Overkhaos – Beware Of Truth

Un debutto al di sopra di ogni aspettativa, del quale basta solo dire che tra le sue trame si trova tutto ciò che anima lo spirito musicale di capisaldi del genere come Symphony X, Nevermore ed Iced Earth.

Prima di dispensare elogi ad un’altra ottima realtà made in Italy,  permettetemi di fare i complimenti all’ennesima label che ci regala grande musica metallica dall’anima progressiva, la Rockshots Records, che dopo l’ultimo lavoro degli Hidden Lapse  ci delizia con un altro gioiellino in arrivo dalla Puglia, intitolato Beware Of Truth, full length di debutto per i notevoli Overkhaos.

Nato quattro anni fa con il monicker Imperium, il gruppo dopo un paio di avvicendamenti nella line up, vira dall’heavy metal classico ad un più raffinato progressive metal dalle forti connotazioni heavy/thrash e ne esce questo bellissimo album, incentrato su una storia che prende spunto dalla società in cui viviamo, in mano a politici e lobbies che si arricchiscono sulla pelle dei comuni cittadini, ormai impoveriti e spogliati di qualsiasi briciolo di dignità.
Si parte da qui per stupire con la colonna sonora di una storia non troppo originale (ma non è poi colpa della band se certe storture sono divenute ormai un vissuto quotidiano) per la verità, ma che incide non poco quando il gruppo parte in quarta e vola sulle ali di un power metal progressivo e dannatamente trainante.
Mimmo D’Oronzo è il singer, interpretativo, vero animale metallico che ricorda Warrel Dane, la punta d’acciaio di una freccia scagliata mirando al cuore degli appassionati da un’arco che si fregia di musicisti sopra la media come Davide Giancane e Giuliano Zarcone alle chitarre e la sezione ritmica composta da Anna Digiovanni al basso e Andrea Mariani alla batteria, mentre il sangue sgorga copioso dalla ferita mortale che gli Overkhaos hanno aperto nel nostro petto.
Beware Of Truth è heavy/thrash metal in stato di grazia che, elegantemente vestito di abiti progressivi, ci scaraventa al muro, con la schiena che scalfisce il cemento e le ossa che scricchiolano sotto i colpi inferti da queste dieci bordate che formano quasi un’ora di musica a tratti entusiasmante.
Khaos, The Lie You Need, Die Catsaw!, Anna’s Song sono forse le migliori tra queste, ma potrei nominarle tutte all’interno di un debutto al di sopra di ogni aspettativa, del quale basta solo dire che tra le sue trame si trova tutto ciò che anima lo spirito musicale di capisaldi del genere come Symphony X, Nevermore ed Iced Earth.

Tracklist
01 Prelude
02 Silent Death
03 Solar Starvation
04 Khaos
05 The Lie you Need
06 Crumbling
07 White Light
08 Die Catsaw!
09 Anna’s Song
10 Deadline

Line-up
Mimmo D’Oronzo – voce
Davide Giancane – chitarra
Giuliano Zarcone – chitarra
Anna Digiovanni – basso
Andrea Mariani – batteria

OVERKHAOS – Facebook

Echotime – Side

Un sound che prende ispirazione da Dream Theater e Queensryche ma che vive di una sua personalità ben marcata e soprattutto molto emozionale, cosa da non sottovalutare assolutamente nel genere

Si torna a parlare di metal progressivo, ispirato dai gruppi di punta del genere e valorizzato da ottimi inserti jazz/fusion, con il nuovo album dei marchigiani Echotime, band che si era messa in mostra con il primo album Genuine, uscito nel 2013.

E’ così che, seguendo la protagonista del concept Lily nei suoi incontri lungo il corso della vita, veniamo presi per mano dal gruppo di Urbino che ci accompagna nel suo mondo, bizzarro e teatrale, costruito su fondamenta progressive, ma pervaso di emozionanti atmosfere che mutano in un susseguirsi di sorprese che culminano nella splendida The Bend Of Love, brano portante di questo bellissimo lavoro.
Intorno gira una macchina perfetta, dotata di un buon bagaglio tecnico che le permette di giocare con generi e sfumature diverse, passando in modo semplice e naturale dal prog metal classico di Mr. Valentine e Sickness, alle variazioni musicali che si portano dietro tracce dal mood teatrale, come la già citata The Bend Of Love o Freakshow (The).
Ottimo il lavoro chitarristico, con potenti lampi che tengono l’opera ben salda nel metal, così come la sezione ritmica protagonista di una prova che asseconda l’anima cangiante del songwriting.
Il cantato è la ciliegina sulla torta:, emozionante ed interpretativo, si avvale di passaggi recitati tra molti dei vari brani e dà prova di un’ottima versatilità modulandosi tra parti agguerrite ed altre più pacate ma drammatiche.
Side gode di un sound moderno e progressivo, che prende ispirazione da Dream Theater e Queensryche, ma che vive di una sua personalità ben marcata e soprattutto molto emozionale, cosa da non sottovalutare assolutamente nel genere

Tracklist
1. In-Side
2. Mr. Valentine
3. The Fourth Estate
4. The Lighthouse
5. Money
6. Sickness
7. Addiction
8. Hymn of Glory
9. Millstone
10. The Orphanage
11. The Bend of Love
12. Lust and Desire
13. The River
14. Black Dunes
15. Stream of Life
16. I Have Seen…
17. The Freakshow
18. Out-Side

Line-up
Alex “Kage” Cangini – Vocals
Nicolas Pandolfi – Guitars
Giacomo “Chris” Bartolini – Bass
Federico “Smiths” Fabbri – Keyboards
Federico “Face” Fazi – Drums

ECHOTIME – FAcebook

Hidden Lapse – Redemption

Un album affascinante, suonato, cantato e prodotto professionalmente, drammatico e duro, ma raffinato ed elegante, insomma un’opera completa che non mancherà di soddisfare gli amanti della musica metallica e progressiva.

Che la scena italiana stupisca sia quanto mai viva ormai non è una novità: che si tratti di metal estremo, hard rock o, come in questo caso, di metal melodico tecnicamente sopra la media e dalle squisite trame progressive, la qualità raggiunta nel nostro paese è davvero molto alta.

E noi non possiamo che godere di questo stato di grazia che ci porta a fare la conoscenza degli Hidden Lapse, trio formato dal chitarrista Marco Ricco, dalla bassista Romina Pantanetti e dalla bravissima cantante Alessia Marchigiani.
Partiamo proprio da quest’ultima per introdurci nel mondo degli Hidden Lapse: la sua splendida voce, personale, delicata ma allo stesso tempo interpretativa e forte, si muove sinuosa tra i cambi di tempo e gli intrecci melodici che portano ad un sound complicato nella sua semplicità.
Sembra un paradosso, ma la musica racchiusa in Redemption, pur vivendo di intricate parti metal progressive con un buon uso dell’elettronica, è semplice ed elegante, raffinata nel suo pur difficile spartito che ci ricorda più di una band senza esserne troppo devota.
I riferimenti sono tutti per i gruppi di genere, anche se l’uso della voce femminile è un punto a favore del gruppo e dei brani composti per questo bellissimo debutto, partendo da Silence Sacrifice, l’inizio della sofferenza di questa donna condannata a morte e del suo rivivere la propria vita, mentre brani dall’effetto di un tornado come Drop, Pure e Compassion ci accompagnano in questo viaggio nella vita della sfortunata protagonista.
Un album affascinante, suonato, cantato e prodotto professionalmente, drammatico e duro, ma raffinato ed elegante, insomma un’opera completa che non mancherà di soddisfare gli amanti della musica metallica e progressiva.

Tracklist
01. Prologue – Dead Woman Walking
02. Silent Sacrifice
03. Interlude – The Right To Remain Silent
04. Drop
05. Lucid Nightmare
06. Pure
07. Redemption
08. Interlude – The Last Meal
09. Compassion
10. Awareness
11. Epilogue – Mercy Upon Your Soul

Line-up
Alessia Marchigiani – voce
Marco Ricco – chitarra
Romina Pantanetti – basso

HIDDEN LAPSE . Facebook

Next To None – Phases

Secondo lavoro per i Next To None, giovane band americana, tecnicamente sopra la media ma ancora acerba per quanto riguarda il songwriting.

Progressive metal e modern death metal si incontrano e si azzuffano nel sound di questi tecnicamente eccellenti giovani statunitensi.

Quartetto formato nel 2012, i Next To None arrivano al secondo album, questa prova di resistenza intitolata Phases, quasi ottanta minuti di metal progressivo ed estremo, moderno e variopinto, anche se inevitabilmente un po’ prolisso a causa della sua durata.
Il gruppo americano non ha mezze misure, picchia come una band estrema, si lascia andare a chorus presi in prestito dal metalcore, ma ci piazza varianti ritmiche e spettacolari solos progressivi.
Esagerati e straordinariamente maestri del proprio strumento, questi ragazzi non scrivono canzoni, ma mini opere metalliche dove spesso viene smarrita la strada, seguendo un songwriting ancora da registrare.
Non basta alla band stupire con una tecnica invidiabile, nella musica l’elemento emozionale è troppo importante per lasciarlo nascosto sotto cascate di note, mentre qualche minuto di calma apparente dimostra l’ancora poca maturità nel costruire canzoni, con scontate sfumature melodiche.
Tanto fumo e niente arrosto?
In parte direi di sì, anche se non tutto è ovviamente da buttare, il gruppo come detto è giovanissimo e la tecnica col tempo sarà affiancata dall’inevitabile maturazione.
Nel frattempo il gruppo è in giro con Mike Portnoy’s Shattered Fortress (il Max Portnoy alla batteria nei Next To None è appunto figlio di tanto padre) nel tour passato anche dal nostro paese, ulteriore esperienza da mettere in saccoccia: i ragazzi cresceranno, potenziali fenomeni lo sono già, vedremo se diventeranno altrettanto bravi anche a livello compositivo.

Tracklist
1. 13
2. Answer Me
3. The Apple
4. Beg
5. Alone
6. Kek
7. Clarity
8. Pause
9. Mr. Mime
10. Isolation
11. Denial
12. The Wanderer

Line-up
Max Portnoy – drums
Thomas Cuce – vocals, keyboard
Derrick Schneider – guitar
Kris Rank – bass

NEXT TO NONE – Facebook

Solution .45 – Nightmares In The Waking State, pt.2

Siamo di fronte ad una band che sta facendo passi da gigante, con poco o nulla da invidiare a grandi gruppi come Soilwork, Gojira o Children Of Bodom, e lanciata quindi verso un futuro roseo.

Dal 2010, anno in cui i Solution .45 hanno pubblicato il loro primo album For Aeons Past, ne è passato di tempo. La band ha accumulato molto materiale, da qui la scelta di pubblicare due album distinti, ma appartenenti alla stessa saga.

Nel 2015, il supergruppo svedese pubblica Nightmares In The Waking State, pt.1 e, l’anno successivo, ecco la seconda parte, Nightmares In The Waking State, pt.2, un album davvero ben fatto, senza dubbio.
I brani hanno chiaramente delle radici modern metal, con una componente melodica tipica del metal scandinavo. Tuttavia, questi ragazzi riescono a trasmettere tutta la rabbia e la grinta presente in primis nei loro testi che, come ormai ben sappiamo, hanno tematiche basate sui problemi esistenziali, i sentimenti e, come si evince dal titolo, gli incubi che ognuno di noi ha. Tematiche abbastanza delicate insomma, che possono essere percepite solo dalle menti aperte, da chi guarda il mondo con occhi diversi, non vivendo passivamente la vita. Analizzando questo album dal punto di vista del sound, notiamo innanzitutto che vine introdotto da una traccia strumentale/orchestrale dalle sonorità epiche, quasi come se fosse una sorta di varco, di portale che ci trasporta in un’altra dimensione. Dopo questa intro, ecco che i Solution .45 mostrano subito tutto il loro potenziale compositivo con il brano The Faint Pulse Of Light. Si conferma la scelta della band inerente il “cambiamento” di stile già intrapreso nel precedente album: vi chiederete perché la parola “cambiamento” va messa tra virgolette. Bene, ecco il motivo: più che un vero e proprio stravolgimento del sound, i Solution .45 aggiungono importanti elementi al melodic death stile Children Of Bodom che presenta l’album For Aeons Past. I due Nightmares In The Waking State presentano, invece, un sound molto più complesso e ricercato, con molte caratteristiche del progressive, molto evidenti nel brano Mind Mutation, probabilmente il migliore dell’album. Anche questa volta, come nel precedente disco, i chitarristi Jani Stefanovic (Miseration, Divinefire, Essence of Sorrow) e Patrik Gardberg (Torchbearer, The Few Against Many, Ammotrack) ci stupiscono creando melodie che vanno da passaggi tipici del power, a quelli del progressive che, in alcuni casi, ricordano addirittura i Dream Theater, fino al djent, riconoscibile soprattutto nel brano Chain Connector. Sempre più evidenti le grandi qualità del batterista Rolf Pilve (Miseration, Essence Of Sorrow, Stratovarius), che ci dimostra tutte le sue abilità nel brano Misery Mantra. Inutile soffermarci troppo sulle enormi e ben note doti del cantante Christian Alvestam (Miseration, ex Scar Symmetry), capace di passare improvvisamente da un cantato in clean al growl e addirittura a toni tipici del metal più estremo: basta ascoltare il brano Built On Sand, episodio a due facce equivalente a Winning Where Losing Is All del precedente album.
Nightmares In The Waking State, pt.2 contiene, infine, anche due slow-tempo come The Curse That Keeps On Giving e Chain Connector.
Ricapitolando, qui siamo di fronte ad una band che sta facendo passi da gigante, con poco o nulla da invidiare a grandi gruppi come Soilwork (il cui brano Enemies In Fidelity rappresenta molto il sound che i Solution .45 presentano in questo album), Gojira o Children Of Bodom, e lanciata quindi verso un futuro roseo.

Tracklist
1) Dim Are The Pathways
2) The Faint Pulse Of Light
3) Mind Mutation
4) Built On Sand
5) Inescapable Dream
6) The Curse That Keeps On Giving
7) Chain Connector
8) What Turns The Wheels
9) Misery Mantra
10) Heavy Lies The Crown

Line-up
Christian Alvestam – Vocals
Jani Stefanovic – Guitars
Patrik Gardberg – Guitars
Rolf Pilve – Drums

SOLUTION .45 – Facebook

A Total Wall – Delivery

In un’epoca di notevole appiattimento musicale e non solo, anche e soprattutto in ambito metal, dischi come questo dei milanesi A Total Wall sono come una birra fresca in mezzo al deserto d’asfalto.

In un’epoca di notevole appiattimento musicale e non solo, anche e soprattutto in ambito metal, dischi come questo dei milanesi A Total Wall sono come una birra fresca in mezzo al deserto d’asfalto.

Nati nel 2009 hanno avuto una lenta e costante maturazione, dovendo gestire al loro interno molte e notevoli forze. Il suono degli A Total Wall è un prog metal potente, molto vicino al djent e con un grande groove. Per orientarsi meglio si potrebbe dire Meshuggah con più melodie e anche più idee differenti. In questo disco, il primo su lunga distanza, il gruppo milanese fa tutto bene, facendo risaltare la sua meticolosità compositiva e la particolare idea di potenza, ovvero di sfogo di energia con un controllo notevole, in maniera da trasformarsi dentro le orecchie dell’ascoltatore. La loro padronanza tecnica è notevole, viene supportata anche da una grande capacità compositiva e tutte le canzoni sono costruite in maniera da non annoiare mai l’ascoltatore. Come detto sopra si spazia in vari generi, e si arriva a costruire un qualcosa che può essere definito new progressive metal, sia per un potenza notevole, sia perché figli di gruppi che vanno oltre il prog metal classico. Le chitarre qui hanno molte più corde del normale, si esprimono in una dimensione difficilmente definibile ma che suona benissimo, e colpisce la tenacia e la coerenza del disegno musicale che hanno tracciato gli A Total Wall, per un disco che è molto strutturato e potente, un moderno labirinto dal quale uscire migliori.

Tracklist :
1. Reproaching methodologies
2. Evolve
3. Sudden
4. Maintenance
5. Lossy
6. The right question
7. Delivery
8. Pure band

Line Up :
Davide Bertolini – drums
Umberto Chiroli – guitars
Riccardo Maffioli – bass
Gabriele Giacosa – vocals

A TOTAL WALL – Facebook

Mess Excess – From Another World Part 1

Con un orecchio al metallo progressivo dei Queensryche e l’altro al rock raffinato delle icone prog settantiane, i Mess Excess costruiscono un concept ispirato e maturo

Gli album licenziati dalla nostrana Qua’ Rock hanno la caratteristica di non risultare mai banali o di maniera, è così che la label guidata dal chitarrista Gabriele Bellini (Pulse R., Hyaena) si sta ritagliando uno spazio sempre più importante sul mercato rock/metal nazionale.

Con i Mess Excess ci avventuriamo in un concept di matrice socio/politica e dal sound progressivo e molto originale, la prima parte di una storia che avrà la sua conclusione sul secondo capitolo.
From Another World Part 1 è il secondo album del gruppo toscano, attivo dal 2009 ed arrivato ad oggi dopo molti cambi nella line up e Fly Away, licenziato un paio di anni fa.
Caratterizzato da una doppia voce femminile, il sound si impossessa del rock progressivo in auge negli anni settanta e lo accompagna con il metal del decennio successivo, trasformandolo in un ottimo e personale esempio di maturità compositiva.
Con un orecchio al metallo progressivo dei Queensryche e l’altro al rock raffinato delle icone prog settantiane, i Mess Excess costruiscono un concept ispirato e maturo, una storia che affronta i misteri e i segreti del potere, molto attuale se ci specchiamo nella società odierna, ormai giunta ad un punto di non ritorno.
I Mess Excess ci regalano un album intenso, suonato divinamente e ricco di parti emozionanti, racconto e cantato splendidamente da Martina Lotti ed Helene Costa: una quarantina di minuti, durata perfetta per godere ed entrare nel mondo e nel racconto della band, facile da assimilare e notevole nel non lasciare mai che l’una delle due anime prenda il sopravvento, così da venire investiti da cambi di tempo e atmosfere, passando dal prog metal ritmicamente sontuoso al classic rock d’autore ed impreziosito da un gran lavoro dei tasti d’avorio.
Opera da ascoltare nella sua interezza, From Another World part 1 non ha brani trainanti, ma lascia quella sensazione di suite divisa in capitoli, come la tradizione progressiva vuole, partendo dall’inizio della storia (Amazing Dystopia), passando per lo strumentale Brainstorm, il metal progressivo della splendida In Loving Memory e delle talentuose note di Mesmerize e Deranged.
La raffinata eleganza della ballad Glimpse Of Hope chiude la prima parte di From Another World e ci dà appuntamento con il secondo capitolo, noi siamo già in spasmodica attesa …

TRACKLIST
1.Amazing Dystopia
2.Brainstorm
3.In Loving mamory
4.Mesmerize
5.Deranged
6.Glimpse Of Hope

LINE UP
Martina Lotti – Lead Vocals
Alessandro Santi – Guitars & Backing Vocals
Andrea Giarracco – Bass & Backing Vocals
Fulvio Carraro – Keyboards & Piano
Roberto Prato – Drums
Helene Costa – Backing Vocals

MESS EXCESS – Facebook

Sikth – The Future In Whose Eyes?

Momenti narranti fungono da preludio a vere esplosioni di musica moderna, un susseguirsi di trappole che si dipanano sul pentagramma e come tagliole ci afferrano senza lasciarci più.

Dopo la reunion avvenuta tre anni fa, la partecipazione a vari festival ed un tour nel Regno Unito, tornano i Sikth, diventati un sestetto con l’entrata alla seconda voce del singer Joe Rosser.

Il gruppo, ispiratore di molti gruppi progressivi moderni ed uno dei creatori del sottogenere chiamato djent, non pubblicava album dal 2006, anno di uscita del secondo ed ultimo full length Death of a Dead Day e dell’ep Flogging The Horses.
Un ritorno aspettato da un bel po’ di anni dunque, specialmente per gli amanti del metallo progressivo, modernizzato e destabilizzato da furia hardcore, partiture fuori da ogni schema ed un talento per melodie che si estrinsecano nelle trame, a loro mode estreme, di un sound originale e personale.
Certo, non siamo più nei primi vagiti di questo drammatico nuovo millennio ed anche la proposta del gruppo inglese non è una novità, rimane però ben chiara all’ascolto la sensazione di essere al cospetto di una band fuori dal comune, ed assolutamente fuori dalle chiacchiere e dalle perplessità che la reunion aveva portato in una parte degli addetti ai lavori.
Un gran lavoro è stato fatto in sede di registrazione, con le voci impresse nello studio del cantante Mikee W Goodman nei R&R Studios di Adrian Smith (Iron Maiden), mentre chitarre e batteria sono stati registrate ai Monkey Puzzle House Studios.
La produzione è stata affidata a Dan Weller, mentre il mixaggio ad Adam “Nolly” Getgood (Periphery) e lo splendido artwork di copertina dal taglio futurista è opera di Meats Meier.
Licenziato dalla Millennium Night, la nuova etichetta di proprietà di Snapper Music, The Future In Whose Eyes? risulta un album emozionate, un viaggio nel futuro dell’uomo, a volte tragico, altre caotico, sempre drammatico, in continua e spasmodica ricerca di innovazioni e perfezione.
Il sound segue, nel suo furioso andamento progressivo, questa idea di futuro, mentre i due vocalist danno letteralmente spettacolo, la sezione ritmica è qualcosa di inumano a livello tecnico e le chitarre seguono, ora con dedizione core, ora con fughe metalliche e progressivamente estreme, il tappeto musicale vario e mai banale che fa da fondamenta al muro sonoro dei Sikth.
Momenti narranti fungono da preludio a vere esplosioni di musica moderna, un susseguirsi di trappole che si dipanano sul pentagramma e come tagliole ci afferrano senza lasciarci più.
L’opener Vivid presenta i riformati Sikth e poi si parte per questo viaggio nel futuro, travolti e confusi da The Aura, Cracks Of Light ed il capolavoro No Wishbones, punto più alto di questo notevole ritorno.
Per gli amanti del genere The Future In Whose Eyes?  è un album imperdibile, assolutamente in grado di mantenere inalterata la reputazione costruita nel corso degli anni dal gruppo londinese.

TRACKLIST:
1.Vivid
2.Century of the Narcissist?
3.The Aura
4.This Shop has sailed
5.Wevers of Woe
6.Cracks of Light (feat. Spencer Sotelo)
7.Golden Cufflinks
8.The Moon’s been gone for houres
9.Riddles of Humanity
10.No Wishbones
11.Rode the Illusion
12.When it rains

LINE-UP
Mikee W Goodman – Vocalist and lyricist
Joe Rosser – Vocalist
Pin – Guitarist
Dan Weller – Guitarist
Dan Foord – Drummer
James Leach – Bassist

SIKTH – Facebook

Perpetual Fire – Bleeding Hands

Hard rock, progressive metal, power e tanta raffinata attitudine neoclassica fanno di Bleeding Hands un album perfettamente in grado di ritagliarsi il proprio spazio tra le migliori uscite di questo periodo.

Di questi tempi, se nel power metal cercate qualche spunto più personale rispetto al “palla lunga e pedalare” di molte realtà d’oltreconfine, la scena nostrana regala piccoli gioiellini classici, magari poco considerati dal solito fan noiosamente esterofilo, anche se negli ultimi tempi sembra che il vento piano piano stia cambiando direzione.

Andiamo prima in terra greca, perché è qui che la Sleaszy Rider Records ha la sua base, una label che sta riscuotendo sempre più consensi licenziando album uno più bello dell’altro e molti di questi cercandoli nella nostra penisola.
Torniamo da noi, in quel di Milano per presentarvi i Perpetual Fire, quintetto capitanato da Steve Volta, chitarrista bravissimo e per molti anni al servizio di Pino Scotto, ed il loro terzo album Bleeding Hands, un lavoro italiano al 100% per bravura strumentale ed eleganza nel songwriting, un talento innato per le melodie e quel tocco progressivo diventato marchio di fabbrica della scuola nazionale.
Diciamolo una volta per tutte, ormai Vision Divine, Labyrinth e Secret Sphere sono a capo di una scena che nell’hard & heavy non ha nulla da invidiare a quelle straniere, con i loro emuli a sfornare opere di spessore ed affiancando i maggiori act che fanno faville nei generi che compongono l’universo metallico.
Tutto questo ben di Dio non sarà supportato dai numeri per quanto riguarda il versante live, ma rimane indubbio che in Italia si fa da anni grande musica metal, ed ogni uscita conferma questa tendenza con buona pace dei detrattori.
Hard rock, progressive metal, power e tanta raffinata attitudine neoclassica fanno di Bleeding Hands un album perfettamente in grado di ritagliarsi il proprio spazio tra le migliori uscite di questo periodo: Volta ha fatto tesoro delle sue esperienze e i brani escono vari, travolgenti, mai banali nelle ritmiche o nei solos, con un singer (Roby Beccalli) che adatta la sua voce alle varie atmosfere, passando da tonalità rock a quelle power per sfornare un’aggressività da leone in passaggi che si fanno estremi, con una sezione ritmica da infarto (Mark Zampetti al basso e Cisco Lombardi alle pelli) e le tastiere che ricamano tappeti di metal neoclassico o sanguigni passaggi rock blues (Tush, splendida cover degli ZZ Top).
Volta è fenomenale pur senza dare l’impressione di esagerare e rimanendo saldo nella forma canzone, con solos dinamitardi e vari, così come varie sono le sfumature di questo lavoro che non ha battute d’arresto ma almeno un trittico di brani a fare traino e differenza: Queen Of Honor, Bloody Apple e Crimson Twilight, le più progressive del lotto e vicine al sound dei gruppi citati in precedenza.
Bleeding Hands risulta così un album riuscito ed appagante per ogni fans del genere, giocando le sue carte alla pari con le ultime notevoli uscite in campo power/prog metal, non perdetevelo.

TRACKLIST
01 – Psycho Cancer
02 – Scrambled
03 – Queen Of Honor
04 – Bloody Apple
05 – Tush
06 – Look Beyond The Night
07 – When You’re Dead
08 – Crimson Twilight
09 – Let The Snow
10 – A New World Begins

LINE-UP
Roby Beccalli – Vocals
Steve Volta – Guitars
Mark Zampetti – Bass
Mauro Maffioli – Keyboards
Cisco Lombardi – Drums

PERPETUAL FIRE – Facebook

Biogenesis – A Decadence Divine

Progressive, sinfonie gotiche, power metal e death/thrash contribuiscono a rendere quest’opera la colonna sonora del diluvio universale, una punizione divina che si scatenerà quanto prima dalle note di questo splendido lavoro.

Dall’underground metallico statunitense arrivano ottimi lavori, magari fuori dai soliti cliché del metal made in U.S.A. più cool, ma sicuramente opere di spessore che MetalEyes puntualmente vi porta a conoscenza.

La label Roxx Records, specializzata in christian metal, licenzia il quarto lavoro dei Biogenesis, gruppo proveniente dall’Ohio, attivo da ormai vent’anni ed in cui milita il singer Chaz Bond, ex Jacobs Dream, power metal band fuori con una manciata di ottimi lavori nel primo decennio del nuovo millennio.
A Decadence Divine è un ottimo album che ingloba una serie di atmosfere e sfumature diverse tra loro, vari generi che, amalgamandosi, trovano un equilibrio quasi perfetto e creano questo oscuro e tragico monolite di metallo, progressivo ed orchestrale.
Il singer tra clean e growl dà prova di saperci fare, così come i musicisti che lo accompagnano in questa che, di fatto, è un’ avventura nel mondo del metal tra classico ed estremo.
La title track, l’oscura Inside The Beast, la veloce e Thrashy As Empire Falls, formano un inizio scoppiettante, con i tasti d’avorio che cuciono arabeschi di musica classica, le sei corde che imprimono un marchio di fabbrica progressive/thrash, con la sezione ritmica che sale in cattedra quando la velocità diventa sostenuta.
Molto teatrale, tanto che in alcuni momenti il sound ricorda la splendida musica dei Saviour Machine (Lines In The Sand), l’album risulta un monolito di spettacolare metallo oscuro e progressivo, colonna sonora di una decadenza che, fin dal titolo, il gruppo descrive divina, frutto di forze e volontà più grandi dell’uomo.
La sinfonica Tears Of God e la conclusiva Brood Of Vipers sono un paio di esempi di questo clamoroso lavoro che diventa sempre più intenso ogni minuto che passa, mentre Iced Earth, Symphony X e i tedeschi Crematory divengono più che semplici ispirazioni.
Progressive, sinfonie gotiche, power metal e death/thrash contribuiscono a rendere quest’opera la colonna sonora del diluvio universale, una punizione divina che si scatenerà quanto prima dalle note di questo splendido lavoro.

TRACKLIST
1. Prelude (Nocturnal Images)
2. A Decadence Divine
3. Inside the Beast
4. Bet Your Soul
5. As Empires Fall
6. Lines in the Sand
7. The Pain You Left Behind
8. Tears of God
9. Land of Confusion
10. In the Darkness I Dwell
11. Brood of Vipers
12. Silence (CD Only Bonus Track)

LINE-UP
Sam Nealeigh – Keyboards
Majennica Nealeigh – Drums
Dan Nealeigh -Bass
Luke Nealeigh – Lead/Rhytym Guitars
James Riggs – Lead/Rhythym Guitars
Chaz Bond – Lead Vocals

BIOGENESIS – Facebook

Virtual Symmetry – X-Gate

Nuovo Ep per i Virtual Symmetry, creatura dalle intricate ragnatele melodiche e dai raffinati passaggi progressivi.

Il progressive metal sa sempre regalare sorprese, ovviamente il genere è di quelli che o lo si ama o lo si odia, ma è indubbio che al fan delle intricate ragnatele musicali dei gruppi che, al progressive tradizionale aggiungono dosi di potenza metallica, non manca certo di che crogiolarsi.

Marco Pastorino, talento musicale nostrano e songwriter sopraffino, aggiunge alle fatiche con i Secret Sphere (fino a poco tempo fa) ed i Temperance questa ottima band, che del progressive metal si nutre, lontana dal power hard rock progressivo dei primi, così come dalle sinfonie metalliche dei secondi.
I Virtual Symmetry sono attivi dal 2009, fondati dal chitarrista Valerio Æsir Villa, e hanno debuttato lo scorso anno con Message From Eternity, full length che vedeva come ospiti, oltre ad Alessandro Del Vecchio, Jordan Rudess, tastierista di quella che è la massima influenza del gruppo, i Dream Theater.
Ovviamente la band parte da questa famosa ispirazione per poi prendere una propria strada fatta di intricati passaggi strumentali, ma anche di ottime e raffinate melodie, sviluppate in tre brani lunghi, tre suite che tornano all’antico, considerato il trend tra le band odierne del genere nel concentrare in pochi minuti i viaggi progressivi sul proprio spartito.
Pastorino canta, personale e melodico, e senza strafare lascia che le sensazioni prodotte dalla musica e dalla sua voce entrino nell’ascoltatore, mentre i compagni di questa avventura sfoggiano una padronanza dei mezzi oltre la media, con la musica dei Virtual Symmetry che cattura, rapisce, ipnotizza come nella migliore tradizione progressiva.
Eyes Of Salvation, Alchymera (con bellissime sfumature riconducibili alle opere di Ayreon) ed Elevate, dove Pastorino è affiancato da una bellissima voce femminile, compongono questo notevole lavoro, un ep da gustare come un succulento antipasto a quello che probabilmente sarà il prossimo album, mentre recuperare Message From Eternity diventa obbligatorio se non si conosceva la band in precedenza.

TRACKLIST
1.Eyes of Salvation
2.Alchymera
3.Elevate

LINE-UP
Valerio Æsir Villa – Guitars
Mark Bravi – Keyboards
Alessandro Poppale – Bass Guitar
Davide Perpignano – Drums
Marco Pastorino – Vocals

VIRTUAL SYMMETRY – Facebook

The Thirteenth Sun – Stardust

Se siete amanti del progressive metal moderno, quello che spazia tra il prog e la musica estrema con facilità disarmante senza dimenticare di emozionare, questo lavoro potrebbe risultare una sorpresa.

Nati intorno al 2011 per volere del chitarrista e cantante Radu e del tastierista Marius Muntean, i The Thirteenth Sun nel 2012 avevano iniziato il loro viaggio nell’universo della musica progressiva con il primo lavoro autoprodotto dal titolo Genesis.

Ritornano dopo cinque anni supportati da una label importante come Aural Music ed un album nuovo di zecca intitolato Stardust.
Prodotto da Edmond Karban (Negura Bunget, Dordeduh), accompagnato dall’artwork creato da Costin Chioreanu (Ulver, Arcturus, Enslaved, Arch Enemy), il nuovo lavoro della band proveniente dalla Transilvania si muove negli spazi del progressive metal moderno, alternando liquidi passaggi dalle atmosfere sulfuree, brani pregni di rock progressivo e bellissimi passaggi dove il black metal d’autore esce in tutta la sua pienezza, portando Stardust verso lidi estremi emozionanti.
L’album parte piano, come se la band si prendesse il tempo necessario per presentarsi all’ascoltatore, i primi brani (Universus e Pathways) infatti si addentrano nel progressive rock settantiano, mantenendo però un approccio moderno, tra reminiscenze pinkfloydiane e il Gilmour solista, qualche vento cosmico psichedelico ed una struttura melodica pacata.
Poi, come d’incanto, Universe Is Burning sposta le corrdinate stilistiche verso il progressive black, le ritmiche si fanno serrate e lo spirito di Arcturus e primi Covenant porta Stardust su altre galassie musicali, mentre lo scream si affianca alla voce pulita.
Un brano bellissimo che prelude al ritorno ad un sound più arioso in Melting Skies e nella marcia teatrale del piccolo capolavoro The Fabric Of Time, che esplode in una cavalcata black metal poi trasformata in un spettacolare brano prog metal, a formare il cuore pulsante di questo gioiellino musicale in arrivo dallo spazio via Romania.
Se siete amanti del progressive metal moderno, che spazia tra il prog e la musica estrema con facilità disarmante senza dimenticare di emozionare (il fantasma dei Leprous a tratti si impossessa del sound di Stardust) questo lavoro potrebbe risultare una sorpresa, consigliato.

TRACKLIST
01.Universus
02.Pathways
03.Planes of Creation
04.Universe is Burning
05.Melting Skies
06.The Fabric of Time
07.Glowing Sun

LINE-UP
Radu – vocals and lead guitars
Marius Muntean – keyboards
Septimiu Harsan (drums)
Marius Licu – guitars
Alecu – bass

THE THIRTEENTH SUN – Facebook

Dark Ages – A Closer Look

L’incontro tra il progressive rock ed il metal, avvenuto nei primi anni novanta, ha portato una ventata di freschezza al primo, genere tendenzialmente conservatore (più tra gli ascoltatori che tra i musicisti, ad onor del vero) ed un tocco di eleganza e raffinatezza tecnica al secondo, creando di fatto un genere parallelo (il prog metal) anche se non mancano proposte come quella dei veterani Dark Ages,  classica band progressive alla quale, a tratti, non mancano verve e grinta metallica.

Il gruppo fondato da Simone Calciolari, chitarrista ed unico membro rimasto della formazione originale datata 1982, licenzia il suo quarto studio album per l’Andromeda Relix di Gianni Della Cioppa, dopo le fatiche per aver portato in teatro le due parti del concept Teumman, opera ambiziosa piaciuta non poco nell’ambiente del progressive rock.
Dopo l’entrata in formazione di Roberto Roverselli alla voce e Gaetano Celotti al basso, arriva il momento di A Closer Look, album che conferma quanto di buono i Dark Ages hanno fatto in questi anni.
Non mancano alcuni ospiti, come i cantanti Claudio Brembati (Anticlockwise), Ilaria L’Abbate e Tiziano Taffuri, il sax di Enrico Bentivoglio (Against The Tides) ed il recitato di Paul Crespel in Fading Through the sky, a completare ed impreziosire un’ altra opera rock/metal in arrivo dalla scena nazionale.
A Closer Look, nella sua interezza, è un susseguirsi di tensione emotiva ed atmosfere eleganti, un rincorrersi tra la parte più rock e rilassata del progressive e quella animata dall’irruenza del metal, tra cambi di tempo perfetti ed un lavoro sontuoso sui tasti d’avorio che orchestrano a meraviglia gli umori cangianti di perle progressive come At The Edge Of Darkness, cuore pulsante di questo lavoro, dieci minuti di melodie progressive sapientemente metalliche che sfumano nelle armonie delicate create da sax e piano in Against The Tides.
Il gruppo conosce molto bene la materia e le scale armoniche che riempiono la title track e la bellissima Yours non mancheranno di strappare un sorriso agli amanti del genere collocandosi tra Dream Theater e Yes, due generazioni di musica progressiva che si incontrano senza scontrarsi nella musica dei Dark Ages.
Una velata sfumatura epica aleggia su A Closer Look, particolare di non poco conto, importantissimo per riuscire a far breccia nei cuori ribelli dei progsters dall’anima metal e rendere l’album uno dei migliori esempi di musica progressiva uscita dal nostro paese in questa prima metà del 2017.

TRACKLIST
01. A Closer Look
02. Till the Last Man Stands
03. Yours
04. At the Edge of Darkness
05. Against the Tides
06. The Anthem
07. Fading Through the Sky

LINE-UP
Simone Calciolari – Guitars
Gaetano Celotti – Bass
Roberto Roverselli – Vocals
Carlo Busato – Drums
Angerla Busato – Keyboards

DARK AGES – Facebook

A Closer Look nella sua interezza è un susseguirsi di sali e scendi di tensioni ed atmosfere eleganti, un rincorrersi tra la parte più rock e rilassata del progressive e quella animata dall’irruenza del metal.

From The Dust Returned – Homecoming

Un debutto davvero sorprendente per un gruppo che riesce nella non facile impresa di risultare classicamente progressivo pur usando note, sfumature ed attitudine fuori dai cliché conservatori del genere.

Dopo varie vicissitudini che hanno portato il gruppo a rimodellare la formazione, Homecoming finalmente vede la luce tramite la Sliptrick Records e la carriera di questa ottima band progressive può prendere il via.

Stiamo parlando dei From The Dust Returned, gruppo nostrano che vede all’opera due membri degli storici Graal (Danilo Petrelli e Cristiano Ruggero, rispettivamente tastiere e batteria) e del suo debutto in formato ep, una mezzora di musica progressiva, tra tradizione settantiana, metal estremo ed atmosfere dark.
Ogni brano prende ispirazione da patologie psichiatriche, un viaggio in più di una mente malata di schizofrenia, clinofobia e depressione e la musica che supporta il concept non può che essere cangiante, tragica, oppressivamente estrema e dark, seguendo appunto i deliri provocati dalla sofferenza che malattie del genere comportano.
L’album si apre con Harlequeen, sunto del sound prodotto dai From The Dust Returned, con armonie acustiche post dark ammantate di prog metal teatrale che ci accompagnano in questo viaggio nella mente umana: la voce pulita, a tratti declamatoria, si scontra con il growl, mentre i tasti d’avorio disegnano arabeschi di progressive rock;
l’atmosfera delle varie tracce si può senz’altro dichiarare estrema, perennemente in tensione e attraversata da notevoli cambi di tempo e parti acustiche suggestive.
In un sound in cui l’anima progressiva classica è preponderante, il growl ed i vari toni vocali usati fanno la differenza, così come il gran lavoro delle tastiere, mentre la parte estrema permette a brani come Echoes Of Faces e Wipe Away The Rain di acquistare un tocco di originalità in più, elevando Homecoming al rango di lavoro da apprezzare in tutte le sue sfumature.
Un debutto davvero sorprendente per un gruppo che riesce nella non facile impresa di risultare classicamente progressivo pur usando note, sfumature ed attitudine fuori dai cliché conservatori del genere.

TRACKLIST
01. Harlequeen
02. Homecoming
03. Echoes of faces
04. Glare
05. Wipe away the rain
06. Sleepless

LINE-UP
Alex De Angelis – Vocals, Guitars
Marco del Bufalo – Vocals
Miki Leandro Nini – Bass
Danilo Petrelli- Keyboards
Cristiano Ruggiero – Drums

FROM THE DUST RETURNED – Facebook

Left Sun – Left Sun

Un sound alternativo che attraversa un ventennio di musica rock tra il grunge di Seattle, una musica aperta a molte soluzioni e dalle atmosfere cangianti che formano un album molto interessante.

Dalla sempre attiva Ethereal Sounds Works arriva questo quartetto di Porto, del quale poco si sa se none che è formato da Flavio Silva (voce e chitarra), Eduardo Oliveira (basso), Artur Jorge (batteria) e Rui Salvador (chitarra solista), ma senz’altro autore di un buon rock metal alternativo.

Quello dei Left Sun è un sound alternativo che attraversa un ventennio di musica rock tra il grunge di Seattle, una musica aperta a molte soluzioni e dalle atmosfere cangianti che formano un album molto interessante.
Quello dei Soundgarden più introspettivi è un paragone calzante, anche per effetto della voce di Silva, che tende a prendere vie melodiche care al Cornell solista, mentre l’elettricità moderata delle sei corde porta a saliscendi emozionali come nei gruppi metal/prog odierni, tra Porcupine Tree e Pain Of Salvation.
Incuriositi? Il gruppo dimostra di saperci fare con queste ispirazioni scomode, visto il valore artistico dei gruppi citati, ma ne esce bene e con un lotto di brani che sanno intrattenere, emozionanti a tratti, aggressivi in altri, introspettivi e malinconici in molte occasioni.
Dopo la lunga opener che funge da intro all’album, Left Sun entra nel vivo con Another Earth e Blaze, due delle tracce cardine di questo lavoro assieme alla più ritmicamente pesante Return Interlude.
A Silva e compagni piace girovagare per lo spartito dei gruppi progressivi alla Porcupine Tree, mentre il grunge fa capolino come parte hard rock del sound di questo ottimo debutto.
Non so quanto sia di facile reperibilità ma se siete amanti del genere Left Sun può rivelarsi una piacevole sorpresa.

TRACKLIST
1.Water Under The Bridge
2.Another Earth
3.Blaze
4:59
4.Skyrim
5.Shifting Sideways
6.Feel
7.Return Interlude
8.Time Reversal
9.Concealed Needs
10.Elysian Hope

LINE-UP
Flávio Silva – Guitars, Vocals
Rui Salvador – Guitars
Eduardo Oliveira – Bass
Artur Jorge – Drums

LEFT SUN – Facebook