Mortanius – Till Death Do Us Part

I Mortanius danno vita ad un buon esempio di power/progressive metal.

Accompagnato da una copertina che ricorda più un vecchio album heavy/thrash trovato in qualche baule chiuso dagli anni ottanta piuttosto che il genere che si andrà effettivamente ad ascoltare, arriva il primo full length del duo statunitense Mortanius, composto dal chitarrista e cantante Lucas Fiocco (ex-Outlander) e dal bassista Jesse Shaw (ex-Beyond Black Skies).

I due musicisti della Pennsylvania, aiutati dai sessions Ollie Bernstein e AJ Larsen, danno vita ad un buon esempio di power/progressive metal che si sviluppa in appena quattro lunghi brani, più la cover di Last Christmas degli Wham.
Dream Theater, Rush, qualche accenno ai Symphony X e via verso un paradiso di scale neoclassiche, lunghe cavalcate dalle ritmiche power, ed atmosfere metalliche raffinate, con in primo piano un gran lavoro strumentale e la voce di Fiocco che si fa preferire nei toni leggermente più maschi.
Diciamo che avrei preferito un singer alla Russell Allen, ma sono dettagli, perché Till Death Do Us Part non mancherà di sorprendere gli amanti dei gruppi citati e del genere suonato, grazie ad una buona padronanza strumentale ed un songwriting che non stanca, anche nei diciassette minuti della title track, cuore pulsante di sangue progressivo dell’intero lavoro, un gioiellino che vale da solo l’acquisto di quest’opera.
Avvicinatevi a Till Death Do Us Part ma solo se siete fans del metal neoclassico e progressivo, un genere non facile da proporre in modo convincente come fanno i Mortanius.

Tracklist
1.Facing the Truth
2.Disengage
3.Jaded
4.Till Death Do Us Part
5.Last Christmas (Wham! cover)

Line-up
Lucas Flocco – Vocals
Jesse Shaw – Bass

Ollie Bernstein – Lead Guitars
AJ Larsen – Rhythm Guitars

MORTANIUS – Facebook

Macchina Pneumatica – Riflessi e Maschere

Potente e fantasioso debutto di questo gruppo di fede gobliniana, bravo a comporre e a suonare.

Quella delle macchine pneumatiche è una lunghissima tradizione tecnico-scientifica, la cui storia va dall’età ellenistica di Erone d’Alessandria sino all’Inghilterra newtoniana di inizio ‘700.

In musica, il nome è quello scelto da questo gruppo esordiente. Il loro Riflessi e Maschere, forte di sei eccellenti composizioni (tutte tra i sei ed i dieci minuti), propone un entusiasmante e fresco rock progressivo, molto dinamico e dal taglio quasi cinematografico (certi passaggi sono davvero da colonna sonora), con belle inflessioni di natura a tratti fusion ed una componente più heavy che interviene in maniera più che opportuna, qua e là, per metallizzare le atmosfere sapientemente costruite dai quattro. Quello che ne emerge è, pertanto, un paesaggio sonoro a più voci, non privo di un’oscurità concettuale, che ci può non a torto riportare alla mente i primi Goblin. Del resto, le scelte timbriche sono abbastanza e piacevolmente settantiane. Veramente un bel debutto, da ascoltare e riascoltare per apprezzarne al meglio ogni rilucente sfaccettatura, non esente da tocchi space rock grazie all’utilizzazione dei synth e delle tastiere.

Tracklist
1 Gli abitanti del pianeta
2 Quadrato
3 Come me
4 Avvoltoi
5 Sopravvivo per me
6 Macchina pneumatica

Line up
Raffaele Gigliotti – Vocals / Guitars
Carlo Giustiniani – Bass
Vincenzo Vitagliano – Drums
Carlo Fiore – Keyboards / Synth

MACCHINA PNEUMATICA – Facebook

Ghost Ship Octavius – Delirium

Tutto è semplicemente al posto giusto in questo lavoro che non ha sbavature ed alterna le varie atmosfere in un clima emozionante, tra riferimenti che vanno dai già citati Nevermore, ai Pain Of Salvation, dai Kamelot ai nuovi sovrani del genere, i Witherfall, anche se con suoni più progressivi e meno melanconici.

Uscito originariamente qualche mese fa in regime di autoproduzione, torna tramite la Mighty Music questo bellissimo album intitolato Delirium, il secondo degli statunitensi Ghost Ship Octavius.

Il trio proveniente da Seattle è formato dall’ex batterista dei Nevermore Van Williams, dal chitarrista Matthew Wicklund, già nei God Forbid e HIMSA, e dal cantante e chitarrista Adon Fanion.
Attivi dal 2012 il loro primo lavoro omonimo uscì quattro anni fa, seguito da quest’opera progressivamente metallica sulla scia dei nomi più altisonanti del metal statunitense degli ultimi anni e non solo.
I Nevermore sono ovviamente il primo gruppo a cui si pensa all’ascolto di questa ora abbondante di ottima musica, ma fortunatamente i trio non si ferma alla sola band del compianto Warrel Dane, offrendo tra le sue tracce un panorama di ispirazioni variegato condito da una personalità data dall’esperienza dei musicisti coinvolti.
Voce evocativa, trame progressive oscure e melodiche, sfuriate power/thrash dalle atmosfere drammatiche in stile U.S. Metal ed eleganza prog metal fanno di Delirium un album austero, metallico ma allo stesso tempo raffinato.
Tutto è semplicemente al posto giusto in questo lavoro che non ha sbavature ed alterna le varie atmosfere in un clima emozionante, tra riferimenti che vanno dai già citati Nevermore, ai Pain Of Salvation, dai Kamelot ai nuovi sovrani del genere, i Witherfall, anche se con suoni più progressivi e meno melanconici.
Delirium è formato da una raccolta di brani che vede The Maze, Edge Of Time, Far Below e il grandioso e drammatico finale lasciato a Burn This Ladder, le tracce più significative del sound dei Ghost Ship Octavius che mantiene un’ottima qualità e la giusta tensione dall’inizio alla fine.

Tracklist
1.Turned to Ice
2.Ocean Of Memories
3. “Saturnine
4.Delirium
5.Ghost In The Well
6.Chosen
7.Edge Of Time
8. “Far Belween
9.The Maze
10.Bleeding On The Horns
11.Burn The Ladder

Line-up
Matthew Wicklund – Guitars
Van Williams – Drums
Adon Fanion – Guitars/Vocals

GHOST SHIP OCTAVIUS – Facebook

Rhapsody Of Fire – The Eight Mountain

L’album è bellissimo, esaltante ed epico, del resto Staropoli questo tipo di sonorità le ha portate alla fama oltre vent’anni fa e si sente, con il sound 100% Rhapsody Of Fire che si sviluppa in un’ora di fughe velocissime, magniloquenti sinfonie epiche, atmosfere cinematografiche e cori che arrivano fino al cielo.

Una delle più importanti band italiane di sempre, e sicuramente la più conosciuta all’estero (se si parla di symphonic power metal), torna con un nuovo album a dare lustro a questo inizio anno, almeno per quanto riguarda il genere.

La storica band, accantonati i due assi Alex Turilli e Fabio Lione, si ripresenta con un Giacomo Voli in più, vero mattatore di questo ultimo lavoro, ed un songwriting che mantiene una buona qualità, anche se la formula è più che collaudata e il gruppo ne esce comunque alla grande, aiutato dal talento e dal mestiere dei protagonisti.
The Eight Mountain per i fans del gruppo nostrano risulta ancora una volta un’opera imperdibile: i Rhapsody Of Fire non deludono e chi li aspettava al varco si metta tranquillamente l’anima in pace perché Staropoli ed i suoi fidi scudieri sono ancora ben stabili sul trono del symphonic power metal.
La Bulgarian National Symphony Orchestra di Sofia, un coro con più di venti cantanti, l’uso di strumenti medievali, la produzione di Staropoli, più il mix e mastering lasciato a Sebastian “Seeb” Levermann (Orden Ogan) sono i dettagli che fanno di questo lavoro un nuovo importante tassello, nonché primo capitolo di una nuova saga (Nephilim’s Empire Saga) e sorta quindi di un nuovo inizio per la storica band tricolore.
Non riconoscere ai Rhapsody Of Fire l’importanza avuta sulla scena metal italiana e lo status di gruppo internazionale (alla pari con i Lacuna Coil) sarebbe ingiusto; la popolarità e, quindi, l’aspettativa creata da una nuova uscita della band è pari alla sua reputazione e la formula, anche se rimane pressoché inalterata, è assolutamente marchio di fabbrica del gruppo.
L’album è bellissimo, esaltante ed epico, del resto Staropoli questo tipo di sonorità le ha portate alla fama oltre vent’anni fa e si sente, con il sound 100% Rhapsody Of Fire che si sviluppa in un’ora di fughe velocissime, magniloquenti sinfonie epiche, atmosfere cinematografiche e cori che arrivano fino al cielo.
Voli fa il bello e cattivo tempo, risultando il perfetto cantore della nuova saga targata Rhapsody Of Fire, ed il consiglio è di lasciarvi conquistare da una tracklist che non trova ostacoli e che ha in Seven Heroic Deeds, nella folk ballad Warrior Heart, in March Against The Tyrant e nella conclusiva Tales Of A Hero’s Fate i brani più significativi.

Tracklist
01 – Abyss Of Pain
02 – Seven Heroic Deeds
03 – Master Of Peace
04 – Rain Of Fury
05 – White Wizard
06 – Warrior Heart
07 – The Courage To Forgive
08 – March Against The Tyrant
09 – Clash Of Times
10 – The Legend Goes On
11 -The Wind, The Rain And The Moon
12 – Tales Of A Hero’s Fate

Line-up
Giacomo Voli – Vocals
Alex Staropoli – Keyboards
Roby De Micheli – Guitars
Alessandro Sala – Bass
Manu Lottner – Drums

RHAPSODY OF FIRE – Facebook

Usurper – Lords Of The Permafrost

Lords Of The Permafrost è dunque avaro di sorprese e da una band come gli Usurper non ci si aspettano sicuramente drastici cambiamenti, ma il solito massacro old school che fin dal primo brano viene assolutamente assicurato.

E’ dal lontano 1993 che gli Usurper danno libero sfogo alla loro attitudine estrema, ferma dal quattordici anni ma protagonista nel decennio tra il 1995 ed il 2005, periodo che ha visto il gruppo di Chicago licenziare un considerevole numero di lavori tra full length, split ep e compilation.

Il ritorno dopo il lungo silenzio si chiama Lords Of The Permafrost, album che rinverdisce i fasti dei lavori storici del quartetto (Skeletal Season e Necronemesis su tutti) e non deluderà i fans che da tanto tempo aspettavano buone nuove dagli Usurper, coì come non riuscirà a trovarne di nuovi, questo va detto, visto il clima old school che regna in questa raccolta di brani che uniscono thrash metal, death primordiale ed attitudine heavy.
Il batterista Joe Warlord ed il chitarrista e cantante Rick Scythe sono accompagnati in questo nuovo inizio dal cantante Dan Tyrantor e dal bassista Scott Maelstrom: l’album è stato registrato e prodotto presso l’Electrical Audio di Chicago dalla band con l’aiuto di Taylor Hales, mentre l’artwork è stato realizzato da Juha Vuorma.
Lords Of The Permafrost è dunque avaro di sorprese e da una band come gli Usurper non ci si aspettano sicuramente drastici cambiamenti, ma il solito massacro old school che fin dall’opener Skull Splitter è assolutamente assicurato.
Una quarantina di minuti scarsi per dar battaglia come ai bei tempi, questo è il tempo a disposizione della band di Chicago che non cambia di una virgola il suo impatto tra rasoiate thrash, potenza death e cavalcate heavy metal.
Brani come Cemetery Wolf e Gargoyle testimoniano l’ancora intatta voglia di far male degli Usurper, tornati in uno stato di forma convincente, almeno per i loro fans, che non rimarranno certo delusi dal nuovo agognato lavoro.

Tracklist
1.Skull Splitter
2.Beyond The Walls Of Ice
3.Lords Of The Permafrost
4.Cemetery Wolf
5.Warlock Moon
6.Gargoyle
7.Black Tide Rising
8.Mutants Of The Iron Age

Line-up
Joe Warlord – Drums
Rick Scythe – Guitars, B.Vocals
Dan Tyrantor – Vocals
Scott Maelstrom – Bass

USURPER – Facebokk

Unclouded Perception – District

Bravi quando scelgono le strade del metal estremo melodico, i cinque tedeschi mettono sul piatto una melodia vincente ed un grande impatto, all’interno di un mix di generi ed influenze che crea un sound personale ed estremamente convincente.

Nati nel 2009, arrivano all’esordio su lunga distanza grazie alla Wormholedeath i tedeschi Unclouded Perception, band portata nel nostro paese e lasciata nelle sapienti mani di Wahoomi Corvi che, insieme a Cristian Coruzzi, ha registrato e mixato l’album ai Realsound Studio di Parma.

Scordatevi il solito gruppo modern metal, anche se il look della band potrebbe ingannarvi, perché come da tradizione della label anche gli Unclouded Perception hanno qualcosa che li distingue nel vasto panorama del metal odierno.
Infatti, ad un approccio melodico attuale la band unisce elementi classici e di stampo thrash, e ne esce così un lavoro vario e a suo modo originale, sempre in bilico tra tradizione e modernità.
Schegge impazzite di melodic death metal, ritmiche che passano dalle classiche ripartenze thrash a più moderni mid tempo, voce graffiante di matrice thrash old school e solos heavy compongono un sound prepotente, a tratti selvaggio, al quale il gran lavoro in consolle dona sfumature moderna, note cristalline ed un appeal sufficiente per spingere all’ascolto degli undici brani che compongono District.
Bravi quando scelgono le strade del metal estremo melodico, i cinque tedeschi mettono sul piatto una melodia vincente ed un grande impatto, all’interno di un mix di generi ed influenze che crea un sound personale ed estremamente convincente.
Tra le note di queste undici adrenaliniche tracce troverete di che sfamare la vostra voglia di metal, perché di questo alla fine si tratta.

Tracklist
1.Apocalypse
2.Kingdom of Blood
3.Rain
4.Sweet Maiden
5.Live 6.Rise
7.Never Ending Race
8.Circus
9.The Punisher
10.Turn the Tables
11.The Warming Cold

Line-up
Bernhard Huber – Vocals
Andreas Eder – Guitars
Martin Stadlmaier – Guitras
Josef Brettmeister – Bass
Martin Klose – Drums

UNCLOUDED PERCEPTION – Facebook

Def Leppard – The Story So Far-The Best Of

The Story So Far- The Best Of è la classica raccolta che ripercorre gli anni di una band che ha fatto la storia del genere, per cui è ovvio che qui si trovino i maggiori successi, così come qualche brano degli ultimi lavori, magari sfuggito ai fans della prima ora.

I Def Leppard sono un’istituzione per gli amanti dell’hard & heavy, perché anche se inserita con non poca fatica nel carrozzone della new wave of british heavy metal, la band di Joe Elliot si è sempre espressa su coordinate melodiche dall’appeal irresistibile, trovando il successo anche tra chi non ascolta metal abitualmente.

Rock, pop, hard rock da arena, super ballad che hanno conquistato migliaia di fans in giro per il mondo, lungo una carriera arrivata oltre i quarant’anni costellata da successi planetari e tragedie umane che hanno segnato in modo indelebile la storia del gruppo britannico.
The Story So Far- The Best Of è la classica raccolta che ripercorre gli anni di una band che ha fatto la storia del genere, per cui è ovvio che qui si trovino i maggiori successi, così come qualche brano degli ultimi lavori, magari sfuggito ai fans della prima ora.
I Def Leppard arriveranno nel nostro paese all’inizio dell’estate insieme agli Whitesnake, formando una coppia d’assi imperdibile per i rockers con qualche capello bianco sulla chioma ormai rada, e The Story So Far è l’occasione per una retrospettiva sul meglio che il gruppo ha offerto nella sua lunga carriera.
La raccolta esce in vari e formati e per tutti i gusti: 2 CD /1 CD/ 2 LP + bonus 7” con appunto una raccolta di singoli, “The Hysteria Singles”, box in edizione limitata con 10 singoli 7” in vinile, ma ci sono anche note dolenti: a parte il singolo natalizio We All Need Christmas e la cover di Personal Jesus dei Depeche Mode, non ci sono tracce inedite e vengono completamente ignorati i brani dai primi due lavori (On Through the Night e High ‘n’ Dry), scelta che lascia con l’amaro in bocca per l’importanza storica dei due lavori in questione.
Per il resto The Story So Far è un tuffo nella musica dei Def Leppard tra classici immortali e brani splendidi ma meno conosciuti, in un lungo abbraccio con questi signori dell’hard & heavy, con cui più o meno tutti siamo cresciuti e che hanno segnato qualche stagione della nostra vita con le loro hit.
Non siamo molto in sintonia con questo tipo di operazioni, ma per i Def Leppard facciamo volentieri un’eccezione, anche per l’immensa discografia dei nostri e l’importanza che hanno avuto nel portare al successo la nostra musica preferita.

Tracklist
Disc 1
01. Animal
02. Photograp
03. Pour Some Sugar On Me
04. Love Bites
05. Let’s Get Rocked
06. Armaggedon It
07. Foolin’
08. Two Steps Behind
09. Heaven Is
10. Rocket
11. Hysteria
12. Have You Ever Needed Someone So Bad
13. Make Love Like A Man
14. Action
15. When Love & Hate Collide
16. Rock of Ages
17. Personal Jesus

Disc 2
01. Let’s Go
02. Promises
03. Slang
04. Bringin’ On The Heartbreak
05. Rock On (Radio Remix)
06. Nine Lives” (feat. Tim McGraw)
07. Work It Out
08. Stand Up
09. Dangerous
10. Now
11. Undefeated
12. Tonight
13. C’Mon C’Mon
14. Man Enough
15. No Matter What
16. All I Want Is Everything
17. It’s All About Believing
18. Kings Of The World

Line-up
Joe Elliott – Vocals
Phil Collen – Guitar & Vocals
Vivian Campbell – Guitars & Vocals
Rick “Sav” Savage – Bass & Vocals
Rick Allen – Drums & Vocals

DEF LEPPARD – Facebook

Shockin’ Head – Xxmiles

Unione di intenti e tanta attitudine per questo quartetto che risulterà una gradita sorpresa per gli amanti del metal, siano essi più legati alla tradizione che a suoni moderni e dall’impatto di un carro armato.

Nuova uscita targata Volcano Records, che licenzia il debutto di questa heavy/thrash band chiamata Shocking’Head, formata da vecchie conoscenze dell’underground metal del ponente ligure.

Chupacabras, R.A.V.E.D. ed Estremo Ponente sono i gruppi da cui provengono i musicisti che compongono la line up di questa nuova band che ci investe con tutta la sua carica metallica, attraverso otto brani (di cui uno cantato in dialetto sardo) aggressivi, graffianti, melodici e con puntate estreme che deflagrano in un sound esplosivo.
Unione di intenti e tanta attitudine per questo quartetto che risulterà una gradita sorpresa per gli amanti del metal, siano essi più legati alla tradizione che a suoni moderni e dall’impatto di un carro armato.
Orgoglio metallico nell’affrontare i problemi della vita di tutti i giorni, guerrieri che a denti stretti affrontano le dure prove che la vita ci impone, aiutati dalla forza che si trova dentro ognuno di noi, queste sono le tematiche delle fucilate heavy/thrash che compongono l’album.
Xxmiles contiene splendidi passaggi melodici, così come una notevole forza d’urto sprigionata in brani come All In, Falling In Reverse e la micidiale Soul Destruction, perfetta alchimia tra heavy metal, thrash e groove: un album prettamente metal che non risulta affatto old school e appare invece ben inserito per sonorità ed impatto in questo inizio millennio, oltre che suonato e cantato con mestiere e grinta da vendere.

Tracklist
1. All In
2. Falling in Reverse
3. Ejaaa!!!
4. Winners in the Desert
5. Soul Destruction
6. Trip in the Hell
7. Xxmiles
8. Blame Game

Line-up
Daniele Sedda – Vocals
Black Ale – Bass
Zac Vanders – Guitars
Frederic Volante – Drums

SHOCKIN’ HEAD – Facebook

Malamorte – Hell For All

Hell For All è un album affascinante che non può mancare tra gli ascolti di chi ama le band citate e l’heavy metal più oscuro, mistico e dalle tinte horror.

Le origini black metal dei romani Malamorte influenzano ancora il sound prettamente heavy metal di questo nuovo lavoro, così da assecondare il concept occulto, mistico ed anticristiano che anima il progetto del compositore, chitarrista e cantante L.V.

Hell For All è il terzo full length, licenziato dalla Rockshots Records, con il quale vengono proposti dieci brani di heavy metal old school, ispirato dai Mercyful Fate, dalla scena thrash/black ottantiana e dalla New Wave Of British Heavy Metal.
Ritmiche heavy/thrash, solos classici ed atmosfere oscure è quello che troverete su Hell For All, album dal tocco melodico intrigante che lo rende nobilmente classico.
Alla fine sono più estreme le tematiche che non la musica, che rimane heavy e a tratti teatrale, alternando brani graffianti e veloci a mid tempo su cui L.V. declama storie occulte ricordando non poco il King Diamond in versione Mercyful Fate.
Un album da vivere nella penombra della vostra stanza, entrando nelle atmosfere di brani che passano dall’heavy/thrash di Antichrist a quelle dark della splendida Mother; la maideniana title track apre la seconda parte dell’album dove torna prepotentemente l’influenza di King Diamond in Satan’s Slave, brano horror metal che lascia al suo passaggio odore di incenso e di Death SS.
Hell For All è un album affascinante che non può mancare tra gli ascolti di chi ama le band citate e l’heavy metal più oscuro, mistico e dalle tinte horror.

Tracklist
1.Advent
2.Antichrist
3.Warriors of Hell
4.Holy or Unholy
5.Mother
6.Hell for All
7.Son
8.The Worshipers of Evil
9.Satan’s Slave
10.God Is Nothing

Line-up
L.V. – Vocals/Guitars, music, lyrics, production, arrangements

Sk – additional guitars, Bass, Programming

MALAMORTE – Facebook

Crying Steel – Steel Alive

Un’uscita imperdibile targata Jolly Roger: in doppio cd il primo ep omonimo dei Crying Steel e l’album On The Prowl, entrambi rimasterizzati, con l’aggiunta delle rispettive versioni live.

Un’altra uscita da non perdere per tutti gli amanti dell’heavy metal classico battente bandiera tricolore da parte della instancabile Jolly Roger, sempre attenta a proporre succulente ristampe di quei gruppi che hanno fatto la storia della nostra musica preferita su e giù per lo stivale.

Tocca a i Crying Steel, tornati in forma smagliante lo scorso anno con l’album Stay Steel ed ora tributati dalla label nostrana con questo doppio cd che prevede sul primo le versioni rimasterizzate dell’ep omonimo, uscito originariamente nel 1985, e del primo full length On The Prowl, licenziato dalla band due anni dopo, mentre sul secondo si trovano le versioni live dei due lavori.
Siamo al cospetto di uno dei migliori esempi di heavy metal tradizionale che la nostra scena abbia regalato negli anni d’oro, anche se all’epoca fare metal in Italia era un’impresa ardua anche per gruppi del valore del quintetto bolognese.
I Crying Steel alternavano graffianti brani alla Judas Priest ad altri più melodici, presentando una scaletta vari e perfetta per quegli anni, con gli acuti del singer Luca Bonzagni a non far rimpiangere gli illustri colleghi stranieri ed una formazione compatta che oltre ai due membri fondatori Alberto Simonini (chitarra) e Angelo Franchini (basso) era completata da Luca Ferri (batteria) e Franco Nipoti (chitarra).
Grande heavy metal dunque, nel quale non mancano, oltre ai Priest, echi dei Motorhead e di quelle band che allora facevano la fortuna di quella New Wave Of British Heavy Metal che trovava nei Crying Steel un’appendice tricolore di tutto rispetto.
Erano ovviamente più acerbi i brani tratti dall’ep, mentre On The Prowl vedeva il gruppo fare passi da gigante, sfornando un album gagliardo e melodico composto da una tracklist impeccabile.
No One’s Crying, le melodie di Changing The Direction, l’irresistibile cavalcata The Song of the Evening e la tellurica Thunderdogs sono le tracce simbolo di questo pezzo di metallo forgiato dai Crying Steel.
Il secondo cd ci mostra le capacità del gruppo in sede live, un’ulteriore prova dell’importanza e della grandezza di questa leggendaria band nostrana ed un motivo in più per non perdere questa apprezzabile ristampa.

Tracklist
Cd 1
1.Ivory Stages (Ep)
2.You Have Changed (Ep)
3.Hero (Ep)
4.Where the Rainbow Dies (Ep)
5.Runnin’ Like a Wolf (Ep)
6.No One’s Crying (On the Prowl)
7.Changing the Direction (On the Prowl)
8.Struggling Along (On the Prowl)
9.Fly Away (On the Prowl)
10.Upright Smile (On the Prowl)
11.The Song of Evening (On the Prowl)
12.Alone Again (On the Prowl)
13.Thundergods (On the Prowl)
14.Shining (On the Prowl)

Cd 2
15.Ivory Stages (Live)
16.Hero (Live)
17.Where the Rainbow Dies (Live)
18.You Have Changed (Live)
19.Running Like a Wolf (Live)
20.No One’s Crying (Live)
21.Changing the Direction (Live)
22.Struggling Along (Live)
23.Fly Away (Live)
24.Upright Smile (Live)
25.Alone Again (Live)
26.The Song of Evening (Live)
27.Shining (Live)
28.Thundergods (Live)

Line-up
Luca Bonzagni – Vocals
Franco Nipoti – Guitars
Alberto Simonini – Guitars
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums

Formazione attuale
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums
Franco Nipoti – Guitars
JJ Frati – Guitars
Mirko Bacchilega – Vocals

CRYING STEEL – Facebook

Flotsam and Jetsam – The End of Chaos

Non giudichiamo l’opera dalla cover e lasciamoci attrarre e sedurre da un disco potente,viscerale,splendidamente suonato da musicisti dotati di classe cristallina.Spettacolare ritorno per una band storica ma purtroppo sottovalutata.

La storia è nota! I Flotsam and Jetsam, di Phoenix in Arizona, sono sempre stati sottovalutati e sono rimasti un patrimonio solo per veri intenditori che seguono la vera musica fregandosene delle mode e del riscontro commerciale.

Molti li ricordano per essere stata, agli albori (Doomsday for Deceiver, 1986), la band di Jason Newsted, ex bassista dei Metallica, ma credo che pochi se li ricordino per lo straordinario valore di alcuni loro dischi, il già citato Doomsday, ma anche No Place for Disgrace del 1988. Con una carriera di assoluto valore tra alti e bassi normali nell’arco di una storia più che trentennale, rinvigorita nel 2016 con l’omonimo e ottimo Flotsam and Jetsam, la band da sempre nelle mani del vocalist Erik A.K Knutson, ritorna con un disco di alto livello, fresco, coinvolgente, ottimamente prodotto e suonato; quasi cinquanta minuti con canzoni potenti, viscerali condotte da un grande interplay tra i due chitarristi, lo storico Michael Gilbert e Michael Conley entrato nel 2016. Non ci sono filler, sono dodici brani che hanno una capacità di coinvolgere con linee melodiche mai banali, ma sempre intriganti accompagnate da un preciso lavoro di basso, suonato da Michael Spencer, rientrato nel 2014, che struttura  le tracce in progressioni inarrestabili. Le chitarre sono precise e pulite negli assoli che impreziosiscono i vari brani, che sanciscono l’unione tra trash e metal più classico, ricorrendo anche ad armonizzazioni pregevoli all’interno dei vari episodi. Ulteriore valore aggiunto è la grande capacità espressiva di Eric Knutson, che anche dopo i 50 anni dimostra di avere elasticità ed estensione notevole, variando molto l’interpretazione in ogni frangente. Assalti furiosi e intricati come in Slowly Insane accendono i sensi, ascoltare le chitarre inarrestabili è pura adrenalina, cosi come lasciarsi trasportare da visioni voivodiane nella meravigliosa Architects of Hate, dove il buon Erik si lascia andare a una interpretazione ricca di pathos. Classe cristallina e songwriting che molte band si sognano portano l’eccitazione a livelli molto alti: ogni brano possiede linee melodiche facilmente riconoscibili pur all’interno di strutture per nulla banali o scontate. Demolition Man, di cui esiste anche un video, sorprende cosi come il riff selvaggio di Unwelcome Surprise costruisce un brano teso e tagliente come una lama di rasoio. Non so cosa porterà il 2019 ma l’inizio è decisamente con il botto!

Tracklist
1. Prisoner of Time
2. Control
3. Recover
4. Prepare for Chaos
5. Slowly Insane
6. Architects of Hate
7. Demolition Man
8. Unwelcome Surprise
9. Snake Eye
10. Survive
11. Good or Bad
12. The End

Line-up
Michael Gilbert – Guitars
Eric A.K. – Vocals
Michael Spencer – Bass
Steve Conley – Guitars
Ken Mary – Drums

FLOTSAM AND JETSAM – Facebook

The Price – A Second Chance To Rise

Il disco contiene ottima musica, il suo ascolto rasserena e carica, c’è maturità, ed una certa consapevolezza che nasce dalla sicurezza nei propri mezzi, e un’immensa passione che sfocia nella voglia di fare qualcosa che alberghi bene nelle nostre orecchie.

Marco Barusso da Calice Ligure, è una personalità musicale dalle molte sfaccettature: produttore, arrangiatore, chitarrista e ingegnere del suono, ha collaborato con nomi quali 883, HIM, Coldplay, Gli Atroci, Heavy Metal Kids e Cayne, solo per fare qualche nome.

The Price è il nome del suo nuovo progetto solista, all’esordio con A Second Chance To Rise. La copertina promette già bene, testimonianza di un contratto con qualcuno che puzza di zolfo e che ha pure lui collaborato con diversi musicisti e gruppi. Uno dei messaggi che vuole trasmettere Barusso è che non bisognerebbe prendere scorciatoie, ma essere sempre fedeli a se stessi, lavorando duro. E il duro lavoro, la grande passione e un talento tecnico fuori dal comune sono alcune fra le doti di Marco Barusso che confeziona un gran bel disco, con tante cose dentro, tanti ospiti di spicco ed un tiro micidiale. Come coordinate musicali si potrebbe dire che siamo dalle parti dell’hard rock proposto con estrema eleganza ma c’è molto di più. Punto di partenza è una produzione davvero puntuale e precisa, poi Barusso ci mette dentro tantissimo del suo: i riff della sua chitarra sono sempre caldi e scorrevoli, non eccede mai in inutili virtuosismi, ma si mette al servizio del contesto musicale. Troviamo anche tanto metal qui dentro, soprattutto nel senso di un epic heavy che si fonde molto bene con l’hard rock suonato in maniera eccellente. Un capitolo a parte lo meritano gli ospiti, la crema della scena rock e non solo italiana degli ultimi trent’anni: qui c’è un Enrico Ruggeri in gran forma che canta in inglese, e poi ci sono anche Luca Solbiati (Zeropositivo), Roberto Tiranti (Labyrinth, Wonderworld), Max Zanotti (Casablanca), Alessandro Ranzani (Movida), Axel Capurro (Anewrage), Alessio Corrado (Jellygoat), Enrico “Erk” Scutti (Figure of Six), Alessandro Del Vecchio (Hardline), Marco Sivo (Instant Karma), Fabio “Phobos Storm” Ficarella (The Strigas) e Tiziano Spigno (Extrema). Ospiti importanti, ma soprattutto musicisti che come Barusso preferiscono l’olio di gomito e la sala prove ai social o alle esternazioni ad minchiam. Il disco contiene ottima musica, il suo ascolto rasserena e carica, c’è maturità ed una certa consapevolezza che nasce dalla sicurezza nei propri mezzi, e da un’immensa passione che sfocia nella voglia di fare qualcosa che alberghi bene nelle nostre orecchie. Tutti dovrebbero avere una seconda possibilità, ma a Barusso ne basterà una sola per conquistarvi.

Tracklist
1 Tears Roll Down (Feat. Luca Solbiati)
2 A mg of Stone (Feat. Alessandro Ranzani)
3 My Escape (Feat. Axel Capurro)
4 Enemy (Feat. Alessio Corrado)
5 Take Back our Life (Feat. Enrico “Erk” Scutti)
6 Free from Yesterday (Feat. Roberto Tiranti)
7 Lilith (Feat. Tiziano Spigno)
8 Stormy Weather (Feat. Max Zanotti)
9 On the Edge of Madness (Feat. Enrico Ruggeri)
10 E.C.P. (Electric Compulsive Possession)
11 Under My Skin (Feat. Alessandro Del Vecchio & Marco Sivo)
12 Strange World (Feat. Fabio “Phobos Storm” Ficarella)

Line-up
Marco Barusso – Lead Guitar and Voice

THE PRICE – Facebook

Burning Witches – Hexenhammer

Hexenhammer risulta così un album perfetto per i fans del genere, una raccolta di brani che poggia su riff, solos taglienti, mid tempo potentissimi ed un tocco magico di thrash teutonico che potenzia ancora di più l’impatto di brani scritti per esaltare i seguaci che, da sotto il palco, assisteranno al rito stregonesco consumato dalle Burning Witches.

La Nuclear Blast non si è fatta sfuggire quella macchina da guerra metallica chiamata Burning Witches e così Hexenhammer, secondo album delle streghe svizzere, esce con in bella mostra il logo della label metal più importante del pianeta, un traguardo preventivato da molti, dopo l’uscita del debutto omonimo dello scorso anno.

Le cinque vestali del metal più classico non tradiscono gli amanti del genere licenziando un lavoro dinamitardo, potente e in grado di far luccicare gli occhi agli adepti del sound ottantiano, ultimamente rinvigorito dal buon lavoro fatto dai Judas Priest.
E proprio dalla band di Rob Halford si parte per parlare di questo concept sul Malleus Maleficarum, testo sulla repressione della stregoneria scritto nel 1487, qui contrastato a colpi di heavy metal classico.
Judas Priest, Accept, Doro, tra lo spartito di questo lavoro troverete di che crogiolarvi con queste band che rappresentano le influenze primarie di queste cinque ragazze.
Hexenhammer risulta così un album perfetto per i fans del genere, una raccolta di brani che poggia su riff, solos taglienti, mid tempo potentissimi ed un tocco magico di thrash teutonico che potenzia ancora di più l’impatto di brani scritti per esaltare i seguaci che, da sotto il palco, assisteranno al rito stregonesco consumato dalle Burning Witches.
L’album parte spedito con Executed e Lords Of War, brani che presentano nel migliore dei modi quello che andrete ad ascoltare: un heavy metal con tutte le caratteristiche ed i cliché del caso, niente che non sia perfettamente incastonato nel genere risultando un gioiellino per chi si nutre di queste sonorità.
Ancora Maiden Of Steel, la title track e Possession ribadiscono l’ottima vena di questo lavoro che lascia alla leggendaria cover di Holy Diver il compito di salutarci, prima che le fiamme avvolgano la catasta di legna su cui brucia, maledicendo gli astanti, l’ennesima vittima dell’ottusa e crudele inquisizione.

Tracklist
1. The Witch Circle
2. Executed
3. Lords Of War
4. Open Your Mind
5. Don’t Cry My Tears
6. Maiden Of Steel
7. Dungeon Of Infamy
8. Dead Ender
9. Hexenhammer
10. Possession
11. Maneater
12. Holy Diver

Line-up
Seraina – Vocals
Romana – Guitar
Sonia – Guitar
Jay – Bass
Lala – Drums

BURNING WITCHES – Facebook

Gunfire – Gunfire

Gunfire, per i più giovani e per chi non si imbatté all’epoca nel quartetto marchigiano è una bomba heavy metal, di quelle che non si possono solo archiviare come reperto storico essendo la prova di come, in quegli anni e con tutte le difficoltà del caso, anche nel nostro paese si suonasse metal di prim’ordine.

La Jolly Roger conferma la sua assoluta importanza per i suoni classici battenti bandiera tricolore con l’uscita di questo nuovo formato dello storico ep omonimo dei Gunfire, metal band marchigiana fondata addirittura dal 1981.

L’ep in questione fu rilasciato dal gruppo nel 1984 dopo la pubblicazione di un demo avvenuta nello stesso anno, che la Jolly Roger aggiunge per intero in questa nuova veste con l’aggiunta del brano Fire Cult e la versione live di Thunder Of War.
Gunfire, per i più giovani e per chi non si imbatté all’epoca nel quartetto marchigiano è una bomba heavy metal, di quelle che non si possono solo archiviare come reperto storico essendo la prova di come, in quegli anni e con tutte le difficoltà del caso, anche nel nostro paese si suonasse metal di prim’ordine, ispirato ovviamente dalla New Wave Of British Heavy Metal e dagli inossidabili Judas Priest, ma con una potenza power tutta farina del sacco di un gruppo che dovette poi aspettare vent’anni prima di vedere pubblicato il suo primo full length (Thunder of War 2004).
Hard Steel, Thunder Of War, la title track e la priestiana Wings Of Death, alle quali vengono affiancate le versioni apparse sul primo demo e le altre dinamitarde canzoni, escono in tutta la loro potenza metallica facendo sanguinare altoparlanti e lacrimare occhi in una discesa senza freni fino alle origini dell’heavy metal tricolore.
La band ha pubblicato il bellissimo Age Of Supremacy nel 2014, è poi apparsa dal vivo alla FIM di Genova in forma smagliante con il solo cantante Roberto “Drake” Borrelli della formazione originale, per poi far perdere le proprie tracce fino alla pubblicazione di questa importante ristampa che si spera possa essere foriera di ulteriori novità.

Tracklist
1.Intro
2.Hard Steel (EP Version)
3.Thunder Of War (EP version)
4.Gunfire (EP Version)
5.Wings Of Death (EP Version)
6.Firecult
7.Gunfire (Demo Tape)
8.Thunder Of War (Demo Tape)
9.The Sea Be Your Grave (Demo Tape)
10.Hard Steel (Demo Tape)
11.Bloody Way (Demo Tape)
12.Winged Horses (Demo Tape)
13.Thunder Of War (Live 1984 – Cd Bonus)

Line-up
Lord Black Cat – Guitars
Robert Drake – Vocals
Maury Lyon – Bass
Rob Gothar – Drums

GUNFIRE – Facebook

Anno Mundi – Rock In A Danger Zone

Rock In A Danger Zone è un’opera davvero interessante, consigliata agli amanti dei suoni classici che qui troveranno un tributo ai di generi che hanno fatto la storia dell’hard & heavy, sapientemente lavorati da ottimi artisti delle sette note.

Gli Anno Mundi sono un gruppo di rockers capitolini fondato dal chitarrista Alessio Secondini Morelli, del quale abbiamo parlato non tropo tempo fa in occasione dell’uscita di Hyper-Urania, il suo lavoro solista licenziato nel 2017.

Ad accompagnare il chitarrista troviamo l’altro fondatore del gruppo, il batterista Gianluca Livi, il tastierista Mattia Liberati e il bassista Flavio Gonnellini (anche dei progsters Ingranaggi Della Valle) e il cantante Federico “Freddy Rising” Giuntoli, con un passato nei Martiria.
Rock In A Danger Zone, licenziato solo in vinile, risulta una raccolta di brani dal sound vario, nel corso della quale la band passa dall’hard rock classico a sfumature southern, da ispirazioni progressive al metal di stampo epico in un susseguirsi di sorprese e tributi all’hard & heavy del ventennio settanta/ottanta.
La perizia dei musicisti coinvolti fa sì che Rock In A Danger Zone non abbia una sola nota che non faccia sobbalzare sulla sedia gli amanti del classic rock e del metal, a partire già dalla prima bellissima traccia Blackfoot, tributo alla storica band americana che gli Anno Mundi ricamano di sfumature purpleiane.
Si cambia registro e la cavalcata in epico crescendo di Megas Alexandros farà la gioia di molti, con una prestazione di notevole impatto lirico di Giuntoli e ispirazioni che oscillano tra Rainbow e Manowar, passando per i Virgin Steele.
Chiude il primo lato la possente Searching The Faith, hard doom di notevole impatto, mentre un tributo al racconto lovecraftiano The Music of Erich Zann apre la seconda parte dell’album, che vede a seguire l’hard rock progressivo della magnifica Pending Trial, la cover di Fanfare, brano dei Kiss tratto dal controverso e poco compreso Music From The Elder, ed un medley di brani registrati dal vivo dagli Anno Mundi al RoMetal nel 2014.
Rock In A Danger Zone è un’opera davvero interessante, consigliata agli amanti dei suoni classici che qui troveranno un tributo ai di generi che hanno fatto la storia dell’hard & heavy, sapientemente lavorati da ottimi artisti delle sette note.

Tracklist
Side A
1.In the saloon
2.Blackfoot
3.Megas Alexandros
4.Dark Matter (Nibiru’s Orbit)
5.Searching The Faith

Side B
1.Tribute To Erich Zann
2.Pending Trial
3 – Fanfare
4.Live Medley
a) – Shining Darkness
b) – Dwarf Planet
c) – Timelord
d) – God Of The Sun

Line-up
Federico Giuntoli – vocals
Alessio Secondini Morelli – electric guitars, effects, bk vocals
Flavio Gonnellini – bass
Mattia Liberati – keyboards
Gianluca Livi – drums, percussions

Special guests:
Emiliano Laglia – bass (“Fanfare” and “Live Medley”)
Massimiliano Fabrizi – mandola (“In the Saloon”)

ANNO MUNDI – Facebook

Original Sin – Space Cowboy

Gli Original Sin non si discostano molto da quanto fatto nel recente passato, con un sound ispirato all’hard & heavy tradizionale e influenzato dalla scena britannica degli anni ottanta.

Vi avevamo parlato dei ravennati Original Sin diversi mesi fa, in occasione del loro debutto, il buon Story Of A Broken Heart che metteva in evidenza l’attitudine hard & heavy del quartetto con nove brani diretti dalle radici ben salde negli anni ottanta, ma con impatto e prepotenza da guerrieri del nuovo millennio.

Space Cowboy è il secondo lavoro del gruppo la cui formazione vede sempre all’opera il cantante e chitarrista Matteo Berti, il chitarrista Federico Maioli, il batterista Luca Canella ed il bassista Manuel Montanari.
L’album parte con la title track, un mid tempo che fatica a decollare, ma già dalla seconda traccia Save What Is Yours la band torna a fare metal diretto e graffiante, con Back To The Past che poi ci investe con il suo hard & heavy risultando il brano più riuscito dell’opera, mentre Into The World è una cavalcata in crescendo e The Long Travel si rivela l’altro pezzo da novanta di Space Cowboy.
Gli Original Sin non si discostano molto da quanto fatto nel recente passato, con un sound ispirato all’hard & heavy tradizionale e influenzato dalla scena britannica degli anni ottanta; come nel precedente album i pregi superano di gran lunga i difetti, rendendo questi ultimi dei dettagli che non inficiano quanto di buono offerto in questo nuovo lavoro.
Se siete amanti dell’hard & heavy old school targato Regno Unito, Space Cowboy merita la vostra attenzione.

Tracklist
1.Space Cowboy
2.Save What Is Yours
3.Back To The Past
4.Into The World
5.Streets Of Terror
6.The Long Travel
7.The Music
8.I Can’t Live

Line-up
Matteo Berti – Vocals, Guitars
Federico Maioli – Guitars
Manuel Montanari – Basso
Luca Canella – Drums

ORIGINAL SIN – Facebook

Jon Schaffer’s Purgatory – Purgatory EP

Jon Schaffer ha richiamato i compagni di un tempo e ha riformato i Purgatory, dai quali in seguito nacquero appunto gli Iced Earth, riregistrando una manciata di brani provenienti dai tre demo licenziati a quei tempi, più un brano inedito.

Jon Schaffer è uno dei migliori compositori che il metal classico a stelle e strisce ci abbia regalato negli ultimi trent’anni: sottovalutato da molti, ha continuato a scrivere heavy metal di un certo spessore anche dopo gli anni di maggior successo, dovuti ad una serie di album epocali, con la triade Burnt Offerings, The Dark Saga e Something Wicked This Way Comes che tra il 1995 ed il 1998 collocò gli Iced Earth sul trono di un genere che stava lentamente trovando una nuova giovinezza.

In questo ultimo periodo il chitarrista statunitense, dopo i buoni responsi ottenuti dall’ultimo album (Incorruptible) del gruppo uscito lo scorso anno, ha riesumato vecchi demo risalenti alla metà degli anni ottanta, quando la band si chiamava Purgatory e Jon era un giovane musicista innamorato della New Wave Of British Heavy Metal e del metal classico suonato nel suo paese.
Jon Schaffer ha richiamato i compagni di un tempo e ha riformato i Purgatory, dai quali in seguito nacquero appunto gli Iced Earth, riregistrando una manciata di brani provenienti dai tre demo licenziati a quei tempi, più un brano inedito.
I Jon Schaffer’s Purgatory vedono dunque, oltre al leader, il cantante Gene Adam ed il chitarrista Bill Owen alle prese con un heavy metal che molto deve agli Iron Maiden dei primi due album, con quel tocco americano riconducibile ai Metal Church, oscuro e dark come da tradizione dell’U.S. Metal.
Ottima la prova del cantante, interpretativo e teatrale ma lontano anni luce dal Matt Barlow d’annata, molto più orientato al thrash e robusto rispetto al suo collega che, invece, non disdegna il falsetto di scuola King Diamond.
Il brano inedito (l’opener In Your Dreams) risulta anche la traccia più vicina al sound degli Iced Earth, mentre la varie Dracula, In Jason’s Mind e Jack si rivelano ottimi brani di heavy metal old school.
Jack Lo Squartatore, Freddy Krueger, Jason e Dracula ringraziano per i brani a loro dedicati, mentre noi non possiamo che aspettare buone nuove e goderci dell’ottimo heavy metal firmato Jon Schaffer.

Tracklist
1.In Your Dreams
2.Dracula
3.In Jason’s Mind
4.Jack
5.Burning Oasis

Line-up
Jon Schaffer – Guitars (rhythm, lead), Vocals
Bill Owen – Guitars (lead)
Gene Adam – Vocals

Veonity – Legend Of The Starborn

La durata di questo Legend Of The Starborn è di quelle proibitive, ma la fluidità del sound proposto dal quartetto di Vänersborg aiuta non poco l’ascolto, specialmente se siete fans di un genere che con i Veonity trova nuova linfa.

Per gli amanti dei suoni power classici il ritorno degli svedesi Veonity, tramite la sempre più presente sul mercato Sliptrick Records, è sicuramente un appuntamento da non perdere.

La band, infatti, dopo i primi due riusciti lavori (il debutto The Gladiator’s Tale, uscito nel 2015, seguito da Into The Void l’anno dopo) arriva al terzo ambizioso full length, un’opera mastodontica di quasi un’ora e mezza composta dal solito buon power metal di estrazione tedesco/scandinava.
I Veonity sono il classico gruppo da cui si sa benissimo cosa aspettarsi: tanto metallo classico, ritmiche power alternate a potenti crescendo, chorus epici e valanghe di melodie.
La durata di questo Legend Of The Starborn è di quelle proibitive, ma la fluidità del sound proposto dal quartetto di Vänersborg aiuta non poco l’ascolto, specialmente se siete fans di un genere che con i Veonity trova nuova linfa.
Legend of the Starborn segue a livello lirico il concept del precedente album, con il protagonista tornato sulla Terra dopo essere fuggito nello spazio ed aver incontrato i guerrieri del tempo, dai quali viene rimandato all’era dei vichinghi per aiutare gli ultimi sopravvissuti nell’impresa di salvare l’umanità da una razza aliena che l’ha schiavizzata.
Gamma Ray, Freedom Call, Nocturnal Rites, Hammerfall, Edguy sono i gruppi che più ispirano la band svedese, aiutata da ospiti importanti come Tommy Johansson (Sabaton, Reinxeed) e Patrik Selleby (Bloodbound, Shadowquest) in questo enorme sforzo compositivo che troverà sicuramente molti defenders pronti a sguainare gli spadoni e lucidare gli scudi al suono di questi quattordici inni al true power metal.
I momenti esaltanti non sono pochi, a partire da Guiding Light fino a Warrior Of The North, passando per Freedom Vikings e To The Gods, ma è tutta la tracklist che convince facendo di Legend Of The Starborn una delle opere più riuscite quest’anno nel genere.

Tracklist
1.Rise Again
2.Starborn
3.Guiding Light
4.Winds of Asgard
5.Outcasts of Eden
6.Sail Away
7.The Prophecy
8.Warrior of the North
9.Gates of Hell
10.Freedom Vikings
11.Lament
12.To the Gods
13.United We Stand
14.Beyond the Horizon

Line-up
Anders Sköld – Vocals/Guitar
Samuel Lundström – Guitar
Joel Kollberg – Drums
Kristoffer Lidre – Bass

VEONITY – Facebook

Lovebites – Clockwork Immortality

Il sound di Clockwork Immortality sorprenderà più di un amante del metal classico di scuola power europea: saggiamente la band ha assorbito tutto il meglio del genere, trovando la perfetta alchimia tra le sue varie anime.

Se pensate che le Lovebites siano solo l’ennesimo fenomeno da baraccone giunto dal sol levante vi dovrete ricredere, perché Clockwork Immortality è un lavoro molto interessante ed assolutamente metallico che coccia con l’immagine glamour delle cinque ragazze, ma che all’ascolto procura momenti di auto esaltazione heavy/power.

D’altronde la band ha lavorato in passato con Mikko Karmila e Mika Jussila (Children Of Bodom, Amorphis, Nightwish, tra gli altri) ed arriva con questo nuovo lavoro al secondo album su lunga distanza in una discografia che conta anche due ep licenziati in un paio d’anni.
Asami, Haruna, Midori, Miho e Miyako, oltre al loro fascino mettono in campo un heavy power metal che surclassa molti omaccioni tutti spade e scudi, vanno veloci come lampi nel cielo, abbondano di orchestrazioni ed arrangiamenti bombastici e scagliano frecce metalliche che si conficcano nel centro di un bersaglio commerciale altisonante.
Molto meno “truzzo” di quello esibito dalle Babymetal, il sound di Clockwork Immortality sorprenderà più di un amante del metal classico di scuola power europea: saggiamente la band ha assorbito tutto il meglio del genere, trovando la perfetta alchimia tra l’anima scandinava (Stratovarius), quella tedesca (Freedom Call) e quella mediterranea e sudamericana (Angra, Vision Divine).
L’album non ha un attimo di tregua, passando da vere bombe heavy/power a brani dal taglio più melodico ma dal grande appeal, formando una raccolta di potenziali hit tra le quali spiccano l’opener Addicted, la potentissima Mastermind 01, la veloce e thrashy M.D.O. e la spettacolare Final Collision.
Belle da vedere e brave da ascoltare, le Lovebites faranno innamorare più di un defender duro e puro, c’è da scommetterci.

Tracklist
01. Addicted
02. Pledge Of The Saviour
03. Rising
04. Empty Daydream
05. Mastermind 01
06. M.D.O
07. Journey To The Other Side
08. The Final Collision
09. We The United
10. Epilogue

Line-up
Asami – Vocals
Midori – Guitars
Miyako – Guitars, Keyboards
Miho – Bass
Haruna – Drums

LOVEBITES – Facebook

Autore
Alberto Centenari
Voto
8
Genere – Sottogeneri – Anno – Label
2018 Heavy/Power Metal 8

Raven – Screaming Murder Death From Above: Live In Aalborg

In forma e decisi a fare male, i Raven in questo Screaming Murder Death From Above: Live In Aalborg mettono una carica metallica da far impallidire molti musicisti metal odierni, grazie ad una tracklist che ovviamente risulta inattaccabile.

Tornano i fratelloni di Newcastle John e Mark Gallagher e la loro leggendaria creatura chiamata Raven, band che mosse i primi passi negli anni settanta, ma che ebbe il suo momento di gloria nei primi anni ottanta con l’esplosione delle New Wave Of British Heavy Metal.

Da molti considerata come band importante anche per lo sviluppo del thrash (è storia il tour del 1983 con Metallica e Anthrax) la band britannica, dopo più di quarant’anni sulla scena hard & heavy (benché costellati da lunghe pause e clamorosi ritorni), licenzia tramite la SPV/Steamhammer il terzo live album della sua lunga carriera, ad una vita o giù di lì di distanza da quel Live At The Inferno che nel 1985 la immortalava sul palco dopo l’uscita dei primi tre fondamentali full length.
I fratelli Gallagher, con il fido Mike Heller alla batteria, danno prova in questo Screaming Murder Death From Above: Live In Aalborg di avere ancora un bel po’ di cartucce da sparare, con undici brani tra cui troviamo quelli che ne hanno scritto la storia (All For One, Rock Until You Drop, Faster Than The Speed Of Light, Crash Bang Wallop tra gli altri) senza farsi mancare nulla per finire sui piatti e lettori di ogni metallaro che si rispetti, da chi negli anni ottanta era un brufoloso adolescente con la giacca di jeans e le toppe dei suoi gruppi preferiti in bella mostra, fino ai più giovani che vogliono farsi un tuffo nel leggendario sound nato tra i sobborghi delle grigie città del Regno Unito.
In forma e decisi a fare male, i Raven in questo Screaming Murder Death From Above: Live In Aalborg mettono una carica metallica da far impallidire molti musicisti metal odierni, grazie ad una tracklist che ovviamente risulta inattaccabile.

Tracklist
1. Destroy All Monsters
2. Hell Patrol
3. All For One
4. Hung Drawn and Quartered
5. Rock Until You Drop
6. A.A.N.S.M.M.G.N.
7. Tank Treads (the blood runs red)
8. Faster than the speed of light
9. On And On
10. Break The Chain
11. Crash Bang Wallop

Line-up
John Gallagher – Bass, Vocals
Mark Gallagher – Guitars
Mike Heller – Drums

RAVEN – Facebook