrebbe essere l’indie alternative in Italia se fatto con umiltà e talento, con uno sguardo deciso oltre i nostri confini, tenendo ben presente cosa sia la nostra tradizione. Un disco come questo è difficile da ignorare, ci sono dei difetti, ma le potenzialità della band sono davvero tante e quello che si sente qui è qualcosa che non si ascolta con facilità, perché l’incedere è profondo, si cambia spesso registro e le cose non sono mai quello che sembrano. Un difetto è la produzione troppo piatta, in quanto con suoni più potenti questi ragazzi farebbero piangere i nostri amplificatori, ma è solo un particolare. Il passaggio più arduo per i Former Friends, dopo un disco come questo, sarà continuare andando avanti con gli anni, perché questo disco ha una forte spinta derivante dalla loro giovane età per cui vediamo come andrà. Nel frattempo, nel qui ed ora va molto bene.

Line-up
Andrea Alberti
Marco Pucci
Luca Parise
Lorenzo Gagliardi

FORMER FRIENDS – Facebook

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