Basement Critters – Hurt Me With The Truth

Un gruppo thrash metal che non ha paura di mostrare il lato più moderno del proprio sound e ne fa un’arma per conquistare, un sound che si avvicina alle cose già scritte da Devin Townsend, suonato da una band che ci mette tanto del suo per apparire personale, riuscendoci perfettamente.

Il quartetto belga dei Basement Critters è una delle ultime scoperte in casa Wormholedeath.

La band è attiva dal 2015, anno d’uscita del primo ep, e di questi tempi, dopo la firma sul contratto per la distribuzione con l’importante label nostrana, torna con un nuovo mini cd composto da cinque brani di thrash metal moderno, d’impatto e dall’anima crossover.
Hurt Me With The Truth ci presenta una band ispirata ed a suo modo originale, assolutamente metal nell’impatto ma aperta a soluzioni diverse che creano un sound alternativo al solito thrash veloce e devastante ma che alla lunga fatica a lasciare qualcosa di duraturo nell’ascoltatore, a meno che non sia suonato da una top band.
I Basement Critters invece prendono la materia e la plasmano a loro piacimento unendo, come in Brain Bleach o Storm, il metal di stampo thrash con soluzioni hardcore e moderne reminiscenze nu/crossover, a tratti estremizzando il sound oppure lasciandolo dondolare sopra i generi.
Ottimo ed originale l’uso della voce, assolutamente fuori dal contesto metallico e più orientata verso il rock, prima di urlare rabbia attraverso il growl, arma estrema del gruppo belga.
Un gruppo thrash metal che non ha paura di mostrare il lato più moderno del proprio sound e ne fa un’arma per conquistare, un sound che si avvicina alle cose già scritte da Devin Townsend, suonato da una band che ci mette tanto del suo per apparire personale, riuscendoci perfettamente.
Nel frattempo pare che i Basement Critters che siano al lavoro con Carlo Bellotti e Jonathan Mazzeo sui brani che andranno a comporre il primo lavoro sulla lunga distanza, state in campana.

Tracklist
1.Brain Bleach
2.Storm
3.Nature Strikes Back
4.Book
5.39:16

Line-up
Glenn Labie – Guitars
Sven Caes – Guitars
Frederik Vanwymelbeke – Drums
Thomas Marijsse – Vocals
Frederik Declerq – Bass

BASEMENT CRITTERS – Facebook

Angelus Apatrida – Cabaret De La Guillotine

Uno dei migliori dischi thrash metal usciti nell’anno solare si intitola Cabaret De La Guillotine, ultimo lavoro di questa macchina da guerra chiamata Angelus Apatrida, band che ha passato i dieci anni d’attività già da un po’ e che, in un crescendo di opere sempre più convincenti, arriva a pubblicare questo piccolo capolavoro di thrash metal che di questi tempi viene frettolosamente chiamato old school, ma che non è altro che heavy metal sparato da un cannone.

Uno dei migliori dischi thrash metal usciti nell’anno solare si intitola Cabaret De La Guillotine, ultimo lavoro di questa macchina da guerra chiamata Angelus Apatrida, band che ha passato i dieci anni d’attività già da un po’ e che, in un crescendo di opere sempre più convincenti, arriva a pubblicare questo piccolo capolavoro di thrash metal che di questi tempi viene frettolosamente chiamato old school, ma che non è altro che heavy metal sparato da un cannone: veloce melodico e tremendamente esaltante.

Siamo giunti al sesto album nell’arco di una dozzina d’anni, una discografia consistente di questi tempi, segno che il gruppo di musica in testa ne ha eccome, assolutamente metallica nel senso più puro del termine, il che tradotto vuol dire cavalcate in crescendo, accelerazioni fulminanti, chorus e refrain melodici, massima potenza e talento smisurato nel non perdere mai la bussola, mantenendo l’approccio e l’impatto senza perdere nulla in appeal.
Il quartetto iberico punta su un vocalist che riassume nella sua prestazione il concetto di cantante di genere come Guillermo Izquierdo, ruvido, melodico ed interpretativo, anche ottimo chitarrista, pezzo di un muro tirato su a mattoni metallici insieme a José J. Izquierdo al basso, Víctor Valera alle pelli e David G. Álvarez altro demonio alla chitarra.
Cabaret De La Guillotine non inventa nulla, è più semplicemente un gran bel disco di thrash metal dove ci si rincorre tra le strade battute da Testament, Death Angel e Overkill, ci si perde in vie dove si incontrano Iron Maiden e Megadeth, in un’apocalisse di spettacolari sali e scendi sull’ottovolante del genere.
Non mancano accenni più moderni, solo per chiarire che siamo nel nuovo millennio e che di teste la ghigliottina ne ha tagliate tante, ma sono attimi, perché il sound corre veloce verso la gloria in tutta la sua natura classica, sostenuta da brani spettacolari come Betrayed, The Hum, One Of Us, The Die Is Cast (che nel chorus ricorda i migliori Rage) e la conclusiva Martyrs Of Chicago.
In poche parole Cabaret De La Guillotine è un album eccezionale, picco qualitativo degli Angelus Apatrida e pretendente al trono di disco dell’anno per quanto riguarda il thrash metal classico.

Tracklist
01. Sharpen The Guillotine
02. Betrayed
03. Ministry Of God
04. The Hum
05. Downfall Of The Nation
06. One Of Us
07. The Die Is Cast
08. Witching Hour
09. Farewell
10. Martyrs Of Chicago

Line-up
Guillermo Izquierdo –Vocals & Lead/Rhythm Guitars
David G. Álvarez – Lead & Rhythm Guitars
José J. Izquierdo – Bass Guitar
Víctor Valera – Drums

ANGELUS APATRIDA – Facebook

Burn The Priest – Legion: XX

Legion: XX non è assolutamente un’operazione dettata dalla sete di soldi, ma è un tentativo riuscitissimo di dare una nuova accezione ad un suono che non è mai morto e che scorre sempre sotterraneo.

Album devastante di cover da parte dei Burn The Priest, ovvero i Lamb Of God con il loro primo nome scelto quando si formarono nel lontano inverno del 1994, quattro anni dopo che si erano conosciuti, escluso il cantante Randy Blithe, alla Virginia Commonwealth University.

In seguito assumeranno il monicker di Lamb Of God, facendo la storia del metal. Qui i nostri vanno alle radici del loro suono, mostrandoci le passioni musicali e la bravura nell’interpretarle, spaziando dal groove metal all’hardcore, arricchendo e rendendo migliore, ed in alcuni casi non era affatto facile, le canzoni che hanno scelto. Ad esempio un pezzo che rende benissimo l’intento del disco è Kerosene dei Big Black, che anche grazie al video di Zev Deans è un po’ il manifesto dell’intera operazione. Il video si ispira al film punk Suburbia ed è la perfetta descrizione di cosa voglia dire vivere nei sobborghi e nella provincia, solo che a sentire certa musica poi ti escono i Burn The Priest e, quindi i Lamb Of God, che non è affatto un brutto risultato. Il disco che ci propongono i Burn The Priest è molto bello e farà la gioia di quei non pochi a cui manca quel suono tra hardcore, noise e metal che tante gioie aveva regalato negli anni novanta e duemila, ma non disperate, qui ne avrete a piene mani. Ovviamente il talento e la caratura superiore dei Burn The Priest fanno la differenza e le cover acquistano vita propria, basti pensare al primo pezzo, Inherit The Earth degli Accused, qui in una versione killer, o a One Voice degli Agnostic Front ancora più veloce cattiva ed incazzata. Album come questo appaiono ogni tanto nel mare standard della musica attuale, e sono calci e pugni. Legion: XX non è assolutamente un’operazione dettata dalla sete di soldi, ma è un tentativo riuscitissimo di dare una nuova accezione ad un suono che non è mai morto e che scorre sempre sotterraneo. E questo disco conferma che gruppo immenso siano i Lamb Of God, incredibili ad ogni latitudine. Se comprate il vinile, la bonus track è In The Meantime degli Helmet, e non dico altro. I Lamb Of God saranno in tour con gli Slayer nel loro giro di addio, con altri gruppi, tanto per completare il massacro.

Tracklist
01. Inherit The Earth (originally performed by THE ACCUSED)
02. Honey Bucket (originally performed by MELVINS)
03. Kerosene (originally performed by BIG BLACK)
04. Kill Yourself (originally performed by S.O.D.)
05. I Against I (originally performed by BAD BRAINS)
06. Axis Rot (originally performed by SLIANG LAOS)
07. Jesus Built My Hotrod (originally performed by MINISTRY)
08. One Voice (originally performed by AGNOSTIC FRONT)
09. Dine Alone (originally performed by QUICKSAND)
10. We Gotta Know (originally performed by CRO-MAGS)
Bonus Track (LP only!):
11. In The Meantime (originally performed by HELMET)

BURN THE PRIEST – Facebook

Sense Of Fear – As the Ages Passing By…

As the Ages Passing By… è un buon album di metal classico, i riferimenti partono dagli Iron Maiden fino ad abbracciare il sound di scuola statunitense, con Iced Earth e Sanctuary padrini indiscussi del sound dei Sense Of Fear.

Oscurità e potenza, una forza sprigionata da un’onda d’urto power/thrash di notevole impatto in pieno rispetto della tradizione metallica, tra scuola europea e statunitense.

Questo in poche parole risulta As the Ages Passing By…, debutto su lunga distanza dei Sense Of Fear, quintetto attivo da anni come Holy Prophecy e dal 2013 a procurar battaglia con il nuovo monicker.
Un solo ep omonimo a precedere questa lunga mazzata che, se riesce a tratti ad esaltare con duetti chitarristici di scuola maideniana, ritmiche power ed atmosfere alla Iced Earth, lascia qualcosina a causa della prolissità, ma sono dettagli perché l’album come detto non manca di inorgoglire i defenders cresciuti a pane e heavy/power metal.
Album old school ma dalla produzione moderna (l’album è stato registrato ai Valve Studio da Stratos “Strutter” Karagiannidis in Grecia, per poi essere mixato e masterizzato in Germania da R.D. Liapakis e C. Schmid), As the Ages Passing By… è un mastodontico pezzo di granito metallico, i brani sono strutturati su potentissime ritmiche ed atmosfere oscure e drammatiche care alla band di Jon Schaffer, le chitarre svolgono un lavoro di coppia assai riuscito e la voce teatrale e drammatica ricorda quella dei vocalist di scuola americana, potenti e molto interpretativi.
Bellissima Slaughter Of Innocence, la traccia che più riassume il credo musicale del gruppo greco, seguita dall’inno metallico Agent Of Steel e dalla super ballatona The Song Of A Nightingale.
La title track chiude il lavoro con i suoi nove minuti di cavalcata in crescendo, confermando la buona vena del gruppo, anche se qualche brano verso il finale non brilla come nel corso dell’inizio pirotecnico dell’album.
As the Ages Passing By… è un buon album di metal classico, i riferimenti partono dagli Iron Maiden fino ad abbracciare il sound di scuola statunitense, con Iced Earth e Sanctuary padrini indiscussi del sound dei Sense Of Fear.

Tracklist
1.Molten Core
2.Slaughter of Innocence
3.Black Hole
4.Angel of Steel
5.The Song of a Nightingale
6.Torture Of Mind
7.Lord Of The World
8.Unbreached Walls
9.Sense Of Fear
10.As the Ages Passing By, Time Still Runs Against Us

Line-up
Ilias Kytidis – Vocals
Giannis Kikis – Guitar
Themis Iakovidis – Guitar
Dimitris Gkatziaris – Bass
Markos Kikis – Drums

SENSE OF FEAR – Facebook

Jester Beast – The Lost Tapes of… Poetical Freakscream

Un’opera imperdibile per riscoprire o riascoltare al meglio di quanto offerto dall’odierna tecnologia uno dei gruppi storici nati nel nostro paese, leggendari testimoni di un’epoca importantissima per lo sviluppo delle sonorità estreme nel nostro paese.

Viene riproposto in una nuova veste e migliorato in modo sensibile nella produzione un album storico della scena thrash metal tricolore: si tratta di Poetical Freakscream dei piemontesi Jester Beast, gruppo che all’epoca dell’uscita (1991) formava insieme a Broken Glazz, Gow e Negazione la punta dell’iceberg della scena metallica piemontese, allora una delle più attive nello stivale.

Nati addirittura nella prima metà degli anni ottanta, i Jester Beast purtroppo, dopo il primo demo Destroy After Use, licenziato nel 1988 e questo unico full lenght, si fermò fino al 2012, anno di uscita dell’ep The Infinite Jest.
La F.O.A.D. Records si prende carico di pubblicare questa nuova edizione dello storico lavoro, una mastodontica opera che vede, oltre a Poetical Freakscream nella più potente versione pre-mix, an che The Lost Tapes of… Poetical Freakscream, che riserva un bonus cd con il demo Destroy After Use ed una manciata di brani live risalenti al 1988.
Capitanati dal chitarrista C.C. Muz, i Jester Beast mostrarono a tutti d’essere un gruppo dall’impatto unico e dotato di un’ottima tecnica, ma penalizzato da un mixaggio approssimativo e incompleto che fece di Poetical Freakscream un’opera riuscita a metà, per fortuna oggi ascoltabile in una veste più consona alla qualità della musica proposta.
Il sound poggiava le sue basi sul thrash furioso degli Slayer (specialmente nel primo demo) e su quello più elaborato dei Voivod (tanto che Michael “Away” Langevin, batterista della formazione canadese, curò in seguito artwork e logo sull’ep The Infinite Jest) ma attraversato da un’attitudine hardcore: il tutto rese i Jester Beast una delle realtà più importanti dell’allora scena underground.
Un’opera imperdibile per riscoprire o riascoltare al meglio di quanto offerto dall’odierna tecnologia uno dei gruppi storici nati nel nostro paese, leggendari testimoni di un’epoca importantissima per lo sviluppo delle sonorità estreme nel nostro paese.

Tracklist
1.Freak Channel 9
2.Illogical Theocracy
3.Jester Day
4.Claustrophobic Autogamic
5.Swan Ain’t Die
6.Poetical Freakscream
7.Mother
8.D.A.U.
9.Unidentified Body

“Destroy Ater Use” – Demo 1988
10.Mother
11.Destroy After Use
12.Hypnotized
13.Clustrophobic Autogamic
14.Outro

Live in Treviso, 16/04/1988
15.Hypnotized
16.Psychopathic
17.Dream Over Dream
18.Labyrinth
19.Suck My Powerful Dick
20.Still Born

Line-up
STEO ZAPP – Vocals
CC MUZ – Guitar
ROBY VITARI – Drums
PIETRO “DURACELL” GRASSILLI – Bass

JESTER BEAST – Facebook

Society’s Plague – Call To The Void

Sarebbe stato davvero un peccato perdere per strada questo gruppo, che fa una miscela interessante di metal moderno e metal maggiormente epico.

La storia degli americani Society’s Plague è una narrazione di tenacia e di amore per il metal, come tanti gruppi che vanno avanti spinti dall’amore per la musica in mezzo a tante difficoltà.

Nati nel 2007 in quel di Lexington, nel Kentucky, questi ragazzi hanno un sound moderno tra metalcore e metal più epico, con una forte melodia e composizioni molto buone. Questo disco è il secondo episodio sulla lunga distanza nella loro discografia ed è stato totalmente autoprodotto, e in seguito il gruppo si è accasato presso l’Eclipse Records che non si è lasciata scappare questo disco, che oltre che essere valido, è un ponte fra passato e presente e futuro del metal, soprattutto di quello americano. Infatti il suono di Call To The Void è adatto ad essere mandato in onda dalle radio americane di rock duro, cosa che qui in Europa ci manca. I ragazzi del Kentucky sono molto connotati nella loro personalità musicale e riescono a fare sempre ottime cose anche grazie all’intervento delle tastiere, che hanno una parte importante nel loro suono, e che insieme agli altri strumenti rendono un buon amalgama. La seconda prova del gruppo non era scontata, poiché il gruppo ne viene da una pausa dal 2013 al 2015, per poi tornare con un concerto sold out nella loro città. Sarebbe stato davvero un peccato perdere per strada questa band, che fa una miscela interessante di metal moderno e metal maggiormente epico. Un disco che offre spunti molto interessanti, è solido e possiede elementi originali.

Tracklist
1. Ashes For Air
2. Whispers
3. Distant Waves (feat. Bjorn “Speed” Strid)
4. The Fall
5. Broken By Design
6. Paramnesia
7. Fear Is Failure
8. Abomination (feat. Michael Smith)
9. 1:01
10. Rise Of The Eidolon

Line-up
Matt Newton – Vocals
Joe Royer – Guitar
Roger Clem – Guitar
James Doyle (JD) – Drums
Aaron Sheffield – Bass

SOCIETY’S PLAGUE – Facebook

Di’aul – Nobody’s Heaven

Una possente marcescenza è il marchio di questi ragazzi che, nella maggior parte delle loro canzoni, fanno un suono non molto veloce ma che corrode in maniera molto piacevole le nostre orecchie, dandoci una sensazione di blues metal, una via maledetta da seguire, ma che è anche l’unica possibile per dannarsi.

I Di’aul da Milano sono un gruppo dal groove unico, tra Crowbar, blues e vari riferimenti agli anni novanta e duemila.

Attivi dal 2010, questi ragazzi hanno un’identità musicale molto ben definita ed in grado di farli spiccare ben al di sopra della media della maggior parte degli altri gruppi. I Di’aul hanno un suono abrasivo che prende le mosse dal suono tipico della città di New Orleans in Lousiana, dove gruppi come i Crowbar, Pantera ed Eyehategod sono andati a sporcare i loro panni nelle paludi, per tornare molto diversi da prima. Una possente marcescenza è il marchio di questi ragazzi che, nella maggior parte delle loro canzoni, fanno un suono non molto veloce ma che corrode in maniera molto piacevole le nostre orecchie, dandoci una sensazione di blues metal, una via maledetta da seguire, ma che è anche l’unica possibile per dannarsi. I Di’aul con la loro musica avanzano come un veleno tossico nel nostro sangue, fino ad arrivare a sentirli come una droga. Nobody’s Heaven è un disco che crea addizione, lo si sente e si vorrebbe sentirlo ancora. Le soluzioni sonore cambiano di canzone in canzone e sono tutte notevoli, il canovaccio rimane più o meno fisso ma non ci si annoia mai, e questa è un’altra delle peculiarità importanti di questo gruppo. Un’altra cosa notevole è la voce di MoMo che graffia alla perfezione su tutti i pezzi, coadiuvato da un gruppo perfettamente oliato e con grande confidenza. Visti dal vivo al recente Argonauta Fest a Vercelli confermano l’ottima impressione data dal disco, e anzi vanno oltre. Album come questo sono da ascoltare, perché solo sentendoli ognuno può capirli e farsi catturare da un suono davvero speciale.

Tracklist
1. Nobody’s Heaven
2. Black Death
3. Garden of Exile
4. Low Est
5. Mother Witch

Line-up
Voice – MoMo
Guitar – LeLe
Bass – Jeremy Toma
Drums – Diego Bertoni

DI’AUL – Facebook

Synaptik – Justify & Reason

Tecnicamente bravissima, ma con ancora qualcosa in termini di personalità da perfezionare, la band inglese è una realtà metallica da seguire con attenzione cercando di non perderne le tracce, perché l’opera sopra le righe potrebbe arrivare da un momento all’altro.

I Synaptik sono una band inglese attiva dal 2012 ma poco conosciuta dalle nostre parti.

Suonano progressive thrash metal e Justify & Reason è il loro secondo album che segue di tre anni il debutto The Mechanisms of Consequence, riprodotto nel secondo cd che completa l’opera.
Meriterebbero molta più attenzione di quella che gli è stato attribuito fino ad ora i thrashers britannici, perché il sound prodotto su queste due fatiche risulta un devastante, tecnicissimo e melodico esempio di thrash metal progressivo accostabile alle opere di Sanctuary e Nevermore, così come Fates Warning e Watchtower, con il vocalist Alan Tecchio (anche con gli Hades) in veste di ospite su Your Cold Dead Trace, brano tratto dal primo lavoro.
Grande tecnica al servizio di brani trascinati e dalle atmosfere drammatiche, un cantante (John Knight) che segue le orme del compianto Warrel Dane e per i Synaptik il gioco è fatto, semplice a dire molto più difficile da elaborare.
Il sound del gruppo, a tratti, si specchia un po troppo nelle intricate trame del metal progressivo, affacciandosi sullo spartito in mano ai Dream Theater, mentre si rivelano un portento quando attaccano al muro con ritmi incalzanti e sfumature nevermoriane.
Justify & Reason va giudicato per quello che è, un ottimo lavoro supportato da un songwriting di buon livello e dall’ottima tecnica dei suoi protagonisti: brani come The Incredible Machine o Esc Ctrl hanno il solo difetto di seguire trame già scritte a suo tempo dai gruppi citati, un peccato veniale che non inficia la buona qualità generale della loro musica.
Tecnicamente bravissima, ma con ancora qualcosa in termini di personalità da perfezionare, la band inglese è una realtà metallica da seguire con attenzione cercando di non perderne le tracce, perché l’opera sopra le righe potrebbe arrivare da un momento all’altro

Tracklist
Disc 1
1.The Incredible Machine
2.Human / Inhuman
3.Conscience
4.White Circles
5.Esc Ctrl

Disc 2
1.Truths That Wake
2.A Man Dies
3.I Am The Ghost
4.Your Cold Dead Trace (feat. Alan Tecchio)
5.Irresistable Shade
6.Vacancy Of Mind
7.As I Am, As I Was
8.Utopia In Our Eyes
9.All Lies
10.Allies
11.Your Cold Dead Trace [Tecchio Mix]

Line-up
John Knight – Vocals
Ian knight – Guitars
Kev Jackson – Bass
Jack Murton – Guitars
Pete Loades – Drums

Hexx – Quest For Sanity & Watery Gates

Power/thrash statunitense, selvaggio e feroce, ruvido e glorificato dal dio metallo: il sound del gruppo era quanto di più amato dai kids sfuggiti ai lustrini del Sunset Boulevard, figlio del metal classico potenziato da iniezioni letali di speed/thrash.

Tra il 1988 e il 1990 prima che il full length Morbid Reality (uscito nel 1991) concludesse la prima fase della loro carriera, ripresa una quindicina d’anni dopo, i thrashers americani Hexx licenziarono questi due ep, Quest For Sanity (1988) e Watery Graves (1990).

La Vic Records ristampa in un unico formato i due storici lavori, così che il gruppo californiano, dopo il buon ritorno sulla lunga distanza dello scorso anno (Wrath Of The Reaper) ,torna a far parlare di sè dopo una lunga sosta ai box.
Band di culto nel panorama power/thrash statunitense, gli Hexx sono tornati in pista con una formazione rinnovata rispetto all’epoca dell’uscita di questi brani: d’altronde sono passati trent’anni, il metal classico ha vissuto il periodo buio dei primi anni novanta e dell’inizio del nuovo millennio, non ha mai mollato è sopravvissuto nell’underground e continua la sua missione tra alti e bassi.
Ai tempi era tutta un’altra cosa, ed una band come gli Hexx era venerata dai fans, fresca del capolavoro Under The Spell uscito nel 1986.
Il sound del gruppo, un power/thrash statunitense, selvaggio e feroce, ruvido e glorificato dal dio metallo, era quanto di più amato dai kids sfuggiti ai lustrini del Sunset Boulevard, figlio del metal classico potenziato da iniezioni letali di speed/thrash.
La band all’epoca era un quartetto, con il chitarrista Dan Watson ed il batterista Jon Shafer, unici superstiti nella formazione che ha registrato l’ultimo album.
Una produzione in linea con le uscite dell’epoca ed una grinta invidiabile da parte del gruppo, fanno di questa operazione un buon modo per rituffarsi nel metal di fine anni ottanta.

Tracklist
1.Racial Slaughter
2.Sardonicus
3.Fields Of Death & Mirror Of The Past
4.Twice As Bright
6.Watery Graves
7.Edge Of death
8.Under The Spell

Line-up
Bill Peterson – Bass
John Shafer – Drums
Dan Watson – Guitars
Clint Bower – Guitars, Vocals

Current Line Up:
Eddy Vega – vocals
Dan Watson – guitars
Bob Wright – guitars
Mike Horn – bass
John Shafer – drums

URL Facebook
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Contenuto musicale (link youtube – codice bandcamp – codice soundcloud)
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Descrizione Breve

Filii Nigrantium Infernalium – Hostia

Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Anche se per continuare ad avere un minimo di vita sociale fingiamo, spesso con buoni risultati d’essere persone assolutamente normali, noi che ascoltiamo metal siamo a tutti gli effetti dei disadattati, almeno se prendiamo quale parametro la normalità imposta dalla convenzione del vivere civile.

A ricordarci tutto questo ci pensano band come i Filii Nigrantium Infernalium, entità portoghese che riesce nella mirabile impresa di vellicare in nostri peggiori e nascosti istinti con il proprio bastardo frullato di black, thrash ed heavy metal, reso ancor più letale da una vena blasfema portata alle estreme conseguenze.
Hostia, terzo full length dei lusitani dopo Fellatrix Discordia Pantokrator (riregristato con il titolo Fellatrix e in uscita anch’esso in questi giorni) e Pornokrates: Deo Gratias (pure oggetto di riproposizione con nuova veste grafica, sempre da parte della Osmose), è l’album adatto da mettere nell’autoradio per testare quale sia il proprio livello di gradimento da parte del resto dell’umanità, o ancor più probabilmente per ripulire la propria vita da conoscenze superflue e sepolcri imbiancati, ma già è difficile che qualcuno non apra le portiere per fuggire al primo semaforo dopo l’ascolto dell’intro Prece.
Ma, al di là delle facezie, questo lavoro del trio portoghese è la riprova di quanto all’inerno del metal ci sia bisogno di chi faccia delicati ricami o cerchi nuove vie espressive quanto di chi faccia nel miglior modo possibile il cosiddetto sporco lavoro.
Attenzione però, perché questi figuri provenienti dalla splendida Lisbona non sono solo dei beceri manovali metallici: in realtà siamo al cospetto di musicisti di vaglia, operanti nella scena da oltre un ventennio e quindi in possesso dell’esperienza necessaria per maneggiare con cura una materia che, messa in mano a dei neofiti, rischierebbe seriamente d’assumere sembianze grottesche.
Il sound dei Filii Nigrantium Infernalium è il frutto immondo dell’unione contronatura perpetrata nel corso di un’orgia tra Darktrhrone, Motorhead, Venom, Judas Priest e qualche occasionale passante …
I dieci brani più intro di Hostia sono bombe che deflagrano fin dalla prima nota senza fare prigionieri, inducendo ad un headbanging convinto ed incessante: Pó, Virtudes da Prostação e la title track sono solo alcuni degli episodi rimarchevoli all’interno di una tracklist che prosciuga ogni resistenza per ritmo ed intensità, con il valore aggiunto del cantato in lingua madre che conferisce al tutto una sua peculiarità.
Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Tracklist:
1. Prece
2. Pó
3. Lactância Pentecostal
4. Virtudes da Prostação
5. Santa Misericórdia
6. Smrt
7. Autos de Fé
8. A Morte é Real e Para Já
9. Hóstia
10. Cadela Cristã
11. Raze The Dead of Death

Line-up:
Maalm: Drums
Belathauzer: Guitars, Vocals
Helregni: Bass, Vocals

FILII NIGRANTIUM INFERNALIUM – Facebook

Hybridized – Mental Connections

Mental Connections è un ep che coniuga il thrash metal al più moderno groove, la cui poca durata non consente un giudizio definitivo sul sound del gruppo romano, anche se i tre brani presentati lasciano presagire ulteriori margini di miglioramento.

Dalla capitale arrivano gli Hybridized, band nata un paio di anni fa da un’idea del batterista Fabio Mancinelli e del chitarrista Fabrizio Valenti, amici di vecchia data e compagni in passati progetti, a cui si aggiungono il cantante Marco Patarca, il chitarrista Andrea Scarinci ed il bassista Emanuele Gazzellini.

Mental Connections è un ep di tre brani che coniuga thrash metal al più moderno groove, la cui poca durata ed una produzione appena sufficiente per gli standard odierni, non consentono un giudizio definitivo sul sound del gruppo romano, anche se i tre brani presentati lasciano presagire buoni margini di miglioramento.
La tradizione estrema di ispirazione statunitense, con Slayer e Pantera in testa, si unisce alle più moderna attitudine ed impatto del metal odierno e ne scaturiscono tre mazzate potenti, valorizzate da un gran lavoro delle chitarre, ottime sia in fase ritmica che nei assoli.
Il growl dona una certa dosa di cattiveria death ai brani che hanno nell’opener Live In Lie un mid tempo che accelera a tratti per poi tornare nel classico andamento alla Pantera era Far Beyond Driven.
Subliminal Messages risulta la traccia più moderna del lotto, mentre House Of Nightmares è un brano slayerano con un altro  ottimo assolo nella parte centrale.
Mental Connections finisce qui, tra ottime idee e qualche difetto da limare, ma gli Hybridized, puntando sull’impatto e sulle proprie potenzialità, potrebbero regalare soddisfazioni in futuro.

Tracklist
1.Live In Lie
2.Subliminal Message
3.House Of Nightmares

Line-up
Marco Patarca – Vocals
Fabio Mancinelli – Drums
Andrea Scarinci – Lead Guitar
Emanuele Gazzellini – Bass Guitar
Fabrizio Valenti – Rhythm Guitar, Artistic Direction

HYBRIDIZED – Facebook

Anthrax – Kings Among Scotland

Per il popolo del thrash metal, Kings Among Scotland è un live imperdibile, trattandosi della celebrazione di un’epoca, una festa che ancora non ha visto sorgere l’alba e continua senza freni, mentre dal palco gli Anthrax se la godono e non hanno nessuna intenzione di scendere, anche dopo tutto questo tempo…

E’ arrivato anche per gli Anthrax il momento di festeggiare una delle loro più famose creature.

A trent’anni suonati, Among The Living rimane uno degli esempi più fulgidi della discografia del gruppo, ed uno dei pilastri su cui si regge la storia del thrash metal mondiale, un buon motivo per fare festa insieme ai thrashers scozzesi intervenuti per l’evento al Barrowland Ballroom di Glasgow il 15 Febbraio dello scorso anno.
L’uscita prevista in cd e nel supporto video, vede all’opera i cinque storici ragazzacci americani, con un Joey Belladonna in buona forma e gli altri compari a formare il solito muro metallico thrash/punk, su cui si erge quel monumento al genere che risulta Scott Ian, scaldare l’ambiente con qualche brano pescato qua e là per la loro discografia, prima di rivoltare come un calzino sala e astanti con la scaletta di Among The Living.
Il tempo passa inesorabile, mentre la scena metal non è certo più quella di trent’anni fa e gli Anthrax non sono più quegli irriverenti giovanotti che suonavano veloci come il vento, ma la classe, unita ad un lotto di canzoni irresistibilmente devastanti per impatto e per quell’attitudine punk che ha caratterizzato la band nei primi lavori, continua a divertire, lasciando che le nostre membra stanche tornino a fremere come la terra scossa dal terremoto quando la title track dello storico album dà inizio ai fuochi di artificio metallici.
La band di New York ci prende per il colletto e ci urla in faccia che, se si parla di thrash metal, loro sono ancora qui a farci saltare con Caught In A Mosh e A Skeleton In The Closet, mentre le nuove leve devono inseguire ancora un po’ prima che gli Anthrax possano rallentare e lasciare il passo.
Per il popolo del thrash metal, Kings Among Scotland è un live imperdibile, trattandosi della celebrazione di un’epoca, una festa che ancora non ha visto sorgere l’alba e continua senza freni, mentre dal palco gli Anthrax se la godono e non hanno nessuna intenzione di scendere, anche dopo tutto questo tempo…

Tracklist
01. Intro
02. A.I.R.
03. Madhouse
04. Evil Twin
05. Medusa
06. Blood Eagle Wings
07. Fight ‘Em ‘Til You Can’t
08. Be All, End All
09. Breathing Lightning
10. Among The Living
11. Caught In A Mosh
12. One World
13. I Am The Law
14. A Skeleton In The Closet
15. N.F.L.
16. A.D.I. / Horror Of It All
17. Indians
18. Imitation Of Life
19. Antisocial

Line-up
Joey Belladonna – Vocals
Frank Bello – Bass
Charlie Benante – Drums
Jonathan Donais – Lead guitars
Scott Ian – Rhythm guitars

ANTHRAX – Facebook

Hellretic – Lights Out

Sono solo quindici minuti, ma tanto basta agli Hellretic per entrare nelle grazie degli amanti del metal estremo di stampo thrash/death.

Sono solo quindici minuti, ma tanto basta agli Hellretic per entrare nelle grazie degli amanti del metal estremo di stampo thrash/death.

La band romana, attiva dal 2014, è nata dalle ceneri degli Opium Populi e ha subito qualche avvicendamento nella line up, prima di firmare per la Hellbones Records che licenzia Lights Out, ep di quattro tracce più intro di death/thrash metal potente e feroce, pregno di maligni mid tempo e ripartenze devastanti.
Il quintetto ci presenta quattro brani, altrettante mazzate estreme che raccontano tematiche horror dall’impalcatura  death metal e thrash slayerano, in un turbine di violenza ed atmosfere putride;  il growl di Demetrio è brutale e malato, le chitarre soffrono torturate da Piero e Lorenzo, mentre la sezione ritmica martella senza pietà i crani degli ascoltatori sotto i colpi inferti dal basso di Simone e la batteria di Andrea.
Dopo l’intro,Three Evil Mothers ci presenta un sound compatto e diabolico, un concentrato di cattiveria ispirato anche dai Necrodeath ed accentuato nella title track e soprattutto nella letale Evil Dead, brano ispirato dal film di Sam Raimi.
Buon inizio, dunque, per questa realtà estrema in arrivo dalla capitale: se il buon giorno si vede dal mattino seguitela con noi, ci sarà da divertirsi.

Tracklist
1. Intro (Ghosthouse)
2. Three Evil Mothers.
3. Lights Out
4. Devil’s Rejects
5. Evil Dead

Line-up
Demetrio – Growl Vocals
Piero – Guitar
Lorenzo – Guitar
Simone – Bass & Back Vocals
Andrea – Drums

HELLRETIC – Facebook

Dogmathica – Start Becoming Nothing

Il genere suonato porta inevitabilmente a paragoni con i nomi di punta (Meshuggah, Pantera), ma in Start Becoming Nothing c’è la personalità necessaria per concentrarsi solo su quello che ascolta dopo aver premuto il tasto play.

Le scene rock/metal underground sviluppatesi nelle nostre isole maggiori sono fucine di realtà che non mancano di regalare soddisfazioni, almeno per chi si lascia affascinare dai suoni del sottobosco tricolore.

Lo scorso anno, per esempio, vi avevamo parlato del bellissimo The Day We Shut Down The Sun del combo sardo chiamato The Blacktones, dal quale provengono Sergio Boi e Gianni Farci, rispettivamente chitarra e basso pure nei Dogmathica, band che ha una storia iniziata nel lontano 2006 ma che affonda le sue radici anni prima, nelle vicende musicali dei L’Ego.
Dopo molte vicissitudini legate principalmente alla line up, la band con Alessandro castellano alle pelli (Acts of Tragedy), Stefano Pilloni al microfono e Matteo Spiga alla chitarra, trova quella stabilità necessaria per rimettersi al lavoro e terminare questo muro di groove/thrash metal chiamato Start Becoming Nothing.
Otto cannonate claustrofobiche e dissonanti esasperano il concetto di groove metal, otto colpi inferti senza pietà, rabbiosi e monolitici, valorizzati da un lavoro ritmico enorme e da un’attitudine senza compromessi, portano al compimento di un’opera a suo modo estrema, dove tutto funziona chirurgicamente.
La band, con un impatto invidiabile, porta a compimento la sua missione conferendo una ai brani quella rabbiosa violenza che è pane del genere, tenendo per le briglie il sound, imprigionato e fatto sfogare con devastanti uragani thrash metal.
Chanel N°0, la title track, Screaming In The Darkness, Hatred, mettono in mostra una band che all’impatto aggiunge quell’esperienza necessaria per usare le proprie capacità tecniche senza finire negli intricati labirinti del genere, mantenendo un tasso di violenza ed impatto altissimo.
Il genere suonato porta inevitabilmente a paragoni con i nomi di punta (Meshuggah, Pantera), ma in Start Becoming Nothing c’è la personalità necessaria per concentrarsi solo su quello che ascolta dopo aver premuto il tasto play.

Tracklist
1.Praghma
2.Chanel N° 0
3.Decadancers
4.Start Becoming Nothing
5.Rise Up
6.Screaming In The Darkness
7.Hatred
8.Burnum

Line-up
Stefano Pilloni – Voice
Sergio Boi – Guitar
Matteo Spiga – Guitar
Gianni Farci – Bass
Alessandro Castellano – Drums

DOGMATHICA – Facebook

Nirnaeth – The Extinction Generation

Con una manciata di bonus track a completare un’opera che fotografa perfettamente il credo musicale dei Nirnaeth, The Extinction Generation è un lavoro imperdibile per gli amanti del thrash più evoluto e progressivo, fatto di suggestioni punk, psichedeliche e hard rock su un ottovolante metallico senza freni.

I lombardi Nirnaeth sono un gruppo storico del metal tricolore: la loro storia inizia nell’underground dello stivale nel 1990, ma subisce uno stop di una dozzina d’anni dopo l’uscita di quel gioiellino thrash progressivo che è il primo album intitolato The Psychedheavyceltale in 8 Movements, uscito nel 1997.

The Return, ep del 2009, sembra finalmente dare una nuova carica al gruppo del cantante e batterista Marco Lippe, ma il nuovo album The Extinction Generation viene bloccato da una serie interminabile di problemi nella line up.
In collaborazione con la GDC Rock Promotion l’album torna oggi sul mercato per rilanciare un gruppo meritevole della giusta attenzione da parte dei fans del thrash più progressivo.
The Extinction Generation, infatti è un notevole esempio di thrash metal statunitense valorizzato da ottime idee progressive ed un songwriting che lascia aperte tutte le porte possibili sul mondo musicale.
Tra cover dei Ramones, stupendi brani metallici ispirati al migliore power/thrash americano e geniali parti progressive di reminiscenze voivodiane, l’album esalta e tiene incollati alle cuffie aspettando che da un momento all’altro la band ci delizi e ci sorprenda, grazie ad un songwriting di altissimo livello ed una serie di tracce una più bella dell’altra.
A collaborare con la band troviamo al microfono la bravissima cantante dei Feronia, Elena Lippe, sorella del leader e da poco sul mercato con lo splendido debutto della sua band intitolato Anima Era.
Con una manciata di bonus track a completare un’opera che fotografa perfettamente il credo musicale dei Nirnaeth, The Extinction Generation è un lavoro imperdibile per gli amanti del thrash più evoluto e progressivo, ricco di suggestioni punk, psichedeliche e hard rock su un ottovolante metallico senza freni.

Tracklist
1.We Forget to Think
2.Moby Dick
3.The Extinction Generation
4.Blind Hate
5.Blitzkrieg Bop (Ramones cover)
6.The Fatal Blame
7.A Better Revolution
8.Mors Tua Vita Mea
9.The Human Bankrupt
10.The Root of Evil

Bonus Tracks:
11.Ten Years After
12.The Fatl Blame
13.The Root Of evil
14.Epitaph

Line-up
Marco Lippe – Vocals, Drums
Danny Nicoli – Guitars
Luca Algeri – Bass
Elena Lippe – Vocals

NIRNAETH – Facebook

Militia – Regiments of Death

Nastro di una band forse minore, ma comunque molto interessante, del thrash americano della metà degli Eighties: tra l’altro, un caso rilevante di gruppo non proveniente dalla Bay Area.

Gli americani Militia sono tra quegli sfortunati ‘grandi fra i minori’ che non hanno mai raggiunto la possibilità di pubblicare un disco in vita.

Texani, si formarono ad Austin, nel 1984, e rimasero attivi solo sino al 1986 (per riformarsi poi molti anni dopo, come accadde a tanti dei loro colleghi). Il loro primo demo tape vide la luce nel 1985, con il titolo di Regiments of Death, ad opera di un manipolo di musicisti che avevano o avrebbero militato in gruppi più noti (Watchtower, SA Slayer, la band di Rhett Forrester dopo la sua uscita dai Riot). Il nastro conteneva solo tre pezzi, peraltro eccellenti ed altamente rappresentativi di quello che era l’heavy a stelle e a strisce, a metà degli anni Ottanta: per un verso ottimo thrash metal, in linea con le aree di San Francisco e Los Angeles; per un altro molte propensioni speed e segnatamente US metal, stile Metal Church-Vicious Rumors per intenderci. La cassetta, divenuta assai presto introvabile, è stata infine ristampata, su compact, dalla Rockadrome – nel 2008 soltanto, peraltro – con il titolo Released, insieme ad altro materiale di provenienza demo: cinque brani del 1986, due del 1984 e altrettanti dal vivo. La migliore occasione per una doverosa e utile operazione di recupero storiografico. Perché anche questa è archeologia musicale.

Track list
1. Metal Axe
2. Search For Steel
3. Regiments of Death

Line up
Mike Soliz – Vocals
Tony Smith – Guitars
Robert Willingham – Bass
Phil Acham – Drums

1985 – Autoprodotto

The Black Swamp – Witches

Il sound proposto risulta un concentrato di Black Sabbath, Pantera e Black Label Society, le chitarre fanno esplodere riff che sono cannonate, le ritmiche stonerizzate creano un clima rovente e desertico e la voce urla rabbia panteriana.

Tremate, tremate, le streghe son tornate: bellissime muse a cavallo di scope e caproni, tagliano il cielo scuro nella notte illuminata da una luna fiammeggiante.

Il loro viaggio è partito dall’Australia e a colpi di groove metal si avvicinano a noi, sensuali e maligne schiave di Satana.
Witches, appunto, è l’ultimo lavoro in formato ep dei The Black Swamp, quintetto di rockers in attività dal 2012 e affacciatisi sul mercato con il primo ep intitolato Foulness e poi, nel 2016, con quello che rimane il loro unico full length, I Am.
Nel sabba che ogni notte dà il via allo scorrazzare nel cielo stellato di queste affascinanti ma pericolose sacerdotesse del male, incontriamo impulsi in arrivo dagli anni settanta, potenziati da bombardamenti groove e southern/stoner metal, per un micidiale tripudio di sonorità massicce e potentissime.
Il gruppo australiano è uno schiacciasassi metallico: il sound proposto risulta un concentrato di Black Sabbath, Pantera e Black Label Society, le chitarre fanno esplodere riff che sono cannonate, le ritmiche stonerizzate creano un clima rovente e desertico e la voce urla rabbia panteriana.
I quattro brani sono uno più potente dell’altro, con Event Horizon ad abbattere muri e barricate prima che l’esercito di streghe si impossessi della città.
Per quanto riguarda impatto e potenza, i The Black Swamp non sono secondi a nessuno, segnalandosi come band da seguire con attenzione.

Tracklist
1.Headless
2.Event Horizon
3.1487 C.E.
4.Witches

Line-up
Brendan Woodley – Drums
Rohan Downs – Bass
Grant Scott – Guitar
Jesse Kenny – Guitar
Luke Hosking – Vocals

THE BLACK SWAMP – Facebook

Destruction – Bestial Invasion From Hell

La cassetta che, nel 1984, creò il thrash in Germania: un crogiolo primordiale di cattiveria e belluina velocità di ascendenza venomiana, non senza già una certa personalità.

In principio vi erano i Knight of Demon, sorti nel 1983. Pochi mesi e mutarono monicker. Nacquero così, agli inizi del 1984, i Destruction.

Il trio tedesco affilò immediatamente le armi e lo fece con un demo tape che, di fatto, fondò il thrash in Germania. Bestial Invasion From Hell, pubblicato il 10 di agosto del 1984, proponeva sei tracce che avrebbero trovato in seguito posto (sino al 1986) sugli LP dei Destruction, ponendo le basi del thrash teutonico, e le fondamenta del mito di Schmier e sodali: rispetto ai modelli americani della Bay Area, le sonorità erano più tetre e oscure, nere e tenebrose. Il thrash si abbeverava in Baviera alla fonte maligna del dark-black inglese di Venom ed Angel Witch, per uscirne se possibile ancora più veloce e claustrofobico, tracciando una strada percorsa in quegli stessi mesi pure dagli amici Sodom, a nord del paese. I venti minuti scarsi di Bestial Invasion From Hell, nel 2000, sono stati interamente risuonati dai Destruction: la band ha aggiunto la registrazione, come bonus-cd, alla prima edizione di All Hell Breaks Loose, il disco che ha segnato il loro grande e definitivo ritorno fra i maestri indiscussi del genere. Un ponte fra passato e presente, fra giovinezza e maturità, fra innocenza e meritato successo.

Tracklist
1- Mad Butcher
2- Total Desaster
3- Antichrist
4- Front Beast
5- Satan’s Vengeance
6- Tormentor

Line up
Mike Sifringer – Guitars
Schmier – Bass / Vocals
Tommy Sandmann – Drums

Descrizione breve

1984 – Autoproduzione

Disembowel – Plagues And Ancient Rites

I Disembowel sono il classico combo che fa dell’attitudine old school la sua forza, quindi è inevitabile consigliarli solo ai fans del genere che avranno di che godere della nuvola di zolfo che si alzerà fin dalla prima nota di questo Plagues And Ancient Rites.

Non solo Brasile, ma l’intero Sudamerica è continente metallico e le realtà underground provenienti dagli altri paesi si sommano così alla consolidata tradizione verdeoro.

Se poi il nostro interesse va alla frangia estrema del metal, le sorprese non mancano, con Argentina e Cile a regalarci putridi esempi in tutte le sue abominevoli forme.
I Disembowel, per esempio, nascono in Cile nel 2012, arrivano all’esordio sulla lunga distanza dopo un ep (Act Of Invocation) e un demo (Form The Depths) uscito pochi mesi prima di questo marcissimo Plagues And Ancient Rites.
L’esordio conferma la natura old school del trio formato da Leviathan (voce, basso), Azathoth (chitarra) e Goat (batteria), e l’album sprigiona una carica maligna e morbosa: la band si rifà alle opere di H.P. Lovecraft e ad una attitudine anticristiana inglobata in un sound assolutamente datato, sotto forma di un death/thrash senza soluzione di continuità e dallo spirito underground che si evince anche da una produzione scarna e malata.
Plagues and Ancient Rites rivela la sua natura diabolica ed oscura fin dalla intro che sfocia nell’arrembante Lord Of Shadows, con ritmiche serrate e solos slayerani in un vortice estremo ed assolutamente evil; l’album ha comunque nella title track il suo momento migliore, anche se si rivela un macigno dall’anima corrotta dall’inizio alla fine.
I Disembowel sono il classico combo che fa dell’attitudine old school la sua forza, quindi è inevitabile consigliarli solo ai fans del genere che avranno di che godere della nuvola di zolfo che si alzerà fin dalla prima nota di questo Plagues And Ancient Rites.

Tracklist
1.Intro – Innsmouth Evocation
2.Lord of Shadows
3.IA! IA! Nyarlathotep
4.The Pact with the Sect of the Sea
5.Los Antiguos Eran… Los Antiguos Son… Los Antiguos seránS
6.Plagues of the Ancient Rites
7.The Ancient Cult of Cthulhu
8.En el Abismo
9.Antra Gnomorum

Line-up
Goat – Drums
Azathoth – Guitars
Leviathan – Vocals, Bass

Throneum / Necrosadist / Empheris / Witchfuck – Night of Terror

La resa audio del live è terribilmente deficitaria e di sicuro questo non rende giustizia all’impegno delle band coinvolte, trattandosi di una registrazione men che amatoriale.

La Unpure Records pubblica questo split in formato cassetta che immortala dal vivo quattro band estreme della scena polacca, registrando parte dello show tenutosi durante il Night of Terror tenutosi a Chorzów lo scorso 21 ottobre.

Di per sé l’operazione non sarebbe affatto male, visto che in un colpo solo ci sarebbe la possibilità di ascoltare due brani ciascuno di gruppi dalla storia già abbastanza lunga come Throneum, Empheris e Necrosadist, o più recente come i Witchfuck, tutte comunque dedite ad un black/thrash piuttosto diretto e genuino.
Il grosso problema è che la resa audio del live è terribilmente deficitaria, nel senso che siamo al livello di un bootleg di scarsa qualità , anche se è possibile che il nastro restituisca un minimo di profondità in più rispetto al formato mp3 in mio possesso: di sicuro questo non rende giustizia all’impegno delle band coinvolte, trattandosi di una registrazione men che amatoriale.
Personalmente provo massima stima e rispetto per chi sta cercando di riportare in auge le musicassette e di chi se ne strafotte della perfezione sonora privilegiando l’impatto sonoro ed i contenuti, però in questo caso si scende al di sotto di un’ipotetica soglia di tollerabilità. In definitiva, ritengo che Night of Terror possa essere un prodotto appetibile solo per chi si trovava quel giorno al concerto, avendo così la possibilità di conservarne un ricordo “fisico”, mentre chi volesse approfondire la conoscenza di queste quattro band è meglio che si rivolga ad uscite più canoniche.

Tracklist:
Side A
1. Throneum – Exhibition of Abomination
2. Throneum – Godless Antihuman Evil
3. Empheris – Black Mirror of Unknown
4. Empheris – The Return of Derelict Gods Pt. IV
Side B
5. Necrosadist – Night of Sodomy
6. Necrosadist – Infernal Ritual
7. Witchfuck – Disgusting Rock’N”Roll
8. Witchfuck – Unholy Cunt

Line-up:
Throneum
Armagog – Bass
The Great Executor – Guitars, Vocals
Diabolizer – Drums

Necrosadist
Necroführer – Guitars, Vocals (backing)
Thot – Drums
Morbid G. – Bass, Vocals (backing)
Cuntreaper – Vocals

Empheris
Bonif – Bass
Adrian – Vocals
Tomasz Dobrzeniecki – Guitars
Giorgi Tchutchulashvli – Guitars
Szymon Żbikowski – Drums

Witchfuck
BeerTerror – Guitars
Hellscreamaross – Vocals, Lyrics
Count W. – Bass
M.D. – Drums