Lady Maciste – Laut

I Lady Maciste si presentano agli amanti del genere con un sound diretto e live, con chitarra e batteria a formare un muro sonoro dal piglio stoner, ma non solo.

In questi ultimi anni il rock underground tricolore può vantare di una scena stoner di notevole qualità, con una serie di gruppi che ha fornito agli ascoltatori amanti delle sonorità desertiche album convincenti e di indubbio spessore, tanto che si potrebbe pensare al nostro paese come ad una delle appendici più importanti del sound made in Sky Valley.

Arrivano a scaldare ancora di più questo rovente ottobre i Lady Maciste, duo riminese composto dai fratelli Parma, Gian Luca (chitarra e voce) e Roberto (batteria), con il loro primo lavoro, un ep dal titolo Laut composto da sei brani di stoner rock, psichedelico e bluesy.
I due ex Akemi si presentano agli amanti del genere con un sound diretto e live, chitarra e batteria a formare un muro sonoro dal piglio stoner, ma non solo: tra le trame di brani potenti come l’opener Bruto, la roboante Devil Is My Bride o la introversa Gong, troviamo echi noise e grunge, una mistura sonora che dal rock americano degli anni novanta trova la sua origine, perdendosi nel deserto e ritrovandosi tra accordi di blues sporcato dalla psychedelia e dal punk (Ted Bundy).
L’ep dà il via a questa nuova avventura tutta in famiglia, con i fratelli Parma che riescono a riempire di note rock il sound con l’aiuto di soli due strumenti, un’attitudine diventata una piacevole costante tra le nuove leve dell’alternative rock.
Se vi piace il rock uscito dagli States nell’ultimo decennio del secolo scorso (Queen Of The Stone Age, Kyuss, Sleep e primi Nirvana) Laut è assolutamente consigliato.

Tracklist
1.Bruto
2.Pink
3.Devil Is My Bride
4. Gong
5. Ted Bundy
6. Just A KId

Line-up
Gian Luca Parma – Guitars, Vocals
Roberto Parma – Drums

LADY MACISTE – Facebook

VV.AA. – Demolition Derby

Lo split della Retro Vox Records di Parma è un gran bel Demolition Derby nel quale, per una volta, in una gara di questo tipo non c’è un vincitore se non il suono che questi gruppo esprimono e che da troppi anni è stato messo in panchina perché non di moda, mentre invece grazie a band come queste può dare ancora enorme soddisfazione all’ascoltatore.

Split su vinile dieci pollici con due tracce a testa per quattro band, gli italiani King Mastino e Black Gremlins, e dalla Svezia “Demons” e Scumbag Millionaire.

Il disco è stato concepito e realizzato dalla Retro Vox Records. Il disco è venuto bene e mostra quattro sfaccettature diverse del punk rock. Innanzitutto i gruppi lo fanno in una maniera molto virata verso il rock and roll ad alto numero di ottani, alla maniera di Hellacopters ed affini, in un maniera che purtroppo si è andata a perdere negli ultimi tempi.
Aprono le danze gli svedesi Scumbag Millionaire nati nel 2014 e che esordiranno a breve per la Suburban Records con il loro debutto che, se si rivelerà all’altezza come i due pezzi qui presenti, entrerà nella scia della bellissima scena hard rock punk scandinava degli anni novanta visto che anche qui troviamo tanta melodia e chitarre che viaggiano veloci. A ruota degli svedesi arrivano gli interessantissimi parmigiani Black Gremlins, che annoverano musicisti da band come i Caronte, gli Shinin’ Shade e i Calendula. Il loro punk rock è molto veloce e tirato, sporco e di gran classe, di quella genia che parte dai Motörhead per arrivare fino ai giorni nostri, sudore e voglia di suonare a tutto volume. I parmigiani hanno già prodotto due dischi per la Retro Vox Records e sono un gruppo davvero molto interessante ed appagante. Continuano lo split le due canzoni dei King Mastino, band spezzina nata nel 2007 in una terra dove i Manges e i Pea Wees hanno fatto la storia del genere. Anche loro sono molto influenzati dalla scena scandinava, hanno grandi melodie ed un tiro micidiale e molto coinvolgente. Chiudono il Demolition Derby gli svedesi “Demons” che anche nel 1995 facevano parte dell’originale scena svedese del rock and punk, e si sente, grazie a quel suono che fece innamorare tante persone un po’ di anni fa, dimostrando d’essere ancora in forma nonostante siano stati fermi per qualche anno. Lo split della Retro Vox Records di Parma è un gran bel Demolition Derby nel quale, per una volta, in una gara di questo tipo non c’è un vincitore se non il suono che questi gruppo esprimono e che da troppi anni è stato messo in panchina perché non di moda, mentre invece grazie a band come queste può dare ancora enorme soddisfazione all’ascoltatore.

Tracklist
1.Time After Time – Scumbag Millionaire
2.Ride It Out – Scumbag Millionaire
3.Alpha People – Black Gremlin
4.Turn Your Head Around – Black Gremlin
5.Cheap Souls For Nothing – King Mastino
6.Another Kind Of Love – King Mastino
7.Hemisexual – “Demons”
8.Amen – “Demons ”

Line-up
Scumbag Millionaire are:

Brickan Nilsson – Bass guitar, Max Fiasko – Guitar and Vocals, Adde – Drums, Dr. Weber – Guitar.
“Ride it out” and “Time after time” written and performed by Scumbag Millionaire.
Recorded and mixed by Micke Nilsson. Produced by Micke Nilsson and Scumbag Millionaire.

Black Gremlin are:

Cobra ChristôFory – Vocals and Guitar, Simple Matt – Drums, Mek Spazio – Guitar and Vocals, Narco Maynard – Bass guitar and Vocals.
“Alpha people” written by Black gremlin. “Turn your head around” written by Algy Ward/Mark Brabbs/Peter Brabbs , originally performed by Tank.
Recorded and Mixed by Gregory Manzo at Big Pine Creek Studio , Parma.

King Mastino are:

Alessio – Guitars and vocals, Massi – Bass guitar and Backing vocals, Holly -guitars, Jimmy – drums.
“Cheap souls for nothing” and “Another kind of love” written and performed by King Mastino Organ&Piano played by Manuel Apice.
Mixed and recorded at Bulls Recordz Studio by Davide Gallo

“DEMONS” are:

Matt – guitar and vocals, Micke – drums, Tomo – bass and backing vocals.
“Hemisexual” written by M. Carlsson. “Amen” written by Ahlgren/Lång/Klemensberger/Wawrzeniuk ,originally performed by The Robots.
Special appearance from Odd d’Cologne on “Amen”.

RETRO VOX RECORDS – Facebook

Atomicide – Furious And Untamed

Il sound prodotto sui due lati del disco risulta travolgente, il growl brutale racconta di morte e devastazioni su ritmiche che si rivelano vortici di musica violentissima.

La scena estrema sudamericana è una delle più prolifiche per quanto riguarda l’underground mondiale, pregna com’è di maligna attitudine che non lascia spazio a compromessi e viaggia spedita verso la dannazione eterna.

Il Cile, come gli altri paesi, ha un sottobosco metallico da cui escono mostruose realtà estreme come gli Atomicide, band attiva dalla prima metà del nuovo millennio, un trio di death/thrash metal devastante che torna sul mercato con Furious And Untamed, 7″ rigorosamente in vinile prodotto dalla Iron Bonehead Productions.
La discografia consta di un buon numero di ep, split e demo e di due lavori sulla lunga distanza usciti tra il 2013 ed il 2015 (Spreading The Cult Of Death e Chaos Abomination) per questo trio di musicisti estremi che si cimentano in un massacro sonoro, un vortice di caos in musica, una micidiale e terrificante guerra che porta morte e distruzione, un vento atomico che spazza via uomini e cose e lascia solo apocalittiche visioni intorno a se.
Sono estremamente furiosi i tre deathsters sudamericani, il sound prodotto sui due lati del disco risulta travolgente, il growl brutale racconta di morte e devastazioni su ritmiche che si rivelano vortici di musica violentissima; qualche accenno di frenata è la scusa per affondare il colpo, potente ed imperioso, mentre il caos regna tra le note della title track e di Flagellant Rust.
Morbid Angel, Bolt Thrower e Slayer sono lo spunto primario per descrivere gli scenari di morte e le apocalittiche visioni di cui gli Atomicide sono perfetti cantori: non resta che attendere il prossimo capitolo sulla lunga distanza.

Tracklist
1.Intro/Furious And Untamed
2.Flagellant Rust/Outro

Line-up
Atomized – Bass, Vocals
A.Prophaner – Drums
Deathbringers – Guitars

ATOMICIDE – Facebook

Cemetery Lights – Lemuralia

Questo è l’underground metal nella sua accezione più reale, con un’offerta musicale genuina, priva di filtri, direttamente dal produttore al consumatore anche per il formato prescelto, quello della musicassetta.

Lemuralia è la prima uscita di questa one man band del Rhode Island, autrice di un grezzo ma efficace black metal.

In realtà il genere, nell’interpretazione di The Corpse abbraccia uno stretto più ampio sfiorando a tratti il doom (Lemuralia), o un proto black molto vicino al thrash quando viene accelerata l’andatura (Necrophilosoph,Accursed), mantenendo sempre quell’approccio sporco e diretto che in tali frangenti non guasta affatto.
Questo è l’underground metal nella sua accezione più reale, con un’offerta musicale genuina, priva di filtri, direttamente dal produttore al consumatore anche per il formato prescelto, quello della musicassetta.
Il giro chitarristico di Charite’s Revenge è il portale d’ingresso ideale nelle sonorità del lavoro, che vede quale suo picco la title track, brano ricco di notevoli intuizioni che comunque il ragazzo statunitense dissemina un po’ in tutti i brani.
Anche l’impegno a livello lirico e concettuale non va sottovalutato, visto che mitologia, storia ed occultismo si fondono in maniera tutt’altro che banale.
Lemuralia è stato seguito pochi mesi dopo dall’uscita di un nuovo ep, The Church On The Island, che si preannuncia decisamente migliore a livello di produzione e con uno sviluppo atmosferico più accentuato.
Quindi questo ep va considerato essenzialmente un primo approccio senz’altro positivo nel suo complesso, costituendo nel contempo la base necessaria sulla quale erigere nuove e più evolute costruzioni sonore da parte dei Cemetary Lights.

Tracklist:
1. Charite’s Revenge
2. Lemuralia
3. Necrophilosoph
4. Accursed Funeral

Line-up:
The Corpse – Everything

CEMETERY LIGHTS – Facebook

Gloam / Obscure Evil – Split 10″EP

Questo split ci presenta due realtà sicuramente da approfondire, anche se un brano è poco per dare un giudizio finale sulla proposta dei gruppi in questione, pur essendo comunque in grado di accendere la curiosità degli amanti del genere.

La Blood Harvest ci presenta due band estreme in arrivo dagli Stati Uniti (Gloam) e dal Perù (Obscure Evil) che, in comune, hanno un sound dalla forte connotazione black, più tradizionale quella del gruppo statunitense, contaminata invece da tempeste thrash quella del gruppo sudamericano.

I Gloam nascono in California nel 2010, e la loro discografia li vede, dopo un paio di lavori minori, alle prese con il primo full length nel 2015 (Hex Of The Nine Heads) e successivamente ancora con un ep, prima di questo split che li vede protagonisti di un brano che risulta un tornado black metal lungo ben sette minuti, una cavalcata di buona fattura, maligna come lo scream da demone norvegese, devastante come sa essere il true black metal marcissimo e piacevolmente old style.
Gli Obscure Evil, attivi dal da pochi anni, hanno cominciato il loro virulento cammino nella scena sudamericana un paio d’anni fa, con il classico demo d’esordio seguito da un ep, ed una compilation.
La parola di Satana viene glorificata da un ottimo black/thrash metal, selvaggio e spinto fuori giri dalla supersonica velocità con cui viene suonato, lambendo lo speed di matrice ottantiana e sempre sul pezzo per quanto riguarda riff e melodie vincenti, il tutto in un contesto furioso e feroce.
I due brani che formano un’unica discesa negli inferi, un massacro dal piglio motorheadinano, con i Venom a spalleggiare i giovani adepti in un delirio black intenso e senza compromessi.
Questo split ci presenta così due realtà sicuramente da approfondire, anche se un brano è poco per dare un giudizio finale sulla proposta dei gruppi in questione, pur essendo comunque in grado di accendere la curiosità degli amanti del genere.

Tracklist
1.Gloam – Black Swords Of Desecration
2.Obscure Evil – Tribes Of Ueth/Necronihilism
Line-up

Gloam:
Dayan Weller – Bass
Flynn Jones – Drums
Colby metzger – Guitars, Vocals
Shane Terry – Guitars

Obscure Evil:
Suffering Soul – Bass
Tzarathustra – Drums, Vocals
Naked Whipper – Guitars, Vocals

OBSCURE EVIL – Facebook

GLOAM – Facebook

For Different Ways – About Life And Choices

Per trovare nuovi ed interessanti gruppi hardcore non bisogna andare molto lontano, in Italia ve ne sono di ottimi come i sardi For Different Ways, qui al debutto con il primo ep About Life And Choices.

Per trovare nuovi ed interessanti gruppi hardcore non bisogna andare molto lontano, in Italia ve ne sono di ottimi come i sardi For Different Ways, qui al debutto con il primo ep About Life And Choices.

Questi ragazzi di Serramanna fanno un gran bel melodic hardcore, confermando la Sardegna come uno dei migliori posti per il genere con gruppi come Last Breath e tanti altri pop punk e melodic hardcore. Il perché sta in questo breve ep, dove tutto è al proprio posto e combacia perfettamente. Il suono dei For Different Ways è molto americano, ha una gande melodia ed è al contempo molto influenzato dall’hardcore, per una miscela molto buona. Il pathos è alto per tutti i brani del disco, i quali funzioneranno molto bene dal vivo, poiché oltre ad essere intensi sono studiati per essere cantati e sudati sotto al palco. In queste piccole grandi opere di provincia risiede sempre un’ottima qualità, come dimostrano questi ragazzi che usano l’hardcore melodico come codice musicale per esprimersi, là dove sarebbe facile stare zitti e forse avere più scuse per farlo che in una metropoli; invece ci si vede e si fa musica con il cuore, certamente la tecnica non è eccelsa, ma qui conta il sentimento e la voglia. Il gruppo sardo è capace sia tecnicamente che a livello compositivo, soffre solo di una produzione non del tutto all’altezza, perché con suoni leggermente migliori questo ep sarebbe ancora meglio di ciò che già è. Da sentire per chi vuole ascoltare musica fatta con il cuore e che fa ancora sognare, nonostante da sognare in effetti ci sia ben poco.

Tracklist
1.Intro
2.Crisis
3.Black Heaven
4.Hard Times
5.Listless

Line-up
Giacomo – Vocals
Carlo – Guitar, Vocals
Matteo – Guitar, Vocals
Emanuele – Bass, Vocals
Mauro – Drums, vocals

FOR DIFFERENT WAYS – Facebook

Ether – Seek Through Control

Gli Ether dimostrano, con questa decina di minuti di musica senz’altro validi, di possedere le caratteristiche per interessare una certa fascia di ascoltatori trasversale ai generi, anche se per forza di cose le conclusioni si potranno trarre solo quando il duo britannico sarà in grado di offrire un’uscita dal minutaggio più consistente.

Via Loneravn ci giunge questa uscita degli inglesi Ether, contenente due brani brevi ma interessanti il giusto per far sì che la loro proposta non venga subito dimenticata.

I giovani Zak ed Imogen, fin dal look esibito nelle foto promozionali, ci rimandano ad un immaginario ottantiano e, in effetti, il loro sound si rivela un intrigante ibrido di psichedelia, post punk, shoegaze e doom (quest’ultimo soprattutto nella seconda delle due tracce).
Pur essendo in attività da qualche anno, la produzione degli Ether è stata finora piuttosto centellinata, sotto forma di qualche singolo, anche se l’ascolto di queste due buone canzoni brani rende comprensibile la scelta di non voler fare le cose con troppa fretta.
I’ll Laugh When They’re Crashing Down si snoda su ritmi piuttosto sostenuti , con la voce di Zak che sembra provenire di peso dalle band psichedeliche che imperversavano una trentina d’anni fa (gente tipo i Loop, per intenderci), mentre Seek Through Control, come detto, si sposta decisamente su territori doom, pur mantenendo quell’aura lisergica conferita anche dall’indolente incedere del cantato.
Gli Ether dimostrano, con questa decina di minuti di musica senz’altro validi, di possedere le caratteristiche per interessare una certa fascia di ascoltatori trasversale ai generi, anche se per forza di cose le conclusioni si potranno trarre solo quando il duo britannico sarà in grado di offrire un’uscita dal minutaggio più consistente.

Tracklist:
1.Seek Through Control
2.I’ll laugh When They’re Crashing Down

Line-Up:
Zak Mullard – guitar, vocals and drum machines
Imogen Shurey – bass

ETHER – Facebook

Losa – Mastrucatum

Mastrucatum spalanca le porte al mondo dei Losa, un’entità musicale il cui manifesto legame alla tradizione della propria terra non rappresenta una fuga all’indietro rispetto alla modernità, bensì il condivisibile nonché riuscito tentativo di abbinare la contemporaneità del metal alla conservazione di quelle radici culturali che nessuna forma di globalizzazione ha il diritto di omologare o banalizzare.

Losa è il nome di questo nuovo eccitante progetto musicale proveniente dalla Sardegna, che vede coinvolti tre quarti dei disciolti Accabbadora e, nel complesso, musicisti impegnati in alcune delle migliori realtà estreme presenti nella fertile scena isolana (Simulacro, Anamnesi) e non (Progenie Terrestre Pura, Grind Zero).

Questo breve ep, intitolato Mastrucatum, nonostante una durata ridotta si rivela ampiamente esaustivo riguardo alle capacità ed alle potenzialità di questa nuova creatura che esce sotto l’attenta egida della Third I Rex, etichetta con sede a Londra ma gestita da un altro figlio di quella splendida terra quale è Roberto Mura.
Se la commistione tra black metal e folk non è certo una novità, l’operato dei Losa spicca per la sua perfetta coesione tra le pulsioni estreme e la tradizione musicale e culturale sarda, con i suoi riferimenti (anche in copertina) ai Mumutzones, le tradizionali maschere zoomorfe che animano il carnevale di Aritzu.
Il black metal viene così modellato dai Losa in maniera melodica ed efficace, con richiami che riportano ad una delle massime fonti di ispirazione, specie per chi si cimenta con il genere nell’Europa del Sud, che sono i primi Moonspell; e non è un caso se la band ha inciso una notevole cover di Alma Mater, ascoltabile purtroppo solo sul bandcamp vista la mancanza di tutti i placet necessari per inserire il brano anche all’interno delle copie fisiche di Mastrucatum.
Ad ogni buon conto, sia la title track che il brano autointitolato si rivelano tra le cose migliori ascoltate quest’anno in tale ambito, e stiamo parlando di un settore in cui la qualità media è davvero elevata.
Difficile non restare affascinati dalla sapiente alternanza degli stili vocali che spaziano dallo screaming agli intrecci corali tipici del folklore sardo, così come dalla rielaborazione dei dettami del black metal che viene restituito in maniera fresca ed accattivante.
A dimostrare, poi, che non tutti i mali vengono per nuocere, al posto della programmata cover troviamo Allumiendi, una traccia stupenda nel suo essere folk nel senso più limpido del termine, impreziosita dalle evocative note offerte dalla chitarra acustica.
Mastrucatum spalanca le porte al mondo dei Losa, un’entità musicale il cui manifesto legame alla tradizione della propria terra non rappresenta una fuga all’indietro rispetto alla modernità, bensì il condivisibile nonché riuscito tentativo di abbinare la contemporaneità del metal alla conservazione di quelle radici culturali che nessuna forma di globalizzazione ha il diritto di omologare o banalizzare.

Tracklist:
1.Intro
2.Mastrucatum
3.Losa (Mastrucatum II)
4.Allumiendi

Line-up:
Federico Pia – Vocals and Lyrics
Gabriele Perra – Guitars
Fabrizio Sanna – Bass, Choirs, Clean Vocals and Acoustic Guitar
Emanuele Prandoni – Drums and Percussions

LOSA – Facebook

Autotheism – Dogma Sculptured In The Flesh

Quello degli Autotheism è un progetto che farà sicuramente parlare di sé in futuro, se amate il death metal tradizionale ricamato con perizia tecnica attorno ad un concept maturo, Dogma Sculptured In The Flesh è assolutamente consigliato.

Nella scena estrema nazionale il death metal tradizionale ha regalato ultimamente grosse soddisfazioni ai fans, sia per quanto riguarda le nuove uscite dei gruppi storici, sia per le nuove leve, sputate fuori da covate malefiche nascoste nell’underground su e giù per la penisola.

Gli Autotheism sono un progetto nato nel 2016 nel quale suonano membri provenienti da altre realtà della scena come (EchO), Quantum Hierarchy (di cui vi abbiamo parlato pochi mesi fa in occasione dell’uscita del loro lavoro, Neutron Breed) ed Atomic Factory.
Dopo un primo ep uscito lo scorso anno (Hives MMXVII) arriva ora questo nuovo lavoro, sviluppato lungo un unico brano di diciassette minuti, che tratta della decadenza dell’umanità a livello filosofico e morale.
Il concept è impegnativo così come il sound, un death metal molto tecnico impreziosito da parti atmosferiche che portano verso lidi post metal e progressivi, con sfumature di tragico ed oscuro metal estremo, violento e drammatico.
La band si muove tra partiture rabbiose ma tecnicamente ineccepibili e le parti più dirette del sound lasciano ad accelerazioni devastanti o a sfumature più pacate il compito di variare un sound che in così risulta molto coinvolgente.
Il growl è un urlo animalesco di livore verso questo senso di disfacimento, mentre parti doom/death a metà del brano lasciano poi spazio al finale che torna tellurico come nella sua prima metà.
Quello degli Autotheism è un progetto che farà sicuramente parlare di sé in futuro, se amate il death metal tradizionale ricamato con perizia tecnica attorno ad un concept maturo, Dogma Sculptured In The Flesh è assolutamente consigliato.

Tracklist
1.Dogma Sculptured In The Flesh

Line-up
P. – Vocals
R. – Guitars
L. – Bass
N. – Drums

AUTOTHEISM – Facebook

Dischordia – Binge/Purge

Caotico e completamente fuori da schemi prefissati, il sound dei Dischordia è volutamente estremo fino al parossismo, il che per il gruppo vuol dire accavallare note su note, decine di cambi di tempo e dissonanze che a tratti sembrano non fermarsi più.

I Dischordia sono un terzetto dell’Oklahoma che del brutal death metal, tecnico e progressivo, ne ha fatto una missione dal 2010, anno di inizio attività che ha visto la band licenziare due full length e tre ep di cui questo Binge/Purge risulta l’ultimo delirio sonoro.

Caotico e completamente fuori da schemi prefissati, il sound dei Dischordia è volutamente estremo fino al parossismo, il che per il gruppo vuol dire accavallare note su note, decine di cambi di tempo e dissonanze che a tratti sembrano non fermarsi più.
Disturbante, tecnicamente ineccepibile ma fuorviante se non seguito con la giusta dose di concentrazione, l’ep inizia la sua devastante distruzione di spartiti con Binge, un assalto sonoro di matrice old school che non segue una linea precisa ma ci investe con un twister di suoni violentissimi, mentre più lineare e cadenzata risulta Purge, che a tratti ricorda le parti più tecniche di Morbid Angel ed Hate Eternal in un contesto progressivo e brutale.
Di non facile assimilazione, le due tracce hanno nella durata che supera abbondantemente i dieci minuti l’ennesimo elemento per garantire un ascolto sicuramente impegnativo per chi si avvicina alla musica dei Dischordia.
Album sperimentale e di non facile assimilazione anche per chi non è nuovo a questo genere, Binge/Purge si archivia come opera rivolta ad un audience piuttosto ristretta.

Tracklist
1.Binge
2.Purge

Line-up
Keeno – Vocals, Guitars, Ukulele
Josh Fallin – Guitars, Drums, Piano
Josh Turner – Bass, Marimba, Flute

DISCHORDIA – Facebook

Void Rot – Consumed To Oblivion

Tre brani, benché brevi per le abitudini consolidate del genere, rivelano la maestria compositiva con la quale i Void Rot manipolano la materia rendendola avvincente per l’appassionato dal primo all’ultimo minuto.

Dai sempre più preziosi scrigni della Everlasting Spew sbuca questa temibile creatura denominata Void Rot, dedita ad un death doom la cui oscurità risulta quasi impossibile da squarciare.

Consumed To Oblivion è stato appena pubblicato dall’etichetta italiana in sinergia con la Sentient Ruin Laboratories (che si occupa dell’uscita nel formato tape): si tratta di un ep che, sia pure con i suoi soli quindici minuti, colloca di diritto la band di Minneapolis tra le migliori realtà emergenti del genere.
Il death doom dei Void Rot prende le mosse dalla sempre fondamentale scuola finlandese, anche se tra le varie citazioni in sede biografica vengono menzionati anche i connazionali Spectral Voice, ed in effetti gli autori del magnifico Eroded Corridors of Unbeing paiono costituire un naturale punto di riferimento per i nostri.
I tre brani, oggettivamente brevi per le abitudini consolidate del genere, rivelano la maestria compositiva con la quale questi quattro ragazzi manipolano la materia rendendola avvincente per l’appassionato dal primo all’ultimo minuto. La title track è davvero un esempio di come i Void Rot interpretino il death doom: un suono rombante e ribassato, che non disdegna qualche accelerazione ritmica mantenendo sempre alta la tensione e l’attitudine morbosa.
Una prova magnifica per una band che ha già fin d’ora le carte in regola per lasciare il segno con un auspicabile prossimo full length.

Tracklist:
1.Ancient Seed
2.Consumed By Oblivion
3.Celestial Plague

Line-up:
Will Bell – Drums
John Hancock – Guitars, Vocals
Craig Clemons – Bass
Kent Sklarow – Guitars

VOID ROT – Facebook

Thecodontion – Thecodontia

Prima demotape del duo laziale di Ladispoli dedito ad un black/death sperimentale. La totale assenza di chitarre potrebbe incuriosire molti, fare arretrare inorriditi alcuni, ma sicuramente ingolosire i più intransigenti collaudatori di nuovi sound.

Affrontare l’ascolto di un prodotto, nel quale dichiaratamente la band esclude la presenza di uno strumento fondamentale (almeno nel genere proposto dal duo laziale, ossia black death metal), appare fin da principio impresa ardua, figuriamoci recensirlo!
Ma andiamo per gradi.

I Thecodontion sono un duo che arriva da Roma (Ladispoli): autodefiniscono il proprio genere “Prehistoric metal of war”, intendendo fin da subito proiettare l’ascoltatore in un era preistorica ben definita (il Permiano), così antica, che i conosciuti dinosauri – a cui ci siamo tanto affezionati grazie ai vari Jurassic Park (?!) – non esistevano ancora. Siamo nell’era degli arcosauri, più precisamente dei Ticodonti (da cui prendono nome e cognome band e demotape) ossia gli antenati rettiliani dei dinosauri.
L’idea di utilizzare unicamente due bassi distorti (in aggiunta, un terzo per gli “assoli”, e tutti suonati senza ausilio di picks), batteria e parti vocali, deriva – sostengono i nostri – da un profondo desiderio di sperimentazione (ad onore del vero, già parecchio è stato fatto in ambito noise), vocato a sonorità primitive e tribali. Un lavoro sicuramente molto impegnativo; basti pensare alla difficoltà – soprattutto per un genere come l’estremo – di non far sentire la mancanza di uno strumento fondamentale come la chitarra.
In effetti, sin da un primissimo ascolto, le pazzesche distorsioni dei loro bassi creano un sound davvero primordiale – a tratti raw – e l’assenza delle chitarre passa forse un attimo inosservata.
Il primo brano Desmatosuchus Spurensis (Linked Loricata of Spur), appare come un primo grezzo lavoro dei Celtic Frost (Morbid Tales, per intenderci) suonato in modo molto ruvido, senza fronzoli, dal quale è stato depredato ogni qualsivoglia spunto di melodia. Persino la voce di Heliogabalus ricorda lontanamente quella di Mr. G.Warrior. I ritmi incalzanti di tutti i 4 pezzi e i bass effects, possono davvero riportarci a quel lontano (svizzero) 1984. Ovviamente i paragoni non devono trarre in inganno, (Morbid Tales è, rimane e sarà per sempre, uno di quei capolavori che hanno segnato un’epoca); in questo caso, ci servono unicamente per dare un’idea di quanto avessero in mente Heliogabalus e Stilgar (Basso) quando presero questa coraggiosa decisione: provare a fare qualcosa di nuovo, di sconvolgente e di assurdamente “differente”, ma partendo da basi ben note e conosciute.
Via via che si procede all’ascolto, l’assenza del guitar sound appare sempre più evidente, e l’incedere dei due/tre bassi può portare qualche volta ad una sensazione di privazione sonora, ad un’emozione di negativa carenza da riff ed assoli. Il brano successivo Erythrosuchidae (Vermillion Digigrade), non varia molto dal predecessore, se non per un paio di momenti che ricordano tanto i momenti più groove del blast beat dei primi anni ’80 (D.R.I., Repulsion e S.O.D. per intenderci).
Nel terzo brano – Longisquama Insignis (Skeletal Analysis of a Kyrgyz Diapsid), una sonorità più death fa da padrona; emerge sicuramente anche l’interesse dei nostri per il war metal di band quali Blasphemy, Teitanblood e Archgoat (e prima ancora Sarcofago e altri gruppi della scena brasiliana di quel tempo); ovviamente i riff black, gli accordi tipici del death e le atmosfere guerresche qui sono chimere. Non esistono i dualistici accordi tipici del riff death, ma unicamente il monismo sonoro del basso.
Il drumming – in quasi tutto il demo – non conosce soste. Una raffica di mitra che accompagna le “grattugiate” dei bassi, senza quasi intervalli, senza quasi alcuna interruzione; un treno diretto che non ferma in stazioni intermedie.
L’ultimo brano – Stagonolepis (Robertsoni/Wellesi/Olenkae) – è un po’ un’eccezione, con diversi stop’n’go schizoidi, segnati da distorti assoli di basso (il famoso terzo basso, di cui si parlava all’inizio), che ne dettano ripartenze e brusche fermate. Una produzione sicuramente difettante (è comunque una demo) e un sound molto spesso accostabile al noise, non favorisce di certo la distinzione dei passaggi tra up-mid-down tempo, rendendo il tutto non troppo distinguibile e spesso poco accessibile.
In definitiva, la curiosità nasce e muore dopo l’ascolto di una demo coraggiosa, che sicuramente scontenterà i più tradizionalisti, ma che forse troverà negli sperimentalisti i loro maggiori fan. Interessante potrebbe essere scoprire come il duo laziale possa sostenere il gran peso della loro piccola rivoluzione in un full length.

Tracklist
1.Desmatosuchus Spurensis (Linked Loricata of Spur)
2.Erythrosuchidae (Vermillion Digigrade)
3.Longisquama Insignis (Skeletal Analysis of a Kyrgyz Diapsid)
4.Stagonolepis (Robertsoni/Wellesi/Olenkae)

Line-up
Heliogabalus – Vocals
Stilgar – Bass

THECODONTION – Facebook

Krypta – The Name / Omerta

Per i Krypta un inizio incoraggiante, ovviamente con tutte le riserve e le incognite derivanti da una proposta dal minutaggio così ridotto.

Primo passo discografico per questa band ucraina formata da ben sette elementi.

Il frutto di questo spiegamento di forze è un demo composto da due brani, intitolati The Name e Omerta.
Bisogna dire che il gusto melodico esibito dai nostri è davvero notevole e, pur senza inventare chissà che cosa, le due canzoni si fanno ascoltare piacevolmente, grazie anche al contrasto tra il growl sgraziato e la voce stentorea (anche troppo, specie in The Name), ma non stucchevolmente lirica della brava violinista Tetyana.
Il gothic doom dei Krypta si dimostra all’altezza della situazione in virtù di un songwriting che non dimentica il fine ultimo del genere, che è ovviamente il suo essere di grande impatto emotivo.
Le due tracce sono piuttosto omologhe, anche se The Name appare più sognante e meglio delineata a livello melodico, mentre Omerta è un po’ più ruvida ma non meno efficace, grazie al bel lavoro violinistico nella fase centrale.
Da rivedere il growl di Roma e la voce di Tetyana, perché entrambi, quando forzano in maniera eccessiva, rischiano di andare fuori giri, e la chitarra solista, non sempre impeccabile nel tessere le buone armonie messe in campo dalla band.
Per i Krypta un inizio incoraggiante, ovviamente con tutte le riserve e le incognite derivanti da una proposta dal minutaggio così ridotto.

Line-Up:
Eugene Balitsky – guitar
Alexander Melnikov – bass
Igor – drums
Tetyana Tugolikova – vocals / violin
Vlad Surnin – keys
Dmytro Omelechko – guitar
Roma Kostyuchenko – vocals

Cinzas – Demo I

Anche se ovviamente siamo sempre nell’ambito dei prodotti per fans accaniti, questa uscita rappresenta l’ennesima conferma dell’esistenza di una scena lusitana che, oggi, è probabilmente quella che ha raccolto con la maggiore convinzione e purezza d’intenti l’eredità della nera fiamma che cominciò ad ardere quasi trent’anni fa in Scandinavia.

Il Portogallo sia divenendo il luogo in cui il black metal pare aver ritrovato la propria spinta primigenia per rinascere in un certo senso dalle proprie ceneri, dopo aver lambito, se non a tratti raggiunto, un’imprevedibile collocazione nel mainstream metallico.

E’ un paradosso che tutto ciò stia succedendo in un paese lontano anni luce, non solo geograficamente, dalle lande in cui tutto ebbe inizio; escludendo improbabili considerazioni di carattere climatico (non bisogna per forza aggirarsi con sguardo torvo in foreste innevate per suonare black metal), il fatto che sia il paese del fado a trovarsi il prima linea nella produzione di sonorità così malignamente crude e vintage non deve sorprendere: fondamentalmente qui troviamo due facce della stessa medaglia chiamata inquietudine o disagio, e se da una parte vediamo la sua espressione più ripiegata su sé stessa e malinconica, dall’altra abbiamo la reazione misantropica ad un destino che resta ineluttabile, senza che per questo debba essere accettato passivamente
Cinzas è il progetto solista di Mortiferus e Demo I raccoglie buona parte del materiale che il musicista lusitano compose all’inizio del decennio per la sua precedente band D.O.R. , messo finalmente a disposizione del pubblico dalla Purodium Rekords con il sempre più apprezzato formato in cassetta (in edizione limitata a 66 copie).
Il contenuto del demo è un black scarno, violento, dalla produzione lo-fi (la voce spesso è un qualcosa che si sente il lontananza), ma talmente intonso e fedele ai dettami che non lo si può non amare; anche se ovviamente siamo sempre nell’ambito dei prodotti per fans accaniti, questa uscita rappresenta l’ennesima conferma dell’esistenza di una scena lusitana che, oggi, è probabilmente quella che ha raccolto con la maggiore convinzione e purezza d’intenti l’eredità della nera fiamma che cominciò ad ardere quasi trent’anni fa in Scandinavia.
Chi è alla ricerca di questo tipo di sonorità tenga quindi i fari costantemente puntati sulla splendida Lisbona, non ne resterà deluso.

Tracklist:
1. I
2. II
3. III
4. IV
5. V

Line up:
Mortiferus – All instruments, Vocals

Oddfella – Oddfella EP

L’approdo ad una vera e propria forma canzone favorisce un approccio più lineare e meno nervoso, quindi da una parte più prevedibile ma anche maggiormente logico e attraente: di sicuro ogni brano è ben connotato da un sempre pregevole quanto misurato lavoro chitarristico.

Questo ep è il secondo lavoro per Oddfella, il progetto solista del portoghese João Henriques, uscito lo scorso anno poco dopo il full length Am/Fm.

Quella prima prova su lunga distanza, di natura strumentale, aveva messo in mostra le buone doti del musicista lusitano, evidenziate dalla proposta di un sound dalle sfumature dark ed elettroniche e sorretto da un pregevole operato dal punto di vista della tecnica esecutiva e della produzione.
L’ep autointitolato che prendiamo in esame rappresenta la naturale evoluzione di quell’album, soprattutto a causa dell’introduzione delle parti vocali che danno un senso di compiutezza al songwriting di Henriques.
I quattro brani in questione (due, Intro Spection e Interlude At Dawn, sono brevi tracce strumentali) mettono in luce un rock alternativo dai tratti velatamente oscuri, elegante e dalla buona orecchiabilità, e sicuramente molto ben interpretati (non è dato sapere se la voce sia effettivamente dello stesso João ma, in mancanza di comunicazioni al riguardo, si ritiene che possa essere così).
Chiaramente l’approdo ad una vera e propria forma canzone favorisce un approccio più lineare e meno nervoso, quindi da una parte più prevedibile ma anche maggiormente logico e attraente: di sicuro ogni brano è ben connotato da un sempre pregevole quanto misurato lavoro chitarristico.
Born Again, Swimming Angels, Bridges e Drowning Angels sono brani tutti indistintamente molto belli, di grande fluidità e curati dal punto di vista melodico: João Henriques, in coda all’ultima traccia, ci saluta con un “to be continued” che fa presagire un seguito a questo ep decisamente riuscito ed in grado di schiudere nuovi scenari nel futuro degli Oddfella.

Tracklist:
1.Intro Spection
2.Born Again
3.Swimming Angels
4.Interlude At Dawn
5.Bridges
6.Drowning Angels

Line-up:
João Henriques

ODDFELLA – Facebook

Le Ceneri – Demo

Ispirazioni ed influenze che toccano lidi tradizionali ed importanti ed un impatto volto a distruggere nella più malvagia oscurità, depongono a favore di un esordio che fa ben sperare per il futuro.

Proposta assolutamente underground consigliata da MetalEyes agli appassionati di death metal: Le Ceneri sono un gruppo proveniente da Belluno e questo demo di quattro pezzi è il loro primo devastante atto di forza.

Un death metal che, per forza ed impatto, si può senza dubbio definire brutal: il sound del gruppo infatti è un uragano estremo massiccio e compatto, con l’uso sia dell’idioma inglese che italiano (Smirne Brucia, notevole brano tra violente raffiche di vento atomico e pachidermiche sfumature vicine al doom).
La band è nata da pochi mesi ed è formata da Alvise Cappello (voce e basso), Guglielmo Cappello (chitarra) e Carlo Guadalupi (Chitarra): il loro lavoro, oltre alla già citata Smirne Brucia, si compone di altre tre tracce, l’opener Apostasia, primo urlo bestiale, la brutale Novit Dominus Qui Sunt Eius e la tellurica Scared To Death.
Ispirazioni ed influenze che toccano lidi tradizionali ed importanti (Morbid Angel/Hate Eternal in primis) ed un impatto volto a distruggere nella più malvagia oscurità, depongono a favore di un esordio che fa ben sperare per il futuro.

Tracklist
1.Apostasia
2.Novit Dominus Qui Sunt Eius
3.Scared To Death
4.Smirne Brucia

Line-up
Alvise Cappello – Vocals, Bass
Guglielmo Cappello – Guitars
Carlo Guadalupi – Guitars

LE CENERI – Facebook

Faction Senestre – Civilisation

Un rumorismo dronico e industriale fa da tappeto sonoro a testi declamati in lingua madre, invero molto interessanti per la loro feroce quanto esplicita critica della modernità: questo chiaramente rende il tutto affascinante quanto dannatamente ostico.

Faction Senestre è un progetto di nuovo conio formato da membri di band di un certo spicco della scena francese come Still Volk, Rosa Crux, Malhkebre e Sektarism.

Quello che ne scaturisce è un brano sperimentale della durata di oltre 20 minuti, suddiviso in quattro parti, che mette sicuramente a dura prova l’apertura mentale dell’ascoltatore medio.
Un rumorismo dronico e industriale fa da tappeto sonoro a testi declamati in lingua madre, invero molto interessanti per la loro feroce quanto esplicita critica della modernità: questo chiaramente rende il tutto affascinante quanto dannatamente ostico.
Resta il fatto che questi musicisti transalpini sanno il fatto loro e, pur scendendo su un terreno molto scivoloso, riescono a mettere in scena una riproduzione credibile di sonorità avanguardiste per quanto, ovviamente, Civilisation si vada a collocare decisamente al di fuori di quelli che sono i normali ascolti.
Difficile quindi affibbiare all’operato dei Faction Senestre le semplicistiche etichette di bello o brutto: tutto dipende dal tipo di approccio, dalla sensibilità e dal desiderio di farsi scuotere che ciascuno possiede; detto ciò, personalmente trovo Civilisation un’opera di un certo spessore, musicalmente e concettualmente, il che desta quindi una certa curiosità nei confronti di eventuali prossimi sviluppi di questo progetto.
Ta civilisation est en péril, je le prédis et tu t’enfuis

Tracklist:
1. Ta Civilisation