Noemi Terrasi – Black Seagull

Black Seagull è un lavoro molto suggestivo e pervaso da un’attenzione particolare per le melodie: un ottimo biglietto da visita per Noemi Terrasi ed un ascolto consigliato agli amanti del progressive metal e delle opere strumentali.

Progressive rock/metal strumentale dall’ottima tecnica, ideale colonna sonora di un concept ispirato ad una catastrofe ambientale, è quanto si trova in Black Seagull, primo lavoro della chitarrista siciliana Noemi Terrasi.

Il gabbiano fatica a prendere il volo, il suo ambiente ancora una volta è messo a dura prova dall’uomo e da quel petrolio, portatore di ricchezza e sofferenza: una storia della quale nostro malgrado siamo stati fin troppe volte testimoni, che raccontata dalla chitarra della giovane musicista e compositrice, davvero brava nel tenere a bada inutili virtuosismi e a puntare sull’emozionalità della propria musica.
Black Seagull è composto da quattro brani per quasi mezz’ora di musica strumentale che passa agilmente da atmosfere prog metal a più pacate sfumature ambient rock, piacevole nel suo andamento drammatico e di denuncia, ma con un’aura di speranza che avvolge in particolare la seconda parte di Ice Wind e la conclusiva The Way Home.
Il crescendo di tensione della title track apre la mente al quadro drammatico della storia, e la Terrasi fa iniziare una sorta di countdown prima che la sua chitarra esploda in trame progressive e metalliche, sempre alternate a sfumature pacate disegnando melodie vincenti di scuola Dream Theater.
Black Seagull è un lavoro molto suggestivo e pervaso da un’attenzione particolare per le melodie: un ottimo biglietto da visita per Noemi Terrasi ed un ascolto consigliato agli amanti del progressive metal e delle opere strumentali.

Tracklist
1.Black Seagull
2.Steel Eyes
3.Ice Wind
4.The Way Home
Line-up
Noemi Terrasi

NOEMI TERRASI – Facebook

Funereal Presence – Achatius

Nei Funereal Presence, Bestial Devotion compone ogni singola nota, si occupa di ogni strumento e ci propone un’opera assolutamente personale, votata all’esaltazione di un black metal feroce, viscerale, contorto, sempre dalla forte componente raw.

Seconda prova, a distanza di cinque anni dall’esordio “The archer takes aim”, di Funereal Presence, abominio black metal di Bestial Devotion, one man band, normalmente al drum kit nei Negative Plane, multiforme creatura americana ferma discograficamente dal 2011 con Stained Glass Revelations.

Nei Funereal Presence, Bestial Devotion compone ogni singola nota, si occupa di ogni strumento e ci propone un’opera assolutamente personale, votata all’esaltazione di un black metal feroce, viscerale, contorto, sempre dalla forte componente raw; in passato dichiarò di “suonare musica che nessuno fa più” e devo dire che l’ascolto di queste quattro lunghe tracce, sopra i dieci minuti, ci immerge in un mondo parallelo, dove non vi è spazio per nessun suono post o moderno. Brani infiniti, condotti da una chitarra “insaziabile”, capace di cavalcate inafferabili, articolate, sgraziate anche, ma dal fascino impareggiabile… ci si mmerge in un mondo cavernoso dove una bestia arcaica libera la sua furia iconoclasta, facendoci assaggiare immonde e dissonanti melodie. Una produzione adeguata, assolutamente non moderna, ma funzionale completano un platter che non colpisce immediatamente e, che come ogni opera di valore, si apre dedicandoci il giusto tempo e attenzione, circondati quotidianamente da grandi quantità di materiale estremo, in questo caso è necessario riportare il nostro pensiero alle origini del suono black incompromissorio, con la giusta attitudine, oscuro e “pericoloso”. Sembra di tornare ai primi anni ’90 per la ferocia e la competenza che Bestial Devotion mette in ogni brano dove si alternano parti furiose e parti cadenzate; i brani sono tutti di buon livello e mantengono alta l’attenzione, a patto che ci si ponga con la giusta attitudine, non ricercando suoni che all’artista non interessano.

Tracklist
1. Wherein Achatius Is Awakened and Called Upon
2. Wherein a Messenger of the Devil Appears
3. Wherein Seven Celestial Beasts Are Revealed to Him
4. Wherein Achatius Is Flogged to the Hills of Violation

Line-up
Bestial Devotion – Everything

FUNEREAL PRESENCE – Facebook

I Pazzi Del Riformatorio – About Life (In The Rubbish)

About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

I Pazzi Del Riformatorio sono un gruppo progressive/alternative metal siciliano nato nel 2011 e questo lavoro venne pubblicato la prima volta tre anni dopo.

La band, dopo qualche anno di pausa, ritorna con una line up rivoluzionata e di fatto a tre, con i due membri fondatori, Marco Blandini (voce e chitarra) e Lorenzo Giannì (chitarra e voci) raggiunti da Francesco Zanotti (batteria).
Il primo passo dei “nuovi” I Pazzi Del Riformatorio è la riedizione dell’album d’esordio con l’aggiunta di due brani inediti (Centro Nichilista, Inri) e da uno in versione live (Atracrar).
About Life (In The Rubbish) è un lavoro originale che amalgama in modo sorprendente, progressive rock, alternative metal, indie ed attitudine punk rock: la band si supera in quei momenti dove il tutto è perfettamente inglobato in brani che non lasciano letture precise sulla strada intrapresa ma giocano a sorprendere chi ascolta.
La cosa buona è che il tutto riesce in brani e attimi in cui il progressive metal di scuola Dream Theater viene violentato da scariche alternative/indie per poi tornare a trame progressive addirittura di stampo settantiano.
In tutto questo ben di dio musicale il metal è il collante che tiene i generi ben saldi tra loro nell’economia di brani come God Is A Woman, la suite Democracy’s Slave e la thrash/punk Escape The Grave.
About Life (In The Rubbish) è un lavoro vario e formato da generi diversi, perciò entrare in sintonia con il sound del gruppo non è facilissimo, ma una volta trovatane la chiave di lettura si scoprirà un mondo di note liberate da confini e barriere.

Tracklist
1.Frankenstein
2.God Is Woman
3.I Pazzi Del Riformatorio
4.Democracy’s Slave
5.Last Chance
6.Green
7.Unforgivable
8.Escape The Game
9.Centro Nichilista (Bonus Track 2019)
10.Inri (Bonus Track 2019)
11.Atracar (Bonus Track 2019 – Live)

Line-up
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Basso, Tastiere, Voci
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2014:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Salvo Ilacqua – Basso
Vincenzo Fiorilla – Tastiere
Francesco Zanotti – Batteria

Line-up 2012:
Marco Blandini – Voci, Chitarre
Lorenzo Giannì – Chitarre, Voci
Elena Giudice – Basso
Francesco Zanotti – Batteria
Roberto Ferrara – Tastiere

I PAZZI DEL RIFORMATORIO – Facebook

Temple Koludra – Seven! Sirens! To a Lost Archetype

Un’ora di discesa negli antri più bui, dove il metal estremo di matrice black si impregna di misticismo indiano nel suo discendere negli oscuri antri di un tempio dimenticato in cui leggende e storie si tramandano da millenni.

Duo dedito ad un ferale black metal che non disdegna atmosfere ambient, i Temple Koludra esordiscono sulla lunga distanza con Seven! Sirens! To a Lost Archetype, lavoro che arriva dopo un paio di ep distanti sei anni uno dall’altro.

M:W, polistrumentista, e I.H. alla voce sono i sacerdoti di questo rituale estremo, oscuro e terrificante che trova la sua forza nelle ispirazioni di matrice scandinava nella parte più metallica della propria musica, soggiogata e manipolata in favore di un’aura atmosferica che valorizza gran parte dell’album.
Un’ora di discesa negli antri più bui, dove il metal estremo di matrice black si impregna di misticismo indiano nel suo discendere negli oscuri antri di un tempio dimenticato in cui leggende e storie si tramandano da millenni.
Il sound ha nelle parti atmosferiche il suo punto di forza, ma non manca di cavalcate dal crescendo di maligna brutalità: Vanja, Namarupa e la conclusiva White I Trance sono le tracce che lasciano il segno in questa ora di musica estrema che trova nel black metal mistico ed oscuro la sua massima espressione.

Tracklist
1.Trimurti
2.Vajra
3.Grey Apparition
4.Namapura
5.This Diadem Will Last
6.Vertigo
7.White I Trance

Line-up
M:W – All instruments
I.H. – Vocals

TEMPLE KOLUDRA – Facebook

Nirnaeth – From Shadow to Flesh

I Nirnaeth con From Shadow To Flesh confermano l’ottima salute della scena estrema francese e regalano un album convincente, a tratti devastante, oscuro e melodico, perfettamente in grado di tenere botta in tutta la sua durata.

Come spesso accade all’ascolto del metal estremo proveniente dalla terra dei cugini francesi siamo al cospetto di un buon lavoro, indubbiamente legato ai cliché del death/black metal, di matrice Behemoth in primis, ma comunque ben orchestrato e dalle maligne atmosfere.

Stiamo parlando di From Shadow To Flesh, ultimo e quarto lavoro dei Nirnaeth; la band di Lille conferma dunque quanto di buono aveva dato in pasto agli amanti del metal estremo in passato e sforna nove inni oscuri, licenziati dalla Malpermesita Records, nove potenti bordate death/black che si fanno apprezzare per impatto, buone melodie incastonate tra la tempesta di ritmiche veloci, mid tempo ed atmosfere di nero colorate.
Non solo i maestri Behemoth, signori incontrastati del genere, fanno capolino tra il diabolico spartito dei Nirnaeth, ma anche la scuola scandinava è ben rappresentata da melodie che ricordano i Dissection (in molti suoni di chitarra) ed i Naglfar.
Ottimo il cantato, maligno, cattivo ed interpretativo il giusto per non apparire come un lungo monologo in scream, suggestivo quanto basta per aprire squarci infernali tra le note delle efferate The Crater, In Nomine Ego e Once A Shadow.
I Nirnaeth con From Shadow To Flesh confermano l’ottima salute della scena estrema francese e regalano un album convincente, a tratti devastante, oscuro e melodico, perfettamente in grado di tenere botta in tutta la sua durata.

Tracklist
1. Dying of the Day
2. Been thereBefore
3. The Crater
4. Cursed
5. In Nomine Ego
6. Nihil in Me
7. Once a Shadow
8. Posession
9. Forgotten and Chaines

Line-up
Zigouille – Vocals
Mutill – Guitars
Vagorn – Drums
Marbas – Guitars
Malaria – Bass

NIRNAETH – Facebook

Enio Nicolini And The Otron – Cyberstorm

Progressivo nelle ritmiche mai banali, assolutamente fuori da schemi prestabiliti ed a suo modo originale, Cyberstorm è la dimostrazione di come si possa suonare metal prendendo le distanze dai soliti cliché, rimanendo legati al genere grazie ad una miriade di dettagli

Lo storico bassista e compositore Enio Nicolini torna con un lavoro che porta il suo nome, accompagnato dai The Otron (Ben Spinazzola alle voci, Sergio Ciccoli alla batteria e Former Lee Warner ai suoni elettronici).

Il musicista abruzzese, già protagonista in band di culto come Unreal Terror, The Black, Akron e altre come Sloe Gin, UT e Respiro di Cane, ci immerge in questo caso in un futuro dominato dalle macchine, con la musica che segue il concept futurista del progetto, intitolato Cyberstorm.
Enio Nicolini And The Otron danno vita ad un’opera interessantissima, rinunciando alle chitarre e rendendo omaggio alle storie dai temi sci-fi raccontati nei vari brani con un sound pregno di suoni elettronici accompagnati da solo basso e batteria a rappresentare la strumentazione canonica.
Progressivo nelle ritmiche mai banali, assolutamente fuori da schemi prestabiliti ed a suo modo originale, Cyberstorm è la dimostrazione di come si possa suonare metal prendendo le distanze dai soliti cliché, rimanendo legati al genere grazie ad una miriade di dettagli
Fin dalle prime battute della title track, Nicolini manipola i generi suonati per una vita caricandoli su una macchina del tempo e trasportandoli centinaia di anni in avanti: da tutto ciò nascono quindi una serie di tracce che all’interno di trame dalla base elettronica, sono ricche di sfumature heavy, doom, dark e progressive, partendo da Ramses W45, Warp Machine e Night Of The Hunt, in un caleidoscopio di suoni che ricordano a tratti i Voivod di Angel Rat, i Killing Joke e gli Young Gods, il tutto inserito in un’atmosfera di tensione metallica ed oscura.
Cyberstorm è un album riuscito e, come detto, a suo modo originale, che va ad aggiungersi alle tante opere di spessore che hanno visto ergersi a protagonista il talento di Enio Nicolini.

Tracklist
1.Cyberstorm
2.Ramses W45
3.Planet X
4.5th Dimension
5.Warp Machine
6.Iss Armada
7.Anthios
8.Nanoids in my Head
9.Night of the Hunt
10.Timeless Love

Line-up
Enio Nicolini – Bass
Ben Spinazzola – Vocals
Sergio Ciccoli – Drums
Former Lee Warner – Electronic Sound

ENIO NICOLINI – Facebook

Arckanum – Första Trulen

Första Trulen non riveste solo una valore puramente storico per i cultori e collezionisti del black metal delle origini, perché da un punto di vista musicale possiede un notevole fascino ancestrale che va necessariamente colto, al netto di una registrazione che sembra davvero provenire da un vecchio mangianastri con le testine usurate dal tempo.

Första Trulen non è esattamente l’ennesima riedizione del demo Trulen degli Arckanum uscito nel 1994, bensì contiene la prima registrazione che poi Johan Lahger (Shamaatae per gli annali musicali) scartò non essendo soddisfatto della sua resa; si tratta comunque un documento decisamente interessante in quanto esemplificativo dell’evoluzione del black metal dai primi anni 90 fino ad oggi.

Ovviamente siamo al cospetto di un lavoro che, per sua natura, non solo conserva ma acuisce le stimmate del demo e per questo sarà possibile rinvenirvi il genere nella sua forma più pura ed incontaminata, nel bene (attitudine e spontaneità) e nel male (resa sonora a dir poco approssimativa).
Prendiamo quindi i lavori di punta offerti dal musicista svedese nel nuovo secolo (su tutti l’imprescindibile ÞÞÞÞÞÞÞÞÞÞÞ) e ammantiamoli di una robusta coltre di polvere e detriti a renderne meno limpidi i prodromi di quelle irresistibili progressioni che hanno reso importante il nome Arckanum: questo è quanto si rinviene in tale percorso a ritroso che ci porta agli antipodi dell’ultimo lavoro in ordine tempo (nonché probabile canto del cigno del progetto) Den Förstfödde, album in cui Shamaatae ha raggiunto probabilmente l’apice della sua maturità compositiva.
Första Trulen non riveste, quindi, solo una valore puramente storico per i cultori e collezionisti del black metal delle origini, perché da un punto di vista musicale possiede un notevole fascino ancestrale che va necessariamente colto, al netto di una registrazione che sembra davvero provenire da un vecchio mangianastri con le testine usurate dal tempo.

Tracklist:
1. Pan’s lughn (different version, without voices)
2. Hvila pa tronan min
3. Yvir min diupe marder
4. Et sorghe tog
5. Gava fran trulen
6. Bærghet
7. Ængin oforhærra
8. Svinna
9. Kolin Væruld
10. Ener stilla sior af droten min (different version)

Line-up:
Shamaatae

ARCKANUM – Facebook

Invictus – Burst The Curse

Il quintetto bavarese è protagonista di un ottimo heavy metal dalle ritmiche speed/power strutturato su cavalcate velocissime, melodie dal buon appeal e pregno di ispirazioni ottantiane.

Arrivano all’esordio con questo mini cd di tre brani i tedeschi Invictus.

Il quintetto bavarese è protagonista di un ottimo heavy metal dalle ritmiche speed/power strutturato su cavalcate velocissime, melodie dal buon appeal e pregno di ispirazioni ottantiane.
Se dovessi trovare un esempio di metal old school in grado di non sfigurare con le produzioni odierne, direi che senz’altro gli Invictus sono sulla strada giusta per uscire dall’anonimato e farsi conoscere nell’affollato panorama del metal classico underground.
Burst The Curse è composto da un paio di brani rocciosi, melodici e veloci come bolidi, più la classica ballatona che spezza la carica metallica tra la title track e Someone Out There, le due devastanti esplosioni power/speed metal.
Un buon lavoro strumentale, chorus epici e ritmiche mozzafiato sono valorizzate in questo ep da una buona produzione presentando al meglio la band ai metal defenders.
Primi Helloween e Blind Guardian con un tocco di new wave of british heavy metal e via verso la gloria metallica, questa è la strada intrapresa dagli Invictus, gruppo decisamente da seguire.

Tracklist
1.Burst the Curse
2.Gaia
3.Someone Out There

Line-up
Nico – Vocals
Fabio – Guitar
Andi – Guitar
Fabi – Bass
Dave – Drums

INVICTUS – Facebook

Sangue – Culś

Culś è un mostro malvagio e millenario che fagocita terrore e lo rigetta sotto forma di metal estremo, la sua forza si rigenera nelle atmosfere soffocanti e morbose di luoghi dimenticati dal tempo: il sound che ne deriva è maligno e pesante, opprimente e soffocante come la polvere delle catacombe.

Debuttano sulla lunga distanza i romani Sangue con Culś, full length che mette ancora in evidenza l’ottima scena estrema capitolina.

Il quintetto, dopo un primo ep uscito un paio d’anni fa, torna dunque sul mercato con questo terrificante e devastante lavoro sulla lunga distanza a base di un death metal old school immerso nell’antica Etruria che dà vita ad una miscela esplosiva di metal estremo.
Con una produzione in linea con il sound catacombale, sfumature black si trascinano tra i corpi lasciati a marcire da millenni tra maledizioni e sacrifici, atmosfere soffocanti che avvolgono un impatto che non dà tregua, mentre a tratti mid tempo pesantissimi e dall’attitudine doom/black lasciano poco spazio alla luce (They Do Not Rest, Her Cold Breath).
Culś è un mostro malvagio e millenario che fagocita terrore e lo rigetta sotto forma di metal estremo, la sua forza si rigenera nelle atmosfere soffocanti e morbose di luoghi dimenticati dal tempo: il sound che ne deriva è maligno e pesante, opprimente e soffocante come la polvere delle catacombe.
Un debutto affascinante ed assolutamente fuori dai soliti cliché, anche se rivolto soprattutto agli amanti delle sonorità old school.

Tracklist
1.In the Church
2.They Do Not Rest (Clock of the Giants)
3.Eerie Murmuring / Infinity Abysmal
4.Interlude / Call of the Gorgon
5.Shifting into Necrocosmos
6.Her Cold Breath
7.Interlude / Tuchulcha
8.The Rite of Cosmic Void
9.When the Magus Whispers to the Skies

Line-up
Valerio Scissor – Guitars
Welt – Guitars
MeTa – Bass
Rector Stench – Drums
Mirko “Offender” Scarpa – Vocals

The Convalescence – This Is Hell

Il look ispirato dalla scena black metal accentua l’impressione di essere al cospetto di un gruppo che ha fatto dell’estremo la sua principale forma d’arte, mentre come scritto il sound si muove su coordinate deathcore, un’accoppiata interessante per un risultato sicuramente devastante.

Con un po’ di ritardo sull’uscita vi presentiamo l’ultimo album dei The Convalescence, sestetto statunitense fondato nel 2011 ed arrivato al quarto lavoro sulla lunga distanza.

This Is Hell si compone di dieci esplosioni di deathcore, animato da una potentissima carica estrema e valorizzato da alcuni passaggi in cui sinfonie canti femminei cercano di dare un tocco particolare al sound violentissimo e brutale creato dal gruppo.
Niente di originale, ma diciamo subito che la band si danna l’anima per risultare più estrema possibile e ci riesce grazie ad un approccio violento e senza compromessi.
La parte classica è meno invadente di quello che si può pensare, ricamando alcuni passaggi, timidi di fronte a cotanto impatto estremo, mentre la voce della tastierista Katie McCrimmon è una raffinata visione di morte nell’inferno di brani come Burn e There Will Be Blood.
Il look ispirato dalla scena black metal accentua l’impressione di essere al cospetto di un gruppo che ha fatto dell’estremo la sua principale forma d’arte, mentre come scritto il sound si muove su coordinate deathcore, un’accoppiata interessante per un risultato sicuramente devastante, provare per credere.

Tracklist
1. Scum
2. No Way Out
3. I Won’t Survive
4. Murder Machine
5. Burn
6. There Will Be Blood
7. Alone
8. This Is Hell
9. With No Hope
10. The World Infested

Line-up
Keith Wampler – Vocals
Brandon Davis – Guitar
Zac Lunsford – Guitar
Ron Buckley – Bass
Charles Webber – Drums
Katie McCrimmon – Keyboards, Vocals

THE CONVALESCENCE – Facebook

Elevators To The Grateful Sky – Nude

La band, in questo nuovo lavoro, torna alle sonorità che avevano caratterizzato il debutto, lasciando in parte lo spirito garage che aveva animato lo splendido Cape Yawn per un viaggio che dal deserto porta la band ancora una volta nelle strade della piovosa Seattle.

Sono passati cinque anni dal bellissimo debutto Cloud Eye e tre dal capolavoro Cape Yawn e il viaggio degli Elevators To The Grateful Sky nel rock degli ultimi trent’anni del secolo scorso continua con questo terzo album intitolato Nude.

Con un contratto nuovo di zecca con la label greca Sound-Effects Records, ed accompagnato dallo splendido artwork realizzato come sempre dal frontman Sandro di Girolamo, i rockers parlermitani tornano con un questi nuovi undici brani che confermano il loro status di spicco nella scena underground in ambito stoner/psych rock.
D’altronde i componenti della band hanno sempre dedicato il loro talento a più di un genere, passando con disinvoltura dal metal estremo al rock ed alle sue tante sfaccettature dimostrando di saper convincere sia come Elevators To The Grateful Sky che nelle altre incarnazioni Sergeant Hamster, Haemophagus, Undead Creep e Cavernicular, tanto per nominare quelle di cui nel tempo ci siamo occupati e che puntellano una delle scene più interessanti del nostro paese.
La band, in questo nuovo lavoro, torna alle sonorità che avevano caratterizzato il debutto, lasciando in parte lo spirito garage che aveva animato lo splendido Cape Yawn per un viaggio che dal deserto porta la band ancora una volta nelle strade della piovosa Seattle.
Ovviamente la parte psichedelica e stoner è ben presente nei vari brani che compongono Nude, con l’opener Addaura che come un trip sale, stonata e psichedelica e di matrice settantiana.
Il quartetto prepara il campo per quello che sarà l’album più vario scritto fino ad oggi, con una serie di ispirazioni ed atmosfere che vanno dagli anni sessanta ai novanta, trent’anni di rock e hard rock catapultati in un’opera che affascina e tiene incollati alle cuffie dalla prima all’ultima nota.
Beggars Can’t Be Choosers, Insects In Amber, lo stoner/doom di Flowerian, Song For July, In Your Hands (che ricorda non poco gli Alice In Chains), mostrano un gruppo dall’approccio più diretto rispetto al passato.
Manca in questo lavoro il brano da jam session come poteva essere la title track dell’album precedente, ma il suo fagocitare ispirazioni che vanno dai The Beatles agli Alice In Chains, dai Kyuss ai Nirvana, dai Black Sabbath ai Cathedral per restituirle sotto forma di un sound personale ed ormai riconoscibilissimo, contribuisce a rendere Nude un altro straordinario lavoro targato Elevators To The Grateful Sky.

Tracklist
1.Addaura
2.Beggars Can’t Be Choosers
3.Like A Seashell
4.Nude
5.Insects In Amber
6.Night’s Out
7.Flowerian
8.Drowned Dragness
9.Song For July
10.In Your Hands
11.The Trembling Watermoon

Line-up
Sandro di Girolamo – vocals and percussion
Giorgio Trombino – guitars, bass, alto saxophone, congas, keyboards, alternate lead vocals
Giuseppe Ferrara – rhythm guitars
Giulio Scavuzzo – drums, darbouka, tambourine, percussion and alternate lead vocals

ELEVATORS TO THE GRATEFUL SKY – Facebook

Ruins Of The Past – Alchemy Of Sorrow: Gold

Ruins Of The Past è un progetto solista del musicista berlinese Tobias Jäpel la cui genesi risale agli inizi del decennio, anche se la prima uscita risale a due anni fa con il full length omonimo a cui fa seguito questo nuovo ep.

Alchemy Of Sorrow: Gold è un lavoro che conferma la buona predisposizione del nostro alla costruzione di un melodic death doom di una certa efficacia in virtù di un buon lavoro chitarristico del tutto funzionale alla causa.
Personalmente prediligo l’operato di Tobias quando i ritmi si rallentano ed il sound si fa più malinconico, un po’ per gusto personale ma soprattutto perché consente di uscire dagli schemi più prevedibili per quanto gradevoli del melodic death.
Il musicista tedesco fa tutto da solo e piuttosto bene e anche il growl, pur non essendo il massimo, è comunque apprezzabile.
Quale brano emblematico del lavoro scegliamo Rust, quello che è non solo il più lungo ma anche quello in cui le varie sfumature del sound meglio si amalgamano senza pendere in modo deciso verso l’una o l’altra componente.
Molto bella anche la più breve title track, che chiude l’ep all’insegna di un melodic death doom a tratti struggente, e convincente come del resto un po’ tutte le tracce.
L’operato di Jäpel dimostra come, senza inventarsi nulla di nuovo, ma immettendo competenza, passione e la giusta dose di talento sia possibile offrire nel migliore dei modi queste sonorità, lasciando intravedere un potenziale anche superiore rispetto a quanto già espresso in Alchemy Of Sorrow: Gold.

Tracklist:
1.Prelude
2.Gold (Alchemy of Sorrow – Pt. I)
3.Rust (Alchemy of Sorrow – Pt. II)
4.The Bitter Chalice
5.Alchemy of Sorrow

Line-up:
Tobias Jäpel – All instruments, Vocals, Lyrics

RUINS OF THE PAST – Facebook

Bludy Gyres / Dayglo Mourning – Rope Enough for Two

Ottima iniziativa della label Black Doomba Records che con questo split in edizione limitata in vinile ci propone due realtà della scena doom metal underground statunitense, provenienti da Atlanta, i Dayglo Mourning e i Bludy Gyres.

Ottima iniziativa della label Black Doomba Records che con questo split in edizione limitata in vinile ci propone due realtà della scena doom metal underground statunitense, provenienti da Atlanta, i Dayglo Mourning e i Bludy Gyres.

Musica del destino di buon livello è quello che ci offrono i due gruppi in questione, più orientati verso sonorità stoner i primi e più classici i secondi.
I Dayglo Mourning sono un terzetto attivo da solo un anno ma con già un primo full length omonimo licenziato e su Rope Enough for Two presentano tre brani dal lento incedere doom e drogati da atmosfere stoner che hanno nella pesantissima Dark Ritual il miglior esempio.
Il loro approccio è pesantissimo, la voce evoca viaggi stordenti in terre desertiche dove tra miraggi provocati da sostanze illegali si muovono ispirazioni classiche ed influenze che vanno dagli Sleep agli Orange Goblin.
Anche per i concittadini Bludy Gyres c’è un full length all’attivo (Echoes from a Distant Scream) ma con qualche anno in più di attività: nel loro caso la proposta è quella di un solo brano lungo diciassette minuti: Behold! Your World Now Burns (Blunderbore Suite), una lunga litania sabbathiana, una jam doom che nasconde ispirazioni heavy rock tra le sue trame, rimanendo più legata al sound classico.
In sostanza un ottimo acquisto per gli amanti di questi prodotti ed un buon modo per conoscere due realtà di valore della scena doom statunitense.

Tracklist
Side A
1.Dayglo Mourning – Weedcreeper
2.Dayglo Mourning – Wizard in White
3.Dayglo Mourning – Dark Ritual

Side B
4.Bludy Gyres – Behold! Your World Now Burns (Blunderbore Suite)

Line-up
Bludy Gyres :
Tommy Stewart – Bass, Vocals
Dennis Reid – Drums
Chris Abbamonte – Guitars
Isidore Herman – Guitars

Dayglo Mourning :
Ray Miner – Drums
Joe Mills – Guitars, Vocals
Matt Rayborn – Vocals, Bass

BLUDY GYRES – Facebook

DAYGLO MOURNING – Facebook

Entrapment – Imminent Violent Death

Se questo sarà stato davvero l’ultimo urlo estremo di Michel Jonker con il monicker Entrapment si vedrà con il tempo, per ora resta da godersi questo insano e morboso Imminent Violent Death.

Per i fans del death metal old school il nuovo album degli olandesi Entrapment è sicuramente un appuntamento da non perdere in questa primavera 2019.

La band olandese di fatto è il progetto solista del musicista di Groningen Michel Jonker, che con questo lavoro mette fine alla carriera degli Entrapment che culminerà con un ultimo concerto al Graveland Open Air l’11 maggio, giorno di uscita del disco.
E’ durata nove anni l’avventura Entrapment, con un numero di pubblicazioni importante e quattro full length, con questo ultimo lavoro che ribadisce la proposta estrema del musicista orange.
Il death metal old school, morboso e sferragliante nei suoi momenti estremi richiama a tratti lo swedish death degli albori, e si unisce a rallentamenti doom, cari proprio alla scena olandese con a capo i seminali Asphyx.
Si continua così a produrre death metal come il diavolo comanda, brutale, d’impatto e assolutamente perfetto per gli amanti del metal estremo senza compromessi: non ci sono battute a vuoto, l’album si fa ascoltare che è un piacere, tra i liquami dei cadaveri in decomposizione e brani come Sanctifying Putrescent, Sacrilegious Congregation e Process Of Dehumanization a fare da colonna sonora al succulento banchetto preparato dagli Entrapment.
Se questo sarà stato davvero l’ultimo urlo estremo di Michel Jonker con il monicker Entrapment si vedrà con il tempo, per ora resta da godersi questo insano e morboso Imminent Violent Death.

Tracklist
1.Mortality Unleashed
2.Incantation of the Grotesque
3.Sanctifying Putrescent
4.Malicious Predominance
5.Sacrilegious Congregation
6.Imminent Violent Death
7.Morbid Habitation
8.Process of Dehumanization

Line-up
Michel Jonker – All instruments, Vocals

ENTRAPMENT – Facebook

Aether Void – Curse Of Life

Curse Of Life è composto da undici brani suonato e prodotto benissimo, ai quali dove non manca un pizzico di groove e un gran lavoro chitarristico, seguendo strade tracciate dai gruppi storici del genere senza perdere quella personalità che nei debutti può fare la differenza.

Nati dalle ceneri dei No Way Out un paio d’anni fa, debuttano per Revalve Records i modenesi Aether Void con Curse Of Life, album che si colloca in ambito heavy/power tra ispirazioni classiche ed input più moderni.

Curse Of Life è composto da undici brani suonato e prodotto benissimo, ai quali dove non manca un pizzico di groove e un gran lavoro chitarristico, seguendo strade tracciate dai gruppi storici del genere senza perdere quella personalità che nei debutti può fare la differenza.
Ed infatti gli Aether Void manipolano la materia con buona padronanza di mezzi, accostando l’heavy classico di matrice Iron Maiden era Blaze Bayley al power e al metal di scuola statunitense (Iced Earth, ultimi Metal Church) per un risultato più che positivo.
La band nostrana ha una marcia in più quando lascia libere le sei corde, sul pezzo quando partono per cavalcate metalliche tagliando l’aria con fendenti potenti e melodici (Twisted Maze).
L’atmosfera di tensione palpabile che accomuna le opere del genere rimane in primo piano anche quando gli Aether Void depotenziano l’impatto di quel tanto per consentire alla parte melodica del sound di uscire in tutta le sue sfumature drammatiche ed in crescendo suggestivi (One Last Dawn).
Bellissima Misleading Promises, brano maideniano che offre un sunto del credo musicale del gruppo risultando il picco di Curse Of Life, album consigliatissimo a chi ama il metal classico del nuovo millennio.

Tracklist
1.Walking Down The Path (Intro)
2.Golden Blood
3.What You Reap And Deserve
4.Twisted Maze
5.One Last Down
6.Hoax
7.Faithless Crusade
8.Misleading Promises
9.Death Wish
10.The Eternal City
11.Angels Die Too

Line-up
Thore – Vocals
Bond – Lead Guitar
Erik – Rhythm Guitar
Bruso – Bass
Albi – Drum

AETHER VOID – Facebook

Locus Animae – Luna

La poetica del gruppo è quella di avanzare attraverso musica originale e di ispirazione neoclassica verso territori gotici ma anche di avanguardia.

I Locus Animae sono un gruppo proveniente da Novara, attivo dal 2012.

Inizialmente hanno cominciato come gruppo black metal, poi hanno sviluppato una poetica tutta loro, come si può sentire in maniera molto netta in questo nuovo ep, Luna. La poetica del gruppo è quella di avanzare attraverso musica originale e di ispirazione neoclassica verso territori gotici ma anche di avanguardia. La musica è delicata e sognante, ma anche possente e perentoria quando, con reminiscenze del black metal delle origini. Luna è la continuazione del ciclo cominciato con il precedente Prima Che Sorga Il Sole, che era un ottimo lavoro. Spicca l’azzeccato gioco fra la bellissima voce femminile di Vera Clinco dei Caelestis, che si completa benissimo con il cantato sia in chiaro che in growl di Gregory Sobrio. Il gruppo è tecnicamente di livello e porta molto in alto il pathos delle canzoni. Il sentire è gotico, forte di un sentimento anche mediterraneo che porta a vedere le cose in una maniera molto diversa dal gotico nordico, ad esempio. La presenza di un afflato neoclassico nella musica dei Locus Animae è molto forte ed è una delle colonne portanti del loro suono. Il cantare in italiano conferisce forse il vero valore aggiunto di questo gruppo, la metrica della nostra lingua si sposa benissimo con questo suono, e ne è la narrazione perfetta. Fin dalla prima canzone, L’Incanto Della Sirena, si capisce che non siamo al cospetto del solito combo di gothic metal, qui si va molto oltre: Luna parla di ricordi, tasselli della nostra vita che rimangono nel caleidoscopio di ciò che pensiamo di sapere. Stupisce la forza dirompente dell’album, la completezza del sound dove non c’è un cosa fuori posto, un’incongruenza, un qualcosa di sbagliato. Il sentimento è il motore primo di tutto, e i Locus Animae hanno un nome che è adattissimo alla loro musica, perché parla alla nostra anima. La comparsa di quando in quando nella musica del black metal attraverso intarsi molto preziosi è un ulteriore segno della bravura e della grandezza di questa band. La forma dell’ep è il giusto spazio per poter godere di queste composizioni così dolci e forti, che parlano di un mondo che possiamo vedere se abbandoniamo il delirio che ci viene proposto quotidianamente.

Tracklist
1.L’Incanto Della Sirena
2.Il Cantico Del Mai Nato
3.Crepuscolo
4.All’Imbrunire
5.Eclissi – Come La Terra Baciò La Luna

Line-up
Gregory Sobrio – Clean Vocals, Growl, Scream –
Nicolò Paracchini – Bass, Scream –
Brian Cara – Rhythm Guitar –
Emmanuele Iacono – Lead Guitar –

LOCUS ANIMAE – Facebook

Dimlight – Kingdom Of Horrors

Oscuro e drammatico, come il concept da cui si ispira, il sound di questo lavoro trova ottimi sfoghi qualitativi in una manciata di brani dalle atmosfere epico/apocalittiche.

La storia di Athanor e del suo viaggio alla ricerca di conforto e assoluzione, nei percorsi distorti e cupi di Irkala Kar, l’Underworld, prende vita tra le trame di un metal estremo che lascia spesso il comando alle sinfonie gotiche accompagnate dalla voce femminile, in una continua contesa con il growl profondo che guida l’anima estrema dei Dimlight.

Kingdom Of Horrors è il quarto album del gruppo greco, attivo dal 2006 e protagonista di molti live in compagnia delle massime espressioni del metal di questi anni come Arch Enemy, Lacuna Coil, Epica, Septic Flesh.
Ed è a queste band che i Dimlight si ispirano per portare alla luce il proprio esempio di musica, a tratti enfatica, dagli arrangiamenti orchestrali che si danno battaglia tra la possente forza del death metal, in una sorta di jam che vede impegnati i Lacuna Coil e i Septic Flesh.
Oscuro e drammatico, come il concept da cui si ispira, il sound di questo lavoro trova ottimi sfoghi qualitativi in una manciata di brani dalle atmosfere epico/apocalittiche come We, The Bones, la magniloquente Beyond The Gates Of Horror e Tower Of Silence.
L’ascolto non perde di interesse per tutta la durata dell’album, grazie agli ottimi arrangiamenti ed in particolare alla voce della cantante, che ricorda non poco quella di Cristina Scabbia, particolare che non mancherà di procurare nuovi estimatori al gruppo greco.

Tracklist
1.The Red King
2.Beryl Eyes
3.We, the Bones
4.Into the Thrice Unknown Darkness
5.Beyond the Gates of Horror
6.The Ecstasy of the Hunt
7.Tower of Silence
8.Serpent’s Pact
9.Lapis Animae
10.Bleeding Sunrise

Line-up
Mora – Vocals
Peter(a.k.a.Invoker) – Guitars,Vocals
Nick – Guitars
Jim – Drums
Marios – Lyricist
Apostolis – Orchestra Composer

DIMLIGHT – Facebook

Flageladör – Predileção Pelo Macabro

Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.

Proposta assolutamente underground quella dei Flageladör, nome che da quasi vent’anni fa parte della scena metal brasiliana.

La band infatti è attiva dall’inizio del nuovo millennio e può contare su una discografia che annovera tre full length ed un buon numero di split e demo.
Predileção Pelo Macabro è quindi il quarto lavoro sulla lunga distanza per il quartetto di thrashers dal suono old school, che non delude i suoi fans e li travolge con il suo thrash metal dalle accelerazioni speed senza compromessi.
Una musica zeppa di cliché, ma che viaggia a ritmo sostenuto, tra ritmiche sparate, solos e refrain scolpiti sulle tavole della legge di questo tipo di sonorità.
La produzione in linea con quanto suonato crea un’atmosfera ottantiana, mentre l’uso della lingua madre è sicuramente l’unico tocco di originalità da attribuire alla band.
Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.
Si tratta di un album rivolto essenzialmente ai fans del genere, magari incuriositi dall’uso della lingua portoghese che non inficia assolutamente un risultato comunque poco oltre la sufficienza e nulla più.

Tracklist
1.Entre o Martelo e a Bigorna
2.Nas Minhas Veias Corre Fogo
3.Máxima Voltagem
4.Terror Pós-Atômico
5.Queimando nas Chamas do Heavy Metal
6.Micromega
7.Eternamente Cinza
8.Predileção pelo Macabro
9.O Infiel
10.M.A.F.

Line-up
Armando Exekutor – Guitars & Vocals
Hugo Golon – Drums
Alan Magno – Bass
Jean Nightbreäker – Guitars

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