Pa Vesh En – Church of Bones

Il black metal in origine era incontaminato, incompromissorio, ancestrale e primitivo: Pa Vesh En ci riporta a quell’ epoca sommergendoci con suoni fuori dal tempo.

Le note introduttive diramate da Iron Bonehead, la casa discografica tedesca che ha stampato l’opera, ci invitano a entrare nella chiesa e a suonare nel coro di Pa Vesh En, misteriosa entità bielorussa che ci attira in modo seduttivo nel suo profondo abisso di perdizione, ammaliandoci con il suo suono black ultra raw e sinistramente malevolo, miscelandolo con ambient perversamente melodica.

Annata molto prolifica per questo musicista che ha dato alle stampe un demo, un EP e uno split con gli scozzesi Temple Moon e ora ci propone un’ottima opera da suonare “loud” per poter apprezzare la imponente oscurità sprigionata dalla nera fiamma. Non inventa niente di nuovo il musicista bielorusso, ma riporta l’attenzione su quel tipo di black primitivo, ancestrale che ormai si riscontra solo nell’underground più profondo; non ci sono suoni moderni, produzioni ridonanti, esiste solo la capacità di creare atmosfere oscure, taglienti come nella splendida La Valse Macabra da far suonare in un loop continuo per godere all’infinito dell’arte espressa. Tutto è avvolto da un nebbia soffocante, l’artista sa come colpire i nostri sensi senza bisogno di esprimere cieca violenza, ma tutto è più subdolo, più strisciante, come se un nero e profondo abisso lentamente risalisse e ci inghiottisse. Lo scream soffocato è sommerso dall’incedere strumentale totalmente immerso in ammorbanti atmosfere che sono il punto forte dell’opera; il suono si può accostare a quanto espresso finora dal portoghese Black Cilice per la capacità di farci tornare indietro nel tempo a quando il black metal era una creatura malevola, incontaminata e senza compromessi. Nei sette brani si è completamente immersi in stranianti momenti fuori dal tempo, persi nel ricordo delle origini di questo suono maledetto.

Tracklist
1. The Wilderness of Cursed Souls
2. A Funeral Procession
3. La Valse Macabra
4. Pale Body Desecration
5. The Venom Seed
6. My Obscure Obsession
7. With Pain He Waits in Vain

Line-up
Pa Vesh En

Unreqvited – Mosaic I: l’Amour et l’Ardeur

Ci sono musiche che dipingono atmosfere che non sono di questo mondo, o semplicemente non di questa dimensione.

Ci sono musiche che dipingono atmosfere che non sono di questo mondo, o semplicemente non di questa dimensione.

Quando ascoltiamo questi veri e propri portali, ci sembra di distaccarci da terra, lasciando in basso tutto il nostro peggio. Tutto ciò e molto altro ci viene offerto dal compositore e musicista francese che opera sotto lo pseudonimo di Unreqvited. Questo terzo disco porta a compimento una maturazione che è cominciata fin dal primo lavoro, che era indirizzato maggiormente al black metal, mentre per questa ultima fatica si potrebbe parlare di post black metal, ma in realtà è un disco di musica neoclassica fatto con elementi altri. Certo qui e là si po’ trovare qualcosa del post black, come nelle ultime cose di Alcest tanto per capirci anche se i due condividono solo la provenienza geografica, ma il tutto porta verso una proiezione classica della musica classica, con un respiro molto più ampio rispetto all’usuale forma canzone. La caratteristica più bella di questo disco è che contiene una gamma di sentimenti amplissima, un vero e proprio viaggio nell’atto del sentire interagendo con qualcuno o con qualcosa. Le tracce sono tutte di lunga durata e sviluppano diversi temi al loro interno, ci prendono per mano e ci portano lontano. La potenza immaginifica di Unreqvited è un vortice che parla direttamente al cuore, un caldo innamoramento che diventa disperato solipsismo, perché alla base di tutto c’è il dolore che porta questa vita e la certezza che solo noi possiamo comprendere fino in fondo ciò che proviamo. Interi mondi vivono dentro questo piccolo capolavoro, suonato e composto con una cura inusuale e soprattutto senza alcun intento di vendere o di piacere, ma quello di aprirsi e raccontare. Il post black è una materia abbastanza sterminata, e la qualità non sempre è presente, ma qui ne possiamo trovare davvero molta, Unreqvited possiede una marcia in più e ci sono notevoli margini di miglioramento per un futuro che si preannuncia fulgido, o molto tenebroso se preferite.

Tracklist
1.Sunrise
2.Dreamscape
3.Radiant
4.Balance
5.Permanence

Line-up
鬼 – all instruments, composition, engineering, mix/master

UNREQVITED – Facebook

Homicide Hagridden – Effect Lucifero

Effect Lucifero è una raccolta di brani di thrash metal senza compromessi che esplode fin dal momento in cui l’opener 4Letters dà il via alla mattanza.

Album da maneggiare con molta cura questo Effect Lucifero, ultimo lavoro dei nostrani Homicide Hagridden, uscito in origine nel 2016 e ristampato con l’aggiunta di una bonus track.

La thrash band piemontese non è certo di primo pelo, i suoi natali si perdono nella prima metà degli anni novanta, la sua storia annovera un buon numero di cambi nella formazione e concerti in compagnia di nomi altisonanti del metal mondiale (Samael, Vader, Keep of Kalessin, Napalm Death, Kreator, Behemoth e Decapitated, tra gli altri) e la propria discografia, ferma al 2016 ed all’uscita di Effect Lucifero, si compone anche di una manciata di demo e di altri due full length, Death Black Sun (2004) e Us (2002).
Capitanati da Stefano (batteria) e Massimo Moda (chitarra e voce), la band annovera tra le proprie fila anche Valerio Possetto (basso) e Fabio Insalaco (chitarra), per quella che si rivela una macchina da guerra thrash metal devastante.
Effect Lucifero è una raccolta di brani di thrash metal senza compromessi che esplode fin dal momento in cui l’opener 4letters dà il via alla mattanza: una sezione ritmica mostruosamente efficiente, chitarre che sfoderano rasoiate estreme e una voce dall’impatto rabbioso di una belva ferita (una via di mezzo tra Tom Araya e Mille Petrozza) ed il gioco (pericolosissimo) è fatto, per uno degli album più estremi e convincenti che mi sia capitato di ascoltare ultimamente in campo thrash metal negli ultimi tempi.
Un’autentica sorpresa per chi non conosceva la band ed una conferma per chi invece ha seguito le sorti degli Homicide Hagridden in tutti questi anni: questa ristampa si spera sia propedeutica ad un nuovo lavoro vista la travolgente resa di bordate sonore come Regime, Lie To An Angel, Lethal Agreement (con tanto di accordi spagnoleggianti a metà brano) e lo spettacolare crescendo conclusivo di The Unsaid.
Slayer, Kreator, Exodus, The Haunted sono i punti di riferimento utili ad inquadrare il tutto, ma le similitudini lasciano il tempo che trovano, semplicemente non perdetevi questa nuova possibilità di ascoltare Effect Lucifero.

Tracklist
1.4Letters
2.Remembrance of Me
3.Regime
4.Raped
5.Lie to an Angel
6.Lethal Agreement
7.Purify
8.The Unsaid
9.Black As War-Bonus Track

Line-up
Stefano Moda – Drums
Massimo Moda – Guitar/Vocals
Valerio Possetto – Bass guitar
Fabio Insalaco – Guitar

HOMICIDE HAGRIDDDEN – Facebook

Deathtura – Division

Il metal moderno passa anche e soprattutto da album come questo ottimo lavoro firmato Deathtura.

La Wormholedeath non si fa scappare questa realtà proveniente dal Belgio, chiamata Deathtura, che amalgama in un unico sound, dinamico, potente e melodico thrash metal, groove e death moderno, creando una bomba musicale intitolata Division che scoppierà nel momento che premerete il tasto play del vostro lettore.

Attiva dal 2013 e con un full length autoprodotto alle spalle, la band, sotto l’ala della prestigiosa label italiana, sforna un pezzo di granito metallico, un ottimo esempio di come il metal moderno possa regalare soddisfazioni se in campo si mettono un songwriting di alto livello ed un buon talento nel saper far convivere potenza e melodia in un contesto a tratti estremo, ma provvisto di un appeal che sorprende.
La tracklist di questo lavoro non lascia scampo, i brani si susseguono mettendo in campo tutti gli elementi che i Deathtura possiedono per portarsi a casa i favori degli amanti del thrash/groove metal, genere principe del sound di Division ma non l’unico.
Death metal e soluzioni che si avvicinano al più moderno e bistrattato metal core fanno da contorno a brani spettacolari come l’opener Purgatory Of Your Future e la seguente Help Me Confide, mentre prima che la band tiri il freno bisogna aspettare la semi ballad Killing Your Threats, dopo essere stati travolti dalla forza prorompente della devastante Fury.
Ancora Confess For Them ed In Sight alzano temperatura e qualità ad un album che non manca di un grande lavoro di chitarra e dell’uso “totale” delle voci, che passano con disinvoltura da toni estremi alla voce pulita, maschia quel tanto che basta per non abbassare la tensione sprigionata dal gruppo belga.
Il metal moderno passa anche e soprattutto da album come questo ottimo lavoro firmato Deathtura.

Tracklist
1.Purgatory Of Our Future
2.Help Me Confide
3.Escape The Time
4.Fury
5.Broken Man’s Road
6.Killing Your Threats
7.Not A Fool
8.Confess For Them
9.Sick Of Being You
10.In Sight
11.The Kid

Line-up
Bastian Flames – Vocals
Jack – Bass
Jerem – Lead Guitar
Jeff – Guitar
Mickey D. – Drums

DEATHTURA – Facebook

Bedsore – Bedsore

Se qualcuno può chiedersi se ci sia davvero un buon motivo per parlare di un demo d’esordio fatto di soli due brani la risposta è sì a prescindere, vista la mentalità che ci ha contraddistinto fin dalla nostra nascita come webzine, e lo è maggior ragione per il fatto che i due musicisti che animano questo progetto denominato Bedsore fanno parte dei Seventh Genocide, una delle migliori band italiane oggi in circolazione.

Differentemente dal gruppo di provenienza, Jacopo e Stefano esplorano i contorni più sfumati del death metal anziché quelli del black, ma il risultato è pur sempre un sound ricco, inquieto, per forza di cose a tratti più brutale ma allo stesso tempo colmo di passaggi dal grande potenziale emotivo e soprattutto poco prevedibile.
Nonostante il minaccioso monicker prescelto, che in qualche modo, nel suo rifarsi una patologia come le piaghe da decubito in (inglese bedsore, appunto), omaggia un riferimento importante per i nostri come lo sono stati i Morbus Chron, in realtà il sound offerto in questi due lunghi brani presenta più di un’apertura melodica che riconduce ad un imprinting progressive che è, poi, il vero tratto comune con i Seventh Genocide: la conseguenza sono quei passaggi chitarristici che testimoniano come i Pink Floyd siano una delle influenze più radicate nel background musicale di questo gruppo di musicisti capitolini.
Nei Bedsore tale componente appare per forza di cose più sfumata, tenendo semmai fede a quanto indicato nelle note biografiche che citano quale altra possibile ispirazione una band come gli Edge Of Sanity, in questo caso per la comune capacità di rendere progressiva la materia death metal senza scadere nel puro tecnicismo, lasciando invece sfogare al meglio la componente melodica ed emotiva.
Tenendo anche conto che i due brani sono piuttosto lunghi, i Bedsore offrono questo quarto d’ora abbondante di ottima musica (con una produzione da “demo”, nel bene e nel male) che dovrebbe aprire le porte per una maggiore visibilità di un progetto il cui già elevato valore artistico fa presupporre sviluppi molto importanti per il futuro.

Tracklist:
1. At The Mountain Of Master
2. Brains On The Tarmac

Line-up:
JGP
SA

BEDSORE – Facebook

Virtual Symmetry – XLive Premiere

Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Progetto ambizioso quello dei prog metallers Virtual Symmetry, gruppo di talenti che vede dietro al microfono Marco Pastorino, ex Secret Sphere e mastermind dei Temperance.

Un doppio cd live con tanto di supporto Blu-ray e un’anteprima che vedrà la band presentare il lavoro in una sala cinematografica (Multisala Ciak in via Vincenzo Vela 21 di Mendrisio, nel Ticino) non è cosa da poco e conferma la band come ambiziosa realtà italo/svizzera nel genere.
Un tour italiano di spalla ai Dream Theater, il primo full length licenziato nel 2016 ed intitolato Message From Eternity, seguito dall’ep X-Gate, rappresenta risulta il passato del gruppo, mentre il presente si chiama XLive Premiere, live che immortala la band sul palco del Temus Club di Agno il 31 Marzo scorso.
Diciamolo subito: abituati alle atmosfere dei grandi concerti dal vivo poi trasferiti sui vari supporti, quella di XLive Premiere appare come una splendida serata musicale nelle quale le note create dal gruppo sono ancora più in risalto rispetto all’atmosfera creata dal pubblico, creando appunto un’aura più intima che trova nella perfetta resa sonora il suo punto di forza.
La band mette sul piatto, oltre alla buona tecnica esecutiva, tanto feeling ed un lotto di brani che dalla grande qualità, ispirati al progressive metal dei Dream Theater, ma pregni di personalità.
D’altronde Pastorino del genere se ne intende eccome, la sua esperienza e bravura non si mettono in discussione così come le buone prove dei singoli musicisti, impegnati a riportare dal vivo le trame progressive di splendidi brani come Pegasus, Soul’s Reflections e la suite Message From Eternity dal primo full length, e la coppia Eyes Of Salvation, Alchymera dal precedente ep X-Gate.
Lavoro ambizioso ma sicuramente riuscito, XLive Premiere è sicuramente un buon mezzo per conoscere questa ottima realtà progressiva.

Tracklist
Disc 1 (CD)
1.Darkened Space
2.Program Error (We Are the Virus)
3.Soul’s Reflections
4.Pegasus
5.You’ll Never Fall Again
6.Silent Sweetness

Disc 2 (CD)
1.Eyes of Salvation
2.Alchymera
3.Elevate
4.Message from Eternity

Line-up
Valerio Æsir Villa – Guitars
Alessandro Poppale – Bass
Davide Perpignano – Drums
Mark Bravi – Keyboards
Marco Pastorino – Vocals

VIRTUAL SYMMETRY – Facebook

https://youtu.be/cjlTWR0YCg4

Neos Gheron – Potius Nihil, Potius Deseltus

Le parti strumentali vanno anche oltre il dungeon synth per rientrare a tutti gli effetti nel metal sinfonico, mentre quando si fondono voce e organo si raggiunge la vera nera maledizione. Un ottimo recupero per un disco davvero estremo ed underground.

Disco anomalo ed estremamente interessante, che sarebbe andato perduto se non fosse stato per questa ristampa della Masked Dead Records.

Il progetto Neos Gheron fu fondato da Roberto Pecorari, che ha suonato tutti i synth, e da Luca Amato aka Lupe, ex cantante della black metal band Entirety.
Tutto ciò fu inciso nel 2006 e poi non è mai uscito, rimanendo in un cassetto fino al 2018. In pratica il disco è totalmente dungeon synth per quanto riguarda la parte musicale e con una voce black spesso in growl. Potius Nihil, Potius Deseltus è l’accurata descrizione di un percorso pieno di follia, un peregrinare lungo i mondi demoniaci popolati da ombre che infliggono dolore e spaventosi tormenti. La cosa più rimarchevole è che questi suoni, davvero inusuali se associati assieme, sono convincenti e non si riesce a distogliere l’ascolto da un qualcosa che a volte è persino contundente e quasi dissonante. I Neos Gheron confezionano un disco figlio del male e totalmente votato all’estremismo musicale. Ascoltare parti di piano o di organo associate a qualche grimorio in latino, od un maledetto cantato in italiano è un qualcosa di molto bello ed appagante, come guardare un mondo che cambia vinto dalla magia nera sotto i nostri occhi. Più che un suono qui si vuole creare un’atmosfera, un andare oltre la nostra dimensione per cercare sentieri della mano sinistra poco battuti ed assai più spaventosi benché più vicini alla natura umana. Le parti strumentali vanno anche oltre il dungeon synth per rientrare a tutti gli effetti nel metal sinfonico, mentre quando si fondono voce e organo si raggiunge la vera nera maledizione. Un ottimo recupero per un disco davvero estremo ed underground.

Tracklist
1. Mors Lupe
2. Potius Nihil… Potius Deseltus (Act. I) Ars Falsarum Imaginium Extintarum (Act. II)
3. Est Locus Unicuique Suus
4. Longa Vita Néos Gheron!
5. Subdecti Nostras Memorias Nequitunt Laedere Inferiores
6. Stulti! (Silence track)
7. La Morte Di Lupe (Bonus track)

Line-up
Luca Amato (Lupe) – all lyrics and vocals
Roberto Pecorari – all synths

MASKED DEAD RECORD – Facebook

METEORE: MIASMA

Una grande band che avrebbe potuto aspirare all’Olimpo del Death Metal europeo, e sedere a fianco dei connazionali Disastrous Murmur e Pungent Stench. Grandi capacità tecniche, prefetto connubio tra melodia e brutale assalto sonoro, rendono l’album Changes una perla imperdibile.

I viennesi Miasma si formarono nel lontano 1990 dalla fusione di due band: gli Evil Tale e i Caldera.

Gli Evil Tale realizzarono un solo demo tape di discreto thrash metal, Mountains of Madness, di chiara ispirazione teutonica, mentre i Caldera nascevano dalle ceneri della grindcore band Digested Corpse. La prima apparizione dal vivo dei Miasma fu durante un festival tenutosi la vigilia di Natale del 1990, presso il piccolo locale viennese Graffiti. A marzo del 1991 uscì il loro primo lavoro, Godly Amusement, un demo di 4 tracks di discreto death metal. Iniziò così la loro carriera fatta di pochi alti e molti bassi, e di diversi split-up e successive reunion. Vennero alla ribalta grazie ad alcuni show con alcune band già famose di quel tempo, (aprirono per Unelashed e Pungent Stench, e successivamente – sempre nel 1991 – per Ulcerous Phlegm, Disastrous Murmur e Disharmonic Orchestra). Furono così successivamente contattati dalla Turbo Music tedesca, che però preferì alla fine mettere sotto contratto gli allora emergenti Asphyx. La grande voglia di uscire con un full length fu premiata solo l’anno successivo, grazie all’interesse della concittadina Lethal Records (Acheron, Eminenz, Hellwitch, Belial e Disastrous Murmur, per citare alcune band del roster); il 5 ottobre 1992 usci così Changes, favoloso album death metal di chiara matrice europeo/teutonica che ebbe allora un discreto successo grazie anche a tournée con band del calibro di Evil Dead, Laaz Rockit, At The Gates e Therion (da alcune date ne scaturì anche un live – Liepzig – sempre datato 1992). L’anno successivo usci il loro ep Love Songs, poco prima del loro primo scioglimento. Riunitisi nel 1995, fecero uscire il demo omonimo, per poi sciogliersi immediatamente dopo. Ancora una reunion dieci anni dopo, che vide unicamente alcuni loro show in terra natia, per poi decretare lo split-up definitivo (almeno secondo quanto dichiarato dal bassista Johannes Attems).

Discography:
Godly Amusement – Demo – 1990
Live Leipzig – Live album -1992
Changes – Full-length – 1992
Love Songs – EP – 1993
Miasma 1995 – Demo – 1995

Line-up
Ares Cancer – Guitars
Gerhard “Gorehead” – Vocals
Johannes Attems – Bass

Sarinvomit – Malignant Thermonuclear Supremacy

Chi ama il metal più genuino e diretto non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione di farsi maltrattare da questi tre quarti d’ora di black thrash impetuoso, suonato bene, prodotto discretamente e dotato di quella percentuale di freschezza in più che spesso hanno in dotazione le band che provengono da scene, per così dire, non convenzionali.

I turchi Sarinvomit con questo lo primo full length non si perdono certo in preamboli, partendo subito sparati con il proprio nucleare black metal ed arrestando la corsa solo al termine dell’ultima nota di Malignant Thermonuclear Supremacy.

Se tutto questo può far pensare ad un’interpretazione minimale e semplicistica del genere c’è, però, il rischio di cadere in errore: in realtà questo quartetto di Istanbul tratta la materia con notevole competenza e pur senza svincolarsi dagli stilemi di base o mostrare tratti particolarmente personali, offre tre quarti d’ora di black la cui corposa componente thrash si rivela determinante per amplificarne l’impatto.
Il sound dei Sarinvomit è piacevolmente antico per approccio, nel senso che ogni idea di sperimentazione viene totalmente bandita a favore di un incedere diretto, incalzante e che non lascia spazio ad indugi o passaggi più riflessivi.
Preso atto di tutto questo, chi ama il metal più genuino e diretto non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione di farsi maltrattare da questi tre quarti d’ora di black thrash impetuoso (con menzione di merito per il brano auotointitolato, ma il tiro delle altre tracce non è affatto da meno) , suonato bene, prodotto discretamente e dotato di quella percentuale di freschezza in più che spesso hanno in dotazione le band che provengono da scene, per così dire, non convenzionali.

Tracklist:
1 – Perishing In Eternal Void
2 – One Trillion Megaton
3 – Mass Grave Planet
4 – Evaporation In Mushroom Cloud
5 – Splendid Radioactive Particles
6 – Sarinvomit
7 – Destructive Solar Flare

Line-up:
Godslayer – Guitarsg
Tyrannic Profanatör – Vocals
Fiend – Bass, Vocals (backing)
K.C. – Drums

Sargeist – Unbound

Oltre agli stilemi del black qui ci sono persone che vogliono fare musica e non solo scioccare l’ascoltatore o rinchiuderlo nelle prigioni della bassa fedeltà. Ci sono molte cose da scoprire in questo disco, e Unbound garantisce molti ascolti, tutti piacevoli.

Dopo vari cambi di formazione e qualche pausa creativa tornano i finnici Sargeist uno dei gruppi più influenti della scena black metal mondiale ed europea, guidati come sempre dal chitarrista cantante e compositore Shatraug, membro dei mitici Horna, un altro grande gruppo black finlandese.

La terra finnica è sempre stata fertile madre per ottimi gruppi di black metal, e i Sargeist sono fra questi. Il loro black è classico e melodico al contempo, potente e molto ben composto, non è pura furia ma è un dipanarsi di tenebrosi sentimenti che vivono in noi, e che forse sono la parte più vera di noi. I Sargeist sono uno dei gruppi maggiormente prolifici per quanto riguarda le uscite discografiche, sono stati protagonisti di molti split e altrettante collaborazioni, nel vero spirito del black metal. Nonostante la loro prolificità, era dal 2014 che non si sentiva nulla di nuovo dai Sargeist, a causa soprattutto dei cambi di formazione, ma con questo disco tornano prepotentemente alla ribalta, e lo fanno nel migliore dei modi possibili. Il disco è molto ben bilanciato, a livello di qualità e di impatto è davvero dura fare meglio di loro. L’impianto sonoro è principalmente classico e non si discosta molto dai dischi precedenti, con quell’impronta che hanno solo i grandi gruppi black finlandesi, i quali si differenziano dai loro vicini norvegesi per la capacità di attenersi molto bene ai dettami del genere, forse meglio dei capostipiti. Per chi ama i suoni oscuri, distorti e tumultuosi, qui c’è pane per i suoi denti, e i Sargeist offrono come al solito più di quanto sopra ai loro ascoltatori. La cosa più importante qui presente è l’attitudine, e più per esteso lo spirito che permea questo lavoro, e la visione musicale dei Sargeist. Oltre agli stilemi del black qui ci sono persone che vogliono fare musica e non solo scioccare l’ascoltatore o rinchiuderlo nelle prigioni della bassa fedeltà. Ci sono molte cose da scoprire in questo disco, e Unbound garantisce molti ascolti, tutti piacevoli.

Tracklist
1. Psychosis Incarnate
2. To Wander the Night’s Eternal Path
3. The Bosom of Wisdom and Madness
4. Death’s Empath
5. Hunting Eyes
6. Her Mouth is an Open Grave
7. Unbound
8. Blessing of the Fire-Bearer
9. Wake of the Compassionate
10. Grail of the Pilgrim

Line-up
Profundus – vocals
Shatraug – guitars
VJS – guitars
Abysmal – bass
Gruft – drums

SARGEIST – Facebook

Bloodbath – The Arrow of Satan Is Drawn

La frangia più conservatrice dei fans avrà sicuramente di che godere per questo nuovo lavoro targato Bloodbath, un album grezzo, sporco ed oscuro, in poche parole un esempio della forza di cui ancora dispone il genere.

Quello che agli inizi poteva essere scambiato per l’ennesimo progetto di una manciata di talenti del death metal scandinavo, capitanati dal talento di due guru come Dan Swanö e Mikael Åkerfeldt, è diventato un gruppo a tutti gli effetti, portatore del marcio verbo del death metal old school di matrice nordica, grezzo primordiale e senza compromessi.

Dan Swanö e Mikael Åkerfeldt da anni hanno lasciato il girone infernale dove risiedono i Bloodbath, con Nick Holmes stabilmente dietro al microfono, Martin Axenrot alla batteria ed il nuovo arrivato Joakim Karlsson alla chitarra (Craft) ad accompagnare i due membri originali che di talento ne hanno da vendere e che di nome fanno Jonas Renkse e Anders “Blakkheim” Nyström.
Il quintetto arriva così al quinto full length, questo abominevole ed oscuro lavoro intitolato The Arrow of Satan Is Drawn, a ribadire la salute del metal estremo di stampo death, da una manciata d’anni tornato su livelli eccellenti grazie a gruppi storici e nuove leve.
La frangia più conservatrice dei fans avrà sicuramente di che godere per questo nuovo lavoro targato Bloodbath, un album grezzo, sporco ed oscuro, in poche parole un esempio della forza di cui ancora dispone il genere, duro e puro, malato e sporcato e maledetto da riff scritti dall’anima più malevola che risiede nella casa di Lucifero.
La band gira a mille, Holmes è assolutamente a suo agio, tanto da mettere in discussione la pur buona prova sull’ultimo Paradise Lost, sembrando un angelo caduto che vomita fango brulicante di vermi in brani devastanti come l’opener Fleischmann, Levitator, Only The Dead Survive ed il singolo Chainsaw Lullaby.
Dall’anima death’ n ‘roll e forte di una tracklist possente come un carro armato infernale, The Arrow of Satan Is Drawn è l’ennesimo imperdibile macigno sonoro targato Bloodbath.

Tracklist
01. Fleischmann
02. Bloodicide
03. Wayward Samaritan
04. Levitator
05. Deader
06. March Of The Crucifers
07. Morbid Antichrist
08. Warhead Ritual
09. Only The Dead Survive
10. Chainsaw Lullaby

Line-up
Jonas Renkse – Bass, vocals (backing)
Anders “Blakkheim” Nyström – Guitars, vocals (backing)
Martin Axenrot – Drums
Nick Holmes – Vocals
Joakim Karlsson – Guitars

BLOODBATH – Facebook

Opeth – Garden Of The Titans: Live At Red Rocks Amphitheatre

Gli Opeth hanno ormai raggiunto uno status che li pone tra i grandi della musica moderna di stampo progressivo ed i loro live sono un’esperienza uditiva assolutamente coinvolgente, quindi nessuna sorpresa negativa scaturisce dall’ascolto di questo live.

Gli Opeth sono una delle band più importanti che la scena metallica Scandinava ha sfornato negli ultimi trent’anni, un gruppo capace di fare scuola in quello che, dalla nascita della band del geniale Mikael Åkerfeldt è diventato un genere dei più seguiti nel panorama estremo, amalgamando impulsi death e black con la musica progressiva.

Da almeno tre lavori, però, gli Opeth hanno preso una strada che li ha portati a rivalutare sonorità più classiche trasformandosi in una creatura progressiva più vicina al tradizionale sound settantiano.
Il live in questione ci presenta gli Opeth di oggi, dopo i festeggiamenti per il ventennale con quello che era l’ultima testimonianza del gruppo in concerto, uscita nel 2010 (In Live Concert at the Royal Albert Hall), un lavoro che fotografa la band nel tour di supporto all’ultimo album in studio Sorceress, licenziato un paio di anni fa.
Garden Of The Titans: Live At Red Rocks Amphitheater immortala la band sul palco del Red Rocks Amphiteatre di Denver l’11 maggio 2017 ed esce ni formati DVD, Blu-ray (entrambi corredati di CD audio) e vinile.
Tre brani presi dall’ultimo album e poi una carrellata di tracce a coprire quasi per intero la discografia fanno di questo live un buon riassunto di quello che la band ha prodotto in questi anni, ed avendo l’opportunità del solo ascolto possiamo sicuramente affermare che l’operazione merita l’attenzione degli amanti del gruppo svedese.
Gli Opeth hanno ormai raggiunto uno status che li pone tra i grandi della musica moderna di stampo progressivo ed i loro live sono un’esperienza uditiva assolutamente coinvolgente, quindi nessuna sorpresa negativa scaturisce dall’ascolto di questo live, trattandosi di una performance di altissimo livello con la quale il gruppo emoziona come pochi sanno fare, grazie a vere gemme sonore come Ghost Of Perdition, In My Time Of Need, The Devil’s Orchard e Deliverance.
Ovviamente l’intera la tracklist è di assoluta qualità, e se sicuramente i fans di vecchia data storceranno il naso per la mancanza di brani dai primi cinque magnifici lavori, grazie all’altissimo livello della musica contenuta in questo live tutto questo si riduce ad un semplice dettaglio.

Tracklist
1. Sorceress
2. Ghost Of Perdition
3. Demon Of The Fall
4. The Wilde Flowers
5. In My Time Of Need
6. The Devil’s Orchard
7. Cusp Of Eternity
8. Heir Apparent
9. Era
10. Deliverance

Line-up
Mikael Åkerfeldt – Guitars, Vocals
Martín Méndez – Bass
Martin Axenrot – Drums, Percussion
Fredrik Åkesson – Guitars
Joakim Svalberg – Keyboards, Piano, Mellotron

OPETH – Facebook

R.O.T. – Revolution Of Two

Revolution Of Two risulta quindi uno splendido esempio di metal estremo, melodico e progressivo, meritevole di attenzione anche perché suonato ottimamente da un duo dalle potenzialità enormi.

Nell’underground metallico non mancano certo le soprese, piccole gemme sonore che ci arrivano da ogni parte del mondo e che abbracciano generi e sonorità della più disparate.

I R.O.T. sono un duo di musicisti provenienti da Cassino, unitisi dopo varie esperienze lo scorso anno con lo scopo di suonare death metal melodico e progressivo.
Louis Littlebrain (Luigi Cervellini) e Eddy Scissorshand (Edoardo Merlino) debuttano con il primo full length intitolato Revolution Of Two, autoprodotto e uscito per la per la loro etichetta indipendente EFTM Records.
L’album è composto da otto brani più intro per tre quarti d’ora di death melodico ottimamente suonato dal duo che, con una sviluppata personalità, elabora il genere alla sua maniera unendo nel proprio sound diversi spunti ed ispirazioni e creando un sound deviato da iniezioni di moderne trame progressive.
Ritmiche thrash, un lavoro chitarristico dai rimandi classici, l’uso della doppia voce e qualche accenno di modernità, fanno di Revolution Of Two un ibrido di musica estrema e melodica che racchiude ispirazioni provenienti da Soilwork, Devin Townsend, Voivod, In Flames e valorizzate da notevoli ricami progressivi che non solo mettono in risalto la tecnica esecutiva del duo, ma creano cangianti atmosfere che arricchiscono non poco il songwriting.
La sensazionale partenza, con la diretta e spettacolare Diamond Souls che esplode in tutta la sua forza prorompente dopo l’intro, è solo l’inizio di un viaggio tra la musica creata dai R.O.T. che vede il suo apice tra le note della cangiante The 4th Reactor, The Angel’s Cry e nella conclusiva Aut-Aut.
Revolution Of Two risulta quindi uno splendido esempio di metal estremo, melodico e progressivo, meritevole di attenzione anche perché suonato ottimamente da un duo dalle potenzialità enormi.

Tracklist
1.After All…
2.Diamond Souls
3.Hyper Thymesia
4.The 4th Reactor
5.Rebirth
6.Angel’s Cry
7.Ethereal Dimension
8.Apatite
9.Aut Aut

Line-up
Eddy Scissorshand – Bass, Vocals
Louis LittleBrain – Guitars, Keyboards

Agony Face – CXVI Evolving Discharges

La Sliptrick Records label piglia tutto, si è assicurata le prestazioni di questi cinque maghi del technical death metal mondiale ( si, avete letto bene), confermandosi come una delle etichette più attive nel panorama underground attuale e licenziando uno dei lavori più riusciti dell’anno in assoluto nel genere, imperdibile.

Cinque anni di silenzio dall’ultimo lavoro e a sorpresa il nuovo lavoro dei geniali deathsters nostrani Agony Face irrompe sul mercato.

CXVI Evolving Discharges è il titolo di questa straordinaria opera estrema che conferma l’assoluta qualità delle uscite targate Agony Face, con un souns tecnico e progressivo offerto da una macchina da guerra ben oliata che ci travolge con il suo Surrealistic Death Metal.
L’album risulta una cascata di note che in modo del tutto personale rivisita il concetto di metal estremo, con una serie di brani che inchiodano al muro, devastanti, pregni di cambi di ritmo e di atmosfere, e si elevano verso l’olimpo di un genere che ormai difficilmente riesce a trovare nuove strade e a convincere aldilà della tecnica, a meno che non ci si chiami Agony Face.
Il gruppo accoglie nel proprio spartito diversi generi e miriadi di sfumature, il tutto elaborato tramite un sound assolutamente folle, a tratti schizzato e in cui i rallentamenti e le atmosfere pacate preparano l’ascoltatore a tempeste musicali pervase da rumori campionati, passaggi orchestrali, jazzati e sottoposti ad un massacro thrash/death nei quali la tecnica strumentale non lascia scampo, lasciando l’ascoltatore a bocca aperta per le tante e spettacolari trovate compositive.
La Sliptrick Records, label piglia tutto, si è assicurata le prestazioni di questi cinque maghi del technical death metal mondiale (sì, avete letto bene), confermandosi come una delle etichette più attive nel panorama underground attuale e licenziando uno dei lavori più riusciti dell’anno in assoluto nel genere.

Tracklist
1.XXV The Lonization
2.XXIII Waffle
3.XXIII Connection
4.XXIV Mat(h) Bat(h) 3+3+3
5.XX Marrakesch Prostitute
6.XIX Reality Chack
7.XIX Mantra Of Sulphur
8.XXI Wandering Through Cerebral Paths

Line-up
Davide – Vocals
Riccardo – Guitar
Alessandro – Guitar
Mirko – Bass
Alesandro – Drums

AGONY FACE – Facebook

Master – Vindictive Miscreant

Gli anni per il bassista e cantante statunitense non sembrano passare: la collaborazione con il buon Rogga Johansson, gli altri progetti a cui si è dedicato e i suoi Master riescono nella non facile impresa di mantenere un approccio ed una qualità invidiabile e Vindictive Miscreant conferma questa invidiabile tendenza.

Paul Speckmann non conosce pause: archiviato da non molto l’ultimo abominevole parto in compagnia di Rogga Johansson (From The Mouth Of Madness) uscito nella prima metà dell’anno, lo storico bassista e cantante torna con i suoi Master, leggendaria band attiva da metà anni ottanta e che ha attraversato più di trent’anni di metal estremo con costanza ed attitudine esemplari.

D’altronde il suo carismatico leader non ha mai lasciato la scena estrema, collaborando con gruppi e personaggi che ne hanno fatto la storia, nell’underground e non solo.
Vindictive Miscreant è il nuovo lavoro del trio, che si completa con il chitarrista Alex Nejezchleba ed il batterista Zdenek Pradlovsky, l’ultimo di una lista che vede arrivare la band al quattordicesimo parto sulla lunga distanza.
Una nuova bordata metallica che vede i nostri sempre alle prese con un death metal nutrito da un’attitudine crust/punk, amalgamata con un impatto motorheadiano che ne fa un nuovo violento ed inattaccabile esempio metal estremo senza compromessi e perfettamente in grado di tenere botta anche nel nuovo millennio.
Non sembrano infatti passati così tanti anni da quando i Master esordirono con il primo omonimo album all’alba degli anni novanta, almeno all’ascolto di brani come la title track o Replaced, due bombe sonore veloci e senza fronzoli che la band alterna a tracce più orientate al death metal classico, rallentando i ritmi e trasformandosi in una letale macchina di morte (The Inner Strenght Of The Demon, Engulfed In Paranoia).
Gli anni per il bassista e cantante statunitense non sembrano passare: la collaborazione con il buon Rogga Johansson, gli altri progetti a cui si è dedicato e i suoi Master riescono nella non facile impresa di mantenere un approccio ed una qualità invidiabile e Vindictive Miscreant conferma questa invidiabile tendenza.

Tracklist
1.Vindictive Miscreant
2.Actions Speak Louder than Words
3.Replaced
4.The Inner Strength of the Demon
5.The Book
6.Engulfed in Paranoia
7.The Impossible of Dreams
8.Stand Up and Be Counted

Line-up
Paul Speckmann – Bass and Vocals
Alex Nejezchleba – Lead and Rhythm Guitars
Zdenek Pradlovsky – Drums

MASTER – Facebook

Northward – Northward

Northward è un progetto che merita un futuro alla luce dell’eccellente qualità messa in mostra in ogni dettaglio: questo lavoro sarà sicuramente apprezzato dagli amanti dell’hard & heavy, grazie al suo piglio energico, graffiante e splendidamente melodico.

Nel mondo del metal e del rock è accaduto spesso: due talenti si incontrano, magari ad un festival, e scoprono di avere delle affinità, specialmente nei gusti musicali, e così decidere di provare a scrivere qualcosa è un attimo, mentre è molto più difficile trovare il tempo di concretizzare progetti e idee.

E’ quello che è successo una decina di anni fa, quando Floor Jansen, attuale sirena dei Nightwish, e Jorn Viggo Lofstad dei Pagan’s Mind e songwriter di spessore (Jorn), conosciutisi all’epoca dietro le quinte del Progpower USA Festival, decisero di avviare una collaborazione che ha dato vita solo oggi a questo bellissimo lavoro che prende il nome del progetto, Northward.
Ben dieci anni sono passati prima che queste undici canzoni fossero imprigionate sul dischetto ottico, undici tributi all’hard rock classico che, se vede le sue radici ben piantate nella tradizione settantiana, non dimentica il terremoto alternative statunitense né l’approccio al rock duro tipico delle fredde terre del nord.
Ne esce un album che alterna potenza e melodia, leggermente più moderno ma non lontano dal sound del re scandinavo (per quanto riguarda il genere) Jorn Lande: d’altronde Lofstad ha collaborato non poco con il cantante norvegese, e il tutto si rivela un bene visto che tra le varie ispirazioni il Lande solista è quella che più marchia a fuoco il sound di Northward.
Morty Black (TNT), Stian Kristoffersen, Django Nilsen, Ronnie Tegner (Pagan’s Mind) e la sorella della Jansen, Irene, sono gli ospiti che aiutano il duo a rendere questo progetto un album per cui vale la pena spaccare il salvadanaio e correre al negozio di fiducia, pregno di potenza melodica come pochi, a tratti pervaso da un groove micidiale e cantato da Floor come se il suo passato e presente nel metal sinfonico (oltre ai Nightwish non dimentichiamoci i notevoli e ormai defunti After Forever) non esistesse, risultando una vera tigre e dimostrando un eclettismo straordinario.
I brani da annotare sul taccuino corrispondono di fatto all’intera tracklist, ma è pur vero che il singolo While Love Died, la bellissima e accattivante Storm In Glass, la seguente Driftings Islands, l’esaltante Big Boy e la potentissima Let Me Out fanno ancor più la differenza.
Northward è un progetto che merita un futuro alla luce dell’eccellente qualità messa in mostra in ogni dettaglio: questo lavoro sarà sicuramente apprezzato dagli amanti dell’hard & heavy, grazie al suo piglio energico, graffiante e splendidamente melodico.

Tracklist
1. While Love Died
2. Get What You Give
3. Storm In A Glass
4. Drifting Islands
5. Paragon
6. Let Me Out
7. Big Boy
8. Timebomb
9. Bridle Passion
10. I Need
11. Northward

Line-up
Floor Jansen – Vocals
Jorn Viggo Lofstad – Guitars

NORTHWARD – Facebook

Kåabalh – Kåabalh

Un album capace di creare un immaginario fatto di luoghi inesplorati forieri di orrori lovecraftiani, che è più o meno ciò che si attende di ascoltare chi predilige tali sonorità.

Questa nuova band francese, nata dopo la fine dei Torture Throne, raggiunge risultati che con il marchio Kåabalh vanno ben oltre quelli raggiunti precedentemente.

Il death metal catacombale offerto in questo debutto omonimo è, contrariamente alle abitudini dei gruppi transalpini, del tutti privo di impulsi innovativi o di commistioni tra generi: quanto viene servito è un monolitico death i cui rallentamenti lo fanno sconfinare sovente nel doom per finire in scia di Incantantion e morbosa compagnia.
Per quanto sia difficile da credere, però, l’operato dei Kåabalh non risulta affatto derivativo perché il quintetto normanno non si limita a premere sull’acceleratore in maniera indiscriminata, né a riversare una spessa coltre di pece sull’ascoltatore (cosa che peraltro viene eseguita benissimo), ma prova a rendere il proprio prodotto relativamente meno ostico pur senza smarrire l’impatto primitivo del genere.
La pesantezza dei riff viene attenuata così da assoli piuttosto ficcanti e ben delineati melodicamente (Acheron, Dark Wrath Of A New God) ma va detto che quando la componente doom intacca la muraglia sonora creata dai Kåabalh si possono ascoltare i momenti più coinvolgenti del lavoro, come accade nel finale della notevole Death’s Ovation.
Un album capace di creare un immaginario fatto di luoghi inesplorati forieri di orrori lovecraftiani, che è più o meno ciò che si attende di ascoltare chi predilige tali sonorità.

Tracklist:
1. Cabal
2. Acheron
3. Wrath of a New God
4. The Complete Darkness
5. Heavy Boredom Death
6. Death’s Ovation

Line-up:
Damned – Vocals, Lead Guitars
Pierre – Guitars
Marco – Bass:
Fab Dodsmetal – Drums

KAABALH – Facebook

Hate Eternal – Upon Desolate Sands

Severo, epico e monumentale, Upon Desolate Sands non manca mai di mettere in primo piano una potenza devastante che rende i brani dei veri e propri abomini sonori, tra efferata violenza e tecnica eccellente.

Questa è una di quelle recensioni a forte rischio di sconfinamento nel banale, essendo troppo importante il nome coinvolto, un leggendario e storico monicker sinonimo di grande musica estrema e delle conseguenti aspettative da parte dei fans, andate creandosi man mano che si avvicinava il giorno di uscita dell’album.

Gli Hate Eternal di Erik Rutan, d’altronde, sono da oltre vent’anni nell’olimpo del death metal mondiale, uno dei nomi più importanti usciti da quel nido di mostri musicali che è la Florida..
Il leader (ex Morbid Angel) arriva con la sua creatura al settimo lavoro, un monolite di violenza intitolato Upon Desolate Sands, accompagnato da una copertina che è una vera e propria opera d’arte e dall’importante novità alla batteria, ora seviziata dal monumentale batterista tedesco Hannes Grossman (ex di una miriade di band tra cui Obscura e Necrophagist).
Sotto una coltre di oscura e temibile atmosfera, l’album risulta quindi un pesantissimo, marziale e violento esempio di death metal floridiano, tecnicamente ineccepibile senza sconfinare nella parte più cervellotica del genere ma mantenendo un’encomiabile legame con la tradizione per un risultato fresco ed assolutamente devastante.
Severo, epico e monumentale, Upon Desolate Sands non manca mai di mettere in primo piano la potenza accompagnata da un songwriting che fa di brani come l’opener The Violent Fury, All Hopes Destroyed o Portal Of Myriad autentici abomini sonori, tra efferata violenza e tecnica eccellente.
Prodotto dallo stesso Erik Rutan, l’album è un imprescindibile manifesto del death metal made in Florida firmato Hate Eternal.

Tracklist
1. The Violent Fury
2. What Lies Beyond
3. Vengeance Striketh
4. Nothingness of Being
5. All Hope Destroyed
6. Portal of Myriad
7. Dark Age of Ruin
8. Upon Desolate Sands
9. For Whom We Have Lost

Line-up
Erik Rutan – Guitar, Vocals
JJ Hrubovcak – Bass Guitar
Hannes Grossmann – Drums

HATE ETERNAL – Facebook