Scarlet Aura – Hot’N’Heavy

Melodie che si incastrano tra ritmiche potenti, accenni thrash impastati di groove e solos di stampo classico compongono le dodici nuove tracce di Hot’n’Heavy, un macigno sonoro che perde qualcosa in eleganza ma acquista in potenza ed impatto.

Tornano sul mercato gli Scarlet Aura, band rumena capitanata dalla singer Aura Danciulescu, bellissima e grintosa vocalist che, lontano dalle sirene power gothic metal sfoggia una voce da vera pantera metallica.

Il debutto Falling Sky aveva ben impressionato presentando un gruppo con la propria personalità e pronto per accompagnare in tour la divina Tarja Turunen.
Il nuovo album conferma il valore del quartetto di Bucarest, rivelandosi più metallico rispetto al suo predecessore, licenziato dalla band in concomitanza con il primo libro scritto dalla Danciulescu, The Book of Scarlet- Ignition.
Questa volta la band picchia da par suo, l’hard rock è a metà strada tra quello tradizionale e quello moderno pendendo più verso il secondo aspetto, e i brani risultano pregni di groove, aggressivi e metallici così come più arrabbiata è la voce della singer.
Melodie che si incastrano tra ritmiche potenti, accenni thrash impastati di groove e solos di stampo classico compongono le dodici nuove tracce di Hot’n’Heavy, un macigno sonoro che perde qualcosa in eleganza ma acquista in potenza ed impatto.
La bella vocalist torna in parte alle melodie del primo album sulle note ottantiane di Glimpse In The Mirror, Silver City e nella ballad Light Be My Guide, mentre il resto dell’album, come già descritto, calca la mano sull’aggressività regalando momenti di hard & heavy duro come l’acciaio in Hail To You, o nel macigno che sono la title track e Let’s Go Fucking Wild.
Ritorno assolutamente degno dei complimenti ricevuti per il primo lavoro, Hot’n’Heavy non deluderà gli amanti del rock duro.

Tracklist
1.The future becomes our past
2.Hail to you
3.In the name of my pain
4.Hot’n’heavy
5.Fallin’ to pieces
6.Glimpse in the mirror
7.You bite me I bite you back
8.Hate is evanescent, violence is forever
9.Silver city
10.Light be my guide
11.Let’s go fuckin’ Wild

Line-up
Aura Danciulescu – Lead Vocals
Mihai Thor Danciulescu – Lead Guitars and Vocals
Rene Nistor – Bass Guitar
Sorin Ristea – Drums

SCARLET AURA – Facebook

Zero – Waves Of Grief, Seas Of Regrets

In un genere nel quale molti pensano che si possa fare la differenza con una vocina pulita e qualche strillo, band come gli Zero portano tanta qualità ed un impatto devastante che disegna sorrisi soddisfatti sulle labbra degli amanti del metal estremo e moderno.

Metallo moderno e progressivo, una potente miscela di metalcore e djent che non lascia indifferenti per songwriting e livello esecutivo dall’alto tasso tecnico.

Tutto questo troverete in Waves of Griefs, Seas of Regrets nuovo lavoro dei nostrani Zero, band veneta nata tre anni fa dalle ceneri degli Zero Fucks Given, band metalcore trasformatasi in una nuova realtà, molto più matura e personale.
Proprio il metalcore, genere abusato in questi anni dalle nuove leve del metallo mondiale, si trasforma nelle mani degli Zero in un mostro musicale che non lascia scampo per tecnica esecutiva, violenza ed impatto, non perdendo un grammo di attitudine melodica in un contesto comunque estremo.
Nessuna concessione al metal adolescenziale da radio rock: in Waves Of Grief, Seas Of Regrets ci si imbatte in una tempesta di note e suoni di spessore, in mareggiate ritmiche che passano da cambi di tempo repentini a potentissimi stacchi core, in un lavoro chitarristico di prim’ordine ed una growl che ricorda il melodic death metal.
Nove brani che non fanno prigionieri prendono il via con l’intro strumentale Overwhelming Waves ed esplodono in tuoni e fulmini metallici già da Goodbye, Brother Sea, il brano più vecchio del lotto e da un paio di anni supportata da un lyric video.
Le tracce che compongono l’album non lasciano trasparire punti deboli e il gruppo di Thiene ne esce alla grande convincendo con la sua padronanza della materia e brani a tratti entusiasmanti (Stronger Than Ever, la title track, Choosing Oblivion).
In un genere nel quale molti pensano che si possa fare la differenza con una vocina pulita e qualche strillo, band come gli Zero portano tanta qualità ed un impatto devastante che disegna sorrisi soddisfatti sulle labbra degli amanti del metal estremo e moderno.

Tracklist
1.Overwhelming Waves
2.Goodbye, Brother Sea
3.Before You Judge
4.Stronger Than Ever
5.The Way Through
6.Waves of Griefs, Seas of Regrets
7.Future Debts
8.Choosing Oblivion
9.Yearning Shores

Line-up
Marco Zavagnin – vocals
Jacopo Bidese – drums
Tommaso Corrà – guitars
Matteo Nardello – bass

ZERO – Facebook

Felis Catus – Answers To Human Hypocrisy

Felis Catus è uno splendido visionario e ogni suo disco è particolare, ma forse questo Answers To Human Hypocrisy è davvero il migliore, sicuramente da sentire se si vuole correre liberi per terreni lunari e guardare le nostre vite dall’alto.

Il metal, e i suoi tanti sottogeneri, possono servire a tante cose, a scatenarsi o a dimenticare qualcosa, e in questo caso è un affilato strumento di ricerca, dentro e fuori di noi.

Fin dalla bellissima intro Babylon Returns si capisce che il progetto di Francesco Cucinotta, voce e chitarra dei catanesi Sinaoth, che è partito nel 2010, è di grande spessore ed è giustamente ambizioso. Come per il precedente Banquet On The Moon, Felis racconta delle storie, sviluppando narrazioni per andare oltre la musica, coinvolgendo altre discipline ed emozionando sempre. Felis Catus ci porta lontano, in altre dimensioni, dove il mondo e l’uomo sono visti da angolazioni non usuali. Anche la musica, suprema regina del regno di Felis Catus, non è per nulla ascrivibile a qualche genere o sottogenere in particolare, tutto fluttua ed è usato come si userebbero dei costumi di scena in un’opera teatrale. Troviamo del black metal, come dell’elettronica, alcuni momenti di illuminata improvvisazione e poi musica da film e molto altro. Non ci si muove per canzoni, ma per visioni, e la vena di Cucinotta è praticamente irresistibile, essendo egli una di quelle anime musicali di grandissimo talento che, se fosse nato trecento anni fa, sarebbe stato un eccellente compositore di musica classica. Per fortuna nostra ama il metal e ci regala qualcosa che va ben oltre il mondo metallico e anche la gamma delle nostre percezioni, questa è musica che è da ascoltare con attenzione, descrive le nostre vite umane, corte, tristi e faticose, perché questa è la realtà, poi possiamo raccontarci quello che si vuole. Felis Catus è uno splendido visionario e ogni suo disco è particolare, ma forse questo Answers To Human Hypocrisy è davvero il migliore, sicuramente da sentire se si vuole correre liberi per terreni lunari e guardare le nostre vite dall’alto.

Tracklist
01 Babylon Returns
02 Apocatastasis
03 Bohémien Bizarre
04 Through The Centuries
05 Commemoration
06 Ophis (Felix Culpa)
07 Somewhere
08 Wine And Roses
09 Jakob Lorber
10 Night Gaunts
11 Cupio Dissolvi
12 La Bàs
13 Ruins Of Shining Grace (Bonus Track)

FELIS CATUS – Facebook

Cult of Self Destruction – Exitium

Exitium costituisce per i Cult of Self Destruction una discreta base di partenza sulla quale provare costruire qualcosa di ancor meglio focalizzato nel prossimo futuro.

Esordio su lunga distanza per questo duo spagnolo denominato Cult of Self Destruction, con Exitium, anticipato quest’estate dal singolo Descending to the Deepest of the Abyss.

E’ proprio questo il brano che di fatto apre il lavoro dopo la breve intro: il sound offerto dagli iberici è un black death ben costruito e dal gradevole impatto, anche melodico, sul quale incombe un suono della batteria troppo secco e preponderante sul resto della strumentazione.
Uno squilibrio, questo, che non inficia comunque il lavoro complessivo di P. e M., capaci di offrire nel corso di questi trentacinque minuti una buona dimostrazione di efficienza, all’interno della quale manca solo quella scintilla decisiva in grado di far spiccare il volo ai Cult Of Self Destruction.
Infatti, l’album arriva al termine senza annoiare ma senza neppure provocare quei sussulti che ognuno si attende nel corso dell’ascolto: nel ribadire che il suono della batteria alla lunga si rivela un elemento vagamente di disturbo, troviamo un brano emblematico come Sui Caedere che, a tratti, sembra indicare la strada ideale da percorrere, con il suo incedere diretto e incalzante, opportunamente spezzato da un break centrale che crea i presupposti per una ripartenza a ritmi sempre serrati.
Exitium costituisce per i Cult of Self Destruction una discreta base di partenza sulla quale provare costruire qualcosa di ancor meglio focalizzato nel prossimo futuro.

Tracklist:
1. Initium
2. Descending to the Deepest of the Abyss
3. Misanthropic Condition
4. Moon on Saturn
5. Sui Cædere
6. We Will Be Wolves
7. Until the Dying
8. The Curse of the Witch
9. Exitium

Line-up:
P. – Guitars, Bass, Keyboards, Drums
M. – Vocals, Drums, Keyboards, Samplers

Sankta Kruco – Glacialis

Doom atmosferico e black metal , una tono evocativo che declama testi in aramaico e melodie d’altri tempi, sono le peculiarità del sound di Glacialis che , come suggerisce il titolo, vive di fredde atmosfere, tra le nebbie di foreste dove si nascondono antichi culti.

La Ghost Label records licenzia il primo full length di questa misteriosa band chiamata Sankta Kruco, trio di musicisti estremi dei quali non si conosce quasi nulla a parte il fatto che l’album è stato anticipato dal singolo Sulfuran.

Doom atmosferico e black metal , una tono evocativo che declama testi in aramaico e melodie d’altri tempi, sono le peculiarità del sound di Glacialis che , come suggerisce il titolo, vive di fredde atmosfere, tra le nebbie di foreste dove si nascondono antichi culti.
La tensione sale piano, mentre la musica si avvicina a noi, proveniente dal buio profondo: nell’opener Foresta Nigra le ritmiche black si alternano ad evocativi passaggi doom con orchestrazioni che aggiungono sfumature dall’epico incedere creando un sound pieno e potente nelle splendide Ultio Matris Terris e Vlad, The Lord Of Bran.
Glacialis risulta così un album affascinante: la voce ricorda il Ribeiro più evocativo e dark, ma le similitudini finiscono li, con il trio di oscuri sacerdoti a solcare una propria via musicale nel profondo dell’underground metallico estremo, dimostrandosi una realtà dal talento melodico debordante.

Tracklist
1.Foresta Nigra
2.Sulfuran
3.Ultio Matris Tetris
4.Glacialis
5.Elemiah
6.Vlad, the Lord of Bran
7.Mother of the Last Lycan
8.Serpenton/Oblio (Outro)
9.Ultio Matris Terris Orchestral

Line-up
Sal – Guitar and vox
Isaak – Bass
Jb – Drum
URL Facebook

SANKTA KRUCO – Facebook

Satan’s Grind – Degenerazione EP

Accompagnata da testi più articolati che in passato, la musica segue il nuovo corso concedendosi non solo alla violenza tout court, ma sorprendendo per una vena elettronica e, se mi passate il termine, progressiva, variando atmosfere e ritmi anche nello spazio di un brano lungo un solo minuto.

I Satan’s Grind sono di fatto la band del musicista pugliese Antonio, chitarrista con un passato nei Blood Soda che nel 2016 decide di lasciare il gruppo per dedicarsi a questo progetto estremo dai taglio grind.

Una serie di ep e split, un paio di cambi al microfono, ed un presente che vede il nuovo cantante Giovanni (proveniente anch’egli dai Blood Soda) alle prese con i nove brani che compongono questi dieci minuti di musica estrema alquanto sperimentale intitolata Degenerazione.
Accompagnata da testi più articolati che in passato, la musica segue il nuovo corso concedendosi non solo alla violenza tout court, ma sorprendendo per una vena elettronica e, se mi passate il termine, progressiva, variando atmosfere e ritmi anche nello spazio di un brano lungo un solo minuto.
La presenza del piano in alcuni brani, l’alternanza tra elettronica e grind efferato fanno di brani come Indulto, Elettroesecuzione, la title track e la conclusiva Reprobo un modo originale per proporre una musica estrema come il grind, orchestrato con sagacia dai Satan’s Grind.
Il duo sta lavorando al full length che dovrebbe uscire il prossimo anno, noi vi terremo informati, nel frattempo non perdetevi questi dieci minuti di musica targata Satan’s Grind.

Tracklist
1.Pozzo Per L’Ade
2.Indulto
3.Bagno Nel Cocito
4.Pietà e Coscienza
5.Elettroesecuzione
6.Palpitazioni
7.Morbo
8.Degenerazione
9.Reprobo

Line-up
Antonio – Drum, Guitar and Bass programming
Giovanni – Lyrics and Vocals

SATAN’S GRIND – Facebook

Anomalie – Integra

Nonostante si tratti di un ep, Integra vale ampiamente a livello qualitativo un album completo, rafforzando le reputazione del nome Anomalie al quale, forse, sarebbe opportuno dedicare qualche attenzione in più in futuro.

Anomalie è un progetto solista austriaco in circolazione dal 2011 con all’attivo già tre full length molto ben accolti: questa nuova uscita è un ep comunque abbastanza corposo, visto che presenta quattro tracce per poco meno di mezz’ora di musica.

Il black atmosferico offerto da Christian “Marrok” Brauch, il quale si fa accompagnare dall’ottimo batterista Lukas Schlintl, si rivela indubbiamente di buona qualità, mantenendo quell’andamento austero di matrice mitteleuropea al quale fornisce il suo ideale imprimatur Markus Stock in sala di registrazione.
Tutti questi elementi vanno a comporre una quadro compositivo convincente e vario, pur nel suo esibire per lo più un volto oscuro che non deroga mai dalla propria matrice stilistica, ed aprendosi a quelle sfumature post che risultano comunque meno accentuate che in altre band, senza rinunciare ad una componente melodica equilibrata e ben inserita nel contesto.
In tal senso, l’ascolto dell’ultima traccia Deliverance si rivela decisamente emblematico, in virtù di un incedere che spazia con grande disinvoltura tra le varie fonti di ispirazione mantenendo ugualmente il sound sempre ben compatto ed efficace.
Nonostante si tratti di un ep, Integra vale ampiamente a livello qualitativo un album completo, rafforzando le reputazione del nome Anomalie al quale, forse, sarebbe opportuno dedicare qualche attenzione in più in futuro.

Tracklist:
1. Rebirth
2. Aurora
3. Temples
4. Deliverance

Line-up:
Christian “Marrok” Brauch – Vocals, Guitars, Bass, Synths, Percussions
Lukas Schlintl – Drums

ANOMALIE – Facebook

Accept – Symphonic Terror

Anche gli inossidabili Accept hanno ceduto alle lusinghe del supporto orchestrale: l’esperimento è senz’altro riuscito, con gli strumenti classici a donare quel tocco di raffinata epicità al sound di una delle più importanti metal band nate nel vecchio continente.

Negli anni settanta le grandi band, dal successo dei Deep Purple con Made in Japan in poi, presero l’abitudine di immortalare il loro album di maggior successo o un’intera carriera con l’uscita di un live nella terra del Sol Levante, moda che fecero propria i anche gruppi metal degli anni ottanta.

Di questi tempi è il Wacken Open Air il festival in cui le band fotografano il loro momento magico o l’evento, se possibile con il supporto dell’orchestra.
Tanti ormai sono i gruppi che hanno sfruttato l’immensa distesa di appassionati che, ogni agosto, si danno appuntamento vicino al paesino più famoso della storia del metal, nel 2017 è stata la volta degli storici ed arcigni Accept, dieci anni dopo la reunion.
Symphonic Terror – Live At Wacken 2017 vede il gruppo di Wolf Hoffmann alle prese con i suoi maggiori successi con un concerto che suddiviso in tre parti.
Nella prima la band esegue una manciata di brani tratti da due classici intramontabili come Restless And Wild e Final Journey, accompagnati da altri presi dall’ultimo lavoro intitolato The Rise Of Chaos.
Nella seconda parte il palco è tutto per Wolf Hoffman che, accompagnato dalla sola chitarra e dall’orchestra filarmonica esegue dei brani presi dal suo lavoro solista (Headbangers Symphony), sicuramente affascinante nel contesto di Wacken, ma è con la terza parte che i cuori dei fans si incendiano.
La band torna al completo ed uno dopo l’altro dà in pasto al pubblico quegli inni che hanno fatto la storia della band e del metal, da Princess Of The Dawn a Fast As The Shark, passando per le leggendarie Metal Heart e Balls To The Walls.
E così anche gli inossidabili Accept hanno ceduto alle lusinghe del supporto orchestrale: l’esperimento è senz’altro riuscito, con gli strumenti classici a donare quel tocco di raffinata epicità al sound di una delle più importanti metal band nate nel vecchio continente.
Licenziato dalla Nuclear Blast in vari supporti, Symphonic Terror si rivela quindi la celebrazione di uno dei gruppi più amati nella sempre suggestiva atmosfera del Wacken Open Air.

Tracklist
Part 1: Accept
01. Die By The Sword
02. Restless And Wild
03. Koolaid
04. Pandemic
05. Final Journey

Part 2: Headbanger’s Symphony
06. Night On Bald Mountain
07. Scherzo
08. Romeo And Juliet
09. Pathétique
10. Double Cello Concerto in G Minor
11. Symphony No. 40 in G Minor

Part 3: Accept with Orchestra
12. Princess Of The Dawn
13. Stalingrad
14. Dark Side Of My Heart
15. Breaker
16. Shadow Soldiers
17. Dying Breed
18. Fast As A Shark
19. Metal Heart
20. Teutonic Terror
21. Balls To The Wall

Line-up
Mark Tornillo – Vocals
Wolf Hoffmann – Guitar
Peter Baltes – Bass
Uwe Lulis – Guitar
Christopher Williams – Drums

ACCEPT – Facebook

Homerik – Homerik

La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti.

Il primo album di questa band statunitense risulta uscito lo scorso anno, ma vale la pena fare un passo indietro per presentarla adeguatamente.

Gli Homerik sono un’entità di New York con a capo tre artisti come Ken Candelas (The Mad Composer), Andrew Petriske (The Daemon) e Obed Gonzalez (The Gatherer), ma di fatto a questa mastodontica opera hanno fornito il loro contributo una lunga serie di musicisti, amici ed ospiti del trio.
La musica prodotta in questo omonimo primo album è completamente fuori dagli schemi prefissati, unendo in tre quarti d’ora musica popolare nord africana e asiatica, death metal, folk, progressive, e thrash. in un spettacolo di fuochi d’artificio a tratti riuscito a tratti, leggermente caotico in altri frangenti; si tratta di un’opera ambiziosa e di una difficoltà estrema, questo va sicuramente detto, ma talmente varia nel suo concept musicale che si rischia facilmente di perdere il filo.
Gli Homerik non si fanno problemi di sorta, passano dal metal estremo violentissimo e di matrice death/thrash/hard core, a teatrali movimenti che ricordano il Grand Guignol, sinfonici, dalle atmosfere horror o semplicemente attraversati da una vena folk che, come già scritto, non si ferma ad una sola tradizione popolare ma passa con estrema disinvoltura tra la musica di paesi lontani tra loro come cultura e costume.
Il sound lascia nell’ascoltatore, oltre che la sorpresa, la sensazione che manchi qualcosa per legare il tutto, cercando nella parte visiva il Santo Graal della musica degli Homerik.
Musica da vedere quindi, magari in un teatro, con danzatori e artisti a dare vita a queste note variopinte e loro modo estreme, sicuramente coraggiose ed originali, ma di difficilissima collocazione.

Tracklist
1.Into the Pits of Oblivion
2.Unforgotten Kin
3.An Angel of Darkness
4.Curse of the Black Nile
5.The “Ire” of Green
6.Wendigo
7.The Balance of Power
8.Bread and Circuses
9.A Song of the Night: Part I
10.The Legion

Line-up
Ken Candelas – The Mad Composer
Andrew Petriske – The Daemon
Obed Gonzalez – The Gatherer

HOMERIK – Facebook

Porn – The Ogre Inside Remixed

I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Album di remix del disco The Ogre Inside, uscito nel 2017 come primo episodio di una trilogia basata sul protagonista Mr. Strangler, che è anche il cantante del gruppo.

Gli Ogre sono un gruppo francese di ebm gothic metal, con una forte carica pop e ottime melodie, che si alternano perfettamente con pezzi maggiormente crudi e veloci. Il disco originale, uscito l’anno scorso, ha avuto un buon successo, e qui rinasce nuovamente grazie agli ottimi remix dei produttori An Erotic End Of Times, Heartlay, Thot e Aura Shred, che interpretano il disco in maniera differente, portando a galla nuove ricchezze nascoste. Il gruppo francese possiede qualità notevoli, poiché riesce a fare una sintesi molto originale di generi diversi, come l’ebm, il synth pop in quota Depeche Mode, soprattutto come modello sul quale plasmare la propria materia, e un tocco di metal gotico. Con questi remix si pone l’accento soprattutto sulla parte elettronica del tutto, e ne viene fuori un disco notevole, forse migliore rispetto all’originale, sicuramente altrettanto potente e visionario. Come per qualsiasi remix ben riuscito, molti meriti sono da ascrivere a colui o colei che lo produce, ma la materia prima deve essere per forza buona, sennò il risultato non arriva. Invece qui ogni canzone remixata è notevole, perché si scava a fondo per cogliere nuovi diamanti. La produzione è ottima ,e mette in risalto la vena di questi francesi che compongono molto bene, e i remix mettono in evidenza questo loro aspetto. The Ogre Inside è un disco che tratta in maniera profonda e approfondita le miserie e le tensioni morali e carnali dell’essere umano, quella guerra lunga una vita che ci contraddistingue nel regno animale. Non possiamo vincere questa battaglia, come ci fanno capire molto bene gli Ogre, ma possiamo ballarci sopra con loro e non è poco. L’ascoltatore verrà portato in giro fra erotismo, il fascino della decadenza e la nostra vera natura che viene fuori sempre e comunque. I suoni sono davvero interessanti e il disco raggiunge pienamente il suo obiettivo, ovvero quello di rileggere in maniera alternativa il disco originale, portandolo ad un altro livello. Nel campo dell’elettronica oscura è una delle migliori uscite degli ultimi tempi.

Tracklist
1 The Ogre Inside (Heartlay Remix)
2 Close The Window (An Erotic End Of Times Remix)
3 Dream On (An Erotic End Of Times Remix)
4 She Holds My Will (Heartlay Remix)
5 You’ll Be The Death Of Me (An Erotic End Of Times Remix)
6 Sunset Of Cruelty (An Erotic End Of Times Remix)
7 The Ogre Inside (An Erotic End Of Times Remix)
8 She Holds My Will (An Erotic End Of Times Remix)
9 Sunset Of Cruelty (THOT Remix)
10 The Ogre Inside (Aura Shred Remix)
11 Close The Window (Aura Shred Remix)
12 Sunset Of Cruelty (Aura Shred Remix )

Line-up
Mr Strangler : Vocals, drums programming, synth
Shade : Guitar
The One : Synth, guitar
The Priest : Bass
Zinzin Stiopa : Guitar

PORN – Facebook

Phandemya – Deathatomized

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.

Dall’underground estremo della capitale arrivano i Phandemya: Deathatomized è il primo mostruoso parto del combo, un ep composto da cinque brani più intro, registrati e prodotti al Defrag CheckRoom da Fabrizio Campomori, un breve ma intenso e letale tuffo nel thrash old school, feroce quanto basta per avere non poche similitudini con il sound creato e reso famoso dalla sacra triade made in Germany.

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.
Apotheosys è l’intro epico orchestrale, marziale nella sua pur breve durata ma che, con la giusta tensione, prepara all’aggressione sonora che da Juggernaut Assault in poi diventa furiosa e letale.
La voce è un rantolo cartavetrato, la produzione in linea con il sound crea un alone old school che fa di Speed Kills, di Μολων λαβε [Molon Labe] o di Deathatomized esempi di thrash dall’impatto di un carro armato, distruttivo, veloce e senza compromessi.
Accenni alla scuola statunitense si rinvengono in qualche passaggio chitarristico in Juggernaut Assault e nella conclusiva Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned e valorizzano ulteriormente il sound proposto dai Phandemya, nuova realtà da seguire nel panorama underground metallico made in Italy.

Tracklist
1.Apotheosys [Intro]
2.Juggernaut Assault
3.Speed Kills
4.Μολων λαβε [Molon Labe]
5.DeathAtomized
6.Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned

Line-up
Jacopo – Vocalist and Bass
Matteo – Guitar and Backing Vocals
Francesco – Guitar and Backing Vocals
Alessandro – Drums

PHANDEMYA – Facebook

Voland – Voland 2

Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

I Voland sono un duo di Bergamo formato nel 2006 e dedito al black death metal.

I membri dei Voland sono anche nel grande gruppo black Veratrum, e come Voland hanno all’attivo due ep che si possono scaricare entrambi dal loro bandcamp. Voland 2 è il loro ultimo ep del 2017, dedicato al centenario della rivoluzione bolscevica del 1917.
Il disco è un interessante concentrato di black metal sinfonico con sconfinamenti in campo death, ma la ragione sociale rimane il nero metallo. Il disco è molto potente ed evocativo ed esprime tutto l’amore per la cultura russa del duo. Voland 2 è anche frutto di una esauriente ricerca storica, andando a ricercare le cose sotto la superficie. Fin dall’iniziale 1917 l’afflato è epico e magniloquente e si capisce subito che i Voland sono un gruppo al di fuori della media, sia per la musica che per i testi. La musica è un black che ha qualcosa dei loro inizi atmosferici, ed è molto coinvolgente, suonata con potenza e ad ampio respiro: chiudendo gli occhi e ascoltando l’ep si possono facilmente immaginare gli ampi spazi della Madre Russia in fermento a causa dei bolscevichi che spezzano un’oppressione millenaria. Come sia andata a finire è sotto gli occhi di tutti, ma l’intento del disco è quello di far capire l’immensa portata della Rivoluzione del 1917, che non ha eguali nella storia dell’uomo. Il black in questo caso è il mezzo perfetto per veicolare la storia attraverso coordinate inusuali e molto più intuitive di un trattato di storia. La musica è di ottima fattura, come anche i testi che sono davvero notevoli e contribuiscono in maniera decisiva alla riuscita della cosa. Questo ep è un’opera assolutamente fuori dal comune, frutto di un lavoro impressionante e molto ben centrato, per uno dei gruppi più particolari ed originali che abbiamo in Italia.

Tracklist
1.1917
2.Ottobre
3.Dubina
4.Outro

Line-up
Rimmon – Vocals
Haiwas – Instruments

VOLAND – Facebook

Mortuous – Through Wilderness

Chi ama queste sonorità le troverà maneggiate con dovizia e competenza dai Mortuous, tra suoni ribassati, growl catacombali, assoli ficcanti e micidiali rallentamenti che in certi momenti spostano il sound sul versate di un vero e proprio death doom,

Dopo due demo risalenti ai primi anni del decennio, approdano oggi al loro primo full length i Mortuous, band formata da elementi già piuttosto attivi all’interno della scena death californiana.

Il genere nelle intenzioni del quartetto di San José, è quanto mai aderente alla tradizione americana portando cosi gli ascoltatori a ad esplorare i meandri più cupi e malsani di un sound che si rifà ai vari Incantation, Morbid Angel e Autopsy (e non è un caso se troviamo come ospite sull’album la coppia Reifert-Coralles).
Il risultato che ne scaturisce è notevole perché chi ama queste sonorità le troverà maneggiate con dovizia e competenza dai Mortuous, tra suoni ribassati, growl catacombali, assoli ficcanti e micidiali rallentamenti che in certi momenti spostano il sound sul versate di un vero e proprio death doom, come per esempio nella seconda metà di Screaming Headless nella quale l’uso anche del flauto richiama addirittura i Cathedral del seminale Forest Of Equilibrium, ma al di la di questo è il death più puro canonico e soddisfacente che occupa quasi per intero il proscenio, per la soddisfazione di chi ama le band citate quali quali di ispirazione per gli ottimi Mortuous.

Tracklist:
01. Beyond Flesh
02. Bitterness
03. Chrysalis of Sorrow
04. The Dead Yet Dream
05. Anguish and Insanity
06. Through Wilderness
07. Prisoner Unto Past
08. Screaming Headless
09. Subjugation of Will

Line-up:
Colin Tarvin – guitar
Mike Beams – vocals, guitar
Clint Roach – bass
Chad Gailey – drums

Guests:
Chris Reifert (guest vocals on “The Dead Yet Dream” and “Anguish And Insanity”)
Danny Coralles (solo on “The Dead Yet Dream”)
Derrel Houdashelt (solo on “Through Wilderness”)
Teresa Wallace (flute on “Screaming Headless”)

MORTUOUS – Facebook

Sodom – Partisan

Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.

Una nuova uscita dei Sodom è sempre motivo per scrivere due righe, non fosse altro per l’importanza che la band tedesca ha avuto nella storia del thrash metal europeo.

I Sodom tornano con una nuova formazione che vede, oltre al mastermind Tom Angelripper, Frank Blackfire e Yorck Segatz alle chitarre e Husky alla batteria, ed un ep di tre brani composto da due inediti (la title track e Conflagration) ed un brano live estratto dalla performance che il gruppo ha tenuto al Rock Hard Festival di quest’anno (Tired & Red).
Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.
Il brano dal vivo risulta il classico bombardamento sonoro a cui la band ci ha abituato in tale sede da oltre trent’anni, anche se la proposta in verità appare un po’ striminzita, potendo al contrario essere più esaustiva con qualche minuto di live in più.
Quindi accontentiamoci ed aspettiamo il nuovo lavoro che si preannuncia come l’ennesima tellurica opera da parte di una band ancora capace di esaltare i suoi ammiratori.

Tracklist
1. Partisan
2. Conflagration
3. Tired & Red (Live at the Rock Hard Festival 2018)

Line-up
Tom Angelripper – bass, vocals
Frank Blackfire – guitars
Yorck Segatz – guitars
Husky – drums

SODOM – Facebook

One Tail, One Head – Worlds Open, Worlds Collide

Ferocia black, attitudine rivolta verso gli antichi suoni della fredda Norvegia: un altro bel disco dalla scena di Trondheim.

Attesa durata circa 10 anni, ma ora finalmente è arrivato il primo full length di One Tail, One Head per l’etichetta Terratur Possession, da sempre attenta alle sonorità norvegesi black underground.

Anno importante il 2018 per il Nidrosian Black Metal, che ha visto lo stupefacente esordio dei Mare, per me tra i dischi dell’anno, e che ora ci propone un’altra opera proveniente da Trondheim, dove lo spirito del puro black regna sovrano intrecciato ad atmosfere ancestrali e dal forte aroma ritualistico. Nella formazione della band che purtroppo ha annunciato lo scioglimento, si intrecciano musicisti che hanno una storia importante all’interno della scena underground scandinava. Ritroviamo Sundli, drummer sia degli attuali Mare che, in passato, di Aptorian Demon (qualcuno ricorderà Libertus splendida e furente opera del 2012), Luctus, qui vocalist, ma chitarrista nei leggendari Behexen e bassista sempre nei Mare, Dark Sonority e Celestial Bloodshed e infine Asli, chitarra nei grandiosi Vemod. Tutti artisti che vivono il black e conoscono un’ispirazione sincera per questa arte pura e multiforme. Epitaffio adeguato è Worlds Open, Worlds Collide dove rifulge un feroce black che nasconde al proprio interno una certa attitudine punk e la capacità di intrecciare atmosfere disperate e antiche nella propria trama sonora, dieci brani viscerali che non colpiscono immediatamente ma mostrano lentamente la propria anima irrequieta (la title track) e la propria disperazione (Stellar Storms), affondando i denti nella scuola norvegese ma capaci di dosare i momenti frenetici condotti dai riff delle chitarre con momenti più introspettivi dal taglio psichedelico offerti dal synth. Sonic landscapes con afflato cosmico, in An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed, ci danno tregua prima degli attacchi sferzanti e incompromissori di Firebirds e Rise in Red, in cui la furia è incontrollabile e lo scream disarticolato rappresenta un valore aggiunto. I dieci minuti finali di Summon Surreal Surrender suggellano l’opera con un intreccio strumentale sempre feroce ma capace di finezze (un grande basso) che li porta su lidi dal taglio maggiormente progressivo e foriero di sviluppi in una futura rinascita della band. Ottima opera degna di attenzione in questo fecondo 2018.

Tracklist
1. Certainly Not
2. Arrival, Yet Again
3. Worlds Open, Worlds Collide
4. Stellar Storms
5. An Utter Lack of Meaning, Hitherto Unbeknownst, Suddenly Revealed
6. Firebirds
7. Sordid Sanctitude
8. Rise in Red
9. Passage
10. Summon Surreal Surrender

Line-up
ⷚ – Drums
Åsli – Guitars
Luctus – Vocals
Andras Marquis T. – Bass

ONE TAIL, ONE HEAD – Facebook

Breath Of Nibiru – Skyline Bazaar

Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tecnica enorme, produzione sfavillante ma pochissime emozioni.

Si potrebbe riassumere così la musica contenuta in quest’opera strumentale dei Breath Of Nibiru, duo internazionale composto dal chitarrista italiano Gianluca Ferro (Bouncing The Ocean, Doomsword, Time Machine) e dal batterista statunitense Nick Pierce (Unearth, The Faceless, Culling the Weak), freschi di firma con la nostrana Volcano Records, che promuoverà Skyline Bazaar, già pubblicato in Giappone dalla King Records e ha strappato un’opzione per il prossimo lavoro del duo con uscita prevista entro il 2019.
L’album è un lavoro interamente strumentale , dalle atmosfere sci-fi e pregno di soluzioni progressive moderne e di matrice djent, una lunga cascata di solos e soluzioni ritmiche assolutamente geniali, che sottolineano l’immensa tecnica di questi due maestri del proprio strumento, in un viaggio avanguardistico nel metal progressivo.
Detto ciò, l’ascoltatore non avvezzo alla scena progressive/djent o alle opere dei maghi dello strumento verrà sopraffatto dalla cascata di note dalle difficoltà tecniche mostruose, ma dalla poca sensibilità.
Skyline Bazaar è un album suonato da musicisti eccezionali e rivolto ad altri musicisti o appassionati che si crogiolano in diavolerie tecniche, ma che non lascia trasparire quel poco di feeling necessario per rendere il tutto più fruibile a noi comuni mortali.
Ultimamente il trend nel genere è quello di lasciare spazio alla forma canzone che in Skyline Bazaar, invece, manca del tutto o quasi a favore della mera tecnica strumentale che, è bene ribadirlo, è di livello assoluto; alla fine, mai come in questo caso, il gradimento o meno dell’opera è demandato all’approccio alla materia musicale da parte dei singoli ascoltatori.

Tracklist
1.Road to Sunrise
2.Pandoras Dimension
3.Parallels
4.Additive
5.A Djinns Illusion
6.Unmasking the Jesper
7.Prisms
8.Exiled in Siberia
9.Skyline Bazaar

Line-up
Gianluca Ferro – Guitar
Nick Pierce – Drums

BREATH OF NIBIRU – Facebook

DEGREDO – A NOITE DOS TEMPOS

Ancestrali arcaici infernali suoni e rumori, per un esordio che, se musicalmente poco Black Metal, rimane comunque profondamente nero nell’anima, nel corpo e nell’infernale alone Dark Ambient che circonderà qualsiasi ascoltatore che ne tenterà il coraggioso approccio.

Sono sempre stato affascinato dall’alone di mistero di cui certe band (soprattutto Black) amano circondarsi.

I Degredo, nello specifico, appaiono e scompaiono come un poltergeist, come una qualche entità (maligna) che pare appena uscita da Paranormal Activity.
Appena abbozzi una ricerca sul Web, e pensi di esser riuscito a carpire qualche informazione, ti rendi quasi immediatamente conto, che stai guardando una qualsiasi pagina su internet che nulla ha a che fare con la band in questione.
D’altronde Velha e Lagrisome (i monickers del duo portoghese di non si sa quale dimenticata città lusitana…) non ci informano nemmeno sul loro ruolo nella band, su quale strumento suonano, su chi sia il songwriter, e non lasciano alcuna traccia delle loro liriche.
Appare pertanto difficoltoso (sebbene affascinante) recensire un album (il loro debutto) e citare qualche informazione di una band di cui conosciamo poco, anzi pochissimo, se non solo che appartengono all’Inner Circle Portoghese (il cosiddetto “Aldebaran Circle” che conta tra gli adepti anche Voemmr, Ordem Satanica, Trono Alem Morte e Occelenbriig).
Sicuramente l’appartenenza ad un Circle, oltre a rendere ancor più misteriosa l’origine di una band, (pensiamo agli adepti delle Legions Noires francesi, o dell’Austrian Black Metal Syndicate, e ancora del Temple of Fullmoon polacco, per non dimenticare il primo – ed originale – Norvegian Black Inner Circle) ci pone di fronte ad orde di misantropi, misogini e misandrici esseri (forse) viventi, il cui Verbo racchiude il più impenetrabile, imperscrutabile ed ermetico atteggiamento anti-umanità che la storia possa ricordare.
A fronte di queste considerazioni, pare ovvio che meno informazioni personali vengono divulgate sulla rete, meno notizie su se stessi vengono rese accessibili, al resto dell’umanità, meglio è. Chiaro che spesso, questo poco intelligibile atteggiamento, racchiude una sottile e velata attenzione ad azioni di vero marketing; il mistero affascina tutti, della serie: “meno faccio sapere di me stesso, più la gente vuole sapere…”.
Musicalmente i Degredo appaiono fin da principio in linea con quanto appena detto.
Un album della durata di circa un’ora e un quarto, suddivisa in quattro parti (letteralmente, non esistono veri e proprio titoli di canzoni), di un Dark Ambient Noise Black impregnato fortemente di infernali rumorismi dark, grigio industrial, ma soprattutto tanta Drone Music.
Un album assolutamente minimalista, nero come un’eterna notte antartica; un’iperbole di cupo odio, che sprigiona malignità da ogni sua pseudo-nota musicale. Un terrificante affronto alla vita, a tutto ciò che possa oggi rappresentare calore e luce. Chi si appropinqua a questo album, percorrerà un viaggio a ritroso nel tempo, proiettato in un antichissimo mondo dimenticato, ove luce e chiarore non faranno mai capolino, immersi in eterne tenebre, accompagnati da quattro “momenti musicali” che paiono far parte dell’uno (in realtà è un’unica canzone suddivisa in quattro parti); un viaggio Dantesco, verso i più oscuri antri infernali. Un album che è un archetipo della malvagità più arcana ed ancestrale, non adatto a persone impressionabili, consigliatissimo per scatenati fan di Abruptum e Mortiis.
Dopo quattro demo (il primo datato 2012, quindi una band decisamente giovane) ecco pertanto lo stravagante esordio su Harvest Of Death, label accostabile sicuramente al Circle portoghese, in quanto autrice di quasi tutte le produzioni delle band sopra citate.
Un ultima nota: se si ha un poco di tempo, può essere divertente dare un’occhiata alle informazioni sulle band dell’etichetta in questione… col risultato di trovare poco o niente. Mistero su mistero, in pieno stile Inner Circle!

Tracklist
1. Parte Um
2.Parte Dois
3.Parte Três
4.Parte Quatro

Line-up
Velha
Lagrisome

Infinita Symphonia – Liberation

Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.

La terza opera dei romani Infinita Symphonia, Liberation è l’ennesimo ottimo lavoro in arrivo dalla scena power metal tricolore, un’ora di metal dalle atmosfere classiche valorizzato da ritmiche di trascinante power, ed una vena epico progressiva dall’alto tasso melodico.

Licenziato dalla My Kingdom Music, l’album vede la partecipazione di una manciata di ospiti nazionali ed internazionali come le due “star” Ralph Scheepers e Blaze Bayley, Alessandro Conti, Julia Elenoir, Daniela Gualano, Gaetano Amodio e Alberto De Felice.
Ma il sound di Liberation non si ferma al solito power metal suonato a meraviglia, perché il gruppo raccoglie ispirazioni anche dalla frangia più moderna del metal e lascia che l’anima classica venga contaminata da queste pulsioni, rendendo l’ascolto altamente vario e particolarmente interessante proprio quando queste si fanno più sentire (splendida in questo senso la potentissima Coma).
E’ un susseguirsi di sorprese questo lavoro che passa dal metal classico al power valorizzato da spunti ritmici e refrain prog metal di scuola italiana (Labyrinth, Vision Divine), fino a soluzioni moderne che rasentano il thrash/groove (Be Wise Or Be Fool).
Tecnicamente ineccepibile e con il solito gran lavoro di Simone Mularoni che mette la sua firma su registrazione e masterizzazione (il mix è stato lasciato nelle mani di Claudio e Flavio Zampa), Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.
Lo spettacolare strumentale che conclude l’album (Q&A), un saliscendi tra le due anime del sound in un’atmosfera altamente progressiva, è la perfetta sintesi del credo musicale degli Infinita Symphonia, con i suoi undici minuti di metallo potente e nobile da non perdere.

Tracklist
1. Hope
2. The Time Has Come
3. Never Forget (feat. Ralf Sheepers)
4. How Do You Feel?
5. Coma
6. A Silent Hero (feat. Blaze Bayley)
7. Be Wise Or Be Fool (feat. Alessandro Conti)
8. A New One
9. Don’t Fall Asleep Again
10. Liberation
11. Q & A

Line-up
Luca Micioni – Lead and backing vocals
Gianmarco Ricasoli – Guitars, bass, backing vocals & orchestral arrangements
Ivan Daniele – Drums

Guests:
Blaze Bayley: vocals on song 6 *
Ralf Sheepers: vocals on song 3
Julia Elenoir and Daniela Gualano: vocals on song 8
Alessandro Conti: vocals on song 7
Gaetano Amodio: bass on song 3 *
Alberto De Felice: bass on song 7

INFINITA SYMPHONIA – Facebook