Infernal Diatribe – Videha Mukti

La prova sulla lunga distanza dirà se il gruppo indiano è già pronto per conquistare il vecchio continente, nel frattempo per gli amanti del raw black metal si consiglia sicuramente l’ascolto di Videha Mukti.

Dopo i bellissimi lavori di Diabolus Arcanium e, soprattutto Heathen Beast, il black metal torna a far parlare di sé in quel di Calcutta, India.

Videha Mukti è il primo lavoro in formato ep degli Infernal Diatribe, oscura ed occulta realtà che si aggira maligna tra i vicoli della metropoli asiatica.
Ancora, come sempre è la Transcending Obscurity a fasi portavoce del metal proveniente da quella porzione di pianeta, in questo caso, estremo e demoniaco ed assolutamente old school.
In Videha Mukti musicalmente si parla la lingua dei paesi scandinavi, il quintetto indiano infatti trae ispirazione dai gruppi storici della scena nordica, con ottime melodie oscure che atmosfericamente rendono i brani terrorizzanti e vari, insomma una miscela di black metal classico con ottime parti rallentate tra spiritualismo ed occultismo.
Si sviluppano così questi quattro inni alla misantropia, neri come la pece e senza compromessi, con buone linee ritmiche, sfuriate estreme di buon livello, uno scream demoniaco possibile e un’atmosfera che non fa sicuramente rimpiangere il miglior black metal internazionale.
Mayhem, Dark Funeral, Darkthrone, le ispirazioni per il gruppo non mancano, così come un’ottima attitudine che si evince da brani tremendamente evil come The Cry e Doomed, brani cardine del sound degli Infernal Diatribe.
La prova sulla lunga distanza dirà se il gruppo indiano è già pronto per conquistare il vecchio continente, nel frattempo per gli amanti del raw black metal si consiglia sicuramente l’ascolto di Videha Mukti.

TRACKLIST
1.Demonic Gasping Mortal Nightmare (Wisdom)
2.Doomed
3.Morbid Evocation
4.The Cry

LINE-UP
KaraNavigama – Vocals
Kalavikrama – Guitar
Narantaka – Guitar
Kalaparzudhara – Bass
Naztaz – Drums

INFERNAL DIATRIBE – Facebook

Wild Frontier – Alive 25

Una band che diverte senza far mancare eleganti sfumature e raffinati passaggi melodici, accontentando un po’ tutti gli amanti dell’hard rock più nobile ed arioso.

Con colpevole ritardo vi invitiamo all’ascolto di Alive 25, album che ripercorre la carriera degli hard rockers tedeschi Wild Frontier, da una vita nel mondo dell’hard rock ma ahimè poco conosciuti al grande pubblico.

Questo mastodontico live, uscito col supporto in DVD ripercorre la discografia del gruppo, giunto appunto ai 25 anni di attività, ed è stato registrato nel 2013, anche se l’album è uscito sul finire dello scorso anno.
Cinque lavori sulla lunga distanza più una compilation componevano, fino ad ora, la discografia del gruppo, con il debutto One way to heaven del 1994 a fare da capostipite e 2012, uscito come da titolo quattro anni fa nei panni dell’ultimo nato.
Un piacevole, orecchiabile e melodicissimo hard rock è quello che il gruppo, capitanato dall’ottimo vocalist Jens Walkenhorst ,alle prese pure con la sei corde, propone da sempre, ritmiche grintose e da arena rock, cori da cantare ai piedi di un palco e tanta attitudine old school.
Vecchia scuola che in questo caso vogliono dire atmosfere ottantiane dall’appeal che si divide tra la tradizione statunitense ed il classico rock robusto di estrazione europea, tastiere dal piacevole sapore aor e riff consumati sulle strade di confine.
Una band che diverte senza far mancare eleganti sfumature e raffinati passaggi melodici, accontentando un po’ tutti gli amanti dell’hard rock più nobile ed arioso.
Sedici brani per un’esperienza live totale, fanno di questo album un ottimo esempio di musica dal vivo, il gruppo diverte e appunto non manca di divertire coinvolgendo non poco, certo non si parla di grosse arene ma la sensazione di evento si respira piacevolmente tra i solchi del disco.
Per chi conosce i Wild Frontier, i loro migliori brani sono tutti qui (Alive, To the End of The World, la stupenda Thousand Miles Away, Shake Your Body, Surrounded e la cavalcata metallica dalle ritmiche power We Will Be One), per chi invece è al primo incontro con il gruppo tedesco Alive 25 è un album da non perdere, un best of dal vivo valorizzato da un’ottima produzione e dalla grinta inevitabile che le canzoni acquistano in sede live.
Per gli amanti dell’hard rock divisi tra Bon Jovi, Gotthard, Winger e Def Leppard i Wild Frontier non possono mancare nel lettore cd, risultando una realtà sicuramente da rivalutare ed ascoltare.

TRACKLIST
1. Anything You Want
2. Bad Town’s Side
3. Alive
4. To The End Of The World
5. Don’t Walkaway
6. Thousand Miles Away
7. One Heart One Soul
8. Shake Your Body
9. Wild Wind Blows
10. Too Late
11. Why Don’t You Save Me
12. I Can’t Believe
13. The End Of The Road
14. It’s All Over Now
15. Surrounded
16. We Will Be One

LINE-UP
Jens Walkenhorst – Vocals, Guitar
Mario Erdmann – Bass, Vocals
Thomas Ellenberger – Keyboards, Vocals
Sascha Fahrenbach – Guitars
Nico Fahrenbach – Drums

WILD FRONTIER – Facebook

Devolted – Broken Kings

Segnatevi il nome di questa band irlandese, al prossimo giro che si spera sulla ruota di un full length potrebbero regalare uno spettacolo pirotecnico di fuochi d’artificio metallici.

Secondo lavoro in formato ep dei Devolted, gruppo irlandese attivo in quel di Dublino dal 2010 e con il primo mini cd uscito un paio di anni fa (The Curious Case).

Quattro brani per sedici minuti di metal ruvido, pesante e molto groovy, questo in sintesi è quello che affiora all’ascolto di Broken Kings e delle canzoni di cui è composto, ispirato tanto dal thrash metal, quanto dalle ultime sonorità che riempiono i lavori delle giovani modern metal band.
Ritmiche pesanti come macigni, rese potentissime da un groove in pieno Pantera style, un tocco di death metal melodico alla Soilwork e per questa giovane band il gioco è fatto, non facendo mancare chorus melodicissimi (My Monster) un’indiavolata carica thrash (Dogs Of War) e buone intuizioni di quel metal moderno tanto caro ai gruppi statunitensi (la title track).
Qualche riff richiama il metal tradizionale, ma sono attimi, schegge che partono impazzite a causa dell’esplosione dei tre brani, che travolgono, grazie anche ad una produzione esemplare che valorizza tutta la carica metallica in possesso alla band.
Il resto è un susseguirsi di metallo roccioso e debordante con una prova maiuscola di un singer rabbioso, ma perfetto nelle cleans, valorizzate da chorus dall’ottimo appeal (Rafal Smyczynski), una sezione ritmica spaccaossa ( lo stesso singer al basso in compagnia delle pelli di Dominik Tokarski) e due asce che non risparmiano riff debordanti e solos ultra heavy (Mark O’Reilly e Killian Chellar).
Segnatevi il nome di questa band irlandese, al prossimo giro che si spera sulla ruota di un full length potrebbero regalare uno spettacolo pirotecnico di fuochi d’artificio metallici.

TRACKLIST
1. My Monster
2. Dogs of War
3. God of Light
4. Broken Kings

LINE-UP
Dominik Tokarski – Drums
Mark O’Reilly – Guitars, Vocals (backing)
Killian Chellar – Guitars, Vocals (backing)
Rafal Smyczynski – Vocals, Bass

DEVOLTED – Facebook

Cadaveric Fumes – Dimensions Obscure 12 “

Le quattro tracce danno l’impressione di un gruppo sempre in pieno controllo e con una forza compositiva fuori dal comune

Esordio sulla corta distanza per questo gruppo francese, fautore di un death metal molto atipico ed incentrato sul passato ma anche oltre.

La definizione death metal va un po’ stretta per una band che usa certamente il codice del death, ma le cui soluzioni sonore superano quelle canoniche.
Partendo dalle solide basi del genere, i Cadaveric Fumes sviluppano un suono che è molto originale e tocca diversi porti nel proprio peregrinare.
Ci sono persino ottimi residui di thrash metal in questo impasto sonoro e il death è molto simile a quello scandinavo dei fine ottanta, inizio novanta, con il suo caratteristico incedere.
Le quattro tracce danno l’impressione di un gruppo sempre in pieno controllo e con una forza compositiva fuori dal comune, tanto da dare anche un tocco black al loro suono. Un grande inizio per un gruppo da seguire.

TRACKLIST
01 Crepuscular Journey
02 Extatic Extirpation
03 Where Darkness Reigns Pristine
04 Swallowed Into Eternity

LINE-UP
Romain Gibet – Vocals
Wenceslas Carrieu – Guitar
Léo Brard – Drums
Reuben Muntrand – Bass

CADAVERIC FUMES – Facebook

Dark Haunters – To Persevere Is Diabolical

I Dark Haunters impressionano per impatto, malignità e drammatica teatralità, sfumature importanti in un genere che, quando non spicca per originalità, convince eccome se risulta suonato con questa verve ed attitudine.

I Dark Haunters sono un gruppo abruzzese, nato sul finire del vecchio millennio, ma accompagnato in tutti questi anni da molte defezioni e conseguenti cambi di line up che ne hanno, fino ad ora, rallentato l’attività.

Un demo (The Haunter of the Dark) ed un ep, Aethernal Wile, uscito dieci anni fa, sono gli unici lavori firmati Dark Haunters, accompagnati da molte esibizioni live in compagnia di mostri sacri del metal nostrano come Extrema, Gory Blister ed Infernal Poetry.
Finalmente, negli ultimi anni, una trovata stabilità nella line up ha dato modo alla band di dedicarsi al primo lavoro sulla lunga distanza così che, sotto l’ala della Revalve, To Persevere Is Diabolical può vedere la luce.
Black metal sinfonico, con qualche spunto che spinge la band verso il death, un approccio che rimane devastante supportato da un gran lavoro della sezione ritmica, tastieroni che inondano di atmosfere magniloquenti e demoniache il metal estremo del gruppo, supportate dall’ottima prova al microfono del fratellino di Shagrath, Emanuele “Aramor Bizzarro, teatrale e vario nel suo cantico demoniaco, inducono a non fermarsi ad un ascolto distratto, ma a far proprie le note estreme di questo ottimo debutto.
Inutile girarci intorno, il sound della band abruzzese non si discosta molto dalla proposta dei Dimmu Borgir, ma viene manipolata con quel talento tutto italiano per le atmosfere oscure, riuscendo ad impressionare per impatto, malignità e drammatica teatralità, sfumature importanti in un genere che, quando non spicca per originalità, convince eccome se risulta suonato con questa verve ed attitudine.
Una quarantina di minuti bastano al gruppo per entrare di diritto tra le migliori novità del genere di questo nefasto 2016, gli amanti del metallo estremo sinfonico di matrice black troveranno di che godere tra le nere trame delle varie Blood Wolfen Hunger, Legend Of Pei Mei e The Tigress & The Prophecy, perciò niente scuse e dedicate un po’ di tempo a questo ottimo lavoro, ne vale la pena.

TRACKLIST
1. In Perseverance…
2. The Burning Eyes of Vengeance
3. Legend of Pai Mei
4. Blood Wolfen Hunger
5. In My Fortress
6. The Tigress & The Prophecy
7. Rising Through the Curse
8. …Towards the Realm

LINE-UP
Emanuele “Aramor Bizzarro – all vocals
Sergio Nallira – lead and rhythm guitars
Valerio Pietrunti – lead guitar
Christian “Maylord” Di Maria – keyboards
Giuseppe “Vrakor” Amadio – bass
Claudio Martella – drums

DARK HAUNTERS – Facebook

Abstracter / Dark Circles – Split

Uno split album che esibisce due maniere diverse ma ugualmente efficaci nel gestire le pulsioni più oscure, veicolandole splendidamente in forma musicale.

Particolare split album edito da un pool di etichette quello che vede a confronto due band che hanno apparentemente poco in comune, come i californiani Abstracter ed i canadesi Dark Circles.

Se i primi sono esponenti della frangia più estrema ed incompromissoria dello sludge doom, i secondi sparano il loro hardcore che, per atmosfere e ritmiche si avvicina spesso e volentieri al black metal: non parrebbe così scontato, in teoria, trovare un tratto comune a due entità simili, se non ci fosse ad unirle una visione negativa della realtà ed una rabbia che negli Abstracter si esprime con un sound claustrofobico e per lo più ripiegato su sé stesso, mentre nei Dark Circles esplode in una furia iconoclasta che non disdegna ugualmente qualche puntata melodica.
Anche se il numero dei brani premia i Dark Circles (quattro contro due) la durata complessiva della musica contenuta in questo split va a favore degli Abstracter che, con la loro coppia di lunghe tracce (Barathrum e Where All Pain Converges) ne occupano circa i due terzi della durata: normale, se pensiamo ad una band che deve costruire la propria proposta su tempi rallentati volti a costruire una spessa coltre di incomunicabilità fatta di dissonanze e riff distorti all’inverosimile; più essenziale, come da attitudine, il contributo dei canadesi, con due brani brevissimi ma dall’intensità spasmodica (Ashen e Void), uno più composito ma certo non meno oscuro e rabbioso (Isolate), al netto della sorprendente digressione ambient di Epilogue (Quietus) Op. 28.
Uno split album che esibisce due maniere diverse ma ugualmente efficaci nel gestire le pulsioni più oscure, veicolandole splendidamente in forma musicale.

Tracklist:
1.ABSTRACTER – Barathrum
2.ABSTRACTER – Where all pain converges
3.DARK CIRCLES – Ashen
4.DARK CIRCLES – Void
5.DARK CIRCLES – Isolate
6.DARK CIRCLES – Epilogue (Quietus) op. 28 no. 4

Line-up:
Abstracter
Robin Kahn
Mattia Alagna
Emad Dajani
Donovan Kelley

Dark Circles
Marc Tremblay
Chris Goldsmith
Jamie Thomas

ABSTRACTER – Facebook

DARK CIRCLES – Facebook

Ruach Raah / Ordem Satanica – Tradiçao Decadente

Rispetto della tradizione presente ma anche un ottimo qualità delle uscite come questo split tape, da avere per gli amanti del black metal veramente underground.

Split in cassetta della caldissima scena black metal portoghese. Tre canzoni per ogni gruppo, questa cassetta regalerà tante gioie a chi ama il black metal minimalista e vecchia scuola.

Il black dei Ruach Raah lo definirei raw black metal, prodotto lo fi ma non troppo, in giusta misura. Molto essenziali e diretti i Ruach Raah continuano a fare il loro black in mid tempo inneggiando a Satana e alla morte, rifacendosi al black metal più ortodosso, ma non distorto come tanti altri gruppi della stessa corrente, e anche la voce pur essendo in growl è abbastanza pulita. Nel lato b ci sono invece gli Ordem Satanica, con un black metal caotico e coinvolgente, distorto ed in alcune parti quasi atmosferico. La loro produzione mette in risalto la cattiveria e la sporcizia del suono, risultando comunque comprensibile. Questi portoghesi sanno come far tremare le vostre casse, e confermando che nel paese lusitano sanno davvero come fare il black metal nella maniera più genuina, abbastanza differente rispetto alla nuova ondata polacca dove c’è maggiore innovazione. Rispetto della tradizione presente ma anche un ottimo qualità delle uscite come questo split tape, da avere per gli amanti del black metal veramente underground.

TRACKLIST
1.Decadent tradition
2.Coffins Opens Wide
3.Rudimentary Idealism
4.Encapsulando
5.O tempo do fim
6.Reino das noites eternas

WAR ARTS PRODUCTION – Facebok

Earthless / Harsh Toke – Acid Crusher / Mount Swan

Quando due band di San Diego dedite al rock psichedelico uniscono le loro forze per dare vita ad uno split album, non può che scaturirne oltre mezz’ora di musica dall’alto tasso lisergico.

Quando due band di San Diego dedite al rock psichedelico uniscono le loro forze per dare vita ad uno split album, non può che scaturirne oltre mezz’ora di musica dall’alto tasso lisergico.

Gli Earthless e gli Harsh Toke presentano un brano ciascuno, che poi altro non sono se non lunghe jam nelle quali i ragazzi californiani danno sfogo alle loro personali ed allucinate visioni musicali.
I primi possiedono un tocco più blues e si fanno preferire, specie se si è alla ricerca di un sound pulito e ricco di sfumature che un’ottima produzione esalta fin nei minimi particolari, mentre i secondi rappresentano il volto più diretto e privo di fronzoli del genere, con una propensione verso sonorità più rallentate e distorte.
Entrambi i brani, alla fine, vivono sulla reiterazione di un giro di basso sul quale poi si vanno ad innestare tutti gli altri interventi strumentali con la struttura tipica delle jam sesssion: diciamo che la soluzione degli Earthless funziona leggermente meglio, intanto perché un po’ più breve e forse anche per il suo essere meno legata alla conditio sine qua non di un ascolto in uno stato di alterazione psicofisica.
Infatti, mi riesce difficile immaginare che il fan ideale di queste due band sia un tizio che vada avanti ad acqua minerale, ma va anche detto che l’effetto dopante è già abbastanza insito nella musica che Earthless ed Harsh Toke propongono, per cui sconsiglierei di ascoltare questo split album in cuffia prima di partecipare ad una competizione sportiva: la positività all’antidoping sarebbe inevitabile …

Tracklist:
1. Acid Crusher (EARTHLESS)
2. Mount Swan (HARSH TOKE)

Line-up:
Earthless
Isaiah Mitchell
Mike Eginton
Mario Rubalcaba

Harsh Toke
Austin Ayub
Richie Belton
Gabe Messer
Justin Figueroa

EARTHLESS – Facebook

HARSH TOKE – Facebook

Midnight Sin – Never Say Never

Godiamoci le tre canzoni che compongono Never Say Never ed aspettiamo fiduciosi il nuovo full length, ci sarà da divertirsi.

Ci eravamo occupati un paio di anni fa del debutto dei Midnight Sin, uscito per Bakerteam, che risultava un ottimo esempio di hard rock, dalle atmosfere sleazy e glam in puro Sunset Boulevard style, anche se tra le note di Sex First non mancavano riferimenti alle nuove generazioni di street band da lustrini, paillettes, belle donne e tanto divertimento.

Tutto confermato, ora che Never Say Never, ep di tre brani a fare da ponte tra il primo album ed il nuovo lavoro che non tarderà ad arrivare, riempie di suoni rock’n’roll tredici minuti della nostra fin troppo triste e alquanto noiosa vita.
Due songs inedite, la travolgente e divertentissima title track e la rocciosa BJ@Job, che vi lasceranno senza fiato, due hit tra passato e presente dello street, glam, sleazy hard rock, tra Poison, Motley Crue, Steel Panthers, Crashdiet e compagnia di ragazzacci perduti tra party di puro rock’n’roll style.
La cover di Satisfaction della premiata ditta Jagger/Richards impreziosisce questo mini cd e la band ne esce alla grande con una riedizione tosta dalle ritmiche aggressive e dal gran tiro.
Il gruppo nostrano si conferma come una delle band di punta del genere, ora che i suoni classici e stradaioli degli anni ottanta stanno tornando in auge, almeno nell’underground che non fa mancare nuove realtà dalle ottime potenzialità e molte di queste provenienti dalle città del nostro paese.
Godiamoci le tre canzoni che compongono Never Say Never ed aspettiamo fiduciosi il nuovo full length, ci sarà da divertirsi.

TRACKLIST
1.Never Say Never
2.BJ@Job
3.Satisfaction

LINE-UP
Albert Fish – Vocals
LeStar – Lead Guitar
Acey Guns – Bass
Dany Rake – Drums

MIDNIGHT SIN – Facebook

Diana Spencer Grave Explosion – O

L’elemento forse più forte della loro musica è l’escapismo sonoro, il disegnare ampi territori nei quali la nostra mente possa correre libera. Un esordio molto positivo.

0 come tondo, espressione di perfezione geometrica anche nel suono, allucinazioni che ritornano in visioni cicliche.

I Diana Spencer Grave Explosion sono un gruppo pugliese di stoner, space, psych e pure fuzz, ed esordiscono con questo ep di tre pezzi, molto ben composto, sognante e fumoso. Come molti altri gruppi, i numi tutelari dei Diana Spencer Grave Explosion sono i soliti della musica pesante, dai Kyuss ai Neurosis con una spruzzata in alcuni momenti di post rock. La band suona molto dal vivo e ciò lo si nota durante l’ascolto. Ci sono elementi sia in nuce che effettivi che fanno pensare che il gruppo pugliese in futuro farà ancora meglio, poiché possiede solide basi. L’elemento forse più forte della loro musica è l’escapismo sonoro, il disegnare ampi territori nei quali la nostra mente possa correre libera. Un esordio molto positivo.

TRACKLIST
1. Space Cake
2. Avalanche
3. Long Death to the Horizon

LINE-UP
Piercarlo Resta – vocals, guitar.
Costantino Temerario – vocals, guitar, synth. Francesco Maria Antonicelli – vocals, guitar. Giampaolo Giannico – bass.
Gianluca Girardi – drums

DIANA GRAVE EXPLOSION – Facebook

Algoma / Chronobot – Split 12”

Uno split godibile, stonato e drogato, come da copione di una recita alla quale abbiamo già assistito più volte, ma che continua ugualmente a piacere non poco.

Split album per due band canadesi, Algoma e Chronobot, con i primi già trattati in questa sede in occasione del full length d’esordio Reclaimed by the Forest del 2014.

Questa operazione, oltre a consentirci di ascoltare nuovo materiale, mette in luce le differenze tra due band che, se prese separatamente, potrebbero essere considerate simili tra loro a causa della comune appartenenza alla scena sludge doom.
In effetti tale collocazione si addice maggiormente agli Algoma, molti più aspri, grezzi e distorti, con l’utilizzo prevalente di uno screaming quale soluzione vocale ed il ricorso frequente ad un’effettistica disturbante; i Chronobot, invece, sono maggiormente orientati ad uno stoner ugualmente deformato ma leggermente più tradizionale: qui la voce è più vicina alla timbrica di un Matt Pike e la componente psichedelica si manifesta con una certa continuità.
Diciamo pure che i Chronobot si rivelano senz’altro meno ostici all’ascolto e che i loro tre brani mostrano una versione del genere ugualmente ruvida ma ricca di soluzioni notevoli, inclusa una chitarra solista in puro stile Bevis Frond (per chi se lo ricorda); i due brani degli Algoma mantengono, invece, la band dell’Ontario sul proprio aventino musicale: zero compromessi e nessuna intenzione di scendere a patti con qualsivoglia tentazione melodica, soluzione alla portata di molti giusto per un quarto d’ora, ma tutta da verificare sulla lunghezza di un album intero per gli ascoltatori meno pazienti o poco avvezzi a tali sonorità.
Uno split comunque godibile, stonato e drogato, come da copione di una recita alla quale abbiamo già assistito più volte, ma che continua ugualmente a piacere non poco.

Tracklist:
Side A
1. Algoma – Phthisis
2. Algoma – Electric Fence
Side B
3. Chronobot – Red Nails
4. Chronobot – Jerry Can
5. Chronobot – Sons of Sabbath

Line-up:

Algoma
Kevin Campbell – Bass/Vocals
Boyd Rendell – Guitar/Vocals
JV- Drums

Chronobot
Dafe – Guitars, Vox and Cosmic FX
Quinton – Lead Guitar
Cody – Psych Battery
Scott – Bass
Darius – Keys/FX

ALGOMA – Facebook

CHRONOBOT – Facebook

Inallsenses – Checkmate

Checkmate potrebbe senz’altro fungere da ideale apripista ad un nuovo lavoro sulla lunga distanza, le sensazioni sono positive, aspettiamo fiduciosi le prossime mosse.

Attivi addirittura dalla seconda metà degli anni novanta, tornano con questo ep di quattro brani i campani Inallsenses, alfieri di un sound che mescola con sagacia death metal,thrash e metalcore in un unico terremotante frullatore musicale.

Il gruppo di Caserta rompe un silenzio che dura ormai da sei anni, da quel 2010 che segnò l’uscita dell’ultimo full length, Hysterical Psychosis, successore di The Experience, uscito nel 2008 e di due demo nei primi anni di carriera.
Una band di provata esperienza, culminata nel 2008 con l’apparizione al Wacken Open Air, messa al sevizio di quattro brani composti da pura adrenalina estrema.
Velocità ritmica ai limiti legali, un’ottimo uso delle due voci (clean e growl) ed un buon susseguirsi di solos melodici, sono le principali cause della buona riuscita dei brani che compongono Checkmate, ad iniziare dall’opener Expectation, la più moderna del lotto e vicina al sound estremo di moda in questi anni.
Si viaggia con l’acceleratore a tavoletta nella seguente The Anthem Of Revolution, una thrash metal song divisa tra l’irruenza del genere e i solos di estrazione melodic death, così come in New Automata, interpretata alla grande dalla doppia voce del chitarrista Matteo Recca.
La titletrack chiude questi diciassette minuti di flagello, qui i migliori Testament fanno capolino tra i solchi del brano, un arrembante e quanto mai riuscito macello sonoro, a cui la doppia voce dona un’altissimo appeal.
Buon ritorno per la band casertana, Checkmate potrebbe senz’altro fungere da ideale apripista ad un nuovo lavoro sulla lunga distanza, le sensazioni sono positive, aspettiamo fiduciosi le prossime mosse.

TRACKLIST
1. Expectation
2. The Anthem Of Revolution
3. New Automata
4. Checkmate

LINE-UP
Lorenzo Picerno – Bass
Bartolomeo D’Arezzo – Drums
Mateo Recca – Guitars, Vocals
Giuseppe Senese – Guitars

INALLSENSES – Facebook

The Vision Bleak – The Kindred of the Sunset

Con queste premesse il prossimo full length, previsto in uscita all’inizio di giugno, dovrebbe mantenere le attese e gli standard ai quali i The Vision Bleak ci hanno abituati fin dai loro primi passi

In attesa dell’uscita del loro sesto lavoro su lunga distanza, che tiene puntualmente fede alla cadenza triennale assunta nell’ultimo decennio, i The Vision Bleak concedono un gustoso antipasto con questo Ep contenente quattro brani.

I primi due, The Kindred of the Sunset e The Whine of the Cemetery Hound, andranno a far parte del prossimo The Unknown e sono ovviamente quelli sui quali va focalizzata maggiormente l’attenzione.
La prima traccia, che dà anche il nome all’Ep, è il perfetto singolo dagli umori gotici e si palesa come una delle canzoni più catchy nonché azzeccate mai composte dalla coppia Schwadorf – Konstanz; la seconda mostra, invece, un lato più introspettivo e dalle forti venature doom, risultando meno immediato ma ugualmente convincente.
Esaurito il compito di introdurre il nuovo lavoro, il duo tedesco si diletta nel coverizzare la cult song The Sleeping Beauty dei Tiamat (tratta da Clouds), asservendola al proprio particolare stile senza però stravolgerla, mentre la breve Purification Afterglow è uno strumentale di matrice ambient atmosferica che chiude un Ep gradevolissimo.
Con queste premesse il prossimo full length, previsto in uscita all’inizio di giugno, dovrebbe mantenere le attese e gli standard ai quali i The Vision Bleak ci hanno abituati fin dai loro primi passi, senza magari dare alla luce capolavori epocali ma sciorinando una serie di album di elevato spessore medio e dal sound indubbiamente peculiare.

Tracklist:
1. The Kindred of the Sunset
2. The Whine of the Cemetery Hound
3. The Sleeping Beauty
4. Purification Afterglow

Line-up:
Konstanz – Vocals, Drums, Keyboards
Schwadorf – Vocals, Guitars, Bass, Keyboards

THE VISION BLEAK – Facebook

Impurity / Sex Messiah – Vomiting Blasphemies Over The World

Primitivismo black metal, ma non solo, per un netto e felice revival di un certo suono norvegese che non smette mai di risuonare per cattiveria nel mondo tutto, come ben testimonia questo split.

Blasfemia per due ottimi gruppi black metal underground.

Gli Impurity vengono dal Brasile, e si inseriscono nel filone black metal classico, con chiari riferimenti ai Sarcofago, gloria nazional metal brasiliana.
I Sex Messiah vengono invece dal Giappone, hanno inciso demo, compilation e degli split, e fanno un black metal marcio e corrosivo. Tutto nasce da un tour in terra nipponica, dopo il quale la misteriosa etichetta High Society Satanic Records fece uscire questo split in cd in edizione limitata. Da qui questa edizione in vinile della Nuclear War Now !. Ascoltando lo split si capisce quanto siano simili le anime di questi simpaticoni, visto il simile approccio alla nera materia. Primitivismo black metal, ma non solo, per un netto e felice revival di un certo suono norvegese che non smette mai di risuonare per cattiveria nel mondo tutto, come ben testimonia questo split.

TRACKLIST
01. Cult Anti – Matutinal
02. Anti – Dominical
03. Preaching Mark Of The Beast
04. Maniac Lust
05. Holy Death
06. Vampire
07. Eternal Winter

SEX MESSIAH – Facebook

Curse / Styggelse / WAN – Necroholic

Tre band per una quarantina di minuti non sono male per il fan che non si accontenta dei soliti nomi, per cui l’ascolto è consigliato, con un’attenzione particolare ai tre brani degli Styggelse, davvero molto bravi.

Buon split a cura della Satanath Records che, in un sol colpo, ci presenta tre band black metal, una proveniente dall’Islanda (Curse) e le altre due dalla Svezia ( Styggelse e Wan).

Si parte con i quattro brani degli islandesi Curse, duo nato sul finire degli anni ottanta e dalla nutrita discografia, composta da una manciata di lavori minori e tre full length; il loro sound risulta un marcissimo black metal, influenzato dal rock’n’roll di matrice motorheadiana, tra testi anticristiani e mitologia nordica.
Ritmiche velocissime e voce cartavetrata, che tanto devono alla band di Lemmy come ai Darkthrone, l’impatto è all’altezza e sui brani composti per l’occasione, spicca la cover di Ace Of Spades, storico pezzo del gruppo britannico.
Si vola in Svezia dove ci aspettano gli Styggelse, fondati all’inizio del nuovo millenni e anch’essi con un produzione già interessante, anche se il gruppo di Goteborg risulta ancor più compatto e devastante, grazie ad una produzione più consona, alla miglior amalgama tra il black metal e la musica del diavolo e tre asce che crivellano di colpi black le teste degli ascoltatori. Le ritmiche da armageddon formano un sound da tregenda che valorizza i tre brani presentati: Angel Bloodshed, Stay True To Satan For Eternity, No Team in I, pochi rispetto alla qualità della loro musica estrema, che risulta la migliore del lotto.
Le noti dolenti arrivano in parte con gli Wan, anch’essi svedesi, con alle spalle due lavori sulla lunga distanza ed un approccio più puro ed old school al genere.
Purtroppo la produzione è deficitaria e l’approccio è assolutamente obsoleto: satanici, oscuri e maligni, i Wan lasciano molto per strada, il loro sound è quanto di più scarno ed essenziale si possa concepire nel genere, ma anche atmosfericamente non alcun ricordo all’ascoltatore guastando non poco il clima di devastante divertimento che le due band, prima di loro, erano riuscite a creare con la loro musica.
Necroholic rimane una proposta interessante, e tre band per una quarantina di minuti non sono male per il fan che non si accontenta dei soliti nomi, per cui l’ascolto è consigliato, con un’attenzione particolare ai tre brani degli Styggelse, davvero molto bravi.

TRACKLIST
1. Curse – Exploding Head
2. Curse – The Observer
3. Curse – War of One
4. Curse – Ace of Spades (Motörhead cover)
5. Styggelse – Angel Bloodshed
6. Styggelse – Stay True To Satan For Eternity
7. Styggelse – No Team in I
8. WAN – In Your Face
9. WAN – Dirty Bastards
10. WAN – I brand
11. WAN – På korset vi kräks
12. WAN – Faun

LINE-UP
Curse
Einar “Eldur” Thorberg – Vocals, Guitars, Bass, Keyboards
D. Theobald – Drums

Styggelse
Skadeglade – Drums
Larsson – Guitars, Vocals
Kallbrand – Guitars, Vocals (backing)
Desekrator – Guitars
Kenneth Thunderbolt – Bass

Wan
Isengrim-Bass
Aganaroth – Guitars
Tsjud – Vocals
Draup – Drums

CURSE – Facebook

STYGGELSE – Facebook

WAN – Facebook

Eversin – Flagellum Dei

Un’uscita che conferma l’assoluta proposta senza compromessi degli Eversin, band unica nel panorama estremo nazionale ed assolutamente in grado di tenere testa ai gruppi stranieri, troppo spesso portati agli onori delle cronache metalliche nel nostro esterofilo paese.

Trinity: The Annihilation, un album violentissimo e disturbante, lontano dalle facili cavalcate care al thrash old school, o le moderne riminiscenze core delle nuove tendenze, aveva consentito al metal estremo tricolore di raggiungere uno dei propri apici.

Gli Eversin non si fermano e, per tenere ben accesa la fiamma estrema che li contraddistingue, immettono sul mercato questo singolo contenente quattro brani, confermando la voglia di bombardarci con il loro thrash metal tra Slayer, Testament, Forbidden e, questa volta Sepultura, sempre con il proprio marchio bene in mostra.
Si parte alla grande spinti a forza nel caos primordiale dell’opener di Trinity : The Annihilation, Flagellum Dei, brano che dà il nome al lavoro e che esplode come un’atomica, furiosa e devastante, un inferno nucleare dalle conseguenze fatali per la terra.
A seguire, Refuse/Resist, cover dello storico brano dei fratelli Cavalera, tratta dal monumento estremo Chaos AD, irrompe in tutto il suo fragore: la band ci mette del suo per far risultare l’impatto del brano ancora più violento (con le vocals rabbiose dell’ospite Mick Montaguti dei seminali Electrocution) cavandosela egregiamente e lasciando annichiliti per cotanto massacro sonoro.
For the Glory of Men MMXVI , riedizione della traccia presente nel secondo album Tears On The Face Of God, è un brano in pieno Slayer style, in cui il clima da tregenda apocalittica è meno accentuato a favore di un approccio più old school: qui gli Eversin si scontrano con un’icona del genere ed una delle loro ispirazioni principali senza perdere un grammo in impatto e pareggiando il conto con Araya e soci.
Flagellum Dei si chiude con il remix di We Will Prevail, uno dei brani cardine dello scorso album: freddo come un terminator che toglie l’ultimo respiro ai feriti sul campo di battaglia, si riveste di un’aura industrial ricordando i terrificanti Throne Of Molok, conterranei del gruppo siciliano.
Un’uscita che conferma l’assoluta proposta senza compromessi degli Eversin, band unica nel panorama estremo nazionale ed assolutamente in grado di tenere testa ai gruppi stranieri, troppo spesso i soli ad essere portati agli onori delle cronache metalliche nel nostro esterofilo paese.

TRACKLIST
1.Flagellum Dei
2.Refuse/Resist (Sepultura cover)
3.For the Glory of Men MMXVI
4.We Will Prevail (Electro-Industrial Remix)

LINE-UP
Angelo Ferrante-Lead Vocals
Ignazio Nicastro-Bass, Screaming And Growling Vocals
Giangabriele Lo Pilato-Lead And Rhythm Guitars
Danilo Ficicchia-Drums

Guest voice on track n. 2 by Mick Montaguti from ELECTROCUTION

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Prisoner Of War- Rot

12″ e mini cd d’esordio per questo truculento gruppo neozelandese che tratta principalmente tematiche di guerra.

12″ e mini cd d’esordio per questo truculento gruppo neozelandese che tratta principalmente tematiche di guerra, confermando una decisa ascesa della scena metal neozelandese, che si conferma veramente true e legata alla vecchia scuola.

I Prisoner Of War sono un bel trio di macellai, si sono uniti nel 2013 per fare un thrash sporco e cattivo, con intarsi anni ottanta per creare un bel magma sonoro davvero potente. Rot è stato registrato dal vivo in un pomeriggio solo, andando poi a overdubbare chitarre e voci a parte. Il risultato è notevolmente una mazzata, ancor di più se si leggono i testi che parlano in maniera diretta e vera della brutta realtà chiamata guerra. Un altro ottimo gruppo neozelandese, di cui aspettiamo un disco di più corposa durata.

TRACKLIST
01. Slow And Painful Death By Gas
02. Evil Sky
03. Purgatorial Shadow
04. Twisted Mass Of Burnt Decay
05. Rot

LINE-UP
Charred Remains – Vocals, Bass.
Typhoid Filth – Guitars.
MG – 42 – Drums.

http://www.facebook.com/IronBoneheadProductions

Uhttps://www.youtube.com/watch?v=0xpbi07uMtw

Ocean Of Grief – Fortress of My Dark Self

Fortress of My Dark Self consegna agli appassionati una band dalle enormi prospettive

Ep d’esordio per i greci Ocean Of Grief, i quali arrivano a dare man forte agli Immensity nel proporre una via ellenica al melodic death doom dai tratti altamente evocativi.

Rispetto ai concittadini, il sestetto ateniese propone una versione del genere più ortodossa rinunciando del tutto a pulsioni post metal e conseguente abbondante ricorso a break più rarefatti e clean vocals, per concentrarsi esclusivamente sull’impatto di un sound che trae evidentemente linfa dal già sentito, toccando però con costanza le giuste corde dell’emozione.
Considerando, appunto, che trattasi di band all’esordio la relativa mancanza di originalità passa del tutto in secondo piano, specie se la qualità del sound proposto è elevatissima, come nel caso specifico. In effetti, a ben vedere, i ragazzi ellenici non assomigliano a qualcuno in particolare ma assimilano tutte le loro influenze amalgamandole con sapienza, senza offrire mai la sensazione di trovarsi al cospetto di un banale lavoro di copia e incolla.
Così i cinque brani, neppure troppo lunghi per gli standard del genere, si snodano con grande fluidità e ricchezza di spunti, con un growl efficace ed una chitarra solista a tessere con continuità quelle melodie dolenti che non ci si stanca mai di ascoltare. Il pregio maggiore dagli Ocean Of Grief è quello di proporre il genere nella sua forma più pura, cercando di evocare le emozioni in maniera diretta senza ricorrere a complesse circonlocuzioni, facendo propria in tal senso la lezione dei maestri Saturnus.
Nel segnalare, in una tracklist di eccellente livello medio, due brani stupefacenti come House Of Misery e Drowning In Nostalgia, Fortress of My Dark Self consegna agli appassionati una band dalle enormi prospettive: un prossimo passo su lunga distanza potrebbe già risultare decisivo per consolidare gli Oceans Of Grief ai livelli di band quali Enshine (forse la maggiore fonte di ispirazione), When Nothing Remains, Evadne e Frailty, tanto per citare quelle più contigue alla sorprendente band greca.

Tracklist:
1. Spiritual Fortress
2. House of Misery
3. Futile Regrets
4. Drowned in Nostalgia
5. The Birth of Chaos

Line-up:
Aris Nikoleris – Keyboards
Giannis Koskinas – Bass
Thomas Motsios – Drums
Filippos Koliopanos – Guitars
Charalabos Oikonomopoulos – Vocals
Dimitra Zarkadoula – Guitars

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