Soilwork – Verkligheten

I Soilwork odierni sono un gruppo che si è saputo ricostruire un’identità artistica album dopo album, pagando qualcosa sotto forma di un paio di passaggi a vuoto, ma ora libero di esprimersi nel modo più congeniale.

Nati con qualche anno di ritardo rispetto ad In Flames, Dark Tranquillity e altre icone del death metal melodico nord europeo, i Soilwork si sono ritrovati a regnare sul genere, dopo qualche piccolo passo falso ma con una costanza che li ha portati all’undicesimo lavoro sulla lunga distanza ed una discografia che si completa con live, compilation ed ep a getto continuo.

I Soilwork targati 2019 non sono più quelli dei primi quattro album, tra il 1998 ed il 2002 artefici di un’immissione di aria fresca nel genere, restando fedeli ad una formula da cui si errano ormai allontanati i loro colleghi.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, nel frattempo il leader maximum Speed Strid, ha avuto il tempo di sperimentare nuove soluzioni melodiche con gli imperdibili The Night Flight Orchestra, nuove ovviamente per chi si è sempre nutrito solo di metal estremo, ma famigliari per i reduci del pop rock settanta/ottanta.
Da qui si parte inevitabilmente per descrivere questo nuovo album intitolato Verkligheten, un’opera che farà sicuramente discutere per la sua accentuata impronta melodica che molto deve appunto al sound dei The Night Flight Orchestra, ma che rimane legato comunque ed indissolubilmente all’ormai storico genere creato nei primi anni novanta nella penisola scandinava.
Non manca la novità in sede di line up, con Bastian Thusgaard che si siede dietro al drumkit al posto dello storico Dirk Verbeuren, passato alla corte di Dave Mustaine.
Verkligheten, come avrete capito, è un album in cui le melodie di stampo hard rock diventano le assolute protagoniste, prendendo il sopravvento sull’anima death metal del gruppo; Strid, sempre più leader incontrastato, è protagonista di una prova eccezionale e questo la dice lunga su quello che troverete in queste dodici tracce, visto che il canto pulito domina sullo scream in tutto l’album.
Musicalmente la band picchia come sa, ma solo a tratti, il resto è costruito sulla dote che il cantante si porta dietro dai The Night Flight Orchestra, una virtù che porta il nuovo lavoro a risultare fresco, straordinario per quanto riguarda refrain, chorus ed arrangiamenti ed assolutamente irresistibile.
Un album che ovviamente non piacerà ai fans del sound che come una tempesta attraversa gli anni a cavallo del nuovo millennio, ma è indubbio che When The Universe Spoke, Stålfågel, Witan e The Ageless Whisper risultino tracce dal tiro micidiale e dall’appeal davvero micidiale.
I Soilwork odierni sono un gruppo che si è saputo ricostruire un’identità artistica album dopo album, pagando qualcosa sotto forma di un paio di passaggi a vuoto, ma ora libero di esprimersi nel modo più congeniale.

Tracklist
1.Verkligheten
2.Arrival
3.Bleeder Despoiler
4.Full Moon Shoals
5.The Nurturing Glance
6.When the Universe Spoke
7.Stålfågel
8.The Wolves Are Back in Town
9.Witan
10.The Ageless Whisper
11.Needles and Kin
12.You Aquiver

Line-up
Björn “Speed” Strid – Vocals
Sven Karlsson – Keyboards
Sylvain Coudret – Guitars
David Andersson – Guitars
Bastian Thusgaard – Drums

SOILWORK – Facebook

Christine IX – Crosses And Laurels

Scritto e suonato quasi interamente da Christine IX, Crosses And Laurels è un ottimo esempio di alternative rock al cui interno ritroviamo ispirazioni ed influenze che partono dalla linea rosa del grunge dei primi anni novanta, dal rock ‘n’roll settantiano e dal punk rock.

Dietro al nome Christine IX si muove un’artista a tutto tondo, polistrumentista, cantante, scrittrice e produttrice dei suoi lavori.

Prima cantante del gruppo Shotgun Babies, con cui dà alle stampe un ep, due full length e varie compilation, poi varie collaborazioni con gruppi della scena underground e con scrittori e poeti, in performance letterarie e musicali, e infine la sua carriera solista nel mondo del rock, prima con l’album Can I Frame The Blue? licenziato nel 2015 ed ora questo ottimo secondo lavoro, intitolato Crosses And Laurels.
Scritto e suonato interamente dalla musicista, con l’aiuto dei soli Luca Greco alla batteria e Katija Di Giulio, al violino nel singolo Talking Like Lovers, l’album è un ottimo esempio di alternative rock al cui interno ritroviamo ispirazioni ed influenze che partono dalla linea rosa del grunge dei primi anni novanta (Babies In Toyland, L7), dal rock ‘n’roll settantiano (Joan Jett & The Blackhearts) e dal punk rock (Plasmatics).
Un sound da riot girl, quindi, nel quale la tensione palpabile e l’atmosfera nervosa non lasciano dubbi sulle intenzioni bellicose di Christine IX.
L’opener Talking And Lovers si sviluppa come un conto alla rovescia, mentre l’elettricità sale ed esplode nella seguente Harm And Fear, brano che ricorda i The Nimphs di Inger Lorre.
La padronanza della materia, unita ad una notevole esperienza, porta Christine IX ad uscire vincitrice da ogni scontro/incontro con le sue ispirazioni: il sound risulta un’altalena tra brani più intimisti (Redon) ed altri più tirati (Never Give Up), in cui non mancano accenni alla regina del grunge Courtney Love, ma sempre lasciando in risalto la spiccata personalità di cui si può fregiare la musicista nostrana.
La top song dell’album arriva con il brano numero sette, ovvero God Has Gone To War, sunto del sound di Crosses And Laurels e delle influenze che lo hanno ispirato.
Christine IX è un’artista a 360°, non ché bravissima cantante e songwriter di spessore, e chissà quali riscontri avrebbe potuto ottenere se la sua carta d’identità fosse stata statunitense.

Tracklist
1.Talking Like Lovers
2.Harm And Fear
3.Redon
4.Neurotoxic
5.Never Give Up
6.Fancy Scar
7.God Has Gone To War
8.She Lived One Day
9.All The Other Girls

Line-up
Christine IX – guitars, bass, vocals, piano, lyrics, xylophone, harmonica
Luca Greco – drums
Katija Di Giulio – violin on Talking Like Lovers

CHRISTINE IX – Facebook

Festerday – Iihtallan

Licenziato dalla Season Of Mist, il primo colpo sparato ad altezza d’uomo dal metal estremo nord europeo si chiama Iihtallan, se il buongiorno si vede dal mattino in questo nuovo anno ci sarà da divertirsi.

Il 2019 è appena iniziato e dalla lontana Finlandia arriva la prima bomba che sulla fiancata porta la scritta death metal.

Il primo album dei Festerday non è in effetti un debutto, visto che la band risulta attiva dall’alba degli anni novanta e in realtà per diversi anni ha sfornato grandi lavori con il monicker di tutto rispetto …And Oceans.
Così, dopo i primi demo ed il ritorno nel 2015 alla piena attività licenziando un paio di ep, è giunto il momento anche per l’originaria incarnazione degli …And Oceans di dare alle stampe il suo primo lavoro, e anche se ci sono voluti trent’anni si può tranquillamente dire che ne è valsa la pena.
Iihtallan è un album eccellente nel quale il gruppo finlandese (che prende il nome da un brano dei Carcass contenuto in Reek Of Putrefaction), raccoglie tre decenni di metal estremo di matrice death e li fonde in un pesantissimo e malato sound su cui si basano questa quindicina di tracce che compongono l’opera.
Death metal scandinavo, brutal death metal, doom e progressione estreme in stile Death (la band) si fondono in un’unica detonazione che libera liquami putrescenti sul fondo di un pozzo cimiteriale al suono di Edible Excrement, Dreaming For The Dead e Into The Void, spettacolare e quanto mai maligno mid tempo strutturato su un riff proveniente da una cripta millenaria.
Licenziato dalla Season Of Mist, il primo colpo sparato ad altezza d’uomo dal metal estremo nord europeo si chiama Iihtallan, se il buongiorno si vede dal mattino in questo nuovo anno ci sarà da divertirsi.

Tracklist
1.The Last Night of the Earth
2.Edible Excrement
3.Tongues for Rotten Kisses
4.Kill Your Truth
5.Control Not Your Soul
6.Dreaming for the Dead
7.Vomiting Pestilence
8.Flowers of Bones
9.Flowers of Stone
10.Into the Void
11.Constructive Decomposition
12.Gravelove
13.The Human Race Disgrace
14.Your Saliva My Vagina
15.Let Me Entertain Your Entrails
16.Let Me Entertain Your Entrails (Redux)

Line-up
Timo Kontio – Guitar
Teemu Saari – Guitar
Kena Strömsholm – Vocals
Antti Räisälä – Bass
Jani Kuoppamaa – Drums

FESTERDAY – Facebook

Homo Macabrus – Homo Macabrus

Il musicista greco, ispirato e convincente, non lascia nulla al caso, le sue ispirazioni si perdono nella scena death metal e brutal e le tracce risultano una serie di mazzate dove gli ospiti al microfono non mancano di dare il loro prezioso contributo.

Sotto il monicker Homo Macabrus si cela il polistrumentista greco Teo Kakouris il quale, aiutato da un gruppo di vocalist della scena estrema mondiale (uno per ogni brano), ha dato vita a questo brutale lavoro omonimo.

Si tratta di un album di death metal violento ed appunto brutale, diviso tra devastanti e velocissime tracce e mid tempo potentissimi, nel quale gli otto vocalist si danno il cambio, dando vita ad un’opera varia e a suo modo affascinate.
Kakouris ha fatto le cose per bene, quindi vi troverete al cospetto di un’opera soddisfacente sotto tutti i punti di vista; il musicista greco, ispirato e convincente, non lascia nulla al caso: le sue influenze si perdono nella scena death metal e brutal e le tracce risultano una serie di mazzate dove gli ospiti al microfono non mancano di dare il loro prezioso contributo.
Da segnalare le notevoli Mental Disorder, con la presenza di Nathan Kleinclauss dei Voraphilya, e Misanthropy, dove a vomitare odio troviamo Supratim Sen degli immensi deathsters indiani Fragarak, ma è comunque tutto l’album che merita la giusta attenzione da parte dei fans di queste sonorità.

Tracklist
1. Stained By Blood
2. Bestial Savagery
3. Exctinction of Mankind
4.The Last Trace of Hope
5.Mental Disorder
6.Slaughter The Seeds
7.Misanthropy
8. Betrayed

Line-up
Teo Kakouris – Guitars/Bass/DrumProgramming/Mixing/Mastering

Guests
Amadeus Laub in Stained By Blood
Edwin Haroutonian (Nyctophile) in Bestial Savagery
Fabrizio Presente in Exctinction of Mankind
Katrin Brunier (Cyclocosmia) in The Last Trace of Hope
Nathan Kleinclauss (Voraphilya) in Mental Disorder
Christopher Roche (Möltar, ex-Aepoch) in Slaughter The Seeds
Supratim Sen (Fragarak) in Misanthropy
Cameron Aldrich in Betrayed

HOMO MACABRUS – Facebook

Luke Fortini – Inside

Fortini, oltre alla riconosciuta ottima preparazione strumentale, esibisce anche un buon talento nella scrittura di brani che non restano avviluppati da virtuosismi fine a sé stessi.

Non certo un nome nuovo della scena metal/rock nazionale, il chitarrista Luke Fortini presenta il suo nuovo album solista interamente strumentale.

Il musicista, oggi in forza agli Hyperion (band heavy/thrash di cui ci siamo occupati in occasione dell’uscita dell’album Dangerous Days) ed agli Imago Imperii (epic/power metal), ha un passato in molti altri gruppi della scena metal tricolore e alle spalle una manciata di lavori solisti che precedono questo nuovo lavoro intitolato Inside.
I sette brani sono stati scritti, registrati e suonati interamente da Fortini, il quale, oltre alla riconosciuta ottima preparazione strumentale, esibisce anche un buon talento nella scrittura di brani che non restano avviluppati da virtuosismi fine a sé stessi rivelandosi a loro modo originali ed affascinanti anche per chi non ama le opere strumentali.
L’album si apre con la title track, un brano progressivo e dalle atmosfere oscure che a tratti ricorda i Goblin, ma a seguire le tracce prendono strade diverse, raggiungendo lidi che vanno dal metal estremo al rock sperimentale, fino a raggiungere atmosfere stranianti nella conclusiva From Hell To Space, che si sviluppa tra suoni ed effetti dai rimandi cinematografici, ricordando la colonna sonora di un film muto.
Un album scritto per sé stesso, che trova nella sua varietà di stili l’arma per non sfigurare tra le opere del genere.

Tracklist
1.Inside
2.The Prism
3.Interplanetary Code
4.Irregular
5.The Black Demon
6.Virtuoso
7.From Hell To Space

Line-up
Luke Fortini – All Instruments

LUKE FORTINI – Facebook

Corpsessed – Impetus Of Death

Il ritorno dopo quattro anni si chiama Impetus Of Death, una terribile e marcissima colata di fango mortifero, composto da otto brani che risultano assolutamente estremi ed inattaccabili.

La Finlandia non è solo terra di metal estremo progressivo e folk, perché anche il death metal classico è ben radicato, come in tutte le terre del nord, e il nuovo lavoro dei Corpsessed arriva come un uragano a dimostrarlo.

La band di Järvenpää aveva già dato un bel scossone alla scena con il primo full length Abysmal Thresholds, un fiume in piena composto di melma e cadaveri, strappati a cimiteri distrutti dall’uragano Corpsessed.
Il ritorno dopo quattro anni si chiama Impetus Of Death, una terribile e marcissima colata di fango mortifero, composto da otto brani che risultano assolutamente estremi ed inattaccabili.
Difficile non provare un sentore di nefasta atmosfera, ed il lento incedere doom/death che a tratti si alterna con il bombardamento ritmico a cui la band ci sottopone è di quanto più terrificante si possa ascoltare, un monolite mostruoso e micidiale che si sposta come una tempesta provocando disastri biblici.
In questa atmosfera da inferno sulla terra si muovono con disinvoltura Matti Mäkelä e soci, mostruosi assassini al soldo del metal estremo di scuola Abhorrence/Incantation che la band amalgama con rilevanti forme di death metal scandinavo, in uno tsunami vorticoso e letale.
La torbida fiumana porta con sé monolitici brani come l’opener Impetus Of The Dead, la devastante e macabra Sortilege, la vulcanica Graveborne e i dieci minuti di putrescente doom/death della conclusiva Starless Event Horizon.
Estremo, brutale e devastante, Impetus Of Death non lascia scampo e ci consegna una band da considerare tra le punte nel vasto panorama del death metal europeo.

Tracklist
1. Impetus Of The Dead
2. Sortilege
3. Endless Plains Of Dust
4. Graveborne
5. Paroxysmal
6. Forlorn Burial
7. Begetter Of Doom
8. Starless Event Horizon

Line-up
N. Matilainen – vocals
M. Mäkelä – guitars
J. Lustig – guitars
J-P. Manner – drums
T. Kulmala – bass

CORPSESSED – Facebook

When Plagues Collide – Tutor Of The Dying

Se pensate che il metal moderno non sia in grado di portare alta la bandiera del genere più estremo, allora non vi siete ancora imbattuti nel gruppo belga e nel loro Tutor Of The Dying,

Chiamatelo come volete: deathcore, death metal moderno, amatelo, odiatelo, ma sappiate che un album come questo devastante lavoro intitolato Tutor Of The Dying è di una forza espressiva dirompente.

Loro sono i belgi When Plagues Collide, attivi da appena due anni e con un solo ep alle spalle, sono in cinque e hanno dato vita ad un’opera estrema straordinaria per potenza, intensità e brutalità: la band ci investe con gli undici brani che compongono Tutor Of The Dying. album nobilitato da una parte sinfonica che però non risulta invadente essendo usata con parsimonia,
Death metal, core, brutal, accenni grind ed armonie orchestrali entrano in quello che rimane un lavoro devastante, formando una musica che deflagra epica, violenta e brutale.
Growl cattivissimo, che a tratti prende toni grind core, ritmiche stoppate ma varie tra accelerazioni violentissime e mid tempo tellurici, brani operistici dall’andamento inquietante che si trasformano in metalliche deflagrazioni sonore sono le peculiarità della musica creata dai When Plagues Collide in questo primo bellissimo lavoro.
Se pensate che il metal moderno non sia in grado di portare alta la bandiera del genere più estremo, non vi siete ancora imbattuti nel gruppo belga e nel loro Tutor Of The Dying, fatelo al più presto.

Tracklist
1. Messengers of the Dying
2. Fertilization with the Bodies of Man
3. Legion
4. Dictating Violence
5. Als Imerative Grootmacht
6. Tutor of the Dying
7. Fleshmound
8. Belials Archetype
9. Marked for Destruction
10. Corpus Maleficus
11. Vows

Line-up
Wouter Dergez – Vocals
Joris Durgez – Guitars
Santy Van der Mieren – Guitars
Bastiaan Barbieux – Bass
Siebe Hermans – Drums

WHEN PLAGUES COLLIDE – Facebook

Nailed To Obscurity – Black Frost

Un album come Black Frost, pur nel suo peccare in originalità, resta in ogni caso un ascolto fortemente consigliato agli amanti di un genere che riesce sempre a toccare le corde emotive giuste.

Accasatisi alla Nuclear Blast dopo una dozzina d’anni di gavetta, tornano sul mercato i Nailed To Obscurity, band tedesca che rilascia il suo quarto lavoro in studio intitolato Black Frost.

La formula che contraddistingue il quintetto è quella ormai nota del progressive melodic death metal dalle atmosfere doom dark, qui esibita in una delle sue vesti più convincenti.
I Nailed To Obscurity, inutile negarlo, si ispirano a Opeth e Katatonia, immettono nel loro sound momenti di poetico doom che ricorda i My Dying Bride e a tratti spingono sull’acceleratore sconfinando nel death metal melodico.
Da qui si parte per un ascolto di questo nuovo Black Frost che, se mostra dei limiti di personalità, soddisfa sicuramente i fans del genere, con un’ora abbondante di suoni ed atmosfere oscure e melanconiche, dure e romantiche, perfettamente gestite nel corso dell’intero album.
Tra suoni ed arrangiamenti sugli scudi, il buon Raimund Ennenga si erge a protagonista con una performance varie ed ottima sia nelle tonalità estreme che in quelle pulite, interpretando un lotto di brani che, tra possenti parti death, atmosferici e dilatati momenti oscuri e tratti progressivamente intensi, portano con loro echi delle opere gothic doom di primi anni novanta.
Un album come Black Frost, pur nel suo essere evidentemente derivativo, resta in ogni caso un ascolto fortemente consigliato agli amanti di un genere che riesce sempre a toccare le corde emotive giuste; quindi, se da un lato in brani come la title track, Feardom, Cipher o Road To Perdition le influenze ed un certo manierismo tendono ad affiorare maggiormente, dall’altro la bellezza di questa raccolta di tracce, la sua oscura melanconia e le toccanti melodie doom/dark rendono l’album meritevole della massima attenzione.

Tracklist
01. Black Frost
02. Tears Of The Eyeless
03. The Aberrant Host
04. Feardom
05. Cipher
06. Resonance
07. Road To Perdition

Line-up
Raimund Ennenga: vocals
Volker Dieken: guitars
Jan-Ole Lamberti: guitars
Carsten Schorn: bass
Jann Hillrichs: drums

NAILED TO OBSCURITY – Facebook

Geostygma – The Die Is Cast

Ritmiche intricate ma perfettamente leggibili, uno spirito estremo indomito che non lascia spazio a cedimenti ed ovviamente una grande tecnica strumentale fanno di questi quattro brani una partenza sorprendente per i Geostygma.

Venti minuti di musica tecnicissima, estrema e brutale è quello che ci propongono i francesi Geostygma con il loro primo ep autoprodotto composto da quattro brani molto interessanti.

Non si tratta solo di death metal tecnico per gareggiare con altre band della scena su di chi sia il più bravo, ma di metal estremo progressivo di indubbio valore, su cui il gruppo parigino punta per ottenere la giusta attenzione da parte degli appassionati, grazie ad un ottimo songwriting che si destreggia tra scale e saliscendi velocissimi e labirintici sui manici degli strumenti e un uso di growl e scream vario e personale.
The Die Is Cast parte a bomba con la spettacolare Enqweentine 2.0 e non si ferma più, passando per la prima traccia realizzata dal gruppo ed intitolata Fanatic’s Chant e la clamorosa Withering Breath.
Ritmiche intricate ma perfettamente leggibili, uno spirito estremo indomito che non lascia spazio a cedimenti ed ovviamente una grande tecnica strumentale fanno di questi quattro brani una partenza sorprendente per i Geostygma, che chiudono le ostilità con Formatted Rain, altro straordinario esempio del detonante sound presente su The Die Is Cast.
Consigliato agli amanti della parte più estrema del death metal e di chi non rinuncia all’ascolto di ricami tecnici di classe.

Tracklist
1.Enqweentine 2.0
2.Fanatic’s Chant
3.Withering Breath
4.Formatted Rain

Line-up
Kevin
Nikus
Bryan

GEOSTYGMA – Facebook

Rikard Sjöblom’s Gungfly – Friendship

Echi di Yes, Gentle Giant, Genesis e Kansas, sono ad appannaggio degli ascoltatori in questo scrigno di musica raffinata, che non manca di emozionare con cascate di melodie, magari retrò ma godibilissime.

Il progressive rock classico, da anni messo in un angolo dalle tante ramificazioni che si sono create nel genere, torna a risplendere in questo ultimo lavoro di Rikard Sjöblom (ex Beardfish, Big Big Train) a distanza di un anno dal precedente On Her Journey To The Sun.

I Rikard Sjöblom’s Gungfly sono di fatto il progetto solista del musicista svedese il quale, accompagnato da una manciata di musicisti ospiti, ha dato vita ad un altro bellissimo lavoro di progressive rock ispirato in toto agli anni settanta e a quella manciata di gruppi che hanno fatto la storia del genere.
Friendship è composto da sette brani più tre bonus track, licenziato dalla InsideOut, label che di musica progressive se ne intende è un viaggio a ritroso in quello che è il meglio del genere, niente di originale ovviamente ma sicuramente un ottimo ascolto per gli amanti del genere.
Echi di Yes, Gentle Giant, Genesis e Kansas sono ad appannaggio degli ascoltatori in questo scrigno di musica raffinata, che non manca di emozionare con cascate di melodie, magari retrò ma godibilissime.
La title track è il brano cardine di questo nuovo lavoro, tredici minuti di prog rock di alto livello, così come le divagazioni semi acustiche della sognante They Fade, la frizzante Stone Cold ed il ritorno al progressive di scuola Yes con la bellissima If You Fall, Part 2.
Ottimi musicisti, belle canzoni, grande musica progressive, serve altro ?

Tracklist
1. Ghost of Vanity
2. Friendship
3. They Fade
4. A Treehouse in a Glade
5. Stone Cold
6. If You Fall, Pt.2
7. Crown of Leaves

Bonus Tracks
8. Slow Dancer
9. Past Generation
10. Friendship (Utopian radio edit)

Line-up
Petter Diamant – Drums
Rasmus Diamant – Bass on Tracks 1,5,7 and 9
David Zackrisson – Guitar on tracks 6 and 7
Rikard Sjöblom – Vocals, guitar, keyboards and bass

GUNGFLY – Facebook

Michael Kratz – Live Your Live

Per gli amanti del genere Live Your Live è un lavoro assolutamente imperdibile, manifesto di un vero talento del rock melodico internazionale.

A pochi mesi di distanza dall’uscita del bellissimo Live Your Life, Art Of Melody Music e Burning Minds Music Group tornano a collaborare con il musicista danese Michael Kratz per l’uscita di questo monumentale lavoro intitolato Live Your Live.

Trattasi, per i primi due cd, del concerto tenuto da Kratz nel suo paese e filmato per la tv dal canale Danese DK4, mentre il terzo ripropone la versione rimasterizzata, con l’aggiunta di tre bonus track, del primo album Cross That Line.
La parte dal vivo, supportata da una produzione stellare, risulta un’esperienza uditiva entusiasmante che esalta il rock melodico di livello assoluto suonato da un gruppo affiatato capace di riversare sul pubblico cascate di feeling per quello che ha tutti i crismi dell’evento.
Il concerto si apre con la title track del primo lavoro ed un brano dopo l’altro Kratz ripropone il meglio della sua musica in un contesto davvero speciale, in cui le emozioni si rispecchiano in un sound aor/westcoast di altissimo livello che trova la perfetta alchimia in ogni frangente.
Così è anche la versione rimasterizzata di Cross That Line, primo album di Kratz, che diventa per chi ha apprezzato l’ultimo lavoro, una conferma della bravura del musicista danese e della notevole eleganza del suo raffinato rock che di melodie westcoast si nutre e si rigenera.
Oltre alla title track, lasciatevi rapire dalle splendide Sleeping Mama, Until We’re Together e You And I Are Meant To Be, brani top di questo primo lavoro targato Michael Kratz.
Inutile dirvi che per gli amanti del genere Live Your Live è un lavoro assolutamente imperdibile, manifesto di un vero talento del rock melodico internazionale.

Tracklist
DISC 1 – LIVE YOUR LIVE (Live In Denmark 2017)
01. Cross That Line
02. Holding On Again (Anni)
03. Live Your Life
04. Don’t You Know
05. Until We’re Together
06. Need You To Be Mine
07. Bye Bye
08. Like Father, Like Son
09. Lying
10. Sleeping Mama

DISC 2 – LIVE YOUR LIVE (Live In Denmark 2017)
01. I Don’t Know How
02. This Town Is Lost Without You
03. What Did I.. ? 04. Never Take Us Alive
05. Evil Rumours
06. You And I Are Meant To Be
07. Lonely Soldier
08. We All Live In This Nation
09. Hypnotized

DISC 3 – CROSS THAT LINE (2018 Remastered Edition)
01. Cross That Line
02. I Don’t Know How
03. Need You To Be Mine
04. Sleeping Mama
05. Don’t You Know
06. Untill We’re Together
07. Holding On Again (Anni)
08. Lonely Soldier
09. Hypnotized
10. You And I Are Meant To Be
11. Like Father Like Son
12. Evil Rumours (Bonus track)
13. Dragging Me Outside (feat. Mindfeels – Bonus Track)
14. If This Is Christmas (Bonus Track)

Line-up
LIVE IN DENMARK 2017
Michael Kratz: Vocals, Guitars
Christian Warburg: Guitars, Backing Vocals
Henrik Lynbech: Keyboards, Hammond, Backing Vocals
Claus Nauer Reher-Langberg: Bass, Backing Vocals
Kasper Viinberg: Drums, Backing Vocals
Tony Liotta: Percussion

CROSS THAT LINE (2018 REMASTERED)
Michael Kratz: Lead & Backing Vocals, Guitar
Kasper Viinberg: Drums, Bass, Guitars, Keyboards, Backing Vocals & Programming
Ole Viinberg: Backing Vocals

Special Guests:
Kim Eskesen: Bass
Lasse Baggenæs: Guitar
N.O.: Rhodes, Piano & Keyboards HC
Röder Jessen: Bass & Keyboards
Kasper Langkjær: Drums & Sleighbell
Christian Warburg: Guitar
Anna Röder Jessen: Backing Vocals
Lasse Baggenæs: Slide Guitar
Janus Bechmann: Reversed Dobro
Luca Carlomagno: Guitar
Roberto Barazzotto: Bass
Italo Graziana: Drums & Percussion

MICHAEL KRATZ – Facebook

Serocs – The Phobos/Deimos Suite

I Serocs danno vita ad un lavoro in grado di mettere d’accordo sia gli amanti della tecnica che quelli del metal estremo più diretto, con una serie di belluine soluzioni musicale che vedono gli Spawn Of Possession come loro massimi ispiratori.

I Serocs sono il progetto solista del chitarrista messicano Antonio Freyre, che ad ogni album si contorna di ottimi esponenti della scena internazionale per dar vita ai suoi incubi musicali all’insegna di un technical death violento e brutale ma appunto valorizzato dalla bravura strumentale dei musicisti.

The Phobos/Deimos Suite è il quarto lavoro sulla lunga distanza, un album che a livello concettuale prende spunto dalla Divina Commedia, Christmas Carol ed altre opere nelle quali sono protagoniste solitudine, follia e paura, sensazioni espresse dai Serocs attraverso un death metal che non lascia scampo tra violenza e smisurata tecnica.
Laurent Bellamare al growl, Phil Tougas alla chitarra, Antoine Daigneault al basso e Kevin Paradis alla batteria sono i musicisti che accompagnano Freyre in questa nuova avventura tra i meandri del metal estremo più tecnico e brutale.
Di linee progressive neanche a parlarne, perché in The Phobos/Deimos Suite si parla la lingua del metal estremo roccioso e granitico, una colata di note appese sul filo di una tecnica sopraffina che non inficia un impatto da brutal death metal band.
I Serocs danno vita ad un lavoro in grado di mettere d’accordo sia gli amanti della tecnica che quelli del metal estremo più diretto, con una serie di belluine soluzioni musicale che vedono gli Spawn Of Possession come loro massimi ispiratori.
La band di Antonio Freyre appare oggi ormai un punto fermo al quale chi ama il genere non dovrebbe in alcun modo rinunciare.

Tracklist
1.Being
2.Nihilus
3.Thanatophobia
4.(REM)nants
5.Oneirology
6.Revenants
7.Lethe
8.SCP-106
9.Nonbeing
10.Deimos

Line-up
Laurent Bellemare – Vocals
Antonio Freyre – Guitars
Phil Tougas – Guitars
Antoine Daigneault – Bass, Baglama, Acoustic Guitars, Synths
Kevin Paradis – Drums

SEROCS – Facebook

Electrocution – Psychonolatry

Gli Electrocution sono tornati portandoci una ventata di odio e brutalità da respirare a pieni polmoni.

Questo inizio anno porta in dote un lavoro attesissimo dagli amanti del metal estremo; il nuovo album dei leggendari deathsters nostrani Electrocution.

Il quintetto bolognese, tramite la GoreGoreCords (sublabel di Aural Music) ritorna e pianta un altro tassello di musica estrema in cui la tecnica è messa al servizio di un death metal al quale non manca l’apporto di quelle sonorità thrash che ne alzano il livello di devastazione sonora.
Psychonolatry è un lavoro curato nei minimi dettagli dal respiro internazionale, da parte di una band che riprende il suo posto tra le migliori realtà del genere e confrontandosi alla pari con i colleghi di un tempo tornati nell’ultimo periodo a ribadire la loro superiorità nel genere.
Raccontare, anche in poche righe, la storia del gruppo e l’importanza per il movimento tricolore di un lavoro come Inside the Unreal, uscito nel lontano 1993, sembra superfluo anche perché chi legge queste righe non può non conoscere la band e quello che per lungo tempo è rimasto il suo unico lavoro su lunga distanza prima del ritorno, nel 2014, con l’ottimo Metaphysincarnation.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, la band nel corso degli anni non si è fatta mancare nulla tra lunghi silenzi, lavori minori che inciampavano nei trend del momento (Acid But Suckable ep del 1997) e cambi di line up, ma rimane il fatto che Psychonolatry sia album imperdibile per gli amanti del death metal.
Accompagnato dall’artwork realizzato da Gustavo Sazes (Arch Enemy e Morbid Angel) l’album è composto da dieci brani più la versione riregistrata di Premature Burial, brano che apriva lo storico lavoro del ‘93.
Psychonolatry è un assalto sonoro di notevole impatto inferto da una macchina macina riff che non conosce tregua come sono gli Electrocution bel 2019, una band che non risparmia violenza ma incastona melodie tra le sfuriate di brani devastanti come la title track, la seguente Hallucinatory Breed, mid tempo potentissimo che accelera nel finale e lascia spazio alla terremotante Bulåggna (Bologna), a Warped e a Misanthropic Carnage.
Gli Electrocution sono tornati portandoci una ventata di odio e brutalità da respirare a pieni polmoni.

Tracklist
1.Psychonolatry (The Icons of God and the Mirror of the Souls)
2.Hallucinatory Breed
3.Bulåggna
4.Warped
5.Of Blood and Flesh
6.Misanthropic Carnage
7.Malum Intra Nos Est (Seneca I century AD)
8.Divine Retribution
9.Organic Desease of the Sensory Organs
10.Bologna 11 – Premature Burial (re recorded)

Line-up
Mick Montaguti – Voice
Vellacifer – Drums
Mat Lehmann – Bass
Neil Grotti – Guitar
Alessio terzi – Guitar

ELECTROCUTION – Facebook

Jon Schaffer’s Purgatory – Purgatory EP

Jon Schaffer ha richiamato i compagni di un tempo e ha riformato i Purgatory, dai quali in seguito nacquero appunto gli Iced Earth, riregistrando una manciata di brani provenienti dai tre demo licenziati a quei tempi, più un brano inedito.

Jon Schaffer è uno dei migliori compositori che il metal classico a stelle e strisce ci abbia regalato negli ultimi trent’anni: sottovalutato da molti, ha continuato a scrivere heavy metal di un certo spessore anche dopo gli anni di maggior successo, dovuti ad una serie di album epocali, con la triade Burnt Offerings, The Dark Saga e Something Wicked This Way Comes che tra il 1995 ed il 1998 collocò gli Iced Earth sul trono di un genere che stava lentamente trovando una nuova giovinezza.

In questo ultimo periodo il chitarrista statunitense, dopo i buoni responsi ottenuti dall’ultimo album (Incorruptible) del gruppo uscito lo scorso anno, ha riesumato vecchi demo risalenti alla metà degli anni ottanta, quando la band si chiamava Purgatory e Jon era un giovane musicista innamorato della New Wave Of British Heavy Metal e del metal classico suonato nel suo paese.
Jon Schaffer ha richiamato i compagni di un tempo e ha riformato i Purgatory, dai quali in seguito nacquero appunto gli Iced Earth, riregistrando una manciata di brani provenienti dai tre demo licenziati a quei tempi, più un brano inedito.
I Jon Schaffer’s Purgatory vedono dunque, oltre al leader, il cantante Gene Adam ed il chitarrista Bill Owen alle prese con un heavy metal che molto deve agli Iron Maiden dei primi due album, con quel tocco americano riconducibile ai Metal Church, oscuro e dark come da tradizione dell’U.S. Metal.
Ottima la prova del cantante, interpretativo e teatrale ma lontano anni luce dal Matt Barlow d’annata, molto più orientato al thrash e robusto rispetto al suo collega che, invece, non disdegna il falsetto di scuola King Diamond.
Il brano inedito (l’opener In Your Dreams) risulta anche la traccia più vicina al sound degli Iced Earth, mentre la varie Dracula, In Jason’s Mind e Jack si rivelano ottimi brani di heavy metal old school.
Jack Lo Squartatore, Freddy Krueger, Jason e Dracula ringraziano per i brani a loro dedicati, mentre noi non possiamo che aspettare buone nuove e goderci dell’ottimo heavy metal firmato Jon Schaffer.

Tracklist
1.In Your Dreams
2.Dracula
3.In Jason’s Mind
4.Jack
5.Burning Oasis

Line-up
Jon Schaffer – Guitars (rhythm, lead), Vocals
Bill Owen – Guitars (lead)
Gene Adam – Vocals

Mass Disorder – Conflagration

Il sound proposto dal gruppo di Almada è un thrash metal in bilico tra tradizione e modernismi estremi, ammantato da un’aura oscura che gli conferisce atmosfere e sfumature dark in un contesto progressivo e metallico.

Il thrash metal rispetto ha qualche anno fa ha trovato una nuova spinta, specialmente in ambito underground dove lo zoccolo duro dei gruppi dediti al genere si è rafforzato dopo le buone uscite dei gruppi storici e l’arrivo di una nuova generazione di band dedite al genere nelle sue diverse vesti.

Dal Portogallo arrivano i Mass Disorder, quintetto attivo da una manciata d’anni con un primo ep alle spalle ed ora pronti a conquistare i cuori dei thrashers con il primo lavoro su lunga distanza intitolato Conflagration.
Il sound proposto dal gruppo di Almada è un thrash metal in bilico tra tradizione e modernismi estremi, ammantato da un’aura oscura che gli conferisce atmosfere e sfumature dark in un contesto progressivo e metallico.
La voce profonda che si avvicina al growl, le devastanti accelerazioni e le canzoni dilatate fino a raggiungere minutaggi importanti, non inficiano la scorrevolezza di brani valorizzati da un ottimo songwriting: l’album offre mitragliate thrash metal, un assalto estremo che accentua la vena drammatica ed epica di tracce imponenti e distruttive come Death Vow , Violence e le monumentali Vicious Circle, Illegal Ambition.
Immaginate una jam metallica e potentissima suonata da Slayer e Machine Head ed avrete un esempio della potenza di fuoco del gruppo portoghese: Conflagration è un album che merita la dovuta attenzione.

Tracklist
1.Arson
2.Rats
3.Modus Operandi
4.Death Vow
5.Violence
6.Vicious Circle
7.Premonition
8.Illegal Ambition

Line-up
Bruno Evangelista – Vox
Nelson Carmo – Guitar
Valter Aguiar – Guitar
Paulo Ramos – Drums
André Gomes – Bass

MASS DIOSRDER – Facebook

Fist Of Rage – Black Water

Black Water è un album che merita l’attenzione degli amanti del metal/rock di gran classe, in grado di riportare all’attenzione degli appassionati una band reduce da un lungo silenzio come i Fist Of Rage.

L’Andromeda Relix è da anni sinonimo di grande musica metal e rock, in quanto ogni album che giunge alla nostra attenzione ha quale comune denominatore l’alta qualità della proposta, indipendentemente dal genere trattato.

Non differisce da tali coordinate il secondo album dei Fist Of Rage, band friulana che esordì otto anni fa con Iterations To Reality: BlackWater è infatti un gran bel lavoro, a suo modo originale nel proporre un sound che accoglie tra le sue note una manciata di generi e li rielabora a suo piacimento trasformandoli in un ottimo esempio di metal classico dai rimandi progressivi e AOR, potenziato a tratti da ritmiche che si avvicinano al power rock.
E’ da qui che il sestetto parte per il suo viaggio nelle acque oscure di un mare in preda ad una tempesta metallica, con il cantante Piero Pattay che offre una prestazione notevole, a tratti graffiante come un cantante metal di razza, ma anche splendidamente melodico.
I Fist Of Rage non puntano tutto sulla tecnica esecutiva da prog metal band ma guardano, semmai, all’hard rock melodico ed alle sue emozionanti melodie al servizio di un sound che passa dagli anni ottanta (Rainbow e Europe) ai novanta (Dream Theater), per entrare nel nuovo millennio tra fuochi d’artificio metallici grazie a splendidi e robusti brani come l’opener Just For A While, la successiva e potentissima New Beginning, ed il nucleo centrale composto da Mudman, Lost e These Days.
Black Water è un album che merita l’attenzione degli amanti del metal/rock di gran classe, in grado di riportare all’attenzione degli appassionati una band reduce da un lungo silenzio come i Fist Of Rage.

Tracklist
01. Just For A While
02. New Beginning
03. Between Love & Hate
04. Black Water
05. Mudman
06. Lost
07. These Days
08. Awake
09. Set Me Free
10. September Tears

Line-up
Piero Pattay – Vocals
Marco Onofri – Guitar
Davide Alessandrini – Guitar
Saverio Gaglianese – Bass
Stefano Alessandrini – Keyboards
Alfredo Macuz – Drums

FIST OF RAGE – Facebook

Artas – Ora et Gomorrha

La provenienza del quintetto tradisce una marzialità di fondo tipica della scuola centro europea, ma gli Artas la contornano di melodie e veloci solos sulle scale di un metal roccioso e granitico.

Gli austriaci Artas sono una delle band più convincenti ascoltate ultimamente, autrici di questo ibrido che unisce le sfumature tradizionali del metal con quelle più moderne.

Dopo un silenzio durato sette anni eco il ritorno con questa terza opera su lunga distanza, Ora et Gomorrha, che ha tutti i crismi per non passare inosservata agli amanti del metal moderno.
Quasi settanta minuti, per molti sono un’enormità nel genere, ma non per gli Artas che ci investono con il loro modern/melodic/thrashcore, cantato in lingua madre ma dall’appeal notevole: ritmiche marziali si trasformano in veloci cavalcate al limite del death/thrash, melodie gotiche su tappeti di metallo alternano metallo classico e moderno, in modo quasi perfetto rendendo l’ascolto interessante ed assolutamente piacevole.
La provenienza del quintetto tradisce una marzialità di fondo tipica della scuola centro europea, ma gli Artas la contornano di melodie e veloci solos sulle scale di un metal roccioso e granitico.
Vale Madre, Der Sturm e la title track riassumono perfettamente quanto scritto, e formano un biglietto da visita perfetto per la band austriaca, che gioca con le proprie influenze che vedono Rammstein, Dark Tranquillity, Soilwork e Disturbed quali cardini dello sviluppo della propria proposta.

Tracklist
1.Intro
2.Gegen dich
3.Nick und brich
4.Wiener Verhältnisse
5.im Frieden der Nacht
6.Interlude #1
7.Vida Vale Madre
8.Ne Boltai
9.Black Piñata
10.Fuck This Band
11.Interlude #2
12.Der Sturm
13.Feindbild
14.Der Augenblick
15.Ora et Gomorrha
16.Outro

Line-up
Radek Karpienko – Bass
Christoph Grabner – Drums
Sahid Al Atmaah – Guitars
Massimo Maltese – Guitars
Hannes Koller – Guitars, Vocals
Obimahan Ismahil – Vocals

ARTAS – Facebook

Khali – Tones Of The Self Destroyer

Tones Of The Self Destroyer è composto da nove brani all’insegna di un potente thrash/hardcore in cui vengono immessi elementi death e di metal moderno, valorizzando il tutto con azzeccate parti rock dai rimandi progressivi.

Altra ottima proposta dalla nostrana Ghost Label Record, etichetta con un roster vario e dal buon spessore artistico.

La band in questione, i Khali, è un trio attivo nella capitale dal 2015 composto da Cristian Marchese (basso e voce), Paolo Nadissi (chitarra e voce) e Vincenzo Agovino (batteria), giunto al traguardo del debutto discografico con questo massiccio Tones Of The Self Destroyer, con i suoi nove brani all’insegna di un potente thrash/hardcore in cui vengono immessi elementi death e di metal moderno, valorizzando il tutto con azzeccate parti rock dai rimandi progressivi.
L’uso della doppia voce assolutamente perfetto è la ciliegina sulla torta di un debutto interessante e ben costruito: la band mantiene un livello di potenza estrema senza risultare monocorde e variando l’approccio aggressivo con un’innata predisposizione a sfumature post rock.
Il grande lavoro della parte ritmica (in Hypo Crisis sembra di ascoltare una versione death metal dei Primus), un muro ritmico impressionante, taglienti solos di scuola thrash nelle parti chitarristiche e, come scritto in precedenza, l’uso della doppia voce sono i tratti distintivi di questo lavoro che non conosce cedimenti e scorre aggressivo e maturo fino alla sua conclusione.
Dark Matter, Life, Vulture Gods e la conclusiva The Core sono i brani cardine di questo Tones Of The Self Destroyer, una vera sorpresa per gli amanti del metal dai rimandi hardcore e thrash.

Tracklist
1.Ordinary empty earth
2.Ashes of none
3.Dark Matter
4.Rage
5.Hypo crisis
6.Life
7.Vulture God
8.Marching ants won’t stop
9.The Core

Line-up
Cristian Marchese – Bass, Vocal
Paolo Nadissi – Guitar, Vocal
Vincenzo Agovino – Drums

KHALI – Facebook

Ad Patres – A Brief Introduction to Human Experiments

Le band storiche del death metal di stampo americano sono le ispirazioni del combo francese, tornato in forma con questa raccolta di brani che creano un muro sonoro di notevole spessore, ben suonato e prodotto.

Rimboccatevi le maniche e fate schioccare le nocche, perché l’incontro con i francesi Ad Patres è di una forza d’urto notevole e lascia sicuramente il segno.

Di death metal si parla, molto vicino al brutal, per questo quintetto transalpino in arrivo da Bordeaux, al secondo full length dopo che l’esordio (Scorn Aesthetics) uscì nel 2012 per poi essere ristampato due anni dopo dalla Kaotoxin.
Il nuovo album, intitolato A Brief Introduction to Human Experiments e licenziato dalla XenoKorp (che di quell’etichetta è di fatto la prosecuzione), nulla toglie e nulla aggiunge a quello chi i deathsters transalpini hanno suonato in passato; il sound di questo nuovo lavoro risulta un devastante e quanto mai violento metal estremo di matrice death, ancora una volta potenziato da un’attitudine brutal nella quale vige un’atmosfera opprimente, lasciando questa volta più campo ad un attacco frontale e riducendo i rallentamenti ad attimi di tensione prima delle inevitabili esplosioni estreme.
Le band storiche del death metal di stampo americano sono le ispirazioni del combo francese, tornato in forma con questa raccolta di brani che creano un muro sonoro di notevole spessore, ben suonato e prodotto, assolutamente senza compromessi e con un paio di tracce che non fanno prigionieri come The Disappearance Of I e Spellbound.
Un ritorno di tutto rispetto per gli Ad Patres, i quali confermano le buone impressioni suscitate con il debutto e sono pertanto raccomandati ai deathsters dai gusti brutali e old school.

Tracklist
1.Shock Therapy
2.Mechanical Enlightenment
3.The Disappearance of I
4.Led by Flesh
5.Symbiosick
6.Sermon
7.Verses Void
8.Spellbound
9.Enclosing Terror
10.The Floating Point

Line-up
Arnaud Pecoste – Bass
Alsvid – Drums
Olivier Bousquet – Guitars
Axel Doussaud – Vocals
PY Marani – Guitars

AD PATRES – Facebook

Bullfrog – High Flyer

I Bullfrog danno vita all’ennesimo tributo ad un genere immortale, senza temere di confrontarsi con tutti i miti facenti parte della lunga e affascinante storia del rock e donano agli amanti di queste sonorità uno scrigno di emozioni forti.

Se l’hard rock classico continua ad essere uno dei vostri abituali ascolti, magari accompagnato da una dose letale di blues, allora correte nel vostro negozio di fiducia perché sono tornati i Bullfrog, power trio nostrano attivo dall’ormai lontano 1993 ed arrivato con questo sanguigno ultimo lavoro al quinto album della propria discografia.

Non stiamo parlando di novellini quindi, ma di gente che vive di blues e di rock da una vita, con l’attitudine e l’energia per regalare agli amanti del genere un piccolo gioiellino .
La band veronese di acqua sotto i ponti ne ha vista passare tanta, ha diviso il palco con leggende dell’hard rock mondiale e tutta la sua esperienza, passione e bravura le ha riversate in questi undici capitoli che formano quasi un’ora di meraviglie sonore racchiuse nel titolo High Flyer.
Francesco Dalla Riva (voce e basso), Silvano Zago (chitarra) e Michele Dalla Riva (batteria) danno vita all’ennesimo tributo ad un genere immortale, senza temere di confrontarsi con tutti i miti facenti parte della lunga e affascinante storia del rock e donano agli amanti di queste sonorità uno scrigno di emozioni forti.
Hard rock, blues, southern rock vengono racchiusi in un sound che rimanda ad immagini di palchi immensi in grandi festival estivi aldilà dell’oceano, dove ai grandi del rock americano si aggiungevano i gruppi anglosassoni alla ricerca di una conferma nel nuovo continente.
Led Zeppelin, Cream, Bad Company, Lynyrd Skynyrd, Hendrix, i Deep Purple di Coverdale e Hughes, ma chi conosce la storia del rock sa che le ispirazioni non finiscono qui, come non manca ovviamente la firma del trio veneto che mette in campo tutta la sua personalità.
Lola Plays The Blues, la stratosferica jam Dangerous Trails, il southern di Rod Hot, Out Of The Wide Sea dal riff che alza centimetri di pelle d’oca sono i momenti migliori di un imperdibile album senza tempo.

Tracklist
01. Lola Plays The Blues
02. Losing Time
03. Hot Rod
04. Beggars and Losers
05. Dangerous Trails
06. Johnny Left The Village
07. Dance Through The Fire
08. Three Roses
09. Out on The Wide Sea
10. Blind Leader
11. River of Tears

Line-up
Francesco Dalla Riva – Vocals, Bass
Silvano Zago – Guitars
Michele Dalla Riva – Drums

BULLFROG – Facebook