Kantica – Reborn In Aesthetics

Una produzione da top band, una cantante che incanta ed ammalia e cinque musicisti che formano una squadra compatta ed assolutamente vincente, sono le prime avvisaglie di un’opera ottima in ogni dettaglio, creata per far innamorare gli (ancora tanti) estimatori del power metal sinfonico.

Questa volta a regalarci cinquanta minuti di metal sinfonico, tra power e gothic in un deliro orchestrale e maestoso, sono i savonesi Kantica, band ligure al debutto su Revalve con Reborn In Aeshtetics.

Mettetevi il cuore in pace cari cacciatori dell’arca dell’originalità, perché qui si cavalca il genere giocando con tutti i suoi cliché, ma il bello è che i Kantica il gioco lo conducono con maestria lasciando l’impressione di essere al cospetto di un gruppo con molta più esperienza di quella che suggerisce l’anagrafe.
Sonorità piene e cinematografiche si specchiano sul golfo ligure prima che lo scirocco si alzi e la mareggiata porti con sé cavalcate power metal dalle ritmiche potentissime, alternandosi con pacate atmosfere gothic ed impreziosite da orchestrazioni dal piglio moderno, come negli ultimi lavori di quella che il sottoscritto considera la band regina del genere, gli Epica.
Una produzione da top band, una cantante che incanta ed ammalia e cinque musicisti che formano una squadra compatta ed assolutamente vincente, sono le prime avvisaglie di un’opera ottima in ogni dettaglio, creata per far innamorare gli (ancora tanti) estimatori del power metal sinfonico.
Dopo l’intro i primi botti portano il titolo di Fascination Of The Elements, un brano in crescendo che prepara l’ascoltatore alla maestosa atmosfera che regna nel resto dell’album con brani carichi di nobile e sinfonico metallo come And There Then Was Pain, che tanto sa di primi Temperance.
Tutto gira a meraviglia in Reborn In Aeshtetics, decine di cambi di tempo spezzano il respiro, come affrontare un mare in tempesta sulla prua di un vascello, mentre Hellborn Lust, Lovecide e Psychological Vampire confermano il mood epico sinfonico dell’album.
Un debutto per certi versi sorprendente, che conferma la sempre crescente qualità della scena tricolore in un genere dove si è ormai detto tutto e nel quale la differenza la si può fare solo in termini di songwriting e di un talento che iKantica hanno da vendere.

Tracklist
01.(Re)Born Unto Aestheticism
02.Fascination of the Elements
03.And Then There Was Pain
04.Hellborn Lust
05.Albatross
06.R.E.M. State
07.From Decay to Ascension
08.Illegitimate Son
09.Psychological Vampire

Line-up
Chiara Manese – Vocals
Matteo ‘Vevo’ Venzano – Rythm guitar
Andy ‘K’ Cappellari – Lead guitar
Fulvio DeCastelli – Bass guitar
Enrico Borro – Keyboards
Tiziana ‘Titti’ Cotella – Drums

KANTICA – Facebook

Deeper Down – The Last Dream Arms

Tra le trame di The Last Dream Arms si torna a respirare l’eleganza tragica e poetica del gothic/doom, con brani che si colorano di un arcobaleno dalle tinte scure che dal nero portano al grigio, creando una spessa coltre di nebbia che nasconde romantici giochi di luci ed ombre.

E’ un piacere notare come, dopo anni di predominio della parte più sinfonica e power del gothic metal, ultimamente si tornino a percorrere le strade tracciate dai gruppi storici che, nei primi anni novanta, presero a spallate il mercato con una serie di oscuri e melanconici lavori che univano atmosfere dark/gothic con la pesantezza del doom/death metal.

Dal Regno Unito ai Paesi Bassi, con qualche passaggio ancora più a nord, ma ancora lontani dal boom dei gruppi scandinavi trainati dal successo dei Nightwish, la scena di allora ha influenzato una moltitudine di band in ogni parte del mondo, tornando in questo periodo con nuove realtà e lavori bellissimi come The Last Dream Arms, debutto dei nostrani Deeper Down (monicker che ricorda l’ep dei My Dying Bride uscito nel 2006).
Il quartetto proveniente da Campobasso arriva a pubblicare il suo primo lavoro dopo qualche anno dalla nascita, alcuni assestamenti nella line up e la firma per Hellbones Records, che licenzia questo intenso tributo alla sposa morente: non c’è niente di male se il gruppo molisano guarda alla band britannica come sua primaria fonte di ispirazione, aggiungendovi l’eterea voce di Elisa e proponendoci sei brani di malinconico gothic metal, mantenendo la presenza della voce maschile, del piano ed del violino che rimembrano le trame dark di Stainthorpe e soci così come, in parte, dei primi Katatonia.
Tra le note di The Last Dream Arms si torna a respirare l’eleganza tragica e poetica del gothic/doom, con brani che si colorano di un arcobaleno dalle tinte scure che dal nero portano al grigio, creando una spessa coltre di nebbia che nasconde romantici giochi di luci ed ombre, mentre The Night Descends ci accompagna sulle vie disseminate atmosfere  soffuse, oppure tormentate dalla potenza sofferta del doom metal in The Time Road e nella title track.
The Persistence Of Memory, strumentale che avvolge l’ascoltatore nelle ombre di Anathema e Katatonia, chiude questo ottimo lavoro consigliato ai fans dei gruppi citati e agli amanti del gothic meno sinfonico e molto più raffinato e sofferto.

Tracklist
1.The Night Descends
2.The Time Road
3.The Last Dream Arms
4.Silence Kills
5.The Game of Shadows
6.The Persistence of Memory

Line-up
Giuseppe – Vocals, electric and acoustic guitar, piano, synt, drums, all music and lyrics
Luca – Rhythm & clean guitar
Alessandro – Violin
Elisa – Vocals
Roberto – Bass

DEEPER DOWN – Facebook

Stray Bullets – Shut Up!

L’album ci regala una quarantina di minuti abbondanti intrisi dell’atmosfera sfrontata, irriverente e a tratti malinconica dello street/hard rock.

Ci sono voluti più o meno undici anni prima che i veronesi Stray Bullets riuscissero a licenziare il loro primo album, ma le cose ora sono al loro posto grazie alla collaborazione tra Sneakout Records e Burning Minds Music Group, frangia della grande famiglia Atomic Stuff dedicata all’hard rock melodico e (in questo caso) allo street/glam ottantiano.

Una lunga storia di cambi di line up e i soliti guai che attanagliano molti gruppi ad inizio carriera hanno rallentato l’arrivo sul mercato del quintetto, pronto a conquistare i cuori ribelli dei rockers orfani delle luci e delle notti magiche del Sunset Boulevard con Shut Up! esordio composto da undici brani di street/rock’n’roll adrenalinico.
Prodotto dalla band con la supervisione di Oscar Burato e Stefano Gottardi, mixato e masterizzato negli Atomic Stuff Studio da Oscar Burato, L’album ci regala una quarantina di minuti abbondanti intrisi dell’atmosfera sfrontata, irriverente e a tratti malinconica del genere, con gli Stray Bullets che dimostrano di saperci fare con i punti fermi che hanno fatto la storia del rock a stelle e strisce.
Il riffone di Lost Soul Town dà inizio alle danze, con Ale che dimostra d’essere cantante di razza, e tutto gira a mille tra street rock ed una vena punk rock che lascia all’ascoltatore una piacevole sensazione di attitudine ribelle, almeno fino a One Way, bellissima ballad classic rock.
Che siamo al cospetto di un gruppo dall’alto potenziale lo si evince proprio da questa prova superata con il lentone d’ordinanza, quasi di prassi in album del genere ma non sempre riuscito bene come avviene invece in questo caso.
Da qui in poi si riparte a grande velocità e Shut Up! arriva sparato alla fine senza intoppi e con ancora un paio di brani adrenalinici come Sex Pot e la conclusiva, metallica Crash.
Ottimo debutto quindi, con le ispirazioni e le influenze  tutte riscontrabili nel periodo storico dello street/glam, quindi cari rockers il consiglio è di non perdervi questo lavoro, perché c’è da divertirsi.

Tracklist
01.Lost Soul Town
02.Get On You
03.Hurts
04.Candy
05.One Way Emotion
06.Put Up Or Shut Up
07.Sexpot
08.Be Your Man
09.Rain
10.Blackout
11.Crash

Line-up
Ale – Vocals
Duff – Bass, Backing Vocals
Male – Guitar, Backing Vocals
Nick – Guitar
Zen – Drums, Backing Vocals

STRAY BULLETS – Facebook

Entropy Coding – Tales Of The Moon

Tales Of The Moon è un affresco di metal sinfonico raffinato ed elegante, impreziosito dai vari musicisti ospiti della Coltrè e da un songwriting che pur mantenendo un approccio tradizionale al genere, è ricco di talento e di una marcata personalità.

Nella splendida cornice della scena metallica nostrana, oltre alle band che sono da anni gli storici punti di riferimento, nascono e si rigenerano decine e decine di realtà che ormai non hanno nulla da invidiare ai gruppi stranieri che formano l’immenso mondo della nostra musica preferita.

Etichette e artisti si sono rimboccati le maniche cercando di regalarci opere d’arte in un periodo di crisi, non solo economica, durante il quale vivere di emozioni equivale ad essere considerato obsoleto.
Nella scena della capitale si muove con il suo progetto Entropy Coding la compositrice, pianista e tastierista Susanna Coltrè, che per l’attivissima etichetta Agoge Records debutta con Tales Of The Moon, aiutata da una serie di ospiti speciali ed dal produttore Gianmarco Bellumori, patron della label.
L’album è un affresco di metal sinfonico raffinato ed elegante, impreziosito dai vari musicisti ospiti della Coltrè e da un songwriting che pur mantenendo un approccio tradizionale al genere, è ricco di talento e di una marcata personalità.
Ammantato da un’atmosfera di raffinato romanticismo, il lavoro risulta un’opera da godere in totale relax: metallico, progressivo e sferzato a tratti da un vento power, segue le coordinate del sound proveniente dal nord Europa, con il grande impegno di forze che dal progressive prendono ritmiche e cambi di tempo, mentre le sinfonie accrescono il mood operistico senza farci sembrare al cospetto della solita band fotocopia di Nightwish e compagnia.
Neon In The Dark, la splendida Luna ed il capolavoro prog/gothic metal Eclipse, seguite dagli epici movimenti sinfonici di Knight Prisoner, sono i momenti più riusciti di un album che non risparmia emozioni a chi avrà la fortuna di fermarsi ad ascoltare quello che Susanna Coltrè è riuscita a creare in virtù di un talento straordinario.

Tracklist
1.Once Upon a Time
2.Neon in the Dark
3.Feel the Air
4.Luna
5.Eclipse
6.Running Before the Dawn
7.Knight Prisoner
8.The Wolf’s Trap
9.Shining Through Our Light

Line-up
Susanna Coltrè: Keyboardist, Pianist and Composer

Collaborations:
Emiliano Cantiano – Drums
Leonardo Barcaroli – Bass
Melania Petrillo – Vocals
Giovanni Saulini – Vocals
Filippo Rosati – Guitars
Fabrizio Proietti – Guitars
Cristiano Neila – Guitars
Vlad Voicu – Guitars
Davide Catania – Guitars
Danilo Carrabino – Guitars

ENTROPY CODING – Facebook

Aborym – Something for Nobody Vol​.​1

Un’uscita interessante, che conferma il valore e la peculiarità di una delle eccellenze nazionali in ambito metal (e non solo).

Dopo aver piazzato con Shfting.Negative un altro fondamentale tassello nel loro percorso artistico, gli Aborym tornano ad offrire musica inedita con questo lavoro intitolato Something for Nobody Vol​.​1.

Ovviamente non siamo di fronte ad un nuovo full length, perché in realtà l’album in questione è incentrato su una lunga traccia intitolata, appunto, Something for Nobody pt.1, la prima parte di una trilogia che Fabban sta scrivendo per farne una colonna sonora, commissionata dal regista Raffele Picchio per il suo cortometraggio Sakrifice.
Anche (ma non solo) per questo i venti minuti della traccia sono attraversati da molte delle pulsioni che animano la creatività del musicista pugliese; così, se per la maggior parte il contenuto è caratterizzato da una ambient a tratti alternativamente delicata ed inquieta, non mancano spunti jazzistici e altri di pungente elettronica senza che venga mai meno l’impronta del marchio Aborym, ormai riconoscibile indipendentemente dal genere musicale offerto.
Il resto del lavoro è completato da cinque remix che vedono un reciproco scambio di cortesie con Keith Hillebrandt (facente parte della cerchia dei Nine Inch Nails) con il sound producer che rimaneggia a modo suo For A Better Part e gli Aborym che fanno altrettanto con la sua Farwaysai, e i romani Deflore che industrializzano You Can’t handle The Truth ricevendo lo stesso favore per la loro Mastica Me; oltre a questi, Fabban cura anche il remix di Deathwish degli ottimi Angela Martyr.
Per mia indole fatico a ritenere i remix, chiunque ne sia l’autore e in qualsiasi ambito, un’operazione in grado di aggiungere o togliere qualcosa all’operato di un musicista o di una band, ma non per questo devono essere trascurate a prescindere, specialmente in questo caso: come detto, dipende molto anche dalla sensibilità e dalla ricettività dell’ascoltatore, resta il fatto che queste cinque tracce, alla fine, si rivelano un buonissimo contorno al brano principale, aumentando i motivi di potenziale interesse di un’opera che conferma il valore e la peculiarità di una delle eccellenze nazionali in ambito metal (e non solo).

Tracklist:
1.Aborym – Something for Nobody pt.1 (Sakrifice)
2.Keith Hillebrandt – For A Better Past (Deconstruction mix by Keith Hillebrandt)
3.Deflore – You Can’t handle the Truth (Evil dub deconstruction by Deflore)
4.Aborym – Deathwish (Ecstasy under duress remix by Aborym)
5.Keith Hillebrandt – Farwaysai (Inertia remix by Fabban, Aborym)
6.Aborym – Mastica Me (Digitalis Ambigua remix by Aborym)

ABORYM – Facebook

Totenwagen – Notte Di Guai

Tutto è originale e molto molto partenopeo: Napoli è una città ricca e dalle tantissime contraddizioni, perché è piena di vita, e la vita porta conflitto, come questo disco meravigliosamente unico.

Gli Squallor del metal, ma nemmeno del metal, sono proprio una cosa mai vista questi napoletani.

Squallor per l’attitudine assolutamente senza compromessi e libera. Come ebbe a dire la mai abbastanza famosa Susanna Messaggio, questi ragazzi sono così metal che lo fanno senza chitarre, ed è proprio vero, non hanno le chitarre. Cantano in tedesco ed in napoletano e ci portano nel loro potentissimo circo musicale e non solo. Detta così sembrerebbe un’operazione un po’ vaga, ma bisogna davvero sentire il disco per capire, tanto più che i Totenwagen lo regalano in download libero. C’è di tutto qui dentro, come una folle corsa in una notte di guai per i vicoli partenopei, ma soprattutto troviamo la musica vera, quella sentita e senza pose. Attraversando Notte di Guai si passa per tantissimi territori, davvero troppi da elencare, ma è la sintesi dei Totenwagen quella che conta. Notte di Guai potrebbe essere una storia gothic punk metal, dove il lo fi incontra la qualità intellettuale, e seguite molto bene i testi perché sono interessanti. Strane chitarre, batteria che pulsa, un basso che indica la via, organo che entra sempre benissimo ed un cantato collettivo che sale al cielo come un sol uomo. Notte di Guai è davvero un’esperienza unica sia da sentire che da vivere tout court. Tutto il disco è bellissimo, ma ci sono momenti di pura genialità come Spit And Run per dirne una, un veloce rock italiano anni 80. Ma qui tutto è originale ed unico, e molto molto partenopeo, perché Napoli è una città ricca e dalle tantissime contraddizioni, perché è piena di vita, e la vita porta conflitto, come questo disco meravigliosamente unico. Per me uno dei dischi più belli dei primi mesi del 2018.

Tracklist
1.Bestialische Friedenlust
2.Nocturno punk
3.Quando cala la notte… Allor’ si te ne fotte
4.Spit and run
5.Beschmutzer
6.Nduvosck
7.Notte di guai
8.Audacess
9.Funerale all’ italiana

TOTENWAGEN – Facebook

Burning Leaf – And The Fire Burns Inside

Nuova band per il batterista Steve Foglia, al debutto con i quattro brani racchiusi in questo primo ep dal titolo And The Fire Burns Inside.

Steve Foglia torna dopo Steve In Wonderland, il bellissimo secondo lavoro solista che l’ex batterista dei Jennifer Scream licenziò nel 2014: il musicista sannremese si ripresenta oggi con una nuova band, i Burning Leaf, e quattro brani racchiusi nell’ep d’esordio And The Fire Burns Inside.

Il quartetto è composto (oltre che da Steve Foglia alla batteria), da Federico Motta alla chitarra, Eric Locci al basso e Francesca Foglia al microfono.
Le quattro canzoni alternano hard rock, frustate street e sfumature dark anni ottanta, per una miscela esplosiva di generi ed influenze racchiuse in un sound che, a ben sentire, non manca di quel tocco di originalità necessario per non farlo passare inosservato.
Ovviamente è presto per dire dove potranno arrivare i Burning Leaf, sicuramente si può affermare che la loro musica nasce dall’interazione di musicisti dal passato differente, unito in un rock duro che non disdegna passaggi intimisti e strutture alternative, così da valorizzare brani come l’opener Wonderer (la più glam rock del lotto), l’alternativa So Slowly, l’hard rock che tanto sa di Who di You See I’m Free e la semi ballad Your Drum Still Shine, pezzo conclusivo nel quale spicca la prestazione della cantante.
Diamo il bentornato a Steve Foglia, augurandogli una buon proseguimento con la sua nuova band, e godiamoci And The Fire Burns Inside attendendo ulteriori buone nuove dai Burning Leaf.

Tracklist
1.Wonderer
2.So Slowly
3.You See, I’m Free
4.Your Drum Still Shine

Line-up

Steve Foglia – Drums
Francesca Foglia – Voclas
Federico Motta – Guitars
Eric Locci – Bass

BURNING LEAF – Facebook

https://youtu.be/voaisX5Z-p4

AElementi – Una Questione Di Principio

L’ennesima buona proposta dell’attivissima etichetta Andromeda Relix parla il linguaggio progressivo dei romani AElementi, quartetto romano nato una decina d’anni fa e solo ora giunto all’attenzione degli amanti del genere grazie al debutto Una Questione Di Principio.

L’ennesima buona proposta dell’attivissima etichetta Andromeda Relix parla il linguaggio progressivo dei romani AElementi, quartetto romano nato una decina d’anni fa e giunto solo ora all’attenzione degli amanti del genere grazie al debutto Una Questione Di Principio.

La band vede all’opera quattro ottimi musicisti come Daniele Lulli (chitarra), Francesca Piazza (voce), Manuele D’Anastasio (batteria) e Angelo Celani (basso), con la collaborazione di Dario Pierini (tastiere) creatori di un sound che pesca da varie correnti del mondo progressivo per un risultato apprezzabile.
Il cantato nel nostro idioma non inficia la resa di questi sei brani più intro, eleganti e sempre in bilico tra la tradizione italiana e le storiche band degli anni settanta, ed un più roccioso prog metal che modernizza e rende al passo coi tempi il sound di brani maturi e dalle gustose melodie come Lontananza, Straniero o Voce.
Le melodie, importantissime nella musica degli Aelementi, consemtono di fare agevolmente presa sull’ascoltatore, anche quello meno abituato alle impegnative sonorità del progressive rock, con il gruppo che, a camei strumentali dalle atmosfere settantiane e fughe strumentali che strizzano l’occhio al metal più raffinato, aggiunge linee vocali tradizionali nella musica tricolore: non solo rock quindi, ma anche piccoli passi nel pop d’autore.
P.F.M. e Le Orme vanno a braccetto con i più giovani e metallici Shadow Gallery e Threshold tra le trame di Vuoto e Addio, senza andare scalfire la spiccata personalità del gruppo capitolino.
Una Questione Di Principio è un buon lavoro rivolto non solo agli amanti del rock progressivo, ma sicuramente in grado di soddisfare una più vasta gamma di ascoltatori.

Tracklist
1.Principio
2.Lontananza
3.Vuoto
4.Straniero
5.Delirio
6.Voce
7.Addio

Line-up
Daniele Lulli – Guitars
Francesca Piazza – Vocals
Manuele D’Anastasio – Drums
Angelo Celani – Bass

Dario Pierini – Keyboards
Giordana Sanfilippo – Chorus
Carlotta Sanfilippo – Chorus

AELEMENTI – Facebook

Under Siege – Under Siege

Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche a sfuriate estreme dove le melodie hanno la loro importanza.

Gli Under Siege sono una nuova realtà formatasi un paio di anni fa e che, con questo primo assalto sonoro, si presenta in tutta la sua natura guerresca.

Il quintetto di Palestrina aggiunge al genere un epico incedere ed ottime atmosfere folk con un’opera fornita della personalità necessaria per non farsi dimenticare dopo pochi ascolti.
Partiamo dunque per incontrare la morte o la gloria nei vari scontri che ci guideranno fino alla fine di questi quaranta minuti, dove il death metal melodico scandinavo incontra il power ed il folk: il gruppo si presenta con due brani che rispecchiano in toto il suo credo, Blàr Allt Nam Bànag, dall’intro lasciato alle note folk della cornamusa per poi trasformarsi in un veloce brano melodic death, mentre l’epico accordo iniziale di Warrior I Am si trasforma in una cavalcata death/power che centra il bersaglio e si rivela uno dei brani cardine dell’album.
Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche (Beyond The Mountains) a sfuriate estreme (Invaders) dove le melodie hanno la loro importanza, così come gli interventi della cornamusa che regala un tocco folk/fantasy a tracce come la superba One To Us.
L’album si chiude con le note della ballad d’altri tempi Bright Star Of Midnight, e a noi non rimane che consigliare l’ascolto agli amanti del genere e di gruppi come Amon Amarth ed Ensiferum, dei qiali gli Under Siege sono fieri eredi.

Tracklist
1.Blàr Allt nam Bànag
2.Warrior I Am
3.Time for Revenge
4.Beyond the Mountains
5.Invaders
6.Sotto assedio
7.One to Us
8.Bright Star of Midnight

Line-up
Paolo Giuliani – Vocals, Bagpipes
Daniele Mosca – Guitars, Backing Vocals
GianLuca Fiorentini – Guitars, Backing Vocals
Livio Calabresi – Bass, Backing Vocals
Marzio Monticelli – Drums

UNDER SIEGE – Facebook

Feronia – Anima Era

Una band imprevedibile, un album bellissimo e perfettamente bilanciato tra eleganza prog ed irruenza metal: Anima Era risulta un debutto straordinario, personale ed ispirato.

Grande musica è quella che ci regalano i Feronia, al loro debutto su Andromeda Relix.

Il quartetto piemontese raggiunge questo primo traguardo con Anima Era, un album di spessore che reinterpreta il rock progressivo tradizionale e l’hard rock con piglio moderno, sia nelle scelte di produzione e degli  arrangiamenti, sia per un’ispirazione alternativa capace di rivestire il sound di un appeal altissimo.
Segnata dalla rimarchevole e personale interpretazione della cantante Elena Lippe, protagonista alla pari di un songwriting ispiratissimo, l’opera si può certamente considerare un concept a sfondo ecologico, con il nostro pianeta, visto come la grande madre che abbraccia e protegge il delicato ecosistema di cui noi, come genere umano, facciamo parte.
Completano la line up dei Feronia il chitarrista Fabio Rossin e la sezione ritmica composta da Daniele Glorgini al basso e Fabrizio Signorini alle pelli, dotati di ottima tecnica individuale al servizio della forma canzone e non per mero esercizio tecnico.
E come un vento che soffia deciso da nord, Anima Era ci travolge con i suoi undici capitoli, sferzanti e passionali, metallici ma alternativamente progressivi, richiamando ispirazioni che appaiono e scompaiono senza soffermarsi troppo, così da non avere un punto di riferimento, ma decine di spunti con i quali la band crea la sua personale rivisitazione del rock progressivo nel nuovo millennio.
Così, dall’opener Priestess Of The Ancient New, si comincia un viaggio nell’arte musicale per toccare temi importanti come ecologia, psicologia, ricerca spirituale e politica, con le note che formano una colonna sonora che ha nelle varie Wounded Healer, Humanist, Dephts Of Self Delusion e Thumbs Up! il fulcro musicale dell’album.
Una band imprevedibile, un album bellissimo e perfettamente bilanciato tra eleganza prog ed irruenza metal: Anima Era risulta un debutto straordinario, personale ed ispirato.

Tracklist
1.Priestess Of The Ancient New
2.Atropos
3.Wounded Healer
4.Garden Of Sweet Delights
5.Humanist
6.Free Flight
7.Innocence
8.Dephts Of Self Delusion
9.Exile
10.Thumbs Up !
11.A New Life

Line-up
Elena Lippe – Vocals
Fabio Rossin – Guitars
Daniele GIorgini – Bass
Fabrizio Signorino – Drums

FERONIA . Facebook

Godwatt – Necropolis

Misterioso e onirico, Necropolis non lascia speranze e si presenta come un ‘oscura valanga di note che toccano vette di perdizione senza pari.

Questa volta Moris Fosco (voce e chitarra), Mauro Passeri (basso) e Andrea Vozza (batteria) ci invitano ad un sabba nella città dei morti, avvolti dal buio millenario e dall’odore della morte, unica signora di questi luoghi dimenticati dal tempo.

Appena entrati nelle buie e labirintiche caverne, i tra sacerdoti nostrani ci lasciano al nostro destino, la musica accompagna l’alienante e drammatica ricerca di una via d’uscita che non troveremo mai più, inghiottiti nel buio eterno di questa civiltà parallela dove riposano i morti.
I Godwatt sono tornati dopo L’Ultimo Sole, sorta di compilation che la Jolly Roger aveva licenziato lo scorso anno e che era formata da sette brani ri-registrati da MMXVXMM (uscito nel 2015) più un paio dall’album Senza Redenzione (2013), e Necropolis conferma il gruppo come uno dei migliori interpreti di doom metal tricolore.
Avvolti da una nebbia stoner, anche i nuovi brani (cantati rigorosamente in italiano) formano un monolite metallico pesantissimo: misterioso e onirico, Necropolis non lascia speranze e si presenta come un’oscura valanga di note che toccano vette di perdizione senza pari, una continua alternanza tra heavy doom ispirato agli anni settanta, momenti di nere trame metalliche provenienti dal decennio successivo ed ispirate alla tradizione italiana, e più moderne pulsioni stoner che contribuiscono a rendere il sound pesantissimo e psichedelico.
La title track è l’intro che ci accompagna nelle oscure trame di questo Moloch musicale, che ha momenti di intenso incedere lavico già da Morendo, mentre Siamo Noi Il Male rappresenta tutto il credo musicale del gruppo, nove minuti di metallo che equivalgono ad un asteroide in caduta libera sulle nostre teste, con testi che raccontano di morte ed eterna dannazione.
Necropolis non lascia tempo nè speranza, e La Tua Ora prosegue l’opera, lasciando a Tra Le Tue Carni la palma di brano più heavy rock dell’album, prima che il capolavoro La Morte E’ Solo Tua si prenda la scena.
Tenebre è il primo singolo licenziato dal gruppo per questo lavoro che ci lascia con l’atmosfera stoner di Necrosadico (bonus track della versione in cd), dove i Godwatt si avvicinano allo sludge e noi ormai agonizzanti ci ritroviamo sepolti dalla polvere sollevata dal passaggio in questi abissi di morte e disperazione.
Necropolis è un’altro bellissimo lavoro da parte di questa grande band che tiene alto il vessillo del metal italiano nella sua veste più oscura.

Tracklist
1.Necropolis
2.Morendo
3.Siamo noi il male
4.E’ la tua ora
5.Tra le tue carni
6.La morte è solo tua
7.Tenebre
8.R.I.P.
9.Necrosadico

Line-up
Moris Fosco – Guitars, Vocals
Mauro Passeri – Bass
Andrea Vozza – Drums

GODWATT – Facebook

Gabriels – Over the Olympus – Concerto for Synthesizer and Orchestra in D Minor Op. 1

Il progetto di questo disco è un affrontare l’ignoto, poiché nessuno aveva mai tentato di coniugare in un concerto i synth ed un’orchestra.

Potrebbe sembrare strano, ma ci sono ancora terre musicalmente vergini e piene di rigogliosi frutti che aspettano di essere colti.

Gabriels è molto più di un musicista e qualcosa in più di un compositore, è una mente ed un corpo votati totalmente alla musica, in quanto figlio d’arte e approfondito studioso della musica sia nella sua forma musicale che in quella fisica, come la foniatria. Innumerevoli sono le sue collaborazioni e le cose che ha fatto per la musica, spaziando dalla classica al metal, passando per il prog. Il progetto di questo disco è un affrontare l’ignoto, poiché nessuno aveva mai tentato di coniugare in un concerto i synth ed un’orchestra. Innanzitutto l’ascolto ci rende chiara l’assoluta godibilità di questo connubio, poiché come dice lo stesso Gabriels nell’intervista che ci ha rilasciato, se si trova la forma giusta si può fare tutto, e questo disco ne è la dimostrazione. Il concerto è una sorta di disco sugli dei dell’Olimpo, le loro gesta e le loro vicissitudini, quindi un qualcosa che deve essere rappresentato con maestosità. Il suono moderno del sintetizzatore si sposa molto bene con l’orchestra, e ci rimanda ai fasti sperimentali del prog anni settanta, quando la sperimentazione era la centro di molti percorsi musicali, totalmente scevri da qualsiasi intento commerciale, come è questo disco. La forza, la potenza e la bellezza della musica classica si incontrano con il suono moderno del sytnh per dare vita ad un qualcosa di totalmente nuovo che delizierà le vostre orecchie. Nella composizione l’attitudine è molto metal, poiché il synth viaggia spesso veloce e racchiude in sé ciò che potrebbe fare un gruppo musicale. Si viaggia veloce, ma tutto ha un suo tempo all’interno del disco, non c’è fretta poiché tutto segue un suo percorso ben preciso, e il genio di Gabriels tiene tutto assieme molto bene. Un disco che rimanda ad epoche lontane e ad alcune più vicine, sempre con la musica e l’amore per essa al centro, essendo questo una compenetrazione totale fra pensiero umano e composizione musicale. Musica classica progressiva.

Tracklist
01. Temple Valley (Andante)
02. By The Giant’s Eyes (Moderato)
03. Titans Versus Giants (Andante Con Moto)
04. Through White Clouds (Moderato)
05. The Magical Castle (Adagio)
06. Gods (Allegretto Con Fuoco)
07. Immortals (Epico)
08. Thunderbolts (Moderato)
09. Over The Olympus (Maestoso)

Line-up
Gabriels : composer
Strings Orchestra directed by Yusaku Yamada
Violins 1:
Ayaka Suzuki
Airi Tanaka
Daysuke Watanabe
Emi Inoue
Violins 2:
Goro Hayashi
Akemi Nakano
Kyoko Otonashi
Hitomi Miura
Junko Nakagawa
Violas:
Osamu Okamoto
Noriku Sakamoto
Aimi Ishii
Cellos:
Akane Maeda
Chira Abe
Emi Kimura
Hanako Inoue
Basses:
Izumi Yamamoto
Kaori Watanabe
Iroshi Shiba
Yusaku Godai
Piano:
Giovanni Puliafito
Harp:
Masakatsu Katsura
Percussions:
Hyo Shimizu
Timpani:
Kaori Matsumoto

GABRIELS – Facebook

Land Of Damnation – Demon

Primo ep per i campani Land Of Damnation, band dal sound ispirato sia dal death metal melodico che dal più tradizionale heavy metal.

Metal classico e melodic death metal, due generi uniti dal lavoro e dal talento delle storiche band scandinave che, nei primi anni novanta diedero vita alla scena death metal melodica.

Con gli anni il sound ha preso altre direzioni, amalgamandosi con i suoni moderni nati negli States grazie alle svolte stilistiche di Soilwork e, principalmente, In Flames, ma gruppi che continuano ad ispirarsi ai primi esempi di questo storico sodalizio non ne mancano certo, specialmente nell’underground.
I Land Of Damnation, per esempio, debuttano con Demon, ep di quattro brani più intro che esprime tutto l’amore dei musicisti campani per il genere: un buon inizio per il gruppo, visto il tiro dei brani che compongono l’opera.
Nata per volere dei due chitarristi che rispondono ai nomi di Adrian Beppe e Dark Tranquillo nel 2014, la band arriva solo ora al debutto con questo ep che non fa nulla per nascondere la sua natura classica, abbinata al death metal melodico dei primi In Flames e Dark Tranquillity e ad un tocco di oscurità power/thrash alla Iced Earth.
Demon, nella sua attitudine classicheggiante, riesce a toccare le corde giuste specialmente se ad avvicinarsi alla musica di cui è composto sono i fans dei gruppi citati, più ovviamente gli Iron Maiden, padrini del lato più classicamente heavy della title track e della splendida Tearing The Veil, brano top dell’album, perfetto nell’alternare atmosfere maideniane a più oscure e pressanti parti melodic death (grazie anche al growl dell’ospite Gioele Di Giacomo).
E’ più diretta la cavalcata Die, mentre il finale è lasciato alla lunga Harmonia, traccia che tanto sa di Iced Earth periodo Something Wicked This Way Comes.
In conclusione, questo si può definire un inizio promettente: Demon sa come accontentare gli amanti del genere e riesce a rappresentare al meglio un abbondante antipasto al più ricco piatto sulla lunga distanza

Tracklist
1. [Infernal] Intro
2. Land of Damnation
3. Tearing the veil
4. Die
5. Harmònia

Line-up
Adrian Peppe “Smith” – Guitar and Voice
DarkTranquillo J. “Murray” – Guitar
Michele “Svalfio” Alfano – Drums
Luigi “Towt” Smilzo – Bass

Gioele di Giacomo – Growl Vocals in “Tearing the veil”

LAND OF DAMNATION – Facebook

Manach Seherath – Timeless Tales

Esordio sulla lunga distanza per i napoletani Manach Seherath: Timeless Tales risulta un ottimo esempio di metallo epico e tastieristico, ispirato dalle opere dei Virgin Steele.

Dei Manach Seherath vi avevamo parlato tra le pagine metal di In Your Eyes ben tre anni fa, in occasione dell’uscita del primo demo omonimo composto da tre brani, tutti riproposti in questo esordio sulla lunga distanza.

Il gruppo attivo dal 2012 per volere del cantante Mich Crown, arriva finalmente alla pubblicazione di questo intenso lavoro, un notevole esempio di heavy metal melodico ed epicheggiante, strutturato sul gran lavoro delle tastiere e dall’impatto che trova la sua natura nella scuola ottantiana, anche se i suoni e gli arrangiamenti sono assolutamente al passo coi tempi.
La maggiore fonte di ispirazione per la band partenopea sono a mio parere i Virgin Steele: la band di David DeFeis aleggia sulla composizione dei nuovi brani, che si allontanano dalle atmosfere dark che erano rinvenibile nel vecchio demo, per abbracciare il sound dello storico gruppo epic metal statunitense.
Le tracce che compongono la parte inedita dell’album includono una vena epico declamatoria stimolante, con melodie che valorizzano il mood metallico dall’anima epica, mentre i duelli tra tastiere e chitarre sono supportati da una sezione ritmica presente e rocciosa.
The Waters Of Acheron ha un compito introduttivo, mentre si entra nel vivo con The Cursed Collector e la splendida Sword In The Mist, che accelera i ritmi e ci consegna il primo chorus epico.
Chasing The Beast ha nei refrain melodici il suo punto di forza, mentre Asleep: the Legend of a Heart pt.1 è sinfonica quel tanto che basta per farne un brano perfettamente bilanciato tra suoni tradizionali e moderno metal sinfonico.
I tre brani già editi sul primo demo portano alla conclusione questo ottimo lavoro, grazie al quale i Manach Seherath si confermano gruppo da seguire con attenzione e consigliato agli amanti del metal melodico ed epico.

Tracklist
1 – The Waters of Acheron
2 – The Cursed Collector
3 – Swords in the Mist
4 – Chasing the Beast
5 – Asleep: the Legend of a Heart pt.1
6 – Restless: the Legend of a Heart pt.2
7 – Arti Manthano: a Timeless Trilogy pt.1
8 – Timeless: a Timeless Trilogy pt.2
9 – All in All: a Timeless Trilogy pt.3

Line-up
Mich Crown – Vocals
Cyrion Faith – Keyboards
Gianluca Gagliardi – Guitars
Lukas Blacksmith – Bass
Carlo Chiappella – Drums

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Ilienses Tree – Edda

Una band del genere è assolutamente pronta a giocarsi la carta del full length, lo dicono la qualità della musica creata e la cura nei dettagli che emergono all’ascolto di Edda.

Gli Ilienses inaugurano con l’ep Edda la collaborazione con la Maculata Anima Rec.

La band sarda offre un metal che ha nei passaggi doom/death il proprio punto di forza, e l’orgoglio di appartenere ad una terra leggendaria si rispecchia in un sound estremo ma fortemente epico: queste sono le caratteristiche che rendono peculiare il sound degli Ilienses Tree, i quali come valori aggiunti immettono un ottimo songwriting ed un guerresco approccio alla materia estrema, che divengono poi i tramiti per un elegante viaggio lungo la storia secolare dell’isola.
Edda è un’opera interessante e ricca di sonorità che passano dal doom/death classico al death/black, e resta incollata perfettamente al padiglione uditivo grazie a tremende sfuriate estreme, in un mastodontico marciare tra mid tempo nei quali l’epicità dilaga, con non pochi riferimenti ad alcune leggende del panorama death/doom metal: ritroviamo così i primi Anathema e Paradise Lost arricchiti da una solennità che ricorda i Primordial, e Candlemass /Penance nelle jam di doom metal classico.
Tutto ciò rende tutti i brani che compongono Edda dei potenziali classici all’interno dei quali le citazioni esaltano l’atmosfera di brani epici ed oscuri come Ragnarok o Agony, cuore nero e pulsante sangue di questo album.
Una band del genere è assolutamente pronta a giocarsi la carta del full length, lo dicono la qualità della musica creata e la cura nei dettagli che emergono all’ascolto di Edda.

Tracklist
1.Edda
2.The Birth
3.Ragnarok
4.Agony
5.Dark Age

Line-up
Maurizio Meloni – Vocals
Claudio Kalb – Bass
Simone Milia – Guitar
Francesco Carboni – Guitar
Giammarco Vacca – Drums

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Abysmal Grief – Blasphema Secta

Gli Abysmal Grief hanno sempre fatto della creatività e dell’immaginario il proprio punto di forza, e questo, per chiunque sia in odore di metal, o soprattutto di doom, è un vero toccasana.

Dopo vent’anni di attività, gli Abysmal Grief dimostrano di non essere ancora paghi per il cammino tracciato e, dopo aver ascoltato questo nuovo album, Blasphema Secta, non possiamo che rallegrarcene.

Sicuramente nessun fan si aspettava passi indietro da parte della band genovese, che ci regala ancora un doom di altissima qualità e dagli scenari sempre più tetri.
Il fattore magia domina per tutta la durata del disco, aiutato dall’utilizzo di violini e sintetizzatori, ma non solo. È proprio il lato oscuro a soggiogarci fin dall’intro, preannunciando che ne saremo immersi fino alla fine. Gli Abysmal Grief hanno sempre fatto della creatività e dell’immaginario il proprio punto di forza, e questo, per chiunque sia in odore di metal, o soprattutto di doom, è un vero toccasana. Ogni intermezzo dai tratti gotici comunica solennità mista a vero e proprio terrore, come nella esemplare When Darkness Prevails, che non lascia spazio a fraintendimenti e rappresenta letteralmente la manifestazione di spiriti indomiti.
La gran varietà strumentale e vocale di ogni brano è scandita dalla batteria e da riff di chitarra in grado di causare talvolta potenti scapocciate, talvolta un clima cupo ma mai banale. Blasphema Secta rispecchia perfettamente ciò che viene annunciato già dalla copertina: l’esaltazione e la ritualità del male. Proprio ciò che cerca chi ascolta gli Abysmal Grief.
Una chicca da non perdere di vista per gli amanti del genere: il doom degli Abysmal Grief percorre sempre una strada propria, aprendosi ad orizzonti inediti.

Tracklist
1. Intro (The Occult Lore)
2. Behold the Corpse Revived
3. Maleficence
4. Witchlord
5. When Darkness Prevails
6. Ruthless Profaners

Line-up
Lord Alastair – Bass
Lord of Fog – Drums
Regen Graves – Guitars
Labes C. Necrothytus – Keyboards, Vocals

Malet Grace – Humanocide

Ottimo ritorno dei Malet Grace con questo ep intitolato Humanocide, consigliato agli amanti del metal dai gusti classici e progressivi, legati che siano al thrash o all’hard’n’heavy.

Dei Malet Grace vi avevamo parlato in occasione dell’uscita del debutto Malsanity, un ottimo lavoro che riuniva in un unico sound l’irruenza estrema del thrash con i ricami tecnici e le sfumature del metallo progressivo.

Ad oggi la band è tornata ad essere un duo dopo le registrazioni di questo mini cd per l’uscita dalla line up, a distanza di pochi giorni, della sezione ritmica (il batterista Andrea Giovanetti ed il bassista Andrea Paglierini).
Dunque i due fondatori (Gia,paolo Polidoro ed Alessandro Toselli) continuano la loro avventura con il monicker Malet Grace, ripartendo da Humanocide e dalla firma con la Spider Rock Promotion.
Cinque brani più intro per quasi mezzora di musica metal confermano le buone impressioni suscitate dal full length licenziato lo scorso anno, anche se il sound questa volta è meno soggiogato dall’elemento estremo ed è più in linea con il metal classico di ispirazione progressiva.
Ovviamente il thrash metal è presente, specialmente in alcune ritmiche mozzafiato (notevole The Constant Rhyme Of Perseverance) ma in generale la band questa volta lascia all’heavy metal più raffinato e progressivo il compito di introdurre l’ascoltatore nel proprio mondo.
Infatti, le varie Redemption Of Fear e Malerie mi hanno ricordato gli Eldritch più diretti, mentre Sometimes I Need To Die è una ballad in crescendo dalle atmosfere drammatiche, che placa ma non spezza la tensione comune a tutti i  brani presenti su Humanocide.
Ottimo ritorno dunque, e sperando che la band risolva i problemi legati alla line up, consiglio un ascolto agli amanti del metal dai gusti classici e progressivi, legati che siano al thrash o all’hard’n’heavy.

Tracklist
1.The Breath of a Psychotic Misfit
2.Redemption of Fear
3.Malerie
4.Sometimes I Need to Die
5.The Constant Rhyme of Perseverance
6.A Compensation of Souls

Line-up
G. Polidoro – Vocals/Lead and Rhythm guitar
A. Toselli – Lead and Rhythm guitar

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Malvento – Pneuma

I Malvento odierni raccolgono idealmente il testimone dell’occult metal italiano, portandolo fieramente lungo il tratto di percorso loro assegnato, con la consapevolezza di chi sa perfettamente che questa strada può essere ancora lunga e foriera di altri lavori di qualità eccelsa come Pneuma.

I campani malvento sono una delle band appartenenti alla scena black metal italiana nate ancora nel secolo scorso, per cui in questo caso è lecito parlare di una realtà collaudata e formata da musicisti esperti.

Una carriera così lunga ha fornito una produzione quantitativamente nella media, considerando che Pneuma è sì solo il quarto full length ma arriva a ben sette anni di distanza dal precedente.
Se prima ho parlato di black metal va doverosamente precisato che, con questo lavoro, si compie una sorta di definitivo distacco dal genere, almeno nella sua versione più canonica, portando a termine un processo iniziato già con Oscuro Esperimento Contro Natura.
Pneuma si snoda così come se si trattasse di un flusso guidato da un’oscura vena esoterica, nel corso del quale il vocalist Zim recita con un sussurro maligno testi in italiano di notevole impatto e profondità, appoggiati su un tessuto sonoro che fonde mirabilmente dark wave e dark ambient conferendo al tutto un senso melodico capace di fare la differenza.
Volendo fare un parallelismo con un’altra realtà nazionale tornata all’attività dopo un lungo silenzio, nel lavoro dei Malvento troviamo diversi punti di incontro, perlomeno a livello di approccio concettuale, con gli ultimi The Magik Way, però a mio avviso il trio partenopeo si rivela superiore proprio perché in grado di provocare un maggiore coinvolgimento emotivo.
A tale riguardo ritengo che tale risultato venga raggiunto proprio grazie a quella componente dark che porta, per esempio, un brano magnifico come Notte a sembrare un’ipotetica versione irrobustita e malevola dei Cure di Pornography; il tutto viene alternato a spunti ambient (con una fenomenale Vortex) che si trasformano nell’ideale colonna sonora di un rituale esoterico.
Non dobbiamo nasconderci dietro la falsa modestia negando che in Italia ci sia la maggiore concentrazione di band capaci di mettere in musica in maniera credibile tali tematiche, perpetuando una tradizione che viene da lontano e che abbraccia trasversalmente in vari generi: i Malvento odierni raccolgono idealmente tale testimone portandolo fieramente lungo il tratto di percorso loro assegnato, con la consapevolezza di chi sa perfettamente che questa strada può essere ancora lunga e foriera di altri lavori di qualità eccelsa come Pneuma.

Tracklist:
1. Pneuma (Intro)
2. Notte
3. La via sinistra
4. L’incanto
5. Vortex
6. Respiro notturno
7. Apuania
8. Le danze
9. Il risveglio (Outro)

Line-up:
Zin – Bass, Vocals
Nefastus – Drums, Guitars
Whip – Synthesizer, Programming

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