My Haven My Cage – Sweet Black Path

Sweet Black Path è il nuovo album della one man band italiana chiamata My Haven My Cage, un ottimo esempio di thrash/death vecchia scuola contaminato dalla musica popolare spagnola e normanna, creando interessanti e particolari atmosfere tra irruenza ed epici momenti folk.

Uscito lo scorso anno ed arrivato a MetalEyes solo oggi, Sweet Black Path è il secondo album della one man band siciliana My Haven My Cage.

Il musicista Mauro Cardillo ha dato vita alla sua creatura qualche anno fa, con il primo lavoro intitolato The Woods Are Burning del 2016, che viene dunque seguito da queste nuove otto tracce che, se lasciano ancora per strada qualcosa per quanto riguarda la produzione, offrono non poco a livello artistico, il sound infatti si basa su di un thrash/death con affascinanti inserti di musica folk normanna e spagnola.
Ovviamente il mastermind sa il fatto suo, sia tecnicamente che a livello compositivo, e già dall’opener Abyss I Am l’impressione di essere al cospetto di un album interessante e a suo modo originale è forte.
Immigrant Song e Delirium mostrano che la strada compositiva intrapresa dai My Haven My Cage è quella giusta: passaggi heavy/thrash vengono impreziositi da lunghe parti strumentali in cui atmosfere folk ricamano momenti di musica totale, la voce cartavetrata ed in linea con il genere viene accompagnata da linee corali dal flavour epico, mentre Hope viene introdotta da una suggestiva atmosfera semiacustica prima che la furia estrema riprenda il sopravvento.
Lamb Of God (Aleppo) è un brano che segue strade progressive, così come la folk/thrash/prog/death Werther Dies, traccia che lascia spazio alla conclusiva title track, che suggella un lavoro molto intenso.
Da migliorare sicuramente la produzione che rimane a mio avviso il tallone d’Achille di questo nuovo lavoro firmato My Haven My Cage, gradita sorpresa ed ulteriore gioiellino dall’underground tricolore.

Tracklist
1.Abyss I am
2.Immigrant Song
3.Delirium
4.Hope
5.Peaceful
6.Lamb of God (Aleppo)
7.Werther Dies
8.Sweet Black Path

Line-up
Mauro Cardillo – All Instruments

MY HAVEN MY CAGE – Facebook

Gunjack – Totally Insane

I Gunjack seguono gli insegnamenti di Lemmy in modo perfetto, ma, a differenza di altri, la personalità e la convinzione nei propri mezzi ed in quello che suonano diventa determinante per la riuscita di questa raccolta di brani.

Sarà che, ogni tanto, di sano, robusto e cattivo rock’n’roll se ne ha bisogno come il pane, sarà che in fondo Lemmy ci manca, sarà che quando lavori come questo nascono da chi ha le giuste doti e l’attitudine per non sembrare solo un clone, ma all’ascolto di Totally Insane, debutto dei Gunjack, ci si ritrova pieni di bernoccoli a causa delle capocciate provocate dal sound irresistibile e motorheadiano di questa fulminate raccolta di brani.

Il trio di rockers è composto da vecchie conoscenze della scena hard & heavy tricolore, una band pronta ad assaltare i nostri padiglioni auricolari con quello che risulta 100% Motorhead Style, con Lemmy che da lassù (o da laggiù) applaude tra una golata di whiskey ed una sigaretta.
Totally Insane è probabilmente l’album più bello che sia uscito negli ultimi anni tra quelli che rispecchiano in toto il credo musicale di chi ha inventato un genere ed un sound immortale.
I Gunjack seguono gli insegnamenti di Lemmy in modo perfetto, ma, a differenza di altri, la personalità e la convinzione nei propri mezzi ed in quello che suonano diventa determinante per la riuscita di questa raccolta di brani.
Prodotto magnificamente e suonato al meglio, l’album travolge ogni cosa spinto da una carica irrefrenabile, undici calci nelle natiche a chi pensa che suonare rock’n’roll di matrice motorheadiana sia obsoleto.
Vecchia scuola o come si dice oggi old school, mettetela come volete, ma dall’opener 4B4Y la band passa idealmente in rassegna il meglio della discografia del gruppo britannico, rivelandosi una perfetta macchina da guerra che ci rinfresca la memoria con una serie di bordate micidiali (Black Mark, Into The Fire, Old Guard) .
Mr.Messerschmitt (voce e basso), Gamma Mörser (chitarra) e M47 (batteria) hanno dato vita ad un terremoto sonoro, occhio all’inevitabile tsunami rock’nroll che vi travolgerà.

Tracklist
1.4B4Y
2.Totally Insane
3.Black Mark
4.Bloodbath
5.Into the Fire
6.Seven
7.Old Guard
8.Cry of Demon
9.Iron Cross
10.Mr.Daniels
11.Outro

Line-up
Mr.Messerschmitt – Vocals, Bass
Gamma Mörser – Guitars
M47 – Drums

GUNJACK – Facebook

Pacino – Fallen America

Album che ha l’unico difetto di durare solo mezz’ora, Fallen America risulta un sorprendente sunto di una buona fetta di rock suonato negli ultimi decenni, moderno e personale, assolutamente letale come un sicario tra i tavoli di un bar.

Atmosfere noir, scene del crimine che si disegnano nella nostra mente risvegliando immagini di pellicole storiche come Il Padrino o C’era una Volta In America, portate però dalla musica in un contesto più moderno alla C.S.I.

Fallen America è un album originale, alternativo ma dallo spirito rock’n’roll, essenziale ma nello stesso tempo pieno come una colonna sonora, riassunto in musica di una storia portata sullo schermo ma nuda di emozioni se non accompagnata dalle giuste note.
I Pacino sono un gruppo nostrano, in arrivo dalla laguna veneziana, e arrivati agli studi di Atomic Stuff dove Oscar Burato ha mixato e masterizzato Fallen America, album composto da otto brani di alternative rock personale ed alquanto originale, una sorpresa fin dalla title track che fa da opener a questo viaggio musicale, tra suoni distanti tra loro solo all’apparenza ma perfettamente assemblati in un unico sound.
Synth-Bass al posto del basso classico, suoni moderni e liquidi, tastiere classiche, chitarre metal e voce interpretativa e a tratti filtrata, compongono questo quadro musicale che ci presenta l’immagine di un massacro, una resa dei conti drammatica e tragica.
Anni novanta, la scena rock mondiale, il grunge da una parte ed i suoni alternativi dall’altra, così che ci si ritrova tra un album hard rock dei Soundgarden, micidiali schegge elettroniche suonate dai Nine Inch Nails e la musica totale dei grandi Faith No More , tutte espressioni musicali plasmate a piacimento dai Pacino per creare un sound difficile da trovare in giro di questi tempi.
E’ splendida Lately, brano noir con la linea di synth che entra prepotente nel petto come la pallottola di una Beretta sparata a bruciapelo, mentre Desert Trip è un blues moderno, Out The Cage risulta un brano 100% NIN e il vocalist Mattia Briggi si trasforma in Mike Patton nel capolavoro Iknusa.
Album che ha l’unico difetto di durare solo mezz’ora, Fallen America risulta un sorprendente sunto di una buona fetta di rock suonato negli ultimi decenni, moderno e personale, assolutamente letale come un sicario tra i tavoli di un bar.

Tracklist
01. Fallen America
02. Lately
03. Lifestyle
04. Desert Trip
05. Out Of The Cage
06. Iknusa
07. The Misanthrope
08. Under My Feet

Line-up
Mattia Briggi – Vocals
Francesco Bozzato – Guitars
Bruno Zocca – Keyboards&synths
Douglas D’Este – Drums

PACINO – FAcebook

Six Circles – New Belief

Lo stile musicale dei Six Circles è unico, riceve ispirazione da molti generi, dalla psichedelia al blues, dal rock anni sessanta più lascivo a musica adatta per riti fra strani tappeti.

Duo d’eccezione, composto da Sara Montenerro dei grandissimi Messa e anche nei Restos Humanos, e Giorgio Trombino, uno che fa ottima musica negli Haemophagus, Assumption, Elevators to the Grateful Sky e Furious Georgie.

Insieme hanno messo su i Six Circles per produrre questo New Belief, che è uno splendido viaggio lisergico per diversi mondi mentali grazie ad un suono vintage ma rielaborato molto bene. Lo stile musicale dei Six Circles è unico, riceve ispirazione da molti generi, dalla psichedelia al blues, dal rock anni sessanta più lascivo a musica adatta per riti fra strani tappeti. Sara possiede un modo di cantare che proietta direttamente la nostra mente in un posto molto lontano, dove si sta certamente meglio che nella nostra attuale sistemazione. New Belief sembra un manifesto di una religione sorta nella California degli anni sessanta, dove si predica una spiritualità legata alla carnalità, una consapevolezza che la vita è sogno e bisogna viverla così. L’incedere del disco svela molte sorprese, ma è soprattutto la coscienza alterata che provoca la peculiarità maggiore del disco. Là dove molti imitano, Sara e Giorgio ti prendono dolcemente per mano, con un talento mai in discussione, riuscendo a fare un disco che piacerà a molti. Non manca una parte importante di acid folk che rende il tutto ancora più bello. L’album è stato registrato fra Padova e Palermo in tre mesi, per un risultato davvero buono.

Tracklist
1.New Belief Begins
2.Blue Is The Colour
3.Come, Reap
4.Time Of Erosion
5.The Prism
6.Sins You Hide
7.Late To Awake
8.Take Me To Your Desert
9.Lavender Wells

Line-up
Sara Montenegro – voce e tamburello
Giorgio Trombino – chitarre acustiche ed elettriche, basso, batteria, piano, harmonium, synth, armonica, percussioni

SIX CIRCLES – Facebook

Chronosfear – Chronosfear

Un power metal spontaneo, con un tocco moderno di prog che riesce a non sconfinare nel virtuosismo.

I Chronosfear si presentano al mondo con un album omonimo, un biglietto da visita per chi ancora non avesse capito con chi si ha a che fare.

Sì, perché ci sono dei pezzi da 90 dello scenario metal del nord Italia. La band, composta da 5 elementi, è nata nel 2003 con un altro nome e con l’intenzione di proporre cover rivisitate. Solo tra il 2015 e il 2016 completa la formazione con gli attuali elementi e sforna questo condensato di power metal con l’aggiunta di una sana nota di prog firmato Underground Symphony Records (che ha lavorato con gente del calibro di Labyrinth e Fabio Lione)
La formazione con una sola chitarra è del tutto uguale a quella dei Sonata Arctica, eccezion fatta per la virtuosa keytar di Klingenberg che però, di fatto, è uno dei pregi di questo album. Il virtuosismo dei singoli è infatti sempre controllato, malgrado il genere sia presti molto e ci abbia sempre abituato agli assoli di 5 minuti con tanto di botta e risposta continui tra chitarre e tastiere,-ma  i Chronosfear riescono a non eccedere mai, anche quando potrebbero.
Il disco ci fa saltare da momenti molto carichi dell’energia tipica del power a momenti lenti ed emozionanti con una disinvoltura tale che l’ascoltatore non se ne stanca mai. Tutto questo ovviamente, si ripercuote anche sui testi. I temi ci fanno viaggiare da battaglie per l’equilibrio dell’universo a tematiche più gotiche legate alla vita ed il suo significato, fino a quello attualissimo della guerra contemporanea. Insomma, ce n’è per tutti i gusti.
Se siete amanti del power metal non potrete che apprezzare questo lavoro d’esordio dei Chronosfear, che li posiziona certamente in cima alla lista dei dischi in uscita tra i gruppi emergenti. L’auspicio è che possa essere il primo di una lunga serie. L’inizio è dei migliori, ma presto vorremo conoscerne il seguito.

Tracklist
01. Clockworks
02. The gates of Chronos
03. Symphonies of the dreams untold
04. The last dying ember
05. Of dust and flowers
06. Faces
07. Innocent and lost
08. The ascent
09. Time of your life
10. Revelations
11. Homeland

Line-up
Filippo Tezza – Vocals
Eddie Thespot – Guitars
Davide Baldelli – Keyboards
Xavier Rota – Bass
Michele Olmi – Drums

CHRONOSFEAR – Facebook

Aeren – Breakthru

Un debutto che si rivela una partenza ideale gli Aeren, bravi nell’abbinare grinta ed eleganza in un alternative rock piacevole ed accattivante.

La scena alternative tricolore continua a sfornare ottime realtà che, ognuna a modo proprio, arricchiscono il mondo della musica rock con lavori di buon livello, magari non troppo originali ma sicuramente ben confezionati e dal taglio internazionale.

Da nord a sud le band che presentano debutti interessanti non mancano ed ogni mese presentare ai lettori una manciata di nuovi lavori made in Italy è diventata una piacevole abitudine.
Gli Aeren, per esempio, sono un quartetto pugliese fondato da Simone D’Andria (chitarra) e Simone Solidoro (basso, tastiere, pianoforte) nel 2014, raggiunti da Silvia Galetta (voce) e Cosimo De Marco (batteria) a completare la formazione.
Il loro ep omonimo è targato 2015 e ha fornito la possibilità di iniziare l’avventura nel mondo del rock tra concerti e video promozionali, in attesa di dare alle stampe Breakthru, primo lavoro sulla lunga distanza rilasciato da Sliptrick Records, affidando il mastering a Giovanni Versari, vincitore del Grammy Award per Drones, l’ultimo album dei Muse.
Breakthru soddisfa le aspettative degli amanti del rock alternativo moderno: il quartetto si affida alla voce dall’ottimo appeal della suadente e graffiante Silvia Galetta ed alla chitarra di Simone D’Andria, il quale non rinuncia alla potenza quando il sound si avvicina all’alternative metal, accompagnati da una sezione ritmica ben presente e tastiere che concedono buoni spunti elettronici.
Il bersaglio viene centrato con i due singoli, Breath Of Air e Wrong Reactions, ma è tutto l’album che convince e strappa un giudizio più che buono, grazie ad un songwriting studiato alla perfezione ed una raccolta di canzoni che miscela piacevolmente Muse e Lacuna Coil con suoni che alternano ispirazioni new wave e post grunge.

Tracklist
1.Time Flux
2.Wrong Reactions
3.Preachers
4.Shooting Stars
5.[Prelude]
6.Breath of Air
7.Our Flaws
8.Lightheartedness
9.Don’t Fall Apart
10.In the Wall
11.No Way for Crying
12.Bad Weakness
13.Breath of Air (full version) (bonus track) –

Line-up
Silvia Galetta – Vocals
Simone D’Andria – Guitars
Simone Solidoro – Bass, Keyboards
Cosimo De Marco – Drums

AEREN – Facebook

Palmer Generator – Natura

L’album è un viaggio tra lo psych rock strumentale in cui l’urgenza heavy è a disposizione di uno spartito dilatato e a tratti liquido, con quattro brani semplicemente intitolati Natura e numerati di conseguenza, scarni e perfetti nella loro dinamica.

La scena underground tricolore alternative e psichedelica ci ha regalato in questi anni non pochi lavori di un certo spessore, enfatizzati da una componente metallica che negli ultimi tempi ne ha fatto oggetto d’interesse anche per gli amanti dei suoni heavy.

Da Jesi arriva la famiglia Palmieri, con padre, zio e nipote che formano i Palmer Generator, trio che ci presenta la sua terza fatica discografica intitolata natura.
Shapes (2014) e Discipline (2016) sono i precedenti lavori di questa realtà psichedelica molto affascinante, che amalgama stoner, musica heavy e post rock e lo tramuta in una manciata di jam acide, difficili da digerire se avete in mente la solita forma canzone, molto più suggestive se l’approccio al disco è come ad un quadro astratto dove i colori formano su tela quello che la nostra immaginazione fotografa.
L’album è un viaggio tra lo psych rock strumentale in cui l’urgenza heavy è a disposizione di uno spartito dilatato e a tratti liquido, con quattro brani semplicemente intitolati Natura e numerati di conseguenza, scarni e perfetti nella loro dinamica.
Registrato presso il Caffiero Studio di Alessandro Gobbi, Natura espande sensazioni, si nutre di musica cosmica e la traduce in quaranta minuti di rock oltre le barriere ed i generi, rivelandosi un’opera di difficile catalogazione ma a suo modo atmosfericamente affascinante.

Tracklist
1.Natura 1
2.Natura 2
3.Natura 3
4.Natura 4

Line-up
Tommaso Palmieri – Guitars
Michele Palmieri – Bass
Mattia Palmieri – Drums

PALMER GENERATOR – Facebook

Sangue Infetto – Slaughterhouse Corpse Party

Mortal Repulsion e le altre tre devastanti tracce non conoscono compromessi, i ritmi sono allucinanti, e le immagini che ci appaiono all’ascolto di questo manifesto di brutalità sono di un massacro senza soluzione di continuità.

Metal estremo in arrivo da Roma, città che ha una notevole scena brutal e grind core.

Questa volta parliamo di Sangue Infetto, one man band del musicista Michael Massimiliani, creatore di questo abominio in musica nel 2015 e con alle spalle già tre lavori autoprodotti.
Slaughterhouse Corpse Party è il nuovo ep di quattro brani licenziato dalla Hellbones Records: quattro spari brutal/grind, quattro violentissimi episodi che se ancora mostrano qualche pecca per quanto riguarda la produzione, convincono per la brutalità e l’impatto notevoli.
Il musicista capitolino è autore di una sorta di mattanza musicale: Mortal Repulsion e le altre tre devastanti tracce non conoscono compromessi, i ritmi sono allucinanti, e le immagini che ci appaiono all’ascolto di questo manifesto di brutalità sono di un massacro senza soluzione di continuità.
La batteria è un po’ troppo in evidenza rispetto agli altri strumenti, ma è una sorta di Gatling che spara migliaia di cartucce distruggendo tutto davanti a sé,  in un delirio di morte con l’aggiunta di un rantolante e micidiale growl.
Miscreation Of God, Hematophiliac ed Aborted Raw sono putride ferite dalle quali fuoriesce … Sangue Infetto.

Tracklist
1.Mortal Repulsion
2.Miscreation Of God
3.Hematophiliac
4.Aborted Raw

Line-up
Michael Massimiliani – Everything

SANGUE INFETTO – Facebook

Kyterion – Inferno II

Black metal di alto livello in italiano vernacolare del XIII secolo, questa in una frase è l’essenza dei bolognesi Kyterion, ma c’è tantissimo d’altro.

Black metal di alto livello in italiano vernacolare del XIII secolo, questa in una frase è l’essenza dei bolognesi Kyterion, ma c’è tantissimo d’altro. Inferno II è il loro secondo album ed un disco da sentire e risentire.

Il loro black metal è vicino ai classici del metal, ed è fatto per dare il maggior risalto possibile alle parole che si sposano con la musica, appunto non si tratta di u nsieme di pose, o una gara a fare le cose nella maniera più lo fi possibile, bensì un progetto ambizioso che coglie nel segno. L’uso dell’italiano popolare del XII secolo ci fa immergere in un’atmosfera medioevale davvero particolare. Il latino era il linguaggio usato dalle istituzioni mentre questo italiano, non ancora consapevole di essere tale, era la lingua del popolo, sporca ma molto espressiva. Il disco è incentrato sulla prima cantica dell’Inferno dantesco, quella di Cerbero tanto per intenderci. Il risultato è un lavoro molto godibile e potente, dove l’irruenza del black non offusca mai le notevoli linee melodiche. Il quasi perfetto bilanciamento fra melodia e potenza è il segreto di questo gruppo che è fra i migliori della scena black italiana e non solo. Inferno II è un disco che va oltre la musica, esplora usando il black metal e l’antico italiano parti della nostra psiche, sia personale che comune. Come spesso accade per il black, esso riesce là dove tanti generi e opere umane hanno fallito : arrivare in profondità creando un pathos altresì introvabile altrove. I Kyterion, poi, sono un gruppo molto talentuoso e molto particolare, per cui il tutto aumenta di valore, arrivando a toccare punti molto alti. Inferno II è un disco che si fa ascoltare e riascoltare, regalando sempre molta soddisfazione. Sarebbe molto bello che altri gruppi seguissero la strada aperta dai bolognesi, esplorando il magnifico italiano vernacolare antico, perché se si ascolta questo disco si intuiscono le grandissime potenzialità di questo linguaggio.

Tracklist
1.Mal Nati
2.Onde La Rena S’Accendea
3.Dite
4.Pena Molesta
5.Cerbero Il Gran Vermo
6.Cocito
7.Dolenti Ne La Ghiaccia
8.Rabbiosi Falsador
9.Vallon Tondo
10.Li ‘Ndivini
11.Terribile Stipa

KYTERION – Facebook

Super Trutux – Trilogia dell’Halibut

Usando l’hardcore melodico i Super Trutux ci portano in profondità dentro i gangli che hanno causato la degenerazione nostra e della società, e ci rendono partecipi del nostro dolore.

La Trilogia dell’Halibut è una raccolta che ri-aggrega in una unica opera i tre video-album Halibut Sociale, Halibut Ambientale e Halibut Individuale, realizzati dai Super Trutux nel periodo tra il 2010 e il 2017.

L’ intenzione dei Super Trutux è quella di concepire un’opera totale, con musica e video che vanno di pari passo dall’atto creativo a quello dell’esposizione. I tre dischi si possono gustare ora nella loro interezza e di seguito, e lo sguardo d’insieme accresce il valore dell’opera. I tre video album formano un corpus unico, un’opera unica nel suo genere ed ambiziosamente proletaria, nel senso che rappresentano un lavoro dal basso che illustra magistralmente meccanismi che regolano le nostre vite e che ci schiacciano ogni giorno. Usando l’hardcore melodico i Super Trutux ci portano in profondità dentro i gangli che hanno causato la degenerazione nostra e della società, e ci rendono partecipi del nostro dolore. La musica potrebbe essere addirittura definita come hardcore melodico progressivo, che mette nella giusta tensione psicologica per andare avanti in questo abisso. Il primo dei tre dischi, Halibut Sociale, descrive come funziona l’economia nel nostro mondo, e qui ci sono i prodromi della distruzione, che è come un circolo vizioso, perché per vivere perpetriamo un capitalismo davvero inumano, che porta poi al secondo disco della serie. Il secondo episodio è l’Halibut Ambientale, seconda tappa della nostra degenerazione, e parla sia dell’abbrutimento ambientale, sia dell’ambiente sociale, che dell’ambiente dentro e fuori da noi. Come nel primo disco la voce narrante, che è giustamente inquietante ed incalzante, ci porta per il labirinto. Il tutto è davvero ben calibrato e con ottimi risvolti, induce a pensare, e pensare fa sempre bene. Arriviamo quindi al terzo ed ultimo atto dell’opera, l’Halibut Individuale. Quest’ultimo è il risultato degli altri due Halibut, ovvero una psicosi generata da una continua esposizione ad un ambiente negativo, che frammenta l’anima e l’essere umano, e lo porta a fratturasi dentro. La Trilogia dell’Halibut è qualcosa di unico, sia per la profondità, sia come riuscita. Non è solo un disco, non è solo un video, è molto altro e va oltre. Si entra nei nervi della società nella quale sopravviviamo e nemmeno sempre. Un disco che spiega più di molti libri la nostra vita, inevitabilmente persa nell’halibut.

Tracklist
01 – Halibut della società del malessere
02 – La società del malessere
03 – Halibut della tecnologia
04 – La tecnologia
05 – Halibut di Adam Smith
06 – Adam Smith
07 – Halibut del monetarismo
08 – Monetarismo
09 – Halibut della fiducia, dell’etica e del decoro
10 – Fiducia, etica e decoro
11 – Halibut della carenza e della scarsità
12 – Carenza e scarsità
13 – Halibut dell’utopia del benessere sociale
14 – Utopia del benessere sociale
15 – Il cerchio aperto
16 – Gli stimoli ambientali devianti
17 – Una idea molto fuorviante
18 – Buddha
19 – L’inverno della fame olandese
20 – La predisposizione
21 – La teoria della fase zero
22 – Il ricordo del proprio passato
23 – Le conseguenze negative dell’ambiente
24 – La metamorfosi
25 – Il cerchio chiuso
26 – L’orlo del precipizio
27 – L’inizio delle emicranie
28 – Il sovraccarico mentale
29 – Il caos nel cervello
30 – Il graduale spegnimento interiore
31 – Il conflitto con l’io
32 – L’insonnia
33 – Il disagio
34 – I tentativi di guarigione
35 – Il fallimento dei tentativi di guarigione
36 – La voce nella testa
37 – L’ossessione
38 – La resa

Line-up
Bennetts: Batteria
Drino: Basso
Folsi: Chitarra

SUPER TRUTUX – Facebook

Nereis – Turning Point

Turning Point è un album vario e moderno ma che mantiene un approccio classico, formato da belle canzoni e suonato al meglio: si può dire quindi che i Nereis hanno superato ogni aspettativa.

Da più di dieci anni attivi nella scena underground metallica tricolore, i trentini Nereis giungono al secondo lavoro sulla lunga distanza licenziato da Eclipse Records.

I Black Star (così si chiamavano fino allo scorso anno), dopo qualche problemino di line up, un esordio uscito nel 2012 dal titolo Burnin ‘Game e l’ep From the Ashes di tre anni dopo, hanno avuto la possibilità di suonare live con buona frequenza, mettendo in saccoccia un bel po’ di esperienza che è sicuramente servita per dare alle stampe questo buon lavoro dal titolo Turning Point.
Heavy metal e hard rock progressivo e melodico in un contesto moderno, rivestono la raccolta di brani e testimoniano  di un gruppo convincente nelle sue varie influenze assimilate per benino e sfruttate in toto per creare brani dal forte impatto, ricchi di  tecnica ed attitudine e valorizzati da arrangiamenti che guardano più alla scena moderna che quella classica.
Un buon mix che la bravura dei musicisti valorizza con cambi di tempo e solos che sono rasoiate, impreziosite da chorus di scuola hard rock, melodici ed accattivanti così come la voce del cantante, protagonista di una prova straordinaria.
Turning Point non conosce intoppi, forte di una serie di brani trascinanti che fino alla sesta traccia (Now) sono un susseguirsi di colpa di scena.
Unity, la melodica Ready For War, la super heavy Overdrive saltano da un genere all’ altro, tra hard rock melodico, heavy metal ed alternative fondendo abilmente King’s X, Alter Bridge, Symphony X e Gotthard.
What Is Wrong What Is Right torna alle montagne russe musicali dopo la parentesi One Time Only/The Wave,  ballata spezza ritmo dove ci si riposa prima del finale.
Turning Point è un album vario e moderno ma che mantiene un approccio classico, formato da belle canzoni e suonato al meglio: si può dire quindi che i Nereis hanno superato ogni aspettativa.

Tracklist
1.Unity
2.Ready for War
3.Breaking Bad
4.Overdrive
5.Two Wolves
6.Now
7.One Time Only
8.The wave
9.What is Wrong And What Is Right
10.Induced Extinction
11.Born To Fly
12.We Stand As One

Line-up
Andrea “Andy” Barchiesi – Vocals
Samuel “Sam” Fabrello – Guitar
Mattia “Pex” Pessina – Guitar
Gianluca “Gian” Nadalini – Bass
Davide “Dave” Odorizzi – Drums

NEREIS – Facebook

Mefitica – Vessazione Cronica

La rabbia non tracima, in alcuni casi c’è sempre, basta osservare le nostre vite e ci sono due scelte: ti incazzi e ascolti i Mefitica o pieghi la testa.

La rabbia non tracima, in alcuni casi c’è sempre, basta osservare le nostre vite e ci sono due scelte: ti incazzi e ascolti i Mefitica o pieghi la testa.

I Mefitica mettono la loro rabbia in musica, ed è un bel massacro.
Le coordinate musicali sono quelle del grindcore crust in italiano, cosa di cui abbiamo una delle poche tradizioni di cui andare fieri. Il gruppo della provincia romana, che partorisce sempre un bella rabbia dall’hc al crust passando per l’oi, si è formato con due quarti dei defunti Adirata e con l’aggiunta di un terzo elemento. Con Vessazione Cronica sono alla seconda prova sulla lunga distanza e si pongono fra i gruppi più interessanti nell’ambito crust grind italiano. Nel loro suono la tradizione hc italiana è molto presente, infatti in molti momenti si rimembrano gruppi del passato come i Wretched, brandendo una nera bandiera di ribellione. Musicalmente sono molto variegati e hanno diverse soluzioni sonore, tutte funzionali al loro disegno musicale. Il disagio qui ci viene sbattuto in faccia e Vessazione Cronica è un disco da far sentire a chi spera ancora che la fine non sia stata decisa tempo fa, o che chiusi nella nostra macchina possiamo salvarci dalla falciatrice che c’è là fuori. Più che critica sociale possiamo trovare in questi testi uno squartamento dell’essere umano, dove si recidono certezze mostrandoci per ciò che siamo : merdine piuttosto modeste sul pavimento della storia. Il cantato maschile e femminile, che si alternano, generano un ottimo effetto e si può dire che il disco sia una delle migliori produzioni italiane degli ultimi tempi.

Tracklist
1.Iride di cripta
2.Sangue di latte
3.Ossessione perpetua
4.Vessazione cronica
5.Miasmi
6.Lo spreco
7.Cleptocrazia
8.Il contagio
9.Mefitica
10.Coltan
11.Suicidium
12.Rivivi il male
13.Senza ritorno

Line-up
Antonio Camomilla: Basso & Growl
Ireful Pam : Chitarra e Scream Isterico
Fast Fondi: Batteria & Cori

MEFITICA – Facebook

L’Ora X – Sottovoce

E’ innegabile il fatto che i fratelli Mangano siano riusciti ad usare in modo assolutamente perfetto la lingua italiana in un sound dal taglio internazionale, tra rabbiosi growl, sentite parti melodiche e ritmati passaggi rap metal, così da creare un lavoro piacevole, duro, melodico e composto da undici bellissime canzoni.

In ritardo sull’uscita targata 2017, il primo lavoro dei fratelli Mangano (Gabriele e Ilario, degli Yattafunk) merita sicuramente di essere portato all’attenzione dei lettori di MetalEyes dai gusti alternativi.

Sottovoce, infatti,  è un album composto da dieci brani (più la cover di Non é Francesca di Battisti) che formano un concept sull’amore e le sue sfumature, raccontato dal duo tramite un sound che si nutre di quel nu metal che fece sfracelli tra la fine del secolo scorso e l’alba del nuovo millennio, senza perdere di vista l’alternative rock tricolore.
Cantato (benissimo) in lingua madre, Sottovoce vede la partecipazione in studio di Wahoomi Corvi (responsabile degli arrangiamenti), che i lettori conoscono per il suo importantissimo lavoro in tante opere targate Wormholedeath, e Mika Jussila, alle prese con il master ai Finnvox Studios in Finlandia.
L’album mantiene le promesse, in un susseguirsi di atmosfere che vanno dalla rabbia alla malinconia, dalla disperazione alla gaudente felicità che l’amore porta inevitabilmente con sé, e la musica accompagna questo saliscendi emozionale tra esplosioni metalliche, rock e rap.
E’ innegabile il fatto che i fratelli Mangano, con il marchio L’Ora X, siano riusciti ad usare in modo assolutamente perfetto la lingua italiana in un sound dal taglio internazionale, tra rabbiosi growl, sentite parti melodiche e ritmati passaggi rap metal, così da creare un lavoro piacevole, duro, melodico e composto da undici bellissime canzoni.
Difficile trovare brani meritevoli d’attenzione più di altri, Sottovoce va ascoltato nella sua interezza, e se magari può sembrare in ritardo di qualche anno a livello di sound, vi apparirà davvero intenso se godete della musica aldilà delle mode del momento.
Ed allora, tra le trame di Lebbracadabra, Io Ci sarò, Quello Che I Miei Occhi Non vedono e Daimyo troverete splendide note accostabili a Limp Bizkit, Adema, Non Point e Timoria, quindi niente di originale, ma davvero ben fatto.

Tracklist
1.Animae
2.Lebbracadabra
3.Gaius Baltar
4.Non é Francesca
5.Io Ci sarò
6.Quello Che I Miei Occhi Non vedono
7.Sweet Home Roma est
8.Che Sarà Di Noi
9.Daimyo
10.X
11.Sottovoce

Line-up
Gabriele Mangano- Voce, Chitarra, Batteria, Tastiere
Ilario Mangano – Chitarra, Basso

Arrangiamenti: Ilario Mangano, Gabriele Mangano, Wahoomi Corvi

L’ORA X – Facebook

Mata – Atam

Non è musica facile e non lo vuole essere, ma è davvero affascinante e colpisce nel segno, traccia dopo traccia, andando a pescare il meglio del vero underground italiano, e rielaborandolo in maniera del tutto nuova ed originale, come un big bang di morte e cellule sporche.

Maschere, rumore, ansia, facendo cadere il velo delle nostre piccole incertezze. Siamo certi che sia meglio raccontare che tutto è tranquillo e dobbiamo pensare positivo e restare sereni?

Non sarebbe forse meglio liberare il rumore e sbattere la testa contro il muro della nostra quotidiana e continua marcia di avvicinamento alla morte? I Mata ci offrono come sonici Morpheus una pillola blu o rossa, sta a noi scegliere. Se scegliete di ascoltare Atam allora aspettatevi di tutto, non-musica, noise saturante, frasi molto precise come automi in Westworld, una poetica da megalopoli del 2300. Dalla provincia italiana arrivano questi alieni musicali che fanno un qualcosa che spazza via il mainstream ma soprattutto il finto alternativo. Non ci sono pose o stilemi, ma dittatura del rumore e orgasmi di macchine e strumenti, ultimi rantoli e vagiti delle future bestie. Non è musica facile e non lo vuole essere, ma è davvero affascinante e colpisce nel segno, traccia dopo traccia, andando a pescare il meglio del vero underground italiano, e rielaborandolo in maniera del tutto nuova ed originale, come un big bang di morte e cellule sporche. Il cantato in italiano è un valore aggiunto per una visione musicale che è di valore, e che soprattutto non vuole essere la solita zona di comfort anche quando si proclama alternativa. Qui ci sono aggressioni sonore ed imboscate sonore, ruggiti di demoni maledetti e poesie di chimica bellezza. I Mata sono un progetto parallelo dei Nevroshockingiochi, e hanno fatto questo lavoro concepito in quattro movimenti musicali di catarsi e merda in faccia. Non si sente spesso un qualcosa di così forte e nemmeno di così strutturato, che passa dal glitch all’idm, dal noise all’ambient.
Benvenuti nel nostro futuro, siete pregati di non staccare la siringa dal braccio.

Tracklist
Zero Uno – Movimento Uno
Zero Due – Movimento Due
Zero Tre – Movimento Tre
Zero Quattro – Movimento Quattro

Line-up
Massimo Marini
Mauro Mezzabotta
Emanuele Sagripanti
Alessandro Bracalente

MATA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=HMLTiat_Tyw

Descrizione Breve

Labyrinthus Noctis – Opting For The Quasi-Steady State Cosmology

Il gruppo milanese fa un disco che commuove e che, come accadeva in alcuni concept prog degli anni settanta, porta l’ascoltatore lontanissimo, ponendo la maggiore distanza possibile fra lui e la Terra, luogo di eterno dolore.

Disco esoterico di gothic prog metal, una magia per ricordarci che non apparteniamo a questa terra, e che questa terra non è la nostra casa, ma siamo fatti per andare oltre, molto oltre, forse verso Marte che è il protagonista di questa terza prova dei milanesi Labyrinthus Noctis, un gruppo che difficilmente sbaglia un disco.

La novità più grossa è l’entrata in formazione della dotatissima cantante Ivy che porta la band ad un livello superiore. Il disco è un viaggio esoterico oltre il nostro pianeta ospitante, verso il pianeta rosso, e ovviamente ciò vale anche per ciò che sta dentro di noi. Il concept è diviso in tre diversi movimenti, e tutti assieme concorrono a descrivere un viaggio cosmico verso e dentro Marte. Quest’ultimo pianeta è una delle mete più anelate dalla razza umana, una delle ultime Thule, un confine anche angusto per le dimensioni dell’universo, ma un passo enorme e forse impossibile per noi umani. Il gruppo milanese ha sempre fuso nel suo stile musicale diversi generi con grande sapienza e gusto, ma qui si supera. Opting For The Quasi-Steady State Cosmology è un disco di gothic prog doom, uno spartito terrestre per musica celestiale, e l’andamento è praticamente cinematografico, come se la musica descrivesse i fotogrammi di un film inquietante ed inquieto, dove tutto si muove, e il moderno si sfasa per copulare con l’estremamente antico, in una fusione che genera diversi multiversi, descritti mirabilmente dai Labyrinthus Noctis. Il gruppo milanese fa un disco che commuove e che, come accadeva in alcuni concept prog degli anni settanta, porta l’ascoltatore lontanissimo, ponendo la maggiore distanza possibile fra lui e la Terra, luogo di eterno dolore. Un gran bel disco che assicura tanti ascolti e molti sospiri di cuore. Il disco si conclude con la cover di Padre Davvero di Mia Martini, una canzone che parla davvero al cuore, che si lega a Marte e che qui è interpretata magistralmente.

Tracklist
Chapter One: DISCUSSION AND CONTROVERSIES IN THE LIGHT OF FURTHER X-RAY
OBSERVATIONS
1. Reaching The Last Scattering Surface
2. Cygnus X-1 (con Chiara Tricarico alla voce)
3. Melancholia
4. Negentropy
Chapter Two: DARK ENERGY EQUATION-OF-STATE (EOS) AND ITS APPLICATIONS
5. Lament Of Melusine
6. Linear A
7. Kosmonaut Vladimir Komarov
8. Amborella Trichopoda
Chapter Three : FROM HYPERSPACE TO MULTI MESSENGER ASTRONOMY
9. Noctis Labyrinthus
10. Hydrocarbon Lakes
11. Kiss The Scorpion, or The Ballad Of Lilith And Mars
12. Wings Of Honneamise
13. Padre Davvero

Line-up
Moreno: Guitars
Ark: Keyboards, Theremin, Effects
Aeb: Drums
Sin: Bass, Backing Vocals
Ivy: Lead Vocals

LABYRINTHUS NOCTIS – Facebook

Haunted – Dayburner

Un sound pesantissimo accompagna la cantante nel buio di un giorno mai iniziato: gli strumenti, drogati e stonati, creano un moloch sonoro che avanza inesorabile, mentre litanie oscure, lunghe e magnetiche sono la colonna sonora della morte ancora prima di nascere della luce.

L’alba, l’inizio di un nuovo giorno ci illude che la luce spazzerà via il buio, mentre tutto torna nell’oscurità e in un attimo siamo avvolti dal nero profondo che, come un’anima dannata, passeggia senza meta tra l’inferno e il purgatorio.

Dayburner, mastodontico secondo lavoro dei doomsters catanesi Haunted, da un attimo prende ispirazione per il suo lungo incedere, risultando un monolito heavy/doom di inumana bellezza.
L’esordio omonimo licenziato due anni fa aveva lasciato ottime impressioni sul gruppo siciliano, ora assolutamente confermata da questa ora abbondante di litanie doom psichedeliche, un lavoro dalla mole enorme, una marcia lenta e liturgica nel corso della quale siamo presi per mano dalla sempre più ipnotica Cristina Chimirri.
Licenziato dalla Twin Earth Records e registrato da Carlo Longo al NuevArte Studio di Catania, Dayburner è stato affidato a Brad Boatright (Sleep, COC, Yob, Obituary e altri) all’Audiosiege Engineering di Portland per il mastering, mentre l’inquietante e misterioso artwork è opera di un’artista irlandese, Deborah Sheedy.
Lavoro dal taglio internazionale dunque, un passo in avanti portentoso e coraggioso per la band siciliana, sempre più immersa in quell’heavy doom che richiama Orange Goblin ed Electric Wizard, ma che ha le sue radici negli anni settanta, tra hard rock e psichedelia.
Un sound pesantissimo accompagna la cantante nel buio di un giorno mai iniziato: gli strumenti, drogati e stonati, creano un moloch sonoro che avanza inesorabile, mentre litanie oscure, lunghe e magnetiche sono la colonna sonora della morte ancora prima di nascere della luce.
Otto brani per quasi settanta minuti di musica fanno capire quanto splendidamente ostico sia questo album e quanta affascinante materia musicale ci sia da comprendere tra le magiche e potenti trame di brani come Mourning Sun, Orphic e Vespertine, le ultime due cuore aperto e grondante sangue nero di questo enorme lavoro.
Gli Haunted sono una delle massime espressioni dell’heavy/doom odierno nate sul nostro territorio, interpreti maturi ed assolutamente personali nel portare avanti una proposta così difficile, in un mondo che fagocita a tempo di record qualsiasi forma d’arte.

Tracklist
01.Mourning Sun
02.Waterdawn
03.Dayburner
04.Communion
05.Orphic
06.Vespertine
07.No Connection With Dust
08.Lunar Grave

Line-up
Francesco Bauso – Guitars
Dario Casabona – Drums
Cristina Chimirri – Vocals
Francesco Orlando – Guitars
Frank Tudisco – Bass

HAUNTED – Facebook

Jester Beast – The Lost Tapes of… Poetical Freakscream

Un’opera imperdibile per riscoprire o riascoltare al meglio di quanto offerto dall’odierna tecnologia uno dei gruppi storici nati nel nostro paese, leggendari testimoni di un’epoca importantissima per lo sviluppo delle sonorità estreme nel nostro paese.

Viene riproposto in una nuova veste e migliorato in modo sensibile nella produzione un album storico della scena thrash metal tricolore: si tratta di Poetical Freakscream dei piemontesi Jester Beast, gruppo che all’epoca dell’uscita (1991) formava insieme a Broken Glazz, Gow e Negazione la punta dell’iceberg della scena metallica piemontese, allora una delle più attive nello stivale.

Nati addirittura nella prima metà degli anni ottanta, i Jester Beast purtroppo, dopo il primo demo Destroy After Use, licenziato nel 1988 e questo unico full lenght, si fermò fino al 2012, anno di uscita dell’ep The Infinite Jest.
La F.O.A.D. Records si prende carico di pubblicare questa nuova edizione dello storico lavoro, una mastodontica opera che vede, oltre a Poetical Freakscream nella più potente versione pre-mix, an che The Lost Tapes of… Poetical Freakscream, che riserva un bonus cd con il demo Destroy After Use ed una manciata di brani live risalenti al 1988.
Capitanati dal chitarrista C.C. Muz, i Jester Beast mostrarono a tutti d’essere un gruppo dall’impatto unico e dotato di un’ottima tecnica, ma penalizzato da un mixaggio approssimativo e incompleto che fece di Poetical Freakscream un’opera riuscita a metà, per fortuna oggi ascoltabile in una veste più consona alla qualità della musica proposta.
Il sound poggiava le sue basi sul thrash furioso degli Slayer (specialmente nel primo demo) e su quello più elaborato dei Voivod (tanto che Michael “Away” Langevin, batterista della formazione canadese, curò in seguito artwork e logo sull’ep The Infinite Jest) ma attraversato da un’attitudine hardcore: il tutto rese i Jester Beast una delle realtà più importanti dell’allora scena underground.
Un’opera imperdibile per riscoprire o riascoltare al meglio di quanto offerto dall’odierna tecnologia uno dei gruppi storici nati nel nostro paese, leggendari testimoni di un’epoca importantissima per lo sviluppo delle sonorità estreme nel nostro paese.

Tracklist
1.Freak Channel 9
2.Illogical Theocracy
3.Jester Day
4.Claustrophobic Autogamic
5.Swan Ain’t Die
6.Poetical Freakscream
7.Mother
8.D.A.U.
9.Unidentified Body

“Destroy Ater Use” – Demo 1988
10.Mother
11.Destroy After Use
12.Hypnotized
13.Clustrophobic Autogamic
14.Outro

Live in Treviso, 16/04/1988
15.Hypnotized
16.Psychopathic
17.Dream Over Dream
18.Labyrinth
19.Suck My Powerful Dick
20.Still Born

Line-up
STEO ZAPP – Vocals
CC MUZ – Guitar
ROBY VITARI – Drums
PIETRO “DURACELL” GRASSILLI – Bass

JESTER BEAST – Facebook

Satori Junk – The Golden Dwarf

Il lavoro denota un notevole miglioramento rispetto al già valido primo disco del 2015, perché qui siamo proprio su un altro livello, con i Satori Junk che mostrano una maggiore consapevolezza dei loro mezzi proponendo una formula arricchita.

Seconda prova sulla lunga distanza per i Satori Junk, gruppo milanese di doom psichedelico e stoner, i quali con questo lavoro si migliorano non poco, proponendosi come uno dei gruppi italiani più interessanti nell’ambito.

Fin dalla bellissima intro recitata si intuisce che sarà una lunga discesa verso gli abissi che abbiamo creato e che culliamo nelle nostre teste. Partendo dallo stile che hanno sempre portato avanti, ovvero musica pesante con tastiere aliene, i Satori Junk rendono maggiormente pesante il loro suono e anche più acido, per lunghe cavalcate sotto piogge sporche, corse sotto relitti di imperi troppo grandi per cadere, e ancora attraverso volti sfigurati da nuove droghe. Quando poi spunta il theremin, la magia dei Satori Junk è ormai compiuta e siete catturati, così ascolterete il disco più e più volte, perché ha un fascino magnetico e maledetto, come tutte le cose veramente belle e gustose. Le canzoni sono tutte di ampio respiro e si fanno apprezzare per la loro tenebrosità ed acidità. Ciò che fa risaltare i Satori Junk rispetto agli altri gruppi è questa commistione di tastiere quasi space rock con un suono corrosivamente lento, in una miscela difficilmente rintracciabile in altri lidi. Come detto tutto il lavoro denota un notevole miglioramento rispetto al già valido primo disco del 2015, perché qui siamo proprio su un altro livello, con i Satori Junk che mostrano una maggiore consapevolezza dei loro mezzi proponendo una formula arricchita. Chiude il disco un’incendiaria e acidissima cover di Light My Fire dei Doors, ma il vero godimento è prima.

Tracklist
1.Intro
2.All Gods Die
3.Cosmic Prison
4.Blood Red Shrine
5.Death Dog
6.The Golden Dwarf
7.Light My Fire (The Doors cover)

Line-up
Luke Von Fuzz – Vocals, Synth, Keys, Theremin, Flute
Chris – Guitars, Analog Synth, Sequencer
Lory Grinder – Bass
Max – Drums

SATORI JUNK – Facebook

Kickstarter Ritual – Ready To Take A Ride

Scendiamo dalla motocicletta giusto il tempo per rifornirci di carburante e birra, per poi ripartire verso la ribelle libertà che i Kickstarter Ritual evocano ad ogni passaggio di questo ottimo lavoro, imperdibile se vi considerate dei veri rocker.

Alla scena hard rock tricolore si aggiungono i piacentini Kickstarter Ritual, terzetto al debutto con Ready To Take A Ride, uscito in digitale lo scorso anno ed ora anche in formato fisico per Atomc Stuff.

Il gruppo nasce quattro anni fa e all’attivo ha l’ep Black Mama, licenziato nel 2014: nel frattempo qualche cambio in corsa nella line up porta la band ad oggi, con un buon album come Ready To Take A Ride ed una formazione che vede Gaby al basso (Houston!, Neverland, Lilygun, Scorpion Tailor), Juliusz alla chitarra (Hollywood Pornostar) e Fortu alla batteria e voce (Nasty Love, Houston!, Evil Eye Lodge).
Easy Rider: all’ascolto dell’album le immagini del famoso film di Dennis Hopper ci passano davanti come se i brani di Ready To Take A Ride fossero la sua naturale colonna sonora, infatti il sound dei Kickstarter Ritual risulta un urgente e scarno hard rock, colmo di blues, punk e psichedelia, rock desertico che oggi si chiama stoner ma che negli anni sessanta e settanta era semplicemente rock, di quello che gli Steppenwolf ci costruirono un’intera carriera con Born To Be Wild.
E allora allacciatevi il casco, dopo aver indossato il giubbotto di pelle, lisciatevi i basettoni e partite on the road con Cooperate e i brani che compongono questo album fuori dal tempo e a suo modo originale nel non cavalcare l’onda del rock vintage di moda in questo periodo, ma andando indietro di qualche anno ancora.
Poi sono passati cinquant’anni e allora ecco che tra le note di psichedelico rock’n’roll di Too Old, The Man On The Hawling Machine e The Cities Are Burning (With Rock’n’Roll), spuntano inevitabilmente tracce di Monster Magnet, The Hellacopters e Gluecifer.
Scendiamo dalla motocicletta giusto il tempo per rifornirci di carburante e birra, per poi ripartire verso la ribelle libertà che i Kickstarter Ritual evocano ad ogni passaggio di questo ottimo lavoro, imperdibile se vi considerate dei veri rocker.

Tracklist
1.Cooperate
2.Messin Around
3.Too Old
4.Dirty Old Town
5.Nanananana
6.The Man On The Hawlin’ Machine
7.Get It On
8.Hazy Days
9.The Cities Are Burning (Whit Rock’ N ’Roll)
10.Kiss My Gun
11.Ready To Take A Ride

Line-up
Gaby – Bass, B.vocals
Juliusz – Gutars, B.vocals
Fortu – Vocals, Drums

KICKSTARTER RITUAL – Facebook