HELEVORN

Il lyric video di Aurora, dall’album Aamamata (BadMoodMan).

Il lyric video di Aurora, dall’album Aamamata (BadMoodMan).

Exhibiting their elegant and gloomy music around the world, Palma, Spain’s melancholic doom outfit HELEVORN have posted their new lyric video “Aurora”. The video is in support of their fourth album “Aamamata” released this past January via Solitude Productions / Bad Moon Music.

Vocalist Josep Brunet explains the track:

“This song is about an extraordinary woman who fought for the civil rights of the working class and was murdered during the fascist military coup in 1936-37 in Spain. She was only 25 years old and her body has still not been found.”

“Aamamata” follows their 2014 album “Compassion Forlorn”, 2009’s “Forthcoming Displeasures” and 2005 debut full length “Fragments, which have anchored HELEVORN’s place in the global doom scene.

The band adds:

“We think that fans will love the new album. We know that we are not discovering something new, we are creating 90’s goth-doom metal in present times. It should be received like a piece to reborn the scene and for the music to relate on the decadence of humankind through the drama of the refugees that are dying and trying to escape from the hell that the Western countries have put them in.”

With more and more fans craving the somber tones and dreary vocals, HELEVORN has brought their dramatic intensity to many European festivals including Dutch Doom Days, Gothoom Open Air, Wave Gotik Treffen, and Madrid is the Dark Fest. They are also bringing their gloom to Canadian cities this coming May for their first cross country tour with Solitude Productions label mates Mexico’s Majestic Downfall (dates listed below).

HELEVORN’s current lineup consists of Samuel Morales (Guitars), Josep Brunet (Vocals), Xavi Gil (Drums), Enrique Sierra (Keyboards), Sandro Vizcaino (Guitars) and Guillem Morey (Bass).

Tacobellas – Total 90

La musica delle Tacobellas è veloce e distorta, ma oltre alla velocità ed incisività riesce anche a creare situazioni surreali e psichedeliche che arricchiscono il tutto.

Le Tacobellas sono un power duo femminile dalla provincia di Modena che vi prenderà felicemente a calci nel sedere.

Le coordinate sono quelle del punk rock e dell’indie più corrosivo e bastardo, con molte influenze e soprattutto tante cose da dire. La loro musica è veloce e distorta, ma oltre alla velocità ed incisività riesce anche a creare situazioni surreali e psichedeliche che arricchiscono il tutto. Chitarra, batteria e voce per un attacco sonoro che in certi momenti lascia senza fiato, e non si può far riferimento all’insulsa storia delle rrriot girls. Il femmineo è uno degli elementi principali, e forse il più bello e perfettamente incompleto dell’universo, la sua rabbia è sacra e la sua furia si abbatte su di noi in maniera giusta ed equa, senza tirare fuori stupide parole in inglese. Questo femmineo e questa rabbia è ben rappresentata da Total 90, un disco che mancava alle nostre latitudini e che abbraccia molte situazioni notevoli e piacevoli. Le Tacobellas ripercorrono molto della storia dell’indie, ma lo fanno per ampliare il proprio bagaglio narrativo, e proprio quest’ultimo possiede un’ampiezza ed una profondità notevole. Otto tracce che vanno ben oltre le classificazioni per un debutto che riesce a meravigliare, cosa non facile di questi tempi. La struttura è minimale, eppure dentro ad essa ci sono moltissime cose. Alcune tracce sono concepite come furiose jam, ma non c’è solo la rabbia, perché il duo modenese riesce anche a lasciarci un po’ di speranza. Total 90 è anche un grande omaggio alla scena indie americana degli anni novanta, dove gruppi come i The Pavement o gli Sonic Youth, ma più per esteso ad una certa maniera di fare indie, con un piglio più abrasivo e moderno rispetto ad oggi. Insomma è un gran bel debutto, ascoltatelo perché sta nascendo qualcosa di molto bello.

Tracklist
1. Cut
02. Elephanttt
03. Hangover
04. Rays Gig
05. Honey
06. Spin
07. Total 90
08. TTF&F

Line-up
Valentina Gallini – Guitar and Voice
Greta Lodi – Drums

TACOBELLAS – Facebook

Children Of Bodom – Hexed

I Children Of Bodom sono il gruppo che ha snaturato meno il proprio sound nel corso degli anni, sperimentando solo in qualche caso, ma mantenendo inalterata la propria idea di sound, riproposta nel migliore dei modi in questo nuovo lavoro.

Per chi ha vissuto la scena melodic death scandinava degli anni novanta il ritorno sul mercato dei gruppi che hanno contribuito in maniera importante al successo ed allo sviluppo del genere è sempre motivo di curiosità, oltre che speranza di ritrovare a distanza di anni band con ancora la verve degli anni d’oro.

E’ stato così per i Soilwork, solo in parte per gli In Flames ed ora tocca ai Children Of Bodom, alfieri finlandesi di un melodic death metal che ha fatto scuola e che ancora oggi, a oltre vent’anni dalla pubblicazione del debutto Something Wild, ispira ed influenza generazioni di gruppi.
Alexi Laiho e compagni tornano a campeggiare sul lago di Bodom con il nuovo Hexed, lavoro che torna in parte alle vecchie sonorità, anche se, al decimo full length è inevitabile riconoscere suoni e sfumature che hanno caratterizzato il sound del gruppo in tutta la sua carriera.
L’opener This Road mette subito in chiaro che ci sarà da divertirsi, tra veloci fughe strumentali, potenza metal, stacchi heavy, tecnica sempre ottima ed un Laiho con qualche ruga in più ma con la carica selvaggia di un ragazzino.
Hexed non delude, ci porta a spasso per la stanza tra fuochi d’artificio metallici, melodie incastonate su muri di power/death metal che hanno e continuano a fare la storia del genere.
Bellissima Under Glass And Clover, irresistibile Hecate’s Nightmare, un piccolo capolavoro Platitudes And Barren Words, il resto si assesta su livelli medio alti per un ritorno convincente.
I Children Of Bodom sono il gruppo che ha snaturato meno il proprio sound nel corso degli anni, sperimentando solo in qualche caso, ma mantenendo inalterata la propria idea di sound, riproposta nel migliore dei modi in questo nuovo lavoro.

Tracklist
1. This Road
2. Under Grass And Clover
3. Glass Houses
4. Hecate’s Nightmare
5. Kick in a Spleen
6. Platitudes And Barren Words
7. Hexed
8. Relapse (The Nature Of My Crime)
9. Say Never Look Back
10. Soon Departed
11. Knuckleduster

Line-up
Alexi Laiho – guitar and vocals
Janne Wirman – keyboards
Daniel Freyberg – guitar
Henkka Blacksmith – bass guitar
Jaska Raatikainen – drums

CHILDREN OF BODOM – Facebook

Athlantis – The Way To Rock’n’Roll

The Way To Rock’n’Roll è un altro album da custodire gelosamente nella propria discografia, e l’invito agli amanti dei suoni classici è quello di non perdere questo splendido album firmato da uno dei personaggi più importanti della scena hard & heavy nazionale: la strada per il rock’n’roll passa tra i vicoli di una Genova metallica sempre più in evidenza.

Neanche il tempo di somatizzare lo splendido ritorno dei Ruxt che la label Diamonds Prod ci presenta il nuovo album degli Athlantis, progetto del bassista Steve Vawamas, musicista attivissimo nella scena hard rock e metal ligure.

Il bassista di Ruxt, Mastercastle, Bellathrix e Odyssea torna dunque con la sua creatura ed un nuovo album, The Way To Rock’n’Roll, a distanza di un paio d’anni dal precedente Chapter IV e dalla ri-registrazione del secondo lavoro, quel Metalmorphosis ripreso in mano dopo ben dieci anni.
La strada per il rock’n’roll passa dagli Steve Vawamas Studios e MusicArt di Pier Gonella, strepitoso chitarrista di Necrodeath, Vanexa e Odyssea che con Davide Dell’Orto alla voce (Drakkar, Verde Lauro), Alessandro “Bix” Bissa alla batteria (A Perfect Day, ex-Vision Divine) e Stefano Molinari alle tastiere completa la line up all’opera su questo nuovo lavoro firmato Athlantis.
Hard rock e power metal si alleano fin dall’opener Letter To Son, in questo ennesimo bellissimo album, dove tutto è perfettamente bilanciato verso l’alto, dalla qualità dei brani, alcuni veramente fenomenali come la già citata Letter To Son, l’hard ad heavy di Heaven Can Wait (con un solo centrale di Gonella da applausi), l’hard rock melodico della successiva Forgive Me, l’atmosfera epica di Lady Starlight e l’irresistibile title track posta in chiusura (un brano che unisce il sound purpleiano con il power metal), fino alle prove dei musicisti con una menzione particolare per Davide Dell’Orto, mattatore incontrastato di questo monumento all’hard & heavy.
The Way To Rock’n’Roll è un altro album da custodire gelosamente nella propria discografia, e l’invito agli amanti dei suoni classici è quello di non perdere questo splendido album firmato da uno dei personaggi più importanti della scena hard & heavy nazionale: la strada per il rock’n’roll passa tra i vicoli di una Genova metallica sempre più in evidenza.

Tracklist
01. Letter To A Son
02. Prayer To The Lord
03. Heaven Can wait
04. Forgive Me
05. No Pain No More
06. Black Rose
07. Lady Starlight
08. If I
09. Reborn
10. The Way To Rock’n’Roll

Line-up
Steve Vawamas – Bass
Pier Gonella – Guitars
Davide Dell’orto – Vocals
Alessandro “Bix” Bissa – Drums
Stefano Molinari – Keyborads

ATHLANTIS – Facebook

Lecks Inc. – E.G.O. (Everybody Gets One)

E.G.O. possiede molti punti forti e quasi nessun difetto, riesce a divertire e a far pensare, il tutto condito da un talento e da una varietà compositiva molto importanti.

I Lecks Inc. sono una macchina per il metal totale: provenienti dal sud della Francia, sono attivi dal 2009 e si autodefiniscono un gruppo di metal industriale sperimentale, ma c’è di più.

Infatti, l’ascolto dell’ultima produzione intitolata E.G.O. fa spaziare in tantissimi sottogeneri del metal, dall’industrial al black più melodico, passando per il death e per il sympho metal e ovviamente l’industrial. Non ci si fossilizza in una zona di comfort, ma si sperimenta e si scommette, seguendo i dettami della scuola francese del metal, che fa dell’imprevedibilità e della ricerca le sue ragioni d’essere. Per dire quanto siano vari, nel brano The Blood Of The Innocents ci sono addirittura momenti di folk metal, e di ottima qualità per giunta. Non è facile mettere tutto assieme in maniera organica senza farsi sorprendere dalla confusione, ma i francesi ci riescono molto bene ed il risultato è un album devastante e molto potente, con validissime melodie al suo interno. Dentro al disco ci sono moltissimi momenti notevoli, e fin dalla prima canzone i Lecks Inc. riescono ad instaurare un buon feeling con l’ascoltatore. Per chi ama il metal, quello con un’inclinazione più moderna, E.G.O. è un disco che contiene molte gioie, dato che qui si fanno fare passi da gigante al metal, portandolo in territori pressoché inesplorati. In tutto ciò non si perde mai di vista l’aggressività ed il ritmo e, soprattutto, quella maniera francese di fare metal che riesce a dare molto spesso ottimi frutti. Ovviamente in una nazione non può esistere una maniera univoca di concepire una musica come il metal, ma molte band francesi condividono un senso di sperimentazione e di vocazione alla contaminazione davvero unica. Con questo disco i Lecks Inc. si pongono all’attenzione di tutti coloro che amano il metal che dà la scossa e che canta questi tempi difficili e cupi alla perfezione. E.G.O. possiede molti punti forti e quasi nessun difetto, riesce a divertire e a far pensare, il tutto condito da un talento e da una varietà compositiva molto importanti.

Tracklist
01. Of Men & Worms
02. As Weird As Me
03. Not A Sextoy
04. K.K.K. In Your Head – Feat Rachel Aspe [Eths]
05. Everybody Gets One
06. Dance With Death
07. The Blood Of The Innocents
08. My Best Donkey

Line-up
Alexandre “Lecks” Delagrande – Vocals
Bernie Plumat – Guitars
Sebastien Rossi – Guitars
Fanny Themlin – Drums

LECKS INC. – Facebook/

Hiranya – Breathe Out

La band ha buone potenzialità e il sound in generale è migliorabile: la strada potrebbe essere quella giusta, rivedendo in particolare le parti in cui la band si allontana dal melodic death metal.

La proposta di questo quintetto proveniente dalla Spagna, chiamato Hiranya, si discosta dallo storico sound scandinavo per qualche sfumatura moderna che accompagna il melodic death metal di stampo Arch Enemy, mixandolo con sfumature e soluzioni melodiche care ai nostrani Lacuna Coil, con la cantante Sara che, oltre allo scream, inserisce soluzioni pulite (invero migliorabili) per personalizzare questo secondo album intitolato Breathe Out, che segue di tre anni il debutto Breathe In.

Il nuovo lavoro è stato registrato e mixato da Carlos Santos nei Sadman Studios (Amleto, Vita Imana, Toundra, Somas Cure) e masterizzato da Jens Bogren nei Fascination Street Studios in Svezia (Arch Enemy, Opeth, Soilwork, Kreator, Devin Townsend , Dark Tranquility), e si presenta quindi con tutte le carte in regola per non deludere gli appassionati del death metal melodico, che troveranno nei brani più spinti buoni motivi per dare una chance al gruppo di Madrid.
Breathe Out perde qualcosina quando la furia metallica si attenua per lasciare spazio ad atmosfere dark/rock, che spezzano la tensione creata dal sound modern/melodic death del combo senza però lasciare traccia.
Brani come Far Away, Conformism o Insanity trascinano l’album con le loro sfuriate melodic death, l’anima moderna è sempre presente, sottolineata da spunti elettronici o ritmiche che qua e là sanno di metalcore, rivelandosi la parte più convincente del sound creato dagli Hiranya.
La band ha buone potenzialità e il sound in generale è migliorabile: la strada potrebbe essere quella giusta, rivedendo in particolare le parti in cui la band si allontana dal melodic death metal.

Tracklist
1.Iemon
2.Far Away
3.Conformism
4.Transparency
5.Shot
6.Harpy
7.Insanity
8.Ángel
9.Anger
10.Oiwa
Line-up
Sara – Vocals
Johnny W. – Guitar
Dani – Guitar
Jio – Bass Guitar
Carlos Vivas – Drums

HIRANYA – Facebook

Ben Blutzukker feat. Liv Kristine

Il video del singolo Queen of the Nite.

Only when thou die I can survive…So, what do you suppose happens when you put Duesseldorf, Germany’s solo Artist, BENBLUTZUKKER and the Norwegian songstress, LIV KRISTINE whom once fronted such inspirational bands as, LEAVES’ EYES, and Goth Legends, THEATRE OF TRAGEDY, into a pan together, mixed, then placed into a kiln for a while?
Well, once that oven splits asunder, out emerges a Hymn that caters to the beings of the night.
A tribute to the fascination that hides in the absence of light.
The bass lines pulsate like hot bloodin the veins while the riffs cut like fangs into your neck.
In addition, the voices of this dynamic duo ensnare and tentatively evoke memories of “Velvet Darkness They Fear”- the Album that has helped not only LIV KRISTINE, but an entire genre to break through.
And who knows? BEN BLUTZUKKER knows! Knows that this time a music video complete with Lego figurines must not be absent! The lyric video features Lego likenesses of Liv and Ben, plus a myriad of scary scenes as the pair trek through a haunted house, and itsadjoining cemetary…

Bandshop: BenBlutzukker.bandcamp.com
Download & Stream: smarturl.it/QueenOfTheNite

Onirophagus – Endarkenment (Illumination Through Putrefaction)

Endarkenment possiede le caratteristiche per trascinare chiunque nel gorgo di oscurità che gli Onirophagus riescono a creare, magari senza strabiliare e men che meno mostrando bagliori di novità, ma offrendo con competenza e convinzione quelle sonorità che affondano le loro nodose radici negli anni novanta, con un occhio di riguardo ai primi vagiti della sacra triade albionica.

Endarkenment (Illumination Through Putrefaction) è il secondo full length di questa band catalana dedita ad un death doom piuttosto tradizionale ed equilibrato tra le sue componenti.

Offrire quattro brani per quasi un’ora di musica, come sempre, crea una certa selezione naturale tra i potenziali ascoltatori ma non è certo cosa che possa spaventare o scoraggiare chi ama il genere.
Endarkenment possiede, infatti, tutte le caratteristiche per trascinare chiunque nel gorgo di oscurità che la band di Barcellona riesce a creare, magari senza strabiliare e men che meno mostrando bagliori di novità, ma offrendo con competenza e convinzione quelle sonorità che affondano le loro nodose radici negli anni novanta, con un occhio di riguardo ai primi vagiti della sacra triade albionica.
Con ben tre chitarristi in formazione il riffing degli Onirophagus si rivela molto incisivo ed efficace e, in quei rari momenti in cui viene dato sfogo a passaggi solisti, le melodie che ne scaturiscono sono piuttosto dolenti ed avvolgenti: questo rende tutto l’insieme molto meno ostico da recepire rispetto a quanto prefigurato viste le premesse e le caratteristiche del sound offerto.
Dysthanasia, Book of the Half Men e la lunghissima title track sono tracce più rallentate e pachidermiche, mentre prossima a certo death dai tratto morbosi è Dark River, probabilmente l’episodio di punta in virtù appunto di una maggiore sintesi e varietà ritmica.
Il growl di Paingrinder è quanto serve per dare voce al meglio ad una proposta del genere, che segna il ritorno della band a ben sei anni dal precedente full length con una formazione per metà nuova, il che rende Endarkenment una sorta di ideale ripartenza eseguita con il piede giusto.

Tracklist:
1. Dysthanasia
2. Book of the Half Men
3. Dark River
4. Endarkenment

Line-up:
Paingrinder – vocals
Moregod – guitars
Uretra – drums
Desecrator – guitar
Grindmad – bass
Shogoth – guitar

ONIROPHAGUS – Facebook

SIX FEET DEEPER

Il video di I Can’t Quit You, dall’album Passion Play in uscita a maggio.

Il video di I Can’t Quit You, dall’album Passion Play in uscita a maggio.

The band consists of Sara Lindberg on Vocals, Patrik Andersson on Guitar, Emil Mickols on drums & Percussion and Erik Arkö on Bass. The influences range from such bands as Led Zeppelin, Audioslave and The Hellacopters to Freak Kitchen, King Crimson and The Winery Dogs.

Six Feet Deeper will release the first full length album (entitled “Passion Play”) on the 16th of May.

Facebook: facebook.com/sixfeetdeeper
Instagram: @sixfeetdeeperband

YERÛŠELEM – The Sublime

Gli YERÛŠELEM, in questa fase specifica della carriera di Vindsval, paiono esser una sorta di evoluzione in senso industrial delle sonorità offerte con l’ultimo album marchiato Blut Aus Nord, al quale per certi versi sembra addirittura sovrapporsi in più di un frangente.

Non è dato sapere se l’esperienza dei Blut Aus Nord abbia esaurito la propria obliqua e magnifica parabola portando il black metal delle origini al suo massimo livello di destrutturazione, di certo sappiamo che la nuova creatura di Vindsval e W.D. Feld, che di quella band sono le assi portanti, è destinata a regalare altre grandi soddisfazioni.

YERÛŠELEM, questo è il monicker, riprende ed attualizza ulteriormente l’industrial di matrice soprattutto albionica rendendola un’esperienza sonora non comune e, anche per questo, non per tutti.
Partendo da una base che accomuna i migliori terroristi sonici emersi in terra inglese nei primi anni ’90 (Godflesh, Scorn) il duo francese propone una rilettura terrificante della materia industrial, contaminandola mirabilmente con sfumature orientaleggianti (Babel) senza far venir meno l’ossessiva circolarità di un sound martellante ed ipnotico.
Del resto è difficile trovare un contesto musicale più adatto a descrivere il concetto di sublime, che l’appiattimento linguistico porta a ritenere un semplice accrescitivo di bello, mentre in realtà, secondo lo studioso del settecento Edmund Burke, è sublime “tutto ciò che può destare idee di dolore e di pericolo, ossia tutto ciò che è in un certo senso terribile o che riguarda oggetti terribili, o che agisce in modo analogo al terrore”.
Il senso di nullità ed impotenza che proviamo di fronte ai fenomeni naturali, specialmente quando da questi non si viene direttamente coinvolti, viene mirabilmente evocato, prima con un certo impatto melodico come nella title track, per poi raggiungere il suo picco più minaccioso nell’accoppiata centrale Joyless /Triiiunity, lasciare nuovamente spazio a squarci armonici sminuzzati da una ritmica incalzante e defluire infine nella pace ambient di Textures Of Silence.
Gli YERÛŠELEM, in questa fase specifica della carriera di Vindsval, paiono esser una sorta di evoluzione in senso industrial delle sonorità offerte con l’ultimo album marchiato Blut Aus Nord, Deus Salutis Meæ, al quale per certi versi sembra addirittura sovrapporsi in più di un frangente. Anche per questo c’è una certa curiosità nel vedere dove ci potrà portare la preannunciata quarta parte di Memoria Vetusta (sempre che veda la luce, visto che se ne parla già da qualche anno).
Quel che conta è che questa configurazione convince non poco, anche se per una volta musicisti noti per i propri impulsi innovativi si “accontentano” di muoversi con grande maestria all’interno di territori impervi ma già ampiamente battuti da altri in passato.

Tracklist:
01. The Sublime
02. Autoimmunity
03. Eternal
04. Sound Over Matter
05. Joyless
06. Triiiunity
07. Babel
08. Reverso
09. Textures Of Silence

Line-up:
Vindsval: Guitars, Bass, Voices, Synths
W.D. Feld: Industrial Pulses, Synths

Sadness – Rain

Come sanno fare solo i più bei dischi di black metal altro, Rain trasfigura completamente la nostra realtà, dato che ci si perde in questo muro sonoro, in questa cascata di suoni ed immagini, dove si viene portati in cielo e da lì nello spazio profondo, ma dove ci dovrebbe essere solo silenzio e buio troviamo prati di vita e fiori di morte.

Sadness è il progetto solista di Elisa, polistrumentista messicana che vive in Illinois, dove ha registrato questa sua seconda opera.

Rain è un disco che porta in un’altra dimensione, con uno spettacolare suono che parte dall’atmospheric black metal per arrivare al blackgaze e al depressive black metal, sottogenere di cui è uno dei migliori esemplari. Ci sono trame e sottotrame in queste canzoni, ognuna fa storia a sé ed insieme ci rendono un bellissimo dipinto che pulsa al ritmo di questa musica. Per esempio Pure Dream, la seconda traccia del disco, è un esempio perfetto di cosa sia Rain, un sogno, una sorta di filtro attraverso il quale vedere la vita in maniera diversa, una sospensione del tempo che ci permette di rallentare e di capire meglio. Elisa suona come se fosse al comando di un magma, con gli strumenti che si fondono per arrivare ad un certo risultato, dove ogni cosa è fondamentale ma mai come il tutto che concorre a formare. Sogno, estasi, paura della perdita e superamento della morte, ci sono tantissime cose in questo disco. Come sanno fare solo i più bei dischi di black metal altro, Rain trasfigura completamente la nostra realtà, dato che ci si perde in questo muro sonoro, in questa cascata di suoni ed immagini, dove si viene portati in cielo e da lì nello spazio profondo, ma dove ci dovrebbe essere solo silenzio e buio troviamo prati di vita e fiori di morte. Sintesi di purezza e corruzione, è davvero difficile catalogare questo disco come una mera opera musicale, perché è molto di più. Innanzitutto esplora le parti più nuove ed ancora parzialmente inesplorate dell’universo black metal, e chi si poteva aspettare che dai primi ruggiti norvegesi a distanza di molti anni sarebbero poi potute nascere opere come Rain? Ciò è possibile perché il black metal è come un codice sorgente dal quale possiamo prendere e sviluppare ciò che ci interessa, ed è proprio ciò che ha fatto Elisa. Un disco molto toccante, bello ed etereo, blackgaze di ottima fattura.

Tracklist
1.Lay
2.Pure Dream
3.Absolution
4.River
5.Rain
6.Teal

Line-up
Elisa – All instruments and vocals

SADNESS – Facebook

Even Vast – Warped Existence

Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Gli Even Vast tornano dopo dodici anni dall’ultimo lavoro con una line up rinnovata ed un sound che, abbandonate le spoglie dark/gothic, si riveste di doom/sludge di matrice britannica (Cathedral, Orange Goblin): una montagna che si sgretola a colpi di riff pesantissimi, convincente in ogni passaggio, che non lascia vuoti e ci investe con tutta la sua potenza.

Luca Martello, chitarrista e fondatore del gruppo, costruisce una diga sonora su cui vanno ad infrangersi onde sludge/rock che ricordano fragori alternative, in un incontro/ scontro tra la tradizione anglosassone e quella statunitense e con la presenza qua e là di un sax che ne sottolinea l’alta personalità della proposta.
Entrare in sintonia con un lavoro del genere non è impresa facile perché la band, senza soluzione di continuità, ci investe e ci aggredisce con un bombardamento sonoro potentissimo, per poi ricamarci sopra tendenze che vanno dallo stoner al doom, dall’alternative all’hard rock, in un sorta di sabba al cui centro danzano Danzig, Life Of Agony e Kyuss, mentre Lee Dorrian è il sacerdote folle che lo officia.
Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Tracklist
1.Warped Existence
2.I Know
3.Imaginary Friend
4.I Wish
5 Somebody
6.How Long
7.Same Old Story
8.Inside Your Head
9.Upon Deaf Ears
10.Be There

Line-up
Luca Martello – guitars
Chris Taylor – lead vocals
Nicholas Mark Roe – drums
Steve Kilpatrick – bass
Alessandro D’Arcangeli – sax/chorus

EVEN VAST – Facebook

LE INTERVISTE DI OVERTHEWALL: DEATH WALTZ

Grazie alla reciproca collaborazione con la conduttrice radiofonica Mirella Catena, abbiamo la gradita opportunità di pubblicare la versione scritta delle interviste effettuate nel corso del suo programma Overthewall, in onda ogni domenica alle 21.30 su Witch Web Radio.
Questa volta Mirella ha intervistato Mirko, fondatore della metal band bresciana Death Waltz.

MC Il vostro progetto musicale si forma nel 2014, quali sono state le vostre precedenti esperienze musicali?

Le nostre precedenti esperienze sono state per me i BigNamy’s Knowledge (Inediti Stoner), per Diego e Jacopo i Bound To Bleed (Inediti Hardcore), per Alberto i Damn (Inediti Hard Rock) e per Stefano tributi metal vari.

MC Vogliamo citare la line up completa attuale?

Jacopo Polonioli (Batteria), Diego Dangolini (Basso), Stefano Comensoli e Mirko Scarpellini (Chitarre) e Alberto Scolari (Voce).

MC Chi scrive musica e testi e quali sono gli argomenti da cui traete maggior ispirazione?

La musica di questo disco è stata scritta da tutti, o partendo da un riff creato in sala prove, poi successivamente lavorato oppure partendo da bozze pre-registrate da me, mentre per quanto riguarda i testi sono tutti opera di Alberto.

MC Nel giugno del 2018 è uscito ufficialmente sia in formato fisico che digitale Born to Burn. Ci parli di questo disco?

Questo disco parla di ribellione e protesta, nel senso che “oggi” con questa vita frenetica si è portati a pensare o peggio a lasciarsi andare, mentre il nostro messaggio è Born to Burn (nati per bruciare), quindi “lasciati scivolare un po’ tutto addosso e combatti, affronta le difficoltà e vivila fino alla fine!”

MC Ai giorni nostri è abbastanza facile avere visibilità, soprattutto per le band underground, tramite i social e le varie piattaforme musicali. Secondo la vostra esperienza è un’opportunità in più rispetto al passato o per certi versi il web può penalizzare?

Ci sono vari pensieri al riguardo: nel nostro caso specifico diciamo che ci stanno aiutando e non poco, infatti dall’uscita del video ufficiale (https://www.youtube.com/watch?v=X-LOB3ZzCPk) abbiamo avuto un picco di follower e ci sono arrivati messaggi da tante parti del mondo (Giappone, Germania, Ungheria, USA). Però non a tutti va bene, diciamo che come per tutte le cose, se ci lavori funziona se non fai nulla diventa complicato; noi, per fare un altro esempio, tramite i social abbiamo trovato Ad Noctem Records di Muriel Saracino che ci sta aiutando molto nella promozione di questo disco!

MC Dove possono seguirvi i nostri ascoltatori?

Su Facebook https://www.facebook.com/deathwaltz.band, su Instagram https://www.instagram.com/deathwaltzband/?hl=it, su YouTube https://www.youtube.com/channel/UC_s4eYbIB-Ei4Nr0WyQtW2A … e in giro per locali.

MC Grazie di essere stati su Overthewall! A voi l’ultima parola!

Grazie mille per lo spazio che ci avete dedicato, continuate a seguirci se lo fate già sui social, altrimenti iniziate a farlo!
Stay Metal, Stay Death Waltz \m/

In Flames – I, The Mask

Ribadire quanto grandi fossero gli In Flames di The Jester Race, Whoracle e Colony risulta ormai quantomeno superfluo, perché la band continua imperterrita per la sua strada e a noi tutti non resta che prenderne atto e decidere se seguirla o rivolgerci altrove.

Non era certo un’impresa per gli In Flames riuscire a pubblicare un album più convincente del precedente Battles, che aveva deluso fans e addetti ai lavori per una eccessiva atmosfera nu metal che cancellava completamente le ultime scorie melodic death.

I, The Mask risolleva in parte le sorti dello storico gruppo svedese grazie ad un sound che, se rimane assolutamente “americano”, vede comunque in una scaletta di buone canzoni l’arma per riscattarsi.
Sia chiaro una volta per tutte: la band che negli anni novanta, contribuì a mettere a ferro e fuoco l’Europa amalgamando lo swedish death con il metal classico ed inventando di fatto uno dei generi più popolari tra le truppe metalliche, non esiste più da quasi vent’anni e la separazione con il suo fondatore (Jesper Strömblad) è stato lo strappo definitivo con tutto quello che il gruppo ha rappresentato fino al masterpiece Clayman.
Gli In Flames odierni sono un gruppo in continua evoluzione, per assurdo più rock che metal, capitanato da un Anders Fridén diventato probabilmente il miglior cantante in circolazione nei confini dell’alternative metal.
Lo screaming/growl è una garanzia e le clean fanno piazza pulita dei vocalist alle prese con la doppia voce in giro per il circuito: Fridén si è calato completamente nei nuovi In Flames che ha contribuito in maniera importante a modellare, insieme ai chitarristi Björn Gelotte e Niclas Engelin.
Il nuovo lavoro è dunque un passo avanti in termini qualitativi, la band questa volta ha azzeccato tutto o quasi, completando una tracklist che convince dall’inizio alla fine, con una serie di brani che vivono di melodie ruffiane inserite in un metal alternativo che non dovrebbe trovare ostacoli aldilà dell’oceano, anche se ha un’impronta leggermente meno nu metal rispetto al suo predecessore.
Ci sono brani dove ritornelli rock la fanno da padrone, altri in cui le chitarre alzano la testa, addirittura tre ballad ed un’atmosfera radiofonica che riempie di appeal le varie Voices, (This Is Our) House, In This Life e Stay With Me.
Ribadire quanto grandi fossero gli In Flames di The Jester Race, Whoracle e Colony risulta ormai quantomeno superfluo, perché la band continua imperterrita per la sua strada e a noi tutti non resta che prenderne atto e decidere se seguirla o rivolgerci altrove.

Tracklist
1. Voices
2. I, The Mask
3. Call My Name
4. I Am Above
5. Follow Me
6. (This Is Our) House
7. We Will Remember
8. In This Life
9. Burn
10. Deep Inside
11. All The Pain
12. Stay With Me

Line-up
Anders Fridén – Vocals
Björn Gelotte – Guitars
Bryce Paul – Bass
Niclas Engelin – Guitars
Joe Rickard / Tanner Wayne – Drums

IN FLAMES – Facebook

Bazooka – Zero Hits

I Bazooka pescano sia dalla tradizione new wave post punk britannica che da quella a stelle e strisce, riuscendo a proporre una sintesi originale del tutto. Riverberi, tastiere che si perdono in cielo, giri di basso che riempiono la testa e un ritmo sempre ben definito e piacevole.

I Bazooka sono greci e fanno una new wave post punk con accenni psych molto coinvolgente e di pregevole fattura.

In verità ascoltando Zero Hits i generi sono anche di più, ma le aree coinvolte sono quelle. Raramente si può ascoltare un gruppo post punk new wave con questo tiro, ogni pezzo è coinvolgente e ha giri di basso e di chitarra che ti catturano e non ti lasciano. Molto funzionale al tutto è il cantato in greco moderno, che è una lingua molto strana come suoni e che si adatta benissimo alla musica dei Bazooka. Bellissimo anche il fatto che questi ragazzi cantino nella loro lingua nella quale si esprimono molto meglio che in inglese facendosi capire ugualmente molto bene. In giro dal 2008, il gruppo greco è sinonimo di qualità ed in patria non si trova di meglio. Oltre a riprendere i canoni del post punk e della new wave stravolgendoli con una forte dose di modernità, i nostri creano un tappeto psichedelico notevole con le loro canzoni che si sviluppano in maniere molto diverse e in alcuni momenti quasi come fossero delle jam. Non ci sono momenti di stanca o riempitivi, ogni episodio fa parte di un insieme più grande che va visto nella sua interezza. I Bazooka pescano sia dalla tradizione britannica che da quella a stelle e strisce, riuscendo a proporre una sintesi originale del tutto. Riverberi, tastiere che si perdono in cielo, giri di basso che riempiono la testa e un ritmo sempre ben definito e piacevole. Ci sono sia suoni retrò che cose maggiormente moderne, in una mistura che non stanca mai. Zero Hits è un titolo assai fallace, perché qui le hits ci sono eccome, e i Bazooka saranno presto in Italia per una data.

Tracklist
01. Ela (Come)
02. Filaki (Prison)
03. Keno (Void)
04. Monos (Alone)
05. Oi Vlakes Kanoune Parelasi (Idiots Are Going On Parade)
06. Eho Kourasti (I’m Tired)
07. Mesa Stin Poli (In The City)
08. Kati Eho Prodosi (Something I Have Betrayed)
09. Vradini Vardia (Night Shift)
10. To Hroma Tou Trelou (The Colour Of A Crazy Man)
11. Adiafores Maties (Indifferent Glances)
12. Min Kitas Piso (Don’t Look Back)
13. Soultana (Soultana)
14. Ta Spao Ola (I Break Everything )

Line-up
Xanthos Papanikolaou – vocals, guitar
John Voulgaris – drums, percussion
Vasilis Zelepis – guitar
Aris Rammos – bass

BAZOOKA – Facebook

Afraid of Destiny – S.I.G.H.S.

S.I.G.H.S. può rappresentare per gli Afraid Of Destiny una sorta di compendio definitivo dei primi 5-6 anni di carriera, propedeutico alla creazione di nuovo materiale inedito in grado di consolidare il nome di questa realtà dal grande potenziale non ancora del tutto espresso.

Il depressive black in Italia è un sottogenere magari non diffusissimo ma sicuramente esibito a livello per lo più ottimo dai suoi interpreti, tra i quali rinveniamo gli Afraid of Destiny, tipico esempio di band nata come progetto solista e poi evolutasi nel corso del tempo in una realtà più composita e, soprattutto, in grado di proporre anche  dal vivo la propria musica.

L’attività degli Afraid of Destiny è stata piuttosto intensa in questi sei anni decorsi dal demo d’esordio, così, oltre a diverse uscite minori, troviamo tre full length dei quali l’ultimo è questo S.I.G.H.S., uscito per Talheim Records, anche se di fatto il lavoro comprende per buona parte la rivisitazione di brani composti dal fondatore Adimere quando era ancora neppure maggiorenne.
In effetti, le prime tracce dell’album sembrerebbero mostrare più un gruppo dedito ad un black atmosferico e ragionato, per quanto cupo, ben rappresentato dalla buonissima Shells, sulla quale offre un gran bel contributo chitarristico Thomas Major dei Deadspace, ma è nella seconda metà del lavoro che prende campo un incedere più malinconico e ripiegato su una negatività di fondo, che vede quale suo ideale prologo Tutto Ciò che Sento, un dialogo tratto dal film “Lei” sul quale si incastonano struggenti note pianistiche.
Il lungo strumentale I’m Crying (proveniente dal primo full length Tears Of Solitude, così come la conclusiva Killed By Life) rappresenta un bellissimo intermezzo ricco di atmosfere e melodie che mostrano un volto più malinconico e struggente che non disperato, introducendo al meglio il dolente sentire acustico di Cursed and Alone e l’interludio pianistico Malinconica Venezia, prima che la già citata Killed By Life, traccia molto lunga (ancor più di quanto non lo fosse nella sua prima stesura grazie ad un’appendice strumentale) quanto intensa, chiuda in maniera ottimale l’album descrivendo il vortice di sensazioni disseminate lungo il percorso che conduce ad un’ineluttabile quanto tragica conclusione.
S.I.G.H.S. (che è peraltro l’acronimo di Still I Gently Hide Sadness) è un’opera che si snoda lungo vari sentieri stilistici come è  prevedibile quando i brani in esso contenuti sono stati composti in diverse epoche e quindi a qualche anno di distanza l’uno dall’altro: troviamo così episodi di black tout court come Take Me Home, Death assieme a malinconici affreschi acustici che riconducono a sonorità di matrice dark doom, ma il tutto comunque convive senza troppe forzature; almeno in quest’occasione il sentire depressivo viene veicolato musicalmente (e anche a livello di interpretazione vocale da parte di R.F. Sinister)  più con un senso di rassegnazione che non di rabbia impotente: questo consente agli Afraid Of Destiny di risultare graditi, oltre agli ascoltatori gravitanti in ambito black, anche da chi ama farsi cullare da sonorità cupe e a tratti intimiste.
Considerando che un po’ tutta la storia della band è stata, fino ad oggi, caratterizzata da uscite volte anche al riassemblaggio o al recupero di brani dalla genesi più datata e che il compositore principale Adimere è ancora molto giovane, mi piace pensare che S.I.G.H.S. possa essere per gli Afraid Of Destiny una sorta di compendio definitivo dei primi 5-6 anni di carriera, propedeutico alla creazione di nuovo materiale inedito in grado di consolidare il nome di questa realtà dal grande potenziale non ancora del tutto espresso.

Tracklist:
1 – Timor Mortis
2 – Take Me Home, Death
3 – Shells
4 – Tutto Ciò che Sento
5 – I’m Crying (Tears of Solitude MMXIX)
6 – Cursed and Alone
7 – Malinconica Venezia
8 – Killed by Life

Line-up:
R.F. Sinister: vocals
Adimere: rhythm guitars, bass, laments on ‘Shells’

M.S. (ex member): solo guitars
N. (Blaze of Sorrow): session drums
B.M. (Skyforest, ex Annorkoth): session piano
Thomas Major (Deadspace): guest solo on Track 3
Laura Zaccagnini: guest lyrics on Track 6

AFRAID OF DESTINY – Facebook

OVERACTIVE

Il video di The Call Of The Grave, dall’album The Opponent.

Il video di The Call Of The Grave, dall’album The Opponent.

I Deathsters Italiani OVERACTIVE hanno pubblicato il loro debut album “The Opponent”, ora disponibile presso lo store ufficiale della band.

OVERACTIVE’s official merch on sale :
– “The Opponent” jewel case CD edition with booklet
– “The Opponent” Album T-shirt (sizes XL/L/M/S)
– Bundle including Album + T-shirt

Ordina “The Opponent” qui : https://overactive.bigcartel.com

Registrato, mixato e masterizzato ai 16th Cellar Studio (Fleshgod Apocalypse, Hour Of Penance, Decrepit Birth) da Stefano “Saul” Morabito.

Il loro sound contemporaneo è il risultato di un mix di tecnica, brutalità e velocità che prende ispirazione dalle forme di metal più tecnico.
Il concept della band è incentrato su una storia di ribellione, evoluzione ed esaltazione del disvalore nella spiritualità e nell’autorità morale, i cui fautori si pongono come cavalieri in lotta contro la decadenza di un sistema imputridito, annunciatori di un mondo nuovo in cui le credenze metafisiche sono un lontano ricordo …

“The Opponent” tracklist :

1. The Call Of The Grave
2. Soulless
3. Bloody Innocence
4. Lies In Your Faith
5. Prince Of Slaves
6. Crucefix
7. Clerical Euthanasia
8. Nocturnal Disgrace
9. Prelude
10. The Opponent
11. Overactive Imagination (Death Cover)

Track Stream video prodotto da Cult Of Parthenpe.

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Mechanical God Creation – The New Chapter

La The Goatmancer Records si è presa cura del nuovo album targato Mechanical God Creation e la bestia estrema torna ad annichilire con una dozzina di esplosioni sonore che, tra ripartenze death/thrash, frenate di scuola classica e melodie strepitose, segnano questa prima metà dell’anno, almeno per quanto riguarda le nuove uscite del genere.

Nella scena death metal tricolore ormai da anni si viaggia su livelli qualitativamente alti, con il metal estremo che permette agli artisti di sfogare tutta la loro creatività in sonorità dalle atmosfere lontane tra loro ma facenti parte di un unico straordinario modo di concepire e suonare musica dura.

Dalle atmosfere progressive a quelle swedish death, dalle influenze statunitensi a quelle black/death della scena est europea, per gli amanti del buon vecchio death metal c’è solo l’imbarazzo della scelta, senza dimenticare (come nel caso dei Mechanical God Creation) il death/thrash.
Il quintetto lombardo attivo dal 2006, arriva con questo nuovo macigno sonoro al terzo full length, sei anni dopo il precedente Artifact of Annihilation e nove dal debutto licenziato nel 2010 ed intitolato Cell XIII.
Si cammina in un mondo distrutto, sulle ceneri di un’umanità collassata e la colonna sonora della fine del mondo non può che essere un death/thrash metal dalle atmosfere apocalittiche, tecnicamente sopra la media, pregno di melodie chitarristiche che tradiscono ispirazioni melodic death si una struttura classica che accomuna il death metal statunitense, con la furia slayerana che ricorda monumenti estremi come Season In The Abyss.
A raccontare di questa fine annichilente è il growl disumano di Luciana “Lucy” Catananti, una delle migliori vocalist del genere in senso assoluto, straordinaria interprete delle devastanti tracce che compongono questo The New Chapter, nuovo capitolo di una band rimasta in silenzio troppo tempo.
Oltre alla cantante segnaliamo il gran lavoro di tutta la band, che vede Mirko e Francesco alle chitarre, Jesus al basso e Carlo alla batteria, autrice di una serie di brani che rendono imperdibile questo gioiellino estremo come I Am The Godless Man, la devastante e tecnicissima Till the Sun Is No Longer Black, la monumentale Overlord (PT II) e la melodica Bow To Death.
La The Goatmancer Records si è presa cura del nuovo album targato Mechanical God Creation e la bestia estrema torna ad annichilire con una dozzina di esplosioni sonore che, tra ripartenze death/thrash, frenate di scuola classica e melodie strepitose, segnano questa prima metà dell’anno, almeno per quanto riguarda le nuove uscite del genere.

Tracklist
1.The New Chapter
2.I Am the Godless Man
3.Till the Sun is No Longer Black
4.Walking Dead (pt.I)
5.Before the Dawn
6.Overlord (pt.II)
7.What Remains (pt.III)
8.Black Faith
9.Dark Echoes
10.Bow to Death
11.Warface
12.Red Blood on White Snow

Line-up
Lucy – Vocals
Jesus – Bass
Francesco – Guitar
Mirko – Lead Guitar
Carlo – Drums

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Slot – 200 кВт

200 кВт è composto da una dozzina di brani che ripercorrono l’alternative nu metal in tutti i suoi cliché, animati dalla giusta grinta e da una Nookie indomabile, con titoli e testi rigorosamente in lingua madre e un impatto da band navigata.

La Sliptrick Records, dopo il best of con il meglio dei sette album pubblicati dalla band, licenzia il nuovo album degli Slot, gruppo alternative metal capitanato dalla cantante Nookie, famosa in patria per aver partecipato con successo alla versione russa di The Voice, nonché leader della band che porta il suo nome.

Il nuovo album, intitolato 200 кВт, vede sempre la talentuosa singer duettare con il suo alter ego Cache in quaranta minuti che si specchiano nel nu metal di matrice statunitense, un modern che si allontana dal metalcore di moda in questo periodo per tornare a suonare rock su parti campionate, accenni rap e groove a palla.
Nookie è ancora una volta l’arma in più del quintetto russo, una tigre dalla versatilità sorprendente, una vera calamita per l’ascoltatore, comunque tenuto per le palle da un sound elettrizzante, moderno, melodico, cattivo e graffiante il giusto per non restare ad appannaggio di fans under quattordici.
200 кВт è composto da una dozzina di brani che ripercorrono l’alternative nu metal in tutti i suoi cliché, animati dalla giusta grinta e da una Nookie indomabile, con titoli e testi rigorosamente in lingua madre e un impatto da band navigata.

Tracklist
01. 200 кВт
02. Кукушка
03. ЗОЖ
04. Я выберу солнце
05. Естественный отбор
06. Сколько денег
07. На марс!
08. Не все равно
09. #ЯЩЕТАЮ
10. Система
11. Ильич (Son Of A Bitch)
12. Вселенная

Line-up
Nookie – Female Vocal
Cache – Male Vocals, Programming
ID – Guitar
Vasiliy GHOST Gorshkov – Drums
Nikita Muravyov – Bass

SLOT – Facebook

Svartelder – Pits

Underground sempre in fermento creativo con gli Svartelder,che con personalità ci immergono in un trip multidimensionale offrendoci un’ulteriore sfaccettatura del suono norvegese.

Underground sempre in fermento creativo con i norvegesi Svartelder, che giungono al loro secondo full dopo Pyres del 2016; black, sempre black, ma con una decisa personalità, trattandosi di band composta da musicisti non alle prime armi e attivi in molte altre band.

Malethoth, il bassista e compositore di tutte le musiche, ha un passato nei Den Saakaltde e un presente in act interessanti, come Horizon Ablaze e Pantheon I, mentre il singer Doedsadmiral lancia il suo scream sinistro e luciferino nei più noti Nordjevel, senza dimenticare Enepsigos e Doedsvangr. Non sono da meno Spektre, drummer nei Gaahls Wyrd, prossimi al debutto discografico, e Renton alle keyboards nei Trollfest. La band non suona live ma si concentra solo sul lavoro in studio e considera la propria musica “as a painting”, dove si riversano tutte le idee che non trovano spazio nelle altre avventure sonore; non ci sono barriere nello sviluppo creativo e l’ascolto dei sette brani di Pits dimostra la veridicità di tale affermazione. Black, memore si della old school, del resto siamo in Norvegia, ma ricco di sfumature dovute sia al lavoro chitarristico spesso “weird” alternato a momenti più suadenti, sia al drumming molto articolato soprattutto nei midtempo, mentre le tastiere sullo sfondo caricano la struttura con melodie scure e apocalittiche. Lo scream “accarezza” come una tagliente lama, le atmosfere malate create dal bassista a formare un tutt’uno particolare e dal sicuro fascino. La band non si lascia andare a sterili dimostrazioni tecniche o ad avanguardismi inutili, i brani sono compatti e come in tutte le opere di qualità necessitano di molteplici ascolti per un grande appagamento; la parte oscuramente melodica non è in primo piano ma è intessuta nelle trame fitte che accompagnano tutti i brani, immergendoci in un trip multidimensionale personale creato da musicisti liberi da schemi prefissati e con una grande voglia di suonare musica per offrirci un altro lato del suono norvegese. Ottima proposta per ascoltatori “open minded”.

Tracklist
1. Part I
2. Part II
3. Part III
4. Part IV
5. Part V
6. Part VI
7. Part VII

Line-up
Doedsadmiral – Vocals
Maletoth – Guitars, Bass
Spektre – Drums
Renton – Keyboards

SVARTELDER – Facebook

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