Time Lurker – Time Lurker

Time Lurker è l’ennesima opera estrema che gli appassionati del genere non possono perdere, un altro gioiellino targato Les Acteurs De L’ombre Productions.

La label transalpina Les Acteurs De L’Ombre Productions ha regalato negli ultimi tempi grande musica estrema, pregna di sonorità oniriche e mistiche, viaggi in menti destabilizzanti o esplorazioni di mondi e spazi paralleli.

Ponendo sempre la massima attenzione alla qualità delle proprie proposte, l’etichetta si è confermata come una delle più attendibili in ambito underground ed un punto di riferimento per gli amanti del black metal, atmosferico o contaminato da sonorità post metal e rock.
I Time Lurker, per esempio sono una one man band di Strasburgo attiva dal 2014 e questo debutto omonimo sulla lunga distanza raccoglie il primo ep I ed il singolo Hethereal Hands in unico cd, con l’aggiunta di quattro brani inediti.
Mick, depositario del concept Time Lurker, ci accompagna in questo viaggio ispirato dai deliri di H.P. Lovecraft e dai viaggi di Jules Verne, e il suo vagabondare per mondi e spazi conferisce alla musica una sorta di epico misticismo astrale, tra inquietanti atmosfere perse in millenni di solitudine e la pazzia dell’uomo in un mondo immobile, un mostro che accoglie tra le sue spire il male nostro: un black metal atmosferico freddo ed inquietante come il perdersi nel nulla cosmico, in compagnia delle sole menti che ormai hanno lasciato i loro corpi putrefatti da centinaia di anni, una disperazione che si tocca, solido pezzo di ghiaccio in un inferno senza fiamme.
Scritta dal polistrumentista transalpino, che si è fatto tutto da solo anche in studio, lasciando a Jack Shirley la sola masterizzazione e aiutato al microfono da ben quattro cantanti (Thibo, Tony, Cedric e Clem), Time Lurker è l’ennesima opera estrema che gli appassionati del genere non possono perdere, un altro gioiellino targato Les Acteurs De L’ombre Productions consigliato ai fans di Altar Of Plagues e Leviathan.

TRACKLIST
1.Rupture
2.Judgment
3.Ethereal Hands
4.Reborn
5.No Way Out From Mankind
6.Passage
7.Whispering from Space

LINE-UP
Mick – All Instruments

TIME LURKER – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Fleshpress – Hulluuden Muuri

I Fleshpress in poco più di mezz’ora scagliano nell’etere la loro personale visione musicale che non prevede soluzioni banali e neppure sconti particolari a chi si avvicina all’ascolto

I finnici Fleshpress sono una band dalla produzione già piuttosto corposa alle spalle, essendo attivi fin dagli ultimi anni del secolo scorso.

L’approccio musicale del gruppo di Lahti è quanto mai obliquo, vivendo di esplosioni di matrice black che si vanno ad intersecare con rallentamenti doom e disturbi sonici assortiti, risultando così di ardua definizione per la sua natura sperimentale.
Del resto in questa band milita in veste di drummer Mikko Aspa, meglio conosciuto invece come vocalist degli sperimentatori estremi Deathspell Omega, e un tale indizio non va affatto trascurato.
I Fleshpress in poco più di mezz’ora scagliano nell’etere la loro personale visione musicale che non prevede soluzioni banali e neppure sconti particolari a chi si avvicina all’ascolto: il loro black/doom è dissonante, carico di tensione, con diversi sconfinamenti dronici ai limite della cacofonia, quindi destinato per lo più a chi apprezza il versante avanguardistico del genere rappresentato, appunto dai vari Deathspell Omega, Blut Aus Nord, eccetera.
Pur essendo relativamente di breve durata, Hulluuden Muuri (nel quale i nostri si cimentano per la prima volta con la lingua madre) sembra molto più lungo per l’intensità disturbante che ne pervade le trame, e ovviamente i  Fleshpress non fanno nulla per rendere in qualche modo più accativante la proposta.
Anzi, a rimarcare tutto ciò, il terzetto colloca come traccia conclusiva quella più lunga e forse emblematica del proprio sentire musicale, Voiman Täydellinen Toteutuminen, un crescendo martellante interrotto da urla belluine ed esplosioni soniche che vanno a definire un quadro di grande ed instabile vitalità.
Classico prodotto per un ristretto novero di ascoltatori, Hulluuden Muuri come già detto non dovrebbe comunque faticare a trovare estimatori tra chi conosce le band citate come riferimento, oltre che negli appassionati di black e doom dalle vedute più ampie.

Tracklist:
1. Lunastuksen Ajan Veren Riitti
2. Hulluuden Viiltävä Lasipinta
3. Oikeamieliset
4. Siintävän Totuuden Häikäisevä Kajo
5. Voiman Täydellinen Toteutuminen

Line-up:
Mikko Aspa – Drums
Marko Kokkonen – Guitar, Effects, Vocals
Samuli – Guitars

FLESHPRESS – Facebook

Astarte – Doomed Dark Days

Purtroppo Maria Tristessa Kolokouri è morta nel 2014, uccisa dalla leucemia, ma la sua stella nera non smette mai di brillare, poiché ci ha lasciato dischi bellissimi come questo.

Necessaria ristampa di uno dei principali dischi di black metal, nonché primo di una band al femminile.

Oltre a quanto detto sopra, Doomed Dark Days, pubblicato nel 1998, fu un gran disco di black metal, potente e mistico, legato alla tradizione scandinava, ma portatore dei pregi del genere suonato in Grecia, che non sono pochi.
Nel 1995 il gruppo comincia le attività con il nome Lloth, per poi mutare in Astarte, capitanati dalla nera sacerdotessa Maria Tristessa Kolokouri che, assieme a Nemesis e Kinthia, aiutate da un batterista turnista uomo, diedero vita a questo capolavoro. Ascoltando Doomed Dark Days si ha l’impressione di venire catapultati nella Norvegia di qualche anno prima, ma si nota subito il tocco ellenico, che sta nel dare al black metal una melodia ed un gusto fortemente gotico che altrove è difficilmente riscontrabile. Durante tutta la durata del disco le tracce sono nere sinfonie, nate in mezzo a boschi inaccessibili, ma in realtà paradigma di ciò che portiamo nel nostro animo. La capacità compositiva di Maria era notevole e si può godere della sua visione in questo lavoro, che è davvero una chicca imperdibile. Abissi ma non solo, growl ma anche melodie, con una produzione che è lo fi il giusto, e che risalta ancora meglio con la remasterizzazione di questa edizione. Doomed Dark Days è un pentacolo perfetto con dentro un grande black metal, fatto con passione estrema e grande senso della composizione. Purtroppo Maria Tristessa Kolokouri è morta nel 2014, uccisa dalla leucemia, ma la sua stella nera non smette mai di brillare, poiché ci ha lasciato album bellissimi come questo.

TRACKLIST
1.Passage to Eternity(Prelude)
2.Voyage to Eternal Life
3.Thorns of Charon (pt1) – Astarte’s Call
4.Doomed Dark Years
5.Thorns of Charon(Pt. II)-Emerge From Hades
6.Thorns of Charon(Pt. III)-Pathway To Unlight
7.Empress Of The Shadow land
8.The Rise Of The Metropolis

ASTARTE – Facebook

Nordland – European Paganism

Una bella prova, intensa, competente e genuina nelle sue risultanze.

Nordland è il progetto solista di Vohr, musicista inglese dedito ad un black metal dai tratti epici ed atmosferici.

European Paganism è il quarto full length in un quinquennio di attività e giunge a riaffermare le posizioni critiche dell’autore rispetto all’egemonia del cristianesimo e delle religioni monoteiste in genere, quali cause dell’azzeramento pressoché totale del paganesimo visto quale tratto distintivo e peculiare dell’identità di ciascun popolo europeo.
Niente di nuovo, forse, dal punto di vista concettuale (per quanto interessante e tutt’altro che banale nella maniera in cui l’argomento viene trattato), e neppure da quello musicale, dato che il black di Nordland accoglie e rielabora tutte le fonti di ispirazioni conosciute, però la differenza viene fatta dalla profondità con la quale la materia viene affrontata sotto entrambi gli aspetti.
Per descrivere l’operazione di azzeramento delle tradizioni e dei costumi che hanno mantenuto coese nel passato diverse comunità, Vohr utilizza con sapienza quanto gli ultimi vent’anni di musica estrema gli hanno messo a disposizione, prendendone le parti più pregiate dando così vita ad un prodotto di assoluto livello.
Lo stesso azzardo di partire con una traccia di oltre ventisette minuti di durata, appare emblematico di quanto abbia da dire il musicista britannico, il quale preferisce non indugiare più di tanto sugli stilemi del genere inserendo passaggi ora acustici, ora epici e folkeggianti, ora progressivi grazie anche ad un utilizzo molto personale della chitarra solista: The Mountain tiene costantemente desta l’attenzione dell’ascoltatore in virtù di una varietà che non sconfina mai nel farraginoso ma che, piuttosto, rende meno monolitico e più avvincente lo scorrere dell’album.
Inutile rimarcare come il fulcro di European Paganism sia proprio la lunghissima The Mountain, perfetto manifesto del sentire musicale di Vohr, ma anche le altre due tracce non sfigurano, benché appaiano in qualche modo più canoniche nel loro incedere, in particolare la conclusiva Rites At Dawn, decisamente radicata nel black tradizionale.
Una bella prova, intensa, competente e genuina nelle sue risultanze.

Tracklist:
01. The Mountain
02. A Burning Of Idols
03. Rites At Dawn
Line-up:
Vohr

NORDLAND – Facebook

Havukruunu – Kelle Surut Soi

Leggermente più estremo del passato full length, Kelle Surut Soi, lascia indietro i passaggi folk per un approccio più estremo e black, mentre cori declamatori invitano ad alzare i boccali e brindare ad un giorno in più concesso alla vita.

La tradizione scandinava per il pagan black metal epico è consolidata per merito di una manciata di gruppi diventati famosi seguendo la lezione dei maestri Bathory, ma tra i boschi delle fredde lande del nord si aggirano magnifiche creature che mantengono ben salde le fondamenta del genere.

Come in un castello sperduto tra le nevi dove si forgiano menestrelli guerrieri, la penisola scandinava (terra di leggende pagane) non tradisce elargendo musica epica dai tratti black di altissima qualità.
Gli Havukruunu provengono dalla Finlandia, e ci avevano regalato un album magnifico nel 2015 (Havulinnaan) ed un ep (Rautaa ja tulta), ora seguiti dopo due anni da Kelle surut soi, nuovo bellissimo lavoro che conferma il talento di Stefan (chitarra, batteria) questa volta accompagnato da Noitavalo alle pelli, entrato in formazione un anno fa.
Lasciate ancora una volta le vostre ormai inseparabili diavolerie tecnologiche, copritevi di pelli, armatevi con spadone ed arco, ed immergetevi nelle foreste della terra dei mille laghi alla ricerca di questo duo, maestro nel saper trasmettere in musica l’atmosfera fredda, epica, a tratti desolante, ma fiera e scaldata dal sangue di nemici o prede di quelle terre lontane.
Il metal epico ed estremo degli Havukruunu è pura magia, con una serie di cavalcate metalliche che raccontano di oscurità, lunghi inverni, misteri e micidiali pericoli in lingua madre.
Leggermente più estremo del passato full length, Kelle Surut Soi, lascia indietro i passaggi folk per un approccio più estremo e black, mentre cori declamatori invitano ad alzare i boccali e brindare ad un giorno in più concesso alla vita.
Per i fans dei Bathory un lavoro irrinunciabile, prodotto da uno dei migliori gruppi in circolazione nel genere.

TRACKLIST
1.Jo näkyvi pohjan portit
2.Vainovalkeat
3.Noidanhauta
4.Vainajain valot
5.Vaeltaja
6.Myrskynkutsuja
7.Verikuu
8.Kelle surut soi

LINE-UP
Stefan – Acoustic & Electric Guitars, Bass Guitar, Voice
Noitavalo – Drums & Percussion

HAVUKRUUNU – Facebook

Ancient – Trolltaar

Nell’ep si può sentire benissimo il grande talento degli Ancient nel coniugare un cuore black metal classico con parti melodiche davvero notevoli, che fanno di questo ep un disco piacevole da ascoltare, tenendo sempre l’ascoltatore incollato allo stereo.

Un’oscura e ghiacciata discesa nel cuore nero delle terre del nord, ed è solo una piccola parte di ciò che troverete dentro questo ep.

La greca Sleaszy Rider Records, nata come distribuzione e spinta dalla passione dei ragazzi che ci sono dentro, è diventata un’ottima etichetta, e questa ristampa è una buona occasione per conoscere il suo bel catalogo. Gli Ancient provengono dalla Norvegia e sono stati uno dei gruppi principali della seconda ondata del black metal norvegese. Capitanati da Magnus Aphazel Garvik, hanno avuto una carriera altalenante, anche perché legata alle vicissitudini di vita del leader, che dopo il contratto con la Metal Blade girovagò in Italia e Grecia. Il loro debutto su lunga distanza Svartalvheim è considerato uno disco importante per il black metal, e anche il successivo Trolltaar illustra bene le peculiarità di questo gruppo. Proprio Trolltaar è l’ultimo disco che vede la formazione originale, poiché il socio di Magnus , Grimm, lascerà il gruppo dopo questo ep, nel quale si può sentire benissimo il grande talento degli Ancient nel coniugare un cuore black metal classico con parti melodiche notevoli, che ne fanno un’opera piacevole da ascoltare, tenendo sempre l’ascoltatore incollato allo stereo. Il formato del disco breve fa risaltare ulteriormente i punti di forza del gruppo, che si inserisce sia stilisticamente che ideologicamente nel black metal norvegese, ma fa una cosa tutta sua e di qualità. La carriera del gruppo è ancora lontana dal finire, e degna di nota è stata anche la partecipazione dee cantante degli Ancient al concerto anniversario dei Mortuary Drape. Inoltre questa ristampa ha i brani originali rimasterizzati, tre brani bonus registrati dal vivo in Norvegia e due remix. Un disco importante e restaurato molto bene.

TRACKLIST
1. Trolltaar (remastered)
2. Nattens Skjonnhet (remastered)
3. Fjellets Hemmelighet (long version)
4. Eerily (Pre Prod 93)
5. Likferd (reverb mix)
6. Eerily Howling Winds (live)
7. The Call Of The Absu Deep (live)
8. Det Glemte Riket (live)

LINE UP
Aphazel – Guitars, Bass, Keyboards
Grimm – Vocals, Drums, Lyrics

ANCIENT – Facebook

In Tormentata Quiete – Finestatico

Quella degli In Tormentata Quiete è una magia che si perpetua da diversi anni con una frequenza che egoisticamente vorremmo maggiore ma che, come l’apparizione nella volta celeste di una cometa ad intervalli di decenni, continua a meravigliare ogni volta e, proprio per questo, porta con sé il dono dell’eccezionalità.

Quella degli In Tormentata Quiete è una magia che si perpetua da diversi anni con una frequenza che egoisticamente vorremmo maggiore ma che, come l’apparizione nella volta celeste di una cometa ad intervalli di decenni, continua a meravigliare ogni volta e, proprio per questo, porta con sé il dono dell’eccezionalità.

L’accostamento di un album come Finestatico ad un evento cosmico non è affatto casuale, visto che l’universo e le sue stelle sono protagonisti del racconto messo in musica dalla band, che procede sulla sua personalissima strada con sempre maggior fermezza e chiarezza d’intenti, in virtù di un talento compositivo che nel nostro paese ha ben pochi termini di paragone.
Il tema lirico affrontato dall’ensemble bolognese è affascinante anche grazie allo stratagemma di dar voce ai corpi celesti, attribuendo loro sentimenti umani che affiorano via via tra unioni indissolubili, allontanamenti, moti di orgoglio, sensi di isolamento e di frustrazione.
Tutto questo, poi, trova il suo naturale approdo in un tessuto musicale talmente vario e cangiante da mettere in crisi anche il più tenace e fantasioso dei classificatori: la realtà è che gli In Tormentata Quiete sono portatori di arte musicale con la a maiuscola, che può essere assimilata al metal per qualche retaggio estremo che oggi, tutto sommato è più che altro riscontrabile nello screaming di Marco Vitale, fondamentale nel creare il peculiare intreccio con le due voci pulite, maschile a femminile (rispettivamente affidate a Simone Lanzoni ed Irene Petitto).
L’idea stessa di provare a descrivere, sia pure a grandi linee, i contenuti di Finestatico, mi appare a tratti un esercizio vano se non addirittura un atto di presunzione: come si può raccontare a parole, infatti, quello che invece è un accumulo di emozioni e sentimenti derivanti dall’ascolto di un’opera che si dipana con magica fluidità tra black, death, folk, doom, cantautorato e symphonic metal, senza che nessuna di tali componenti prevalga mai nettamente sull’altra ?
Mi limiterò solo, quindi, a consigliare vivamente a chiunque voglia farsi un’idea dell’ennesimo capolavoro firmato dagli In Tormentata Quiete di guardare ed ascoltare lo splendido video di R136a1, che non è la canzone più bella dell’album semplicemente perché lo sono tutte (anche se è una di quelle che prediligo assieme a Sirio, brano nel quale la componente folk si manifesta in maniera più netta).
Finestatico è un lavoro imprescindibile, offerto da una band unica il cui operato, in un paese normale, dovrebbe essere divulgato nelle scuole, invece di restare confinato ad un ambito underground, comunque mai così vivo e ricco di talenti che attendono solo ‘d’essere portati in superficie da una comunicazione più attenta e da un pubblico meno appiattito sui soliti nomi …

Tracklist:
1. Zero
2. Sole
3. R136a1
4. Eta Carinae
5. Sirio
6. RR Lyrae
7. Demiurgo

Line up:
Irene Petitto: Female Voice
Marco Vitale: Scream
Simone Lanzoni: Clean Vocals
Lorenzo Rinaldi: Guitars
Maurizio D’Apote: Bass
Antonio Ricco: Keyboards
Francesco Paparella: Drums

Special guests:
Clarinet by Irene Panfili
Music on “Demiurgo” by Luca Gherardi

IN TORMENTATA QUIETE – Facebook

Fäulnis – Antikult

In Antikult ci sono parti più rabbiose, ma la maggioranza del disco è occupata da ottimi mid tempo, con chitarre che sono molto vicine all’atmospheric black metal, però la musica dei Faulnis è meno caricata da distorsioni e più limpida e chiara.

Nuovo disco per i veterani tedeschi Fäulnis, con il loro black metal tendente al depressivo e all’atmosferico.

Antikult non si discosta molto dagli episodi precedenti, confermando l’ottima capacità compositiva del gruppo. Dentro Antikult si dipanano storie di disagio e di dolore, raccontate in tedesco, ma molto comprensibili. Per mezzo del black metal il gruppo di Amburgo costruisce una sorta di film scena per scena, mettendo l’ascoltatore al centro della narrazione. Definire poi questo disco black metal è riduttivo, si potrebbe quasi definirlo post black, perché i Fäulnis mostrano uno dei futuri possibili per questo genere che non è solo tale ma un modi di sentire la vita. In Antikult ci sono parti più rabbiose, ma la maggioranza del disco è occupata da ottimi mid tempo, con chitarre che sono molto vicine all’atmospheric black metal, però la musica dei Fäulnis è meno caricata da distorsioni e più limpida e chiara. Non mancano i momenti più classici, dove il black metal scorre in maniera più antica e vicina al verbo originale. Chi li conosce già sa cosa aspettarsi, mentre per chi non li ha mai sentiti saranno un’ottima sorpresa. I Fäulnis fanno parte della sottostimata scuola tedesca del black metal, che è stata fondamentale per lo sviluppo del genere, e che è stata anche più aderente allo spirito originale di molte altre scene. Dischi come Antikult, come detto sopra, sono anche innovativi e portano in avanti la crescita di un qualcosa che sta diventando davvero grande, ovvero il black metal altro. Storie, dolore ed empatia.

TRACKLIST
1.Metropolis
2.Block 19, Mahlstrom
3.Galgen, Kein Humor
4.MS Fäulnis
5.Im Auge Des Sturms
6.Kadaver
7.Arroganz Von Unten
8.Das Nagelkratzen
9.Der König

LINE-UP
Seuche – vocals
HP – drums
CW – bass
MRM – guitar
NN – guitar

Fäulnis – Facebook

In Articulo Mortis – Testament

Un album che, senza far gridare al miracolo, piace proprio per le sue melodie, mentre la parte estrema rimane nello standard, come molte volte accade.

C’è una bella differenza tra black metal sinfonico e melodico: il primo è guidato da orchestrazioni classiche, il più delle volte cinematografiche e pompose, e la verve black viene messa in secondo piano dal monumentale suono orchestrato per stupire gli amanti del metal estremo con velleità sinfoniche.

Il back metal melodico, invece, mantiene inalterata la componente estrema raffinandola con melodie classiche, specialmente nel gran lavoro delle sei corde, qualche spunto progressivo ed un elegante uso dei tasti d’avorio dalle reminiscenze classic dark.
E’ quello che succedeva qualche anno fa in Testament, primo full lenght dei transalpini In Articulo Mortis, ristampato in questi mesi e che ci presenta un gruppo molto interessante.
Nato nel lontano 1992 e scioltosi ufficialmente nel 2013, il gruppo diede alle stampe due demo, prima di questo full length licenziato nel 2012 ed ora tornato sul mercato grazie alla Herbert West Productions.
Testament presenta un melodic black metal dalle influenze nordiche, poco appesantito di orchestrazioni ma  fluido nel suo essere classico e permeato da sfumature dark e incentrato su mid tempo in cui melodie pianistiche ed atmosfere malinconiche fanno da variante ad un andamento robusto, con uno scream abbastanza uniforme ad accompagnare la musica per tutta la sua durata.
Un album che, senza far gridare al miracolo, piace proprio per le sue melodie, mentre la parte estrema rimane nello standard, come molte volte accade.
Un male per molti ma non per tutti, date un ascolto a questo lavoro, nel suo insieme merita.

TRACKLIST
1.In articulo mortis
2.Le don obscur
3.Succubus
4.La rose et le marbre
5.My Underwater Queen
6.Embrace the Reapers Wrath
7.Lunar State
8.Diaboli in amorem

LINE-UP
J – Drums
C – Guitars
M – Guitars, Bass
S – Vocals

Midnight Odyssey – Silhouettes of Stars

Una compilation perfetta per conoscere la musica di questa one man band australiana e magari cercarne le produzioni passate.

Succulenta compilation per questa one man band australiana di black metal orchestrale ed atmosferico, conosciuta come Midnight Odyssey, creatura astrale del polistrumentista Dis Pater.

Questo monumentale lavoro (più di due ore di musica estrema), raccoglie una serie di inediti, due singoli (Magica e The Night Has Come For Me) più la cover di un brano degli Emperor, Cosmic Keys From My Creations & Times.
Il sound creato da Dis Pater è dunque un black metal orchestrale, ricco di lunghe parti strumentali, a tratti vicino all’ambient ma più spesso contornato da un’aura spaziale come il concept creato dal suo creatore.
Una musica che a livello artistico risulta molto interessante e che ha bisogno del suo tempo per essere apprezzata, visto la lunghezza dei brani che non giova sicuramente all’appeal della musica dei Midnight Odyssey.
L’alternanza tra lo spirito ambient e quello più metallico ed estremo varia l’ascolto di quel tanto che basta per arrivare in fondo senza grossi problemi, anche se non manca qualche pausa.
Nei brani in cui l’anima black metal prende il sopravvento (What Was Is No More, The World Tree Burns To Vapour), echi di Emperor e Limbonic Art si ascoltano tra le note, con uno scream che mantiene un piglio epico e declamatorio, mentre è un attimo essere ancora una volta cullati dalle lunghe parti atmosferiche (Sorrow Of Deadalus, Dis Pater).
Una compilation perfetta per conoscere la musica di questa one man band australiana e magari cercarne le produzioni passate.

TRACKLIST
Disc 1
1.The Night Has Come for Me
2.Magica
3.Cosmic Keys to My Creations & Times (Emperor cover)
4.Sorrow of Daedalus
5.What Was Is No More
6.Fighting the Seraphim
7.Descent
8.The World Tree Burns to Vapour
9.Lost and Forgotten

Disc 2
1.Nocturnal
2.Your Death Is Chosen
3.The Tempest Entranced
4.Dis Pater
5.A Whisper’s Emptiness
6.Theme of Forest and Firmament

LINE-UP
Dis Pater – All instruments, Vocals

MIDNIGHT ODYSSEY – Facebook

Divine Element – Thaurachs of Borsu

I primi brani trovano nell’impeto della battaglia la loro forza così da risultare i più canonici, mentre è la seconda parte che riserva le parti più epiche, lasciando che il sound si ricami di note folk, mentre una voce narrante ne rende maestoso l’incedere.

I Divine Element sono un duo greco/ungherese formato da Ayloss (chitarra, basso e synth) e Antonis (voce) e che, aiutati dal session drummer Hannes Grossman, ci invitano sulle colline dove è in atto una battaglia all’ultimo sangue.

Il loro sound è un buon esempio di death/black metal epico e battagliero, pregno di cavalcate dove non manca la componente tragico guerresca, qualche spunto folk e tanta fierezza metallica.
Il duo è attivo da più di dieci anni ed è al secondo lavoro sulla lunga distanza dopo sette anni dal debutto omonimo, un progetto che continua con Thaurachs Of Borsu, album che non dispiacerà agli amanti del metal estremo tutto sangue, battaglie ed eroi.
I cavalieri giungono sulla collina e la battaglia ha inizio, le ritmiche black accompagnano un growl death metal, mentre la chitarra scocca frecce classiche con solos e refrain melodici.
I primi brani trovano nell’impeto della battaglia la loro forza così da risultare i più canonici, mentre è la seconda parte che riserva le parti più epiche, lasciando che il sound si ricami di note folk, mentre una voce narrante ne rende maestoso l’incedere.
Call Of The Blade e Traitor’s Last Stand sono la coppia di canzoni poste quasi in chiusura (l’ultima, Augury For A Shapeless Future, è una suggestiva outro) e colpiscono con il loro sound che risulta una cavalcata verso la gloria, tra fughe metalliche e buone parti folk progressive, alzando di molto la qualità di un lavoro che cresce con il passare dei minuti.
Le influenze sono da riscontrare nei gruppi epic/black e folk, quindi si tratta di un disco da ascoltare senza remore se siete fans del genere.

TRACKLIST
1.A Realignment with Destiny
2.Thaurachs of Borsu
3.Onto the Trail of Betrayal
4.Beyond This Sea
5.Interlude (The Point of No Return)
6.Call of the Blade
7.Traitor’s Last Stand
8.Augury for a Shapeless Future

LINE-UP
Ayloss – Gutars, Bass, Synths
Antonis – Vocals
Hannes Grossman – Session Drums

DIVINE ELEMENT – Facebook

Slægt – Domus Mysterium

Black Heavy Metal ! Questa e’ la pozione magica creata con grande competenza da questi artisti danesi…

Una brillante prova da parte dei Slægt, quartetto di Copenhagen che, a partire dal 2012, ha elaborato un proprio suono passando dalla prima prova Ildsvanger, prettamente black metal, all’EP Beautiful and Damned in cui qualcosa si stava modificando per poi culminare in Domus Mysterium dove il loro black heavy metal rifulge splendidamente.

La band sapientemente e con grande gusto ha miscelato sensibilità black metal, gocce di trash, aromi psichedelici e un grande suono heavy anni 80, componendo otto brani per una durata di circa 55 minuti; le canzoni sono realmente evocative, la produzione decisamente buona evidenzia un guitar sound molto nitido e fluido, la cover raffigurante il loro “the eye of the devil”  e le vocals che alternano uno espressivo scream mai esasperato con un grintoso clean, danno vita a una piccola opera d’ arte del tutto inattesa.
Lunghi intermezzi strumentali nella loro inventiva profumano del migliore heavy anni 80 accompagnati da intarsi acustici di madrigalesca memoria (vengono in mente in alcuni momenti i Dissection); l’eclettismo e la competenza della band si esplicano in brani medio-lunghi, ricchi di idee a partire dall iniziale Succumb, con un inizio screziato della migliore psichedelia, per poi essere travolti da I Smell Blood, di cui esiste anche un video, con eccitanti intrecci di chitarre.
La struggente e sinistra melodia di The Tower può ricordare il miglior horror sound dei bei tempi, il breve intermezzo pianistico di Burning Feathers, dalla cristallina e antica melodia, apre la strada agli ultimi due lunghi brani: Remember It’s a Nightmare e la title track, nelle quali la capacità della band di scrivere splendide ed epiche songs viene fuori in tutta la sua limpidezza; chiaramente non si inventa niente di nuovo, ma il caleidoscopico blend creato e suonato con grande passione dai danesi appare sempre fresco e non può non essere apprezzato da attenti ascoltatori open-minded… “rise up in the Tower, climb high as they cower, ascend into glory with passionate fury…”

TRACKLIST
1. Succumb
2. I Smell Blood
3. Egovore
4. In the Eye of the Devil
5. The Tower
6. Burning Feathers
7. Remember It’s a Nightmare
8. Domus Mysterium

LINE-UP
Asrok – Bass, Guitars, Vocals
Olle Bergholz – Bass, Vocals (backing)
Ccsquele – Drums
Anders M. Jørgensen – Guitars (lead)

SLAEGT – Facebook

Chiral – Gazing Light Eternity

Gazing Light Eternity conferma appieno il valore che Chiral aveva già esibito compiutamente nelle opere precedenti, mostrando un talento di livello superiore alla media.

In occasione della sua riedizione in uscita a giugno per la Folkvangr Records, riproponiamo quanto scritto nello scorso autunno a proposito di Gazing Light Eternity.

Terzo full length in un ridottissimo lasso di tempo per il progetto solista di Chiral, senza che la qualità del livello compositivo ne risenta, anzi …
Infatti, a partire da Abisso, album che arrivava a raccogliere e sintetizzare i frutti di un lavoro intenso durato per tutto il 2014 e parte del 2015, il musicista piacentino ha iniziato un percorso di crescita che lo ha postato ad essere uno dei protagonisti di una scena atmospheric black che, nel nostro paese, assume diverse sfaccettature.
Lo stile di Chiral differisce dal filone venato di epica e di retorica storico-guerresca (che sta comunque fornendo buoni frutti) e mostra invece il lato più riflessivo e, se vogliamo, naturalistico del genere.
Gazing Light Eternity, forse ancor più e meglio del suo predecessore Night Sky, è la rappresentazione di scenari che appaiono bucolici nelle sue fasi ambient, e velati di un’inquietudine che va a comporre un quadro in cui il gusto melodico mediterraneo si va a fondere con la scuola scandinava e con le derivazioni cascadiane di quella nordamericana.
L’album consta di quattro brani dei quali i due più lunghi (vicini al quarto d’ora) sono appunto contraddistinti da un black metal liquido e meditabondo, se si eccettuano le misurate accelerazioni in doppia cassa, dove un convincente substrato melodico funge da filo conduttore, ammantando di grande fascino le composizioni di qualità alle quali Chiral ci ha abituato.
Le due tracce più brevi (della durata di sei minuti circa) svelano la vena ambient del nostro, del quale qui si può apprezzare ancora di più l’abilità nel rendere meno interlocutoria e più affascinante questa sfumatura musicale (da rimarcare il lavoro chitarristico che resta quasi in sottofondo in The Hourglass).
Gazing Light Eternity conferma appieno il valore che Chiral aveva già esibito compiutamente nelle opere precedenti, e se consideriamo che stiamo parlando dello stesso musicista che sta dietro agli ottimi lavori di un altro progetto come Il Vuoto, appare in tutta la sua evidenza come ci si trovi al cospetto di un talento di livello superiore che merita tutto il supporto da parte degli appassionati italiani e non solo.

Tracklist:
1.Part I (The Gazer)
2.Part II (The Haze)
3.Part III (The Crown)
4.Part IV (The Hourglass)

Line-up:
Chiral

CHIRAL – Facebook

Norse – The Divine Light of a New Sun

Quaranta minuti di black metal fuori dai canoni, non fosse per qualche parte più marziale che può avvicinare brani come Exitus al sound dei nuovi Satyricon: una proposta estrema da maneggiare con le dovute cautele, ma a suo modo affascinante.

Black metal disarmonico e per questo ancora più estremo, misantropico nel concept che si riflette sulla musica, a tratti progressiva nel suo cercare soluzioni ritmiche fuori dagli schemi.

La band colpevole dei danni procurati dai padiglioni auricolari si chiama Norse e proviene dall’Australia, paese fuori dai circuiti metallici, perciò foriera (come i paesi asiatici) di metal che va oltre ai soliti cliché (infatti anche in questo album c’è lo zampino della Transcending Obscurity, label che da anni ci delizia con le opere estreme provenienti dai paesi dell’ immenso territorio asiatico.
Attivo da più di dieci anni, il duo composto da Forge (batteria e chitarra) e ADR (vocals, bass) arriva con questo destabilizzante lavoro al terzo full length della carriera che vede in The Divine Light of a New Sun l’intensificarsi delle parti dissonanti, per un approccio estremo che si discosta dalle proposte del genere.
Sfuriate black ed atmosfere in cui il duo gioca con le note in un’atmosfera che rimane oscura e diabolica, mentre il gran lavoro della sezione ritmica va di passo con la sei corde, molte volte portata al limite di saturazione in un delirio musicale che non lascia scampo.
Quaranta minuti di black metal fuori dai canoni, non fosse per qualche parte più marziale che può avvicinare brani come Exitus al sound dei nuovi Satyricon: una proposta estrema da maneggiare con le dovute cautele, ma a suo modo affascinante.

TRACKLIST
1.Supreme Vertical Ascent
2.Drowned by Hope
3.Telum Vitae
4.The Divine Light of a New Sun
5.Exitus
6.Synapses Spun as Silk
7.Sandarkan
8.Arriving in Peace, Pregnant with War
9.Cyclic

LINE-UP
Forge – Drums, Guitars
ADR – Vocals, Bass

NORSE – Facebook

Hadal Maw – Olm

Ottimo lavoro estremo questo secondo album degli australiani Hadal Maw, con il loro sound che risulta una fatale miscela di death metal tecnico e black.

Gran bella mazzata estrema questo nuovo album dei deathsters australiani Hadal Maw, ma in effetti quelle terre posizionate all’altro capo del mondo offrono spesso ottima musica, in tutti i campi dell’universo metallico.

Il quintetto di Melbourne arriva al secondo full length con un sound che risulta una fatale miscela di death metal tecnico e black/death riconducibile al modus operandi dei Behemoth, maestri europei del genere.
Una proposta interessante, dunque, pesantissima ed estrema, curata in ogni dettaglio e suonata molto bene dai musicisti coinvolti, tanto da avvicinarsi a tratti al technical death metal.
La differenza la fa il songwriting che sposta le coordinate del sound sull’impatto, lasciando la mera tecnica al servizio di devastanti brani neri come la pece, su cui si staglia il vocione di Sam Dillon, una vera miniera di tonalità cupe ed efferate.
Grande è il lavoro della sezione ritmica (Jim Luxford al basso e Rob Brens alle pelli) e delle due chitarre (Ben Boyle e Nick Rackham) che tagliano l’aria irrespirabile con fendenti metallici, lasciando la melodia alle parti più rallentate di rabbioso doom/death (False King) che, con l’altra perla del disco, la lunga ed emozionante Simian Plague, una cavalcata death/black tra mid tempo e terremoti ritmici, rendono Olm un acquisto consigliato agli amanti del metal estremo.
Un’altra ottima prova proveniente dall’Australia, dove ferve una scena per certi versi ancora tutta da scoprire.

TRACKLIST
1.Leviathan
2.Affluenza
3.Failed Harvest
4.Witch Doctor
5.False King
6.The Olm
7.Simian Plague
8.Germinate
9.Hyena
10.Circus of Flesh

LINE-UP
Sam Dillon – Vocals
Nick Rackham – Guitar
Ben Boyle – Guitar:
Jim Luxford – Bass
Rob Brens – Drums

HADAL MAW – Facebook

Obscura Amentia – The Art Of The Human Decadence

Gli Obscura Amentia riescono con la loro musica a trasmettere compiutamente un senso di inquietudine che prende forma man mano che si procede con gli ascolti, e questo più di altri è un indicatore affidabile della profondità compositiva che pervade The Art Of The Human Decadence.

A cinque anni da Ritual ritornano gli Obscura Amentia, duo italiano che all’epoca avevamo lasciato alle prese con una buona interpretazione di un black metal di matrice svedese.

In questo lasso di tempo le cose sono decisamente cambiate, e sicuramente in meglio, anche per quanto riguarda la maggiore peculiarità del sound proposto: oggi, infatti, gli Obscura Amentia sono una solida realtà dedita ad un doom ovviamente intriso di una massiccia componente black.
Gli stessi aspetti che non mi avevano convinto al 100% nel precedente lavoro hanno visto senz’altro un importante progresso: l’abrasivo screaming di Hel appare del tutto appropriato allo stile proposto e anche la produzione favorisce un maggiore equilibrio tra voce e strumenti.
Il lavoro di Black Charm con chitarra, basso e tastiere è lo specchio di un notevole sforzo compositivo, atto a rendere evocativo e malinconico il sound senza fargli perdere le sue ruvide connotazioni estreme. Volendo fare per forza un paragone, utile ad inquadrare meglio i contenuti di The Art Of The Human Decadence, si può azzardare a livello di umori una certa vicinanza all’ormai datato ultimo album dei Valkiria, anche per un lavoro chitarristico similmente volto alla ricerca di melodie di grande impatto ma con il tutto, come detto, maggiormente inserito all’interno di ritmiche dal passo più spedito.
Di quest’album non si può non apprezzare l’intensità che traspare da ogni singola nota e difficilmente chi predilige i due generi che ne costituiscono l’impalcatura potrà restare indifferente.
The Art Of The Human Decadence non è certo opera per puristi, capaci di godere solo della perfezione formale senza neppure provare a grattare una superficie la cui rugosità preserva, ad un ascolto distratto, una profondità non comune. Oltretutto il lavoro si snoda in costante crescendo, trovando i momenti più alti nella sua seconda metà a fronte di una prima che gli è comunque di poco inferiore: infatti, se Ocean, Entropy, la title track e Agony sono brani che già da soli riescono a comunicare quale sia il valore dell’album, dopo l’intermezzo strumentale Broken si susseguono tracce dal magnifico impatto melodico e drammatico allo stesso tempo, inaugurate da una eccellente Apathy, che lascia poi spazio allo struggente incedere della magnifica Sentenced e all’impatto apocalittico di King, episodio che, prima dello strumentale di chiusura Ananke, ben rappresenta gli umori di un lavoro che verte liricamente sulla decadenza inarrestabile di un’umanità impegnata in un’ottusa quanto inarrestabile corsa verso l’autodistruzione.
Gli Obscura Amentia riescono con la loro musica a trasmettere compiutamente un senso di inquietudine che prende forma man mano che si procede con gli ascolti, e questo più di altri è un indicatore affidabile della profondità compositiva che pervade The Art Of The Human Decadence.

Tracklist:
01. Ocean
02. Entropy
03. The Art Of The Human Decadence
04. Agony
05. Broken
06. Apathy
07. Sentenced
08. King
09. Ananke

Line up:
Hel – Vocals
Black Charm – All and drum programming

OBSCURA AMENTIA – Facebook

Descent Into Maelstrom – Descent Into Maelstrom

Descent Into Maelstrom convince, mostrando un’aura gotica e malinconica pur nella sua natura estrema, consigliato quindi alle anime nere ed agli amanti del death melodico.

I Descent Into Maelstrom, progetto di metal estremo creato dal chitarrista Andrea Bignardi, di fatto una one man band, ci esortano a spingerci nei deliri dello scrittore Edgar Alan Poe e della sua opera, dalla quale anche l’album prende il titolo.

Una passione, quella per la letteratura gotica, che ha portato il musicista piacentino alla realizzazione di questo lavoro dal sound estremo che si rivela un buon death/black melodico influenzato dalla maestra terra scandinava.
Grande il lavoro della sei corde, strumento preferito da Bignardi sia nelle parti grondanti metallo estremo, sia in quelle atmosferiche o dalle ottime melodie che si rifanno al metal classico.
L’atmosfera che regna tra i brani è ovviamente oscura ed orrorifica, ma non mancano cavalcate in crescendo come la notevole Castle Of Otranto, nella quale Bignardi ricama solos melodici di ottima fattura, alternando potenza metallica a suggestive parti acustiche, in una tempesta di suoni che richiamano a più riprese la scena death melodica di primi anni novanta.
Per farsi un’idea del sound contenuto nell’album si potrebbero immaginare degli In Flames gotici che giocano a fare i Dissection, e comunque Ignis Fatuus, Storm And Assault, la già citata Castle Of Otranto e la title track rendono merito allo sforzo del musicista e compositore emiliano.
Descent Into Maelstrom convince, mostrando un’aura gotica e malinconica pur nella sua natura estrema, consigliato quindi alle anime nere ed agli amanti del death melodico.

TRACKLIST
1. Everything Against
2. Ignis Fatuus
3. Innerwhere (feat. Samuele Ordanini – Inferno 9)
4. Storm And Assault
5. Castle Of Otranto
6. Atavic Enemies
7. Descent Into Maelstrom
8. Peroratio In Rebus

LINE-UP
Andrea Bignardi – Guitar, Bass, Vocals

DESCEND INTO MAELSTROM – Facebook

Weregoat – Pestilential Rites of Infernal Fornication

Grazie all’accurata produzione il massacro si compie nitidamente e i Weregoat confezionano un gran lavoro di death puro e senza compromessi.

Con abbondante anticipo sulla data di uscita a fine giugno vi scriviamo la modesta recensione di questo disco maledetto, non doveste più avere nostre notizie andate a rifugiarvi con prontezza perché i demoni evocati dai Weregoat sono liberi.

Tutto ciò e molto altro ancora più in basso è ciò che verte intorno al disco, fatto di un un death black metal davvero distorto e malato. Molta malvagità è passata dai tempi dei primi dischi death davvero cattivi e degenerati, e vi sono state anche punte elevate in gruppi che hanno poi venduto meritatamente, ad esempio i Morbid Angel, per dire un nome. Qui invece la cattiveria, la velocità, la potenza e la pazzia sono una sordida preghiera al nero signore. I Weregoat non danno tregua e in questo esordio ci mettono tutto la degenerazione che hanno accumulato negli anni, anche grazie ad uscite musicali con durata inferiore a quella di questo disco. Vera gioia nera, pura perversione satanica, farfalla di un death Black molto sbilanciato verso il death più underground, e molto ben prodotto. Grazie all’accurata produzione il massacro si compie nitidamente e i Weregoat confezionano un gran lavoro di death puro e senza compromessi. Se questo è il debutto, verremo presto spazzati via.

TRACKLIST
01 Goat Lust
02 Osculum
03 Molested By Evil
04 Screaming
05 Forked Tongue
06 Full Moon
07 Under The Whip
08 Archgoat
09 As Cold as The Devils Seed
10 Pestilential Rites

LINE-UP
Lecherous Agressor – Guitar Sodomy
Nocturnal Hellfukker – SubAtomic Detonations and Kommands of Bestial Penetration
SadoSeducer- Doomhammers of primal lust and hate!

WEREGOAT – Facebook

Katharos XIII – Negativity

I Katharos XIII dimostrano di possedere le stimmate della band di livello superiore alla media, ed indicano un’ideale sbocco creativo a chiunque voglia offrire una personale rilettura della materia black metal.

Ancora una volta, in un lasso di tempo relativamente breve, ci troviamo a parlare di metal estremo in arrivo dalla Romania, con non pochi legami con gli album appena trattati.

Infatti, i Katharos XIII, al loro secondo full length, provengono anch’essi dalla fertile scena di Timisoara e vedono in line-up l’ormai nota figura di Fulmineos, all’opera con i magnifici Argus Megere, oltre ad Ordinul Negru ed un passato nei numi Negură Bunget.
Rispetto agli autori di VEII, il black metal in questo caso assume sembianze più sperimentali, anche se non mi trovo molto d’accordo con l’etichetta depressive assegnata nelle note di accompagnamento, se non per l’aspetto lirico che tiene perfettamente fede ad un titolo come Negativity.
In realtà, l’approccio dei Katharos XIII è piuttosto avanguardistico, pur senza spingersi verso orizzonti eccessivamente cervellotici, poiché appaiono sempre ben delineate le intuizioni melodiche e neppure si disdegnano ritmiche a tratti dall’impatto catchy, come avviene nell’opener XIII, traccia più che mai esemplificativa degli intenti dei nostri.
La pesantezza della successiva title track, del resto, è tutt’altro che sintomo di monotematicità, con l’esibizione di minacciosi break e rallentamenti che, come nel resto del disco, contribuiscono a rendere vario e poco scontato l’album.
Il velo di sofferenza che avvolge il lavoro si estrinseca attraverso trame sonore sempre brillanti, spesso di sorprendente originalità, che dal black traggono soprattutto l’interpretazione vocale e certe accelerazioni ritmiche: in Negativity vengono frullate con grande abilità pulsioni estreme, progressive e post metal, per un risultato finale sul quale si sarebbe potuto scommettere ad occhi chiusi alla luce del valore della crescente scena che questi musicisti rappresentano.
I Katharos XIII spargono con generosità all’interno del loro album diversi momenti di fulgore compositivo (ognuno dei sette brani è splendido, ma No One Left To Lead The Way e Inside spiccano per il loro trascinante incedere), dimostrando di possedere le stimmate della band di livello superiore alla media ed indicando un’ideale sbocco creativo a chiunque voglia offrire una personale rilettura della materia black metal.

Tracklist:
1. XIII
2. Negativity
3. No One Left To Lead The Way
4. The Chains Are So Beautiful
5. World’s Coffin
6. I Die Everytime I Walk This Path
7. Inside

Line-up:
F – vocals, guitars, keyboards
Andrei – guitars
SQ – bass
Sabbat – drums

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