A Scar For The Wicked – The Unholy

Il sound rispecchia la parte più estrema dei suoni metallici moderni, sotto forma di un valido e brutale death metal, devastante e senza compromessi.

Dal Canada arrivano questi temibili A Scar Of The Wicked, gruppo estremamente violento che, partendo da una base death metal sviluppa il suo sound ispirandosi alla scena moderna.

Un uso particolarmente riuscito delle due voci estreme (growl e scream) ed un tasso altissimo di rabbia da sfogare in musica fanno il resto, così che i sette brani racchiusi in questo nuovo ep risultino una mazzata estrema davvero portentosa.
La storia discografica del gruppo non vede ancora full length all’attivo bensì un terzetto di ep che vedono il primo The Necrobutcher, licenziato nel 2014, seguito da Scars, uscito l’anno dopo, e infine da questo The Unholy, confermando l’impatto violentissimo che la band ha sull’ascoltatore: sette bordate di death metal moderno, tra blast beat, rallentamenti potentissimi e rabbia devastante, da parte di una macchina da guerra in arrivo da Ottawa che distrugge senza soluzione di continuità.
La scelta di licenziare lavori relativamente corti mi trova assolutamente d’accordo, ed anche The Unholy si presenta come un concentrato di terribile violenza musicale dai rimandi core, tra esplosioni e mitragliate ad altezza d’uomo.
Il sound rispecchia quindi la parte più estrema dei suoni metallici moderni, sotto forma di un valido death metal brutale, devastante e senza compromessi.

Tracklist
1.Born From The Grave
2.A Place Where Death Resides
3.The Abyss
4.Darkness Approaches
5. The Unholy
6.Malformed
7.Evil Within

Line-up
Eric Forget – Vocals
Adam Semier – Guitars, Vocals
Joe Kenyeres – Guitars
James Nopper – Bass
Nick Rodgers – Drums

A SCAR FOR THE WICKED – Facebook

Lady Reaper – Mise En Abyme

I Leady Reaper dimostrano la loro sagacia nel costruire un sound personale, lasciando che le proprie influenze ed ispirazioni si facciano largo senza compromettere la totale libertà artistica di cui si possono fregiare.

Che i Lady Reaper fossero una band non comune ed in costante evoluzione si era capito già dal personalissimo sound messo in mostra nel debutto omonimo targato 2015, un esempio convincente di metal classico ispirato ai primi anni ottanta, un mix di primi Iron Maiden e Black Sabbath molto teatrale e dinamico, mai fermo sui soliti cliché.

La splendida, affascinate ed ipnotizzante strega fasciata di lattice rosso, dopo aver tagliato teste in giro per lo stivale, ha posato la falce, si è trasformata in una pericolosissima musa di seta vestita, una sacerdotessa che ci invita allo spettacolo che si trasformerà in un bagno di sangue metallico.
Prima però spazio ad una più elegante forma di rivisitazione della letteratura ottocentesca e di alcuni dei suoi autori, accompagnata da un booklet con varie opere in acquarello disegnate da Umberto Stagni, a valorizzare ancora di più il clima elegante e in qualche modo suadente di questo ottimo lavoro.
Mise En Abyme esce per l’etichetta italiana Valery Records, ha al suo interno un sound che continua a specchiarsi nel metal dei primi anni ottanta ma con una più spiccata vena teatrale e settantiana, così che parlare di progressive in certi frangenti non è certo eresia.
I Leady Reaper dimostrano la loro sagacia nel costruire un sound personale, lasciando che le proprie influenze ed ispirazioni si facciano largo senza compromettere la totale libertà artistica di cui si possono fregiare.
Dall’intro recitato To The Abyss in poi l’album è un viaggio nel rock/metal classico che non disdegna atmosfere dark/progressive, addirittura sinfoniche e doom rock di altissimo livello, un tuffo nell’elegante e a tratti decadente atmosfera dell’arte di due secoli fa, dove la nostra splendida musa si muove sinuosa e lasciva, promettendo la gloria artistica ma dando solo la morte, mentre le splendide The Ethernal Carnival, Buried In My Dreams e la più lunga Mr. Nick Diabolical Mets (dodici minuti di heavy metal progressivo a tratti entusiasmante) accentuano e consolidano l’impressione di essere al cospetto di un’opera splendidamente fuori dagli schemi.
Ne sentirete delle belle tra le trame di Mise En Abyme, album che piacerà non poco sia gli amanti dell’heavy metal che i fans del rock progressivo e dark a cavallo dei due decenni storici per il genere: i Lady Reaper hanno centrato il bersaglio grosso, ottimo lavoro.

Tracklist
1.To the Abyss
2.The Eternal Carnival
3.Abracadabra
4.Another Me
5.Fragments
6.Buried in my Dreams
7.Stop the Mops
8.Mr Nick: Diabolical Bets
9.Headless Ride

Line-up
Simone Oz Calderoni – Vocals
Federico Red Arzeni – Guitars, Chorus
Stefano Jekyll Coggiatti – Guitars, Keyboards, Chorus
Gabriele Gimi Grippa – Acoustic Guitars, Bass, Keyboards
Berardo Bear Di Mattia – Drums, Percussions

LADY REAPER – Facebook

Carnal Decay – When Push Comes To Shove

Solo nove minuti di musica bastano per confermare l’ottimo livello raggiunto dai Carnal Decay, band magari poco conosciuta se non ai fans accaniti del brutal death meatl, ma meritevole di maggiore attenzione.

Attivi da una quindicina d’anni, i Carnal Decay sono una delle band di punta della scena svizzera per quanto riguarda le sonorità brutal death.

Una discografia che conta quattro full length, di cui l’ultimo You Owe You Pain uscito lo scorso anno, più un paio di lavori minori, ha contribuito ad accrescere la reputazione del combo che, anche con questi tre nuovi brani, conferma di essere una band in forma smagliante, compatta e perfettamente calata nei panni di caterpillar metallico.
Brani che non lasciano respiro, assolutamente granitici, costruiti come un muro invalicabile di note estreme, con le atmosfere che seguono i ritmi da carneficina metallica; da notare il grande appeal che sprigionano, a tratti esaltanti e spettacolari come Food For Thought, un monolite brutale che alterna potentissime parti cadenzate a violente ripartenze e cantata a due voci con l’ospite Igor Fil dei Katalepsy ad affiancare l’orco Michael Kern.
Non sono da meno la title track, che funge da opener al lavoro, e We All Be Red, altro brano violentissimo ma, grazie anche ad una produzione cristallina, assolutamente in grado di risvegliare antichi istinti omicidi.
Solo nove minuti di musica bastano per confermare l’ottimo livello raggiunto dai Carnal Decay, band magari poco conosciuta se non ai fans accaniti del brutal death, ma meritevole di maggiore attenzione.

Tracklist
1. When Push Comes To Shove
2. Food For Thought (feat. Igor Fil of Katalepsy)
3. We All Bleed Red

Line-up
Sebastian Mantel – Drums
Nasar Skripitskij – Bass
Isabelle Iten – Guitars
Michael Kern – Vocals

CARNAL DECAY – Facebook

Lelahell – Alif

Prendete i Melechesh, irrobustiteli se possibile con dosi letali di brutal e death/black di estrazione est europea ed otterrete una bomba sonora pari a quella confezionata dai Lelahell.

Per chi ci segue ancor prima della nascita di MetalEyes, il monicker Lelahell non è certo una novità.

Il gruppo, proveniente da una terra insolita per il metal estremo come l’Algeria , fece la sua comparsa sulle pagine dedicate al metal di Iyezine, all’uscita del suo primo full length, il devastante e tellurico Al Insane… The (Re)Birth of Abderrahmane, ed in seguito per una piacevole intervsita con il leader Redouane Aouameur (in arte Lelahel).
Dopo quattro anni la band nordafricana torna con un nuovo lavoro, questo intenso bombardamento sonoro dal titolo Alif, quaranta minuti durante i quali il death metal incontra atmosfere tradizionali, in un contesto che rimane violentissimo, ai confini con un brutal che si fa apprezzare per una perizia tecnica davvero notevole e più in evidenza rispetto al passato.
Alif è un viaggio estremo di notevole spessore, nel sound si intrecciano come serpenti tra la sabbia del deserto elementi che vanno dal thrash metal, al death e al brutal, con le atmosfere tradizionali che valorizzano il tutto come nella splendida Insiraf/Martyr o nelle tempeste desertiche Paramnesia e Litham (The Reach of Kal asuf).
Come se non bastasse, Redouane Aouameur ci delizia con una serie di ospiti che alzano il livello tecnico di Alif, già di per se assolutamente alto, ma oltremodo valorizzato da Hannes Grossman alla batteria (Necrophagist e Obscura tra gli altri), Tom Geldschläger (ex Obscura), Yacine M. (Litham), Patrick Mameli (Pestilence), ed il bassista Hafid Saidi.
Con queste premesse Alif esploderà letteralmente dal vostro lettore, i riff neri come la pece si muovono mortali tra repentini cambi di tempo, a tratti un death/black feroce (Ignis Fatuus) prende a spallate per farsi spazio il suono più brutale, in uno scontro tra titani estremi nelle aride ed affascinati terre nordafricane.
Prendete i Melechesh, irrobustiteli se possibile con dosi letali di brutal e death/black di estrazione est europea ed otterrete una bomba sonora pari a quella confezionata dai Lelahell.

Tracklist
1.Paramnesia
2.Ignis Fatuus
3.Thou Shalt Not Kill
4.Ribat Essalem
5.Adam the First
6.The Fifth
7.Insiraf / Martyr
8.Litham (The Reach of Kal asuf)
9.Parasits
10.Impunity of the Mutants

Line-up
Redouane Aouameur – Bass, Vocals, Guitars

LELAHELL – Facebook

Distruzione – Inumana

Tornano gli storici deathsters nostrani Distruzione con Inumana, ep composto da due ottimi brani inediti e tre registrati dal vivo. a confermare lo stato di forma del gruppo e a solleticare gli appetiti dei fans in attesa di un nuovo full length.

Difficile non cadere nel retorico quando si parla di gruppi storici, accompagnati da un’aura leggendaria come i deathsters nostrani Distruzione, dai primi anni novanta band di culto nel panorama estremo tricolore.

L’ottimo album omonimo uscito nel 2015 e la ristampa del classico Endogena un anno dopo hanno confermato lo stato di salute dei Distruzione, i quali tornano sempre tramite la Jolly Roger con Inumana, ep che presenta il nuovo batterista Emanuele Collato (Bulldozer e Death Mechanism) ed il solito sound tellurico che nei due straordinari brani inediti dimostra la forza prorompente del combo parmigiano.
Uomini contro Uomini e la sensazionale La Torre Della Muda (brano che racconta del conte Ugolino della Gherardesca, rinchiuso con i suoi figli e nipoti e condannato ad una fine orripilante) sono autentiche bordate estreme, dove i testi mai banali (nella prima traccia sono la figura del soldato e gli ultimi istanti della battaglia ad ispirare la band) sono accompagnati da un sound violento e senza compromessi, perfettamente prodotto così da evidenziare il gran lavoro strumentale dei cinque guerrieri metallici battenti bandiera tricolore.
Partendo dalla prestazione di Devid Roncai al microfono, della devastante sezione ritmica che vede il buon Dimitri Corradini affiancare il nuovo arrivato alle pelli e del massacro perpetuato dalle due chitarre ben salde tra le mani della coppia Massimiliano Falleri e Mike Chiari, non si può che mettersi comodi ed aspettare che la band rilasci il nuovo full length che non potrà che essere un altro monolite death metal, genere che i Distruzione coniugano magistralmente ad un sound dal respiro internazionale ma con il cantato in lingua madre ad aumentarne la peculiarità.
In Inumana trovano spazio anche tre brani dal vivo registrati al festival di MetalItalia del 2016, il primo (Stultifera Navis) tratto dall’omonimo album del 2015 e i restanti due (Ossessioni Funebri e Senza Futuro) dal monumentale Endogena.
I Distruzione sono tornati, confermano di essere uno dei gruppi di maggior spicco nel panorama estremo di stampo death metal classico (non solo nel nostro paese) e ci danno appuntamento al prossimo lavoro su lunga distanza.

Tracklist
1.Uomini Contro Uomini
2.La Torre della Muda
3.Stultifera Navis (live)
4.Ossessioni Funebri (live)
5.Senza Futuro (live)

Line-up
Dimitri Corradini – Bass
Massimiliano Falleri – Guitars
Devid Roncai – Vocals
Mike Chiari – Guitars
Emanuele Collato – Drums

DISTRUZIONE – Facebook

Rockstar Frame & Kiara Laetitia – Bulletproof

Bulletproof nel suo insieme funziona quanto basta per piacere ai fans dell’hard rock, in bilico tra tradizione hard & heavy e qualche accenno al rock suonato negli ultimi anni del nuovo millennio.

Fondati nel 2012 dal batterista Max Klein e unite le forze con la cantante Kiara Laetitia (ex Skylark e con David DeFeis nel progetto Fight Now), i Rockstar Frame licenziano il secondo album della loro carriera intitolato Bulletproof, sotto l’egida della Musicarchy Media.

Il  lavoro è composto da undici brani di hard rock, a metà strada tra impatto street metal e urgenza alternative, con la voce della singer che ricorda non poco quella di Inger Lorre dei Nymphs ed un’attitudine stradaiola tipica del rock a stelle e strisce.
Bulletproof per i primi quattro brani mantiene queste caratteristiche, almeno fino a Sirio’s Interlude, brano strumentale dal taglio orchestrale che si avvicina ai Savatage e cambia repentinamente l’atmosfera creata con i primi brani, più diretti ed incisivi.
D’impatto alternative hard rock è l’opener Luv Calamity, seguita dall’hard & heavy Ready Goodbye, mentre la palma di migliore canzone del disco va a Time Bomb, perfetto esempio del mix di ispirazioni del gruppo e canzone che racchiude l’assolo più incisivo di tutto il lavoro, seguita dalla travolgente Secret, brano dall’appeal notevole e potenziale singolo da classifica se fossimo stati nella seconda metà degli anni ottanta.
L’album, quindi, si muove su queste coordinate stilistiche, non apprezzabili appieno causa una produzione ovattata che non permette ai brani di deflagrare dalle casse come dovrebbero.
Lasciate queste considerazioni tecniche, Bulletproof nel suo insieme funziona quanto basta per piacere ai fans dell’hard rock, in bilico tra tradizione hard & heavy e qualche accenno al rock suonato negli ultimi anni del nuovo millennio.

Tracklist
1. Luv Calamity
2. Ready Goodbye
3. Human Starvation
4. Time Bomb
5. Sirio’s Interlude
6. Suicide
7. French Madness
8. Indestructible
9. Christmas Rape
10. Secret
11. Tried

Line-up
Kiara Laetitia – Vocals
Max Klein – Drums and Programming
Alex Bryan – Bass
Dom Vitaly – Guitars
Sirio – Keys and Cine

ROCKSTAR FRAME – Facebook

https://youtu.be/FBp5bROQaj8

Carchosa – Carchosa

Un’ora di musica estrema progressiva che unisce thrash, death e progressive sotto la stessa bandiera griffata Carchosa.

Carchosa è una nuova band scandinava al debutto con questo album omonimo autoprodotto.

Trattasi, di fatto, di una one man band creata dal polistrumentista e compositore Henrik Nygren che, dopo esperienze con band minori, ha deciso di mettersi in proprio creando quest’ora di musica estrema progressiva che unisce thrash, death e progressive sotto la stessa bandiera griffata Carchosa.
Il musicista proveniente da Malmö sicuramente sa maneggiare la materia, soprattutto quando si parla di death metal che ovviamente fa riferimento alla scena storica del suo paese.
Il resto del sound è lasciato a veloci cavalcate thrash metal ed atmosfere progressive in brani dal lungo minutaggio, quindi soggetti a repentini cambi di tempo in un susseguirsi di cangianti sfumature prog.
Album di lunga durata e quindi da far proprio con il dovuto tempo, il debutto dei Carchosa ha nei solos melodici l’asso nella manica per rendere l’ascolto piacevole e mantenere l’attenzione su un buon livello; Nygren crea brani estremi nei quali le parti thrash sono di gran lunga le più sfruttate, mentre il melodic death metal viene raffinato dall’uso progressivo di certe atmosfere lungo brani dallo svolgimento di durata impervia (Damnation supera i dodici minuti)
La proposta dei Carchosa, al netto di qualche difetto e di un sound non sempre scorrevolissimo, non manca di offrire a tratti buona musica metal, quindi aspettiamo con fiducia il prossimo passo di Henrik Nygren.

Tracklist
1.Unfathomable
2.Rise of the Valkyries
3.The Wretched King
4.Within
5.Ghost Insidious
6.Disciples
7.Damnation

Line-up
Henrik Nygren – All Instruments

CARCHOSA – Facebook

Naberus – Hollow

Con una ventina di minuti in meno Hollow sarebbe stato un album pressoché perfetto, ma resta comunque consigliato agli amanti del genere per il suo impatto dinamitardo e le soluzioni melodiche molto interessanti.

Melodic thrash death metal con forti influenze core e groove, un concentrato di potenza melodica in arrivo dall’Australia: questo risulta Hollow, terzo album dei Naberus.

Il gruppo proveniente da Melbourne ci investe con tutta la sua potenza in questa ora di sunto delle sonorità che hanno demolito i padiglioni auricolari degli amanti del metal moderno, tra accelerate, ritmiche sincopate, scream e voci pulite, urla thrash ed attitudine core, con sempre la melodia protagonista e collante tra le varie anime del sound.
Mixato da Henrik Udd (Bring Me the Horizon, Architects, A Breach of Silence), Hollow è un tornado metallico potentissimo, che alterna brani devastanti come Split In Two ad altri che guardano al trend del metalcore melodico in un contesto di tensione perenne.
Il cantato non risparmia violente parti di ispirazione nu metal (Webs), quindi si passa con molta naturalezza dallo scream alla voce pulita fino a cadenze rappate che ricordano i Machine Head del controverso The Burning Red.
Prodotto alla perfezione, l’album deflagra in uno tsunami di violento metallo moderno (la title track) non facendo prigionieri, con riff che si susseguono uno più violento e potente dell’altro.
Machine Head e poi Korn, Sepultura, Soilwork e Bring Me the Horizon sono le principali ispirazioni che escono prepotentemente dal muro sonoro creato dai nostri, i quali lasciano ad una leggera prolissità l’unico difetto riscontrato all’ascolto di questo macigno sonoro.
Con una ventina di minuti in meno Hollow sarebbe stato un album pressoché perfetto, ma resta comunque consigliato agli amanti del genere per il suo impatto dinamitardo e le soluzioni melodiche molto interessanti.

Tracklist
1.Slaves
2.Space to Breathe
3.Split in Two
4.Shadows
5.Webs
6.Hollow
7.I Disappear
8.The End
9.Seas of Red
10.The Maze
11.My Favorite Memory
12.Fading
13.The Burrow
14.The Depths

Line-up
James Ash – Vocals
Dan Ralph – Guitars
Dante Thomson – Guitars
Jordan Mitchell – Bass
Chris Sheppard – Drums

NABERUS – Facebook

Science of Disorder – Private Hell

Con un lavoro che non manca di offrire spunti interessanti agli amanti del metal estremo, i Science Of Disorder si conquistano l’apprezzamento di MetalEyes che vi invita all’ascolto di questa raccolta di brani, specialmente se siete fans di Nevermore, Entombed e Gojira.

A sette anni di distanza dal primo lavoro tornano gli Science Of Disorder, band estrema proveniente dalla vicina Svizzera.

Il quintetto propone un death metal moderno, che si crogiola tra ispirazioni classiche e attitudine metalcore, sprigionando una carica ed una potenza invidiabile.
Il gruppo, oltre ad un impatto devastante, non risparmia tecnica da vendere ed un’attitudine progressiva che lo avvicina non poco al sound dei Nevermore, band che risulta la sua massima ispirazione (Kingdom Comes).
Riassumendo, gli Science Of Disorder si sfamano con abbondanti pietanze a base di death metal, metalcore e power/thrash statunitense, tragico e drammatico quanto basta per donare interpretazioni sentite ed evocative su muri di metallo, dove il singer Jérome T, si avvicina non poco al piglio dell’icona Warrel Dane, singer che ha fatto il vuoto per quanto riguarda il genere.
Ovviamente la band elvetica ha un suo approccio al metal personale e moderno quel tanto che basta per trovare una sua strada, risultando un ottimo ibrido tra sonorità tradizionali e modern metal.
Private Hell non risparmia momenti di metal estremo drammatico e a suo modo teatrale, con una serie di brani convincenti come Lava Girl, il death/hardcore di Choke (che ricorda gli Entombed di Wolverine Blues), il muro death di Half A Life e le mitragliate metalcore di Mine.
Con un lavoro che non manca di offrire spunti interessanti agli amanti del metal estremo, i Science Of Disorder si conquistano l’apprezzamento di MetalEyes che vi invita all’ascolto di questa raccolta di brani, specialmente se siete fans di Nevermore, Entombed e Gojira.

Tracklist
1.Carrions
2.Kingdom Comes
3.Lava Girl
4.Patient 18
5.Choke
6.Light Bearer
7.Half a Life
8.Sickness
9.Mine
10.Private Hell
11.Carrions (Piano version)

Line-up
Jérome T. – Vocals
Steph – Guitar
Lord Pelthor – Guitar
Terry Pinehard – Bass session
Baptiste Maier – Drums

SCIENCE OF DISORDER – Facebook

Burial In The Sky – Creatio et Hominus

Album sicuramente da annoverare tra quelli consigliati agli appassionati di settore, Creatio Et Hominus garantisce un posticino ai Burial In The Sky tra le più interessanti novità del technical progressive death metal, anche se il livello dei gruppi top è ancora lontano.

Terzetto proveniente dagli States, i Burial In the Sky licenziano il secondo full length intitolato Creatio Et Hominus, album che vede la band alle prese con il classico sound death dai rimandi progressivi e valorizzato dalle indubbie doti tecniche dei musicisti.

Un suono di un sax pinkfloydiano fa da intro alla cascata di note che vi travolgerà all’ascolto di Creatio Et Hominus, che si sviluppa in una mezz’ora abbondante di ghirigori tecnici, momenti di pacata atmosfera progressiva e sfuriate death metal.
Niente di nuovo, ovviamente, ma assolutamente consigliato a chi si nutre di metal estremo progressivo: l’album non lascia dubbi sulla bravura del terzetto americano composto da James Tomedi (chitarra, tastiere, mandolino e kalimba), Zach Strouse (basso e sax) e Sam Stewart (batteria, piano), più una serie di ospiti che lascia il suo contributo nelle tracce di questo buon lavoro.
La struttura di brani come Tesla, The Pivotal Flame o la title track non sono certo una novità per chi di questo genere è attento ascoltatore, ma i Burial In The Sky aggiungono al sound quel tocco inaspettato di psichedelia che ne personalizza l’approccio, senza uscire dai sicuri binari di una formula collaudata ormai da tempo.
Album sicuramente da annoverare tra quelli consigliati agli appassionati di settore, Creatio Et Hominus garantisce un posticino ai Burial In The Sky tra le più interessanti novità del technical progressive death metal, anche se il livello dei gruppi top è ancora lontano.

Tracklist
1. Nexus
2. Tesla *All vocals by ex-vocalist Jimmy Murphy
3. Nautilus’ Cage
4. The Pivotal Flame
5. Psalms Of The Deviant
6. 5 Years
7. Creatio et Hominus (Ft. a guest solo from Brody Uttley of Rivers Of Nihil)

Line-up
James Tomedi – Guitars, Slide, Keys, Mandolin, Kalimba
Zach Strouse – Bass Guitar, Sax (All Sax playing on the new Rivers Of Nihil)
Sam Stewart – Drums, Piano

Jorel Hart – Vocals
Jimmy Murphy – Vocals

BURIAL IN THE SKY – Facebook

Tomorrow’s Outlook – A Voice Unheard

Un buon esempio di heavy metal classico, suonato e cantato ad alti livelli: quello che ascolterete su questo nuovo album è un lungo tuffo tra le sonorità classiche di matrice europea.

Arrivano al secondo lavoro i norvegesi Tomorrow’s Outlook, gruppo che aveva licenziato il primo lavoro sei anni fa (34613).

La band, fondata da Trond Nicolaisen e Andreas Stenseth, con A Voice Unheard fa passi da gigante, venendo aiutata da ben tre vocalist tra cui spicca Ralph Scheepers, oltre a Tony Johannessen (Thunderbolt) e Scott Oliva.
Prodotto da Roy Z, l’album risulta un buon esempio di heavy metal classico, suonato ed ovviamente cantato ad alti livelli: quello che ascolterete su questo nuovo album è un lungo tuffo (settanta minuti) tra le sonorità classiche di matrice europea.
Potente e raffinato, l’album parte con piglio sorprendente, dettato dalla voce inconfondibile di Scheepers, meravigliosamente a suo agio nel sound a metà tra Gamma Ray e Primal Fear dell’opener Within The World Of Dreams.
Con lo scorrere dell’album, i brani alternano ispirazioni heavy/power a raffinati ricami chitarristici di scuola americana, anche se il mood che prevale è di matrice Iron Maiden/Judas Priest.
Non ha grossi cedimenti A Voice Unheard, anche se la durata proibitiva non giova alla fruibilità immediata delle varie tracce, tra cui spiccano Outlaw (cantata da Scott Oliva), Times Of War (lasciata al tono dickinsoniano di Tony Johannessen) e One Final Prayer, con ancora Scheepers al microfono.
Le cover di Darkside Of Aquarius di Bruce Dickinson e Slave to the Evil Force dei russi Aria, concludono questo buon esempio di metal classico, valorizzato da un songwriting ispirato e da una prova sopra le righe dei cantanti che si alternano dietro al microfono.

Tracklist
01. Within The World
02. Descent
03. Through Shuttered Eyes
04. A Voice Unheard
05. Outlaw
06. Times Of War
07. The Enemy
08. One Final Prayer
09. Fly Away
10. Nothing Shall Remain
11. Darkside Of Aquarius (Bruce Dickinson Cover)
12. Slave To The Evil Force (Aria Cover)

Line-up
Ralf Scheepers – voce (1, 4, 7, 8, 9, 10)
Tony Johannessen – voce (2, 3, 6, 11, 12)
Scott Oliva – voce (5)
Øystein K. Hanssen – chitarra
Andreas Stenseth – basso
Andreas Nergård – batteria, tastiere.
Trond Nicolaisen – songwriter

TOMORROW’S OUTLOOK – Facebook

Sanctrum – Walk With Vermin

Questi cinque brani confermano la forza del quintetto scandinavo che, in attesa del terzo full length, ci bombarda letteralmente con chirurgica rabbia e crudeltà, violenza e disperazione.

Torna a fare danni devastanti l’atomica musicale chiamata Sanctrum, realtà thrash/hardcore lanciata da Uppsala in quel di Svezia, questa volta in formato ep, tanto per non dimenticare il gusto distruttivo di Irfan Cancar e compagni.

Cinque sono i brani raccolti in Walk With Vermin, mini cd licenziato dalla Big Balls Productions e che torna far parlare di questa letale macchina da guerra dall’impatto sopra la media.
Tre anni fa Rot aveva fatto sanguinare i padiglioni auricolari dei fans del metal estremo di estrazione thrash, moderno e potenziato da un’attitudine hardcore dirompente; ora questi cinque brani confermano la forza del quintetto scandinavo che, in attesa del terzo full length, ci bombarda letteralmente con chirurgica rabbia e crudeltà, violenza e disperazione, partendo dall’opener The Decent e continuando il massacro da dove si era interrotto nel precedente lavoro.
Carcan è la solita belva ferita, uno dei singer più dirompenti sui quali il genere può contare, mentre i brani si susseguono violenti, estremi, senza rinunciare ad un tocco di melodia in più, ma pur sempre in un contesto crudo e devastante.
Walk With Vermin non concede tregua e ritorna a far risplendere il detonatore sul missile terra aria firmato Sanctrum: se l’album è solo un antipasto per il più succulento e letale full length ci sarà da mettersi al riparo, si salvi chi può.

Tracklist
1.The Descent
2.Prevarication
3.Abomination
4.To The End
5.Let It Fall

Line-up
Irfan Cancar – Vocals
Viktor Arfwedson – Guitars
Emil Anter – Bass
Oskar Odelbo – Drums
Alex Tollin – Guitars

SANCTRUM – Facebook

Eufory – Higher And Higher

Gli Eufory fanno di tutto per non deludere i fedelissimi del genere, ma a meno che non viviate a pane e power metal classico, lasciate Higher and Higher dove sta.

Avete presente quando non vi ricordate di aver visto un film e, alle prime immagini che scorrono sul video, tutto torna perfettamente impresso nella mente fotogramma per fotogramma?

A sentire il secondo album degli Eufory, la sensazione viene amplificata a dismisura, trovandosi al cospetto di un album di discreto power metal che rispecchia il sound teutonico in toto, così da risultare un sunto di quello che Gamma Ray, Iron Savior e soprattutto Edguy hanno fatto anni fa.
Il quintetto slovacco licenziaper Sliptrick Records Higher and Higher, secondo album e successore del debutto Flying Island Eufory, e sembra di essere ripiombati nella seconda metà degli anni novanta, quando in Europa il ritorno dei suoni classici si dividevano il mercato con il sound moderno in arrivo in massa dagli States.
Dragon Hearts, Karmic Eyes, Dancing Star, fino alla cover della motorheadiana One More Fucking Time, risulta uno sprofondare nelle sabbie mobili del power metal classico, melodico e potente tanto basta da battere il piedino alla seconda nota, ma talmente scolastico da non riuscire ad andare oltre ad un compitino fin troppo facile.
Questo è il classico esempio di un album che purtroppo sarà ignorato o valutato solo dai fans più sfegatati di un genere che, in questi anni, pare aver esaurito ogni tipo di velleità artistica, specie se non viene supportato da un talento superiore alla media o da qualche ottima idea compositiva che possa dare un minimo appiglio per restare a galla.
Gli Eufory fanno di tutto per non deludere i fedelissimi del genere, ma a meno che non viviate a pane e power metal classico, lasciate Higher and Higher dove sta.

Tracklist
1.Dragon Hearts
2.Louder
3.Karmic Eyes
4.What a Shame!
5.On a Pyre
6.Dancing Star
7.Soldier from Beyond
8.I Want Out
9.One More Fucking Time (Motörhead cover)

Line-up
Ľuboš Senko – Main vocals
Števo Hodoň – Guitar/Backing Vocals
Peter Drábik – Guitar/Backing Vocals
Miriama “Mima” Hodoňova – Drums
Aďo Benca – Bass

EUFORY – Facebook

The Slyde – Awakening

I canadesi The Slyde sono autori di un album come Awakening, debutto sulla lunga distanza che farà innamorare gli amanti del metal progressivo.

L’universo del metal progressivo è lungi dall’essere stato scoperto in toto, essendo ricco di realtà e lavori meritevoli di essere maggiormente considerati in un mondo musicale che, ormai, lascia poco spazio alla mera arte per l’urgenza del tutto e subito.

Da ogni angolo del mondo nascono progetti dall’alto livello qualitativo, il problema sorge quando il supporto si rivela pressoché nullo, dai media più ricettivi al grande pubblico, concentrati sui soliti nomi e restii ad una vera promozione di chi opera nell’underground.
I canadesi The Slyde sono autori di un album come Awakening, debutto sulla lunga distanza che farà innamorare gli amanti del metal progressivo.
Il lavoro, infatti, è un ottimo esempio di metal valorizzato da una tecnica non comune al servizio di brani nei quali, all’urgenza del heavy metal classico, vengono aggiunte ritmiche thrash/power ed un fascino alternative metal che ne modernizza l’approccio e l’impatto.
Si passa così da spettacolari brani ispirati ai sovrani del genere (Dream Theater e Rush) a sfuriate thrash metal che tributano gli idoli incondizionati del gruppo canadese, i Megadeth di Dave Mustaine.
Awakening offre quaranta minuti di musica dall’impatto a tratti spaventoso, con una voglia di sbalordire supportata da un songwriting che fa di canzoni come In Silence, So Blind, Join The Parade e Divide fiale di pericolosissima nitroglicerina metal da trattare con la dovuta cura, per non incappare in letali esplosioni progressive capaci di procurare danni irreparabili.

Tracklist
1. Awaken
2. Walk With Me
3. In Silence
4. These Wars
5. Awakening
6. So Blind
7. Fading
8. Join The Parade
9. Divide
10. Back Again

Line-up
Nathan Da Silva – Vocals, Guitars
Sarah Westbrook – Keyboards, Synthesizers, Samples
Alberto Campuzano – Bass Guitar, Vocals
Brendan Soares – Drums, Vocals

THE SLYDE – Facebook

Vomitor – Pestilent Death

Pestilent Death è un lavoro che sguazza nell’underground, legato alla tradizione del genere con tutti i suoi difetti e le sue virtù, quindi onesto ma certo non fondamentale.

I Vomitor non sono certo dei novellini: la loro storia, nata a cavallo dei due millenni li vede impegnati su più fronti discografici, dai quattro full length licenziati alla marea di lavori minori che hanno ammorbato come un virus la scena thrash/death.

Il gruppo australiano arriva appunto al traguardo del quarto lavoro sulla lunga distanza, sempre all’insegna di un sound senza compromessi, rivelandosi praticamente la versione death metal dei Sodom.
Un impatto notevole ed un’attitudine vecchia scuola, tutta alcool e satanismo fanno il resto , rendendo la proposta dei Vomitor la classica opera per soli fans affezionati.
Da dire ci sarebbe davvero poco, le influenze sono riconducibili ai soliti nomi, quindi tra le tracce che compongono Pestilent Death troverete schegge impazzite di Slayer e Venom, oltre ai già citati Sodom ed ovviamente Destruction.
Mezzora di frustate e schiaffoni, mentre siete legati al palo e torturati dai tre musicisti, che si presentano come altrettanti panzer indemoniati che, all’attacco dell’opener Tremolation, portano guerra ed orrori in nome di un demone alcolico.
Buone le parti dove il trio accelera per toccare velocità speed (Manic Oppression), meno la produzione, più in sintonia con i lavori usciti almeno trentacinque anni fa.
Pestilent Death risulta così un lavoro che sguazza nell’underground, legato alla tradizione del genere con tutti i suoi difetti e le sue virtù, quindi onesto ma certo non fondamentale.

Tracklist
1.Tremolation
2.Roar of War
3.Abracadabra
4.Manic Oppression
5.Tremendous Insane
6.Pestilent Death
7.Hells Butcher

Line-up
Death Dealer – Vox’n’Tremolition
Anton Vomit – Basstardisation
Hellcunt – Drummolation

VOMITOR – Facebook

Loathe/Holding Absence – This Is As One

Split album per due band britanniche molto diverse tra loro ma che, per diversi motivi, meritano di essere condivise dai fans delle sonorità alternative.

Due notevoli realtà britanniche uniscono le forze in questo split intitolato This Is As One, edito dalla Sharptone Records: gli inglesi Loathe, dei quali vi abbiamo parlato all’uscita del bellissimo full length The Cold Sun, licenziato lo scorso anno, ed i gallesi Holding Absence.

Due brani per ognuno dei gruppi, alle prese con un heavy moderno e sperimentale dalle reminiscenze djent per i Loathe, e con un post hardcore melodico gli Holding Absence.
Come sull’album, il gruppo del bravissimo singer Kadeem France spara bordate di metal moderno, caricato a pallettoni metalcore ma originale nel saper cambiare atmosfera in un nanosecondo: teatrale, e per certi versi progressivo, il sound di questi due nuovi brani conferma i Loathe come un’entità a sé stante nel panorama metallico moderno, con White Hot e Servant And Master che accrescono le aspettative per un nuovo album.
Il sound degli Holding Absence è molto più lineare e meno originale di quello dei loro colleghi: la band gallese ha un approccio melodico e radiofonico, ciò che serve per cercare la gloria tra i fans di un certo alternative rock più consono alle classifiche e vicino ai 30 Second To Mars.
L’alternanza tra melodie catchy e sfuriate rock sono valorizzate dalla voce del singer Lucas Woodland, con i due brani in programma che, in qualche modo, placano il clima estremo respirato con i Loathe.
Due band molto diverse tra loro ma che, per diversi motivi, meritano di essere condivise dai fans delle sonorità alternative.

Tracklist
1. Loathe – White Hot
2. Loathe – Servant and Master
3. Holding Absence – Saint Cecilia
4. Holding Absence – Everything

Line-up
Loathe :
Kadeem France
Erik Bickerstaffe
Sean Radcliffe
Connor Sweeney
Feisal El-Khazragi

Holding Absence:
Lucas Woodland – Vocals
Feisal El-Khazragi – Guitars
Giorgio Cantarutti – Guitars
James Joseph – Bass
Ashley Green – Drums

LOATHE – Facebook

HOLDING ABSENCE – Facebook

Infraktor – Exhaust

Piacevole sorpresa proveniente da una scena come quella portoghese, poco pubblicizzata ma che regala mediamente ottime realtà, gli Infraktor si dimostrano una vera macchina da guerra meritevole d’attenzione.

E’ una notevole mazzata thrash/death metal il debutto degli Infraktor, fondati nel 2013 ma solo quest’anno arrivati sul mercato tramite la Rastilho Records, etichetta che si muove sul territorio portoghese e specializzata in questo tipo di suoni.

La band è formata da musicisti provenienti da realtà importanti della scena lusitana come Skeptik, Revolution Within, Headless, Under Fetid Corpses e Gates Of Hell, unitisi sotto il monicker Infraktor e pronti a conquistare i cuori del thrashers con questo bombardamento sonoro intitolato Exhaust.
Composto da otto brani, più intro ed outro, l’album ha tutti i requisiti per entrare a forza nei cuori degli appassionati dai gusti old school, ma con i piedi ben saldi in questi primi anni del nuovo millennio.
Con una produzione al top, tanta ferocia thrash unita al melodic death di stampo At The Gates/ The Haunted, Exhaust non molla la presa sui bassifondi, strizzati a dovere da esplosioni di metallo estremo trascinante e devastante quanto basta per fare di brani come Blood Of The Week, Confront e Ferocious Intent, non solo le tracce migliori di questo lavoro, ma gioiellini di genere da non perdere assolutamente.
Gli Infraktor menano fendenti in tutte le direzioni, l’impatto prodotto è notevole e, senza scomodare altri grossi nomi del genere, direi che le ispirazioni sono ben evidenti ed in linea con quanto suggerito.
Piacevole sorpresa proveniente da una scena poco pubblicizzata ma che regala mediamente ottime realtà, gli Infraktor si dimostrano una vera macchina da guerra meritevole d’attenzione.

Tracklist
1.Intro
2.Blood of the Weak
3.Son of a Butcher
4.Exhaust
5.Confront
6.Speech of Deceit
7.Inevitability of Reason
8.Unleash the Pigs
9.Ferocious Intent
10.Outro

Line-up
Hugo Silva – Vocals
Carlos Almeida – Guitar
Ricardo Martins – Guitar
Miguel Pinto – Bass
Francisco Martins – Drums

INFRAKTOR – Facebook

Torment Of Souls – Zombie Barbecue

Parti che si avvicinano al thrash metal si scontrano con altre death , le atmosfere ricordano le strade brulicanti di non morti dei film horror, la tensione è altissima ma la componente melodica, importantissima nella struttura dei brani, gioca un ruolo per nulla marginale rendendo l’ascolto vario e piacevole.

Gruppo attivo dalla prima metà degli anni novanta, i Torment Of Souls portano avanti il loro concept dalle tematiche horror a suon di death metal old school.

Quattro full length ed un paio di ep compongono la discografia completa del gruppo, con questo lavoro che risulta l’ultimo della serie, essendo uscito originariamente nel 2013.
L’apocalisse zombie incombe sulla terra e i Torment Of Souls la raccontano tramite le trame del loro metal estremo di scuola death, dal taglio melodico e progressivo, quindi niente devastazioni brutal/gore come potrebbe far pensare il titolo, ma un più ragionato death metal suonato con perizia ed un buon talento per le melodie.
Parti che si avvicinano al thrash metal si scontrano con altre death , le atmosfere ricordano le strade brulicanti di non morti dei film horror, la tensione è altissima ma la componente melodica, importantissima nella struttura dei brani, gioca un ruolo per nulla marginale rendendo l’ascolto vario e piacevole.
Blooddawn esplode dopo un lungo strumentale, il thrash metal oscuro e pesante di matrice americana è l’arma in più del combo tedesco, e fuso con il death metal crea un sound estremo pregno di malsana musica progressiva.
Brani come la title track o la devastante Die Hure 3 convincono, il banchetto per l’orda di famelici zombie è ormai pronta, il cielo grigio dal fumo degli incendi che illuminano le strade della città annuncia l’ennesimo massacro, con la bellissima Bone Stone Brain, un brano che ricorda non poco gli Iced Earth di The Dark Saga resi ancora più estremi dal growl e dalle scudisciate ritmiche.
The Walking Death conclude il lavoro con ritmiche marziali che si trasformano in una cavalcata metallica, il refrain si tinge di rosso sangue ed il chorus thrash è da cantare a squarciagola mentre ci si appresta al pasto cannibale.
Zombie Barbecue ha fondamentalmente nel solo titolo il suo punto debole, ovviamente si tratta di un appunto marginale all’interno di un giudizio più che positivo.

Tracklist
1.Blooddawn
2.Zombie barbecue
3.Schrei
4.Die Hure 3
5.Bone Stone Brain
6.Ex Geht Zu Ende
7.Sore Intestines
8.Galgenmann
9.The walking Dead

Line-up
Jochen Hamper – Vocals
Thomas Hotz – Guitar
Georg Sander – Guitar
Markus Reger – Guitar
Joachim Hotz – Drums
Daniel Hayward – Bass

TORMENT OF SOULS – Facebook

Heaving Earth – Diabolic Prophecies

Ottima iniziativa da parte della Eclectic Productions che ripropone Diabolic Prophecies, primo lavoro sulla lunga distanza dei deathsters cechi Heaving Earth.

Ottima iniziativa da parte della Eclectic Productions che ripropone Diabolic Prophecies, primo lavoro sulla lunga distanza dei deathsters Heaving Earth, gruppo nato in Repubblica Ceca una decina d’anni fa, e che oltre due demo ( il primo, Vision Of The Vultures è presente come bonus su questa nuova edizione), ha licenziato un secondo full length tre anni fa (Denounching The Holy Throne).

Nella tracklist fa bella mostra di sé la cover di Pain Divine, brano dei Morbid Angel tratto dal masterpiece Covenant, ad indicare perfettamente la strada compositiva presa dalla band, allora un quartetto composto da Michal Kusak al microfono, Tomas Halama e Patrik Snobl alla chitarra e al basso e Jiri Zajic alla batteria.
Il suono offerto è un death metal old school, nel solco della tradizione tra growl profondi e mid tempo efferati, valorizzato da una tecnica che permette al gruppo di sbizzarrirsi in ghirigori solistici, passaggi veloci e potentissimi rallentamenti.
Diabolic Prophecies risulta un album ben fatto, ovvio che il tipo di musica suonata permetta poche concessioni all’originalità, ma è un dettaglio, almeno per gli amanti dei suoni estremi di stampo death che troveranno tra le trame di brani dalla potenza estrema impressionante come The Shrine Of Desolation o Hideous Idiolatry Violation, buoni motivi per tornare ad occuparsi degli Heaving Earth e di questo loro primo lavoro.
Non sono solo i Morbid Angel, ma è tutto il death metal di matrice statunitense ad essere presente nel sound del gruppo ceco in tutte le sue migliori vesti, quindi approfittate di questa nuova riedizione di Diabolic Prophecies.

Tracklist
1.Serpents Domination
2.Beyond The Void
3.Seething Fragments
4.Atavistic Revelation
5.The Shrine Of Desolation
6.Humanity Exiled
7.Disciples Of Obscurity
8.Hideous Idiolatry Violation
9.Pain Divine
10.Fundamental Decomposition
11.Concepted Backwards
12.Vultured Vision

Line-up
Michal Kusak — Vocals
Tomas Halama — Guitars, Bass
Patrik Snobl — Guitars, Bass
Jiri Zajic — Drums

HEAVING EARTH – Facebook

Blind Saviour – The Master Plan

Si trascorre oltre un’ora piacevolmente con le atmosfere di questo lavoro, tra solos veloci e melodici, inserti tastieristici che rendono a sinfonicamente eleganti certi momenti di un concept che si concede poche pause e punta tutto su impatto e la melodia.

In ritardo di un paio d’anni dalla pubblicazione vi presentiamo l’esodio dei maltesi Blind Saviour, gruppo salito sul palco del Metal Queen’s Burning Night, festival svoltosi a Torino lo scorso maggio e che nel bill vedeva appunto un buon numero di band dedite ai più svariati generi, con la prerogativa di una gentil donzella dietro al microfono.

The Master Plan è un ambizioso concept album il linea con le produzioni classiche del power metal, quindi accostabile a quello già espresso a suo tempo da Gamma Ray, Freedom Call e Scanner.
Il gruppo, sebbene nato nel mezzo del Mediterraneo, è influenzato dal sound inventato e portato al successo dai colleghi tedeschi, con un’anima maideniana che aleggia nei passaggi in cui la doppia cassa, sparata a mille, lascia spazio a ritmiche più consone al metal classico.
L’eroe cieco, che tanto sa dei quattro bardi di Krefeld, ha il compito di salvare l’umanità dalla tirannia dei robot in un futuro post/apocalittico, tra cavalcate pregne di epicità, battaglie ed eroi, mentre la voce, forse un tantino troppo morbida della singer, cerca di ergersi sopra la potenza che sprigionano i musicisti in brani assolutamente perfetti per il genere come Reign Of The Robot Clans e le due perle dell’album, The Episode e Dawn Of Victory, più varia e progressiva la prima, epica, veloce e travolgente la seconda.
Si trascorre oltre un’ora piacevolmente con le atmosfere di questo lavoro, tra solos veloci e melodici, inserti tastieristici che rendono a sinfonicamente eleganti certi momenti di un concept che si concede poche pause e punta tutto su impatto e la melodia.
The Master Plan è un buon esordio, ambizioso il giusto per non passare inosservato pur portandosi dietro qualche difetto assolutamente rimediabile, rivelandosi un ascolto consigliato per gli amanti del power metal.

Tracklist
1. Beyond The Portals
2. Reign Of The Robot Clans
3. Brink Of Destruction
4. The Episode
5. The Day After
6. Dawn Of Victory
7. Quest Of Blue Light
8. Warrior Of Fire
9. Blind Saviour
10. Freedom Call
11. Revolution

Line-up
Karl Friggieri – Bass
Robert Friggieri – Drums
Aldo Chircop – Guitars
Campos Gellel – Guitars
Rachel Grech – Vocals

BLIND SAVIOUR – Facebook