Omnisight – Power Of One

Mezz’ora di musica progressiva fuori dai soliti cliché in compagnia dei canadesi Omnisight.

Un altro piccolo gioiello underground proveniente dal nuovo continente, precisamente da Vancouver (Canada), arriva a deliziare il sottoscritto che non può esimersi dal farvi partecipi dell’ottimo lavoro svolto dai Omnisight, quartetto di prog metal/hard rock tornato sul mercato con questo ep di cinque brani dal titolo Power Of One.

La tecnica della band è messa al servizio di un hard rock/metal che non disdegna fughe progressive e repentini cambi di ritmo, mantenendo una forte identità alternative che la sottrae da facili riferimenti con i gruppi prog metal (anche se in alcuni casi qualche riferimento ai Dream Theater esce allo scoperto), per avvicinarsi maggiormente ai gruppi americani usciti dal decennio novantiano e troppo superficialmente buttati, all’epoca, nel calderone della musica proveniente da Seattle come i Kings X, a mio parere massima ispirazione per gli Omnisight, insieme ai Racer X di Paul Gilbert.
Certo, non manca di groove la musica del gruppo canadese, a ribadire la forte influenza dell’ hard rock moderno sul sound del gruppo di Raj Krishna e compagni, abili nel saper gestire i vari input per creare una musica progressiva a suo modo lontana dai soliti cliché.
I cinque brani presentati sono tutti molto belli, a partire dall’opener Shift The Paradigm, con gli altri brani che mantengono le caratteristiche di cui si parlava, e lo strumentale Fall Of The Empire che si avvicina allo shred e punta le luci della ribalta sul talento dei quattro musicisti.
Un bellissimo lavoro, un’altra mezzora alle prese con musica progressiva in un contesto alternativo alle solite atmosfere.

Tracklist:
1. Shift The Paradigm
2. Resistance
3. Seven Sisters
4. Fall of The Empire
5. Power of One

LINE-UP
Raj Krishna – Rhythm, Lead guitars and Lead Vocals.
Chris Warunki – Drums
Dave Shannon – Bass and Backing Vocals (Endorsed by Sabian Cymbals and Epek Drums)
Blake Rurik – Lead Guitars

OMNISIGHT – Facebook

Radio Free Universe – Casa Del Diablo

Casa Del Diablo è consigliato senza riserve ai rockers dai gusti vintage, genere che di questi tempi regala bellissimi lavori come caramelle e dolcetti il giorno di Halloween!

Cosa si suona nella casa del diavolo se non hard rock blues?

Magari come fanno i canadesi Radio Free Universe, che al rock vintage dai rimandi settantiani aggiungono dosi letali di grunge ed alternative così da creare una proposta dall’appeal altissimo e per tutti i gusti.
Ottimo debutto quindi per la band proveniente dal lago Ontario, che dalle frequenze della propria radio riempie l’atmosfera di rock sanguigno con un lotto di canzoni davvero belle e per giunta varie, passando da riff scolpiti sulla roccia scalata da Jimmy Page su The Song Remains The Same, al selvaggio hard rock cantato da Chris Cornell nei primi album dei Soundgarden, senza farci mancare poi atmosfere psichedeliche tipiche degli anni dove comandava la cultura flower power, con sfumature orientaleggianti dal retrogusto acido (Butterfly).
Mixato e masterizzato da Glen Robinson (Voivod) e distribuito dalla Jet Pack, l’album ci accoglie nella casa del diavolo che, passato l’uscio si presenta come un giardino fiorito, un labirinto di musica rock dove ad ogni angolo troviamo le icone della nostra musica preferita intente a riprodurre leggendarie armonie, riprese da una serie di album immortali (Led Zeppelin II, Louder Than Love, Deep Purple In Rock, Southern Harmony And Musical Companion), mentre un buffet di funghi allucinogeni ed insalate di erbe magiche ci aspetta per saziarci e farci perdere tra le stanze e gli anfratti della diabolica casa/giardino.
Ed infatti Magnolia Girl è un blues distorto che ipnotizza, prima che l’atmosfera sixties di The Rest Of Us ci abbandoni tra le sinuose forme di una sacerdotessa hippy, con noi ancora storditi dal riffone di 18 Wheels creato da Page ma suonato da Iommi.
Dirty Little Things è un blues sabbathiano, mentre ci sembra che le armonie acustiche e vocali prese da Led Zeppelin III di Armageddon Road chiudano definitivamente ogni speranza di uscire dall’infernale casa, ma è un attimo ritrovare la strada con le ariose hard rock songs che avvicinano l’album alla conclusione (Rhythm And Bones e Happy)
Esordio più che positivo per la band canadese, Casa Del Diablo è consigliato senza riserve ai rockers dai gusti vintage, genere che di questi tempi regala bellissimi lavori come caramelle e dolcetti il giorno di Halloween!

TRACKLIST
1. American Gun
2. Disclosure
3. 18 Wheels
4. Butterfly
5. DMT
6. Six
7. Magnolia Girl
8. The Rest of Us
9. Dirty Little Things
10. Rhythm and Bones
11. Happy
12. Armageddon Road

LINE-UP
George Panagopoulos – Vocalist, lyricist
Ryan DavieBackup – Vocalist, guitarist
Ashton Norman – Drums
Adam Neumann – Backing vocals, bass

RADIO FREE UNIVERSE – Facebook

Chrome Molly – Hoodoo Voodoo

Hoodoo Voodoo supera il buon predecessore e la band, ritrovando un minimo di continuità, imprime al sound del disco nuovo smalto e freschezza così che l’ascolto risulta fluido e l’hard’n’heavy della band si riveste di ottime melodie e di un’aggressività degna di giovincelli.

Direttamente dagli anni ottanta arrivano i Chrome Molly, gruppo inglese ai margini del successo ma valido a livello qualitativo, con il proprio sound che ha sempre mantenuto la giusta via di mezzo tra la new wave of british heavy metal e l’hard rock di scuola britannica.

Il gruppo di Leicester ha attraversato gli anni ottanta con lavori che lo portarono a dividere il palco con nomi altisonanti della scuola metallica come Alice Cooper e Ozzy Osbourne, ma non trovò mai il successo fuori dalla scena metallica rimanendo il classico gruppo conosciuto dagli amanti del genere.
Eppure la loro musica rimane anche oggi un buon ibrido tra aggressività dell’heavy metal e la grinta hard rock che richiama la fine degli anni settanta e i lavori dell’epoca di Uriah Heep (a tratti) e UFO.
I Chrome Molly andarono in letargo all’alba degli anni novanta, per tornare dopo ventitré anni (nel 2013) con un nuovo album, il discreto Gunpowder Diplomacy: Hoodoo Voodoo supera il buon predecessore e la band, ritrovando un minimo di continuità, imprime al sound del disco nuovo smalto e freschezza così che l’ascolto risulta fluido e l’hard’n’heavy della band si riveste di ottime melodie e di un’aggressività degna di giovincelli.
La musica condensata in questo lavoro rimane ancorata ai canoni del genere, le varie tracce formano un best of dell’hard & heavy di scuola britannica, con Steve Hawkins a dispensare consigli ai giovani vocalist in procinto di dedicarsi al classic metal, chitarre che graffiano da par loro ed una manciata di brani di alta scuola.
Un accenno ai sempre presente Iron Maiden, specialmente nei solos che prendono fuoco sotto le dita di John Foottit e Sam Flint, e tanto hard rock irresistibilmente britannico, con almeno una manciata di brani dall’alto voltaggio (Can’t Be Afraid of the Dark, Pillars Of Creation (Albion) e Rock For You) ed uno sguardo aldilà dell’oceano con la ballad di frontiera Now That Those Days Have Gone.
In conclusione, un ottimo album ed una band da riscoprire, specialmente se gli anta li avete superati da un po’ e nel genere avete lasciato un pezzo del vostro cuore.

TRACKLIST
01. In The Beginning
02. Can’t Be Afraid Of The Dark
03. Some Kind Of Voodoo
04. Pillars Of Creation (Albion)
05. Now That Those Days Have Gone
06. Indestructible
07. Save Me
08. Rock For You
09. Feeling Pressurised
10. Dial ‘F’ For Freakshow

LINE-UP
Steve Hawkins – voce
John Foottit – chitarra
Sam Flint – chitarra
Nick Wastell – basso
Greg Ellis – batteria

CHROME MOLLY – Facebook

Långfinger – Crossyears

Segnatevi il monicker Långfinger perché tornerà presto a tormentare le serate in compagnia del vostro amato stereo, riempiendo il vostro spazio di ottima musica rock, dove hard sta per potenza e blues per attitudine

Un’altra perla di hard rock vintage arriva a fare il paio con il bellissimo album dei rockers Captain Crimson, a conferma del talento per un certo tipo di rock rinvenibile in terra svedese.

Da Goteborg arriva questo power trio che, sotto il monicker Långfinger, ci strapazza con Crossyears, album dal sound che pesca dalla tradizione ma non manca di sfondare crani sotto macigni ritmici pieni di groove ed un attitudine alternativa che rompe, a tratti, l’alone settantiano che avvolge i brani dell’album.
Pura potenza hard rock, Crossyears parte sgommando con tre brani che lasciano per strada una spessa traccia di pneumatico che brucia sotto il sole e l’asfalto caldo del blues rock, mentre la title track è un’irresistibile traccia semiacustica, attraversata da una solista sanguigna, un inno blues rock d’altri tempi dove i riff hendrixiani fanno da contorno ad un’atmosfera rituale e dertica.
Atlas è comandata da un hammond purpleiano e nel deserto ci accompagna, con i suoi umori stonerizzati e un’atmosfera da sabba perennemente avvolto in un trip da cui non si esce, se non con i ritmi cladi della southern Buffalo, mentre il basso risulta un cuore che batte impazzito sulla potentissima Caesar’s Blues.
Perdendoci in questo trip, dove hard rock e blues fanno da colonna sonora a fumosi viaggi zeppeliniani non è così difficile incontrare note riconducibili ai primi passi dell’hard rock statunitense nato nelle cantine della piovosa Seattle, così che tra una jam e l’altra si finisce per godere di melodie settantiane e hard rock che ricorda i Soundgarden più selvaggi (Window In The Sky).
Segnatevi il monicker Långfinger perché tornerà presto a tormentare le serate in compagnia del vostro amato stereo, riempiendo il vostro spazio di ottima musica rock, dove hard sta per potenza e blues per attitudine.

TRACKLIST
1. Feather Beader
2. Say Jupiter
3. Fox Confessor
4. Crossyears
5. Atlas
6. Silver Blaze
7. Buffalo
8. Caesar’s Blues
9. Last Morning Light
10. Window in the Sky

LINE-UP
Victor Crusner – Vocals, Bass, Keyboards
Kalle Lilja – Guitars
Jesper Pihl – Drums

LANGFINGER – Facebook

Danko Jones – Wild Cat

Si arriva facilmente alla fine senza riscontrare il minimo calo di tensione in quanto Wild Cat è un album trascinante e pieno di hit: i Danko Jones sono tornati in forma e tutto gira a meraviglia, lunga vita al rock’n’roll.

Il rock’n’roll è come un gatto e lo sa bene chi ha avuto a che fare con i notturni felini: pigri e sornioni, quando sembrano abbandonati ad un sonno perenne ecco che una scintilla scatena la loro natura selvaggia, ed è il caos …

Wild Cat, ultimo lavoro dei canadesi Danko Jones in uscita per AFM Records in tutto il mondo, tranne nella terra natia del gruppo (in Canada il disco uscirà per eOne), accompagnato da una copertina vintage raffigurante un amico felino tutto grinta e cattiveria, ci consegna un gruppo che, come un gatto, si scrolla di dosso un pizzico di pigrizia creativa uscita nelle ultime prove e sforna la miglior prova da un po’ di tempo a questa parte.
It’s only rock ‘n’ roll ovviamente, ma con Wild Cat i Danko Jones ritrovano uno stato di grazia nel songwriting che permette all’ascoltatore di godere di tutte le caratteristiche della loro musica, ovvero grinta, impatto e urgenza rock’n’roll unita ad un flavour settantiano, che fa da sempre la differenza.
Poco meno di quaranta minuti, durata perfetta per una mitragliata di musica rock sanguigna e ricca di killer songs una più indiavolata dell’altra, fin dall’opener I Gotta Rock, passando per l’irresistibile ritmica di My Little RnR, unica concessione da parte del gruppo alla scena scandinava ed in particolare ai Backyard Babies degli esordi.
Poi è un’apoteosi di hard rock stradaiolo, con i Thin Lizzy padri spirituali della musica prodotta dal chitarrista e cantante canadese ed i suoi degni compari (John Calabrese al basso e Rich Knox alle pelli).
Going Out Tonight gode di un refrain che entra in testa al primo ascolto, l’album risulta come sempre concepito per essere suonato dal vivo, l’elemento migliore per il rock’n’roll e You Are My Woman vi farà saltare sotto il palco ai prossimi concerti del gruppo con Jones sempre più erede di Phil Lynott.
Arrivati alla quarta canzone possiamo sicuramente affermare di esserci divertiti, mentre si avvicina la metà dell’album e si continua a balzare come gatti selvaggi, sulle note di Let’s Start Dancing e la title track irresistibile inno da felini persi nelle strade umide di una metropoli notturna.
Si arriva facilmente alla fine senza riscontrare il minimo calo di tensione in quanto Wild Cat è un album trascinante e pieno di hit: i Danko Jones sono tornati in forma e tutto gira a meraviglia, lunga vita al rock’n’roll.

TRACKLIST
1. I Gotta Rock
2. My Little RnR
3. Going Out Tonight
4. You Are My Woman
5. Do This Every Night
6. Let’s Start Dancing
7. Wild Cat
8. She Likes It
9. Success In Bed
10. Diamond Lady
11. Revolution (But Then We Make Love)

LINE-UP
Danko Jones – Vocals, Guitars
John Calabrese – Bass
Rich Knox – Drums

DANKO JONES – Facebook

Wheel Of Smoke – Mindless Mass

Un album per riscoprire in modo personale il valore assoluto della musica rock negli ultimi decenni del vecchio millennio, maneggiatelo con cura se vi ci avvicinate, crea dipendenza.

Musica progressiva tradizionale, hard rock direttamente dal periodo d’oro (gli anni settanta) e stoner rock disidratato del sole caldo della Sky Valley, unite tutto questo ben di dio in un unico sound ed avrete tra le mani il nuovo lavoro del gruppo belga, al secolo Wheel Of Smoke, quartetto che si è inventato un album, Mindless Mass, davvero affascinante.

Insieme dal 2005, il gruppo arriva al traguardo del terzo full length, rigorosamente autoprodotto, dopo due opere targate 2011 (In Sense) e 2013 (Signs Of Saturn) ed un ep licenziato in formato digitale lo scorso anno (Enter the Pyramid), continuando così con il nuovo album il suo percorso artistico fatto di ispirazioni ed influenze che formano un pianeta musicale a parte, considerando il sound personalissimo che ne scaturisce.
Si diceva progressive, ed allora non si può non fare i conti con una sezione ritmica che, senza lasciare grosse indicazioni, cambia ritmo ogni attimo, ed in alcuni casi (Degeneration) impregna lo spartito di sangue lasciato cadere dal progressive dei nostrani Goblin o dalle note imprevedibili del Re Cremisi, per poi affondare la lama con letale hard rock psichedelico e stoner, ipnotizzando con dosi letali di Black Sabbath, Sleep e Kyuss.
Con sagacia il gruppo non si dilunga troppo, così che, pur mantenendo un approccio musicale da jam session, i brani scivolano via senza affaticare troppo i giovani ascoltatori, abituati al basso minutaggio delle tracce abituali dei gruppi odierni.
Non mancano le sorprese, l’album risulta un contenitore musicale che spazia nel rock del secolo scorso con una No More TV che ricorda non poco le fughe hard blues di Jimmy Page nei primi anni dei Led Zeppelin (How Many More Times).
Un album per riscoprire in modo personale il valore assoluto della musica rock negli ultimi decenni del vecchio millennio, maneggiatelo con cura se vi ci avvicinate, crea dipendenza.

TRACKLIST
1.Degeneration
2.Ruins
3.Bad Shepherd
4.Unnamed
5.Synchronicity
6.No More Tv
7.Feral

LINE-UP
Filip Remans – Guitar, vox
Erik Heyns – Guitar, vox
Jouk Opdebeeck – Drums
Tristan Michiels – Bass, vox

WHEEL OF SMOKE – Facebook

TheBuckle – Labbrador

Labbrador piacerà a chi possiede una mente aperta e vuole ampliare i propri orizzonti musicali, senza lasciare nulla d’intentato, per lasciarsi possedere da ritmo che si fa logos molto potente.

Chitarra, voce e batteria, e tutti molto incazzati. Due sole persone ai comandi, che sono Andrea e Maxim insieme nei Unwelcome e nei Kessler.

La formula del super power duo calza alla perfezione, e il tappeto sonoro steso dai due è un hard stoner con tempistiche alla Queens Of The Stone Age, con un taglio molto noise nella costruzione dei banchi di melodie. Questa seconda prova del gruppo piacerà molto a chi ama la musica pesante fatta con cognizione e conoscenza musicale. Quest’ultima permette al duo di usare molti stili diversi per un unico risultato, arrivando ad un risultato notevole ed originale. Forte è anche l’impronta grunge, che si sente nella pesantezza e nella potenza di certi passaggi, perché gli anni novanta hanno lasciato un’eredità molto forte, e qui si sente tutta. Il dinamico duo sforna un disco che ha un ritmo incredibile dentro, come un ouroboros che si morde la coda in eterno, e fortunatamente è anche difficile scegliere un genere per questo gruppo. Si sale e si scende, si percorrono stretti corridoi e poi si cade in mare, per riprendere a correre senza fiato, insomma non ci si annoia mai. Tra le righe si possono sentire molte tradizioni di musica rumorosa, da quella americana a qualche reminiscenza di hard rock britannico, soprattutto in certi ritmi. Labbrador piacerà a chi possiede una mente aperta e vuole ampliare i propri orizzonti musicali, senza lasciare nulla d’intentato, per lasciarsi possedere da ritmo che si fa logos molto potente. Un disco labirintico.

TRACKLIST
1. Evil Sky
2. Goin’ Home
3. Hey You
4. Labbrador
5. Blind
6. Sixty-Two (Featuring Xabier Iriondo)
7. Think (Featuring Xabier Iriondo)
8. Perfect Black
9. Shemale (Featuring Xabier Iriondo)
10. On My Own
11. 12 Seconds

LINE UP
ANdREA
MaXIM

THEBUCKLE – Facebook

Horisont – About Time

About Time è un ottimo oldies but goldies, una raccolta di tracce che sanno splendidamente di già sentito nel loro replicare le atmosfere della musica dei mostri sacri del genere, ma per gli Horisont il tutto funziona al meglio.

Classic rock proveniente dalla Scandinavia, vintage quanto si vuole, ma molto coinvolgente.

Gli Horisont confermano quanto di buono fatto in passato e, superati i dieci anni di attività, tornano sul mercato con un altro bellissimo lavoro.
About Time segue di due anni il concept fantascientifico creato con Odyssey e si torna indietro al classic hard rock suonato dai gruppi storici del genere a cavallo tra gli anni settanta ed il decennio successivo.
La bontà della proposta del gruppo svedese sta nel non affidarsi ad un’unica ispirazione, assecondando invece le varie influenze che di fatto costituiscono lo zoccolo duro, non solo del sound ad appannaggio della band, ma di chiunque ami l’hard rock classico.
Quindi, oltre all’uso perfetto dei chorus che, nell’opener The Hive, sanno tanto di opera rock, le ottime cavalcate classic metal, genere contiguo ma qui sottomesso al più maturo rock duro, predominano nelle trame degli Horisont che fanno spallucce all’originalità e se ne escono con dieci brani in cui, tra le loro note, si sprecano riferimenti a Uriah Heep, Scorpions, Thin Lizzy, Led Zeppelin ed addirittura Who in versione progressiva (la stupenda Point Of Return).
About Time è un ottimo oldies but goldies, una raccolta di tracce che sanno splendidamente di già sentito nel loro replicare le atmosfere della musica dei mostri sacri del genere, o almeno una buona parte di essi, ma per il gruppo svedese il tutto funziona al meglioe l’album si rivela una vera goduria per gli amanti dei suoni classic rock.
Electrical, il blues lynottiano di Night Line, l’hard rock purpleiano della drammatica ed intensa Hungry Love, ed il blues progressivo della title track, sono delle piccole gemme musicali, magari datate nel loro spirito old school ma tremendamente affascinanti.

TRACKLIST
1. The Hive
2. Electrical
3. Withour Warning
4. Letare
5. Night Line
6. Point Of Return
7. Boston Gold
8. Hungry Love
9. Dark Sides
10. About Time

LINE-UP
Axel – Vocals
Charles – Guitar
David – Guitar
Magnus – Bass
Pontus – Drums

HORISONT – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO
e l’album risulta una vera goduria per gli amanti dei suoni classic rock.

The Hero – Miracles

Dopo tanto metal estremo, farsi cullare tra le note dark/gotiche dei The Hero, magari in compagnia di una affascinante creatura della notte, è un toccasana irrinunciabile.

Arrivano da Stoccolma i The Hero, band melodic metal con influenze gotiche, alle prese con Miracles, album che non lascia dubbi sulle loro ispirazioni, mentre scorrono una ad una varie band che si sono affacciate sul mercato negli ultimi venti/venticinque anni.

Voce profonda ed espressiva, chitarre e ritmiche a tratti potenti e con qualche accenno al groove tanto di moda di questi tempi, giri di piano malinconici e dark fanno di Miracles un buon album sia per gli appassionati di sonorità gothic/dark che hard rock.
L’ascolto rimane piacevole, tra dolci armonie notturne e riff che accentuano non poco la componente hard rock, con qualche brano che sopra agli altri alza la media, come la title track, Via Dolorosa, Corpus Christi (in stile Saviour Machine) e la super melodica Crying In The Rain.
Inutile scrivere che l’originalità non abita tra le note di Miracles, ma se siete amanti di Him, ultimi Sentenced e Saviour Machine l’ album possiede spunti e sfumature interessanti ed una facilità d’ascolto che conferisce alle tracce la virtù di entrare subito in sintonia con l’ascoltatore.
Dopo tanto metal estremo, farsi cullare tra le note dark/gotiche dei The Hero, magari in compagnia di una affascinante creatura della notte, è un toccasana irrinunciabile.

TRACKLIST
1.Kill the Monster
2.The Broken Hearted
3.Miracles
4.Tell the World
5.Via Dolorosa
6.Corpus Christi
7.Melancholiah
8.Crying In the Rain
9.Join Me in Life
10.When Evil Blooms
11.Shot
12.Mr Rigot Mortis
13.Viva Victoria
14.The Swedish National Anthem

LINE-UP
Michael Hero – Lead Vocals & Guitar
Daniel Mouton – Drums & Vocals
Emanuel Wärja – Guitar & Vocals
Henrik Deleskog – Bass

THE HERO – Facebook

Capuchin Punks – Metal Dalla Cripta Dei Monaci

“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.

Ci sono o ci fanno i Capuchin Punks?

Il quintetto americano proveniente dal Missouri per il suo debutto usa un titolo in lingua italiana e prende ispirazione da un luogo sacro ubicato nella nostra capitale.
Metal Dalla Cripta Dei Monaci si riferisce, infatti, alla cripta che si trova sotto la chiesa di santa Maria della Concezione a Roma, costruita dai frati cappuccini, una tomba decorata con i resti dei loro fratelli religiosi.
Titolo ed ispirazione così originale non vanno però di pari passo con la musica prodotta dal gruppo, un miscuglio neanche troppo riuscito di heavy metal, hard rock e punk, con qualche atmosfera rallentata dai richiami sabbatiani, prodotto che sembra arrivare davvero dalla cripta e con una cantante monocorde che appiattisce il sound non certo eccelso del gruppo statunitense.
Il punk rock è forse il genere in cui la band riesce ad essere più convincente, poi vine proposto un minestrone di generi che si annullano l’un l’altro senza lasciare traccia: peccato, perché l’idea iniziale non era male, ma quello che si ci aspettava era un qualcosina di più organizzato.
Accompagnato da una copertina davvero brutta, con cinque scheletri vestiti da monaci, l’album non decolla, rimanendo fermo sulla pista ad attendere che il motore si spenga ed il silenzio torni a regnare.
“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.
Lasciamo riposare in pace i monaci e passiamo oltre.

TRACKLIST
1.Rise of the Capuchins​
2.​Jet Black Chevette​
3. Martigney Creek​ ­
4.The War​
5.Dust and Ash​
6.One of Them
7.My Addiction​
8.Former Crowns​
9.Better Not Ask

LINE-UP
Donna Katherine -​ ­Vocals
Danny Nichols​­ – Guitar
Isaac Bryan​­ – Guitar
Josh Sanderson -​­ Bass, Guitar
Matt Bryan ​­- Drums

http://www.facebook.com/capuchinpunks/?fref=ts

The Ossuary – Post Mortem Blues

Bellissimo album di hard rock/doom sulla scia dei maestri settantiani da parte dei The Ossuary, band formata da musicisti della scena estrema e metallica nazionale.

Non è la prima volta che dei musicisti attivi nella scena death metal lasciano i suoni estremi per tornare indietro nel tempo, fino alla fine degli anni settanta per ricreare l’atmosfera ipnotica ed occulta di molte delle opere hard rock uscite in quel periodo, magari perse tra le nebbie di fumi illegali, basti pensare agli Spiritual Beggars ed ai trascorsi estremi dei suoi componenti.

Questa nuova band pugliese è formata da tre musicisti che facevano parte degli storici Natron, più Stefano Fiore dei Twilight Gates alla voce, si chiama The Ossuary ed è attiva da un paio d’anni.
Nell’ossario troviamo uno straordinario esempio di hard rock/doom metal dal titolo Post Mortem Blues, una messianica opera dove il blues è più concettuale che suonato, mentre aumenta la voglia di farci travolgere da questo sabba settantiano, in compagnia di un sound che, da frangia dell’hard rock, si trasformò in qualcosa di più pesante.
Post Mortem Blues è un bellissimo lavoro, il suo compito non è quello di stupirci, ma di farci vivere ancora una volta le atmosfere dei primi lavori di Black Sabbath e Pentagram, aggiungendo dosi massicce di Rainbow e Deep Purple, interpretando in maniera straordinaria i suoni rock a cavallo tra gli anni settanta ed il decennio successivo, divenuto poi il periodo d’oro dell’heavy metal che stava nascendo.
Un enciclopedia rock; questo possiamo definire l’album, con la voce di Fiore che richiama il Dio alla corte di Iommi ed il Gillan più introspettivo, mentre si passa da brani hard rock come l’opener The Curse o la melodica title track a molossi doom metal come Graves Underwater ed Evil Churns.
Band già da culto, grazie ad un album da conservare tra gli altri gioielli di un prolifico underground tricolore.

TRACKLIST
01. Black Curse
02. Witch Fire
03. Blood On The Hill
04. Graves Underwater
05. Post Mortem Blues
06. The Crowning Stone
07. Evil Churns
08. The Great Beyond

LINE-UP
Stefano “Stiv” Fiore – vocals
Domenico Mele – guitars
Dario “Captain” De Falco – bass
Max Marzocca – drums

THE OSSUARY – Facebook

Krokus – Big Rocks

Un album di sole cover lascia sempre qualche dubbio, ma se siete fans accaniti del gruppo o solo amanti delle compilation rock, l’album diverte, e probabilmente ha fatto divertire gli stessi Krokus nel registrarlo.

Anche per gli storici hard rockers svizzeri Krokus è arrivati il momento di licenziare un album di cover.

Certo è che da un gruppo attivo dalla metà degli anni settanta non si può certo parlare di un tributo ai grandi interpreti del rock, ma piuttosto un omaggio a dei colleghi, magari molti più famosi del gruppo di Marc Storace anche se vorrei ricordare che i Krokus rimangono la band più famosa proveniente dal suolo elvetico.
Big Rocks raccoglie tredici brani famosissimi per gli amanti del rock, più Backseat Rock’ n’ roll rifatta dal gruppo per l’occasione, un viaggio spazio temporale tra la storia della nostra musica preferita con la S maiuscola.
I nomi sono quelli di Led Zeppelin, Queen, The Who, Steppenwolf, Neil Young, Bob Dylan, The Rolling Stones e molti altri, con brani che non mancano di entusiasmare, altri dove le versioni originali ne escono vincitrici, ma in generale possiamo sicuramente affermare che l’operazione è riuscita.
D’altronde stiamo parlando di musicisti con un’esperienza che supera i quarant’anni nel mondo dell’hard rock, con uno Storace che non perde un colpo, con la sua voce cartavetrata, sanguigno come la sua band, che tanto ha dato all’hard rock, ma che non ha mai dimenticato suo padre il blues.
Un album da lasciare sull’auto a vita, adrenalinico il giusto per non addormentarsi nelle notti passate a correre sulle strade delle Highway To Hell europee, tra una Whole Lotta Love davvero riuscita, My Generation degli Who, quel piccolo capolavoro blues che risulta Summertime Blues di Eddie Cochran, il brano hard rock più coverizzato della storia nelle note di Born To Be Wild, inno biker dei Steppenwolf, e Jumpin’ Jack Flash scritta dalla premiata ditta Jagger/Richards.
In conclusione, Big Rocks non è affatto male, certo un album di sole cover lascia sempre qualche dubbio, ma se siete fans accaniti del gruppo o solo amanti delle compilation rock, l’album diverte, e probabilmente ha fatto divertire gli stessi Krokus nel registrarlo.
Niente di più, niente di meno, it’s only rock ‘n’roll.

TRACKLIST
1. N.I.B.(originally by Black Sabbath)
2. Tie Your Mother Down (originally by Queen)
3. My Generation (originally by The Who)
4. Wild Thing (originally by The Troggs)
5. The House Of The Rising Sun (originally by The Animals)
6. Rockin’ In The Free World (originally by Neil Young)
7. Gimme Some Lovin’(originally by Spencer Davis Group)
8. Whole Lotta Love (originally by Led Zeppelin)
9. Summertime Blues (originally by Eddie Cochran)
10. Born To Be Wild (originally by Steppenwolf)
11. Quinn The Eskimo (originally by Bob Dylan)
12. Jumpin’ Jack Flash (originally by The Rolling Stones)
13. Backseat Rock N’ Roll (KROKUS original recording 2017)

LINE-UP
Marc Storace – Lead Vocals
Chris von Rohr – Bass, Vocals
Fernando von Arb – Guitars,Vocals
Mark Kohler – Guitars
Mandy Meyer – Guitars
Flavio Mezzodi – Drums

KROKUS – Facebook

Snake Bite Whisky – Dirty

Rock ‘n’ roll metallizzato, irriverente e senza compromessi, sex drugs & rock ‘n’ roll con annessi e connessi, completamente devoto al sound americano con i suoi difetti e le sue mille virtù.

Gli Snake Bite Whisky sono una delle più promettenti sleazy street bands australiane.

Attivi dal 2014 hanno dato alle stampe un singolo ed un ep, Two Steps To Oblivion, accolto molto bene negli States, tanto che il gruppo ci ha passato mesi a suonare in lungo e in largo. Tornano con Dirty, altro ep composto da cinque brani di hard rock ‘n’ roll, come lo si suonava nella città degli angeli negli anni ottanta.
Dunque rock’n’roll metallizzato, irriverente e senza compromessi, sex drugs & rock’n’roll con annessi e connessi, completamente devoto al sound americano con i suoi difetti e le sue mille virtù.
La biografia che accompagna l’opera parla di Guns’n’Roses e Motorhead, ma se per i primi se ne può parlare Lemmy lasciamolo dov’è, qui si fa rock emulando gruppi nati aldilà dell’oceano, perciò tra i solchi delle indiavolate Comes Around, Dirty Mouth e Shoot You Down troverete neanche troppo velati riferimenti a Motley Crue, Faster Pussycat, L.A Guns e teppaglie varie che dettavano legge sul Sunset Boulevard trent’anni fa.
Niente male, l’attitudine c’è ma il senso di copia incolla in certi frangenti supera la semplice ispirazione; in Italia ultimamente sappiamo fare sicuramente di meglio e come ho scritto molte volte la nostra scena pullula di realtà con molto più talento e personalità. Insomma qui c’è da lavorare ancora un po’.

TRACKLIST
1.Comes Around
2.Dirty Mouth
3.Let’s Fuck
4.Lost saints
5.Shoot You Down

LINE-UP
Jay R – Vocals
David Arens – Guitars
Stacii Blake – Bass
Nick Dysart – Drums

SNAKE BITE WHISKY – Facebook

Evilgroove – Cosmosis

Cosmosis erutta dieci brani di hard groove rock, la voce alla Zakk Wilde accompagna ritmiche ipnotiche, chitarre piene tra scariche metalliche, atmosfere southern e grunge rock.

C’è né voluto di tempo, ma alla fine anche gli Evilgroove arrivano al traguardo del primo lavoro sulla lunga distanza grazie alla nostrana Atomic Stuff.

Attivi sotto il monicker di Sunburn dal 1997 in quel di Bologna, Daniele “Doc” Medici alla chitarra, Matteo “Matte” Frazzoni al basso e Luca “Fraz” Frazzoni alla voce, dopo un paio di demo nel 2005 cambiano il nome in Evilgroove, prendendo parte a varie compilation e tributi.
Il 2014 è l’anno dell’entrata in formazione del batterista Christian “Sepo” Rovatti , e un paio di anni dopo iniziano a lavorare a Cosmosis, album che ci fa tornare indietro fino ai primi anni novanta, tra metal e grunge, hard rock e groove metal tra Pantera e Black Label Society, insomma una goduria per gli amanti del rock americano con il quale abbiamo attraversato l’ultimo decennio del secolo scorso.
I primi anni novanta per molti sono stati un periodo di vacche magre per l’heavy metal, mentre il grunge, l’alternative ed il metal estremo seminavano per raccogliere i frutti artistici tra crossover, nuove tendenze e voglia di mettersi in gioco.
Con il successo della musica di Seattle il rock americano ha vissuto un periodo d’oro, non solo per merito delle truppe del grunge: Corrosion Of Conformity, Tool, Black Label Society sono realtà che poco hanno a che fare con le note create nella piovosa città dello stato di Washington, ma è indubbia l’importanza dei loro album per il metal/rock di quel periodo.
Oggi, chi segue le vicende intorno al rock raccoglie i frutti di quella semina, anche e soprattutto per merito della scena underground colma di band che, ispirate dal suono di quello splendido periodo, creano lavori intensi e sopra la media.
E gli Evilgroove, con Cosmosis, fungono da perfetto esempio, proponendo un lavoro che trae ispirazione dai gruppi di cui si accennava in precedenza, dunque non un lavoro che brilla per originalità (ma chi di questi tempi, suonando hard rock chi può vantarsene?), bensì un ottimo album hard rock/metal con tutti i crismi per soddisfare gli amanti dei suoni americani.
Cosmosis erutta dieci brani di hard groove rock, la voce alla Zakk Wilde accompagna ritmiche ipnotiche, chitarre piene tra scariche metalliche panteriane, atmosfere southern tra Corrosion Of Conformity e Black Label Society e grunge più vicino ai Soundgarden che ai Nirvana, tanto per ribadire che qui si fa hard rock, alternativo quanto si vuole ma con i piedi ben piantati nel genere.
I brani meriterebbero tutti una menzione ma, oltre a ricordarvi le portentose Locusta, I The Wicked e Soul River, vi invito semplicemente a far vostro Cosmosis senza indugi.

TRACKLIST
01. Turn Your Head
02. Lucusta
03. Space Totem
04. I, The Wicked
05. Kick The Can
06. Physalia
07. Voodoo Dawn
08. Soul River
09. What I Mean
10. Cosmosis

LINE-UP
Daniele “DOC ” Medici – Guitar
Matteo “MATTE” Frazzoni – Bass
Luca “FRAZ” Frazzoni – Vocals
Christian Rovatti – Drums

EVILGROOVE – Facebook

Magnet – Feel Your Fire

E’ difficile che Feel Your Fire, con un sound così vintage, possa entrare nei gusti dei rockers attuali, mentre piacerà molto a chi con queste sonorità ci è cresciuto e si ritrova il mento imbiancato da un pizzetto mefistofelico.

Atmosfere occulte, suoni vintage di matrice rock blues, linee chitarristiche eleganti e sfumature sabbatiche e lascive donano un tocco sacrilego e magico al rock settantiano suonato da questo gruppo capitanato da Riccardo Giuffrè, bassista dei Psychedelic Witchcraft, qui alle prese con voce e chitarra.

E di blues è pregno Feel Your Fire, un album che continua imperterrito a solcare la strada dei Magnet, anche se il sound risulta più dinamico e rock ‘n’roll, specialmente nell’opener Buried Alive With Thee.
Le atmosfere vintage donano all’album un’aura di magia musicale, e i riferimenti espliciti a nomi di spicco del panorama hard rock non inficiano la buona riuscita di brani dal forte sentore di incenso, messianici pur non essendo esplicitamente doom.
Un rito, musica che non insegue la chimera dell’originalità, ma che sa donare ancora forti emozioni, così esposta ai delicati venti blues pur mantenendo una buona verve hard e leggere sfumature psichedeliche: si viaggia in un trip settantiano per tutta la durata dell’album, con atmosfere che passano dal rock’n’roll al blues occulto e ricco di magia (Ouroborus, Little Moon) al finale tutto dedicato ai Black Sabbath con Magnet Caravan, brano tributo alla Planet Caravan di Iommi e soci.
E’ difficile che Feel Your Fire, con un sound così vintage, possa entrare nei gusti dei rockers attuali, mentre piacerà molto a chi con queste sonorità ci è cresciuto e si ritrova il mento imbiancato da un pizzetto mefistofelico.

TRACKLIST
1. Buried Alive With Thee
2. Ouroboros
3. Light
4. Little Moon
5. Drive Me Crazy
6. Feel Your Fire
7. Satan’s Daughter
8. Magnet Caravan

LINE-UP
Riccardo Giuffrè
Jacopo Fallai
Mirko Buia
Vanni Fanfani

MAGNET – Facebook

Vulgar Devils – Temptress Of The Dark

I Vulgar Devils non pretendono sicuramente di cambiare il corso della musica, bensì di farci passare mezz’ora di puro divertimento, peraltro riuscendoci …

Trentadue minuti di hard rock tripallico tra heavy metal e rock’n’roll, questo è Temptress Of The Dark, debutto del trio statunitense Vulgar Devils.

Licenziato dalla Pure Rock Records, l’album dei tre diavoli americani non mancherà di far saltare dalla poltrona più di un rocker, con il suo irriverente, ignorante ma assolutamente coinvolgente sound.
D’altronde la ricetta è semplice, e i tre cuochi usciti dalla cucina di hell’s metal non si sono fatti problemi a proporla a noi ingordi consumatori di hard rock.
Un pizzico di Motorhead, qualche spruzzata di Iron Maiden (For The Kill), una spolverata di Ac/Dc e tanto rock’n’roll, per un piatto ricco di adrenalina ed elettricità.
Temptress Of The Dark è il classico lavoro che nella sua diretta e semplice struttura conquista al primo ascolto e non si può fare a meno di scapocciare al frenetico ritmo dell’opener Devil Love, dell’hard rock scarno ed essenziale di Come And Get It, per poi urlare al cielo gli inni metallici For The Kill e Forget About Tomorrow.
Poco più di mezzora, tempistica perfetta per sparare a mitraglia una serie di brani che sono lampi metal rock nel buio della musica odierna, mandando al diavolo (ogni riferimento è voluto) tecnica ed eleganza per pogare fino allo sfinimento con questi tre rocker dall’attitudine old school.
I Vulgar Devils non pretendono sicuramente di cambiare il corso della musica, bensì di farci passare mezz’ora di puro divertimento, peraltro riuscendoci …

TRACKLIST
1. Devil Love
2. Come And Get It
3. For The Kill
4. Forget About Tomorrow
5. Worlds End
6. Slump Buster
7. Temptress Of The Dark
8. Vulgar Devils

LINE-UP
Vulgar Dave Overkill – vocals, guitar
Erin Lung – bass
Matt Flammable – drums

VULGAR DEVILS – Facebook

Eddy Malm Band – Northern Lights

Northern Lights è un ritorno all’hard rock classico, magari vintage, per qualcuno addirittura obsoleto, ma assolutamente irresistibile.

Non so quanti di voi, a meno che non siate ormai sulla via del mezzo secolo di vita, oppure cultori dell’ hard & heavy classico conosceranno Eddy Malm, un passato nei cult metallers svedesi Heavy Load e negli Highbrow, prima di sparire nell’oblio metallico.

L’incontro sul finire del secolo con Per Hesselrud gettò le basi per questo album, uscito come Eddy Malm Band ma, in tutto e per tutto figlio del sound dello storico gruppo svedese.
E l’anima degli Heavy Load rinasce in questa raccolta di brani tra inediti e tracce riarrangiate per l’occasione, battezzato Northern Lights.
Hard & heavy old school e non poteva essere altrimenti con un Malm in piena forma, una produzione vintage che però questa volta risulta perfetta per valorizzare canzoni che spaziano tra roboante rock da classifica (dell’epoca, ovviamente), fughe metalliche su sei corde che tanto hanno insegnato a Malmsteen (tanto per citare il più famoso tra gli eredi) e bruciante rock che, con lo sguardo alla Gran Bretagna, si divide tra sfumature epiche e forti richiami ai Thin Lizzy.
Una quarantina di minuti nella storia del genere, con Hesselrud che fa il fenomeno con la sei corde senza perdere una goccia di feeling ed una sezione ritmica rocciosa, composta da Tomas Malmfors al basso e Micke Kerslow alle pelli.
Licenziato dalla No Remorse, Northern Lights è un ritorno all’hard rock classico, magari vintage, per qualcuno addirittura obsoleto, ma assolutamente irresistibile.

TRACKLIST
1. Saturday Night
2. Heart Of A Warrior
3. I Had Enough
4. Turn It Down
5. Nasty Women
6. Dark Nights
7. Get Out Of Here
8. Danger
9. A Loser
10. Northern Lights

LINE-UP
Eddy Malm – Lead vocals
Per Hesselrud – Lead and rythm guitars, EBow, background vocals
Tomas Malmfors – Bass, background vocals
Micke Kerslow – Drums, percussion, background vocals

EDDY MALM BAND – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=CG30BZKHOvU

The Brain Washing Machine – Connections

Il sound è deciso, urgente, le note desertiche arrivano stonate ma piene di grinta heavy, mentre i The Brain Waghing Machine si fanno apprezzare anche nei momenti leggermente più introspettivi.

E non dite che nel nostro paese non si suona stoner rock !

Dalle Alpi alle terre che si affacciano sui deserti africani (che non saranno quelli americani ma in quanto a sabbia e caldo…) il nostro stivale pullula di gruppi heavy rock che all’hard rock moderno aggiungono sfumature settantiane e stoner di origine controllata, made in Sky Valley, così da uscirsene con bombe rock che, se lanciate in un cratere, sveglierebbero anche il più addormentato dei vulcani, devastando di lava e cenere le città della nostra penisola.
Nati più di dieci anni fa e con una più che rispettata attività live in compagnia di The Quill, Exilia e Karma To Burn, i padovani The Brain Washing Machine arrivano al secondo lavoro sulla lunga distanza dopo gli ottimi riscontri ottenuti con Seven Years Later, debutto licenziato nel 2013.
Il loro hard rock unisce come descritto rock zeppeliniano, alternative e stoner, niente di nuovo direte voi, di questi tempi: vero, ma il gruppo veneto lo fa con una grinta da heavy metal band, un appeal americano e quel tocco stonerizzato che sa tanto di desertiche passeggiate.
L’opener, che riprende il monicker del gruppo, è un clamoroso attacco alle coronarie tra ultimi Zeppelin e i primi Soundgarden, quelli selvaggi di una Seattle imprigionata dalla pioggia e lontana dai riflettori del music biz.
Il sound è deciso, urgente, le note desertiche arrivano stonate ma piene di grinta heavy (la title track, Waiting The Blow), mentre il quartetto si fa apprezzare anche nei momenti leggermente più introspettivi, come se riprendesse respiro per tornare ad esplodere in riff che avvicinano terribilmente ora i Black Label Society e gli Alice in Chains, ora i Kyuss con i Jane’s Addiction in un turbinio di varianti rock di rara efficacia.
Ottima la prova dei quattro musicisti, con il drummer Sidd a lasciare le braccia sulle pelli distrutte del suo drumkit, il cantante Baldo a trovare a tratti la magia del giovane Perry Farrell, il bassista Berto intento ad assecondare il suo compagno di ritmiche e la sei corde del chitarrista Muten, incisiva e graffiante.
Un ascolto obbligato per gli amanti del genere, ancora una volta prodotto una band italiana: sono bei tempi, questi, per l’underground nazionale a livello qualitativo.

TRACKLIST
1.The Brain Washing Machine
2.Are You Happy?
3.Connections
4.Reset
5.Restless Night
6.The Show
7.Waiting The Blow
8.Let Your Body Go
9.Feel Inside
10.Holy Planet

LINE-UP
Marco “Baldo” Baldassa – Vocals
Riccardo “Muten” Morandin – Guitars
Alberto “Berto” Chillon – Bass
Luca “Sidd” Baggio – Drums

THE BRAIN WASHING MACHINE – Facebook

Scream Of The Soul – Children Of Yesterday

Siamo solo agli inizi, ma gli Scream Of The Soul promettono molto: cercheremo di non perderli di vista, nel frattempo cercatevi questo gioiellino di hard rock.

L’Ethereal Sound Works è una delle label underground più importanti del Portogallo e non manca di farci partecipi delle ottime realtà che, dal metal estremo all’hard rock, si aggirano per la terra lusitana, non solo patria dei Moonspell ma con una sua profonda tradizione per quanto riguarda il metal/rock.

Ultimo gruppo proposto dall’etichetta sono gli Scream Of The Soul, quattro rockers provenienti da Vila Nova de Famalicão nel nord del Portogallo, e il loro primo album viene licenziato dopo aver dato alle stampe un ep, ormai sei anni fa, dal titolo Pathfinder.
Prodotto dal guru lusitano Pedro Alves, Children Of Yesterday è un hard rock album che spazia tra le sonorità classiche del periodo settantiano (Deep Purple) e hard rock moderno, creando atmosfere cangianti, dettate dal sempre presente hammond, arma in più del combo e del suo sound.
Infatti le tastiere sono protagoniste di questa fusione ben bilanciata tra suoni moderni e sfumature tradizionali, così, mentre la chitarra e le ritmiche mantengono un’aggressività di stampo grunge, le tastiere impregnano la musica del gruppo di fumi settantiani, tra Deep Purple ed un tocco immancabile di Led Zeppelin.
Ottime The Exorcist, Rainbow Night e Spectrum, ma è tutta la mezz’ora di durata che funziona alla grande, mettendo in mostra un quartetto affiatato e ogni pezzo del puzzle musicale è al posto giusto per regalare rock duro di buon livello.
Siamo solo agli inizi, ma gli Scream Of The Soul promettono molto: cercheremo di non perderli di vista, nel frattempo cercatevi questo gioiellino di hard rock.

TRACKLIST
1.Oblivious Waters
2.The Exorcist
3.Snail
4.Rainbow Knight
5.Brothers In Heart
6.Spectrum
7.Spiritual Leprosy

LINE-UP
Cristiano Silva – Guitars, Vocals
Andrè Silva – Bass
Rudi Sliva – Keyboards
Alexandre Vale – Drums

Wizard – The Evolution Of Love

Debutto con i fiocchi, The Evolution Of Love merita tutta l’attenzione degli amanti della buona musica, sperando che il trio possa recuperare, con gli interessi, il tempo trascorso prima di tagliare questo traguardo.

Finalmente giungono al traguardo del primo full length gli storici hard rockers napoletani Wizard, un trio fondato dal bassista Roy Zaniel e dal batterista Rino Musella, addirittura sul finire degli anni settanta.

Il gruppo campan,o dopo anni di attività live ed una serie di demo, dà così continuità alla sua discografia, dopo l’ep Straight to the Unknown, uscito un paio di anni fa.
The Evolution Of Love è dunque il primo lavoro su lunga distanza per uno dei gruppi più longevi dell’hard rock napoletano: magari poco conosciuti fuori regione, anche per la discografia piuttosto scarna, i Wizard si palesano come realtà di grande spessore, grazie ad un sound che, ovviamente, attinge dal decennio settantiano, ma senza risultare assolutamente vintage o nostalgico.
Melodie, buone soluzioni ritmiche che passano dal progressive al funky rock, ed una naturale predisposizione per il rock strumentale, seguito ovviamente dal tocco bluesy che è insito nei gruppi hard rock di ispirazione settantiana, sono le principali caratteristiche del trio, e il loro riferimento principale non può che essere il Glenn Hughes solista, assieme a Deep Purple e Led Zeppelin, il tutto amalgamato con la componete groove che accompagna la musica degli Wizard nel nuovo millennio.
Ad aprire le danze ci pensa il rock strumentale di W3/79, che verrà bissato nel corso dell’album dal capolavoro Metaphysical Journey, altro strumentale purpleiano dalle ottime reminiscenze progressive, poi The Evolution Of Love diviene un un emozionante viaggio nell’hard rock degli ultimi trent’anni, con un stile ora aggressivo (The Walking Dead), ora melodico e sognante (The Eden), e infine stupendamente progressivo nella conclusiva Lucy Is Coming.
Debutto con i fiocchi, The Evolution Of Love merita tutta l’attenzione degli amanti della buona musica, sperando che il trio possa recuperare, con gli interessi, il tempo trascorso prima di tagliare questo traguardo.

TRACKLIST
1.W3/79
2.You got the feeling
3.The walking dead
4.Intro
5.Take me away
6.Mainline
7.Loneliness
8.The Eden
9.Metaphysical Journey
10.The evolution of love
11.Lucy is coming

LINE-UP
Roy Zaniel – Bass, Vocals
Rino Musella – Drums
Marco Perrone – Guitars

WIZARD – Facebook