I Dharma Storm si lasciano molte porte aperte a livello di sound per un futuro che non può che essere dalla loro parte: ascoltateli e affrontate anche voi mari tempestosi, non ve ne pentirete.
Beh, che dire di un gruppo privo di timori nell’affrontare il complesso mondo del metal dai richiami sinfonici con personalità ed una punta di originalità che, col tempo daranno ragione al suo modo di intendere e suonare il genere?
Intanto partiamo dalla cosa più importante: i Dharma Storm sono italiani, precisamente di Ladispoli (Lazio), sono attivi dal 2009 (anche se la line up si consolida due anni dopo) e hanno all’attivo un ep, uscito tre anni fa, che ha dato la possibilità al quintetto di girare per i palchi dello stivale metallico.
Passiamo a questo ottimo esordio, Not An Abyss Prey, alla sua ora abbondante di durata ed al suo sound che varia appunto tra i generi appartenenti alle correnti che fanno capo al metal classico, sviluppatisi in questi anni.
I Dharma Storm non patiscono sicuramente la tensione dell’esordio ignorando chi giudicherà il loro sound troppo dispersivo e partono a vele spiegate nella tempesta metallica tra passaggi di grintoso thrash metal, tappeti sinfonici, pause in cui le atmosfere folk ricamano di raffinatezza popolare molti brani, ed ottime parti ritmiche che richiamano l’eleganza del metal progressivo.
Un lungo navigare in acque che si calmano per poche miglia, prima di tornare a torturare il sinuoso veliero ormai allo stremo sotto le sferzate thrash metal dei Dharma Storm: una menzione per il gran lavoro delle tastiere sempre presenti e colpevoli di donare un tocco epico a brani come la cavalcata sinfonica che apre l’album (Immortal Crew), la varia Blackout, l’agguerrita (nelle parti chitarristiche) Emerged e la spettacolare Live Together…Die Alone, lunga suite strumentale che funge da sunto compositivo di questo ottimo debutto.
I Dharma Storm si lasciano molte porte aperte a livello di sound per un futuro che non può che essere dalla loro parte: ascoltateli e affrontate anche voi mari tempestosi, non ve ne pentirete.
TRACKLIST
1.Immortal Crew
2.Night of the Burning Skulls
3.Blackout
4.Trail of Tears
5.Across the Line of Time
6.Emerged
7.The Possessed One
8.God Is Gone
9.Live Togheter..Die Alone
10.Jolly Roger
LINE-UP
“Brandy” Marco De Angeli – voice
“Mingo” Nicholas Terribili – drum
“Harry” Daniele Castagna – guitar
“Bois” Dario La Montagna – keyboard
“Piece” Gianluca Lancianese – bass guitar
La bravura alla sei corde di Edwards e la splendida voce di Pellek , danno la possibilità all’album di vincere facile, dunque senza timori avvicinatevi a quest’opera, vi piacerà.
Fraser Edwards è un chitarrista, compositore e produttore britannico, protagonista con la sua sei corde nei power metallers Ascension e co-autore nella rock band per bambini Sharky Sharky.
I Am Godè il suo primo lavoro solista dove non mancano alcune gradite sorprese, in un buon lavoro dove l’happy power metal incontra l’elettronica, lo shred ed un pizzico di piglio progressivo che non manca di rendere l’album un originale esempio di musica metal pop molto interessante.
Accompagnato da ottimi musicisti, Edwards ha trovato modo di imprimere all’album una marcia in più con il bravissimo cantate norvegese Pellek, che chi segue la nostra webzine ricorderà dietro al microfono dei due dischi degli Active Heed, creatura progressiva del compositore nostrano Umberto Pagnini.
E I Am Godnon tradisce con la sua quarantina di minuti tra veloci cavalcate power metal, vorticose scale su e giù per il manico della sei corde, un’impronta melodica accentuata dall’ottima voce del vocalist, e tanto happy metal, dai chiari rimandi alle zucche di Amburgo, con qualche accenno velocissimo e al limite del legale insito nel sound dei Dragonforce.
L’album riesce a mantenere un appeal molto alto pur lasciando al leader il suo spazio per incantare con la sei corde e I Am God (il brano che da il titolo all’album è uno stupendo esempio di power metal neoclassico) soddisferà pure gli amanti dei guitar heroes (Malmsteen) .
Ovviamente quando il gruppo spara cannonate power il livello si alza non poco, l’opener Alone, Everdream e Geography Of Time, con la già citata title track, mettono a ferro e fuoco lo spartito, mentre Mentalist Brigade e 12 Variations (On Nyan Cat) Pt 1 – Edward Snowden, sono le tracce più originale e progressive, tra elettronica, cambi di tempo e marcette che, se ad un primo ascolto destabilizzano (specialmente gli appassionati più duri e puri) non si smetterà di battere inconsapevolmente il piedino ipnotizzati dalle melodie create dal compositore di Aberdeen.
Al sottoscritto I Am God è piaciuto parecchio, la bravura alla sei corde di Edwards e la splendida voce di Pellek danno la possibilità all’album di vincere facile, dunque senza timori avvicinatevi a quest’opera, vi piacerà.
TRACKLIST
1.Alone
2. Custom Built
3. Mentalist Brigade
4. 12 Variations (On Nyan Cat) Pt 1 – Edward Snowden
5. So Many People
6. Everdream
7. I Am God
8. Geography Of Time
9. God Complex
10. Dawn Of The Shred (Bonus)
LINE-UP
Fraser Edwards – Guitars
Pellek – Vocals
Andrew Scott – Drums
Stuart Docherty – Live Keyboards
Nick Blake – Live Bass
Si torna a parlare di metal nato e suonato nelle fredde terre del Nord America con il primo lavoro in formato mini cd degli heavy thrashers canadesi Dark Messiah.
Ed il messia oscuro porta con sé morte, distruzione, possessioni demoniache ed altre pestilenze a colpi di heavy metal old school, scontato quanto si vuole, prodotto neanche troppo bene, ma dall’impatto ed attitudine che ricordano dei Venom più melodici.
I cinque brani proposti, infatti, viaggiano a ritmo di cavalcate metalliche con qualche piccola accelerazione thrashy e tanta ignoranza, che vive in un sound ruvido e senza compromessi, proprio come nei primi vagiti del trio di Newcastle, dove le ritmiche motorheadiane sono estremizzate da furiose parti speed thrash e le chitarre accennano gli assoli ed i riff melodici che accompagnavano le canzoni degli eroi della NWOBHM.
Il canto ruvido e cattivo di Stephen Chubaty declama l’arrivo del demoniaco messia, mentre i servi del male agli strumenti continuano imperterriti a portare caos e violenza sulla terra, espandendo il virus malefico con le oscure e metalliche Dark Messiah (il brano) e soprattutto la mostruosa Death from Above.
Il debutto omonimo di questa band è più di quanto old school heavy metal troverete in giro, ed ovviamente non può che essere un’opera a sola esclusiva dei fans accaniti del metal più underground e tradizionale.
TRACKLIST
1.Dark Messiah
2.No Soul to Sell
3.Eliminate the Enemy
4.Death from Above
5.Your Final Breath
LINE-UP
agg Walker – Bass
Robert Schau – Drums
Lawrence Reimer – Guitars
Jonathan Hayward – Guitars
Stephen Chubaty – Vocals
“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.
Ci sono o ci fanno i Capuchin Punks?
Il quintetto americano proveniente dal Missouri per il suo debutto usa un titolo in lingua italiana e prende ispirazione da un luogo sacro ubicato nella nostra capitale. Metal Dalla Cripta Dei Monaci si riferisce, infatti, alla cripta che si trova sotto la chiesa di santa Maria della Concezione a Roma, costruita dai frati cappuccini, una tomba decorata con i resti dei loro fratelli religiosi.
Titolo ed ispirazione così originale non vanno però di pari passo con la musica prodotta dal gruppo, un miscuglio neanche troppo riuscito di heavy metal, hard rock e punk, con qualche atmosfera rallentata dai richiami sabbatiani, prodotto che sembra arrivare davvero dalla cripta e con una cantante monocorde che appiattisce il sound non certo eccelso del gruppo statunitense.
Il punk rock è forse il genere in cui la band riesce ad essere più convincente, poi vine proposto un minestrone di generi che si annullano l’un l’altro senza lasciare traccia: peccato, perché l’idea iniziale non era male, ma quello che si ci aspettava era un qualcosina di più organizzato.
Accompagnato da una copertina davvero brutta, con cinque scheletri vestiti da monaci, l’album non decolla, rimanendo fermo sulla pista ad attendere che il motore si spenga ed il silenzio torni a regnare.
“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.
Lasciamo riposare in pace i monaci e passiamo oltre.
TRACKLIST
1.Rise of the Capuchins
2.Jet Black Chevette
3. Martigney Creek
4.The War
5.Dust and Ash
6.One of Them
7.My Addiction
8.Former Crowns
9.Better Not Ask
LINE-UP
Donna Katherine - Vocals
Danny Nichols – Guitar
Isaac Bryan – Guitar
Josh Sanderson - Bass, Guitar
Matt Bryan - Drums
The Hunt è un lavoro heavy power metal classico scitto da chi ha vissuto la scena in prima persona.
C’è voluta la Pure Steel per dare a Cesare quel che è di Cesare, tradotto, un contratto per i Wretch, band heavy power metal attiva nella scena di Cleveland addirittura dalla metà degli anni ottanta.
Una lunga serie di demo e nel 2006 il debutto Reborn, in una carriera che se non decolla definitivamente comincia a risultare più costante con l’uscita di una compilation, l’ep Rise To Power del 2013 e il secondo full length intitolato Warrior, uscito nel 2014.
Dunque con The Hunt siamo al terzo album in più di trent’anni , ma il gruppo non molla e ci travolge con il suo U.S. power metal, dalle tinte oscure e dal piglio drammatico come tradizione americana, anche se i Wretch hanno in serbo soluzioni maideniane che accentuano l’ottima amalgama tra tradizione statunitense ed europea.
Aiutato dal tono vocale del singer Juan Ricardo, che a tratti ricorda Bruce Dickinson, e da molte soluzioni ed intrecci chitarristici in stile Murray/Smith, il sound del quintetto americano non mancherà di soddisfare gli amanti del genere, forte di un lotto di brani arrembanti, dove aggressione e melodia vanno a braccetto come nella migliore tradizione classica, così da incendiare di passione metallica gli amanti di Iron Maiden, Iced Earth e Metal Church. The Hunt parte con il freno a mano tirato, la title track risulta una partenza inceppata, ma passata Throne Of Poseidon, l’album spicca il volo con una serie di canzoni riuscite, quel in cui più si sente l’influenza maideniana (The Final Stand, Straight To Hell e Once In A Lifetime).
Ne esce un album che parte piano per poi crescere alla distanza, risultando un buon ascolto per i defenders dai gusti classici e confermando l’ottima vena trovata negli ultimi anni dal gruppo americano.
TRACKLIST
1. Sturmbringer
2. The Hunt
3. Throne Of Poseidon
4. Twilight´s End
5. The Final Stand
6. Fortune’s Fool
7. The King In Red
8. Straight To Hell
9. Pierce The Veil
10. Once In A Lifetime
11. She Waits
LINE-UP
Juan Ricardo – vocals
Nick Giannakos – lead- and rhythm guitar
Michael “Mjölnir” Stephenson – lead- and rhythm guitar
Tim Frederick – bass
Jeff Curenton – drums
I Solitude riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica
La terra del sol levante ha una tradizione metal rock radicata fin dai primi anni settanta, e non è un caso se molti dei nomi storici della scena abbiano nella discografia almeno un album live registrato nel paese dei samurai.
Dal successo di Made in Japan dei Deep Purple in poi (ed era il 1972) ogni gruppo con un minimo di ambizione commerciale è dovuta passare per il Giappone, ma ovviamente non sono mancate le band indigene che si sono costruite una reputazione anche in occidente (su tutti i Loudness), mentre la scena regalava ottime realtà, magari ad uso e consumo dei fans accaniti come i Sacrifice, thrash metal band nata addirittura nella seconda metà degli anni ottanta: quella band venne lasciata da Akira Sugiuchi (voce) e Toru Nishida (basso) nel 1996 per formare i Solitude, con i quali licenziarono Virtual Image, ep di debutto uscito all’alba del nuovo millennio.
Nel 2009 è tempo per il debutto sulla lunga distanza (Brave The Storm ) seguito a distanza di sette anni da quest’ultimo lavoro, Reach For The Sky un buon esempio di metallo classico, puro acciaio musicale tra thrash, heavy e potenti ritmiche hard rock.
Raggiunti da Takamasa “Mad” Ohuchi alle pelli e Shingo Ida alla sei corde, che trancia il cielo del levante con una prestazione tutta fuoco e fiamme, i due storici musicisti riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica
L’album risulta così una versione più hard rock dei Primal Fear (l’aquila in copertina richiama non poco gli album del gruppo tedesco), o se preferite un compendio delle caratteristiche primarie di una manciata di gruppi storici, tra cui Saxon, Maiden e Judas Priest, potenziate da potenti dosi di power metal ed impreziosite a tratti da una vena hard rock.
Il risultato piace, Reach For The Sky si lascia ascoltare volentieri, la prestazione della vecchia volpe Sigiuchi al microfono è un concentrato di grinta e furore, con i brani che si stampano in testa al primo ascolto e le melodie che escono dalle corde della chitarra di Ida sono forgiate nel sacro fuoco dell’heavy metal.
Le migliori tracce aprono e chiudono il lavoro (Venoms Angel e December), nel mezzo una raccolta di brani da spararsi a volumi illegali per vendicarsi della vicina di casa e del suo amore per i talent show.
TRACKLIST
1.Venom’s Angel
2.Blow
3.Reach for the Sky
4.Don’t Need Mercy
5.Escape for the Crime
6.You Got My Mind
7.On the Edge of Sorrow
8.December
Questo disco di 25 canzoni è davvero divertente, regalerà molti bei momenti a chi apprezza lo speed metal più vicino al punk, perché non è per niente la solita raccolta di roba trita e ritrita.
I Midnight sono un gruppo speed punk metal di Cleveland, e dalla città dei Cavs fanno rumore dal 2003.
La loro produzione consiste di molti ep e di un disco su lunga distanza diventato un classico del metal punk underground, Satanic Royalty. Lo stile dei Midnight deriva dai Venom, dai classici metal dell’underground suonati sbronzi ai mille all’ora, con passione e sudore, riuscendo ad essere molto divertenti. In attesa di un nuovo disco la Hells Headbangers pubblica una raccolta di ep, Shox Of Violence, che non è la solita raccolta di ep giù usciti ed introvabili, poiché contiene quattro nuove canzoni che sono pubblicate in un 12” a parte, e nel resto troviamo i brani degli ep e molte cover davvero belle. Nei titoli coverizzati troviamo ovviamente due canzoni dei Venom che sono delle dichiarazioni di intenti e poi molti gruppi interessanti, come i Pagans, i The Spits e anche i Quiet Riot. Gli americani dimostrano di avere ampie vedute e di saper fare del gran metal, suonato con un incedere punk. Questo disco di 25 canzoni è davvero divertente, regalerà molti bei momenti a chi apprezza lo speed metal più vicino al punk, perché non è per niente la solita raccolta di roba trita e ritrita. Le canzoni più notevoli sono i quattro inediti che fanno attendere il nuovo disco con molta voglia. Velocità, alcool e satanismo.
TRACKLIST
1.Death Scream
2.Who Gives A Fuck
3.Ready For Destruction
4.Groin Gripper
5.Sadist Sodomystic Seducer
6.In League With Satan (Venom)
7.Too Loud For the Crowd (Venom)
8.The Witch
9.Breakout (Taipan)
10.Hels Fire (Mistreater)
11.TAP
12.When I Die (Pagans)
13.Unholy and Rotten (Live)
14….On the Wings of Satan (live)
15.Slick Black Cadillac (Quiet Riot)
16.Nuclear Bomb (The Spits)
17.Black Kar (The Spits)
18.Rat Face (The Spits)
19.Shitty World (The Spits)
20.Death Sentence (Crucifixion)
21.Wicked Women (Scarab)
22.Eyes of Satan (Pagans)
23.Watch Your Step (Girlschool)
24.Vomit Queens
25.Cross Held High
L’esordio sulla lunga distanza dei Parris Hyde è un lavoro riuscito, consigliato agli amanti dell’heavy metal classico.
Mors Tua Vita Mea è l’esordio di questa heavy metal band italiana che porta il nome del suo leader, Parris Hyde, compositore e musicista da trent’anni nella scena nazionale, prima con i thrashers Bonecrusher poi con gli hard rockers Waywarson.
Nel 2013 il musicista milanese decide di formare una band tutta sua con l’ aiuto di Roby Kant Cantafio, chitarra, Max Dean, basso, Karl Teskio, batteria e dopo un primo ep di rodaggio arriva finalmente l’esordio sulla lunga distanza. Mors Tua Vita Mea si sviluppa su tredici brani che spaziano tra l’horror metal di scuola King Diamond – Lizzy Borden e lo speed thrash, toccando lidi hard rock, insomma tutte le influenze di Hyde si sono congiunte per dar vita ad un buon esempio di heavy metal che, al sottoscritto, ha ricordato in particolare le ultime prove di Lizzy Borden (Deal With The Devil / Appointment With Death) con qualche sconfinamento nell’horror metal classico di King Diamond e, rimanendo sul nostro territorio, un pizzico di Death SS, immancabili quando si parla di un certo tipo di metal.
Il bello di questo lavoro che la varietà del songwriting risulta un toccasana in fatto di ascolto, evidenziando una personalità che un musicista da oltre trent’anni sulla scena non può non possedere, emergendo soprattutto nei brani hard rock oriented come la bellissima Digital Dream Land o in Life On The Line, scelta come singolo.
Suonato molto bene ed attraversato da una vena melodica di stampo gotico in alcuni tratti molto suggestiva, con l’uso dell’ organo a riempire di atmosfere horror molti dei brani, Mors Tua Vita Mea si conclude con tre bonus track: la versione per organo e voce del brano I Killed My Wife with a Knife, la simpatica cover metal del brano natalizio Jingle Bells e la cover di Fear Of The Dark degli Iron Maiden, tracce che nulla aggiungono e nulla tolgono all’impressione di essere al cospetto di un lavoro riuscito, consigliato agli amanti dell’heavy metal classico e dei gruppi citati.
TRACKLIST
1. Mors Tua Vita Mea
2. 2ND2NO1
3. I Killed My Wife with a Knife
4. I Love Shopping (with Your Money)
5. Life on the Line
6. Digital Dream Land
7. Far Away
8. Alone
9. The Third Millennium Disillusion
10. Border of Mexico
11. I Killed My Wife with a Knife (Gothic Version) (Bonus track)
12. Metal Bells (Bonus Track)
13. Fear of the Dark (Remix) (Bonus Track)
LINE-UP
Parris Hyde – Vocals, Guitars, Keyboards
Roby Kant Cantafio – Guitars
Max Dean – Bass
Karl Teskio – Drums
Fabiano Andreacchio si dimostra musicista dalla grande tecnica: aspettiamo ora un nuovo lavoro di inediti di questo suo progetto a suo modo originale e da seguire senza remore.
Torna, a pochi mesi di distanza dall’ottimo Living Dead Groove, Fabiano Andreacchio, attuale bassista dei Gory Blister e leader dei The Atomic Factory, band con cui ha registrato il lavoro precedente.
Bass Guitar Heroè una compilation di brani più datati a cui Fabiano Andreacchio And The Atomic Factory hanno dato una veste più attuale e conforme al sound del gruppo.
Invero, rispetto ai brani di Living Dead Groove, questa raccolta sottolinea in modo più marcato la tecnica individuale del bassista lombardo, davvero un eroe del basso, stupefacente nel disegnare arabeschi di intricate ritmiche metal progressive.
Le tracce si sviluppano quindi sul basso di Andreacchio, abbandonando la forma canzone più marcata nel disco uscito qualche mese fa e indirizzandosi maggiormente verso la tecnica strumentale.
Un album per musicisti e per chi apprezza le opere strumentali, con pochi punti di riferimento stilistici come ormai ci ha abituato il bassista e con qualche chicca che non manca di valorizzare l’album, come la bellissima e progressiva One Step Closer To Heaven e la cover di Transylvanya degli Iron Maiden. Fabiano Andreacchio si dimostra musicista dalla grande tecnica: aspettiamo ora un nuovo lavoro di inediti di questo suo progetto a suo modo originale e da seguire senza remore.
TRACKLIST
1.HeartQuake
2.Hell Is Now NGA
3.Unforgivable (acoustic)
4.Sexonia NGA
5.One Step Closer To Heaven
6.Curious (acoustic)
7.Strange KInd NGA
8.The Gentle Hand 8acoustic)
9.Transylvanya NGA
10.Ascent (dub mix)
LINE-UP
Fabiano Andreacchio – Bass and Vocals
Mikahel Shen Raiden – Guitar and Backing Vocals
Nicola De Micheli – Drums
Molto più “raccontato” rispetto all’opera precedente, Il Treno Fantasma è un altro viaggio meraviglioso nel mondo dei Sirgaus, un ennesimo lavoro da custodire gelosamente tra gli esempi che travalicano i generi musicali e donano arte a 360°.
La ricchezza culturale e la soddisfazione di un “non” lavoro come le fatiche dietro ad una webzine musicale, sono ripagate nel conoscere e vivere il percorso di fulgidi talenti dello spartito, che probabilmente non si sarebbero mai raggiunti ed approfonditi come semplici fruitori delle sette note, anche perché dubito (pur augurandolo ai protagonisti) che questi eroi della sacra arte possano trovare quel successo che, in un mondo guidato dalla bellezza e non dal denaro, avrebbero già ampiamente raggiunto.
Ma non credo che a Mattia Gosetti e Sonja Da Col, tornati come Sirgaus con questa nuova ed affascinate opera, interessi granché, molto più probabile che al duo proveniente dalla provincia di Belluno, come musicisti di altri tempi e affascinanti artisti di un teatro che compare dal nulla e scompare alla fine di ogni spettacolo, basti creare e lasciare la loro arte a chi la sa apprezzare.
Dopo il bellissimo Sofia’s Forgotten Violin, concept album licenziato nel 2013 e finito nella mia personale play list di fine anno, Mattia Gosetti, compositore e musicista sopraffino, aveva messo a riposo i Sirgaus per uscire a suo nome con il capolavoro Il Bianco Sospiro della Montagna, un’opera portata sul palco di un teatro con la cantante e moglie in veste di attrice.
Era il 2015 e questo splendido esempio di musica contemporanea tra rock, metal e operetta finì ancora una volta tra gli album più belli dell’anno, almeno per il sottoscritto, ancora una volta qui a raccontarvi (non a recensire) delle gesta di questi talenti persi tra le montagne dolomitiche. Il Treno Fantasmaè un’altra opera rock sontuosa, più oscura e dark musicalmente parlando rispetto ai lavori precedenti, meno epica rispetto a Il Bianco Sospiro Della Montagna, anche per la storia che, pur lasciando al centro delle vicende la terra d’origine del duo, lascia le tematiche sulla guerra per affrontare i cambiamenti frutto dello sviluppo e dei tempi in cui viviamo.
Molti ospiti accompagnano l’ennesimo viaggio musicale dei Sirgaus, dai cantanti Matteo Scagnet, Denis Losso, Michaela Dorenkamp e il figlio della coppia Diego Gosetti, alle pelli di Salvatore Bonaccorso, la chitarra di Daniele Bressa, ed il violino del sempre presente Fabio “Lethien” Polo dei folk metallers nostrani Elvenking.
Quasi ottanta minuti sul treno fantasma in una folle corse tra le trame orchestrali create da Gosetti, drammatiche e perfette nel raccontare le vicende dei protagonisti, nell’affrontare cambiamenti e scelte per continuare una vita lontana da casa o stretta tra i vicoli dei piccoli paesi di una montagna che sta stretta alle nuove generazione, fermi davanti ad un cavalcavia, linea di confine tra la solitudine e la tradizione della montagna e la caotica vita nella grande città. A Train To The Mountains segna il ritorno della protagonista verso il paese dopo cinque anni, le melodie orchestrali mantengono linee malinconiche, mentre si fanno più dirette e metallicamente sinfoniche nella bellissima Fischia Nella Notte.
Pur con le sue differenze, Il Treno Fantasma mette in evidenza l’eleganza orchestrale della scrittura di Gosetti, già ampiamente dimostrata sui lavori precedenti, valorizzata dalla particolare e teatrale voce della Da Col, mentre l’opera viaggia spedita sui binari dell’eccellenza con perle come La Versione Di Girollino, La Regina Del Sottosuolo e L’Impero Cadente.
Molto più “raccontato” rispetto all’opera precedente, Il Treno Fantasma è un altro viaggio meraviglioso nel mondo di questo compositore nostrano, un ennesimo lavoro da custodire gelosamente tra gli esempi che travalicano i generi musicali e donano arte a 360°.
TRACKLIST
1.Da quella tela di Ro Bi Roberto Bianchi
2.Incontro Sul cavalcavia
3. A Train To The Mountains
4.Fischia Nella Notte
5.Da quella tela di Ro Bi Roberto Bianchi (seconda parte)
6.Un secco ramo
7.Riparerò Questi binari
8.Il Bosco Nero
9.La Versione Di Girollino
10.Da quella tela di Ro Bi Roberto Bianchi (terza parte)
11.La Regina Del sottosuolo
12.Il Folle Piano
13.La Rivalsa Di Girollino
14.Carbone Per La Mia Fornace
15.L’Impero Cadente
16.La Strada Verso Il Crescere
LINE-UP
Mattia Gosetti – Basso, Chitarra, Orchestrazione, Produzione
Sonja Da Col – Voce
Denis Losso, Matteo Scagnet, Michaela Dorenkamp, Andrea Sonaglia, Diego Gosetti – cantanti ospiti
Fabio Lethien Polo – Violino Elettrico
Daniele Bressa – Chitarra Solista
Salvatore Bonaccorso – Batteria
Cliccando il link che troverete in calce all’articolo, avrete la ghiotta opportunità di fare un bel giro metallico del globo, gentilmente offerto da Kunal Choksi e dalla sua Transcending Obscurity.
La Transcending Obscurity è un’etichetta alla quale noi di MetalEyes siamo particolarmente affezionati: intanto perché, quando abbiamo iniziato ad occuparci di metal qualche anno fa, ancora all’interno di In Your Eyes, la label indiana è stata una delle prime a darci credito senza farsi troppe domande su chi fossimo o quanti contatti facessimo, e poi, soprattutto, perché colui che ne regge fila, Kunal Choksi, è uno di quei personaggi che dovrebbero essere clonati per tutto quello che ha fatto e sta facendo per la diffusione del verbo metallico in Asia.
Dopo questo doveroso panerigico nei confronti del dinamico discografico di Mumbai, non resta che invitare ogni appassionato di metal che si rispetti a fare propria questa esaustiva compilation contenente un brano di ciascuna delle band appartenenti alla scuderia delle Transcending Obscurity, tanto più che il tutto è scaricabile gratuitamente dal bandcamp.
Lì troviamo cinquantacinque tracce che offrono contributi provenienti da nomi già noti ed altri ancora da scoprire, abbracciando tutti i generi estremi, a partire soprattutto dal death metal, spesso rappresentato nella sua versione old schol, passando per il black ed il doom, con qualche sconfinamento nel thrash, nello stoner/sludge e nel più tradizionale heavy metal.
Molti di questi brani fanno parte di album che abbiamo avuto il piacere di recensire, quasi tutti accompagnati da valutazioni lusinghiere, segno di un roster dal livello medio molto elevato, benché composto per lo più da realtà dalla notorietà confinata all’underground.
Quasi superfluo segnalare uno o l’altro brano, si può solo aggiungere che per chi ama il death c’è da sbizzarrirsi, tra i Paganizer dell’onnipresente Rogga Johnasson, i Sepulchral Curse e gli storici Warlord UK, per i death/doomsters le icone Officium Triste e Mythological Cold Towers e i più recenti Chalice of Suffering e Illimitable Dolor, mentre per chi predilige sonorità più distorte e stonate ci sono gli Altar Of Betelgeuze, gli Algoma e i The Whorehouse Massacre e per i blacksters realtà stimolanti come i Norse, i Seedna ed i Somnium Nox, tutto questo senza voler fare alcun torto a chi non è stato citato.
Infine, questa compilation offre la possibilità anche ai più scettici di farsi un’idea di quale sia il livello raggiunto dalle band asiatiche, autrici spesso di opere di livello pari, se non superiori, a quelle dei corrispettivi europei od americani: cito tra queste i “vedic metallers” Rudra, i Grossty, i Dormant Infernoed i Darkrypt (da notare che la sezione asiatica è facilmente individuabile essendo stata racchiusa negli ultimi quindici brani).
Quindi, cliccando il link che troverete in calce all’articolo, avrete la ghiotta opportunità di fare un bel giro metallico del globo, gentilmente offerto da Kunal Choksi e dalla sua Transcending Obscurity.
Tracklist:
1. Officium Triste (Netherlands) – Your Heaven, My Underworld (Death/Doom Metal)
2. Mythological Cold Towers (Brazil) – Vetustus (Death/Doom Metal)
3. Paganizer (Sweden) – Adjacent to Purgatory (Old School Death Metal)
4. Ursinne (International) – Talons (Old School Death Metal)
5. Echelon (International) – Lex Talionis (Classic Death Metal)
6. Henry Kane (Sweden) – Skuld Och Begar (Death Metal/Crust)
7. Stench Price (International) – Living Fumes ft. Dan Lilker (Experimental Grindcore)
8. Sepulchral Curse (Finland) – Envisioned In Scars (Blackened Death Metal)
9. Fetid Zombie (US) – Devour the Virtuous (Old School Death Metal)
10. Infinitum Obscure (Mexico) – Towards the Eternal Dark (Dark Death Metal)
11. Altar of Betelgeuze (Finland) – Among the Ruins (Stoner Death Metal)
12. Illimitable Dolor (Australia) – Comet Dies or Shines (Atmospheric Doom/Death)
13. The Furor (Australia) – Cavalries of the Occult (Black/Death Metal)
14. Warlord UK (United Kingdom) – Maximum Carnage (Old School Death Metal)
15. Norse (Australia) – Drowned By Hope (Dissonant Black Metal)
16. Soothsayer (Ireland) – Of Locust and Moths (Atmospheric Doom/Sludge)
17. Swampcult (Netherlands) – Chapter I: The Village (Lovecraftian Black/Doom Metal)
18. Seedna (Sweden) – Wander (Atmospheric Black Metal)
19. The Slow Death (Australia) – Adrift (Atmospheric Doom Metal)
20. Arkheth (Australia) – Your Swamp My Wretched Queen (Experimental Black Metal)
21. Mindkult (US) – Howling Witch (Doom/Stoner Metal)
22. Warcrab (UK) – Destroyer of Worlds (Death Metal/Sludge)
23. Isgherurd Morth (International) – Lucir Stormalah (Avant-garde Black Metal)
24. Lurk (Finland) – Ostrakismos (Atmospheric Doom/Sludge Metal)
25. Come Back From The Dead (Spain) – Better Morbid Than Slaves (Old School Death Metal)
26. Somnium Nox (Australia) – Apocrypha (Atmospheric Black Metal)
27. MRTVI (UK) – This Shell Is A Mess (Experimental Black Metal)
28. Veilburner (US) – Necroquantum Plague Asylum (Experimental Black/Death Metal)
29. Jupiterian (Brazil) – Permanent Grey (Doom/Sludge Metal)
30. Exordium Mors (New Zealand) – As Vultures Descend (Black/Thrash Metal)
31. Embalmed (US) – Brutal Delivery of Vengeance (Brutal Death Metal)
32. Gloom (Spain) – Erik Zann (Blackened Brutal Death Metal)
33. Marasmus (US) – Conjuring Enormity (Death Metal)
34. Algoma (Canada) – Reclaimed By The Forest (Sludge/Doom Metal)
35. Cemetery Winds (Finland) – Realm of the Open Tombs (Blackened Death Metal)
36. Marginal (Belgium) – Sign of the Times (Crust/Grind)
37. Chalice of Suffering (US) – Who Will Cry (Death/Doom Metal)
38. Briargh (Spain) – Sword of Woe (Pagan Black Metal)
39. Ashen Horde (US) – Desecration of the Sanctuary (Progressive Black Metal)
40. The Whorehouse Massacre (Canada) – Intergalactic Hell (Atmospheric Sludge)
41. Rudra (Singapore) – Ancient Fourth (Vedic Metal)
42. Dusk (Pakistan) – For Majestic Nights (Death/Doom Metal)
43. Ilemauzar (Singapore) – The Dissolute Assumption (Black/Death Metal)
44. Severe Dementia (Bangladesh) – The Tormentor (Old School Death Metal)
45. Warhound (Bangladesh) – Flesh Decay (Old School Death Metal)
46. Assault (Singapore) – Ghettos (Death/Thrash Metal)
47. Gutslit (India) – Scaphism (Brutal Death/Grind)
48. Plague Throat (India) – Inherited Failure (Death Metal)
49. Darkrypt (India) – Dark Crypt (Dark Death Metal)
50. Against Evil (India) – Stand Up and Fight! (Heavy Metal)
51. Grossty (India) – Gounder Grind (Grindcore/Crust)
52. Dormant Inferno (India) – Embers of You (Death/Doom Metal)
53. Carnage Inc. (India) – Defiled (Thrash Metal)
54. Lucidreams (India) – Ballox (Heavy Metal)
55. Nightgrave (India) – Augment (Experimental Black Metal/Shoegaze)
Un altro delizioso e trascinante viaggio tra le note di un passato che continua imperterrito a vivere nelle note di gruppi come i The Press Gang.
Dieci anni all’insegna dell’hard & heavy ottantiano, un buon esempio di heavy metal che a braccetto con il punk rock attraversa decenni di musica dura con il suo affascinante concept fantascientifico in bella mostra.
I The Press Gang sono un gruppo canadese che quest’anno festeggia il decimo anno di attività con un nuovo album, Medusa 5, dalla bellissima copertina epico/fantascientifica in bella mostra e una valanga di note metal/rock al suo interno.
Nato appunto dieci anni fa, il gruppo di Calgary arriva così al suo quinto lavoro in studio di una discografia iniziata nel 2009 con il debutto omonimo e che lo scorso anno vedeva pubblicato l’ottimo Optimal Running Speed. Medusa 5 continua imperterrito la tradizione del quartetto di Calgary, così che quando partiranno le prime note di Dagger For The Eye verrete travolti da una tempesta di hard & heavy vintage, ottantiano nell’anima metallica ma seventies nello spirito punk rock che anima i brani all’interno del cd.
Palla lunga e pedalare, intendiamoci, ma i The Press Gang sono divertentissimi e pure con il loro nuovo album vi assaliranno con il loro irresistibile sound pregno di quei cliché che sono il pane ed il vino di ogni rocker, almeno quelli dalla quarantina in su.
Nei solchi di queste dieci tracce ogni passaggio lascia nei padiglioni auricolari echi motorheadiani, maideniani e poi d’ incanto, una ritmica ci trasporta nel bel mezzo della Londra punk del 1978, o nei primi vagiti del metal estremo targato Voivod.
In tutta questa alternanza tra generi e miti di noi ormai attempati metallari, le canzoni funzionano benissimo e Colin McCulloch e soci ci regalano un altro delizioso e trascinante viaggio, tra le note di un passato che continua imperterrito a vivere nelle note di gruppi come i The Press Gang.
TRACKLIST
1.Dagger For The Eye
2.Churning The Rust
3.Bumblebee
4.Rise
5.Blister & Boil
6.Bone & Gravel
7.Die Inquisitor Die
8.Brontosaurus
9.Kill The Bastards
10.Ship & Sail
LINE-UP
Colin McCulloch – Lead Vox, Rhythm Guitar
Chad Laing – Lead Guitar
Lindsay Arnold – Bass Guitar
Derek Lindzon – Drums
I Four Star Revival non si chiudono a riccio difendendo a spada tratta il metal old school, ma lo approcciano con un piglio moderno che, a conti fatti, dimostra come certe sonorità, se rinfrescate a dovere, possano ancora dire la loro.
Tornano con un nuovo ep di cinque brani i Four Star Revival, gruppo statunitense composto da vecchie volpi dell’hard rock ed heavy metal del nuovo continente.
Ed Girard (ex Common Social Phenomenon) al basso, Benny Bodine (ex Warminister) alla sei corde, il batterista Paul Strausburg ed il singer Jack Emrick, ex Live After Death e con un presente negli storici Armored Saint, formano questa sorta di super gruppo, che fece parlare di sé un paio di anni fa con il debutto sulla lunga distanza intitolato Knights of the Revival.
In attesa di un nuovo full length la band licenzia The Underdog ep che funge da parentesi tra il primo lavoro ed il prossimo.
Il sound del quartetto americano si compone di un’ottima amalgama di sonorità della tradizione metallica statunitense che vanno dall’hard rock all’heavy power, sorrette da potentissime bordate ritmiche, suoni chitarristici forgiati nell’U.S. metal ed una prestazione sontuosa del cantante, classico esempio della scuola d’ oltreoceano, dall’ugola maschia d’impostazione hard rock e molto interpretativa.
I Four Star Revival non si chiudono a riccio difendendo a spada tratta il metal old school, ma lo approcciano con un piglio moderno che, a conti fatti, dimostra come certe sonorità, se rinfrescate a dovere, possano ancora dire la loro. The Underdogspara subito due cannonate come la title track e Liar, heavy power song con groove a manetta e solos tonanti, mentre il vocalist dimostra subito che, dietro al microfono degli Armored Saint non ci si finisce per caso. Rumors Of War è un mid tempo leggermente più scontato , mentre con Broken si vola sulle ali di una semi ballad in crescendo e The Garden Of Good And Evil chiude alla grande questo ep con fuochi d’ artificio di scuola primi Savatage e i già citati Armored Saint.
Un ottimo mini che conferma la bontà del gruppo dell’Ohio e ci consegna un’altra band da seguire nel suo cammino metallico, sperando che i tempi di attesa per il prossimo album non siano troppo dilatati.
TRACKLIST
1.The Underdog
2.Liar
3.Rumors Of War
4.Broken
5.The Garden Of Good And Evil
LINE-UP
Jack Emrick – vocals
Benny Bodine – guitar
Ed Girard – bass
Paul Strausburg – drums
Un’altra band da annoverare tra le più brillanti scoperte dell’insaziabile WormHoleDeath, con un album da custodire gelosamente se siete amanti dell’heavy metal dai tratti progressivi e dark.
Che la Svizzera, oltre ad essere una terra incantevole, sia anche madre di molte importanti band del mondo metallico non è una novità.
Puntuali come i suoi famosi orologi, ogni anno spuntano nuove realtà che si affacciano sul mercato continuando la tradizione hard & heavy del paese del cioccolato, tra violenza estrema e melodie hard rock, continuando ad essere punto di riferimento degli amanti dei suoni metallici europei.
La WormHoleDeath, label che pesca talenti metallici come pesce azzurro sulle coste mediterranee, si aggiudica le prestazioni degli Invisible Mirror, band di heavy power melodic metal, all’esordio con questo bellissimo lavoro dal titolo On The Edge Of Tomorrow, prodotto niente meno che da Connie Andreska (ex Mystic Prophecy) e Dani Löble (Helloween), coppia d’assi del power metal europeo.
Ero curioso di ascoltare questo lavoro, non fosse altro per la scelta dell’etichetta italiana, al solito attenta a sonorità estreme, dal death al core, passando per il symphonic gothic metal, ma finora parca di proposte classiche e la mia curiosità è stata premiata.
La band, infatti, è protagonista di un heavy metal dalle melodie oscure, molto melodico, a tratti progressivo e di classe, non facendo mancare ritmiche riconducibili al power, ma elegante nel far confluire nel proprio sound elementi U.S. metal in un contesto che, comunque, rimane europeo.
E allora prendete il metal dalle tinte dark dei Metal Church e valorizzatelo con parti progressive alla Stygma IV o Evergrey, e power heavy metal di scuola Angel Dust, ed avrete un’idea di massima della musica prodotta dal quartetto: certo non manca qualche assolo e parti più classicamente indirizzate verso nomi altisonanti dell’heavy metal, ma l’eleganza artistica degli Invisible Mirror ne avvicina la musica a quei gruppi meno fruibili dalle masse, ma di livello altissimo in quanto a mera qualità musicale.
Menzione particolare per Chris Schwarz, un cantante dotato di qualità interpretative sopra la media , che funge da ciliegina sulla torta ad un gruppo tecnicamente buono, quanto basta per creare emozioni a profusione.
E di emozioni vive On The Edge Of Tomorrow, tragico, dark sontuosamente metallico e trascinato da un lotto di brani che trovano il loro punto più alto nelle notevoli Frozen River, nella monumentale title track e nella power progressiva The Loner.
Un’altra band da annoverare tra le più brillanti scoperte dell’insaziabile WormHoleDeath, con un album da custodire gelosamente se siete amanti dell’heavy metal dai tratti progressivi e dark.
TRACKLIST
1. Frozen River
2. Strike Back
3. Different Ways
4. Believe
5. Conspiracy of Minds
6. Life of a Stranger
7. Hungry for Love
8. On the Edge of Tomorrow
9. Beyond the Sky
10.The Loner
LINE-UP
Chris Schwarz – Lead Vocals
Ricky Bonazza – Bass, Vocal
Claude Magyar – Guitars
Seba Dixon – Drums
L’effetto di insieme è notevole e questo Awakens è un disco gigantesco, con pesanti giri di chitarra ed un’interpretazione canora affatto comune: la bestia avanza lentamente.
Ci sono luoghi dove certe cose vengono fatte meglio rispetto al resto del mondo, per esempio nel Maryland il doom classico lo fanno meglio, e il nuovo disco dei Mangog ne è la dimostrazione.
Questa nuova bestia che porta riff e cattiveria è formata da membri di altri notevoli gruppi del Maryland, come Beelzefuzz, Iron Man e Revelation. Tutti questi gruppi hanno in comune una visione classica del doom metal, fatta di grassi e lenti giri di chitarra, un basso ben piazzato e batteria piuttosto sabbathiana. L’effetto di insieme è notevole e questo Awakensè un disco gigantesco, con pesanti giri di chitarra ed un’interpretazione canora affatto comune: la bestia avanza lentamente.
Questo è un disco di doom underground al 100 % e ogni canzone scava a fondo, rompendo tutto ciò che incontra. Il suono della chitarra ha vari registri, e non ci sono solo giri lenti, ma anche canzoni più veloci, che testimoniano la versatilità del gruppo che rende di altro livello tutte le canzoni. In alcuni momenti ci sono anche offerte a dei di altri generi, tanto che la voce di Myke Wells sembra quasi heavy metal, e il gruppo offre sempre ottimi spunti.
Nell’insieme questa seconda prova dei Mangog, dopo l’ep del 2015 Daydreams Within Nightmares, è un disco meravigliosamente pesante, che farà la gioia di chi ama il doom classico, ma molti elementi musicali vanno ben oltre la classicità. I Mangog uniscono vari stili pera arrivare ad un risultato notevole, e Awakenssta riscuotendo già ottime accoglienze, sia per il peso dei nomi coinvolti sia per la sua qualità. Tutte le canzoni sono ottime, e la produzione minimale aggiunge ancora maggior peso al disco. Da Baltimora la musica del destino.
TRACKLIST
1. Time Is a Prison
2. Meld
3. Ab Intra
4. Of Your Deceit
5. Into Infamy
6. Modern Day Concubine
7. A Tongue Full of Lies
8. Daydreams Within Nightmares
9. Eyes Wide Shut
LINE-UP
Myke Wells – Vocals
Bert Hall, Jr. – Guitars, vocals, devices
Darby Cox – Basses
Mike Rix – Drums
Lo spirito della macchina infernale, costruita nei primi anni ottanta a colpi di Iron Maiden, Thin Lizzy e Tyger Of Pan Tang, si è impossessata di questi cinque musicisti svedesi
Se avete amato e continuate ad amare l’heavy metal classico, allora non potete fare a meno degli Screamer e del loro Hell Machine.
Lo spirito della macchina infernale, costruita nei primi anni ottanta a colpi di Iron Maiden, Thin Lizzy e Tyger Of Pan Tang, si è impossessata di questi cinque musicisti svedesi che già avevano stupito tutti con i primi due album, Adrenaline Distractions, uscito nel 2011, ed il precedente Phoenix, licenziato tre anni fa: ci consegna una band indemoniata, completamente succube del demone ottantiano, ma assolutamente in grado di rinverdire i fasti delle opere storiche dell’heavy metal con una serie di brani eccezionali.
Intanto la produzione, senza essere troppo patinata, è perfettamente allineata alle produzioni dell’epoca, le ritmiche si mantengono serrate, le chitarre si ricorrono sui manici come facevano Dennis Stratton e Dave Murray sull’esordio dei Maiden, la voce di Andreas Wikström è perfetta per il genere, mentre l’epicità aleggia tra una serie di brani talmente belli che commuovono.
Ne parliamo continuamente di attitudine old school: di questi tempi i suoni vintage sono cool, specialmente in un certo tipo di hard rock, e nell’heavy metal hanno regalato più delusioni che gioie, ma qui siamo nell’inferno metallico, che brucia sotto le fiammate delle varie tracce che si susseguono una più bella dell’altra, conquistandoci al primo ascolto.
Il songwriting è perfettamente classico, senza un refrain che non sia esaltante, senza un assolo che non ferisca, schiacciato dentro quello strumento di tortura che si chiama vergine di ferro e che ha reso Steve Harris e soci immortali.
Ma Hell Machine non è solo Iron Maiden; tra i solchi di Alive, della title track, di Lady Of The Night, di Denim And Leather (se non sapete dove avete già sentito questo titolo, smettetela subito di leggere) e della cavalcata The Punishment troverete dettagli, note, sfumature che vi porteranno alla mente le band descritte e molte altre, in un delirio metallico splendidamente classico.
Che album, che gruppo; grazie al Dio del metal ci siamo noi a parlarvene, serve altro ?
TRACKLIST
1.Alive
2.On My Way
3.Hell Machine
4.Lady of the Night
5.Warrior
6.Denim and Leather
7.Monte Carlo Nights
8.The Punishment
LINE-UP
Andreas Wikström – Vocals
Anton Fingal – Guitar
Dejan Rosić – Guitar
Fredrik Svensson – Bass
Henrik Petersson – Drums
Gli Ephedra vanno in profondità nello scrivere le loro canzoni e fanno provare all’ascoltatore un’esperienza nuova, ampliando le possibilità della musica strumentale, con la loro miscela di stoner doom ed heavy metal.
Le miscele se equilibrate e fatte bene sono irresistibili.
E’ questo il caso degli Ephedra, da Zofingen nel cantone Argovia, quartetto svizzero che propone un suono davvero particolare, a cavallo di molti generi, tra i quali lo stoner, il doom, ma con un fortissimo substrato di heavy metal, più che altro un sentire. In questo disco d’esordio gli Ephedra fanno sfoggio di un suono che non è facile da sentire, possiamo prendere come punto di partenza la musica pesante strumentale dei Karma To Burn. ad esempio, anche se qui la filigrana è più sottile, ma giusto per far capire all’ascoltatore cosa lo aspetta. Partendo da queste coordinate gli Ephedra viaggiano fra i generi, e nella stessa canzone possiamo ascoltare post rock, post metal ed altro. Ancora più in profondità la struttura della maggior parte delle canzoni è composta da un’epicità e classicità metal davvero peculiare. Gli Ephedra vanno in profondità nello scrivere le loro canzoni e fanno provare all’ascoltatore un’esperienza nuova, ampliando le possibilità della musica strumentale, rendendo Can’- Ka No Rey un disco molto particolare. Il titolo del disco deriva dal nome di un luogo nella saga della Torre Nera di Stephen King, e questo già rende bene l’idea dell’epicità fantasy insita in questo disco, che è davvero piacevole alle orecchie di chi lo sente, perché è strutturato davvero bene. Gli svizzeri fanno venire voglia di sentirli molte volte, e sarà interessante testarli dal vivo, anche perché il loro suono è stato costruito sui palchi delle loro numerose esibizioni di fronte al pubblico. Un album di esordio molto positivo, ma che soprattutto si distacca dalla media dei lavori di altre band a loro affini.
TRACKLIST
1.Vicious Circle
2.Bad Hair Day
3.Mother Stone
4.Cornfield Disaster
5.Monday Morning
6.Metamorphosis Calypso
7.Coco Mango Soup
8.Happy Threesome
9.Road Trip
10.Barstool Philosophy
11.Moonshiner
12.Southern Love
LINE-UP
Roman Hüsler -Guitar
Andy Brunner – Guitar
Kilian Tellenbach – Bass
Tomi Roth – Drums
Northern Lights è un ritorno all’hard rock classico, magari vintage, per qualcuno addirittura obsoleto, ma assolutamente irresistibile.
Non so quanti di voi, a meno che non siate ormai sulla via del mezzo secolo di vita, oppure cultori dell’ hard & heavy classico conosceranno Eddy Malm, un passato nei cult metallers svedesi Heavy Load e negli Highbrow, prima di sparire nell’oblio metallico.
L’incontro sul finire del secolo con Per Hesselrud gettò le basi per questo album, uscito come Eddy Malm Band ma, in tutto e per tutto figlio del sound dello storico gruppo svedese.
E l’anima degli Heavy Load rinasce in questa raccolta di brani tra inediti e tracce riarrangiate per l’occasione, battezzato Northern Lights.
Hard & heavy old school e non poteva essere altrimenti con un Malm in piena forma, una produzione vintage che però questa volta risulta perfetta per valorizzare canzoni che spaziano tra roboante rock da classifica (dell’epoca, ovviamente), fughe metalliche su sei corde che tanto hanno insegnato a Malmsteen (tanto per citare il più famoso tra gli eredi) e bruciante rock che, con lo sguardo alla Gran Bretagna, si divide tra sfumature epiche e forti richiami ai Thin Lizzy.
Una quarantina di minuti nella storia del genere, con Hesselrud che fa il fenomeno con la sei corde senza perdere una goccia di feeling ed una sezione ritmica rocciosa, composta da Tomas Malmfors al basso e Micke Kerslow alle pelli.
Licenziato dalla No Remorse, Northern Lights è un ritorno all’hard rock classico, magari vintage, per qualcuno addirittura obsoleto, ma assolutamente irresistibile.
TRACKLIST
1. Saturday Night
2. Heart Of A Warrior
3. I Had Enough
4. Turn It Down
5. Nasty Women
6. Dark Nights
7. Get Out Of Here
8. Danger
9. A Loser
10. Northern Lights
LINE-UP
Eddy Malm – Lead vocals
Per Hesselrud – Lead and rythm guitars, EBow, background vocals
Tomas Malmfors – Bass, background vocals
Micke Kerslow – Drums, percussion, background vocals
Ogni traccia fa storia a sé nell’economia di Smoke Iron Plunder, ed è facile perdere la bussola in una scaletta così terogenea stilisticamente.
Gli Hazzard’s Cure sono un quartetto proveniente da San Francisco, il cui sound pesca più o meno da tutti i generi che formano il mondo del metal classico.
Smoke Iron Plunderè il nuovo parto, uscito per Lummox Records, un variopinto e violento quadro di heavy metal old school in cui la varietà di generi non viene supportata da una produzione di adeguato livello, pecca che inficia non poco la riuscita dell’album.
Il quartetto californiano passa con disinvoltura dall’heavy metal al doom, passando per violente ripartenze speed, sfuriate dai rimandi black e lenti passaggi al limite dello sludge.
Ogni traccia fa storia a sé nell’economia di Smoke Iron Plunder, e per molti può rivelarsi un difetto visto che è facile perdere la bussola tra le varie Master of Heathens, No Hope e via discorrendo.
L’ inizio dell’album è tutto incentrato su brani ispirati agli anni ottanta, poi, col passare dei minuti, la band vira verso un heavy metal stoner dai molti passaggi sludge (Siren’s Wail) confondendo non poco le idee all’ascoltatore di turno.
Si fanno apprezzare le tracce orientate sulle sonorità classiche (An Offering), mentre gli Hazzard’s Cure pagano dazio quando la loro musica prende strade stonate e desertiche, che poco hanno a che vedere con il mood di gran parte dei brani presenti.
Un album tra molti bassi e pochi alti, insufficienti ad elevarlo oltre la mediocrità.
TRACKLIST
1. Master of Heathens
2. An Offering
3. Hewn In Sunder
4. No Hope
5. Sirens’ Wail
6. War Pipe
7. Gracious Host
8. This Is Hell
LINE-UP
Chris Corona – Guitar, Vocals
Leo Buckley – Guitar Vocals
Shane Bergman – Bass, Vocals
Clint Baechle – Drums
Nero Inferno Italiano è un disco composto e suonato benissimo, pieno di novità e di carattere, originale dall’inizio alla fine, e diverte moltissimo, se solo ci fosse qualcosa da ridere.
Vizio, perdizione ed inutili giustificazioni, insomma la vita nel bel paese, o è solo il nero inferno italiano ?
Tornano i romani Chronic Hangover, con il loro ottimo stoner doom metal, con molto groove e canzoni composte molto bene. I ragazzi hanno ascoltato ed assorbito molte cose per poter fare un disco così, completato poi da ottimi testi in inglese. Questo è il loro debutto su lunga distanza, dopo l’ottimo ep del 2014 “Logicamente il Signore ci punirà per questo”, e a quanto pare non li ha puniti, o almeno non nel modo canonico. Il suono dei Chronic Hangover è un misto di elementi classici del metal, ma la loro rielaborazione è talmente buona che ne esce un qualcosa di davvero originale. La voce di Jacopo è il noi narrante del disastro dell’italica vita, e ci accompagna per mano in una galleria di quadri che descrivono la nostra vita, si è proprio la nostra vita, senza senso e deprimente. Ma non piangiamoci addosso, facciamo schifo perché lo vogliamo fare e questo splendido disco è qui per ricordarcelo. Ci sono tante cose qui dentro, dallo stoner al doom, dal groove metal all’heavy, ma è tutto Chronic Hangover, qualcosa di completamente nuovo. Nero Inferno Italiano è un disco composto e suonato benissimo, pieno di novità e di carattere, originale dall’inizio alla fine, e diverte moltissimo, se solo ci fosse qualcosa da ridere. La soluzione è quella della copertina, in più però al bar fate mettere questo gran disco.
TRACKLIST
1. Vituperio
2. Homunculus
3. Sociopatia
4. Regretudo
5. Tossine
6. Villa Triste
7. Alamut 2112
8. Nero Inferno Italiano
9. Lucifer In The Sky With Diamonds