He Comes Later – Cognizance

Gli He Comes Later riescono a raccontare cose non facili grazie ad un suono moderno, potente e fra i migliori possibili in ambito deathcore.

Mazzata deathcore dagli italiani He Comes Later.

Nati nel 2010 come gruppo metalcore i nostri con l’ingresso in formazione del cantante Andrea Piro nel 2013 si avvicinano a sonorità più pesanti e di qualità con il deathcore a rappresentare la cifra stilistica di questo lavoro, un piccolo compendio di come si possa fare questo sottogenere che ha attecchito principalmente nelle lande oltreoceano e nel nord Europa, codice ibrido per raccontare storie forti e potenti. Molti metallari lo snobbano poiché lo definiscono un metal annacquato, dove la potenza si perde in favore della modernità. Ascoltare Cognizance potrà far cambiare idea a molti, perché questo è un grande disco di metal, con tanti suoni notevoli ed influenze diverse. La storia qui narrata è quella di un ragazzo depresso, che vuole suicidarsi, mettendo fine alle proprie sofferenze. Arriva quindi il momento di fare il gesto fatale, ma il ragazzo non riesce a morire entrando in uno stato di pre-morte al quale sopravviverà diventando molto più forte: molto in breve questo è il succo della storia narrata in Cognizance. La musica del gruppo bolognese è quanto di meglio si possa trovare in campo deathcore, con voce in growl ma molto comprensibile, chitarre davvero incisive e sezione ritmica efficace. Poi il tocco in più lo dà un uso sapiente delle tastiere, che come il coro nelle tragedie greche arriva a puntualizzare molto bene i momenti più topici. Tanta potenza e una pesantezza notevole si abbattono sull’ascoltatore, ma una delle colonne portanti del lavoro rimane la melodia, che è declinata con successo in varie forme. In questo viaggio verso la morte e poi nel successivo allontanamento da essa, viviamo molti stati d’animo e siamo costretti a guardare a fondo dentro noi stessi, in quella continua esperienza pre-morte che è in fondo la vita quotidiana. Gli He Comes Later riescono a raccontare cose non facili grazie ad un suono moderno, potente e fra i migliori possibili in ambito deathcore. Anzi, nel suo genere è una delle migliori uscite di questi ultimi tempi, risultando duro, emozionante e vario proprio come dovrebbe essere un ottimo disco di metal moderno.

Tracklist
1.Despondency 1
2.Execution
3.Detachment
4.Torment
5.Healing
6.Guidance
7.Atonement
8.Quiescence
9.Resurgence
10.Cognizance

Line-up
Andrea Piro – Vocals
Daniele Ravaglia – Guitar
Vlady Yakovenko – Guitar
Alessandro Scarpetta – Bass,Vocals
Romeo Gigantino – Drums

HE COMES LATER – Facebook

Il Vaso Di Pandora – L’Astronaufrago

Con influenze ed ispirazioni che convergono in un sound maturo e personale, il terzo album dei Il Vaso Di Pandora non delude e conferma la band come punto fermo di un certo modo di fare rock nell’underground tricolore.

Sono passati quattro anni dall’uscita di Massacri Per Diletto, secondo full length del quartetto bolognese Il Vaso Di Pandora, tornato sul mercato con L’Astronaufrago, nuovo lavoro composto da otto brani di rock alternativo maturo e con quel tocco d’autore che le sottovalutate band italiane si portano nel dna da sempre.

Sempre con la voce di Antonella Farace a guidare le atmosfere cangianti del sound creato dai nostri, anche L’Astronaufrago si fregia di una riuscita altalena tra momenti più introspettivi e graffianti esplosioni di rock dalle origini statunitensi ed incastonate nell’ultimo decennio del secolo scorso.
I testi maturi, interpretati con personalità da vendere dalla cantante, accompagnano questo nuovo album in cui la tensione rimane sempre alta, anche quando sembra che la chitarra dia un po’ di tregua prima di tornare a ruggire.
Splendida la cover di Vacanze Romane dei Matia Bazar, con la chitarra che, insieme alla voce, ci portain giro per la capitale in una versione alternative rock che, con il singolo Il Signor Distruggile (hard/rock/punk/alternative micidiale), è cuore pulsante di questo lavoro.
Come in passato la musica del gruppo bolognese non si ferma a reinterpretare il rock alternativo, ma dentro di sé porta scorie hard rock, post grunge e noise in un vortice di suoni rock moderni e valorizzati dall’interpretazione della singer ne LUrlo Di Munch, nel grunge diretto di Eva e in Crisalide, brano che ricorda i Sonic Youth di Dirty.
Con influenze ed ispirazioni che convergono in un sound maturo e personale, il terzo album dei Il Vaso Di Pandora non delude e conferma la band come punto fermo di un certo modo di fare rock nell’underground tricolore.

Tracklist
1.L’Urlo Di Munch
2.Eva
3.Nulla Cambia
4.Crisalide
5.Vacanze Romane
6.Il Signor Distruggile
7.PJ
8.Luna

Line-up
Antonella Farace – Vocals
Francesco Scaglioni – Drums
Mirco Massarelli – Guitars
Lorenzo Vermeti – Guitars
Gianbattista Mastropierro – Bass

IL VASO DI PANDORA – Facebook

Bright Lights Apart – Post Utopian Soundcapes

La loro concezione di musica elettronica dei Bright Lights Apart è molto aperta ed abbraccia diversi aspetti, con le canzoni che sono costruite come se fossero delle storie da raccontare a più persone possibili, possedendo anche un notevole potenziale commerciale.

Ascoltando questo debutto dei Bright Lights Apart è davvero difficile pensare che questi ragazzi siano italiani, perché il suono è molto debitore a tanta elettronica inglese, dal big beat alla trance, dal dubstep a situazioni più techno.

Per dare qualche coordinata prima del necessario ascolto del disco, prendete i Prodigy attuali e rendeteli molto più divertenti e più underground, o di qualcosa di più efficace dei Bloody Beetroots. Questi ragazzi di Rovigo riescono a fare una seconda opera molto fresca, che incontra anche territori metal grazie a dei chitarroni belli pesanti in certi pezzi. Lo scopo della loro musica è quello di creare elettronica coinvolgente e che riesca a lasciare qualcosa all’ascoltatore. La loro concezione di musica elettronica è molto aperta ed abbraccia diversi aspetti, con le canzoni che sono costruite come se fossero delle storie da raccontare a più persone possibili, possedendo anche un notevole potenziale commerciale. Una grande influenza per i Bright Lights Apart sono sicuramente state le colonne sonore dei videogiochi, infatti ci sono molti momenti delle loro canzoni che hanno quel passo. Il cambio di marcia per il gruppo, dopo alcuni cambi di formazione, è stata la comprensione di poter fare e comporre musica da produttori fatti e finiti, infatti qui si va oltre l’idea di musicisti, per abbracciare un orizzonte più ampio. Ci si perde piacevolmente dentro questo disco, che è composto molto bene, e ha come unica pecca dei suoni non sempre all’altezza del valore del gruppo, perché con una produzione più profonda questo gruppo sfonderebbe tutto. A parte questo piccolo particolare, il disco è veramente originale e molto bello, e non capita quasi mai di sentire un gruppo con una tale carica che riesca ad amalgamare tanti generi in un suono organico e valido. Proprio mentre scrivevo queste righe è arrivata la notizia della morte del cantante dei Prodigy, Keith Flint. Non ci può essere migliore omaggio a lui della musica dei Bright Lights Apart.

Tracklist
1.Post Utopia Party
2.Bad Morning
3.The Effects
4.Metrpolitan Poem
5.Uncomfortable Intents
6.Worn out
7.Anthems for Urban Hooligans

Line-up
Miles.t – production, vox, guitars
S.Slug – production
Dave.d – Production, guitar, bass

BRIGHT LIGHTS APART – facebook

À Répit / Inféren / Malauriu / Vultur – Teschi Ossa Morte

Teschi Ossa Morte si rivela uno split album di un certo pregio perché riesce a far convergere in un’unica opera realtà di diversa estrazione, esperienza e stile, restituendo un risultato di notevole interesse per chi segue in maniera assidua le gesta della scena black metal tricolore.

Teschi Ossa Morte è uno split album scaturito dalla sforzo congiunto di sette diverse etichette e capace di fornire uno spaccato della scena black metal nazionale, grazie alla partecipazione di quattro brand provenienti da diverse regioni del paese.

L’apertura del lavoro spetta ai valdostani À Répit, autori di un black cantato in italiano e dalle sfumature pagan folk, dalla buona impronta melodica che viene contrastata da uno screaming quanto mai arcigno: dei due brani, La Roccia Di Jean Grat si snoda più diretto ed incalzante ma non privo di spunti atmosferici che vengono maggiormente approfonditi nella più evocativa Ventre Di Lupo.
Arrivano dalla Lombardia gli Inféren , la cui interpretazione del genere è più essenziale ma ugualmente convincente: anche in questo caso liricamente si opta per la lingua italiana, con qualche spunto dialettale in Volti Di Pietra, traccia che assieme a Descensio Ad Inferos raffigura al meglio gli intenti di una band volta ad offrire un sound privo di fronzoli ma decisamente efficace.
La seconda parte dello split viene occupata da due gruppi isolani: prima i siciliani Malauriu ci portano su un terreno ancor meno propenso a squarci melodici o atmosferici, con il loro black metal claustrofobico ed incalzante, senz’altro più aderente ai dettami del genere nella sua primissima incarnazione; Narcotic Cult e Sacramentum sono brani trituranti che non lasciano spazio a divagazioni di alcun tipo.
Chiudono il lavoro i sardi Vultur, band che tra quelle presenti può vantare una storia già abbastanza consistente, essendo l’unica delle quattro formatasi nello scorso decennio; a differenza dei compagni di avventura il trio contribuisce con un solo brano che, per converso, è anche il più lungo del lotto.
Animas Dannadas è come consuetudine dei Vultur, cantata in lingua sarda e testimonia ampiamente di una band collaudata e di sicuro spessore, capace di interpretare il genere con padronanza dei propri mezzi per tutti i dodici minuti del brano, tra furiose accelerazioni, ottimi squarci di chitarra solista e un’inquietante chiusura ambient.
Teschi Ossa Morte si rivela così uno split album di un certo pregio perché riesce a far convergere in un’unica opera realtà di diversa estrazione, esperienza e stile, restituendo un risultato di notevole interesse per chi segue in maniera assidua le gesta della scena black metal tricolore.

Tracklist:
SIDE A:
1.à Répit – La Roccia Di Jean Grat
2.à Répit – Ventre Di Lupo
3.Inféren – Volti Di Pietra
4.Inféren – Descensio Ad Inferos
SIDE B:
1.Malauriu – Narcotic Cult
2.Malauriu – Sacramentum
3.Vultur – Animas Dannadas

Line-up:
À Répit
Gypaetus – Guitars/Bass/Lyrics
Skarn – Vocals, Synth, Drums

Inféren
Enyalios – Vocals
Al Azif – Guitars
Eihort – Bass
Schins – Drums

Malauriu
A. Schizoid – Guitars
A. Venor – Vocals
S.T. – Bass
R.C. Drums
Felis Catus – Keyboards

Vultur
Attalzu – Vocals, Guitars
Luxferre – Bass
Vorago – Guitars
L.B. – Drums

MALAURIU – Facebook

INFEREN – Facebook

VULTUR – Facebook

À REPIT – Facebook

Towering Flowers – We Are Not From Here

I quattro brani che compongono We Are Not From Here hanno il pregio di farsi ascoltare senza particolari difficoltà, potendo sembrare magari retrò ma anche affascinanti in più frangenti, e sono sicuramente un buon inizio per i Towering Flowers.

I Towering Flowers sono una band progressive rock di Roma le cui origini vanno ricercate nei Waters Underground, tribute band dei Pink Floyd.

Nel 2015 il cantante e chitarrista Emiliano Ukmar decide di formare una band con un repertorio di brani inediti e, dopo vari assestamenti nella line up e la firma con Volcano Records, esce questo ep di quattro brani intitolato We Are Not From Here.
Il sound creato dal sestetto romano è un progressive rock psichedelico e fortemente influenzato da Pink Floyd, Beatles, T.Rex e il primo David Bowie, quindi non ci si muove dal periodo a cavallo tra gli anni sessanta e settanta.
Ogni brano è un viaggio tra la musica dei gruppi citati: le atmosfere dilatate la fanno da padrone ma non inficiano una certa fruibilità nell’ascolto, anche per chi non è un fan del genere.
La pinkfloydiana Asherah apre l’album mettendo in risalto la familiarità dei Towering Flowers con quanto suonato dal gruppo di Waters, cosa che si ripete nella successiva title track.
I due brani successivi (Come Down e Believe Me) abbandonano in parte tali sonorità per una più varia e personale interpretazione del rock psichedelico dei Beatles era Sgt.Pepper’s e dei T.Rex, risultando più vari nelle atmosfere, solari nella prima parte di Come Down, più intimiste e poi beatlesiane nella conclusiva Believe Me.
I quattro brani che compongono We Are Not From Here hanno il pregio di farsi ascoltare senza particolari difficoltà, potendo sembrare magari retrò ma anche affascinanti in più frangenti, e sono sicuramente un buon inizio per i Towering Flowers, che dovrebbero trovare estimatori tra chi ha nelle proprie corde le sonorità dei nomi storici citati.

Tracklist
1.Asherah
2.We Are Not From Here
3.Calm Down
4.Believe Me

Line-up
Emiliano Ukmar – Voice and guitar
Fabio Rossi – Bass and voice
Claudio Carpenelli – Drums
Stefano Gallozzi – Keyboards and voice
Pierluigi Vizioli – Lead guitar
Sara Usai – Backing voice

TOWERING FLOWERS – Facebook

Tacobellas – Total 90

La musica delle Tacobellas è veloce e distorta, ma oltre alla velocità ed incisività riesce anche a creare situazioni surreali e psichedeliche che arricchiscono il tutto.

Le Tacobellas sono un power duo femminile dalla provincia di Modena che vi prenderà felicemente a calci nel sedere.

Le coordinate sono quelle del punk rock e dell’indie più corrosivo e bastardo, con molte influenze e soprattutto tante cose da dire. La loro musica è veloce e distorta, ma oltre alla velocità ed incisività riesce anche a creare situazioni surreali e psichedeliche che arricchiscono il tutto. Chitarra, batteria e voce per un attacco sonoro che in certi momenti lascia senza fiato, e non si può far riferimento all’insulsa storia delle rrriot girls. Il femmineo è uno degli elementi principali, e forse il più bello e perfettamente incompleto dell’universo, la sua rabbia è sacra e la sua furia si abbatte su di noi in maniera giusta ed equa, senza tirare fuori stupide parole in inglese. Questo femmineo e questa rabbia è ben rappresentata da Total 90, un disco che mancava alle nostre latitudini e che abbraccia molte situazioni notevoli e piacevoli. Le Tacobellas ripercorrono molto della storia dell’indie, ma lo fanno per ampliare il proprio bagaglio narrativo, e proprio quest’ultimo possiede un’ampiezza ed una profondità notevole. Otto tracce che vanno ben oltre le classificazioni per un debutto che riesce a meravigliare, cosa non facile di questi tempi. La struttura è minimale, eppure dentro ad essa ci sono moltissime cose. Alcune tracce sono concepite come furiose jam, ma non c’è solo la rabbia, perché il duo modenese riesce anche a lasciarci un po’ di speranza. Total 90 è anche un grande omaggio alla scena indie americana degli anni novanta, dove gruppi come i The Pavement o gli Sonic Youth, ma più per esteso ad una certa maniera di fare indie, con un piglio più abrasivo e moderno rispetto ad oggi. Insomma è un gran bel debutto, ascoltatelo perché sta nascendo qualcosa di molto bello.

Tracklist
1. Cut
02. Elephanttt
03. Hangover
04. Rays Gig
05. Honey
06. Spin
07. Total 90
08. TTF&F

Line-up
Valentina Gallini – Guitar and Voice
Greta Lodi – Drums

TACOBELLAS – Facebook

Athlantis – The Way To Rock’n’Roll

The Way To Rock’n’Roll è un altro album da custodire gelosamente nella propria discografia, e l’invito agli amanti dei suoni classici è quello di non perdere questo splendido album firmato da uno dei personaggi più importanti della scena hard & heavy nazionale: la strada per il rock’n’roll passa tra i vicoli di una Genova metallica sempre più in evidenza.

Neanche il tempo di somatizzare lo splendido ritorno dei Ruxt che la label Diamonds Prod ci presenta il nuovo album degli Athlantis, progetto del bassista Steve Vawamas, musicista attivissimo nella scena hard rock e metal ligure.

Il bassista di Ruxt, Mastercastle, Bellathrix e Odyssea torna dunque con la sua creatura ed un nuovo album, The Way To Rock’n’Roll, a distanza di un paio d’anni dal precedente Chapter IV e dalla ri-registrazione del secondo lavoro, quel Metalmorphosis ripreso in mano dopo ben dieci anni.
La strada per il rock’n’roll passa dagli Steve Vawamas Studios e MusicArt di Pier Gonella, strepitoso chitarrista di Necrodeath, Vanexa e Odyssea che con Davide Dell’Orto alla voce (Drakkar, Verde Lauro), Alessandro “Bix” Bissa alla batteria (A Perfect Day, ex-Vision Divine) e Stefano Molinari alle tastiere completa la line up all’opera su questo nuovo lavoro firmato Athlantis.
Hard rock e power metal si alleano fin dall’opener Letter To Son, in questo ennesimo bellissimo album, dove tutto è perfettamente bilanciato verso l’alto, dalla qualità dei brani, alcuni veramente fenomenali come la già citata Letter To Son, l’hard ad heavy di Heaven Can Wait (con un solo centrale di Gonella da applausi), l’hard rock melodico della successiva Forgive Me, l’atmosfera epica di Lady Starlight e l’irresistibile title track posta in chiusura (un brano che unisce il sound purpleiano con il power metal), fino alle prove dei musicisti con una menzione particolare per Davide Dell’Orto, mattatore incontrastato di questo monumento all’hard & heavy.
The Way To Rock’n’Roll è un altro album da custodire gelosamente nella propria discografia, e l’invito agli amanti dei suoni classici è quello di non perdere questo splendido album firmato da uno dei personaggi più importanti della scena hard & heavy nazionale: la strada per il rock’n’roll passa tra i vicoli di una Genova metallica sempre più in evidenza.

Tracklist
01. Letter To A Son
02. Prayer To The Lord
03. Heaven Can wait
04. Forgive Me
05. No Pain No More
06. Black Rose
07. Lady Starlight
08. If I
09. Reborn
10. The Way To Rock’n’Roll

Line-up
Steve Vawamas – Bass
Pier Gonella – Guitars
Davide Dell’orto – Vocals
Alessandro “Bix” Bissa – Drums
Stefano Molinari – Keyborads

ATHLANTIS – Facebook

Even Vast – Warped Existence

Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Gli Even Vast tornano dopo dodici anni dall’ultimo lavoro con una line up rinnovata ed un sound che, abbandonate le spoglie dark/gothic, si riveste di doom/sludge di matrice britannica (Cathedral, Orange Goblin): una montagna che si sgretola a colpi di riff pesantissimi, convincente in ogni passaggio, che non lascia vuoti e ci investe con tutta la sua potenza.

Luca Martello, chitarrista e fondatore del gruppo, costruisce una diga sonora su cui vanno ad infrangersi onde sludge/rock che ricordano fragori alternative, in un incontro/ scontro tra la tradizione anglosassone e quella statunitense e con la presenza qua e là di un sax che ne sottolinea l’alta personalità della proposta.
Entrare in sintonia con un lavoro del genere non è impresa facile perché la band, senza soluzione di continuità, ci investe e ci aggredisce con un bombardamento sonoro potentissimo, per poi ricamarci sopra tendenze che vanno dallo stoner al doom, dall’alternative all’hard rock, in un sorta di sabba al cui centro danzano Danzig, Life Of Agony e Kyuss, mentre Lee Dorrian è il sacerdote folle che lo officia.
Warped Existence risulta un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni doom/sludge ma non solo: la natura estremamente eterogenea di brani come I Know, Somebody o Upon Deaf Ears, costituisce una risorsa per entrare nelle corde degli ascoltatori più attenti e liberi dalle catene che imprigionano la musica nelle buie celle dei generi.

Tracklist
1.Warped Existence
2.I Know
3.Imaginary Friend
4.I Wish
5 Somebody
6.How Long
7.Same Old Story
8.Inside Your Head
9.Upon Deaf Ears
10.Be There

Line-up
Luca Martello – guitars
Chris Taylor – lead vocals
Nicholas Mark Roe – drums
Steve Kilpatrick – bass
Alessandro D’Arcangeli – sax/chorus

EVEN VAST – Facebook

Mechanical God Creation – The New Chapter

La The Goatmancer Records si è presa cura del nuovo album targato Mechanical God Creation e la bestia estrema torna ad annichilire con una dozzina di esplosioni sonore che, tra ripartenze death/thrash, frenate di scuola classica e melodie strepitose, segnano questa prima metà dell’anno, almeno per quanto riguarda le nuove uscite del genere.

Nella scena death metal tricolore ormai da anni si viaggia su livelli qualitativamente alti, con il metal estremo che permette agli artisti di sfogare tutta la loro creatività in sonorità dalle atmosfere lontane tra loro ma facenti parte di un unico straordinario modo di concepire e suonare musica dura.

Dalle atmosfere progressive a quelle swedish death, dalle influenze statunitensi a quelle black/death della scena est europea, per gli amanti del buon vecchio death metal c’è solo l’imbarazzo della scelta, senza dimenticare (come nel caso dei Mechanical God Creation) il death/thrash.
Il quintetto lombardo attivo dal 2006, arriva con questo nuovo macigno sonoro al terzo full length, sei anni dopo il precedente Artifact of Annihilation e nove dal debutto licenziato nel 2010 ed intitolato Cell XIII.
Si cammina in un mondo distrutto, sulle ceneri di un’umanità collassata e la colonna sonora della fine del mondo non può che essere un death/thrash metal dalle atmosfere apocalittiche, tecnicamente sopra la media, pregno di melodie chitarristiche che tradiscono ispirazioni melodic death si una struttura classica che accomuna il death metal statunitense, con la furia slayerana che ricorda monumenti estremi come Season In The Abyss.
A raccontare di questa fine annichilente è il growl disumano di Luciana “Lucy” Catananti, una delle migliori vocalist del genere in senso assoluto, straordinaria interprete delle devastanti tracce che compongono questo The New Chapter, nuovo capitolo di una band rimasta in silenzio troppo tempo.
Oltre alla cantante segnaliamo il gran lavoro di tutta la band, che vede Mirko e Francesco alle chitarre, Jesus al basso e Carlo alla batteria, autrice di una serie di brani che rendono imperdibile questo gioiellino estremo come I Am The Godless Man, la devastante e tecnicissima Till the Sun Is No Longer Black, la monumentale Overlord (PT II) e la melodica Bow To Death.
La The Goatmancer Records si è presa cura del nuovo album targato Mechanical God Creation e la bestia estrema torna ad annichilire con una dozzina di esplosioni sonore che, tra ripartenze death/thrash, frenate di scuola classica e melodie strepitose, segnano questa prima metà dell’anno, almeno per quanto riguarda le nuove uscite del genere.

Tracklist
1.The New Chapter
2.I Am the Godless Man
3.Till the Sun is No Longer Black
4.Walking Dead (pt.I)
5.Before the Dawn
6.Overlord (pt.II)
7.What Remains (pt.III)
8.Black Faith
9.Dark Echoes
10.Bow to Death
11.Warface
12.Red Blood on White Snow

Line-up
Lucy – Vocals
Jesus – Bass
Francesco – Guitar
Mirko – Lead Guitar
Carlo – Drums

MECHANICAL GOD CREATION – Facebook

Dagma Sogna – Grattacieli Di Carta

Nuovo ep per i savonesi Dagma Sogna che presentano la nuova line up con sei brani tra inediti, nuove versioni di tracce già edite e la cover di Verso Oriente dei Timoria.

I savonesi Dagma Sogna tornano con una line up rinnovata ed un nuovo ep di sei brani intitolato Grattacieli Di Carta, che presenta cinque canzoni firmate dalla band tra inediti e nuove versioni, più la cover di Verso Oriente dei Timoria, tratta dal capolavoro Viaggio Senza Vento e che la band ha suonato in occasione del concerto celebrativo tenutosi al teatro Govi di Genova, in apertura dello show di Omar Pedrini.

Il gruppo è arrivato così, tra molte soddisfazioni, al quarto lavoro, il terzo per Areasonica Records, che aveva già licenziato gli album Frammenti di Identità, uscito nel 2016, e Tratti Di Matita. ultimo lavoro licenziato lo scorso anno.
Il nuovo cantante Davide Crisafulli, già dietro al microfono dei rockers The Sunburst, ed un sound più robusto e rock, sono le novità più importanti nell’economia del gruppo savonese che riparte dalla splendida cover di Verso Oriente, brano cruciale nel concept che i Timoria firmarono venticinque anni fa del quale abbiamo avuto modo di parlarvi in occasione dell’uscita della versione rimasterizzata, proponendosi come potenziali eredi di una delle principali rock band italiane di sempre.
L’opener Cometa e la seguente Cenere, mettono subito in risalto la bravura di un Crisafulli per la prima volta alle prese con il cantato in lingua madre, valorizzando un paio di brani dal piglio rock e molto vicino al sound del gruppo bresciano.
La versione acustica di Nuotando In Un Mare Di Stelle (dal precedente album Tratti Di Matita) e il rock melodico della title track preparano alla già citata cover, prima delle note pianistiche della conclusiva Adesso No (dall’album Frammenti di Identità), con la quale il nuovo cantante ci accompagna al pacato finale e dandoci appuntamento al prossimo sogno musicale.

Tracklist
1.Cometa
2.Cenere
3.Nuotando In Un Mare Di Stelle (Acoustic Version)
4.Grattacieli Di Carta
5.Verso Oriente
6.Adesso No (Acoustic Version)

Line-up
Davide Crisafulli – Vocals
Daniele Ferro – Guitars
Davide Garbarino – Keyboards, Programming, Chorus
Matteo Marsella – Bass
Marco Babboni – Drums

DAGMA SOGNA – Facebook

S91 – Along The Sacred Path

Along The Sacred Path è un lavoro di grande spessore musicale, un esempio di musica metallica progressiva che, alla tecnica dei musicisti ed alla splendida voce della protagonista femminile, aggiunge un songwriting sopra la media ed una facilità d’ascolto sorprendente per un contesto così maturo e complesso, sia musicalmente che concettualmente.

Non solo demoni, diavoli ed entità oscure, ma anche le epiche vicende della storia cristiana possono diventare ispirazione per creare musica rock/metal di altissima qualità.

Gli S91 sono un gruppo toscano arrivato, con questo bellissimo lavoro dal titolo Along The Sacred Path, al terzo full lenght di una carriera iniziata dieci anni fa e che l’ha visto esordire con l’album Volontà Legata nel 2011, seguito da Behold The Mankind, licenziato tre anni fa.
Il concept è incentrato su diversi personaggi che hanno contribuito alla storia del cristianesimo e alla diffusione del messaggio evangelico, diventato il tessuto della moderna società occidentale.
Accompagnato da una splendida ed oscura copertina, Along The Sacred Path è un lavoro di grande spessore musicale, un esempio di musica metallica progressiva che, alla tecnica dei musicisti ed alla splendida voce della protagonista femminile, aggiunge un songwriting sopra la media ed una facilità d’ascolto sorprendente per un contesto così maturo e complesso, sia musicalmente che concettualmente.
L’album attira l’attenzione dalle prime note dell’opener Constantine The Great, mettendo subito in risalto la componente metallica, a tratti supportata da atmosfere moderne, altre volte più in linea con il prog metal di Shadow Gallery, Dream Theater e Vanden Plas e facendo da contraltare alla voce della cantante in un saliscendi di sfumature evocative ed epiche esaltate una eleganza compositiva ed interpretativa notevole.
Non esistono passaggi a vuoto, i brani si susseguono uno più intenso dell’altro, parlando di grandi personaggi della storia in un clima di grande musica progressiva, dura come l’acciaio, spiazzante per tecnica esecutiva, perfetta nel saper alternare la durezza del metal (Olaf II Haraldsson) ad atmosfere più pacate ma ugualmente epiche drammatiche (Joan Of Arc, Martin Luther).
Along The Sacred Path si rivela così un lavoro da non perdere per gli amanti del metal progressivo: le band di riferimento sono quelle citate, ma si tratta di esili paragoni che nulla tolgono in fatto di personalità e sagacia compositiva al lavoro degli S91.

Tracklist
1.Constantine the Great
2.Saint Patrick
3.Pope Gregory I
4.Olaf II Haraldsson
5.Godfrey of Bouillon
6.Joan of Arc
7.Martin Luther
8.John Williams
9.Dietrich Bonhoeffer

Line-up
Maria “Marì” Londino – Lead vocals
Francesco “Frank” Londino – Keyboards
Francesco “Franz” Romeggini – Guitars, lead and backing vocals
Giacomo “Jack” Manfredi – Bass
Giacomo “Giachi” Mezzetti – Drums and percussions

S91 – Facebook

Innero – ChaosWolf

Il black metal offerto dagli Innero è offerto in maniera piuttosto tradizionale senza aderire però pedissequamente ai modelli nordici orientandosi, piuttosto, verso un approccio più epico e melodico.

Dalle note biografiche degli Innero salta subito all’occhio il fatto che la band è stata fondata da tre ex membri dei Màlnatt, il che potrebbe indurre in errore pensando di poter ritrovare nel black metal offerto dal gruppo bolognese parte della dissacrante e folle inventiva che ha sempre contraddistinto l’operato della creatura di Porz.

In realtà gli Innero, per assurdo, sorprendono semmai in virtù di una certa ortodossia perché qui il genere è offerto in maniera piuttosto tradizionale senza aderire però pedissequamente ai modelli nordici orientandosi, piuttosto, verso un approccio più epico e melodico.
In tal senso, appare eloquente una taccia come Durum in Armis Genus, dai connotati che riportano con decisione ai Primordial, con tanto di voce stentorea in stile Averill utilizzata al posto dello screaming evidenziato nei primi tre brani; d’altra parte, se un modello si doveva scegliere, quello della band irlandese è senz’altro di grande spessore e il fatto che non siano moltissimi i gruppi che l’hanno eletta quale punto di riferimento contribuisce a rendere il sound non troppo inflazionato.
In effetti, è proprio nella seconda metà dell’album che gli Innero paiono esplorare con maggiore profondità ed efficacia questo versante sonoro che interpretano sicuramente in modo coinvolgente, conferendo al tutto anche un’aura drammatica riscontrabile in Open Eyes, traccia che beneficia di una splendida introduzione per poi snodarsi nervosa con l’alternanza di accelerazioni e passaggi evocativi dalla notevole enfasi epica.
Questo è senza dubbio il volto migliore degli Innero, i quali dovrebbero spingere ancor più in questa direzione senza temere d’essere considerati poco originali perché, come già detto in più occasioni, chiunque suoni oggi black metal ha un suo punto di riferimento riscontrabile in maniera più o meno esplicita, per cui la differenza la fa il saperne reinterpretare la lezione introducendovi il giusto livello di pathos e convinzione.

Tracklist:
1.Among Wolves
2.The Shaman
3.Unbowed, Unbent, Unbroken
4.Durum in Armis Genus
5.Alone
6.Open Eyes
7.Under the Moon We Gather

Line-up:
Fuscus – Bass
Crassodon – Drums
Arctos – Guitars
Alces – Vocals

INNERO – Facebook

The Scars In Pneuma – The Paths Of Seven Sorrows

Un debutto potente e che marca in maniera possente il territorio e soprattutto un buon disco di black metal melodico con intarsi death ed epic.

Epico, mastodontico, un monolite sonoro che possiede bellissime trame sonore, esaltando il senso più autentico del black metal.

Saturazione dello spazio, l’aria si restringe mentre esce dalle casse il debutto dei bresciani The Scars In Pneuma. Da più parti questo suono è definito melodic black metal, ed in un certo qual senso è una definizione azzeccata, perché qui la melodia ha uno spazio importante, ma non aspettatevi un qualcosa di melenso, anzi. La melodia ed il black metal qui si incontrano per dare vita ad una proposizione molto epica del nero metallo e il pathos raggiunge alti livelli. I The Scars In Pneuma non sono più giovanissimi e, grazie all’esperienza, condensano in questo lavoro molte delle loro idee musicali e delle loro influenze sonore. The Paths Of Seven Sorrows è un disco molto ben bilanciato e con canzoni notevoli, lo spirito dell’amante del black metal viene appagato in maniera esaustiva grazie anche ad alcuni momenti che si avvicinano al death metal. Il progetto nacque nel dicembre 2019 come esercizio solista del chitarrista, bassista e cantante Lorenzo Marchello e durante il 2017 sono entrati gli altri due validi elementi come Francesco Lupi e Daniele Valseriati. Da quel momento si è lavorato per scrivere ed incidere il presente lavoro, hanno impiegato il tempo necessario ed il risultato è qui fra noi. Grazie a questo lavoro si possono vivere varie e vive emozioni, e si sente in maniera molto distinta che chi ha scritto questo album ha un grande amore per il metal e per il black in particolare, oltre che molte storie da raccontare. Una opus molto densa ed appagante, che ci mostra come la nostra vita sia sia epica che molto fragile, ed in questa forbice ci stiamo noi. Un debutto potente e che marca in maniera possente il territorio e soprattutto un buon disco di black metal melodico con intarsi death ed epic.

Tracklist
1.Devotion
2.Souls Are Burning
3.Spark To Fire To Sun
4.All The Secrets That We Keep
5.Dark Horizons Ahead
6.The Glorious Empire Of Sand
7.Constellations

Line-up
Lorenzo Marchello – vocals, guitars, bass
Francesco Lupi – guitars, keyboards
Daniele Valseriati – drums

THE SCARS IN PNEUMA – Facebook

Anèma – Umana Città

Gli Anèma tornano con il secondo album ed un approccio al genere lievemente cambiato, sterzando verso il rock/pop, con la lingua italiana che ne accentua questa nuova veste ed un sound ancora più lontano dai cliché classici del genere.

Una svolta non da poco quella che ha portato i siracusani Anèma a questo secondo lavoro sulla lunga distanza, intitolato Umana Città.

Già dal titolo si intuisce che il gruppo siciliano ha lasciato l’idioma inglese per quello italiano in questa nuova raccolta di brani che risultano più pop rispetto a quelli del bellissimo debutto.
Ma andiamo con ordine: per chi non conoscesse gli Anèma, la band nasce come cover band dei gruppi storici del rock progressivo nel 2015; bruciando le tappe arrivano due anni dopo al debutto con After The Sea, album rock che metteva in luce un’attitudine progressiva elegante e raffinata, modellata su toni pacati e mai vicini al metal come è di moda nel progressive odierno.
Il quartetto torna dunque con il secondo album ed un approccio al genere lievemente cambiato, sterzando verso il rock/pop, con la lingua italiana che ne accentua questa nuova veste ed un sound ancora più lontano dai cliché classici del genere.
Vero è che la traccia più progressiva del lotto è quella cantante in inglese (Shake It, Reply), che apre un finale di album sicuramente con più verve rispetto alle prime battute, con Anomala Ipnosi e la conclusiva title track.
Il resto dell’album è composto da un esempio elegante e raffinato di rock/pop cantato in italiano (dove spicca Blu Assoluto), pregno di sfumature progressive suonato molto bene e consigliato un po’ a tutti gli amanti dei generi descritti.

Tracklist
1.Ombre
2.Blu Assoluto
3.Apartheid
4.Inessenzialità
5.Controvers
6.Shake It, Reply
7.Anomala Ipnosi
8.Inverosimile
9.Umana Città

Line-up
Loris Amato – Drums
Dario Giannì – Bass, Keyborads
Lorenzo Giannì – Guitars, Keyboards
Baco Dì Silenzio – Vocals

ANEMA – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=0CPhPWFblLQ

Phobonoid – La Caduta Di Phobos

La peculiarità delle opere targate Phobonoid era già in pectore nei lavori precedenti, ma qui trova una sua importante conferma e se l’unica difficoltà nell’ascolto de La Caduta di Phobos risiede nel suo fluire come se si trattasse di una sola traccia, non c’è dubbio che i quaranta minuti necessari per ascoltare l’intero lavoro si riveleranno decisamente ben spesi.

A quattro anni dal primo full length omonimo, e a sei dall’ep di esordio Orbita, si rifà vivo il progetto Phobonoid, interessante realtà creata da Lord Phobos.

La più grande delle due lune di Marte è un riferimento costante in tutto l’immaginario poetico e musicale creato dal musicista trentino e non sorprende, quindi, che il concept continui a seguire quelle coordinate accompagnato da un sound in cui convergono pulsioni industrial, black e doom. Come nei lavori precedenti il contributo della voce viene confinato sullo sfondo dalla produzione ma, fondamentalmente, il fulcro dell’operato di Lord Phobos risiede in una parte musicale che è sempre contraddistinta da un naturale incedere cosmico che, volendo esemplificare al massimo, riporta ai Mechina sul versante industrial black e ai Monolithe per quanto riguarda quello doom.
Tutto ciò contribuisce a rendere il sound nervoso, solenne e al contempo minaccioso, del tutto adeguato al racconto di un viaggio interstellare che il protagonista intraprende per trovare rifugio dopo la distruzione di Phobos; proprio il suo essere sorretto da un’idea ben precisa, anche dal punto di vista concettuale, rende il sound decisamente personale e in grado di emanare un suo oscuro fascino, distribuito in maniera equa lungo tutte le dieci tracce presenti nell’album, nel corso delle quali il passaggio tra le varie sfumature sonore avviene in maniera quanto mai fluida.
La peculiarità delle opere targate Phobonoid era già in pectore nei lavori precedenti, ma qui trova una sua importante conferma e se l’unica difficoltà nell’ascolto de La Caduta di Phobos risiede nel suo fluire come se si trattasse di una sola traccia, non c’è dubbio che i quaranta minuti necessari per ascoltare l’intero lavoro si riveleranno decisamente ben spesi.

Tracklist:
1.26.000 al
2.La Caduta di Phobos
3.Titano
4.TrES-2b
5.CoRot-7b
6.GU Psc b
7.KOI-1843 b
8.WASP-17b
9.MOA-192b
10.A-Crono

Line-up:
Lord Phobos

PHOBONOID – Facebook

Ex – I nostri fantasmi

Hard rock. Quello classico, duro e puro, provocatorio e senza tempo, privo di fronzoli.

Da Verona, con oltre vent’anni di attività sulle spalle. Gli Ex furono formati da musicisti dalla lunga e provata esperienza, attivi sul territorio nazionale sin dal lontano 1981 (anche nei prime movers del metal tricolore Spitfire).

La musica della band è oggi la naturale somma delle singole esperienze dei suoi componenti: un hard rock, cantato in italiano, con forti influenze Seventies. Essenziali e liberi dai modelli: questi sono gli Ex. Come il grande e compianto Sergio Leone nel cinema, gli Ex altro non fanno che ‘demitizzare’ il loro stesso genere musicale, con testi di contestazione sociale verso i luoghi comuni della realtà urbana odierna. Una band indipendente, priva di compromessi, nemica di ogni troppo facile etichetta. Già il loro disco precedente, Cemento armato (2016) – promosso live in Svizzera, Francia, Scozia – era un validissimo esempio di combat rock (per citare qui il classico dei Clash, targato 1982). Del resto, se non il genere suonato, l’attitudine è molto punk. I pezzi sono tutti scarni ed immediati, energici e di forte impatto. Raccontano le periferie, la passione per la musica, la vita di strada (un po’ alla Rolling Stones) e il desiderio insopprimibile di libertà, l’insofferenza per ipocrisia e perbenismo, nonché la difficoltà di essere visibili all’interno di un sistema che appiattisce e livella, oggi, tutto e tutti. Le undici canzoni de I nostri fantasmi, sesto capitolo nella carriera degli Ex, sono tutto questo. Con la giusta dose di orgoglio e tanto, tantissimo cuore.

Tracklist
1- Vieni a vedere
2- La mia donna odia il rocchenroll
3- No Panic
4- L’ambiguità
5- Ora
6- La sconfitta del 2000
7- (Ogni giorno è) un nuovo giorno
8- Idee uniche
9- California
10- Santi e delinquenti
11- Cicatrice

Line up
Roberto Mancini – Vocals
Gabriele Agostinelli – Bass
Yari Borin – Drums
Stefano Pisani – Guitars

EX – Facebook

https://www.youtube.com/expastarock

Hell’s Guardian – As Above So Below

Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tornano gli Hell’s Guardian con il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Follow Your Fate, debutto licenziato nel 2014.

La band bresciana si ripresenta sul mercato con un album che in parte riconferma la propria proposta, anche se nel nuovo As Above So Below trovano più spazio sfumature orchestrali che rendono più raffinato un sound rodato e dalle influenze che guardano come sempre alle terre del nord Europa.
Il gruppo, con il nuovo bassista Claudio Cor al basso ed una manciata di ospiti che danno il loro importante contributo su alcune tracce, come Marco Pastorino (Temperance, Light & Shade), Adrienne Cowan (Seven Spires, Winds of Plauge, Light & Shade), Ark Nattlig Ulv (Ulvedharr), Fabrizio Romani (Infinity) e Mirela Isaincu, convince con un album che porta qualche novità senza stravolgere la propria idea di metal melodico ed estremo, con un lavoro che non mancherà di trovare estimatori tra gli amanti del death metal melodico così come in quelli dai gusti classicamente power.
Ottimo il lavoro chitarristico di scuola Amorphis (Blood Must Have Blood, 90 Days), l’atmosfera symphonic power è presente ma non invadente come in altre realtà
e lo stesso vale per l’epica oscurità classica del death metal melodico, che ovviamente fa la differenza aiutata da un growl possente stemperato a tratti da evocativi interventi delle voci pulite (la title track, My Guide My Hunger).
Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tracklist
1.Over The Line
2.Crystal Door
3.As Above So Below
4.Blood Must Have Blood
5.Waiting… For Nothing
6.90 Days
7.Lake Of Blood
8.Jester Smile
9.My Guide My Hunger
10.I Rise Up
11.Colorful Dreams

Line-up
Cesare Damiolini – Vocals, Guitars
Freddie Formis – Guitars
Claudio Cor – Bass
Dylan Formis – Drums

HELL’S GUARDIAN – Facebook

In-Sight – Enlightened By Shadows

Questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera.

Gli In-Sight si possono sicuramente considerare dei veterani della scena melodic death tricolore.

Il loro monicker, infatti, circola nell’underground dal 1996, anche se in continua evoluzione per quanto riguarda la line up, con un ep e tre full length all’attivo di cui l’ultimo (From The Depths) targato 2012.
Sette anni con nuovi cambi di formazione sono trascorsi prima di ritornare sulla scena con questo nuovo lavoro che vede il gruppo alle prese con un buon esempio di death metal melodico, radicato nella scena scandinava degli anni novanta, oscuro e pesante, potente e melodico, pervaso da un’aura profonda ed estrema che lo tiene legato al più cattivo death metal classico.
Enlightened by Shadows è stato registrato e mixato da Aron Corti e Mauro “Drago” Bertagna presso gli StreetRecStudio, mentre il mastering è stato affidato nientemeno che a Øystein G. Brun (Borknagar) presso i Crosound Studio.
Le premesse vengono mantenute e questo nuovo lavoro torna a far parlare in maniera estremamente positiva della band lombarda, che lascia ad altri ispirazioni ed influenze dark progressive, per un approccio che rimane estremo in tutta la durata dell’opera, anche quando le chitarre placano la loro furia per creare un’atmosfera da semiballad in un crescendo di forti emozioni estreme nella bellissima Blank Horizons.
L’album, come scritto in precedenza, ricorda le produzioni di metà anni novanta, quando ancora il death metal di cui la scena svedese era maestra veniva manipolato con sonorità heavy senza perdere la propria forza espressiva: qui il genere torna a fare la voce grossa grazie agli In-Sight e a brani ispiratissimi come Confined, Dawn Of Redemption e Inner Voice.
Enlightened By Shadows testimonia di una personalità da band navigata, confermata dai molti anni passati sulla scena estrema: siamo al cospetto dunque di un album che non ha nulla da invidiare alle opere che arrivano da oltre confine e che, con i nuovi lavori di Black Therapy e Carved, rappresenta un inizio sfolgorante per quanto riguarda il death metal melodico made in Italy.

Tracklist
1.Echoes
2.Confined
3.Pit of snakes
4.Dawn of redemption
5.My own path
6.Woods of misery
7.Blank horizons
8.Inner sight (instrumental)
9.Inner voice
10.No end

Line-up
Gianluca “Mek” Melchiori – Drums
Paolo Rizzi – Guitars
Aron Corti – Guitars
Roberto “Berna” Bernasconi – Bass
Maurizio Caverzan – Vocals

IN-SIGHT – Facebook

Baro Prog-jets – Lucillo & Giada e Topic Würlenio

Per coloro che amano il prog più classico, contaminato di atmosfere anni Ottanta. L’opportunità di riscoprire i primi passi di un eccellente artista.

Baro è il nome d’arte di Alberto Molesini, bassista, cantante, songwriter e polistrumentista che, alla fine degli anni Settanta, fondò i Sintesi: un interessante tentativo di unire la tradizione prog inglese (Yes e King Crimson in primis) e il pop sinfonico italiano di PFM e Orme.

Nel 1980 fu realizzato al fine di alimentare il repertorio dal vivo del gruppo il concept in più atti Lucillo e Giada, una sorta di ambiziosa opera rock. Tre anni dopo fu la volta di Topic Wurlenio, altra raccolta di materiale live da proporre in concerto. Per il prog non erano, lo si rammenti, anni facili, né da noi, né all’estero. Dopo l’apparizione su una compilation di Radio Studio 24, il progetto entrò in stand-by. Molesini, durante gli anni Novanta, collaborò con gli Hydra e col duo pop metal degli Elam. Nel nuovo millennio, con l’aiuto delle nuove tecnologie, uscì quindi Utopie. Dal 2004 Molesini suona con i Marygold, ottima band progressive di casa nostra, responsabile dell’ottimo One Light Year (2017). Tuttavia, la voglia di concretare i progetti giovanili non deve essersi nel nostro mai spenta: ecco quindi spiegato Baro Prog-jets, un lavoro di rispettoso ricupero del periodo 1980-83, con nuovi apporti ed arrangiamenti. Ci è così possibile ascoltare oggi quei due primi lavori di Baro: un prog rock tradizionale, pieno di idee e di spunti originali. Molti i temi musicali che si intrecciano in Lucillo e Giada. Topic Wurlenio venne scritto in piena epoca new wave e ne conserva giustamente le influenze, un po’ nello stile dei primi Twelfth Night. In definitiva, due bellissimi lavori, che vedono ora finalmente la luce su doppio CD, non senza rimandi anche a BMS e Osanna.

Track list
Lucillo & Giada
1- Scena I
2- Scena II
3- Scena III
4- Scena IV

Topic Würlenio
1- Intro
2- Tracce di un’avventura
3- Ach the Stomach Contraction
4- Dialogo
5- Chiare gocce di pioggia
6- Attesa
7- Topis Wurlenio
8- Variazioni
9- Mosaico d’uomo

Line up
Baro – Vocals / Bass / Guitars / Keyboards
Elena Cipriani – Vocals
Gigi Murari – Drums
Paolo Zanella – Piano
Massimo Basaglia / Titta Donato / Nicola Rotta – Guitars

BARO – Facebook