I cinquanta minuti di musica contenuti in Dor sono lo stato dell’arte del death doom melodico in questo momento, in quanto mi riesce difficile immaginare altre band oggi, se non i soli Saturnus, capaci di sollecitare con la stessa continuità le corde emotive degli appassionati.
Credo d’aver già parlato più volte (magari a sproposito) dell’effetto catartico che le forme più oscure e malinconiche del doom possono rivestire nei confronti degli spiriti maggiormente sensibili, specialmente quando si ritrovano a dover mettere assieme i cocci di una fragile esistenza.
La musica è il collante ideale per provare, se non a risolvere, sicuramente a riassemblare parzialmente quanto il corso della vita sta provando a mandare in frantumi e, in tal senso, in coincidenza dell’uscita di ogni album che vede coinvolto Daniel Neagoe, sia con gli Eye Of Solitude sia con il suo più recente progetto Clouds, è un po’ come avere la possibilità di ascoltare le parole di un amico che, invece di edulcorare inutilmente la realtà, decide di mostrare tutto il dolore del modo facendo scendere lacrime liberatorie e purificatrici.
Daniel, rispetto a molti altri grandi del settore, ha una prolificità compositiva che lo contraddistingue in maniera decisiva: per fare un esempio, negli ultimi sei anni, il tempo necessario per ascoltare un nuovo (capo)lavoro degli Evoken dopo Atra Mors, il musicista rumeno con le sue due band principali ha pubblicato complessivamente ben sette full length ed un numero considerevole di ep e singoli, tutto materiale di spessore artistico incommensurabile.
Rispetto agli EOS, con i Clouds Neagoe esplora il lato più melanconico e atmosferico del doom, coerentemente con quello che era stato l’intento manifestati all’epoca dell’esordio con Doliu, ovvero quello di omaggiare la memoria di chi non è più tra noi.
Tutto questo porta il sound di un album stupendo come Dor ad essere quasi antitetico per approccio al capolavoro degli Eye of Solitude che fu Canto III: mente in quel caso il senso della tragedia e del fallimento umano, nella vana ricerca di un senso all’esistenza, era qualcosa di tangibile, quasi fisico, ed esibito in maniera mirabilmente drammatica, qui il dolore è meno intenso e più soffuso, reso sopportabile nel suo essere diluito lungo brani intrisi di splendide melodie ed interpretati magistralmente dallo stesso Daniel e dagli ospiti che, come di consueto, arricchiscono ogni lavoro targato Clouds.
I cinquanta minuti di musica contenuti in Dor sono lo stato dell’arte del genere in questo momento, in quanto mi riesce difficile immaginare altre band oggi, se non i soli Saturnus, capaci di sollecitare con la stessa continuità le corde emotive degli appassionati, i quali non potranno che essere soggiogati dalla bellezza di questi sei brani dall’incedere struggente e in grado di indurre alla commozione dalla prima nota di Forever and a Day all’ultima di Alone.
The Last Day Of Sun è un grido di dolore in cui la disperazione (No one to hear my endless story / No one to set me free) si alterna alla disillusione, una prova di sommo lirismo che Daniel ci regala, assieme alla limpidezza di When I’m Gone, in cui ritroviamo la gradita partecipazione della bravissima Gogo Melone, e all’abbandono di The Forever Sleep, interpretata magistralmente da Pim Blankenstain (Can I close my eyes / This must be the night I die / Never to wake up again / The forever sleep and no more pain).
Il finale della title track è letteralmente lacerante nel sua tragica bellezza, mentre in Alone si può apprezzare lo splendido operato della giovane violinista Irina Movileanu, il cui tocco avvicina non poco il brano agli episodi più evocativi dei sempre imprescindibili My Dying Bride.
I Clouds odierni ripropongono la line-up a forte componente rumena già vista all’opera dal vivo quest’anno che comprende, oltre all’appena citata Irina, la base ritmica dei Descend Into Despair (Alex Costin e Luca Breaz) ad accompagnare l’ormai consolidata presenza dell’altro loro compagno Xander Coza alla chitarra, ai quali si aggiunge Indee Rehal-Sagoo, il quale non collaborava in studio con Neagoe dai tempi di Canto III; non so se tutto questo abbia contribuito a rendere i Clouds (al netto della sempre gradita partecipazione dei vari ospiti) un qualcosa di più vicino che in passato all’idea di band canonica, fatto sta che Dor si rivela a mio avviso il punto più alto di una discografia già comprensiva di gemme come Doliu, Departe e lo stesso Destin, ma indipendentemente da ciò, l’importante è sapere che “l’amico” di cui si parlava all’inizio è sempre lì, pronto a renderci più sopportabili i rovesci e le sventure dell’ esistenza esibendone senza filtri la sua ineluttabile caducità.
Tracklist:
1. Forever and a Day
2. The Last Day of Sun
3. When I’m Gone
4. Dor
5. The Forever Sleep
6. Alone
Line-up:
Alex Costin – Bass
Luca Breaz – Drums
Indee Rehal-Sagoo – Guitars
Xander Coza – Guitars
Daniel Neagoe – Vocals, Guitars, Bass, Drums, Keyboards
Irina Movileanu – Violin
Guests :
Gogo Melone – vocals on 3.
Pim Blankestein – vocals on 5.
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