Althea – The Art Of Trees

Una cascata di note che non mantiene prigionieri gli Althea in un determinato spazio temporale, ma permette loro di muoversi a piacimento tra il rock progressivo di ogni epoca.

E’ incredibile come la musica sia capace di troncare ogni parola superflua e dare sempre una risposta, zittire tutti e regalare a coloro che la colgono una via di fuga al piattume di una società con poche certezze e tanta stupidità.

Drammi che lasciano posto ad una sequela di frasi senza capo ne coda e che l’uomo saggio dovrebbe ignorare, cercano risposte tra le trame splendide di opere come il secondo lavoro su lunga distanza degli Althea dopo le meraviglie progressive di Memories Have No Name, licenziato un paio di anni fa e tornato lo scorso anno in versione fisica tramite la Sliptrick Records, etichetta che licenzia anche questo bellissimo The Art Of Trees.
Dario Bortot e compagni, da band collaudata, non cambiano di molto il proprio sound rispetto al primo lavoro. gli Althea hanno un loro approccio alla musica progressiva che li fa riconoscere immediatamente, sempre supportati da produzioni ed arrangiamenti di livello superiore e da un’alternanza tra le parti metalliche e quelle più soft che, oltre ad essere assolutamente personali, sono anche il loro maggior pregio.
Una musica delicata, raffinata ed elegante, supportata da un talento melodico straordinario si muove sinuosa tra le partiture progressive dei brani: una cascata di note che non mantiene prigionieri gli Althea in un determinato spazio temporale, ma permette loro di muoversi a piacimento tra il rock progressivo di ogni epoca.
Gli Althea sono bravi a non lasciarsi attrarre troppo da soluzioni cervellotiche e, invece di limitarsi ad esibire al mondo le loro capacità tecniche, lasciano che siano le emozioni scaturite dalla voce di Bortot e dalle splendide melodie di brani come One More Time, Evelyn, The Art Of Trees e Away From Me a prendere per mano l’ascoltatore accompagnandolo in questo bellissimo viaggio a ritroso in una vita che potrebbe essere quella di ciascuno di di noi.

Tracklist
01. For Now
02. Deformed to Frame
03. One More Time
04. Today
05. Evelyn
06. Not Me
07. The Shade
08. The Art of Trees
09. Away From Me feat. Michele Guaitoli
10. Burnout

Line-up
Dario Bortot – Guitars, Keys & Synths
Alessio Accardo – Vocals
Sergio Sampietro – Drums
Andrea Trapani – Bass

ALTHEA – Facebook

Voices From Beyond – Black Cathedral

E’ un ottimo lavoro questo secondo album targato Voices From Beyond, band che elabora senza timori reverenziali le proprie influenze toccando le corde degli amanti di una serie di icone metal.

Partita come label rock ed alternative, la Volcano ha ampliato i suoi orizzonti entrando di prepotenza nel mondo del metal e supportando ottime realtà nazionali ed internazionali.

Tra hard rock, alternative e rock ‘n’ roll trovano spazio gruppi dalle sonorità più marcatamente metalliche, come per esempio i Voices From Beyond, al loro secondo album dopo The Gates of Madness uscito ormai otto anni fa.
Black Cathedral è il titolo di questo nuovo lavoro che sicuramente non deluderà gli amanti del metal classico anni ottanta, un concentrato potentissimo e senza compromessi di heavy, speed e thrash metal.
Il quintetto proveniente da Rimini, trascinato dall’ottimo cantante Roberto Ferri, ci presenta una raccolta di brani che alternano i tre generi citati, in un turbinio di tempeste metalliche.
Composta da una serie di brani elaborati, la track list non lascia spazio ad incertezze, il gruppo convince fin da subito lasciando alle veloci e dirette Dark Age e The Hideout Of Evil il compito di colpire l’ascoltatore con ritmiche veloci e potenti, solos taglienti e ottimi refrain.
La bellissima power ballad La Valle Della Coscienza (cantata in italiano), chiude la prima parte e l’album riparte con il thrash metal di The Edge Of Time, con i Voices Of Beyond che ci aprono le porte della nera cattedrale con il metal progressivo ed oscuro della title track.
Descending Into The Abyss è il brano più estremo del lotto, una forza della natura di matrice thrash che conduce verso la fine dell’opera rappresentata dalla ballad semiacustica The Family.
E’ un ottimo lavoro questo secondo album targato Voices From Beyond, band che elabora senza timori reverenziali le proprie influenze toccando le corde degli amanti di una serie di icone metal, che vanno dai Maiden agli Exodus, dai Metallica ai Testament e ai primi Helloween (quelli arrabbiati di Walls Of Jericho): per gli amanti del genere un ascolto vivamente consigliato.

Tracklist
1. Dark Age
2. The Hideout of evil
3. Guardian of the Laws
4. I am The Presence
5. La Valle della Coscienza
6. The Edge of Time
7. The Black Cathedral
8. Descending into The Abyss
9. Across The Mountains
10. The Family

Line-up
Roberto Ferri – Vocals
Claudio Tirincanti – Drums
Michele Vasi – Guitar
Andrea Ingenito – Guitar
Enrico Ricci – Bass

VOICES FROM BEYOND – Facebook

Manam – Rebirth Of Consciousness

Rebirth Of Consciousness è un album affascinante, nel quale death, power e progressive metal sono l’impalcatura di un sound personale e studiato nei minimi dettagli, nonché ennesimo gioiello di una scena che si dimostra sempre più uno scrigno colmo di opere di valore.

Un concept che segue un viaggio spirituale è quello che ci propongono i Manam, giovane band fondata dal chitarrista e cantante Marco Salvador, al debutto con Rebirth Of Consciousness.

Melodic death metal, power ed ispirazioni progressive compongono questa raccolta di brani, molto vari ma legati dal concept e dall’approccio al genere che rimane assolutamente estremo e melodico.
Suonato e composto dalla band con l’ambizione di ottenere un prodotto originale senza snaturarsi troppo, l’album alterna tracce estreme, alcune delle quali potenziate da classiche ritmiche power, ad altre più orientate verso un mood progressivo e melodico che nobilita in modo importante brani come Atman Denied, che arriva subito dopo quello che era un classico episodio melodic death metal come Supernova.
Le parti in clean sono ottime, non così scontate come in altre realtà, il growl è potente mentre ineccepibile è la parte tecnica, che permette al gruppo di regalare brani di spessore come l’evocativa Revelation.
Total War è una traccia heavy metal tradizionale potenziata dall’attitudine estrema dei Manam, A Raw Awakening parte come una power ballad e si sviluppa in un crescendo estremo notevole, mentre la parola fine a questo lavoro la mette la progressiva, melodica e splendida Sahara.
Rebirth Of Consciousness è un album affascinante, nel quale death, power e progressive metal sono l’impalcatura di un sound personale e studiato nei minimi dettagli, nonché ennesimo gioiello di una scena che si dimostra sempre più uno scrigno colmo di opere di valore.

Tracklist
1. Fallen Leaves
2. Supernova
3. Atman Denied
4. Innerdemon
5. Revelation
6. Total War
7. A Raw Awakening
8. Anam
9. Sahara

Line-up
Marco Savador – Lead Guitar, Vocals
Fabiola Sheena Bellomo – Rhythm Guitar
Marco Montipò – Bass, Backing Vocals
Nicola Nik De Cesero – Drums

MANAM – Facebook

Lou Seriol – Occitan

Occitan è un disco molto bello e piacevole, che può rimettere in pace con il globo terracqueo, rivelando l’anima profonda del popolo occitano.

Torna il gruppo occitano moderno più conosciuto e di maggiore talento, i Lou Seriol con il suo ultimo disco che, come al solito, al suo interno racchiude molti tesori.

Occitan esce a distanza di sei anni dal precedente lavoro, Maquina Enfernala (2012), ed è un album completo, caratterizzato dall’incontro di molte sonorità, soprattutto folk, che hanno la peculiarità di non porsi confini e di andare sempre oltre. L’Occitania è un territorio fiero e dalle grandi tradizioni, dove si incontrano genti con lo sguardo sempre rivolto al futuro mantenendo le radici ben salde. I Lou Seriol scrivono musica con estrema facilità, le melodie sono sempre di grande effetto, e il risultato è di sentirsi come ad una bellissima festa di paese, dove si balla felici e il tempo si ferma per lasciare spazio agli uomini e alle donne, ai loro desideri, alle loro vite, alle loro paure e gioie. La fisarmonica viaggia leggera e guida il resto degli strumenti attraverso la corposa e piacevole struttura delle canzoni. Con i Lou Seriol si va sul sicuro, il suo mondo musicale è davvero vasto e particolare, tutto è al suo posto e si balla senza mai smettere di pensare. Il folk qui si esprime attraverso la sua identità più genuina e scorre naturale, facendo stare bene come se si fosse su di un prato fiorito di primavera. L’occitano è una lingua fortemente musicale, dolce o aspra quando lo deve essere, forte e precisa, figlia di un popolo con un grande cuore. Ci sono anche ospiti importanti che accompagnano il gruppo, come i Massilia Sound System (ascoltate tutta la loro discografia perché sono una delle cose che vi scalderanno maggiormente il cuore), l’armonicista Tom Newton, i friulani Radio Zastava, Alessio Perardi degli Airborn, e tanti altri. Occitan è un disco molto bello e piacevole, che può rimettere in pace con il globo terracqueo, rivelando l’anima profonda del popolo occitano. Chiude il disco una bellissima cover di Anarchy In The Uk dei Sex Pistols in lingua occitana.

Tracklist
1.Occitània
2.Constellacion
3.Ladres
4.Zen
5.Fungo Dance (La dança dau bolet)
6.Duèrm
7.Darbon
8.Crobàs
9.Joanina dal batalh
10.N’ai pro
11.Libres
12.Anarquia en Occitània

Line-up
Stefano Degioanni – vouz
Edoardo degioanni – semitun
Adriano Rovere – guitara
Bejamin Newton – bassa
Roberto Gaia – batteria

LOU SERIOL – Facebook

Proliferhate – Demigod Of Perfection

Demigod Of Perfection è un bellissimo esempio di prog death di matrice tradizionale, lontano dalle ispirazioni post rock di molti gruppi odierni o da tecnicismi esasperati, quindi rivolto più ad emozionare che a perdersi in ghirigori esecutivi fini a sé stessi.

Dopo i Brvmak, fuori con il bellissimo In Nomine Patris, ecco che la scena estrema tricolore ci regala un altro gioiellino di death metal, maturo e progressivo: la seconda opera dei Proliferhate, band torinese attiva dal 2012 ed arrivata sul mercato con il debutto In No Man’s Memory, datato 2015.

Demigod Of Perfection è un bellissimo esempio di prog death di matrice tradizionale, lontano dalle ispirazioni post rock di molti gruppi odierni o da tecnicismi esasperati, quindi rivolto più ad emozionare che a perdersi in ghirigori esecutivi fini a sé stessi.
L’album è dunque un’ottima esibizione di metal estremo, che trova spazio nei tanti e repentini cambi di atmosfera, in un’altalena assolutamente riuscita tra tempeste metalliche di stampo old school e pacati momenti di musica progressiva, rock ma soprattutto jazz.
Questo continuo mutare atmosfere e tensioni musicali porta ad un sound che, pur rifacendosi ai soliti nomi del metal estremo di fine secolo scorso, ha nella personalità la sua massima forza, in virtù di un’espressività che porta la band a confrontarsi con nomi storici senza timori reverenziali.
E facciamoli questi nomi: Opeth e Between the Buried and Me su tutti, anche se, come scritto, il gruppo torinese si districa bene quel tanto che basta per non risultare una band clone, grazie alle tante digressioni jazz/fusion che sull’album abbondano e rendono l’ascolto molto interessante.
La tecnica c’è, si sente ma non è la virtù primaria dei Proliferhate, risultando ben inserita nel sontuoso songwriting di cui si possono vantare brani del calibro di Conjuring the Black Hound, The Frailty of a Tender Soul e Naked Monstrosity.
In conclusione Demigod Of Perfection è un lavoro che conferma i Proliferhate come una delle band da seguire con più attenzione nel suo cammino nel mondo del metal estremo progressivo.

Tracklist
1. Prologue to Damnation
2. Conjuring the Black Hound
3. Auerbach’s Vineyard
4. The Frailty of a Tender Soul
5. Oberon
6. Naked Monstrocity
7. A Shadow from an Ancient Past
8. Euphorion
9. Demigod of Perfection
10. Elegant in Decay

Line-up
Omar Durante – Vocals/Guitar
Andrea Simioni – Bass
Daniele Varlonga – Drums
Lorenzo Moffa – Rhythm Guitar

PROLIFERHATE – Facebook

Zero – Waves Of Grief, Seas Of Regrets

In un genere nel quale molti pensano che si possa fare la differenza con una vocina pulita e qualche strillo, band come gli Zero portano tanta qualità ed un impatto devastante che disegna sorrisi soddisfatti sulle labbra degli amanti del metal estremo e moderno.

Metallo moderno e progressivo, una potente miscela di metalcore e djent che non lascia indifferenti per songwriting e livello esecutivo dall’alto tasso tecnico.

Tutto questo troverete in Waves of Griefs, Seas of Regrets nuovo lavoro dei nostrani Zero, band veneta nata tre anni fa dalle ceneri degli Zero Fucks Given, band metalcore trasformatasi in una nuova realtà, molto più matura e personale.
Proprio il metalcore, genere abusato in questi anni dalle nuove leve del metallo mondiale, si trasforma nelle mani degli Zero in un mostro musicale che non lascia scampo per tecnica esecutiva, violenza ed impatto, non perdendo un grammo di attitudine melodica in un contesto comunque estremo.
Nessuna concessione al metal adolescenziale da radio rock: in Waves Of Grief, Seas Of Regrets ci si imbatte in una tempesta di note e suoni di spessore, in mareggiate ritmiche che passano da cambi di tempo repentini a potentissimi stacchi core, in un lavoro chitarristico di prim’ordine ed una growl che ricorda il melodic death metal.
Nove brani che non fanno prigionieri prendono il via con l’intro strumentale Overwhelming Waves ed esplodono in tuoni e fulmini metallici già da Goodbye, Brother Sea, il brano più vecchio del lotto e da un paio di anni supportata da un lyric video.
Le tracce che compongono l’album non lasciano trasparire punti deboli e il gruppo di Thiene ne esce alla grande convincendo con la sua padronanza della materia e brani a tratti entusiasmanti (Stronger Than Ever, la title track, Choosing Oblivion).
In un genere nel quale molti pensano che si possa fare la differenza con una vocina pulita e qualche strillo, band come gli Zero portano tanta qualità ed un impatto devastante che disegna sorrisi soddisfatti sulle labbra degli amanti del metal estremo e moderno.

Tracklist
1.Overwhelming Waves
2.Goodbye, Brother Sea
3.Before You Judge
4.Stronger Than Ever
5.The Way Through
6.Waves of Griefs, Seas of Regrets
7.Future Debts
8.Choosing Oblivion
9.Yearning Shores

Line-up
Marco Zavagnin – vocals
Jacopo Bidese – drums
Tommaso Corrà – guitars
Matteo Nardello – bass

ZERO – Facebook

Felis Catus – Answers To Human Hypocrisy

Felis Catus è uno splendido visionario e ogni suo disco è particolare, ma forse questo Answers To Human Hypocrisy è davvero il migliore, sicuramente da sentire se si vuole correre liberi per terreni lunari e guardare le nostre vite dall’alto.

Il metal, e i suoi tanti sottogeneri, possono servire a tante cose, a scatenarsi o a dimenticare qualcosa, e in questo caso è un affilato strumento di ricerca, dentro e fuori di noi.

Fin dalla bellissima intro Babylon Returns si capisce che il progetto di Francesco Cucinotta, voce e chitarra dei catanesi Sinaoth, che è partito nel 2010, è di grande spessore ed è giustamente ambizioso. Come per il precedente Banquet On The Moon, Felis racconta delle storie, sviluppando narrazioni per andare oltre la musica, coinvolgendo altre discipline ed emozionando sempre. Felis Catus ci porta lontano, in altre dimensioni, dove il mondo e l’uomo sono visti da angolazioni non usuali. Anche la musica, suprema regina del regno di Felis Catus, non è per nulla ascrivibile a qualche genere o sottogenere in particolare, tutto fluttua ed è usato come si userebbero dei costumi di scena in un’opera teatrale. Troviamo del black metal, come dell’elettronica, alcuni momenti di illuminata improvvisazione e poi musica da film e molto altro. Non ci si muove per canzoni, ma per visioni, e la vena di Cucinotta è praticamente irresistibile, essendo egli una di quelle anime musicali di grandissimo talento che, se fosse nato trecento anni fa, sarebbe stato un eccellente compositore di musica classica. Per fortuna nostra ama il metal e ci regala qualcosa che va ben oltre il mondo metallico e anche la gamma delle nostre percezioni, questa è musica che è da ascoltare con attenzione, descrive le nostre vite umane, corte, tristi e faticose, perché questa è la realtà, poi possiamo raccontarci quello che si vuole. Felis Catus è uno splendido visionario e ogni suo disco è particolare, ma forse questo Answers To Human Hypocrisy è davvero il migliore, sicuramente da sentire se si vuole correre liberi per terreni lunari e guardare le nostre vite dall’alto.

Tracklist
01 Babylon Returns
02 Apocatastasis
03 Bohémien Bizarre
04 Through The Centuries
05 Commemoration
06 Ophis (Felix Culpa)
07 Somewhere
08 Wine And Roses
09 Jakob Lorber
10 Night Gaunts
11 Cupio Dissolvi
12 La Bàs
13 Ruins Of Shining Grace (Bonus Track)

FELIS CATUS – Facebook

Satan’s Grind – Degenerazione EP

Accompagnata da testi più articolati che in passato, la musica segue il nuovo corso concedendosi non solo alla violenza tout court, ma sorprendendo per una vena elettronica e, se mi passate il termine, progressiva, variando atmosfere e ritmi anche nello spazio di un brano lungo un solo minuto.

I Satan’s Grind sono di fatto la band del musicista pugliese Antonio, chitarrista con un passato nei Blood Soda che nel 2016 decide di lasciare il gruppo per dedicarsi a questo progetto estremo dai taglio grind.

Una serie di ep e split, un paio di cambi al microfono, ed un presente che vede il nuovo cantante Giovanni (proveniente anch’egli dai Blood Soda) alle prese con i nove brani che compongono questi dieci minuti di musica estrema alquanto sperimentale intitolata Degenerazione.
Accompagnata da testi più articolati che in passato, la musica segue il nuovo corso concedendosi non solo alla violenza tout court, ma sorprendendo per una vena elettronica e, se mi passate il termine, progressiva, variando atmosfere e ritmi anche nello spazio di un brano lungo un solo minuto.
La presenza del piano in alcuni brani, l’alternanza tra elettronica e grind efferato fanno di brani come Indulto, Elettroesecuzione, la title track e la conclusiva Reprobo un modo originale per proporre una musica estrema come il grind, orchestrato con sagacia dai Satan’s Grind.
Il duo sta lavorando al full length che dovrebbe uscire il prossimo anno, noi vi terremo informati, nel frattempo non perdetevi questi dieci minuti di musica targata Satan’s Grind.

Tracklist
1.Pozzo Per L’Ade
2.Indulto
3.Bagno Nel Cocito
4.Pietà e Coscienza
5.Elettroesecuzione
6.Palpitazioni
7.Morbo
8.Degenerazione
9.Reprobo

Line-up
Antonio – Drum, Guitar and Bass programming
Giovanni – Lyrics and Vocals

SATAN’S GRIND – Facebook

Flying Disk – Urgency

Ascoltare Urgency dà l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose, con un pezzo come Hammer che è nei dintorni dei migliori Unsane.

I Flying Disk sono giovani, vengo da Fossano provincia di Cuneo e suonano divinamente.

Con questo secondo lavoro i ragazzi superano il già buon esordio del 2014 Circling Further Down, che li ha portati all’attenzione di chi ama le sonorità pesanti ben strutturate e con una melodia solida e che si snoda per tutta la canzone. Il gruppo fossanese ha un tiro micidiale, una naturalezza nel muoversi che rende piacevole e solido tutto ciò che fa. Urgency è il disco perfetto fatto da chi sta in provincia, ma possiede una grande apertura mentale, per quanto riguarda la musica, di chi ha talento e vuole suonare. Ci sono momenti di estrema goduria nell’ascoltare questo disco, e alcuni pezzi hanno un deciso retrogusto grunge, nel senso che si ha quello stato di grazia fra melodia e pesantezza che solo i grandi gruppi possiedono. Sulla risposta alla domanda se i Flying Disk siano appunto un grande gruppo, la risposta è un sì molto deciso. Ascoltare il loro nuovo disco ti da l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose: un pezzo come Hammer è nei dintorni dei migliori Unsane, creando quella bella tensione musicale che solo il noise sa fare, con mille rivoli che vanno a formare un unico fiume lavico. Inoltre ci sono dei momenti di grazia vera e propria dove sembra di trovarsi con loro in saletta a suonare come se fuori ci fosse l’apocalisse. La chitarra sale e scende, il basso pulsa e la batteria è bella pulita con una voce che è pressoché perfetta per questo tipo di musica. Chi vedrà dal vivo questa band capirà quanta passione e dedizione abbia: i Flying Disk fanno fluire la musica in una provincia che non ti dà molto ma ti dà la spinta e il giusto inquadramento, nel senso che sai che probabilmente non farai mai i soldi, ma resterai sempre te stesso e potrai fare dischi bellissimi come questo Urgency, album che non conosce data di scadenza, e che a ogni nuovo ascolto regala sempre qualche sorpresa.

Tracklist
1. One Way to Forget
2. On the Run
3. Straight
4. Dirty Sky
5. Night Creatures
6. Hammer
7. Young Lizard
8. 100 Days

Line-up
Simone Calvo – Guitars, Vocals
Enrico Reineri – Drums
Luca Mauro – Bass

FLYING DISK – Facebook

Phandemya – Deathatomized

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.

Dall’underground estremo della capitale arrivano i Phandemya: Deathatomized è il primo mostruoso parto del combo, un ep composto da cinque brani più intro, registrati e prodotti al Defrag CheckRoom da Fabrizio Campomori, un breve ma intenso e letale tuffo nel thrash old school, feroce quanto basta per avere non poche similitudini con il sound creato e reso famoso dalla sacra triade made in Germany.

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.
Apotheosys è l’intro epico orchestrale, marziale nella sua pur breve durata ma che, con la giusta tensione, prepara all’aggressione sonora che da Juggernaut Assault in poi diventa furiosa e letale.
La voce è un rantolo cartavetrato, la produzione in linea con il sound crea un alone old school che fa di Speed Kills, di Μολων λαβε [Molon Labe] o di Deathatomized esempi di thrash dall’impatto di un carro armato, distruttivo, veloce e senza compromessi.
Accenni alla scuola statunitense si rinvengono in qualche passaggio chitarristico in Juggernaut Assault e nella conclusiva Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned e valorizzano ulteriormente il sound proposto dai Phandemya, nuova realtà da seguire nel panorama underground metallico made in Italy.

Tracklist
1.Apotheosys [Intro]
2.Juggernaut Assault
3.Speed Kills
4.Μολων λαβε [Molon Labe]
5.DeathAtomized
6.Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned

Line-up
Jacopo – Vocalist and Bass
Matteo – Guitar and Backing Vocals
Francesco – Guitar and Backing Vocals
Alessandro – Drums

PHANDEMYA – Facebook

Voland – Voland 2

Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

I Voland sono un duo di Bergamo formato nel 2006 e dedito al black death metal.

I membri dei Voland sono anche nel grande gruppo black Veratrum, e come Voland hanno all’attivo due ep che si possono scaricare entrambi dal loro bandcamp. Voland 2 è il loro ultimo ep del 2017, dedicato al centenario della rivoluzione bolscevica del 1917.
Il disco è un interessante concentrato di black metal sinfonico con sconfinamenti in campo death, ma la ragione sociale rimane il nero metallo. Il disco è molto potente ed evocativo ed esprime tutto l’amore per la cultura russa del duo. Voland 2 è anche frutto di una esauriente ricerca storica, andando a ricercare le cose sotto la superficie. Fin dall’iniziale 1917 l’afflato è epico e magniloquente e si capisce subito che i Voland sono un gruppo al di fuori della media, sia per la musica che per i testi. La musica è un black che ha qualcosa dei loro inizi atmosferici, ed è molto coinvolgente, suonata con potenza e ad ampio respiro: chiudendo gli occhi e ascoltando l’ep si possono facilmente immaginare gli ampi spazi della Madre Russia in fermento a causa dei bolscevichi che spezzano un’oppressione millenaria. Come sia andata a finire è sotto gli occhi di tutti, ma l’intento del disco è quello di far capire l’immensa portata della Rivoluzione del 1917, che non ha eguali nella storia dell’uomo. Il black in questo caso è il mezzo perfetto per veicolare la storia attraverso coordinate inusuali e molto più intuitive di un trattato di storia. La musica è di ottima fattura, come anche i testi che sono davvero notevoli e contribuiscono in maniera decisiva alla riuscita della cosa. Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

Tracklist
1.1917
2.Ottobre
3.Dubina
4.Outro

Line-up
Rimmon – Vocals
Haiwas – Instruments

VOLAND – Facebook

Breath Of Nibiru – Skyline Bazaar

Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tecnica enorme, produzione sfavillante ma pochissime emozioni.

Si potrebbe riassumere così la musica contenuta in quest’opera strumentale dei Breath Of Nibiru, duo internazionale composto dal chitarrista italiano Gianluca Ferro (Bouncing The Ocean, Doomsword, Time Machine) e dal batterista statunitense Nick Pierce (Unearth, The Faceless, Culling the Weak), freschi di firma con la nostrana Volcano Records, che promuoverà Skyline Bazaar, già pubblicato in Giappone dalla King Records e ha strappato un’opzione per il prossimo lavoro del duo con uscita prevista entro il 2019.
L’album è un lavoro interamente strumentale , dalle atmosfere sci-fi e pregno di soluzioni progressive moderne e di matrice djent, una lunga cascata di solos e soluzioni ritmiche assolutamente geniali, che sottolineano l’immensa tecnica di questi due maestri del proprio strumento, in un viaggio avanguardistico nel metal progressivo.
Detto ciò, l’ascoltatore non avvezzo alla scena progressive/djent o alle opere dei maghi dello strumento verrà sopraffatto dalla cascata di note dalle difficoltà tecniche mostruose, ma dalla poca sensibilità.
Skyline Bazaar è un album suonato da musicisti eccezionali e rivolto ad altri musicisti o appassionati che si crogiolano in diavolerie tecniche, ma che non lascia trasparire quel poco di feeling necessario per rendere il tutto più fruibile a noi comuni mortali.
Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tracklist
1.Road to Sunrise
2.Pandoras Dimension
3.Parallels
4.Additive
5.A Djinns Illusion
6.Unmasking the Jesper
7.Prisms
8.Exiled in Siberia
9.Skyline Bazaar

Line-up
Gianluca Ferro – Guitar
Nick Pierce – Drums

BREATH OF NIBIRU – Facebook

Infinita Symphonia – Liberation

Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.

La terza opera dei romani Infinita Symphonia, Liberation è l’ennesimo ottimo lavoro in arrivo dalla scena power metal tricolore, un’ora di metal dalle atmosfere classiche valorizzato da ritmiche di trascinante power, ed una vena epico progressiva dall’alto tasso melodico.

Licenziato dalla My Kingdom Music, l’album vede la partecipazione di una manciata di ospiti nazionali ed internazionali come le due “star” Ralph Scheepers e Blaze Bayley, Alessandro Conti, Julia Elenoir, Daniela Gualano, Gaetano Amodio e Alberto De Felice.
Ma il sound di Liberation non si ferma al solito power metal suonato a meraviglia, perché il gruppo raccoglie ispirazioni anche dalla frangia più moderna del metal e lascia che l’anima classica venga contaminata da queste pulsioni, rendendo l’ascolto altamente vario e particolarmente interessante proprio quando queste si fanno più sentire (splendida in questo senso la potentissima Coma).
E’ un susseguirsi di sorprese questo lavoro che passa dal metal classico al power valorizzato da spunti ritmici e refrain prog metal di scuola italiana (Labyrinth, Vision Divine), fino a soluzioni moderne che rasentano il thrash/groove (Be Wise Or Be Fool).
Tecnicamente ineccepibile e con il solito gran lavoro di Simone Mularoni che mette la sua firma su registrazione e masterizzazione (il mix è stato lasciato nelle mani di Claudio e Flavio Zampa), Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.
Lo spettacolare strumentale che conclude l’album (Q&A), un saliscendi tra le due anime del sound in un’atmosfera altamente progressiva, è la perfetta sintesi del credo musicale degli Infinita Symphonia, con i suoi undici minuti di metallo potente e nobile da non perdere.

Tracklist
1. Hope
2. The Time Has Come
3. Never Forget (feat. Ralf Sheepers)
4. How Do You Feel?
5. Coma
6. A Silent Hero (feat. Blaze Bayley)
7. Be Wise Or Be Fool (feat. Alessandro Conti)
8. A New One
9. Don’t Fall Asleep Again
10. Liberation
11. Q & A

Line-up
Luca Micioni – Lead and backing vocals
Gianmarco Ricasoli – Guitars, bass, backing vocals & orchestral arrangements
Ivan Daniele – Drums

Guests:
Blaze Bayley: vocals on song 6 *
Ralf Sheepers: vocals on song 3
Julia Elenoir and Daniela Gualano: vocals on song 8
Alessandro Conti: vocals on song 7
Gaetano Amodio: bass on song 3 *
Alberto De Felice: bass on song 7

INFINITA SYMPHONIA – Facebook

Eleim – Freak

Freak è un album davvero ben costruito, una sorpresa per gli amanti del genere, con la lingua italiana che ben si adatta al sound del gruppo e composto da una tracklist senza punti deboli

Gli Eleim sono un quartetto toscano attivo dal 2010 ed arrivato tramite la Buil2kill Records al terzo lavoro.

Si ripresentano sul mercato metallico underground con una nuova formazione e questo ottimo lavoro dal titolo Freak, un potentissimo concentrato di thrash/groove metal, tra tradizione e modernità cantato in lingua madre.
Freak è un album davvero ben costruito, una sorpresa per gli amanti del genere, con la lingua italiana che ben si adatta al sound del gruppo e composto da una tracklist senza punti deboli.
Bordate metalliche moderne si alternano a sfuriate thrash metal, l’uso della voce è in linea con le nuove tendenze, aggressivo e graffiante ma perfettamente leggibile tra le tonnellate di riff con cui la band travolge l’ascoltatore.
L’impatto notevole di Freak si palesa già dall’opener I Nuovi Mostri, con la quale gli Eleim, precisi, potenti e melodici, esibiscono ritmiche dal groove poderoso, citazioni di nobile metallo (l’inizio di Fate di Confine ricorda Flesh Of The Blade dei Maiden) e brutali sfumature core.
Registrato, mixato e masterizzato da Tai Fronzaroli al Tai Sevenstudio di Calenzano vicino a Firenze, Freak è un ottimo prodotto 100% italiano, studiato in ogni minimo dettaglio, con un sound che trova le proprie ispirazioni in gruppi come Pantera e Gojira, ma plasmandoli ad uso e consumo della varie Danza Macabra e A Cuore Aperto.
L’invito all’ascolto di Freak è d’obbligo così come i complimenti alla band toscana per il riuscito connubio tra metal dal taglio internazionale e l’uso della lingua italiana,

Tracklist
1. I Nuovi Mostri
2. Fate Di Confine
3. Erotica
4. Ali di Carta
5. Piccolo Mio
6. Mari
7. Danza Macabra
8. Marrick
9. A Cuore Aperto
10. Edward Mondrake

Line-up
Joe Eleim – Voce
Niko wylde – Chitarra
Taralane – Basso
Damian Pierucci – Batteria

ELEIM – Facebook

Ru Fus – Vita Natural Durante

Vita Natural Durante è una di quelle gemme che vivono nel sottobosco e che sono gioie riservate a chi vuole ricercare, e non a chi vuole trovarsi la pappa pronta.

Ru Fus è un’anima musicale che ha attraversato molti momenti del sottobosco musicale pisano ed è arrivato finalmente all’esordio solista, dopo che è stato in molti gruppi, volendo esprimersi in totale libertà e ne esce una buona prova.

Ru Fus ha cominciato a fare musica tanti anni fa dopo essere stato folgorato da un concerto dei Soundgarden, e fonda nel 1993 gli Akchol Folw che si sciolgono nello stesso anno; entra quindi nella band punk rock Ganzi e Rozzi dalla quale poi esce per andare a far parte del seminale gruppo degli Zen, che poi diventeranno Zen Circus, con i quali rimane fino alla fine del 1999. Da qui comincia una peregrinazione in vari gruppi, con tanti concerti e tante canzoni macinate. Questo suo primo disco solista arriva al momento giusto ed è un piacere da sentire, sia perché è grunge fino al midollo, sia perché è un qualcosa di molto differente rispetto a ciò che si sente ora in giro. Innanzitutto la grande esperienza di Ru Fus è seconda solo al cuore che ci apre e ci fa vedere ogni suo battito, attraverso la lente della musica. La voce di Ru Fus è carica, calda e si potrebbe definire grunge blues, ti scava dentro e non ti lascia scampo. Il primo lavoro solista del musicista pisano non è però meramente nostalgico, prende come struttura portante il grunge, ma ha molte sfaccettature ed è un opera completa e che regala molte emozioni. Per chi ama certe sonorità è un ritorno ad un qualcosa che sembrava scomparso, anche perché le band che si rifanno al grunge spesso lo seguono in maniera ortodossa, mentre la sua essenza è ben catturata da Ru Fus, che ne coglie le cose migliori e le porta a galla attraverso la propria sensibilità. Vita Natural Durante è una di quelle gemme che vivono nel sottobosco e che sono gioie riservate a chi vuole ricercare, e non a chi vuole trovarsi la pappa pronta.

Tracklist
01. Da nessuna parte
02. Giornate nuvolose
03. Vecchie radici morenti
04. Fuori di testa
05. Solo
06. Mustangata
07. Grasso sole
08. Senza via d’uscita
09. Scalpo nero
10. Panic
11. Servi un signore
12. Ieri, oggi e domani

RU FUS – Facebook

Tragodia – Before The Fall

Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener e non trovando intralci sulla strada percorsa.

Groove progressive metal di buona qualità, un’atmosfera gotica che incupisce l’atmosfera ed un neanche troppo nascosto impatto thrash sono le peculiarità di questo quarto album targato Tragodia, band lombarda al quarto full length tramite la Revalve Records.

Il gruppo nostrano, dopo cambi di line up e tre album tra il 2007 e il 2013, ritorna dopo cinque anni con dieci nuovi brani che compongono il nuovo Before The Fall, un album dalla potente forza metallica dietro ad un velo di gotiche melodie.
Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener The Untrodden Road e non trovando intralci sulla strada percorsa.
Un album intenso nell’approccio, senza ballad, a parte lo strumentale Of Dark Suns and Dying Stars, sorta di intro alla seconda parte della tracklist, mentre cresce all’ascolto il sentore di essere al cospetto di un quartetto collaudato e dalla ben delineata personalità.
I refrain melodici sono il punto forte di Before The Wall, e vengono alternati a possenti cavalcate progressive che avvicinano la band al metal teatrale della scena statunitense (Veils Of Grey e la title track).
Prodotto splendidamente, così da poter apprezzare in pieno i vari passaggi tra potenza e melodia incastonati in piccoli gioiellini metallici come The Fifth Season e The Forgery, Before The Fall è un ottimo esempio di metal potente e melodico.

Tracklist
1.The Untrodden Road
2.Master of the Loss
3.Veils of Grey
4.The Fifth Season
5.Adrift
6.Of Dark Suns and Dying Stars
7.Before the Fall
8.Star-Driven
9.The Forgery
10.The House by the Grove

Line-up
Luca Meloni – Vocals
Riccardo Tonoli – Guitars
Marco Nicoli – Bass
Daniele Valseriati – Drums and percussion

TRAGODIA – Facebook

Ear Buzz – Planetarium

L’atmosfera che aleggia sulle quattro canzoni dell’album varia tra la grezza elettricità del rock e quella più introspettiva e dai raffinati accenni pop, in un’alternanza di sfumature che è il punto di forza del sound di questi cinque ragazzi campani.

Ci capita sempre più spesso di imbatterci in nuove realtà musicali nate su e giù per lo stivale. lontane magari dai canoni metallici abituali di webzine come MetalEyes, ma ugualmente meritevoli di essere portati all’attenzione dei lettori.

Gli Ear Buzz, per esempio, sono una giovane band fondata a Torre del Greco quattro anni fa, arrivati solo ora all’esordio, ma molto attivi fin da subito in sede live.
Il loro primo ep si intitola Planetarium, con quattro brani che si rifanno all’indie rock ma con un prezioso tocco alternative, così che la loro visone di rock moderno alterni atmosfere soft ed impennate elettriche.
L’uso della doppia voce maschile e femminile, poco usata nel genere, contribuisce a rendere i brani ancora più originali, con il tastierista Pietro Montesarchio a duettare con la chitarrista Ilaria Bellucci su Harriet, il brano maggiormente alternative rock dei quattro presenti in Planetarium.
L’atmosfera che aleggia sulle quattro canzoni dell’album varia tra la grezza elettricità del rock e quella più introspettiva e dai raffinati accenni pop, di cui è ricca Shining Eyes, un’alternanza di sfumature che è il punto di forza del sound di questi cinque ragazzi campani.
Un inizio che lascia buone sensazioni per proseguo del cammino musicale intrapreso dagli Ear Buzz.

Tracklist
1.November 11
2.Harriet
3.Shining Eyes
4.Mass Destruction

Line-up
Ciro Ivan Medio – Batteria
Fabio Balzano – Basso
Francesco Valerio Vitiello – Chitarra solista
Pietro Montesarchio – Tastiera e voce
Ilaria Bellucci – Voce e chitarra ritmica

EAR ZERO – Facebook

Petrolio – L + Esistenze

Musica che si raccoglie in cristalli che mutano in continuazione, per un’opera che mancava da tempo nel panorama italiano, un qualcosa di grande profondità e ricerca musicale, fatta con tanti musicisti eccezionali e prodotta grazie ad una cospirazione do it yourself.

Il nuovo disco di Petrolio, aka Enrico Cerrato già bassista degli Infection Code, è un contenitore di vite musicali, esistenze terrene e viaggi onirici.

Petrolio ha esordito nel 2017 con il disco Di Cosa Si Nasce, l’inizio di un progetto ben preciso, una grande mappa di rumori ed emozioni, dove l’uomo è misura di tutte le cose che possono essere suonate. Da tempo mancava in Italia un produttore con questa cifra, un musicista che si mette in gioco prima fra le proprie mura domestiche e poi si mette insieme ad altri che la vedono come lui per continuare il viaggio. Questo disco presenta diverse visioni nate da diverse esistenze messe assieme, accomunate da un comune sentire della musica e da una totale originalità di ogni visione. Petrolio è il minimo comune denominatore, al quale si aggiungono molti ospiti tutti davvero d’eccezione e di grande resa, come Jochen Arbeit (Einstürzende Neubauten , Automat , AADK , Soundscapes ), Fabrizio Modonese Palumbo (( r ), Almagest !, Blind Cave Salamander , Coypu , Larsen , XXL ), Aidan Baker ( Nadja ), Sigillum S, MaiMaiMai e N Ran, veramente fra il meglio della scena noise elettronica. Praticamente inutile tentare di rinchiudere in qualche genere musicale ciò che viene fuori da questo lavoro, che è uno grande sforzo perfettamente compiuto, poiché riesce a coniugare diverse visioni e soprattutto da vita ad un grande disco, che si avvicina ai territori dark ambient, power electronics, ed elettronica altra ma va oltre, molto oltre. Il disco esce sia in vinile che in cassetta, e ha due tracklist differenti, in maniera che per avere il lavoro completo si devono avere entrambi i formati. Ogni pezzo ha un grande valore, ogni canzone suscita differenti emozioni, in un rimbalzo continuo fra cuore e cervello, reni e chakra, con continue vibrazioni di corpo e mente, perché tutto è collegato. Musica che si raccoglie in cristalli che mutano in continuazione, per un’opera che mancava da tempo nel panorama italiano, un qualcosa di grande profondità e ricerca musicale, fatta con tanti musicisti eccezionali e prodotta grazie ad una cospirazione do it yourself di diverse etichette.

Tracklist Vinyl/ Digital
1 Ne Tuez Pas Les Anges (Petrolio + Aidan Baker)
2 La Maladie Connue (Petrolio + Sigillum S)
Scindere 2 animes (Petrolio + Jochen Arbeit)
3 Fish Fet (Petrolio + MaiMaiMai)
4 L’eterno Non E’ Per Sempre (Petrolio + Fabrizio Modonese Palumbo)
5 Ceralacca E Seta (Petrolio + Naresh Ran)

Tracklist Tape/Digital
1 Heilig Van Blut (Petrolio + Aidan Beker)
2 Peregrinos De Almas (Petrolio + Sigillum S)
3 Wood And The Leaf Rite (Petrolio + Jochen Arbeit)
4 Cut The Moon (Petrolio + MaiMaiMai)
5 Ojos Eyes And L’Ecoute (Petrolio + Fabrizio Modonese Palumbo)
6 Vuoto A Perdre (Petrolio + Naresh Ran)

Line-up
Enrico Cerrato: synth, chitarra, elettronica
Fabrizio Modonese Palumbo: viola elettrica, chitarra, ebow.
 (Registrato da Paul Beauchamp presso l’O.F.F. Studio Torino).
Aidan Baker: chitarra, basso, occult noises
Sigillum S: piano, synth, noises, fool rhithms
Jochen Arbeit: chitarra fx
MaiMaiMai: machines e distorsioni
Naresh Ran: voce, testi, noises

PETROLIO – Facebook

RED B. – Night’s Callin’

Night’s Callin’ è un’opera senza tempo come senza tempo è un genere come l’hard’n’heavy classico quando è composto da belle canzoni suonate e, soprattutto, cantate alla grande da un’artista di spessore come Red Bertoldini.

Torna a ruggire uno dei personaggi storici del metal tricolore, Red Bertoldini, batterista e cantante dei Dark Lord (è dello scorso anno la reunion) e di un’altra manciata di gruppi, con un nuovo album solista sotto il monicker di RED B.

Night’s Callin’ è il suo terzo lavoro, dopo Red Bertoldini, uscito nel 2014 e Just Another Hero dell’anno successivo: qui il vocalist veneto è accompagnato da tre ottimi musicisti come Tony T. alla batteria, Edo alla chitarra e Gilberto Ilardi al basso.
Night’s Callin’ risulta un graffiante esempio di hard & heavy classico, con le sue radici ben piantate tra gli anni ottanta ed il decennio precedente, con il cantante che non accusa minimamente il passare degli anni e ruggisce da par suo su brani potenti ed agguerriti come Fallin’ Through The Sky ed Everybody, avvio esplosivo di questo ottimo lavoro.
Sfumature southern accompagnano il singer sulle ballad I’ve Been Killing e The End, mentre la conclusiva A Man In The Mirror ricorda la Blindman degli Whitesnake del classico Ready An’ Willing.
Il resto dell’album varia tra scelte stilistiche orientate verso l’hard & heavy ottantiano (Into The Street e la title track) ed altre in cui un’anima blues si impadronisce della bellissima Bad Woman, brano che sembra uscito dalla tracklist dell’unico ed irripetibile album frutto della collaborazione tra David Coverdale e Jimmy Page.
Night’s Callin’ è un’opera senza tempo come senza tempo è un genere come l’hard’n’heavy classico quando è composto da belle canzoni suonate e, soprattutto, cantate alla grande da un’artista di spessore come Red Bertoldini.

Tracklist
1.Fallin’ Though The Sky
2.Everybody
3.I’ve Been Killing
4.Into The Street (Intro)
5.Into The Street
6.Night’s Callin’
7.Lookin’ Stars From The Sea
8.The End
9.Bad Woman
10.A Man In The Mirror

Line-up
Red Bertoldini – Lead Vocal
Tony T. – Drums
Edo – Guitars
Gilberto Ilardi – Bass

RED B. – Facebook

Nefesh – Panta Rei

Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Quarto album per gli anconetani Nefesh, nati dalla mente del chitarrista e compositore Luca Lampis.

La visione musicale e poetica del gruppo è molto profonda e anela ad andare molto lontano, e questo disco ne è la prova. Il disco è infatti un concept album in cui le canzoni sono concatenate in maniera diversa fra loro, e infatti lo si può ascoltare in modi differenti : chi vuole può far scorrere le tracce in sequenza anche casuale, ma il modo migliore è quello di ascoltarlo più e più volte di maniera da carpire la complessa profondità di questo lavoro, che si divide in tre trilogie di tre canzoni ciascuna. Gli stili musicali sono diversi, dal prog al thrash, al sympho metal, ma è il progressive a guidare la struttura musicale dei Nefesh. L’intreccio fra musica è ben strutturato e assai profondo, ci sono molte concatenazioni e rimandi ed il tutto è studiato fin nei minimi particolari. Personalmente trovo notevolissimi i brani in italiano, che rimandano alla nostra migliore tradizione prog, in quanto sono anche pezzi molto evocativi e speciali; i pezzi in inglese sono più veloci e potenti, sono altrettanto buoni, ma le canzoni in italiano sono superiori. Un gruppo come i Nefesh cura e valorizza ogni nota del disco, nulla è fatto per caso e dietro a tutto c’è un lavoro profondo e di qualità. Panta Rei è tante cose, ma fondamentalmente un disco sulle relazioni umane, e quindi sull’uomo. I testi, mai ovvi, colgono aspetti molto importanti di noi stessi, ma la cosa fondamentale di questo disco è che lascia aperta una porta alla speranza, cercando di trovare degli argomenti positivi volgendo il nostro sguardo verso il cielo, perché ciò che sta sopra di noi è forse la nostra unica ancora di salvezza. Come i dischi prog metal di alta qualità, Panta Rei possiede molti livelli diversi ed è una terra inesplorata che garantisce molti ascolti regalando molte gioie a chi vuole scavare dentro la musica e dentro sé stesso, perché questa è una grande opus sull’uomo e sulle sue emozioni.

Tracklist
01. Outro – Preludio Al Ritorno
02. Panic!
03. Luce Candida
04. The Hidden Sun
05. Preludio Al Divenire
06. The Hell You Are!
07. Vite Condivise
08. Please, Stay
09. Preludio Al Risveglio
10. Be Damned!
11. Costellazioni
12. A New Inner Vision
13. Intro

Line-up
Luca Lampis – Guitars/Arrangements/Lyrics
Michele Baldi – Drums
Matteo Sbrolli – Vocals

NEFESH – Facebook