The Shiva Hypothesis – Promo 2015

Se questo promo è il loro biglietto da visita, allora gli Shiva Hypothesis si candidano come clamorosa rivelazione nel metal estremo dai rimandi death/black.

Se questo promo è il loro biglietto da visita, allora gli Shiva Hypothesis si candidano come clamorosa rivelazione nel metal estremo dai rimandi death/black.

Proveniente dai Paesi Bassi, il mefistofelico quartetto rilascia, sul finire dello scorso anno, questo ep, chiamato semplicemente Promo 2015, mentre il sound prodotto e le atmosfere che in esso sono racchiuse, semplici non sono di sicuro.
La band dichiara d’ispirarsi a band storiche del metal estremo, come Behemoth, Emperor, Immortal, Death e Mayhem e noi non possiamo che essere d’accordo anche se questi tre brani racchiudono in sé un impatto, una malvagità ed una tecnica che lascia a bocca aperta.
Death/black, che non si avvicina poi molto a chi del genere è maestro (scena polacca in primis), ma si alleano per creare un estremismo sonoro entusiasmante.
Ritmiche più vicine al death metal, scream personalissimo e malato, come se al microfono ci fosse davvero un demone, tasti d’avorio che formano un tappeto rosso sangue, su cui le chitarre lacrimano cianuro e l’armageddon è servito.
Prodotto benissimo, l’album parte alla grande con Ceduceus, brano devastante, meravigliosamente armonico, crudele e maligno, come le voci che dall’inferno giurano tutto il loro odio per il genere umano.
Un’invocazione al demonio, una cantilena agghiacciante apre Praedormitium, oscura, leggermente meno veloce, ma ricca di atmosfere cangianti, in un deliro chitarristico, spaccata da una marziale parte ritmica che scuote le fondamenta e apre voragini che si schiudono sull’inferno sotto di noi, mentre un solo di estrazione thrash, esplode in tutta la sua violenta natura.
Maze of Delusion chiude il cd, nove minuti di black metal straordinariamente vario, colmo di atmosfere, oscure, maligne e demoniache, ora metalliche, ora acustiche, un’anima maledettamente prog, che si unisce alle varie sfumature compresse in un brano efficace ed esaltante nella sua agghiacciante parte black metal.
Una delle migliori prove al microfono, almeno per quanto riguarda il genere, è solo una delle doti maggiori di questo clamoroso ep: il gruppo non credo farà fatica a trovare una label e aspettiamoci dunque (spero in tempi brevi) un primo full lenght che, se proposto a questi livelli, potrebbe sconvolgere le gerarchi del genere.
Da non perdere di vista.

TRACKLIST
1.Caduceus
2.Praedormitium
3.Maze of Delusion

LINE-UP
ML -Bass, Keys & Additional Vocals
JB – Guitars & Additional Vocals
MvS – Vocals
BN – Drums & Additional Vocals

THE SHIVA HYPOTHESIS – Facebook

Nihilistinen Barbaarisuus – Madness Incarnate

Madness Incarnate si rivela un’uscita apprezzabile da parte di una band da tenere sott’occhio nella prospettiva di un prossimo lavoro su lunga distanza

Questa band, nonostante il complesso monicker in lingua finlandese, proviene da Philadelphia, anche se il ricorso a quella lingua è ampiamente giustificato dal fatto che Mika Mage, colui che regge le file dei Nihilistinen Barbaarisuus, è originario appunto del grande paese dei mille laghi.

Sotto l’egida della label russa Symbol of Domination, come l’etichetta madre Satanath Records specializzata nel recupero di realtà semisconosciute ma meritevoli di attenzione, i nostri propongono il loro black dai tratti atmosferici e, in ossequio alle origini di Mage, molto più orientato come sound alla scena nord europea piuttosto che a quella statunitense.
L’ep è breve ma, in questi pochi minuti, i Nihilistinen Barbaarisuus dimostrano di manipolare la materia in modo appropriato, conferendo al sound per lo più un’aura algida con puntate in territori depressive, ma sempre sorretto da buone linee melodiche; Mage si avvale nel corso del lavoro del contributo di tre diversi vocalist, tutti allineati comunque al tradizionale screaming di matrice back.
Molto bella e incisiva l’opener Traversing The Frozen North e non da meno si dimostrano la title track e la più robusta Immaculate Deconception (uscita in precedenza come singolo) mentre convince un po’ meno Virgin Essence per scelte ritmiche piuttosto opinabili; interessante anche la chiusura affidata al brano acustico Comte-Sponville, nel quale si può apprezzare la pregevole tecnica chitarristica di Mage.
Madness Incarnate si rivela un’uscita apprezzabile da parte di una band da tenere sott’occhio nella prospettiva di un prossimo lavoro su lunga distanza e, al riguardo, potrebbe essere utile riscoprire il relativamente recente full-length The Child Must Die, pubblicato circa un anno fa.

Tracklist:
01. Traversing The Frozen North
02. Madness Incarnate
03. Virgin Essence
04. Immaculate Deconception
05. Comte-Sponville

Line-up:
Mika Mage – Guitar, Synth, Composer

Guest Members:
Gary Hadden – Vocals “Traversing the Frozen North”, “Immaculate Deconception”
James Dorton – Vocals “Virgin Essence”
Joel Robert Thompson – Vocals “Madness Incarnate”
Joffre Videz – Drums
Manuel Rodriguez – Bass

NIHILISTINEN BARBAARISUUS – Facebook

www.youtube.com/watch?v=nuUorgRYXbo

Xibalba (Xibalaba Itzaes) – Ah Tza ! 7″ Ep

Il loro black metal è immanente e cattivo, malvagità maya che non conosce pietà ne fa prigionieri.

Tornano i black metallers messicani Xibalba, con la loro notevole mistura di dei maya e black metal.

Gli Xibalba o meglio Xibalba Itzaes, non hanno avuto una carriera lineare, dato che pubblicano poche cose, ad esempio Demo 2010 vede la luce o meglio le tenebre quattrodici anni dopo i loro demo del 1992 e del 1994, seguiti dal debut album Ah Dazam Poop Ek del 1994. Il loro black metal è immanente e cattivo, malvagità maya che non conosce pietà ne fa prigionieri. Loro sono stati fondamentali nella nascita e nello sviluppo del black metal messicano, che ora rappresenta uno dei migliori movimenti dell’America di lingua latina. Gli Xibalba Itzaes sono stati il primo gruppo messicano a riportare la cultura maya al centro del discorso, facendo riguadagnare l’interesse dei giovani per il proprio patrimonio culturale, in chiave pagana ed anticristiana. In questi nove minuti di diluvio black metal su vinile i messicani toccano vette davvero alte di intensità, rifuggendo giustamente da una miope ottica lo fi, rendendo con una decente produzione un buon suono. Il loro black metal si discosta dalla media sia per l’esecuzione che la composizione, ma soprattutto per essere originale perché potente ma non cieco.
Furia pagana e classe balck metal per un ritorno molto gradito, che fa rimpiangere la loro scarsa prolificità.

TRACKLIST
01. Ah Tza !
02. Katun 1
03. Dawn of Endless Horrors.

LINE-UP
Marco Ek-Balam – Guitar & Vocals.
Vic EkXibChac – Bass Guitar.
Jorge Ah-Ektenel – Drums.

XIBALBA – Facebook

D.A.M – Premonitions

Continua senza freni il percorso musicale di Guilherme De Alvarenga e i suoi D.A.M, dopo i fasti seguiti all’uscita di due ottime opere come l’ep Phantasmagoria ed il full length The Awakening.

Continua senza freni il percorso musicale di Guilherme De Alvarenga e i suoi D.A.M, dopo i fasti seguiti all’uscita di due ottime opere come l’ep Phantasmagoria ed il full length The Awakening.

La band brasiliana ha vissuto un crescendo qualitativo entusiasmante, iniziato nel 2013 con l’ep Possessed ed il primo full lenght Tales Of The Mad King, ed in poco tempo è arrivata ad uno status molto alto per un gruppo underground, confermandosi a suon di esplosivo power/melodic death metal come una delle realtà più interessanti del genere.
Rigorosamente autoprodotto, anche questo nuovo ep conferma il talento del gruppo verde oro e del suo leader, aiutato come sempre dal buon Edu Megale, alla sei corde e dal bassista Caio campos, più un paio di graditi ospiti come Jéssica Delazare, singer sulla bellissima Untouchable, così come Marina Guimarães alle prese con i cori.
Premonitions, prodotto dallo stesso De Alvarenga con l’aiuto di David Fau, potrebbe tranquillamente essere considerato un full length, visto la durata che sfiora i quaranta minuti e la qualità delle songs di cui è composto.
Ancora una volta il gruppo ci delizia con una scarica di death metal melodico, dove il synth di De Alvarenga fa il bello ed il cattivo tempo, le ritmiche veloci, le atmosfere oscure, il growl straripante e quelle cavalcate dal sapore neoclassico, tanto care alla band, ci trasportano nel mondo fatato, ma pericolosissimo dei D.A.M.
Grande partenza con la titletrack, dieci minuti di scale vorticose alla velocità della luce, dove il gruppo si ripresenta all’ascoltatore mettendo sul piatto tutto il suo credo musicale, composto da metal classico ed estremo, perfettamente bilanciati e uniti insieme da melodie dall’appeal straordinario.
L’alternanza tra furia death, potenza power, ed atmosfere mistiche ed oscure, danno modo di entrare in un altro mondo, come un’Alice nel paese delle meraviglie in versione horror.
Si passeggia in questo mondo parallelo, guardandoci intorno, mentre prima The Cage e poi la stupenda Untouchable ci travolgono con una tempesta di suoni metallici, mentre una musa ci avverte dei pericoli che incontreremo nel proseguimento del nostro peregrinare.
De Alavarenga da letteralmente spettacolo, le sue dita scivolano tra i tasti d’avorio a velocità proibitive, la tensione rimane altissima, i vari passaggi sono curatissimi e i cori in cleans donano quel gustoso tocco power, al quale la band non rinuncia neanche in queste nuove songs.
Chi segue iyezine, dovrebbe ormai conoscere i D.A.M, visto che li si segue dall’esordio, ma per chi non ha ancora avuto la fortuna di ascoltare la musica di Guilherme de Alvarenga ricordo che nel loro sound confluiscono i migliori, Children Of Bodom, Stratovarius e primi In Flames, il tutto elevato alla massima potenza melodica.
Changing the Directions e Frustration, chiudono alla grande questa ennesima prova di forza da parte di una band unica, una delle migliori nel genere, regalando nella song che chiude il lavoro atmosfere che ci portano al periodo settantiano, tra prog e accenni blues, il tutto in un contesto metallico che rimane aggressivo ed oscuro, un capolavoro.
Inutile dire che Premonitions è un album bellissimo che non può mancare tra gli ascolti dei fan del genere, un grande ritorno dopo il clamoroso full lenght di due anni fa.

TRACKLIST
1. Premonitions… (Under the Tree of Regrets)
2. The Cage (Breaking the Paradigms)
3. Untouchable (My Past Mistakes…)
4. Anorexic Dysphoria (AElegy for the Brainless)
5. Changing the Directions (Unresolved)
6. Frustration (Imprisoned Dreams)

LINE-UP
Edu Megale – Guitars
Guilherme de Alvarenga – Vocals, Keyboards
Caio Campos – Bass

D.A.M – Facebook

Volker – Volker

Violenta sferzata quella inferta dai francesi Volker, band che nei pochi minuti a disposizione in questo ep di debutto immette più idee di quanto facciano miriadi di gruppi in un’intera discografia.

Violenta sferzata quella inferta dai francesi Volker, band che nei pochi minuti a disposizione in questo ep di debutto immette più idee (condite da una non comune intensità ) di quanto facciano miriadi di gruppi in un’intera discografia.

Alla riuscita dell’operazione contribuisce in maniera decisiva una vocalist come Jen Nyx (ex-Noein), capace di variare nell’arco dei diversi brani più registri vocali, trasformandosi a seconda delle circostanze in puttana, acerba adolescente, feroce dominatrice o sensuale sirena: in poche parole, una prestazione a dir poco mostruosa all’insegna di una versatilità raramente riscontrabile.
Oltre all’intro 375-405, in questo breve lavoro omonimo dei Volker troviamo il furioso black/death’n’ roll di Bitch, il dark/blues dalle derive doom della stupefacente Pavor Nocturnus e, per finire, il deathcore melodico di Zombie Heart.
Detto che i degni compari della donzella (corrispondenti a ¾ degli ottimi blacksters Otargos) ci danno dentro come se non ci fosse un domani, fondendo mirabilmente tecnica ed energia, va senz’altro tenuta d’occhio questa bomba (anche sexy nella persona di Jen) pronta in futuro ad esplodere, fortunatamente senza fare vittime ma attirando semmai nuovi adepti.

Tracklist:
1. 375-405
2. Bitch
3. Pavor Nocturnus
4. Zombie Heart

Line-up:
Jen Nyx – vocals
Ulrich W – guitars
Manu P. – bass
John A. – drums

VOLKER – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=rrrIbqb6vSM

Stoned Jesus – Stormy Monday EP

Ristampa dell’EP Stormy Monday del 2011, la Heavypsychsounds ci fornisce un’ottima occasione per poter avere in casa uno dei primi lavori della band ucraina in formazione completa.

A meno di sei mesi dall’uscita del precedente The Harvest il trio ucraino si ripropone al pubblico con la ristampa dell’EP Stormy Monday, datato 2011, che ripropone la title track in due diverse versioni, una cover dei californiani Red Temple Spirits (Bear Cave) e una canzone insolitamente veloce, quasi punk hardcore della durata di 2 minuti.

Interessante e estremamente gradevole l’inizio di Stormy Monday, esempio di amore disilluso. Da cantare in solitario quando le cose vanno male o si è contrariati.
Bear Cave è una ballata triste e sconsolata, il cui inizio è accompagnato solo da chitarra acustica e voce, piuttosto sofferente. E il testo può essere sia una metafora della vita dell’uomo, sia semplici parole sconnesse di un uomo che vive isolato. A metà l’esplosione sullo stile di Eye Of Every Storm dei Neurosis. Lacerante nelle interiora, piena di rassegnazione, espressa anche attraverso suoni sporchi, manifestazione di una registrazione non proprio efficace. Tributo buddista al nulla.
Drunk And Horny inneggia al puro divertimento, canzone da non cantare alla propria metà, ma piuttosto da serata in cui ci si vuole caricare per andare a rimorchiare, per finire in modo decisamente rovinoso.
Nella extended version gli assoli di chitarra alternano note psichedeliche con tratti decisamente più progressive, anche se rimane un movimento di sottofondo, riff stoner doom che poi sono quelli che chiudono la canzone.
Un album stoner decisamente più tendente alla psichedelica, ma vista la durata e il numero di canzoni, ad uso di collezionisti.

TRACKLIST
1. Stormy Monday (edit)
2. Bear Cave
3. Drunk And Horny
4. Stormy Monday (extended)

LINE-UP
Igor Sydorenko- chitarra, voce, campionamenti
Sergey Sliusar – basso
Vadim Matiiko – batteria
Sergey Nesterenko – tastiere, mix

STONED JESUS – Facebook

Agathocles / Degenerhate – Wash Your Blues Away! / The Nothing I’ve Become

Prendete un nome storico della scena grindcore internazionale come i belgi Agathocles, aggiungete una delle migliori band nostrane nel genere, i romani Degenerhate, ed avrete uno dei più riusciti split degli ultimi anni.

Prendete un nome storico della scena grindcore internazionale come i belgi Agathocles, dal lontano 1987 a devastare palchi e con una discografia che tra split, full lenght, ep e compilation non basterebbe tutta la ‘zine per elencarla, aggiungete una delle migliori band nostrane nel genere, i romani Degenerhate, autori nel 2013 del bellissimo Chronicles Of The Apocalypse, ed avrete uno dei più riusciti split degli ultimi anni.

Addirittura quattro label hanno contribuito alla realizazzione di questo 7″, Uterus Productions, Here And Now!, GrindScene Records e la Horror Pain Gore Death Productions, a ribadire l’importanza di questa pubblicazione destinata a far parte di un documentario sulla scena, intitolato Slave To The Grind-A Film About Grindcore.
Wash Your Blues Away! è quello che ci propone il gruppo belga, tre brani di cui due, Erase Your Face e Big Foot Marches Again, risultano due blues songs marcissime e a mio parere geniali, sporcate da una voce cartavetrata, la prima basata su di un riff ripetuto che entra direttamente nel cervello, la seconda uno strumentale acustico, dal sentore molto southern rock e dall’andamento dissacrante.
Con Bunka Bunka Blues si torna a far male, il sound minimale del gruppo di Jan Frederickx, esplode in tutta la sua carica mincecore, un minuto e mezzo per salutarci e lasciare spazio al gruppo capitolino, dalla forza estrema impetuosa, confermata anche in questi nuovi quattro brani, condizionati da una verve molto più hardcore rispetto allo scorso full length.
Non manca nel sound quello che, a mio parere, è il punto di forza del gruppo, ed infatti dopo una serie di sfuriate estreme, il gruppo di Gianluca Lucarini ci investe con rallentamenti di una pesantezza mostruosa, attimi di cadenzata mostruosità in cui le urla animalesche del leader riempiono l’atmosfera di inumano dolore.
Unleash The Fury, I Against I, Submerged Into Void, The Nothing I’ve Become, dimostrano ancora una volta l’enorme talento del gruppo, la produzione rende giustizia al massacro sonoro creato dal combo, gli strumenti escono puliti e diretti e non si fatica a riconoscerli, anche se non si è abituali fruitori del genere.
Grande prova del gruppo nostrano che ben figura accanto alla storica band belga: Wash Your Blues Away! / The Nothing I’ve Become ci mette al cospetto di una coppia d’assi, assolutamente da non perdere se siete amanti del genere.

TRACKLIST
Wash Your Blues Away!
1 –Agathocles – Erase Your Face
2 –Agathocles – Big Foot marches again
3 –Agathocles – Bunka Bunka Blues
The Nothing I’ve Become
1 –Degenerhate – Unleash The Fury
2 –Degenerhate – I Against I
3 –Degenerhate – Submerged Into Void
4 –Degenerhate – The Nothing I’ve Become

LINE-UP
Agathocles:
Nils Laureys – Vocals, Drums
Jan Frederickx – Vocals, Guitar, Bass
Koen – Guitar

Degenerhate:
Gianluca Lucarini – Lead Guitar, Screaming, Backing Vocals
Marco “K” Paparella – Bass
Renato “BIG R” Lucandri: Vocals, Grunts
Stuart Franzoni- drums
Angelo Vernati – Rhythm Guitar

DEGENERHATE – Facebook

AGATHOCLES – Facebook

Highrider – Armageddon Rock

Quattro brani deflagranti, devastanti e potenti, eppure non siamo nei meandri del metal estremo, bensì nel più classico e all’apparenza più innocuo hard rock.

Tempesta, tuoni, fulmini, terremoti e tsunami che si riversano sull’ascoltatore come in una pellicola di genere catastrofico, un’onda altissima di metallo fumante, rock ruvido accompagnato da una voce che gronda rabbia e angoscia.

Un armageddon, appunto, di rock settantiano ipervitaminizzato da scariche metalliche fuse nell’acciao, impreziosito da un hammond signore e padrone del sound, apocalittico e dannatamente vintage, ma fondamentale nell’economia di queste splendide quattro canzoni.
Gli Highrider sono un quartetto svedese, Armageddon Rock è il loro debutto, licenziato dalla The Sign Records, registrato da Leo Moller, mixato da Henke Magnusson e masterizzato da Linus Anderson ai Kust studio di Gotheborg così da straripare letteralmente dalle casse, come l’acqua liberata dal crollo di una diga.
Quattro brani deflagranti, devastanti e potenti, eppure non siamo nei meandri del metal estremo, bensì nel più classico e all’apparenza più innocuo hard rock.
Il fantastico lavoro alle tastiere di Christopher Ekendahl, che riporta indietro agli anni settanta e ai mai troppo osannati Uriah Heep, avvolge il metal, a tratti stonerizzato, rabbioso e devastante suonato dai suoi compari, con la sei corde di Eric Radegard che illumina la scena con solos dal saporeclassico (S= T x I) e la sezione ritmica che ci investe con una forza disumana (Carl-Axel Wittbeck alle pelli e Andreas Fageberg al basso).
Il concept dell’album è chiaramente ispirato alla deriva intrapresa dal genere umano e la musica, che mantiene un mood apocalittico, forma insieme alle urla drammatiche e rabbiose del bassista una clamorosa denuncia degli effetti distruttivi delle politiche nucleari.
Venti minuti esaltanti, da ascoltare a volume altissimo, un enorme suono che si sviluppa e si rigenera tra le trame bombastiche di Agony Of Limbo, The Moment (Plutonium) e Semen Mud And Blood.
Un grandissimo debutto che incorona gli Highrider come una delle sorprese di questa metà dell’anno di grazia 2016, il che induce ad aspettarli per la prima prova sulla lunga distanza che, se si attestasse su questi livelli, sarebbe trionfale.
Non c’è ne tregua ne speranza, solo la colonna sonora della fine del mondo.

TRACKLIST
1.S= T x I
2.Agony Of Limbo
3.The moment (Plutonium)
4.Semen Mud And Blood

LINE-UP
Eric Radegard-Guitar
Carl-Axel Wittbeck-Drums
Andreas Fageberg-Bass
Christopher Ekendahl-Keyboards

HIGHRIDER – Facebook

Goholor – In Saeculis Obscuris

Sedici minuti sono pochi per dare un giudizio definitivo, ma è vero che , dalla prima all’ultima nota, il sound non si libera delle catene con cui il gruppo ha imprigionato la musica prodotta senza impedire che i quatto brani risultino troppo simili tra loro.

La Symbol Of Domination Prod. licenzia questo esordio di quattro brani dei Goholor, gruppo di malvagi metallari provenienti dalla Slovacchia.

Growl rigorosamente death metal, cavernoso e demoniaco , una violenza oscura e blasfema, proveniente da secoli di marcia putrescenza, formano un sound molto evil, colmo di blast beat, ventate di zolfo e malvagità, buone ritmiche e sei corde in perenne ribasso, così da accentuare l’atmosfera infernale di In Seaculis Obscuris.
Il trio è composto da Anton al microfono, Demo alla sei corde e Pio a spaccare bacchette sul drumkit, un combo arcigno e dal sound che risveglia anime dannate e ci scaraventa nella dannazione eterna.
Behemoth e Dissection, ma anche tanto death metal old school, sono le influenze maggiori che si respirano in queste prime avvisaglie di guerra da parte dei Goholor, che danno tanto in approccio ed impatto, lasciando qualcosa indietro nel songwriting che risulta un po’ troppo monocorde.
Sedici minuti sono pochi per dare un giudizio definitivo, ma è vero che , dalla prima all’ultima nota, il sound non si libera delle catene con cui il gruppo ha imprigionato la musica prodotta senza impedire che i quatto brani risultino troppo simili tra loro.
Un ascolto ai fans del genere più oltranzisti può essere consigliato, aspettando un futuro full length con il quale poter valutare meglio le potenzialità del trio slovacco; per ora i Goholor strappano una sufficienza per via delle buone atmosfere malate e demoniache che comunque l’ep contiene.

TRACKLIST
1.Art Of Infernal Power
2.Naberius Daemon
3.Obscurus Sacramentum
4.Symbols Of Blasphemy

LINE-UP
Anton – vocals
Demo – guitars,vocals
Pio – drums

GOHOLOR – Facebook

The Phoenix – My Turn To Deal

Rock’n’roll dall’anima sleazy o hard rock di ispirazione losangelina, fate voi, rimane il fatto che queste quattro tracce racchiuse in My Turn Deal, primo lavoro delle The Phoenix, convincono e ci regalano un’altra bomba sexy dall’alto concentrato elettrico.

Rock’n’roll dall’anima sleazy o hard rock di ispirazione losangelina, fate voi, rimane il fatto che queste quattro tracce racchiuse in My Turn Deal, primo lavoro delle The Phoenix, convincono e ci regalano un’altra bomba sexy dall’alto concentrato elettrico.

Il gruppo nasce nel 2001 e dopo una buona gavetta live arriva la firma per l’americana Demon Doll, con i ragazzi dell’Atomic Stuff a garantire la promozione dell’esordio discografico, registrato presso il Pri Studio di Bologna la scorsa estate.
My Turn To Deal conferma la tradizione delle band dell’altro sesso che, quando c’è da suonare il genere, fanno mangiare la polvere ai rudi colleghi maschi, ed infatti i brani che compongono il mini cd sono un concentrato di hard’n’heavy dall’alto tasso melodico, una piccola macchina del tempo che ci riporta ai fasti ottantiani ma, attenzione, il sound prodotto dalle The Phoenix risulta fresco, per niente nostalgico e, soprattutto, con un elevato appeal, così da rendere le varie canzoni tutte possibili hits.
La title track ha nel chorus il pezzo forte e mette subito in evidenza l’ottima voce della singer ed un assolo di chiara matrice heavy; un bel brano , molto accattivante, ma ecco che un pugno in pieno volto ci investe: Dangerous Girl esplode in tutta la sua carica heavy alla Motley Crue, un anthem da urlare al cielo in pieno trip live, pura adrenalina rock’n’roll come si suonava nella Sunset Strip.
Al primo ascolto You Can’t Stop The Rock ‘N’ Roll pare la classica ballatona di genere: niente di più sbagliato, altro colpo mortale, la song esplode in un altro chorus da stadio e noi non ci possiamo assolutamente esimere dal cantare con loro “che non si può fermare il rock’n’roll”.
Arriviamo all’ultima canzone, Party Hard, la più heavy del lotto: il riff risulta più moderno ed in your face, le vocals si fanno sensuali ed aggressive il giusto, le chitarre si incendiano, scudisciate di rock sanguigno che non ammettono repliche e confermano l’attitudine stradaiola del gruppo nostrano.
In soli quattro brani le The Phoenix lanciano il loro ruggito rock’n’roll, sta a voi ora far sì che il richiamo di queste quattro leonesse arrivi a chi del genere si nutre, in attesa di un prossimo passo, magari un full length di questo stesso livello.

TRACKLIST
1. My Turn To Deal
2. Dangerous Girl
3. You Can’t Stop The Rock ‘N’ Roll
4. Party Hard

LINE-UP
Lena McFrison – Lead Guitar, Vocals
Alice Schecter – Rhythm Guitar, Vocals
Luna RocketQueen – Bass, Vocals
Giuli McMousse – Drums

THE PHOENIX – Facebook

Bloodphemy – Blood Will Tell

Tornano dopo un lunghissimo silenzio gli olandesi Bloodphemy, con questi venti minuti di metal estremo che non passeranno inosservati ai deathsters sparsi per il globo.

Tornano dopo un silenzio di ben quattordici anni dal loro primo demo gli olandesi Bloodphemy, mostro death metal devastante, con questo ep licenziato dalla label greca Sleaszy Rider, venti minuti di metal estremo, un massacro portentoso che non passerà inosservato ai deathsters sparsi per il globo.

Il gruppo è formato da cinque musicisti che in questi anni non sono stati certo a guardare, collaborando con varie realtà della scena estrema come Devious, Altar, Bleeding Gods, Pleurisy, Beyond Belief, ed ora tornano con il monicker storico per travolgerci con il loro carro armato in assetto di guerra.
Non mancano ospiti graditi come Robbie Woning dei Dead Head e Michiel Dekker (The Monolith Deathcult) ed il tutto è stato registrato ai the Soundlodge Studios in Germania (God Dethroned, Sinister, Nightfall, Dew-Scented) .
Quattro brani più bonus di death metal arrembante, convincente sotto ogni aspetto, con una prova all’altezza in tutte le sue componenti, dalle sei corde (Rutger van Noordenburg e Winfred Koster) che impazzano con riffoni pesantissimi e solos taglienti, la sezione ritmica che risulta uno schiacciasassi (Edwin Nederkoorn alle pelli e Wicliff Wolda al basso) e un portentoso vocalist (Arnold Oudemiddendorp), che ricorda non poco Jan-Chris DeKoeyer dei conterranei Gorefest.
E ai Gorefest dei primi lavori la mente vola, così come ai God Dethroned, insomma, tra le varie tracce di Blood Will Tell è marchiata a fuoco la bandiera dei Paesi Bassi, altra scuola fondamentale per lo sviluppo del genere.
Strumenti che viaggiano su toni ribassati, un tocco di groove nelle ritmiche per non sembrare troppo old school e tanta pesantezza sono le maggiori virtù di Folie A’ Deux, Catch 23, la spettacolare Disgusted e Undesired, a chiudere l’ascolto (la bonus track Blood For Me non è presente sul promo, ma solo nel cd) di un mini cd che si spera funga da antipasto al primo full length e  non sia, invece, solo una riapparizione estemporanea.
Per gli amanti del genere una band tutta da scoprire.

TRACKLIST
1. Folie A’ Deux
2. Catch 23
3. Disgusted
4. Undesired
5. Blood For Me

LINE-UP
Arnold Oudemiddendorp – Vocals
Edwin Nederkoorn – Drums
Rutger van Noordenburg – Guitars
Wicliff Wolda – Bass
Winfred Koster – Guitars

BLOODPHEMY – Facebook

Doom Architect – Sententia Prima

A fronte di una relativa personalità esibita nell’interpetazione del genere, va detto che i quaranta minuti regalati dai Doom Architect scorrono via in maniera molto piacevole.

Secondo album per i russi Doom Architect, duo composto da Alexandr Mikhaylov e Marina Kuznetsova, attivi anche nella band heavy metal Волновой Фронт.

Come da ragione sociale, è il doom a predominare nel sound di questo Sententia Prima, offerto nella sua veste connessa al death ma con un’impronta molto melodica: a fronte di una relativa personalità esibita nell’interpretazione del genere, va detto che i quaranta minuti regalati dalla coppia scorrono via in maniera molto piacevole, grazie ad una buona capacità di scrittura e alla rinuncia a soluzioni cervellotiche, favorendo una fluidità ed ascoltabilità non sempre scontata.
Il growl di Alexandr è apprezzabile, così come il suo lavoro chitarristico, vario ed incisivo, mentre Marina tesse atmosfere efficacemente lineari con le sue tastiere.
Tra i sei brani presentati segnalerei Embracing the Void e, soprattutto, la conclusiva Light of Inner Flame, caratterizzata da pregevoli linee chitarristiche dai tratti melodici e dolenti.
Sententia Prima è decisamente un buon lavoro, magari non di primissima fila, ma ugualmente degno di qualcosa in più rispetto ad un ascolto distratto.

Tracklist:
1. At the Bound of Death
2. Leaving the Shadows
3. Detachment
4. Embracing the Void
5. Astral Wind
6. Light of Inner Flame

Line-up:
Alexandr Mikhaylov – Guitars, Vocals
Marina Kuznetsova – Keyboards

Blade of Horus – Monumental Massacre

La durata ridotta dell’ep e l’ottimo songwriting fanno sì che Monumental Massacre scorra via senza far perdere all’ascoltatore l’attenzione che merita ogni brano

Cultura egizia e sci-fi sono un connubio vincente sia sul grande schermo sia nel mondo delle sette note, infatti sono molte le realtà che attingono al sapiente ed antico popolo del Nilo, il primo a studiare l’immenso mare di stelle sopra la propria testa.

Un concept lirico che viene usato anche nel metal estremo e Monumental Massacre, primo lavoro degli australiani Blade Of Hours, non ne è che l’ultimo esempio.
Il gruppo nato nella terra dei canguri è formato da tre musicisti di provata esperienza nel mondo del metal, come il vocalist Eric Jenkins ex di Torture Inc., Putrefaction, War Faction e Eviscerator, Ivan Ellis e James Buckman, chitarristi provenienti dagli Eviscerator, così da poter considerare i Blade Of Hours una continuazione di quella band attiva dal 2011 al 2015.
L’album, che esce per la Lacerated Enemy Records in questo inizio d’anno, andando ad infoltire le truppe celesti del death metal tecnico e brutale, si apre con un’intro fantascientifica, le astronavi arrivate da galassie lontane si posano sulla sabbia del deserto e ne escono esseri dalle intenzioni bellicose, proprio come la musica del gruppo, che fin dalla titletrack dà avvio al massacro estremo fatto di intricatissimo brutal death.
Grande la prova del trio, tra growl di estrazione brutal e vortici di riff che si incastrano alla perfezione sul tappeto ritmico programmato, con corse a perdifiato sui manici delle asce, cambi di ritmo e solos molto ben congegnati.
Inhumane Experimentations e Descent into the Cosmic Realm of Everlasting Madness sono i brani che colpiscono maggiormente, anche se la durata ridotta dell’ep e l’ottimo songwriting fanno si che Monumental Massacre scorra via senza far perdere all’ascoltatore l’attenzione che meritano branidall’elevato spessore tecnico, elargito tra questa tempesta di suoni potentissimi.
Il technical death metal è questo, prendere o lasciare, perciò non aspettatevi particolari novità da questa raccolta di brani, se non un buonissimo lavoro di genere.

TRACKLIST
1. Intro
2. Monumental Massacre
3. Succumb to the Overwhelming Stench of Necrophagia
4. Inhumane Experimentations
5. Death of a Spartan King
6. Descent into the Cosmic Realm of Everlasting Madness
7. Return of the Dark Gods

LINE-UP
James Buckman – Guitars
Ivan Ellis Guitars – Drum programming
Eric Jenkins Vocals – Lyrics

BLADE OF HORUS – Facebook

Axe Crazy – Angry Machines

Se cominciate ad avere qualche capello bianco su quella che una volta era una lunga e folta chioma, occhio, perché Angry Machine potrebbe farvi tornare la voglia di poghi sfrenati

La Pure Underground Records ristampa l’esordio degli heavy metallers Axe Crazy, uscito originariamente nel 2014, un concentrato di heavy metal ottantiano clamoroso.

In soli diciassette minuti, divisi in quattro brani, la band, che prende il nome da un brano degli storici Jaguar, convince in toto gli appassionati della new wave of british heavy metal, con un sound esplosivo che, pur seguendo le coordinate del genere, risulta fresco, suonato benissimo ma soprattutto prodotto alla grande, così da investire l’ascoltatore con ritmiche aggressive, solos funambolici ed un cantante perfetto per urlare al vento l’appartenenza al mondo metallico.
Semplicemente heavy metal, certo, ma con un songwriting all’altezza, e tanto talento la band sfiora la perfezione, consegnandoci quattro perle da ascoltare e riascoltare e quando il genere è suonato così, beh, non ce n’è per nessuno.
Angry Machines, Hungry For Life, la fenomenale Sabretooth Tiger e Running Out Of Time vi faranno saltare come grilli, puro heavy metal ottantiano dove solos grintosi melodici e dall’appeal esagerato per il genere (Robson Bigos e Adrian Bigos), ritmiche terremotanti (Andrzej Heczko alle pelli e Kamil Piesciuk al basso) e vocals pulite e potenti (Michael Skotnicki).
Se cominciate ad avere qualche capello bianco su quella che una volta era una lunga e folta chioma, occhio, perché Angry Machines potrebbe farvi tornare la voglia di poghi sfrenati al limite dell’umano, birra a fiumi e borchie a coprire il polsino della camicia stirata dalla padrona di casa.
Se siete giovani metallers, il consiglio è di ascoltare con attenzione questi quattro brani, dove all’interno è racchiuso il segreto per suonare la musica più bella del mondo.
La ristampa da parte dell’etichetta tedesca, limitata a duecento copie in vinile, dovrebbe fare da preludio al debutto sulla lunga distanza che, con queste premesse, si annuncia spettacolare: state sintonizzati e nel frattempo godetevi questo succoso antipasto da parte di una grande band.

TRACKLIST
Side A:
1. Angry Machines
2. Hungry For Life
Side B:
3. Sabretooth Tiger
4. Running Out Of Time

LINE-UP
Adrian Bigos – Guitar, backing vocals
Andrzej Heczko – Drums
Michael Skotnicki – Lead vocals
Kamil Piesciuk – Bass
Robson Bigos – Guitar, backing vocals

AXE CRAZY – Facebook

Drama / Perdition Winds – Drama / Perdition Winds

Interessante split album, a cura dell’attiva label di S.Pietroburgo Satanath Records, che vede protagonisti i russi Drama ed i finlandesi Perdition Winds.

Interessante split album, a cura dell’attiva label di S.Pietroburgo Satanath Records, che vede protagonisti i russi Drama ed i finlandesi Perdition Winds.

I due gruppi hanno un percorso piuttosto diverso, essendo i primi in circolazione da circa un decennio, con relativa pubblicazione di due-full-length, mentre i secondi sono di nascita decisamente più recente.
Tutto ciò comporta inevitabilmente un approccio differente tra le due band nei confronti della materia black, anche se lo split non soffre di un eccessivo stacco tra i brani dell’una e dell’altra.
Brani che in effetti poi sono solo tre, due appannaggio dei Drama ed uno solo, ma molto lungo, da parte dei Perdition Winds: i russi, nel tempo a loro diposizione si dimostrano un combo davvero capace, riuscendo a mantenere un invidiabile equilibrio tra l’ortodossia del geenre e le sue pulsioni più avanguardistiche e dimostrando delle potenzialità che, a quanto sembra, non potranno essere più sviluppate con questa configurazione visto che i Drama paiono essersi sciolti dopo l’uscita dell’ep.
La band di Helsinki propone, invece, una singola traccia lunga circa tredici minuti, cosa non del tutto consueta per il genere e per certi versi anche piuttosto coraggiosa: qui il black si fa più tradizionale, ma comunque provvisto di sfumature cupe che lo rendono piuttosto interessante.
Nel complesso, detto che in questo split non si inventa nulla, va ribadito che la musica proposta è tutt’altro che superflua essendo offerta da due band (nel senso vero del termine, per una volta non abbiamo a che fare con progetti solisti) di buona levatura, in gradi di sfuggire al rischio di un’esecuzione approssimativa o manieristica.
Detto della situazione dei Drama, in attesa delle mosse dei singoli componenti, per i Perdition Winds vale quanto detto in passati per act minori ma di prospettiva: bene così, per ora, ma la strada per emergere in un panorama così affollato è ancora abbastanza lunga, sebbene tale obiettivo non appaia un miraggio.

Tracklist:
1. Drama – Create Your Death
2. Drama – Gloria Mortis
3. Perdition Winds – Cult of Kain

Line-up:
Drama
Dym – Drums
Vindsarg – Guitars, Vocals
Torden – Bass

Perdition Wings
J.K.A. – Bass, Vocals (backing)
R.S. – Drums
T. K. – Guitars
R.Ä. – Guitars
J.E. – Vocals

PERDITION WINDS – Facebook

Department Of Correction / Agathocles : Ultra Grindcore vs. Slumbering Sludge

Un gran bello split tra due gruppi che vanno oltre le convenzioni e che ci regalano un qualcosa di nuovo ma con uno spirito antico.

Dividere un disco fra varie band è una pratica consolidata in ambito hc grind metal ed affini, e in questo caso uniscono le forze i francesi Department Of Correction e i mitici belgi Agathocles.

I Department sono un gruppo che fa un grind che deve molto ai primi dischi dei maestri Brutal Truth e Napalm Death, ma i ragazzi francesi ci aggiungono molto di loro, dando a quel suono un tocco importante di modernità.
I loro sei pezzi sono ultra moderni e suoanti molto bene, veloci e precisi. Nell’altro lato dell’Lp ecco gli Agathocles, un gruppo che ha una credibilità ed un reputazione che ben pochi altri gruppi di tutti i generi musicali possono vantare. In giro da tantissimo, hanno scritto la storia del grind più politicizzato, facendo nascere il crust e indicando la via a generazioni di gruppi incazzati e rumorosi. In questo split ci propongono qualcosa di davvero differente rispetto a quello che hanno inciso fino ad ora. La loro partecipazione è un pezzo di oltre sei minuti in stile sludge molto pesante e claustrofobico, che dà l’idea di ciò che potranno fare in futuro dimostrando di non sapere andare solo veloci, ma scavando benissimo in profondità.
Un gran bello split tra due gruppi che vanno oltre le convenzioni e che ci regalano un qualcosa di nuovo ma con uno spirito antico.

TRACKLIST
DEPARTMENT OF CORRECTION:
1. Greencore Is Leaf
2. The Tank Is In The Garden
3. Suck It Up
4. Do It Like
5. Try To Set It Free

AGATHOCLES:
6. Into My Crypts

LINE-UP
Agathocles
Jan – Vocals, Bass
Nils – Drums, Vocals
Koen – Guitars

Department of Correction
Yohann Dieu – Drums
Florian Chrétien – Guitars
Grégoire Duclos – Vocals

DEPARTMENT OF CORRETION – Facebook

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Ape Unit – Turd

Dieci minuti di grindcore spettacolare, unito ad una neanche troppa sottile ironia e scoppia l’innamoramento del sottoscritto per questa band piemontese e la loro musica estrema.

Dieci minuti di grindcore spettacolare, unito ad una neanche troppa sottile ironia e scoppia l’innamoramento del sottoscritto per questa band piemontese e la loro musica estrema.

Bellissima copertina (a cura dell’artista francese Craoman) titoli dei brani che coinvolgono artisti famosi del panorama rock/ metal internazionale ( Mullet For My Valentine, Children Of Boredom, Go Kart Cobain) e tanto metal estremo, suonato alla grande, violentissimo e perfettamente in grado di soddisfare anche l’ascoltatore non avvezzo al genere, per merito di un songwriting perfettamente bilanciato, una potenza esagerata tenuta ben salda tra lo spartito dei nostri, che clamorosamente, riescono nell’impresa di completare un’opera in un minutaggio così ridotto.
Ape Unit, di base a Cuneo, arrivano al quarto lavoro, questo Turd, un esempio lampante di come il genere possa regalare grande musica, estrema certo, ma perfettamente in grado di esprimere tutto quello che gli artisti vogliono in pochissimo tempo e la cosa sinceramente non è da tutti.
Influenzati dai gruppi storici che il genere lo hanno inventato (Napalm Death e Terrorizer), i cinque grindsters danno un’enorme prova di maturità, confezionando un disco che porta l’ascoltatore a non smettere di sentire e risentire l’enorme potenza che Turd sprigiona in queste dieci tracce, dove non mancano, oltre alla devastante velocità, ritmiche colme di groove che aumenta, se possibile, la sensazione lasciata dal sound di trovarci al cospetto di un carro armato impazzito.
Growl cavernoso che, a tratti, si trasforma in scream schizoide dall’input hardcore, chitarre in overdose di watts ed una predisposizione naturale per la forma canzone, fanno di Turd un’opera irrinunciabile per ogni fan del genere.
E, per una volta, non ci si può lamentare del minutaggio ridotto, l’album è perfetto proprio così com’è.

TRACKLIST
1. Puberal Baphomet
2. Mullet For My Valentine
3. Your Body Will Become My Abat-Jour
4. The Will To Smith
5. Tropical Mode-ON
6. Don’t Touch The Forbidden Congas
7. Orango Juice
8. Sperm Bank Robbery
9. Children Of Boredom
10. Go Kart Kobain

LINE-UP
Mariano Somà – Voce
Marco Losano – Chitarra
Alberto Cornero – Chitarra
Umberto Salvetti – Basso
Steve Bianco – Batteria

APE UNIT – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

From The Vastland – Blackhearts

Quindici minuti di musica sono pochi, ma i tre brani si fanno apprezzare per l’ottima produzione, qualche buon inserto sinfonico ed un mood convincente.

I From The Vastland sono la creatura del polistrumentista Sina, musicista iraniano trapiantato in Norvegia, paese dal quale la sua musica trae ispirazione.

Siamo infatti nel black metal influenzato dalla scena scandinava, con tutti i cliché del genere, quindi sfuriate metalliche, ritmiche portate dal vento del nord, screaming feroce ed un’aura epica.
Blackhearts è l’ultimo lavoro in versione mini cd, composto da tre brani e vede come ospiti Vyl (Keep Of Kalessin, Gorgoroth) alle pelli e Tjalve (1349) al basso, ma scavando nell’antro infernale da dove proviene il buon Sina troviamo tre full length già licenziati tra il 2011 ed il 2014 (Darkness vs. Light, the Perpetual Battle, Kamarikan e Temple of Daevas).
Concettualmente il musicista trae ispirazione dalla cultura persiana e mesopotamica, perciò nessun demone tra i boschi norvegesi o anime perdute in castelli posseduti, mentre il sound molto deve alla scena black nord europea.
Quindici minuti di musica sono pochi, ma i tre brani si fanno apprezzare per l’ottima produzione, qualche buon inserto sinfonico ed un mood convincente.
L’atmosfera oscura e maligna fa il resto, così che Astoyad, la devastante title track e la più atmosferica Abakhtaran si fanno valere, complice l’ottima tecnica esecutiva di Sina.
Probabilmente siamo davanti al classico lavoro che funge da apripista al prossimo full length, e dall’ascolto di queste songs non possiamo che aspettare con interesse la prossima opera sulla lunga distanza.
Se non conoscete ancora questa one man band, Blackhearts è sicuramente un buon biglietto da visita.

TRACKLIST
1. Astoyhad
2. Blackhearts
3. Abakhtaran

LINE-UP
Sina – Composer, Guitars, Vocals
Vyl- Drums
Tjalve- Bass

FROM THE VASTLAND – Facebook

Scolopendra Cingulata – Kuoltuu Kaikin Kohetah

Kuoltuu Kaikin Kohetah è un primo passo positivo e del tutto nella media ma, ovviamente, per riuscire ad emergere dalle più profonde lande ex sovietiche ci vuole un ulteriore e deciso salto di qualità.

Band proveniente dal Kazakistan ma trasferitasi sul suolo russo per incidere il primo Ep, gli Scolopendra Cingulata offrono un poker di brani sufficientemente interessanti.

Pur non sconvolgendo alcuna consuetudine infatti, il gruppo guidato dal vocalist e compositore SS si cimenta in maniera disinvolta con un black metal che si muove all’interno della tradizione, senza disdegnare però buone digressioni atmosferiche.
Meglio i primi due brani, più ispirati ed incisivi in virtù di buone linee melodiche ben rimarcate dal lavoro chitarristico , mentre la coppia successiva, puntando maggiormente su un impatto di matrice raw, risulta meno efficace.
Kuoltuu Kaikin Kohetah è un primo passo positivo e del tutto nella media ma, ovviamente, per riuscire ad emergere dalle più profonde lande ex sovietiche ci vuole un ulteriore e deciso salto di qualità.

Tracklist:
1. Помрут – Все Хорошими Станут
2. Ветер Войны
3. Шакалы
4. Меч Смерти Клеймор

Line-up:
SS – Vocals, Lyrics, Songwriting
Waah – Bass
Aske – Drums, Songwriting
Alatar – Guitars
Otis – Guitars
Hulluenkeli – Keyboards

SCOLOPENDRA CINGULATA – Facebook

Thrashfire – Vengeance Of Fire

Nuovo ep per i turchi Thrashfire, freschi di firma con la Xtreem music, che propongono una versione violenta e speed del thrash.

Tornano, dopo la firma con la Xtreem Music, i turchi Thrashfire con questo ep di sei brani composto da quattro inediti e da due tracce risalenti al primo demo, originariamente uscito nel 2007.

Il trio di Ankara, attivo da una decina d’anni, è al secondo mini cd, ed ha nel suo curriculum un full length datato 2011 (Thrash Burned the Hell) e la sua proposta risulta, come da ragione sociale, un speedo thrash violento e old school.
Vicino come proposta al genere di tradizione tedesca (Kreator, Sodom, Destruction), questo nuovo mini cd è un assalto senza compromessi, puro metallo ignorante e senza fronzoli, veloce, sguaiato e dalle ritmiche forsennate.
Voce cattivissima e cartavetrata e tanta attitudine old school che esce prepotentemente dai solchi delle varie Vengeance of Fire, Thrash Assassinations of Rotten Streets (violentissima) e Chainsaw Metal.
Da notare come, all’ascolto delle songs estratte dal demo, la proposta del gruppo non si sia spostata di una virgola, tanto da non credere di essere al cospetto di brani con più di dieci anni sul groppone.
Speed/thrash violentissimo, classico prodotto consigliato solo ai fans incalliti del genere, con un approccio da prendere o lasciare che non lascia dubbi sulle intenzioni del gruppo turco, suonare il più veloce e devastante possibile.

TRACKLIST
1. (Intro) Back to Ritual
2. Vengeance of Fire
3. Thrash Assassinations of Rotten Streets
4. Chainsaw Metal
5. Silent Torture (Demo) *
6. Kill the Fake God (Demo) *

LINE-UP
Okan Özden – Bass, Vocals (backing)
Oktay Fıstık – Drums
Burak Tavus – Guitars, Vocals

THRASHFIRE – Facebook