Lucifera – La Caceria De Brujas

I Lucifera non tradiscono chi aveva apprezzato i precedenti lavori, ed anche quest’ultimo album risulta impedibile per gli amanti della vecchia scuola estrema.

Tornano con un nuovo album i Lucifera, duo colombiano composto da David HellRazor e la strega Alejandra Blasfemia.

Archiviato il precedente e bellissimo Preludio Del Mal, uscito due anni fa, la band con La Caceria De Brujas conferma in toto le ottime impressioni suscitate in passato ripresentandosi sul mercato con un altro ottimo esempio di black/thrash old school.
La formula è la stessa dei gruppi dediti al genere, ma con un marcato talento per le cavalcate heavy/thrash che, unite ad un’attitudine blasfema e fortemente black, non lascia prigionieri sul campo, infestato dai corvi che banchettano in un clima infernale.
La cantante, come sul disco precedente, è una delle armi in più del duo sudamericano, una maligna signora della morte dalla voce che entra come un coltello nel burro nell’anima dell’ascoltatore.
La Caceria De Brujas viene licenziato dalla label tedesca Dunkelheit Produktionen ed è composto da otto inni alla distruzione totale, una colonna sonora putrida e maligna che esprime tutta la sua morbosa bellezza nel suo intero svolgimento, ma che ha nell’opener Arde En Llamas e in Sortilegio e Brujeria tre motivi più che validi per non perdere questo inno al male di matrice black/thrash.
I Lucifera non tradiscono chi aveva apprezzato i precedenti lavori, ed anche quest’ultimo album risulta impedibile per gli amanti della vecchia scuola estrema.

Tracklist
1.Arde en llamas
2.Sigillum Diaboli
3.Sortilegio
4.Ceremonia secular
5.Pacto pagano
6.Conjuro
7.Brujeria
8.Evocación del caos

Line-up
A. Blasfemia – Vocals, Arrangements
D. HellRazor – All instruments, Songwriting

LUCIFERA – Facebook

Kings Destroy – Fantasma Nera

La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima.

Dal 2010 i Kings Destroy fanno musica pesante di gran classe, coniugando sonorità vicino allo stoner, all’hard rock e al noise con melodia e grande tecnica.

Fantasma Nera è un disco pieno di canzoni entusiasmanti, che cominciano con un motivo per poi andare davvero lontano, portando l’ascoltatore a spasso per mondi fatti di melodia e grazia musicale. Questi nativi di Brooklyn sono andati a Toronto per collaborare con David Bottrill, già al lavoro con Tool, King Crimson, Stone Sour, ed infatti qui troviamo molto del suono progressivo delle prime due band di cui sopra. Rispetto a Maynard e soci e alla creatura di Fripp, i Kings Destroy hanno una grande facilità nel rendere maggiormente immediata la loro musica, con passaggi molto melodici e fantastici ritornelli. Questo loro quarto album differisce dagli altri, come ogni altro album che hanno fatto gli americani, sempre differente da quello precedente, in una continua ricerca sonora. La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima. Dentro alle loro canzoni c’è qualcosa che riesce a dare una notevole pace, come se ci si ricongiungesse con un’altra parte di noi stessi che avevamo perduto. Ogni canzone è una nuova scoperta, si viene avvolti da una grande quantità di luce, anche se la tenebra non è sconosciuta. Nella bella ed esoterica copertina c’è quello che potrebbe sembrare un lago od un mare, comunque tanta acqua, e proprio la sensazione di stare nell’elemento acqueo è una della grandi emozioni che ci regala questo gruppo. Possiamo anche trovare un po’ di grunge in chiave hard rock, ma i Kings Destroy non appartengono ad un genere ben preciso. Ci sono moltissime cose qui dentro e sono tutte da scoprire in un lavoro che è molto superiore e non lo nasconde.

Tracklist
1.The Nightbird
2.Fantasma Nera
3.Barbarossa
4.Unmake It
5.Dead Before
6.Yonkers Ceiling Collapse
7.Seven Billion Drones
8.You’re The Puppet
9.Bleed Down The Sun
10.Stormy Times

KINGS DESTROY – Facebook

Lividity – Perverseverance

Perverserance è caratterizzato da una raccolta di bombe sonore che non deluderanno affatto gli amanti del brutal death.

Per i fans del brutal death metal, fine anno in compagnia degli storici Lividity, gruppo dell’Illinois attivo dal lontano 1993 e con una discografia che oltre ad una marea di ep, split, live e compilation si avvale di cinque full length.

Un appuntamento da non perdere questo con la band statunitense, una vera macchina da guerra brutale e devastante che non perde colpi, almeno all’ascolto del nuovo lavoro intitolato Perverseverance.
Il quartetto di perversi serial killer provenienti da Decatur rilasciano tramite la Metal Age Productions questa tellurica raccolta di brani brutal/grind, una tempesta di blast beat, growl disumani e riff potentissimi, il tutto condito da un’insana voglia di sangue, torture e smembramenti dal depravato istinto sessuale.
Questo è il brutal death, prendere o lasciare, senza compromessi, più difficile da suonare di quanto si creda e perfettamente in grado di dire ancora la sua nel mondo del metal estremo, specialmente se a suonarlo è gentaglia come i Lividity.
Perverseverance è caratterizzato da una raccolta di bombe sonore che non deluderanno affatto gli amanti del genere.

Tracklist
1. Kill Then Fuck
2. The Pussy Horde
3. Meat for the Beast
4. Cumming With Labial Pulp
5. Whore Destroyer
6. Bitch Cunt Fuck
7. Violated in the Vatican
8. Parasitic Infestation
9. Something´s Dead
10. Tampered Flesh
11. Pussy Lover-Salvation
12. Perverseverance

Line-up
Von Young – Vocals, guitars
Dave Kibler – Guitars, vocals
Jake Lahniers – Bass, vocals
Garrett Scanlan – Drums

LIVIDITY – Facebook

Sanguinary Trance – Wine, Song and Sacrifice

Wine, Song and Sacrifice è un primo passo senz’altro utile a far sì che il nome dei Sanguinary Trance venga annotato tra quelli da tenere sotto la lente d’ingrandimento nel prossimo futuro.

I Sanguinary Trance sono una nuova realtà black metal proveniente dalla vicina Austria.

L’esordio di quello che è il progetto solista di un musicista dall’identità ignota consiste in un ep di tre tracce dal minutaggio comunque consistente, con il genere che viene interpretato nelle sue vesti più tradizionali e con buona convinzione e intensità.
L’iniziale title track, che supera i tredici minuti di durata, è sufficientemente esaustiva riguardo al modus operandi dei Sanguinary Trance i quali si muovono lungo il solco tracciato in Norvegia nei primi anni novanta, facendone proprio specialmente il versante più ruvido e al contempo epico di un black che vede quali punti di riferimento Burzum et similia.
La produzione, tutt’altro che limpida, favorisce anch’essa un ideale collocazione temporale in quell’epoca, ma ciò non deve comunque sminuire il buon valore di questo ep che si rivela interessante e coinvolgente in più frangenti, anche nelle due tracce più brevi, Carvings e The Dionysos Whip, in cui emergono spunti dissonanti che offrono una certa discontinuità rispetto agli iniziali modelli di riferimento.
Wine, Song and Sacrifice è un primo passo senz’altro utile a far sì che il nome dei Sanguinary Trance venga annotato tra quelli da tenere sotto la lente d’ingrandimento nel prossimo futuro.

Tracklist:
1. Wine, Song and Sacrifice
2. Carvings
3. The Dionysos Whip

SANGUINARY TRANCE – Facebook

Vanik – II Dark Season

Un altro massacro vecchia scuola: questo ci propongono i Vanik, mezzora di scariche adrenaliniche, di metallo veloce e diretto, accompagnato da testi di ispirazione horror.

Continua il massacro perpetrato dalla mostruosa creature chiamata Vanik, metà demone, metà vampiro che a colpi di heavy/speed metal old school compie sanguinolente atrocità in giro per le notti statunitensi.

Torna dopo il precedente omonimo full length la band americana, composta da vecchie volpi dell’underground metal classico a stelle e strisce come il leader chitarrista e cantante Shaun Vanek (in arte Vanik), ed i suoi compari Ed Stephan al basso, Al Biddle alla batteria e Vic Storm alla chitarra.
II Dark Season riprende da dove Vanik si era fermato, una scarica di adrenalina heavy/speed metal che non ne vuol sapere di lasciare attitudine ed impatto anni ottanta, seguendo la strada intrapresa dal primo lavoro.
Un altro massacro vecchia scuola, dunque: questo ci propongono i Vanik, mezzora di scariche adrenaliniche, di metallo veloce e diretto, accompagnato da testi di ispirazione horror.
Ed il demone senza freni colleziona vittime, scagliandosi su di loro nella notte, rapido e micidiale, mentre la band sforna una serie di brani veloci e potenti, che non superano il 1989 per attitudine vecchia scuola ma che si fanno apprezzare per le ritmiche forsennate ed una produzione che valorizza il bagaglio tecnico dei Vanik, i quali non saranno dei virtuosi dello strumento ma il loro mestiere lo sanno fare eccome.
Dark Season è l’intro che ci dà il benvenuto nel secondo capitolo della saga Vanik, il tempo per entrare nell’atmosfera del disco e Jack’s Lantern mette la quarta e parte a razzo, seguita da Thorazine per un inizio scoppiettante.
Speed’n’roll è quelleo che fuoriesce da We like To Be Frightened, mentre Werewolf risulta un devastante brano speed/thrash: questa altalena tra l’approccio più estremo e l’altro di matrice hard rock ci accompagna fino alla conclusiva outro, End Of Season.
In conclusione, II Dark Season è sicuramente un buon ritorno per la band statunitense, ormai punto fermo del genere nell’underground metallico del nuovo continente.

Tracklist
1.Dark Season
2.Jack’s Lantern
3.Thorazine
4.We Like To Be Frightened
5.Beyond The Closet Door
6.Werewolf
7.One Of Us
8.Heresy Undertow
9.Tear You To Pieces
10.Witch Rites
11.End Of Season

Line-up
Vanik – Guitars, Vocals
Ed Stephans – Bass
al Biddle – Drums
Vic Storm – Guitars

VANIK – Facebook

In-Sight – Enlightened By Shadows

Questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera.

Gli In-Sight si possono sicuramente considerare dei veterani della scena melodic death tricolore.

Il loro monicker, infatti, circola nell’underground dal 1996, anche se in continua evoluzione per quanto riguarda la line up, con un ep e tre full length all’attivo di cui l’ultimo (From The Depths) targato 2012.
Sette anni con nuovi cambi di formazione sono trascorsi prima di ritornare sulla scena con questo nuovo lavoro che vede il gruppo alle prese con un buon esempio di death metal melodico, radicato nella scena scandinava degli anni novanta, oscuro e pesante, potente e melodico, pervaso da un’aura profonda ed estrema che lo tiene legato al più cattivo death metal classico.
Enlightened by Shadows è stato registrato e mixato da Aron Corti e Mauro “Drago” Bertagna presso gli StreetRecStudio, mentre il mastering è stato affidato nientemeno che a Øystein G. Brun (Borknagar) presso i Crosound Studio.
Le premesse vengono mantenute e questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera, anche quando le chitarre placano la loro furia per creare un’atmosfera da semiballad in un crescendo di forti emozioni estreme nella bellissima Blank Horizons.
L’album, come scritto in precedenza, ricorda le produzioni di metà anni novanta, quando ancora il death metal di cui la scena svedese era maestra veniva manipolato con sonorità heavy senza perdere la propria forza espressiva: qui il genere torna a fare la voce grossa grazie agli In-Sight e a brani ispiratissimi come Confined, Dawn Of Redemption e Inner Voice.
Enlightened By Shadows testimonia di una personalità da band navigata, confermata dai molti anni passati sulla scena estrema: siamo al cospetto dunque di un album che non ha nulla da invidiare alle opere che arrivano da oltre confine e che, con i nuovi lavori di Black Therapy e Carved, rappresenta un inizio sfolgorante per quanto riguarda il death metal melodico made in Italy.

Tracklist
1.Echoes
2.Confined
3.Pit of snakes
4.Dawn of redemption
5.My own path
6.Woods of misery
7.Blank horizons
8.Inner sight (instrumental)
9.Inner voice
10.No end

Line-up
Gianluca “Mek” Melchiori – Drums
Paolo Rizzi – Guitars
Aron Corti – Guitars
Roberto “Berna” Bernasconi – Bass
Maurizio Caverzan – Vocals

IN-SIGHT – Facebook

Lysithea – Star-Crossed

Star-Crossed è un lavoro maturo e impeccabile sotto tutti i punti di vista, e potrebbe essere l’opera ideale per portare definitivamente il nome dei Lysithea all’attenzione anche degli appassionati europei.

Nati come progetto solista di natura esclusivamente strumentale del neozelandese Mike Lamb, dal 2014 i Lysithea sono diventati un duo con l’approdo anche alla voce di Mike Wilson, compagno di Lamb negli ottimi Sojourner.

Negli ultimi tre full length, quindi, il death doom melodico della band di Dunedin ha assunto una fisionomia meglio definita ed anche più appetibile per un mercato comunque ristretto come quello riguardante tali sonorità.
Star-Crossed mette in mostra una notevole maestria nel maneggiare la materia in virtù di una serie di brani in cui confluiscono gli insegnamenti delle migliori band di settore, anche se come spesso accade chi proviene dall’Oceania tende a guardare maggiormente alla scuola statunitense piuttosto che a quella europea, ed ecco quindi che sono soprattutto i Daylight Dies a fungere quale ideale punto di riferimento.
È anche vero però che il sound dei Lysithea, in tale commistione, si nutre sovente più del melodic death che non del gothic doom e questo conferisce al tutto una buona fruibilità che non va comunque a discapito di un malinconico incedere, che si accentua a partire dallo strumentale Celeste e che si fortifica con le sue ultime tracce Unearthly Burial
e Fever Dream che vedono un incremento della drammaticità del sound.
Star-Crossed è un lavoro maturo e impeccabile sotto tutti i punti di vista, e potrebbe essere l’opera ideale per portare definitivamente il nome dei Lysithea all’attenzione anche degli appassionati europei.

Tracklist:
1. An Empty Throne
2. Away
3. The Longing
4. Celeste
5. Unearthly Burial
6. Fever Dream

Line-up:
Mike Lamb – All instruments
Mike Wilson – Vocals, All instruments

LYSITHEA – Facebook

Crystal Lake – Helix

In questo disco ci sono in dosi fortissime, potenza, melodia, qualche stiloso accenno di rap e tanto metal moderno.

Definire metalcore i giapponesi Crystal Lake è alquanto riduttivo, anche se il genere di partenza è quello, però la potenza che sprigionano questi giapponesi è assai notevole.

Nati nell’ormai lontano 2002, provenienti dalla fertile scena punk hardcore di Tokyo, i Crystal Lake non hanno nemmeno quasi il tempo di rilasciare il loro demo Freewill che vengono subito contattati per un concerto in Corea Del Sud, paese che condivide con il Giappone un’immensa passione per i fumetti e il metalcore. Nel 2006 esce il loro primo disco su lunga distanza Dimension, e continuano a suonare molto in giro per l’estremo Oriente. Dopo altri dischi, cambi di formazione e moltissimi concerti pubblicano questo Helix che è il punto più alto della loro carriera. In questo disco ci sono in dosi fortissime, potenza, melodia, qualche stiloso accenno di rap e tanto metal moderno. Ascoltando i Crystal Lake si recupera molto fiducia nel metal dei giorni nostri, cosa che con tanti altri gruppi non è proprio possibile. Il loro suono è una mazzata con spiragli melodici, e quando riescono ad amalgamare i due aspetti si raggiunge un risultato molto vicino all’ottimo. La centralità è riservata alla potenza e alla nitidezza del suono come quello della parola, dato che si distingue ogni nota e ogni verso scritto, e arriva tutto all’ascoltatore. Inoltre Helix è un disco che può essere ascoltato ed apprezzato anche da chi non è più giovane e quindi un ascoltatore medio di metalcore, perché contiene molti elementi che piaceranno a chi ha un po’ di mentalità aperta e amore per il metal moderno. Una delle cose migliori dei Crystal Lake è che da buoni giapponesi creano un suono pieno che funziona anche scenicamente, e infatti dal vivo sono molto apprezzati, sia in patria che all’estero. Come detto prima ci sono anche elementi di hip hop che spuntano qui e là, non dimentichiamoci che il Giappone è un paese dove il nu metal è ancora ben vivo, come nella traccia Outgrow che dimostra che questo gruppo può fare molte cose diverse, e tutte bene. Un notevole disco di metal moderno, da parte di un gruppo assolutamente peculiare.

Tracklist
1. Helix
2. Aeon
3. Agony
4. +81
5. Lost In Forever
6. Outgrow
7. Ritual
8. Hail To The Fire
9. Devilcry
10. Just Confusing
11. Apollo
12. Sanctuary

Line-up
Ryo – Vocals
YD – Guitar
Shinya – Guitar
Bitoku – Bass / Support
Gaku – Drums / Support

CRYSTAL LAKE – Facebook

New Disorder – Mind Pollution

Potente e melodico, questa è la caratteristica principale del nuovo lavoro, che conferma dunque la buona qualità della proposta di un gruppo dalle molte anime unite in un sound moderno e vincente, grazie ad un talento melodico che emerge tra aggressività metal, graffiante alternative rock e pulsioni elettro/industriali, presenti ma mai invadenti.

L’inizio di ogni anno porta sempre molte novità in campo musicale con i nuovi lavori di band storiche e le nuove leve delle quali fanno sicuramente parte i romani New Disorder.

All’indomani dell’uscita del riuscito secondo lavoro che vedeva la band riprendere in mano brani del disco precedente (Straight To Pain, ormai introvabile) con l’aggiunta di due tracce inedite, i New Disorder hanno firmato per la label spagnola Art Gates Records e licenziano Mind Pollution, nuovo album composto da dieci tracce di potente e melodico modern metal.
E’ appunto questa la caratteristica principale del nuovo lavoro, che conferma dunque la buona qualità della proposta di un gruppo dalle molte anime unite in un sound moderno e vincente, grazie ad un talento melodico che emerge tra aggressività metal, graffiante alternative rock e pulsioni elettro/industriali, presenti ma mai invadenti.
Aiutati non poco dal notevole talento del cantante Francesco Lattes, i brani di Mind Pollution alternano quindi un approccio melodico ancora più convincente ad un impatto metallico moderno ed alternative.
Funziona questo lavoro, sorretto da una tecnica che permette ai New Disorder di creare un qualcosa che va al di là di un semplice muro sonoro, sfoggiando raffinate sfumature heavy ricamate in una una serie di brani che trovano nell’opener Riot, nella title track, nel groove di Going Down e nelle melodie di Get Out gli episodi migliori.
Ottimo lavoro e band da seguire con attenzione se si è amanti dell’alternative e del modern metal di un certo spessore.

Tracklist
1.Riot
2.News From Hell
3.Mind Pollution
4.W.T.F.(Spreading Hate)
5.Going Down
6.Room With A View
7.Scars
8.Get out
9.The Beast
10.No Place For Me

Line-up
Francesco Lattes – Vocals
Ivano Adamo – Bass
Lorenzo Farotti – Guitar
Giovanni Graziano – Guitar
Luca Mancini – Drums

NEW DISORDER – Facebook

Hænesy / Moondweller – Earth and Space

Trattandosi dell’operato di due realtà ancora sconosciute ai più, Earth and Space si rivela sicuramente una graditissima sorpresa per chi non disdegna il black metal nella sua veste più sognante ed atmosferica.

Earth and Space è ancora un altro notevole split album questa volta ad opera della label Black Mourning Productions che riunisce due realtà di genesi recente come gli ungheresi Hænesy ed i russi Moondweller .

Due brani a testa per un totale di quasi mezzora di bellissimo black metal atmosferico è quanto bisogna attendersi da questo lavoro, che ha il solo difetto nel suo formato ridotto, vista il potenziale evocativo esibito da entrambi i gruppi coinvolti.
Gli Hænesy offrono un post black quanto mai arioso e melodico e vanno a puntellare le buone impressioni destate con il full length Katruzsa del 2018; il sound fluisce coinvolgente e convincente, sia in Eternal Rest sia An Onthology of Void, in un ambito in cui il solo gracchiante screaming riconduce il tutto ad una matrice estrema, a fronte di spunti melodici di prim’ordine che rendono questo gruppo magiaro una magnifica realtà .
Sono senz’altro maggiori gli aspetti più tradizionalmente black nel sound dei Moondweller, anche se l’elemento atmosferico recita una parte importante anche in Worlds Entwined e Unknown Signals: qui però il tutto viene spinto su un versante più cosmico in particolare nell’incalzante e splendido finale del secondo dei due brani.
Trattandosi dell’operato di due realtà ancora sconosciute ai più, Earth and Space si rivela sicuramente una graditissima sorpresa per chi non disdegna il black metal nella sua veste più sognante ed atmosferica.

Tracklist:
1. Hænesy – Eternal Rest
2. Hænesy – An Onthology of Void
3. Moondweller – Worlds Entwined
4. Moondweller – Unknown Signals

HAENESY – Facebook

MOONDWELLER – Facebook

Childrain – The Silver Ghost

Il gruppo è in definitiva molto interessante e ha ancora ampi margini di miglioramento: questo quarto disco potrebbe essere quello che li impone all’attenzione mondiale, anche se l’attenzione del pubblico dura poco e bisogna agire in fretta.

Portando avanti la fertile tradizione basca, i Childrain sono un gruppo di metal potente e moderno, guidato dai due fratelli Ini e Iker.

Nato nel 2008 a Gasteiz, fin dagli inizi questo gruppo ha saputo coniugare potenza e melodia, usando i canoni del metal moderno, portando una propria sceneggiatura originale. Fra le loro peculiarità c’è quella di riuscire a fare ritornelli che sono degli autentici inni da concerto. I riff di chitarra hanno assorbito molto da molti generi differenti come il metalcore, il groove metal e anche cose più southern, non sbilanciandosi mai, ricercando sempre una sintesi originale. I Childrain sono un gruppo da ascrivere a quella corrente di giovani metallari che partendo dal passato prossimo riescono a portare il suono pesante in uno dei futuri possibili. Tutto ciò grazie ad una struttura sonora ben composta che porta l’ascoltatore a provare diverse emozioni. I Childrain hanno ben presente dove vogliono andare e tutto rientra in un disegno ben preciso. The Silver Ghost è il loro quarto album, il primo con dichiarate aspirazioni internazionali, e ascoltandolo si comprende subito il grande potenziale di questo gruppo basco e la sua capacità di inserirsi nell’agone mondiale. Infatti nel mese di aprile faranno delle date a supporto dei Six Feet Under in Europa, come riconoscimento del loro lavoro e come trampolino per nuove avventure. Il disco è piacevole e ben bilanciato e mostra uno degli sviluppi possibili del metal moderno, incentrato sulla potenza e su richiami al passato. Il gruppo è in definitiva molto interessante e ha ancora ampi margini di miglioramento: questo quarto disco potrebbe essere quello che li impone all’attenzione mondiale, anche se l’attenzione del pubblico dura poco e bisogna agire in fretta.

Tracklist
1. Wake The Ghost
2. Saviors of the Earth
3. The Valley of Hope
4. Saturnia
5. The Silver Walker
6. Interstellar
7. Eon
8. Ten Thousand Moons
9. Omega

CHILDRAIN – Facebook

Onydia – Reflections

Reflections offre fughe strumentali, atmosfere eleganti, una forma canzone ben presente ed in generale una forte personalità, pur rimanendo all’interno del progressive metal tradizionale.

Il metallo progressivo ha avuto in questi ultimi anni non pochi scossoni portati da gruppi che lo hanno elaborato e fuso con musica sempre più estrema, sia a livello tecnico che compositivo, molte volte riuscendo a sorprendere, altre perdendo non poco a livello emozionale per mettere in evidenza qualità tecniche elevatissime ma fini a se stesse, se non supportate dalla forma canzone e da un buon talento per le melodie.

Queste ultime caratteristiche le troviamo in Reflections, album di debutto degli Onydia, band proveniente dalla capitale formata dalla cantante Eleonora Buono, dal chitarrista Daniele Amador e dal batterista Luca Zamberti.
Attenzione, però, perché il trio romano di tecnica ne ha da vendere supportando il songwriting con passaggi strumentali che richiamano i maestri Dream Theater, con la voce della singer a donare raffinata eleganza a otto tracce tra metal, progressive e sfumature melodiche straordinarie.
E’ un album imperdibile e un’autentica sorpresa questo Reflections, registrato, mixato e masterizzato ai Kick Recording Studio da Marco Mastrobuono e licenziato dalla sempre ottima Revalve Records, label che si muove con molta professionalità nell’underground rock/metal tricolore, non sbagliando un colpo.
Reflections fin dall’opener The Unknown offre fughe strumentali, atmosfere eleganti, una forma canzone ben presente ed in generale una forte personalità, pur rimanendo all’interno del progressive metal tradizionale, passando per la spettacolare Breath, la raffinata My Paradise e le conclusive A New Safe Path e Dyaphany; un debutto ottimo per gli amanti del metallo progressivo grazie ad una band da tenere d’occhio in un genere in cui probabilmente si è detto tutto e la differenza la fa il talento.

Tracklist
1.The Unknown
2. Breath
3. Silence
4. The Memory of My Time
5. My Paradise
6. The Colour of Nothingness
7. A New Safe Path
8. Dyaphany

Line-up
Luca Zamberti- Drums
Daniele Amador – Guitar
Eleonora Buono – Vocals

ONYDIA – Facebook

Eresia – Airesis

Il ritorno, graditissimo ed a lungo atteso, di una band realmente storica del death made in Italy.

In greco Airesis significa scelta.

In età moderna, coloro che compivano scelte altre rispetto ai canoni socio-culturali (e soprattutto teologici) dominanti, erano giudicati – e, spessissimo, condannati – in quanto eretici. Ecco quindi spiegato il nome di questa band ed il titolo del loro fantastico disco, che esce per la sempre attentissima Andromeda Relix, di Gianni Della Cioppa. Il trio italiano si costituì, nel lontano 1995, come Suicide, sotto le insegne di un punk duro e radicale. Quando poi mutarono il loro nome in Eresia, passarono ad un death metal totalmente privo di compromessi, implacabile e feroce, comunque non scevro delle istanze crust dei primi giorni. Un’attitudine che, complice anche il cantato in lingua madre (lungo l’intera carriera), avvicina i tre agli altrettanto storici Distruzione, a fianco dei quali gli Eresia hanno suonato dal vivo. Altri concerti li hanno visti condividere il palco con mostri sacri quali Tankard, Marduk e Dew-Scented. Gli Eresia, dopo la prima demo tape (del 1998) hanno inciso l’album (rimasto inedito sino ad oggi) Parole al buio e Moto imperpetuo (2001), divenuto col passare del tempo un autentico pezzo da collezione, con entusiastici pareri di critica ed anche lusinghieri riscontri di vendita. Malgrado i cambi di line-up, il gruppo è giunto con orgoglio sino ai giorni nostri. Questo Airesis si compone di quattro pezzi estratti da Parole al buio, con nuovi arrangiamenti e totalmente riregistrati, due brani inediti live e tutto il secondo album da moltissimo tempo andato esaurito. Abbiamo dunque tra le mani un prodotto assolutamente da avere. Anzi, dirò di più: è inutile andare a cercare dischi odierni magari ben fatti da band interessanti, se prima non ci si procura lavori come questo, basilare concentrato di death tradizionale, con innesti brutal e thrash, lontanissimo da atmosfere oggi sin troppo di moda. Perché l’estremo non è nato per fare atmosfera, ricordiamolo una buona volta. Perché qui si parla di Storia, con la S maiuscola. E di Maestri. Della notte e della morte, of course. Questo è il death metal, signori.

Tracklist:
01. Dahmer
02. Fai o Muori
03. Parole al Buio
04. Habitat Brutale
05. Fragile [Live]
06. Silente Anelito d’Odio [Live]
07. Eresia (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
08. Es (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
09. Ultima Notte (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
10. Nato per Uccidere (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
11. Moto Imperpetuo (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
12. Acrono (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
13. Sei Solo (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
14. Altrove (from “Moto Imperpetuo”, 2001)
15. Metamorfosi (from “Moto Imperpetuo”, 2001)

Line-up
Massimo Bravi – Bass / Vocals
Claudio Bonfante – Drums
Andrea Reni – Guitars

ERESIA – Facebook

The Royal – Deathwatch

Talento e consapevolezza nei propri mezzi, ma anche una grande conoscenza di ciò che possa far saltare il pubblico ad un concerto, questi sono tutti elementi che depongono a favore dei The Royal, per uno degli album metalcore migliori del 2019.

I tanti che affermano che il metalcore è un metal depotenziato e per ragazzini dovrebbero ascoltare questo ultimo lavoro degli olandesi The Royal, un concentrato di mazzate spaccaossa.

Giunti con Deathwatch al loro secondo disco, i nostri ne hanno fatta di strada dall’uscita del debutto Seven, che li ha portati in giro per il mondo e, specialmente, per quattro settimane fra Cina e Giappone. Deathwatch è quanto di meglio possa offrire la scena metalcore attuale, è un lavoro molto potente, versatile e curatissimo in tutti i suoi aspetti. Il suono dei The Royal parte dal metalcore per poi generare un groove davvero importante e che è devastante in sede live. Rispetto al precedente e già buono Seven, qui il suono acquista maggiore potenza ed uno scorrevolezza maggiore. Nel loro magma sonoro le chitarre sono molto precise e taglienti, il basso supporta in maniera puntuale una batteria devastante, e gli inserti di tastiere sono molto originali e arricchiscono notevolmente il tutto. Il nuovo lavoro è inoltre molto più oscuro del precedente, scandagliando in maniera più approfondita l’animo umano, e il buio arriva subito. Inoltre si sente distintamente che questi ragazzi provengono dall’underground e sono abituati alla logica del do it yourself, e tutto ciò è una spinta notevole al miglioramento. L’energia sprigionata in questo disco è notevole e non lascia spazio a fraintendimenti. I The Royal sono qui per dominare la scena e con dischi come questo ci riusciranno sicuramente. Rispetto alla media degli altri dischi metalcore questo è un massacro dall’inizio alla fine, e le parti più melodiche sono ancora più inquietanti di quelle più veloci. Talento e consapevolezza nei propri mezzi, ma anche una grande conoscenza di ciò che possa far saltare il pubblico ad un concerto, questi sono tutti elementi che depongono a favore dei The Royal, per uno degli album metalcore migliori del 2019.

Tracklist
1. Pariah
2. Savages
3. State of Dominance
4. Soul Sleeper
5. Deathwatch (feat. Ryo Kinoshita)
6. Exodus Black
7. Nine for Hell
8. Lone Wolf
9. Avalon
10. Glitch

Line-up
Sem Pisarahu – Vocals
JD Liefting – Guitars
Pim Wesselink – Guitars
Youri Keulers – Bass
Tom van Ekerschot – Drums

THE ROYAL – Facebook

Gorgon – Elegy

Un lavoro riuscito questo Elegy, il cui sound ripropone i cliché usati a suo tempo dai gruppi più famosi, ma non manca di regalare momenti pregni di epiche sinfonie perfettamente incastonate tra le trame estreme del gruppo parigino.

I Gorgon sono una band transalpina attiva da una manciata d’anni e con un debutto alle spalle uscito tre anni fa (Titanomachy).

Capitanati dal polistrumentista Paul Thureau, arrivano al loro secondo lavoro con Elegy, un’opera che al metal estremo aggiunge parti sinfoniche ed atmosfere melodiche orientali.
Ne esce un buon esempio di quel lato sinfonico del death/black portato agli onori da Bal Sagoth e Dimmu Borgir, anche se l’anima esotica del sound differenzia la band dai loro più illustri colleghi.
In un opera del genere è forte un approccio progressivo che si evince tra le trame di brani dal piglio magniloquente come Nemesis o The Plague, con il concept che venera la donna come creatrice di vita dedicando a Eva e Pandora, a Ecate e Maria Vergine alcune delle tracce dell’album.
Ottimo è il lavoro vocale di Safa Heraghi (Dark Fortress, Devin Townsend Project, Schammasch) e di Felipe Munoz (Finntroll, Frosttide): la voce eterea della cantante, presente su tutti i brani, dona crea un’atmosfera ancora più epica e sognante all’album che non teme lo scorrere dei minuti ed arriva alla sua conclusione tra sinfonie e cavalcate metalliche dal buon impatto emotivo.
Un lavoro riuscito questo Elegy, il cui sound ripropone i cliché usati a suo tempo dai gruppi più famosi, ma non manca di regalare momenti pregni di epiche sinfonie perfettamente incastonate tra le trame estreme del gruppo parigino.

Tracklist
1.Origins
2. Under a Bleeding Moon
3. Nemesis
4.The Plagues
5.Into The Abyss
6.Ishassara
7.Of Divinity and Flesh
8.Elegy

Line-up
Aurel Hamoniaux – Bass, Vocals (backing)
Julien Amiot – Guitars
Paul Thureau – Vocals, Guitars, Bouzouki, Orchestrations
Charles Phily – Drums, Vocals (choirs)

GORGON – Facebook

Hiss From The Moat – The Harrier

The Harrier è di fatto un bombardamento sonoro dove tradizione e sfumature moderne trovano la loro perfetta alchimia, in un metal estremo di matrice death/black, derivativo quanto si vuole ma che lascia comunque una sensazione di forte personalità in chi l’ha creato e suonato.

Tornano con un nuovo devastante lavoro gli Hiss From The Moat, band che vede l’ex Vital Remains e Hour Of Penance James Payne insieme ad un trio di musicisti nostrani (Carlo Cremascoli al basso, Giacomo “Jack” Poli alla chitarra ed il neo arrivato Massimiliano Cirelli alla chitarra e alla voce).

Un gruppo dal taglio internazionale a tutti gli effetti, tornato dopo sei anni dal precedente Misanthropy, album che ne vedeva il debutto sulla lunga distanza, ed ora sul mercato estremo con The Harrier, opera che continua la crescita del gruppo in una notevole realtà death/black metal.
Registrato, mixato e masterizzato allo SPVN Studio di Milano con Stefano Orkid Santi, The Harrier è di fatto un bombardamento sonoro dove tradizione e sfumature moderne trovano la loro perfetta alchimia, in un metal estremo di matrice death/black, derivativo quanto si vuole ma che lascia comunque una sensazione di forte personalità in chi l’ha creato e suonato.
Un gruppo che sa quel che vuole e trasmette questa sensazione di convincente sicurezza in chi ascolta: non male davvero per questi paladini del death/black devastante e nero come la pece.
Politica, religione ed altre piaghe che nei secoli hanno distrutto l’umanità e la sua storia, vengono raccontate attraverso un metal estremo appesantito da uno strato di catrame musicale, nero, viscido ed impermeabile a qualsivoglia forma di pentimento, in una corsa verso l’abisso a colpi di violento metallo che se continua ad ispirarsi alla scena dell’est europeo trova una sua precisa identità in brani apocalittici come la title track, nella nera epicità smossa dall’epica Slaves To War e nel black metal alla Behemoth di God Nephasto.
In conclusione, un ritorno assolutamente da non perdere che conferma le buone qualità del gruppo transcontinentale, una delle più convincenti realtà della scena estrema degli ultimi anni.

Tracklist
1.The Badial Despondency
2.The Harrier
3.I Will Rise
4.The Passage to Hell
5.Slaves to War
6.Sine Animvs
7.The Abandonment
8.The Allegory of Upheaval
9.God Nephasto
10.Unperishing
11.The Decay of Lies

Line-up
Max Cirelli – Vocals/Guitar
James Payne – Drums
Jack Poli – Guitar
Carlo Cremascoli – Bass

HISS FROM THE MOAT – Facebook

Planet Of Zeus – Live In Athens

Live In Athens è un ottimo supporto per fare la conoscenza dei Planet Of Zeus o comunque per per saggiarne le potenzialità on stage.

Dopo dieci anni dall’uscita del debutto Eleven The Hard Way, i greci Planet Of Zeus immortalano una loro perfomance su dischetto ottico.

Trattasi del concerto tenutosi al Gagarin205 di Atene lo scorso 12 maggio, raccolto in un doppio cd a riassumere la fin qui una onorata carriera di un gruppo molto popolare nel proprio paese.
Per chi non conoscesse la band ed il suo sound, questo è un ottimo modo per riempire la lacuna data l’ottima resa live dei brani pescati dai vari lavori che hanno visto i Planet Of Zeus alle prese con un metal moderno dai rimandi stoner.
Ruvida il giusto senza perdere quall’appeal melodico che fa la differenza, la band ellenica dà vita ad un buon concerto, molto seguito dal pubblico di casa, sciorinando una forma invidiabile e diciotto brani per cento minuti di musica rock dal buon piglio, battente bandiera a stelle e strisce e quindi rivolta ai fans dei nomi più noti provenienti dal deserto americano.
I Planet Of Zeus non inventano nulla, suonano metal/rock, pesante e melodico e lo fanno alla grande, coinvolgendo gli astanti con le pesanti scariche stoner di brani come Macho Libre, A Girl Named Greed, Devil Calls My Name, Leftlovers e i due brani che concludono lo show, la massiccia The Beast Within e il rock’n’roll di Vigilante.
La band gira come una macchina perfettamente oliata, il pubblico si diverte e il live man mano che passano i minuti prende sempre più le sembianze dell’evento, almeno per chi sta sopra e sotto il palco.
Live In Athens è un ottimo supporto per fare la conoscenza dei Planet Of Zeus o comunque per per saggiarne le potenzialità on stage.

Tracklist
CD1 :
1.Unicorn without a horn
2.Macho Libre
3.Doteru
4.The Great Dandolos
5.A Girl Named Greed
6.Loyal To The Pack
7.Devil Calls My Name
8.Something’s Wrong
9.Them Nights
10.Your Love Makes Me Wanna Hurt Myself
11.Little Deceiver
CD2 :
12.Stab Me
13.No Tomorrow
14.Leftovers
15.Woke Up Dead (William H. Bonney)
16.Vanity Suit
17.The Beast Within
18.Vigilante

Line-up
Serafeim “Syke” Giannakopoulos – Drums, backing vocals
Babis “Bizen” Papanikolaou – Vocals, guitar
Stelios “Yog” Provis – Guitar, backing vocals
Giannis “JV” Vrazos – Bass

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Overkill – The Wings Of War

Sono invecchiati bene gli Overkill, senza tradire fans vecchi e nuovi, rimanendo fedeli ad un certo modo di fare metal, ma migliorando e curando ogni particolare di album in album, così che ancora oggi possono competere con quelle nuove leve che. al cospetto di un lavoro come The Wings Of War, arrancano alle spalle della band statunitense.

Eccovi servita la diciannovesima bomba sonora targata Overkill.

Gli storici thrashers del New Jersey tornano a distanza di poco più di un anno dal massiccio The Grinding Wheel con un nuovo lavoro che conferma una freschezza compositiva ed una verve invidiabile per un gruppo arrivato a quasi quarant’anni di attività.
The Wings Of War, licenziato in questi primi mesi del nuovo anno, si candida come uno dei migliori lavori in ambito thrash metal per quello che, si spera, sia un 2019 ricco di soddisfazioni per un genere dato per morto centinaia di volte ma sempre resuscitato dalle sue calde ceneri, grazie anche ai vecchi ed indomabili leoni come il gruppo di Bobby “Blitz” Ellsworth e D.D. Verni, autore di un assalto sonoro senza soluzione di continuità che alterna e amalgama sapientemente thrash metal, heavy, hardcore, tradizione e modernità in un delirio metallico che a tratti entusiasma.
Sono invecchiati bene gli Overkill, senza tradire fans vecchi e nuovi, rimanendo fedeli ad un certo modo di fare metal, ma migliorando e curando ogni particolare di album in album, così che ancora oggi possono competere con quelle nuove leve che. al cospetto di un lavoro come The Wings Of War, arrancano alle spalle della band statunitense.
Last Man Standing apre le danze e si viene catapultati nel mezzo della mischia, con Blitz che comanda le operazioni dall’alto di una forma invidiabile ed un’attitudine commovente, supportato da una band compatta e riottosa che fin da subito fa capire che qui si fa dannatamente sul serio.
L’album vive di ruggiti metallici come Head Of A Pin, il crescendo metallico di Distortion e Welcome To The Garden State, brano thrash/punk irresistibile, allinterno di una tracklist che convince ed esalta dalla prima all’ultima nota.
The Grinding Wheel, il bellissimo Live in Overhausen uscito pochi mesi fa ed ora questo nuovo lavoro: per gli Overkill continua la festa, unitevi anche voi, non ve ne pentirete.

Tracklist
1. Last Man Standing
2. Believe In The Fight
3. Head Of A Pin
4. Bat Shit Crazy
5. Distortion
6. A Mother’s Prayer
7. Welcome To The Garden State
8. Where Few Dare To Walk
9. Out On The Road-Kill
10. Hole In My Soul

Line-up
Bobby “Blitz” Ellsworth – Vocals
D.D. Verni – Bass, Backing Vocals
Dave Linsk – Lead and Rhythm Guitars
Derek Tailer – Rhythm Guitars, Backing Vocals
Jason Bittner – Drums

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Overkind – AcheroN

Un grande disco di metal moderno ed originale, orgogliosamente privo di schemi prefissati, con ex membri dei Fatal Destiny.

Quando il nome scelto dice tutto.

Obiettivo di questa nuova band scaligera è quello di portare avanti una concezione artistico-musicale del tutto libera da vincoli o limiti, nel costante rifiuto di ogni tipo – al di là dei generi, appunto: Overkind – di staticità, quanto a linguaggio sonoro. Niente etichette, soltanto musica: questa la parola d’ordine del quartetto veronese. Le dodici parti di Acheron, album liberamente ispirato alla Divina Commedia dantesca, è un concept che dimostra l’immortale attualità anche nel nostro presente dei contenuti racchiusi nel capolavoro dell’Alighieri. E, se pensiamo che siamo in presenza d’un disco di debutto, il livello è già molto alto. I precedenti, in ambito dantesco, non mancavano (dai Metamorfosi di Inferno sino a The Divine Comedy dei Black Jester), e tuttavia gli Overkind realizzano un qualcosa di estremamente personale. Anche sotto il profilo compositivo: abbiamo infatti qui una entusiasmante commistione di ascendenze hard-sinfoniche alla Queen, dark-doom alla Ghost, prog metal in stile Dream Theater e thrash nella vena dei Metallica più sofisticati, non senza opportuni innesti di suoni moderni (per capirci: a metà strada fra Timoria, Alter Bridge, Muse e Foo Fighters). Davvero un grande esordio, già assai maturo e coinvolgente.

Tracklist
1- Acheron
2- Love Lies
3- Cerberus
4- Interlude
5- Anger Fades
6- Flames
7- Hollow Man’s Secret
8- My Violent Side
9- All Is Gray
10- End of a Souless Thief
11- Traitor’s Letter
12- The Fiend

Line up
Andrea Zamboni – Vocals / Piano
Filippo Zamboni – Bass
Tino Fracca – Drums
Riccardo Castelletti – Guitars

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