To The Rats And Wolves – Cheap Love

Ascoltare Cheap Love dei tedeschi To The Rats And Wolves e rimanere fermi è impossibile.

Ascoltare Cheap Love dei tedeschi To The Rats And Wolves e rimanere fermi è impossibile.

I ragazzi da Essen sono attivi dal 2012 e hanno all’attivo un ep e due dischi sulla lunga distanza. Si autodefiniscono electro metalcore, ma in realtà sono un notevole gruppo pop. Canzone dopo canzone sfornano ritornelli dolci e che ti si attaccano alla testa senza staccarsi più, grazie anche alla bella voce di Dixi Wu che concatena bene le mosse della band. Ci sono dei momenti più grintosi ma il tutto è molto melodico ed armonioso, con l’elettronica che ha un ruolo importante. Le chitarre metalcore compaiono abbastanza spesso, specie nella seconda parte del disco, ma le cose migliori appaiono quando si vira decisamente sul pop. In campo metalcore i To The Rats And Wolves sono bravi ma si perdono nelle schiere dei gruppi che fanno questo sottogenere del metal, mentre quando uniscono metalcore, elettronica e pop sono assai notevoli e spiccano su tutti. Come detto poc’anzi, ascoltare il disco e non muoversi è davvero difficile. Le canzoni che compongono Cheap Love sono quelle che canterete sotto la doccia vergognandovi un po’, perché ne potrebbe risentire la vostra fama di metallaro duro e puro, invece non potete farne a meno ed è molto divertente. Qui alla base di tutto c’è il groove, una forma di melodia che pervade il tutto e nella quale questi ragazzi sono molto bravi. Chi cerca il metal qui forse rimarrà deluso, ma chi cerca un qualcosa per divertirsi e ballare questa è la festa giusta. Ci sono momenti di illuminazione pop come non si sentiva da tempo, e questa è una sintesi molto moderna di qualcosa che parte da lontano e che alcuni giovani di oggi hanno sintetizzato molto bene. Tendenzialmente chi ha più di trent’anni tende a catalogare come pessima questa musica senza nemmeno sentirla, ma questo disco è valido e va ascoltato. Per farvi un’idea il singolo Down rende bene cosa faccia questo gruppo, provate a non cantarne a squarciagola il ritornello…

Tracklist:
01 – Cheap Love
02 – Therapy
03 – All the Things
04 – Never Stop
05 – Friendz
06 – Look What You Made Us Do
07 – True (feat. Trevor Wentworth)
08 – Cure
09 – Famous
10 – B.I.C.
11 – Down

Line-up
Dixi Wu – vocals
Nico Sallach – vocals
Danny Güldener – guitars
Marc Dobruk – guitars
Stanislaw Czywil – bass
Simon Yildirim – drums

TO THE RATS AND WOLVES – Facebook

ZENIT

Il video di “Black Paper”, dall’album omonimo (Time To Kill Records).

Il video di “Black Paper”, dall’album omonimo (Time To Kill Records).

I modern prog metaller italiani ZENIT hanno lanciato il video ufficiale della title track del nuovo album “Black Paper”.

Gli ZENIT hanno recentemente pubblicato “Black Paper” su Time To Kill Records. Il disco contiene otto tracce di moderno e sognante progressive modern metal.

Formatisi nel 2013, gli ZENIT sono una band giovane e ambiziosa, continuamente alla ricerca di nuove soluzioni all’interno del moderno panorama metal. Il loro approccio estremamente eclettico li porta a mescolare elementi djent, progressive e metal vecchia scuola in canzoni ricche di dinamiche e dall’alto tasso emotivo.

Il nuovo album “Black Paper” è stato registrato a Roma presso i Kick Recording Studio dal noto produttore Marco Mastrobuono (COFFIN BIRTH, HOUR OF PENANCE, FLESHGOD APOCALYPSE).

Tracklist:
01. Zenit
02. Wraith
03. Above and Below
04. Crow’s Perch
05. King Of Lies
06. The Prophecy
07. Black Paper
08. Nadir

Line-up:
Federico Fracassi – Vocals
Andrea Pedruzzi – Bass & Growls
Simone Prudenzi – Guitars
Daniele Carlo – Drums

https://www.facebook.com/Zenit.Italy.Official/
https://www.instagram.com/zenitband_official/

Ex – I nostri fantasmi

Hard rock. Quello classico, duro e puro, provocatorio e senza tempo, privo di fronzoli.

Da Verona, con oltre vent’anni di attività sulle spalle. Gli Ex furono formati da musicisti dalla lunga e provata esperienza, attivi sul territorio nazionale sin dal lontano 1981 (anche nei prime movers del metal tricolore Spitfire).

La musica della band è oggi la naturale somma delle singole esperienze dei suoi componenti: un hard rock, cantato in italiano, con forti influenze Seventies. Essenziali e liberi dai modelli: questi sono gli Ex. Come il grande e compianto Sergio Leone nel cinema, gli Ex altro non fanno che ‘demitizzare’ il loro stesso genere musicale, con testi di contestazione sociale verso i luoghi comuni della realtà urbana odierna. Una band indipendente, priva di compromessi, nemica di ogni troppo facile etichetta. Già il loro disco precedente, Cemento armato (2016) – promosso live in Svizzera, Francia, Scozia – era un validissimo esempio di combat rock (per citare qui il classico dei Clash, targato 1982). Del resto, se non il genere suonato, l’attitudine è molto punk. I pezzi sono tutti scarni ed immediati, energici e di forte impatto. Raccontano le periferie, la passione per la musica, la vita di strada (un po’ alla Rolling Stones) e il desiderio insopprimibile di libertà, l’insofferenza per ipocrisia e perbenismo, nonché la difficoltà di essere visibili all’interno di un sistema che appiattisce e livella, oggi, tutto e tutti. Le undici canzoni de I nostri fantasmi, sesto capitolo nella carriera degli Ex, sono tutto questo. Con la giusta dose di orgoglio e tanto, tantissimo cuore.

Tracklist
1- Vieni a vedere
2- La mia donna odia il rocchenroll
3- No Panic
4- L’ambiguità
5- Ora
6- La sconfitta del 2000
7- (Ogni giorno è) un nuovo giorno
8- Idee uniche
9- California
10- Santi e delinquenti
11- Cicatrice

Line up
Roberto Mancini – Vocals
Gabriele Agostinelli – Bass
Yari Borin – Drums
Stefano Pisani – Guitars

EX – Facebook

https://www.youtube.com/expastarock

Alexandra Zerner – Opus 1880

Opus 1880 si rivela un lavoro monumentale, consigliato agli amanti delle opere di Lucassen e agli ascoltatori del metal/rock progressivo.

Alexandra Zerner è una chitarrista e polistrumentista di origine bulgara, e questo mastodontica opera progressiva dal titolo Opus 1880 è il suo terzo album di una carriera solista iniziata nel quattro anni fa con il debutto 9 Stories e proseguita con il successivo Aspects.

Conosciuta e rispettata nell’ambiente shred, la Zerner ha collaborato ad una miriade di progetti prima di dedicarsi alla sua musica che arriva con questo lavoro alla consacrazione.
Due ore di musica divisa in due cd seguendo la storia di una donna in cerca dell’amore, un lungo viaggio in una linea temporale parallela iniziato appunto nel 1880.
Sci-Fi e prog metal non sono una novità essendo un connubio già sviluppato ampiamente da Arjen Anthony Lucassen con il suo progetto Ayreon, al quale la musicista di Sofia si ispira non poco, anche se le tante sinfonie orchestrali negli album del folletto olandese sono sostituite dai momenti in cui la chitarra prende il sopravvento e ci investe con parti strumentali dalla tecnica sopraffina.
Considerare Opus 1880 il classico album del talentuoso musicista di turno risulta però una colossale cantonata: i brani, nelle due lunghe ore di musica, si fregiano di splendide aperture progressive, atmosfere pregne di melodie e di raffinato metallo, per cui l’ascolto è consigliato soprattutto agli amanti dei suoni progressivi.
L’enorme mole di musica prodotta dalla Zerner merita sicuramente di non passare inosservata, essendo per di più valorizzata da una manciata di ospiti che aiutano la chitarrista in questa nuova e splendida avventura.
Sul primo cd una menzione particolare la meritano le bellissime Quest Of Light e Pinch Of Time, mentre passando al secondo supporto è The Other Side Of The Sky Part 2 a deliziarci con melodie progressive di stampo settantiano.
Opus 1880 si rivela un lavoro monumentale, consigliato agli amanti delle opere di Lucassen e agli ascoltatori del metal/rock progressivo.

Tracklist
Disc 1
1.Overture
2.Chaos of Cards
3.The Oracle
4.Mirrors
5.Quest of Light
6.The Sound of Dreaming
7.Questions
8.Letter to Nowhere
9.Diamind
10.Pinch of Time
11.The Missed Dance

Disc 2
1.Desaturation Point
2.Master of Lightning
3.The Other Side of the Sky, Pt. 1
4.Unfairlytale
5.Cumulonimbi
6.Dolphins
7.Electric Kisses
8.Sensosphere
9.Five Gardens
10.The Other Side of the Sky, Pt. 2
11.Youtopia

Line-up
Alexandra Zerner – Guitars, Bass, Keyboards, Mandolin, Drum programming

ALEXANDRA ZERNER – Facebook

Hell’s Guardian – As Above So Below

Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tornano gli Hell’s Guardian con il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Follow Your Fate, debutto licenziato nel 2014.

La band bresciana si ripresenta sul mercato con un album che in parte riconferma la propria proposta, anche se nel nuovo As Above So Below trovano più spazio sfumature orchestrali che rendono più raffinato un sound rodato e dalle influenze che guardano come sempre alle terre del nord Europa.
Il gruppo, con il nuovo bassista Claudio Cor al basso ed una manciata di ospiti che danno il loro importante contributo su alcune tracce, come Marco Pastorino (Temperance, Light & Shade), Adrienne Cowan (Seven Spires, Winds of Plauge, Light & Shade), Ark Nattlig Ulv (Ulvedharr), Fabrizio Romani (Infinity) e Mirela Isaincu, convince con un album che porta qualche novità senza stravolgere la propria idea di metal melodico ed estremo, con un lavoro che non mancherà di trovare estimatori tra gli amanti del death metal melodico così come in quelli dai gusti classicamente power.
Ottimo il lavoro chitarristico di scuola Amorphis (Blood Must Have Blood, 90 Days), l’atmosfera symphonic power è presente ma non invadente come in altre realtà
e lo stesso vale per l’epica oscurità classica del death metal melodico, che ovviamente fa la differenza aiutata da un growl possente stemperato a tratti da evocativi interventi delle voci pulite (la title track, My Guide My Hunger).
Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tracklist
1.Over The Line
2.Crystal Door
3.As Above So Below
4.Blood Must Have Blood
5.Waiting… For Nothing
6.90 Days
7.Lake Of Blood
8.Jester Smile
9.My Guide My Hunger
10.I Rise Up
11.Colorful Dreams

Line-up
Cesare Damiolini – Vocals, Guitars
Freddie Formis – Guitars
Claudio Cor – Bass
Dylan Formis – Drums

HELL’S GUARDIAN – Facebook

Saor – Forgotten Paths

Forgotten Paths rafforza lo status acquisito dai Saor senza apportare particolari novità, se non per la presenza di ospiti importanti, ma effettivamente non c’era alcuna necessità di modificare uno schema compositivo che sta continuando a dare ottimi frutti.

Ci ritroviamo a parlare di questo interessante progetto solista proveniente dalla Scozia, ad un anno di distanza dal precedente full length Guardians.

Andy Marshall è riuscito meritatamente a costruirsi un buon seguito, essendo sostanzialmente uno dei principali fautori della commistione tra il folk scozzese ed il black metal.
Forgotten Paths, quarto lavoro su lunga distanza con il marchio Saor, rafforza lo status acquisito dal musicista di Glasgow senza apportare particolari novità, se non per la presenza di ospiti importanti, tra i quali Neige, ma effettivamente non c’era alcuna necessità di modificare uno schema compositivo che sta continuando a dare ottimi frutti.
Infatti, nei tre lunghi brani più lo strumentale posto in chiusura, rinveniamo le atmosfere epiche ed ariose alle quali Marshall ci ha piacevolmente abituato in passato e delle quali, francamente, non ci si stanca quando sono proposte con tale maestria. Se vogliamo, l’unica zavorra che non è ancora stata eliminata dal contesto Saor è la voce, perché tra le molte doti riconosciute al nostro di sicuro non c’è quella di uno screaming efficace ed interpretativo, ma in fondo la cosa appare non così rilevante alla luce dell’approccio stilistico che privilegia di gran lunga le parti strumentali.
Se la title track è un brano valido ma nella media, nonostante l’ospitata di Neige che, inconsapevolmente o meno, contribuisce ad “alcestizzare” il tutto, è la successiva è sognante Monadh ad offrire il volto migliore dei Saor, ovvero quello capace di emozionare evocando i tipici scenari naturalistici della terra scozzese.
Bròn è invece una traccia che alterna sfuriate sempre sorrette da un’impalcatura melodica e passaggi più rarefatti, tra i quali fa la sua comparsa la voce femminile fornita dalla meravigliosa Sophie Rogers.
Il più breve episodio acustico Exile chiude un album che non fa gridare al miracolo ma che convince, comunque, in ogni sua parte, grazie alla consolidata capacità dimostrata da Marshall nel far convivere al meglio le due componenti fondamentali del sound dei Saor.

Tracklist:
1. Forgotten Paths
2. Monadh
3. Bròn
4. Exile

Line-up:
Andy Marshall – All instruments, Vocals

Guests:
Carlos Vivas – Drums
Neige – Vocals (additional, track 1)
Kevin Murphy – Bagpipes (track 3)
Lambert Segura – Violin
Sophie Rogers – Vocals (female, track 3)
Glorya Lyr – Everything (track 4)

SAOR – Facebook

Maestus – Deliquesce

Un atmosferico funeral doom è quanto ci offrono gli statunitensi Maestus: imponenti squarci strumentali evocativi,intrisi di romantica oscurità.

Importante e significativa seconda opera degli statunitensi Maestus, band formatasi nel 2013 e autrice nel 2015 del buon debutto Voir Dire; la materia trattata dagli artisti di Portland non è di immediata fruizione e tanto meno veloce assimilazione.

Il funeral doom offre tanto a livello sensoriale, ma come già affermato in passato, ha bisogno di dedizione, di attenzione, di una sensibilità particolare, non è per le masse ma per chi ama ascoltare con il cuore, lasciandosi travolgere da onde emotive di alto livello siano esse nostalgiche, amare, angoscianti e intrise di “extreme darkness”. Il quintetto statunitense, tra cui spicca la figura del bassista dei Pillorian, dimostra di avere buone frecce nel suo arco e in quattro lunghi brani, in media sopra i dieci minuti, propone un suono cangiante, con molte sfumature che esprimono la voglia dei musicisti di accostarsi anche ad altri suoni siano essi black e death. La band è capace di essere aggressiva e potente, ma il lato atmosferico è prevalente, l’amalgama tra le chitarre e le tastiere, suonate magnificamente da Sarah Beaulieu, raggiunge forti livelli di intensità e maestosità mantenendo alta l’attenzione e donanodoci un lavoro significativo. Ampi squarci strumentali ci rammentano quanto sia stata importante l’opera dei seminali Shape of Despair nella formazione musicale dei musicisti; il suono del piano all’inizio e alla fine della title track dona un tocco romantico a un brano estremamente coinvolgente ed evocativo. La capacità di variare l’atmosfera all’interno delle tracce, così come la versatilità dei due fratelli vocalist impreziosisce la struttura sonora mantenendo la tensione sempre alta e ricca di interesse. I cinquanta minuti di Deliquesce rappresentano la quintessenza dell’arte di una band che sta seguendo un proprio percorso, cercando una personalità definita. In definitiva i Maestus sono da seguire con attenzione e sono certo che chi ha a cuore l’ascolto di queste sonorità non mancherà l’appuntamento con la loro arte.

Tracklist
1. Deliquesce
2. Black Oake
3. The Impotence of Hope
4. Knell of Solemnity

Line-up
SP – Guitars, Keyboards, Vocals
KRP – Bass, Vocals
NK – Guitars
SB – Keyboards
CC – Drums

MAESTUS – Facebook

Lucifera – La Caceria De Brujas

I Lucifera non tradiscono chi aveva apprezzato i precedenti lavori, ed anche quest’ultimo album risulta impedibile per gli amanti della vecchia scuola estrema.

Tornano con un nuovo album i Lucifera, duo colombiano composto da David HellRazor e la strega Alejandra Blasfemia.

Archiviato il precedente e bellissimo Preludio Del Mal, uscito due anni fa, la band con La Caceria De Brujas conferma in toto le ottime impressioni suscitate in passato ripresentandosi sul mercato con un altro ottimo esempio di black/thrash old school.
La formula è la stessa dei gruppi dediti al genere, ma con un marcato talento per le cavalcate heavy/thrash che, unite ad un’attitudine blasfema e fortemente black, non lascia prigionieri sul campo, infestato dai corvi che banchettano in un clima infernale.
La cantante, come sul disco precedente, è una delle armi in più del duo sudamericano, una maligna signora della morte dalla voce che entra come un coltello nel burro nell’anima dell’ascoltatore.
La Caceria De Brujas viene licenziato dalla label tedesca Dunkelheit Produktionen ed è composto da otto inni alla distruzione totale, una colonna sonora putrida e maligna che esprime tutta la sua morbosa bellezza nel suo intero svolgimento, ma che ha nell’opener Arde En Llamas e in Sortilegio e Brujeria tre motivi più che validi per non perdere questo inno al male di matrice black/thrash.
I Lucifera non tradiscono chi aveva apprezzato i precedenti lavori, ed anche quest’ultimo album risulta impedibile per gli amanti della vecchia scuola estrema.

Tracklist
1.Arde en llamas
2.Sigillum Diaboli
3.Sortilegio
4.Ceremonia secular
5.Pacto pagano
6.Conjuro
7.Brujeria
8.Evocación del caos

Line-up
A. Blasfemia – Vocals, Arrangements
D. HellRazor – All instruments, Songwriting

LUCIFERA – Facebook

PRISTINE

Il video di ‘Cause & Effect’, dall’album “Road Back To Ruin” in uscita ad aprile (Nuclear Blast).

Il video di ‘Cause & Effect’, dall’album “Road Back To Ruin” in uscita ad aprile (Nuclear Blast).

I PRISTINE, una delle più interessanti band rock norvegesi, ha pubblicato il video ufficiale del nuovo singolo, ‘Cause & Effect’

Il primo singolo, ‘Sinnerman’, è disponibile qui: https://youtu.be/yOgqCsR7SIQ

“Road Back To Ruin” uscirà il 19 aprile 2019 su Nuclear Blast e può essere pre-ordinato in digitale, CD e vinile (nero, blu): http://nblast.de/PristineRoadBackToRuin

Il quinto album dei PRISTINE vede il suono della band rock norvegese evolversi e diversificarsi. Heidi Solheim, nativa di Tromsö e forza trainante del gruppo, fonde varietà musicale e lirica nelle undici canzoni che compongono “Road Back To Ruin”, ma nonostante le innovazioni il disco è ancora PRISTINE al 100%.

Il titolo dell’album, “Road Back To Ruin”, stando alla cantante, deriva dalla frustrazione. Parla di circostanze sociali, in cui opinioni e valori si spostano verso una certa direzione. La separazione dagli altri o la paura degli altri viene usata dalle persone influenti per ottenere ancora più potere. Si diffonde la diffidenza e muri vengono costruiti. Tutte cose che sono accadute più e più volte nella storia e la società sembra essere ancora una volta nella stessa trappola. Persone prive di nobiltà ed empatia, che traggono guadagno dall’odio, cosa di cui Heidi ha sempre avuto paura. Quindi l’ultima riga dei crediti dell’album è: “Prendetevi cura l’uno dell’altro. Siate generosi, comprensivi e gentili”.

“Road Back To Ruin” è stato registrato al Paradiso Studio di Oslo, con il produttore Øyvind Gundersen e il tecnico del suono Christian Engfelt. La canzone ‘Sinnerman’ è stata scritta durante il tour dell’anno scorso, ed è una traccia d’apertura perfetta. La title track è massiccia e pesante. E lo stesso si può dire di ‘Blind Spot’ con l’intro cantata in arabo dall’artista siriano Racha Rizk, seguito dal potentissimo riff di Espen Elverum Jacobsen, l’arma segreta della band.

Alla fine di questo ampio spettro musicale c’è ‘Cause & Effect’ con l’orchestra d’archi The Arctic Philharmonic, che reca in sé un certo feeling alla James Bond. La non troppo tipica ma sorprendente ‘Your Song’ è stata ispirata dalle registrazioni acustiche di NEIL YOUNG.

Heidi Solheim, Espen Elverum Jacobsen (chitarra), Gustav Eidsvik (basso) e Ottar Tøllefsen(batteria), nucleo della band, incorporano un’ampia varietà di stili e influenze con una grandiosa visione reciproca della musica. Gli ospiti in studio Anders Oskal e Hansi Enzesperger abbelliscono il tutto con l’organo Hammond.

Il 2019 segnerà il ritorno della band nei club rock. Dopo “Detoxing” (2012) e “No Regret” (2013) usciti solo in Norvegia, “Reboot” è stato il primo disco a venire pubblicato al di fuori del Paese natale del gruppo. “Ninja” del 2017 ha segnato il debutto per Nuclear Blast e verrà seguito dal successore “Road Back To Ruin”. Tutti gli album sono disponibili in digitale, CD e vinile.

Kings Destroy – Fantasma Nera

La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima.

Dal 2010 i Kings Destroy fanno musica pesante di gran classe, coniugando sonorità vicino allo stoner, all’hard rock e al noise con melodia e grande tecnica.

Fantasma Nera è un disco pieno di canzoni entusiasmanti, che cominciano con un motivo per poi andare davvero lontano, portando l’ascoltatore a spasso per mondi fatti di melodia e grazia musicale. Questi nativi di Brooklyn sono andati a Toronto per collaborare con David Bottrill, già al lavoro con Tool, King Crimson, Stone Sour, ed infatti qui troviamo molto del suono progressivo delle prime due band di cui sopra. Rispetto a Maynard e soci e alla creatura di Fripp, i Kings Destroy hanno una grande facilità nel rendere maggiormente immediata la loro musica, con passaggi molto melodici e fantastici ritornelli. Questo loro quarto album differisce dagli altri, come ogni altro album che hanno fatto gli americani, sempre differente da quello precedente, in una continua ricerca sonora. La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima. Dentro alle loro canzoni c’è qualcosa che riesce a dare una notevole pace, come se ci si ricongiungesse con un’altra parte di noi stessi che avevamo perduto. Ogni canzone è una nuova scoperta, si viene avvolti da una grande quantità di luce, anche se la tenebra non è sconosciuta. Nella bella ed esoterica copertina c’è quello che potrebbe sembrare un lago od un mare, comunque tanta acqua, e proprio la sensazione di stare nell’elemento acqueo è una della grandi emozioni che ci regala questo gruppo. Possiamo anche trovare un po’ di grunge in chiave hard rock, ma i Kings Destroy non appartengono ad un genere ben preciso. Ci sono moltissime cose qui dentro e sono tutte da scoprire in un lavoro che è molto superiore e non lo nasconde.

Tracklist
1.The Nightbird
2.Fantasma Nera
3.Barbarossa
4.Unmake It
5.Dead Before
6.Yonkers Ceiling Collapse
7.Seven Billion Drones
8.You’re The Puppet
9.Bleed Down The Sun
10.Stormy Times

KINGS DESTROY – Facebook

Lividity – Perverseverance

Perverserance è caratterizzato da una raccolta di bombe sonore che non deluderanno affatto gli amanti del brutal death.

Per i fans del brutal death metal, fine anno in compagnia degli storici Lividity, gruppo dell’Illinois attivo dal lontano 1993 e con una discografia che oltre ad una marea di ep, split, live e compilation si avvale di cinque full length.

Un appuntamento da non perdere questo con la band statunitense, una vera macchina da guerra brutale e devastante che non perde colpi, almeno all’ascolto del nuovo lavoro intitolato Perverseverance.
Il quartetto di perversi serial killer provenienti da Decatur rilasciano tramite la Metal Age Productions questa tellurica raccolta di brani brutal/grind, una tempesta di blast beat, growl disumani e riff potentissimi, il tutto condito da un’insana voglia di sangue, torture e smembramenti dal depravato istinto sessuale.
Questo è il brutal death, prendere o lasciare, senza compromessi, più difficile da suonare di quanto si creda e perfettamente in grado di dire ancora la sua nel mondo del metal estremo, specialmente se a suonarlo è gentaglia come i Lividity.
Perverseverance è caratterizzato da una raccolta di bombe sonore che non deluderanno affatto gli amanti del genere.

Tracklist
1. Kill Then Fuck
2. The Pussy Horde
3. Meat for the Beast
4. Cumming With Labial Pulp
5. Whore Destroyer
6. Bitch Cunt Fuck
7. Violated in the Vatican
8. Parasitic Infestation
9. Something´s Dead
10. Tampered Flesh
11. Pussy Lover-Salvation
12. Perverseverance

Line-up
Von Young – Vocals, guitars
Dave Kibler – Guitars, vocals
Jake Lahniers – Bass, vocals
Garrett Scanlan – Drums

LIVIDITY – Facebook

FEED THEM DEATH

Il lyric video di “Exposed Parading Dissent”, dall’album “No Solution / Dissolution” (GrimmDistribution and Exalted Woe Records).

Il lyric video di “Exposed Parading Dissent”, dall’album “No Solution / Dissolution” (GrimmDistribution and Exalted Woe Records).

Today nihilistic death-grind purveyor premieres the official lyric video of the gut-wrenching new track “Exposed Parading Dissent” via the official media partners listed below.

Lyric video by LVM.

The song is taken from the band’s debut album “No Solution / Dissolution”: it is the first full-length release by FEED THEM DEATH, the old school death-grind solo project created by Void – founding member of legendary Italian death metallers ANTROPOFAGUS back in 1996 and mastermind behind the seminal “No Waste of Flesh” (1999) and “Alive
 is Good… Dead is Better” (2001).

FEED THEM DEATH is committed to oppose to the bullshit and hedonistic mentality that seem to have misshaped the anatomy of the extreme music since the turn of the millennium: its releases will be concise, its songs short. Lyrics are also angry and relevant, bridging the gap with a past in which extreme music had something meaningful to say, before the whole parading dissent began and the underground lost its way.

Featuring many collaborations including Argento (Spite Extreme Wing D.M., ex-Antropofagus), Christian Montagna (ex-Traitor, ex-Cast Thy Eyes, BUNE, editor of Son of Flies Webzine) and Deimos (Will’o’Wisp), FEED THEM DEATH first release blasts 12 tracks of uncompromising brutality.

New chaos from the old depths of extreme music. No intros, no outros, no solos, no bullshit. This is just pure fucking death-grind. A must for fans of Terrorizer, Brutal Truth, Napalm Death, Nasum and Misery Index.

“No Solution / Dissolution” is out now via GrimmDistribution and Exalted Woe Records.

Tracklist:
1. Cadavoracity I
2. Exposed Parading Dissent
3. Bloodshed Theatre
4. The Horrific Balance
5. Terrific Gods Caravan
6. First Time Dead
7. Prosperity / Captivity
8. Doctrine of Approximation
9. Penance in the Wrong Direction
10. Inception in Rot
11. Divide + Conquer
12. Cadavoracity II

Line-up:

Void – Vocals, guitars, bass, drum programming

facebook.com/feedthemdeath/

feedthemdeath.bandcamp.com/

Sanguinary Trance – Wine, Song and Sacrifice

Wine, Song and Sacrifice è un primo passo senz’altro utile a far sì che il nome dei Sanguinary Trance venga annotato tra quelli da tenere sotto la lente d’ingrandimento nel prossimo futuro.

I Sanguinary Trance sono una nuova realtà black metal proveniente dalla vicina Austria.

L’esordio di quello che è il progetto solista di un musicista dall’identità ignota consiste in un ep di tre tracce dal minutaggio comunque consistente, con il genere che viene interpretato nelle sue vesti più tradizionali e con buona convinzione e intensità.
L’iniziale title track, che supera i tredici minuti di durata, è sufficientemente esaustiva riguardo al modus operandi dei Sanguinary Trance i quali si muovono lungo il solco tracciato in Norvegia nei primi anni novanta, facendone proprio specialmente il versante più ruvido e al contempo epico di un black che vede quali punti di riferimento Burzum et similia.
La produzione, tutt’altro che limpida, favorisce anch’essa un ideale collocazione temporale in quell’epoca, ma ciò non deve comunque sminuire il buon valore di questo ep che si rivela interessante e coinvolgente in più frangenti, anche nelle due tracce più brevi, Carvings e The Dionysos Whip, in cui emergono spunti dissonanti che offrono una certa discontinuità rispetto agli iniziali modelli di riferimento.
Wine, Song and Sacrifice è un primo passo senz’altro utile a far sì che il nome dei Sanguinary Trance venga annotato tra quelli da tenere sotto la lente d’ingrandimento nel prossimo futuro.

Tracklist:
1. Wine, Song and Sacrifice
2. Carvings
3. The Dionysos Whip

SANGUINARY TRANCE – Facebook

Flight Of The Conchords – Live In London

Il duo mette in scena una vera e propria commedia musicale attraverso canzoni che sono interpretate in maniera fantastica, con un pubblico che partecipa attivamente ed è estasiato da questo spettacolo.

È difficile spiegare ad un italiano cosa sia il duo neozelandese Flights Of The Concords, autore di questo gran disco dal vivo registrato a Londra.

I due all’anagrafe sono Bret McKenzie e Jemaine Clement, compagni di stanza nel campus della Victoria University di Wellington, Nuova Zelanda. I due un bel giorno decisero di fare musica acustica proponendosi con pezzi loro davanti al pubblico. Non andò bene, o se la guardiamo da un differente punto di vista andò benissimo, nel senso che i loro brani venivano presi in maniera ironica dal pubblico che credeva che scherzassero. Preso atto di ciò il duo continuò su quel versante comico e andò benissimo, come testimonia questo fluviale e partecipato concerto a Londra. Dopo una fortunata trasmissione su una radio locale neozelandese i nostri approdarono alla BBC con una serie radiofonica basata su un duo musicale che cercava il successo. Finirono poi sul canale americano HBO, con la serie Flight Of The Conchords, che narrava le vicissitudini del duo alla ricerca del successo negli Stati Uniti. Arriviamo quindi all’ottobre del 2018 all’Eventim Apollo di Londra dove si svolse questo incredibile concerto, che è qualcosa di molto lontano dalle nostre concezioni. Il duo mette in scena una vera e propria commedia musicale attraverso canzoni che sono interpretate in maniera fantastica, con un pubblico che partecipa attivamente ed è estasiato da questo spettacolo. Se si ha quantomeno una conoscenza base dell’inglese si riderà e non poco, perché ci sono autentiche chicche, come nella canzone The Summer of 1353, che parla di He Man, il personaggio dei Masters Of The Universe, come del doppio maschio, perché He – Egli e Man – Uomo…
Oltre alle due chitarre li accompagna la The New Zeland National Orchestra, per un effetto davvero stupefacente. Oltre ad un’immensa ironia c’è comunque molto di più. Innanzitutto un bellissimo e divertito omaggio a David Bowie, figura fondamentale per loro, e anche trattandolo in maniera ironica riescono a farne cogliere la grandezza, attraverso un modo di far ridere tutto anglosassone.
Un disco inusuale, interessante e divertente, che ci può far scoprire un mondo molto bello e nuovo. Se si dovesse fare un paragone, anche se non molto centrato, in Italia qualcosa di simile lo fanno Marco Presta e Antonello Dose nella trasmissione radiofonica di Rai Radio 2 Il Ruggito del Coniglio, ma i Flight Of The Conchords sono di maggior talento e di più ampio respiro.
Un concerto incredibile.

Tracklist
01. Father and Son
02. Band Reunion
03. Iain and Deanna
04. Inner City Pressure
05. New Zealand Symphony Orchestra
06. Summer of 1353
07. Complimentary Muffin
08. Stana
09. Stuck in a Lift
10. Foux du Fafa
11. Seagull
12. Mutha’uckas – Hurt Feelings
13. One More Anecdote
14. Back on the Road
15. Thank You London
16. Bowie
17. Bus Driver
18. Tuning
19. Robots
20. Shady Rachel
21. Carol Brown
22. The Most Beautiful Girl (In The Room)

Line-up
Bret McKenzie
Jemaine Clement

FLIGHT OF THE CONCHORDS – Facebook

Vanik – II Dark Season

Un altro massacro vecchia scuola: questo ci propongono i Vanik, mezzora di scariche adrenaliniche, di metallo veloce e diretto, accompagnato da testi di ispirazione horror.

Continua il massacro perpetrato dalla mostruosa creature chiamata Vanik, metà demone, metà vampiro che a colpi di heavy/speed metal old school compie sanguinolente atrocità in giro per le notti statunitensi.

Torna dopo il precedente omonimo full length la band americana, composta da vecchie volpi dell’underground metal classico a stelle e strisce come il leader chitarrista e cantante Shaun Vanek (in arte Vanik), ed i suoi compari Ed Stephan al basso, Al Biddle alla batteria e Vic Storm alla chitarra.
II Dark Season riprende da dove Vanik si era fermato, una scarica di adrenalina heavy/speed metal che non ne vuol sapere di lasciare attitudine ed impatto anni ottanta, seguendo la strada intrapresa dal primo lavoro.
Un altro massacro vecchia scuola, dunque: questo ci propongono i Vanik, mezzora di scariche adrenaliniche, di metallo veloce e diretto, accompagnato da testi di ispirazione horror.
Ed il demone senza freni colleziona vittime, scagliandosi su di loro nella notte, rapido e micidiale, mentre la band sforna una serie di brani veloci e potenti, che non superano il 1989 per attitudine vecchia scuola ma che si fanno apprezzare per le ritmiche forsennate ed una produzione che valorizza il bagaglio tecnico dei Vanik, i quali non saranno dei virtuosi dello strumento ma il loro mestiere lo sanno fare eccome.
Dark Season è l’intro che ci dà il benvenuto nel secondo capitolo della saga Vanik, il tempo per entrare nell’atmosfera del disco e Jack’s Lantern mette la quarta e parte a razzo, seguita da Thorazine per un inizio scoppiettante.
Speed’n’roll è quelleo che fuoriesce da We like To Be Frightened, mentre Werewolf risulta un devastante brano speed/thrash: questa altalena tra l’approccio più estremo e l’altro di matrice hard rock ci accompagna fino alla conclusiva outro, End Of Season.
In conclusione, II Dark Season è sicuramente un buon ritorno per la band statunitense, ormai punto fermo del genere nell’underground metallico del nuovo continente.

Tracklist
1.Dark Season
2.Jack’s Lantern
3.Thorazine
4.We Like To Be Frightened
5.Beyond The Closet Door
6.Werewolf
7.One Of Us
8.Heresy Undertow
9.Tear You To Pieces
10.Witch Rites
11.End Of Season

Line-up
Vanik – Guitars, Vocals
Ed Stephans – Bass
al Biddle – Drums
Vic Storm – Guitars

VANIK – Facebook

In-Sight – Enlightened By Shadows

Questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera.

Gli In-Sight si possono sicuramente considerare dei veterani della scena melodic death tricolore.

Il loro monicker, infatti, circola nell’underground dal 1996, anche se in continua evoluzione per quanto riguarda la line up, con un ep e tre full length all’attivo di cui l’ultimo (From The Depths) targato 2012.
Sette anni con nuovi cambi di formazione sono trascorsi prima di ritornare sulla scena con questo nuovo lavoro che vede il gruppo alle prese con un buon esempio di death metal melodico, radicato nella scena scandinava degli anni novanta, oscuro e pesante, potente e melodico, pervaso da un’aura profonda ed estrema che lo tiene legato al più cattivo death metal classico.
Enlightened by Shadows è stato registrato e mixato da Aron Corti e Mauro “Drago” Bertagna presso gli StreetRecStudio, mentre il mastering è stato affidato nientemeno che a Øystein G. Brun (Borknagar) presso i Crosound Studio.
Le premesse vengono mantenute e questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera, anche quando le chitarre placano la loro furia per creare un’atmosfera da semiballad in un crescendo di forti emozioni estreme nella bellissima Blank Horizons.
L’album, come scritto in precedenza, ricorda le produzioni di metà anni novanta, quando ancora il death metal di cui la scena svedese era maestra veniva manipolato con sonorità heavy senza perdere la propria forza espressiva: qui il genere torna a fare la voce grossa grazie agli In-Sight e a brani ispiratissimi come Confined, Dawn Of Redemption e Inner Voice.
Enlightened By Shadows testimonia di una personalità da band navigata, confermata dai molti anni passati sulla scena estrema: siamo al cospetto dunque di un album che non ha nulla da invidiare alle opere che arrivano da oltre confine e che, con i nuovi lavori di Black Therapy e Carved, rappresenta un inizio sfolgorante per quanto riguarda il death metal melodico made in Italy.

Tracklist
1.Echoes
2.Confined
3.Pit of snakes
4.Dawn of redemption
5.My own path
6.Woods of misery
7.Blank horizons
8.Inner sight (instrumental)
9.Inner voice
10.No end

Line-up
Gianluca “Mek” Melchiori – Drums
Paolo Rizzi – Guitars
Aron Corti – Guitars
Roberto “Berna” Bernasconi – Bass
Maurizio Caverzan – Vocals

IN-SIGHT – Facebook

Baro Prog-jets – Lucillo & Giada e Topic Würlenio

Per coloro che amano il prog più classico, contaminato di atmosfere anni Ottanta. L’opportunità di riscoprire i primi passi di un eccellente artista.

Baro è il nome d’arte di Alberto Molesini, bassista, cantante, songwriter e polistrumentista che, alla fine degli anni Settanta, fondò i Sintesi: un interessante tentativo di unire la tradizione prog inglese (Yes e King Crimson in primis) e il pop sinfonico italiano di PFM e Orme.

Nel 1980 fu realizzato al fine di alimentare il repertorio dal vivo del gruppo il concept in più atti Lucillo e Giada, una sorta di ambiziosa opera rock. Tre anni dopo fu la volta di Topic Wurlenio, altra raccolta di materiale live da proporre in concerto. Per il prog non erano, lo si rammenti, anni facili, né da noi, né all’estero. Dopo l’apparizione su una compilation di Radio Studio 24, il progetto entrò in stand-by. Molesini, durante gli anni Novanta, collaborò con gli Hydra e col duo pop metal degli Elam. Nel nuovo millennio, con l’aiuto delle nuove tecnologie, uscì quindi Utopie. Dal 2004 Molesini suona con i Marygold, ottima band progressive di casa nostra, responsabile dell’ottimo One Light Year (2017). Tuttavia, la voglia di concretare i progetti giovanili non deve essersi nel nostro mai spenta: ecco quindi spiegato Baro Prog-jets, un lavoro di rispettoso ricupero del periodo 1980-83, con nuovi apporti ed arrangiamenti. Ci è così possibile ascoltare oggi quei due primi lavori di Baro: un prog rock tradizionale, pieno di idee e di spunti originali. Molti i temi musicali che si intrecciano in Lucillo e Giada. Topic Wurlenio venne scritto in piena epoca new wave e ne conserva giustamente le influenze, un po’ nello stile dei primi Twelfth Night. In definitiva, due bellissimi lavori, che vedono ora finalmente la luce su doppio CD, non senza rimandi anche a BMS e Osanna.

Track list
Lucillo & Giada
1- Scena I
2- Scena II
3- Scena III
4- Scena IV

Topic Würlenio
1- Intro
2- Tracce di un’avventura
3- Ach the Stomach Contraction
4- Dialogo
5- Chiare gocce di pioggia
6- Attesa
7- Topis Wurlenio
8- Variazioni
9- Mosaico d’uomo

Line up
Baro – Vocals / Bass / Guitars / Keyboards
Elena Cipriani – Vocals
Gigi Murari – Drums
Paolo Zanella – Piano
Massimo Basaglia / Titta Donato / Nicola Rotta – Guitars

BARO – Facebook

Lysithea – Star-Crossed

Star-Crossed è un lavoro maturo e impeccabile sotto tutti i punti di vista, e potrebbe essere l’opera ideale per portare definitivamente il nome dei Lysithea all’attenzione anche degli appassionati europei.

Nati come progetto solista di natura esclusivamente strumentale del neozelandese Mike Lamb, dal 2014 i Lysithea sono diventati un duo con l’approdo anche alla voce di Mike Wilson, compagno di Lamb negli ottimi Sojourner.

Negli ultimi tre full length, quindi, il death doom melodico della band di Dunedin ha assunto una fisionomia meglio definita ed anche più appetibile per un mercato comunque ristretto come quello riguardante tali sonorità.
Star-Crossed mette in mostra una notevole maestria nel maneggiare la materia in virtù di una serie di brani in cui confluiscono gli insegnamenti delle migliori band di settore, anche se come spesso accade chi proviene dall’Oceania tende a guardare maggiormente alla scuola statunitense piuttosto che a quella europea, ed ecco quindi che sono soprattutto i Daylight Dies a fungere quale ideale punto di riferimento.
È anche vero però che il sound dei Lysithea, in tale commistione, si nutre sovente più del melodic death che non del gothic doom e questo conferisce al tutto una buona fruibilità che non va comunque a discapito di un malinconico incedere, che si accentua a partire dallo strumentale Celeste e che si fortifica con le sue ultime tracce Unearthly Burial
e Fever Dream che vedono un incremento della drammaticità del sound.
Star-Crossed è un lavoro maturo e impeccabile sotto tutti i punti di vista, e potrebbe essere l’opera ideale per portare definitivamente il nome dei Lysithea all’attenzione anche degli appassionati europei.

Tracklist:
1. An Empty Throne
2. Away
3. The Longing
4. Celeste
5. Unearthly Burial
6. Fever Dream

Line-up:
Mike Lamb – All instruments
Mike Wilson – Vocals, All instruments

LYSITHEA – Facebook

Reef – In Motion (Live From Hammersmith)

Il quartetto regala una performance convincente, alternando ovviamente vecchi brani a quelli del nuovo lavoro, ed uscendone vincitore dalla prima all’ultima nota.

I Reef sono tornati lo scorso anno con un nuovo album dopo diciotto anni dall’ultimo Getaway, lavoro che concluse la prima fase della carriera del gruppo britannico.

A torto considerati una band brit pop, probabilmente per la carta d’identità registrata nel comune di Glastonbury, i Reef hanno sempre avuto un’anima southern che a parer mio li ha alzati di una spanna rispetto alle band del genere.
Questioni di gusti direte voi, rimane il fatto che il ritorno sulle scene coincide con un nuovo album e con questo live, registrato lo scorso 6 maggio presso l’Hammersmith Apollo di Londra nel contesto del Britrock Must Be Destroyed, tour che li vedeva dividere il palco con band storiche del genere come Terrorvision e The Wildhearts.
Licenziato dalla earMUSIC nelle versioni 2LP+Blu-Ray/CD+Blu-Ray e digitale, questo documento conferma e accentua la vena southern/blues dei Reef, risultando un live sanguigno ed assolutamente in grado di regalare un emozionante quadro di rock che, invero, sa più di strade scaldate dal sole del sud degli States che di prati bagnati dalla pioggia in terra albionica.
Il quartetto, che vede il nuovo entrato Jesse Wood (figlio del più famoso Ronnie) alla chitarra al posto del membro originale Kenwyn House, regala una performance convincente, alternando ovviamente vecchi brani a quelli del nuovo lavoro, ed uscendone vincitore dalla prima all’ultima nota.
La band ha nel cantante Gary Stringer un animale blues rock incisivo e sanguigno, emulo di un certo Chris Robinson, così come la musica del gruppo si avvicina non poco a quanto fatto dai The Black Crowes nella loro carriera.
Cori gospel, atmosfere blues da infarto e rock ‘n’ roll dei pionieri cementificano il sound del quartetto, perfetto quando calcano le assi di un palco e consigliato a tutti i fans del genere.

Tracklist
1.Higher Vibration
2.Place Your Hands
3.Stone For Your Love
4.First Mistake
5.Consideration
6.How I Got Over
7.My Sweet Love
8.I Would Have Left You
9.I’ve Got Something To Say
10.Come Back Brighter
11.Precious Metal
12.Don’t You Like It?
13.Naked
14.Summer‘s In Bloom*
15.Revelation*
16.Yer Old
17.End

Line-up
Gary Stringer – Vocals
Jesse Wood – Guitar
Jack Bessant – Bass
Dominic Greensmith – Drums

REEF – Facebook

Crystal Lake – Helix

In questo disco ci sono in dosi fortissime, potenza, melodia, qualche stiloso accenno di rap e tanto metal moderno.

Definire metalcore i giapponesi Crystal Lake è alquanto riduttivo, anche se il genere di partenza è quello, però la potenza che sprigionano questi giapponesi è assai notevole.

Nati nell’ormai lontano 2002, provenienti dalla fertile scena punk hardcore di Tokyo, i Crystal Lake non hanno nemmeno quasi il tempo di rilasciare il loro demo Freewill che vengono subito contattati per un concerto in Corea Del Sud, paese che condivide con il Giappone un’immensa passione per i fumetti e il metalcore. Nel 2006 esce il loro primo disco su lunga distanza Dimension, e continuano a suonare molto in giro per l’estremo Oriente. Dopo altri dischi, cambi di formazione e moltissimi concerti pubblicano questo Helix che è il punto più alto della loro carriera. In questo disco ci sono in dosi fortissime, potenza, melodia, qualche stiloso accenno di rap e tanto metal moderno. Ascoltando i Crystal Lake si recupera molto fiducia nel metal dei giorni nostri, cosa che con tanti altri gruppi non è proprio possibile. Il loro suono è una mazzata con spiragli melodici, e quando riescono ad amalgamare i due aspetti si raggiunge un risultato molto vicino all’ottimo. La centralità è riservata alla potenza e alla nitidezza del suono come quello della parola, dato che si distingue ogni nota e ogni verso scritto, e arriva tutto all’ascoltatore. Inoltre Helix è un disco che può essere ascoltato ed apprezzato anche da chi non è più giovane e quindi un ascoltatore medio di metalcore, perché contiene molti elementi che piaceranno a chi ha un po’ di mentalità aperta e amore per il metal moderno. Una delle cose migliori dei Crystal Lake è che da buoni giapponesi creano un suono pieno che funziona anche scenicamente, e infatti dal vivo sono molto apprezzati, sia in patria che all’estero. Come detto prima ci sono anche elementi di hip hop che spuntano qui e là, non dimentichiamoci che il Giappone è un paese dove il nu metal è ancora ben vivo, come nella traccia Outgrow che dimostra che questo gruppo può fare molte cose diverse, e tutte bene. Un notevole disco di metal moderno, da parte di un gruppo assolutamente peculiare.

Tracklist
1. Helix
2. Aeon
3. Agony
4. +81
5. Lost In Forever
6. Outgrow
7. Ritual
8. Hail To The Fire
9. Devilcry
10. Just Confusing
11. Apollo
12. Sanctuary

Line-up
Ryo – Vocals
YD – Guitar
Shinya – Guitar
Bitoku – Bass / Support
Gaku – Drums / Support

CRYSTAL LAKE – Facebook

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