Bedsore – Bedsore

Se qualcuno può chiedersi se ci sia davvero un buon motivo per parlare di un demo d’esordio fatto di soli due brani la risposta è sì a prescindere, vista la mentalità che ci ha contraddistinto fin dalla nostra nascita come webzine, e lo è maggior ragione per il fatto che i due musicisti che animano questo progetto denominato Bedsore fanno parte dei Seventh Genocide, una delle migliori band italiane oggi in circolazione.

Differentemente dal gruppo di provenienza, Jacopo e Stefano esplorano i contorni più sfumati del death metal anziché quelli del black, ma il risultato è pur sempre un sound ricco, inquieto, per forza di cose a tratti più brutale ma allo stesso tempo colmo di passaggi dal grande potenziale emotivo e soprattutto poco prevedibile.
Nonostante il minaccioso monicker prescelto, che in qualche modo, nel suo rifarsi una patologia come le piaghe da decubito in (inglese bedsore, appunto), omaggia un riferimento importante per i nostri come lo sono stati i Morbus Chron, in realtà il sound offerto in questi due lunghi brani presenta più di un’apertura melodica che riconduce ad un imprinting progressive che è, poi, il vero tratto comune con i Seventh Genocide: la conseguenza sono quei passaggi chitarristici che testimoniano come i Pink Floyd siano una delle influenze più radicate nel background musicale di questo gruppo di musicisti capitolini.
Nei Bedsore tale componente appare per forza di cose più sfumata, tenendo semmai fede a quanto indicato nelle note biografiche che citano quale altra possibile ispirazione una band come gli Edge Of Sanity, in questo caso per la comune capacità di rendere progressiva la materia death metal senza scadere nel puro tecnicismo, lasciando invece sfogare al meglio la componente melodica ed emotiva.
Tenendo anche conto che i due brani sono piuttosto lunghi, i Bedsore offrono questo quarto d’ora abbondante di ottima musica (con una produzione da “demo”, nel bene e nel male) che dovrebbe aprire le porte per una maggiore visibilità di un progetto il cui già elevato valore artistico fa presupporre sviluppi molto importanti per il futuro.

Tracklist:
1. At The Mountain Of Master
2. Brains On The Tarmac

Line-up:
JGP
SA

BEDSORE – Facebook

Bâ’a / Verfallen / Hyrgal – Bâ’a / Verfallen / Hyrgal

Un altro spilt album riuscito e ricco di numerosi spunti di interesse e non si può fare a meno di notare che la cosa sta diventando una piacevole abitudine, segno che le label coinvolte non si limitano solo ad assemblare in qualche modo band diverse puntando, invece, all’offerta di un prodotto che mantenga una propria impronta stilistica pur nella peculiarità delle singole realtà proposte.

L’etichetta Les Acteurs de l’Ombre Productions offre un ricco split album che ci presenta tre realtà francesi dedite al black metal, con due brani a testa per circa cinquanta minuti di ottima musica estrema.

Dei tre gruppi l’unico conosciuto fino ad oggi sono gli Hyrgal, dei quali abbiamo già parlato circa un anno fa in occasione del loro valido esordio su lunga distanza intitolato Serpentine, mentre sia i Bâ’a che i Verfallen sono, per quanto ci risulta, al primo passo discografico.
Veniamo quindi a Les terres de la terreur e La grande désillusion, le due tracce con le quali i Bâ’a (dei quali nulla è dato sapere) dimostrano di aver assimilato gli insegnamenti dei migliori interpreti del black metal più atmosferico e melodico, non esibendo in maniera marcata, va detto, quel marchio tipicamente transalpino che spesso rende il genere proveniente da quelle lande molto più ricercato e contorto: i Bâ’a viaggiano spediti con il loro stile ritmato ma al contempo arioso ed evocativo, rappresentando una piacevole sorpresa e ponendo basi davvero solide per il futuro.
Dei Verfallen si sa invece che si tratta del progetto solista del batterista degli Hyrgal Emanuel Zuccaro, il quale opportunamente si discosta dal sound della band di origine optando per uno stile ben più impetuoso e dalle sfumature epiche, piuttosto diretto e sicuramente efficace (molto bella soprattutto La valeur des ténèbres), anche se forse l’offerta di brani lunghi dieci minuti non sempre può rivelarsi una scelta ottimale visto il genere trattato.
Gli Hyrgal, infine, confermano con le due tracce a propria disposizione le buone impressioni destate nel recente passato, con il loro black più ricercato e cadenzato: in Césure l’oscuro sentire della band si sviluppa con tempi ragionati ed un flusso crescente e costante, ma è in Sicaire che il trio aquitano imprime con forza il marchio di un sound già importante, con una prima metà drammaticamente furiosa e di rara solidità che si stempera in un bel finale ambient dai rimandi a quell’ambientazione alpina che i nostri hanno già evocato efficacemente in Serpentine.
Ecco quindi un altro spilt album riuscito e ricco di numerosi spunti di interesse e non si può fare a meno di notare che la cosa sta diventando una piacevole abitudine, segno che le label coinvolte non si limitano solo ad assemblare in qualche modo band diverse puntando, invece, all’offerta di un prodotto che mantenga una propria impronta stilistica pur nella peculiarità delle singole realtà proposte.

Tracklist:
1. Bâ’a – Les terres de la terreur
2. Bâ’a – La grande désillusion
3. Verfallen – Derelictus
4. Verfallen – La valeur des ténèbres
5. Hyrgal – Césure
6. Hyrgal – Sicaire

Line-up:
Hyrgal
A.Q. Bass
F. C. Vocals, Guitars
Z.E. Drums, Vocals (backing)
Verfallen
Emmanuel Zuccaro All instruments

Malepeste/Dysylumn – Ce qui fut, ce qui est, ce qui sera

Ce qui fut, ce qui est, ce qui sera non solo mette in mostra due ottime band ma regala cinquanta minuti di materia estrema interpretata in maniera intensa e creativa, due attributi che rendono il lavoro degno della massima attenzione.

Nonostante gran parte della scena musicale metal attinga a piene mani dalla mitologia greca e romana, a mia memoria le tre Parche vennero tirate in ballo solo nella suite The Three Fates, facente parte dell’album d’esordio degli ELP.

Probabilmente nell’arco di quasi mezzo secolo qualcun altro molto meno noto dello storico trio, emblema del virtuosismo strumentale in ambito prog, avrà menzionato nei propri lavori queste inquietanti figure intente a gestire il filo dell’esistenza umana; di sicuro lo fanno, e molto bene, i Malepeste e i Dysylumn, due band francesi che uniscono le proprie forze in questo split album intitolato Ce qui fut, ce qui est, ce qui sera, sotto l’egida della Goathorned Productions.
Entrambe le band, provenienti da Lione, esibiscono un black metal inquieto ed obliquo, come da tradizione transalpina, ma molto meno sperimentale e dissonante rispetto a molti propri colleghi e connazionali.
I Malepeste conferiscono al loro sound un’aura piuttosto progressiva, tanto che l’elemento black appare molto meno accentuato a favore di un approccio atmosferico, pur se ammantato di una spessa coltre di oscurità; alla band, che si rifà sentire dopo un ottimo full length come Deliquescent Exaltation risalente al 2015, tocca il compito di descrivere Clotho, Lachesis ed Atropos, ovvero quelle che nella mitologia greca venivano definite le Moire, e in poco meno di venti minuti viene offerta un’interpretazione convincente, profonda e ricca di variazioni e sfumature, dal taglio molto evocativo (specialmente in Atropos) e pregevole anche da punto di vista tecnico, a conferma delle qualità esibite nel recente passato.
I Dysylumn sono invece freschi reduci di un full length come Occultation, molto ben accolto dalla critica, ed il perché lo si capisce dopo pochi secondi del loro primo brano Nona (che assieme a Decima e Morta erano invece le tre Parche secondo la tradizione dell’antica Roma), una dimostrazione di forza magnifica in virtù di un sound trascinante, più riconducibile al black metal rispetto ai Malepeste a livello di ritmiche ma non meno ricco di spunti memorabili; le altre due tracce dedicate alle temibili figure femminili mantengono comunque un’impronta incalzante sulla quale incombono il growl ed il notevole lavoro chitarristico di Sébastien Besson.
L’inquietante Epilogue, con il suo testo recitato al contrario, rappresenta idealmente il riavvolgimento del filo dell’esistenza, chiudendo uno split album che smentisce una volta di più chiunque ritenga che tali operazioni siano trascurabili o ancor peggio superflue.
Ce qui fut, ce qui est, ce qui sera non solo mette in mostra due ottime band ma regala cinquanta minuti di materia estrema interpretata in maniera intensa e creativa, due attributi che rendono il lavoro degno della massima attenzione.

Tracklist:
1. Malepeste – I – Prologue
2. Malepeste – II – Clotho
3. Malepeste – III – Lachésis
4. Malepeste – IV – Atropos
5. Dysylumn – V – Nona
6. Dysylumn – VI – Decima
7. Dysylumn – VII – Morta
8. Dysylumn – VIII – Épilogue

Line-up:
Malepeste
Nostradamus – Bass
Flexor – Drums
Xahaal – Guitars
Larsen – Vocals

Dysylumn
Camille Olivier Faure-Brac – Drums
Sébastien Besson – Guitars, Vocals

MALEPESTE – Facebook

DYSYLUMN – Facebook

BLACK FUNERAL – THE DUST AND DARKNESS

Prodotto dalla gloriosa ed attivissima Iron Bonehead, The Dust And The Darkness contiene 4 tracce di pura acherontea malvagità.

L’amore spassionato per occultismo, satanismo (più precisamente per il “Luciferianismo”) e vampirismo, costituisce l’anima di tutta la produzione del leader del duo di Houston.

Baron Drakkonian Abaddon (alias Michael W. Ford), voce, basso ed effetti del combo, è un appassionato delle scienze occulte e di tutto ciò che graviti intorno al Satanismo e all’Esoterismo più arcano e imperscrutabile. Un Aleister Crowley dei giorni nostri, autore di numerosi libri sull’argomento e proprietario della Luciefrian Apotheca (www.luciferianapotheca.com – negozio online adatto a chiunque si voglia sbizzarrire nell’acquistare testi esoterici, oggetti satanici, incensi, erbe misteriose e così via, ed organizzarsi un Sabba casalingo), non poteva che essere contemporaneamente il front-man di numerose famose band Black Metal americane (Darkness Enshroud, Empire Of Blood e i concittadini Valefor per citarne alcune). In tutte le sue produzioni, le tematiche sopra citate, costituiscono il leitmotiv, il motivo conduttore di tutta la sua attività da strumentista, attiva da oramai 25 anni. Tutta la sua vita risulta imperniata dal tenebroso interesse per le pratiche di magia nera che, negli anni, ne hanno influenzato anche la vita privata. Sposato inizialmente con quella che viene definita un “primeva strega” dei giorni nostri, la medium Lux Ferro (alias Elda Isela Ford), scrittrice di libri esoterici e compositrice per alcune band dedite ad arcane sonorità rituali (tra cui i dark dance Psychonaut 75), Mr. Ford dedicherà la maggior parte dei suoi sforzi e delle sue attenzioni al progetto Black Funeral, oggetto di questa recensione, di cui la moglie ne è stata – seppur per un breve periodo – anche cantante.
Coadiuvato da Mr. Azgorh Drakenhof, polistrumentista australiano già proprietario dell’etichetta Dark Adversary Productions, ma soprattutto leader incontrastato della one-man band Drowning the Light, la più famosa (e prolifica) band della terra dei canguri, Abaddon ci dona questo ep ricco di nere atmosfere, occulte ambientazioni e malvagie auree, che farà sicuramente la gioia di dei fan più legati al Black Ambient più nero e tetro, ottimamente arricchito di empi rimandi ritualistici, sprigionanti nere icore direttamente provenienti dai più oscuri antri dell’Inferno.
Prodotto dalla gloriosa ed attivissima Iron Bonehead, contiene 4 tracce di pura acherontea malvagità. Dankuis Daganzipas (dalla lingua Ittita -Dark Earth) è un elogio rituale alle malvagie divinità dell’antico e misterioso popolo dell’Anatolia. Intro tribale per Alanni Goddess of the Underworld, un pezzo che si dipana su 3 minuti e mezzo circa di classico cupo Black Metal in pieno stile old school scandinavo. Versi infernali che presumibilmente gorgogliano blasfemie, annunciano l’ingresso di Chemosh of the Dust and Darkness: un elogio al Dio dei Moabiti, popolazione vissuta circa tremila anni fa sulle rive del Mar Morto, più precisamente sull’attuale altopiano del Kerak. Oscuro Dio della distruzione, a cui venivano dedicati sacrifici umani, viene qui idolatrato grazie ad un Black veloce, senza particolari fronzoli e senza nessuna tregua; un suono corvino come l’animo della divinità stessa, spesso etichettata come “abominio di Moab”, che non lascia dubbi sulla sua antica empia malvagità. Sfumature classiche in Mistress of the Pit, vero cantico consacrato ad una non ben definita nera regina dell’Abisso. Nulla a che vedere con il Black Metal nel senso stretto del termine. Cupe armonie cullate da un sapiente uso dei sinth, ne fanno un pezzo di ottimo Dark Ambient che ci strugge di malinconia e instilla nei più sensibili, desideri di abbandono all’eterno sonno, avvolti dal crepuscolo.
Un mini album di buona fattura che potrà accendere la curiosità di chi prima non si è mai accostato al sound del combo americano. Black ed Ambient in una cagliostrica miscela che appassionerà tanti, e che forse li condurrà alla scoperta della loro intera produzione (9 full-length e svariate produzioni minori).

Tracklist
1. Dankuis Daganzipas (Dark Earth)
2. Alanni Goddess of the Underworld
3. Chemosh of the Dust and Darkness
4. Mistress of the Pit

Line-up
Baron Drakkonian Abaddon (Michael Ford Nachttoter) – Vocals, Bass, Electronics
Azgorh Drakenhof – Guitars, Bass, Keyboards

BLACK FUNERAL – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=5SDv0JFqqUo

Erasy – Under The Moonlight

Un buon lavoro minore, se così si può considerare questo 7″ che riesce a convincere più di tanti full length ascoltati di recente: quindi se amate Black Sabbath e Crowbar in egual misura, Under The Moonlight è assolutamente consigliato.

Un lento marciare prima di arrivare in una terra arsa dal sole e dalle fiamme che si propagano, mentre il magma si avvicina disintegrando qualsiasi cosa al suo passaggio.

Solo a tratti l’urgenza rabbiosa di chi prova a mettersi in salvo risveglia istinti di sopravvivenza, mentre accelerazioni e mid tempo scandiscono i passaggi di questo monolitico doom/sludge intitolato Under The Moonlight.
Loro sono i brasiliani Erasy, quartetto attivo dal 2012 con un full length alle spalle intitolato The Valley Of Dying Stars, una devastante macchina doom metal, impressionante per potenza e rabbiosa attitudine estrema, con un sound che alterna lenti movimenti che si avvolgono tra loro come enormi serpenti in una grottesca danza, per poi trasformarsi in mid tempo di una pesantezza disarmante.
Compongono questo 7″ rigorosamente in vinile due brani, la title track e The Deal, che si muovono sulle stesse imperturbabili coordinate, formando una jam compatta.
Lo scream rabbioso completa il quadro estremo del sound degli Erasy, e soltanto gli assoli lasciano filtrare dal muro sonoro innalzato dal gruppo brasiliano luci melodiche all’interno dell’oscura e malata atmosfera dell’opera.
Un buon lavoro minore, se così si può considerare questo 7″ che riesce a convincere più di tanti full length ascoltati di recente: quindi se amate Black Sabbath e Crowbar in egual misura, Under The Moonlight è assolutamente consigliato.

Tracklist
1. Under The Moonlight
2. The Deal

Line-up
Joilson Santos – Bass
Lèo Carvalho – Guitars
Vurmun – Drums
Luciano Penelu – Vocals

ERASY – Facebook

Ur Tid – Toward Dark Endless

La prima prova targata Ur Tid si rivela senza dubbio positiva, in quanto regala quasi mezz’ora di musica godibile, anche se indubbiamente il prossimo step per Sjöblom dovrà necessariamente essere quello di donare al proprio sound una pizzico di peculiarità in più.

Altro giro altro progetto solista di un musicista alle prese con la propria interpretazione del black death metal.

Questa volta è il turno dello svedese Johann Sjöblom (membro dei validi In My Embrace) che con il marchio Ur Tid propone l’ep d’esordio intitolato Toward Dark Endless.
Siamo ovviamente nell’ordine dello stile ampiamente consolidato all’interno della scena scandinava, quindi troviamo ritmiche incalzanti, un gran gusto melodico ed una padronanza del genere che consente a Sjöblom di offrire sei brani interessanti nonostante si muova all’interno di un solco ampiamente sfruttato.
Il black death che troviamo in Toward Dark Endless possiede una venatura folk che ne favorisce la fruizione senza farne smarrire la connotazione estrema: il risultato è più che soddisfacente, con il picco rinvenibile in un bellissimo brano come Skuggfolket, trascinante ed incisivo, in linea con l’operato delle migliori band nordiche del settore.
La prima prova targata Ur Tid si rivela senza dubbio positiva, in quanto regala quasi mezz’ora di musica godibile, anche se indubbiamente il prossimo step per Sjöblom dovrà necessariamente essere quello di donare al proprio sound una pizzico di peculiarità in più, per evitare di finire nell’ampio calderone nel quale confluiscono realtà valide ma prive di quel quid in grado di farle emergere.

Tracklist:
1.Towards Dark Endless
2.Into Oblivion
3.A World In Darkness
4.Skuggfolket
5.Ur Tid
6.The Preacher And The Prophet

Line-up:
Johann Sjoblom

UR TID – Facebook

Xiba – Xiba

Il risultato finale è una mezz’ora circa di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.

Esordio per gli spagnoli Xiba con questo ep all’insegna di uno stoner essenziale e ficcante .

La band galiziana esplora il genere con un’attitudine più hardcore/punk che non psichedelica, e in questo tipo di approccio anche l’uso della lingua madre finisce per avere il suo peso.
Il risultato finale è una mezz’ora circa (inclusa una bonus track) di musica piuttosto trascinante, capace di entrare velocemente in circolo in virtù di un approccio diretto e grintoso, che fa presagire un impatto notevole anche in sede live.
Pur senza mostrare niente di nuovo, questo lavoro autointitolato dei Xiba lascia buone sensazioni, con i primi 3 brani (Lugh, Lua Negra e Nocturnio) più aderenti ai dettami dello stoner ed i restanti (Escravo, Vinganza e Kalaikios) che presentano sfumature maggiormente orientate a sonorità estreme, le quali evidentemente paiono far parte del background del gruppo.
Un primo passo incisivo e convincente , quindi, per questa nuova realtà iberica, in attesa di ulteriori conferme su minutaggi più consistenti.

Tracklist:
1. Lugh
2. Lua Negra
3. Nocturnio
4. Escravo
5. Vinganza
6. Kalaikios (bonus track)

Line-up:
Gabi – Bass, Vocals (backing)
Xaco – Drums
Ivi – Guitars, Vocals (backing)
Ioni – Guitars, Vocals (backing)
Hervy – Vocals (lead)

XIBA – Facebook

Nott – Vestigium Mortis

Chi vuole ascoltare una testimonianza tangibile della quintessenza del black metal, in una forma però dalle sonorità ben fruibili e non inutilmente inintelligibili, troverà nell’offerta di Nott quanto di meglio venga proposto oggi all’interno dei nostri confini.

Il dibattito tra chi ritiene che la fedeltà agli stilemi stilistici di un genere sia un segno di immobilismo compositivo e chi, al contrario, ne apprezza la pervicacia, la competenza e soprattutto la coerenza, è destinato a non avere mai fine.

Credo che come la si pensi da queste parti sia già stato espresso più volte, ma è bene ribadire il concetto: sempre meglio un lavoro sincero, genuino e coinvolgente, per quanto privo di novità, piuttosto che un’esibizione di sperimentalismo fine a sé stesso, e se ciò vale per tutti i generi, figuriamoci quando si tratta di black metal.
Tale preambolo è doveroso allorché ci si imbatte nell’operato di un progetto come quello del musicista lombardo Mortifero, da diversi anni attivo sulla scena, in particolare nell’ultimo decennio con opere di indubbio spessore che hanno consentito al nome Nott di ritagliarsi un’aura prossima a quella di culto.
Un riconoscimento, questo, tutt’altro che usurpato, a maggior ragione alla luce di quanto viene offerto con il nuovo ep intitolato Vestigium Mortis, all’interno del quale si può trovare il black nella sua essenza primigenia, anche se, nonostante le note di accompagnamento possano indurre a pensare ad un’interpretazione minimale, in realtà il sound si rivela molto più ricco e composito di quanto venga dichiarato.
La registrazione, infatti, appare decisamente all’altezza della situazione ed i brani, quasi tutti di durata abbastanza contenuta, sono sì violente sferzate alle quali non viene però mai meno un’efficace tessitura melodica da parte della chitarra, capace di rendere irresistibili, per esempio, tracce come Profaner o Heretical Justice, che si muovono su territori contigui agli Arckanum ma connotati da uno screaming meno stridulo e più profondo.
Si percepisce del resto, in maniera immediata, quanto questo musicista sia esperto e competente, in una misura tale da rendere il suo operato inattaccabile a tutti i livelli e da qualsiasi prospettiva lo si voglia osservare: chi vuole ascoltare una testimonianza tangibile della quintessenza del black metal, in una forma però dalle sonorità ben fruibili e non inutilmente inintelligibili, troverà nell’offerta di Nott quanto di meglio venga proposto oggi all’interno dei nostri confini.

Tracklist:
1. Incipit
2. Lifeless Will
3. Necro Life
4. Profaner
5. Black Cult
6. Heretical Justice
7. Explicit

Line-up:
Mortifero – Everything

NOTT – Facebook

Rough Grind – Trouble Or Nothing

Ep di rodaggio, da parte dei Rough Grind, con quattro brani piacevoli e dalle buone melodie: ci aspettiamo un altro passo avanti fin dal prossimo lavoro.

Debutto per i Rough Grind, band finlandese proveniente da Jyvaskla che, con questi quattro brani, entra nel mondo del mercato discografico di buon passo.

Le porte si aprono al cospetto dell’opener Gilded Cage, brano di hard rock melanconico e dalle melodie tastieristiche di scuola aor, ma già dalla successiva e roboante Leap Of Faith i richiami a certo alternative rock moderno e di scuola statunitense si fanno più incisivi.
Diciamolo subito, urge un cantante: il buon Sami è ruvido il giusto nei momenti in cui la band attacca la spina e suona graffiante e massiccia, ma cede il passo e risulta forzato nei chorus melodici (Bulletproof).
Siamo arrivati in un attimo alla conclusiva Hereafter, semi ballad in crescendo che conclude Trouble Or Nothing, ep che porta con sé molti pregi, con un sound composto da un piacevole mix di hard rock americano (Alice In Chains), atmosfere dal piglio dark romantico ed una variante melodica dei Poisonblack, e qualche difetto da correggere in corso d’opera.
Un ep di rodaggio, quindi, da parte dei Rough Grind, con quattro brani piacevoli e dalle buone melodie: ci aspettiamo un altro passo avanti fin dal prossimo lavoro.

Tracklist
1.Gilded Cage
2.Leap Of faith
3.Bulletproof
4.Hereafter

Line-up
Sami – Vocals, And Guitars
Ville – Guitars
Ari – Bass
Killi – Drums

ROUGH GRIND – Facebook

Injury – Wreckage

Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Nuovo ep per i thrashers emiliani Injury (freschi di firma per Volcano Records) sempre all’insegna di un sound diretto, veloce e hardcore style.

La band attiva da una decina d’anni, torna dunque con questo nuovo lavoro composto da cinque diretti in pieno volto intitolato Wreckage, dopo due full length (Unleash the Violence e Dominhate) ed un primo ep licenziato nell’ormai lontano 2010.
Il quartetto non concede alternative, parte sparato per non fermarsi più, ed anche questo lavoro lo vede impegnato in brani violenti e veloci definibili di matrice thrash statunitense ma in versione accelerata.
Wreckage è estremo ed assolutamente senza compromessi, con bolidi sparati verso muri dove si infrangono senza freni: questo risultano i brani che da The Brand Of Hate in poi non lasciano respirare l’ascoltatore, travolto dalla bufera musicale di Under The Sign Of Devastation o Fueled By Rage.
Come accennato Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Tracklist
1.The Brand Of Hate
2.Under The Sign Of Devastation
3.Fueled By Rage
4.Endless Decay
5.I Don’t Belong

Line-up
Alle – Vocals
Mibbe – Bass, Backing Vocals
Pollo – Drums
Simon – Lead / Rhythm Guitar

INJURY – Facebook

Voidhaven – Voidhaven

Questa prima uscita dei Voidhaven ci regala una nuova band con i cromosomi doom al collocati al posto giusto per offrirci, nel prossimo futuro, un’interpretazione del genere qualitativamente all’altezza di questo graditissimo primo assaggio.

Prima uscita omonima con questo ep per i tedeschi Voidhaven, band che annovera tra le sue fila due membri degli Ophis (Simon Schorneck e Philipp Kruppa)

Con tali premesse, unite al fatto che poi gran parte della band ha un passato anche nei Crimson Swan, nome meno noto ma pur sempre gravitante nella cerchia del doom, il sound offerto è ovviamente ben orientato verso una direzione malinconica seppure piuttosto melodica, grazie anche al ricorso consistente alle clean vocals.

I due brani in scaletta, che si attestano attorno ai dieci minuti di durata, si rivelano sufficientemente probanti riguardo alle potenzialità di questa nuova band, e non è certo un caso se la Solitude se ne è già assicurata le prestazioni.
I Voidhaven raggiungono un ideale equilibrio tra il funeral melodico degli Ophis ed il gothic doom dei Crimson Swan, andandosi ad attestare su territori contigui a Swallow The Sun ed Evadne, in virtù di un sound per lo più dolente ed atmosferico, sporcato solo di tanto in tanto da qualche ruvidezza rappresentata da riff più robusti e dall’uso del growl.
Troviamo così una The Floating Grave nel complesso più suadente mentre, a seguire, Beyond the Bounds of Sleep mostra tratti più drammatici, anche se il cantato pulito normalmente si snoda come avviene nelle band citate, andando a coincidere con i passaggi più intensi dal punto di vista emotivo.
Ne consegue che questa prima uscita dei Voidhaven ci regala una nuova band con i cromosomi doom al collocati al posto giusto per offrirci, nel prossimo futuro, un’interpretazione del genere qualitativamente all’altezza di questo graditissimo primo assaggio.

Tracklist:
1. The Floating Grave
2. Beyond the Bounds of Sleep

Line-up:
Jakob Bass, Vocals (backing)
Martin Drums
Marcos Lege Keyboards
Simon Schorneck Guitars, Vocals
Phil Guitars

VOIDHAVEN – Facebook

SKÁLD – Ep

Un lavoro molto interessante e piacevole, che ha il notevole pregio di farci ascoltare una musica che viene direttamente da un altro tempo ,e che come tutte le musiche antiche va ben oltre il significato che diamo attualmente alla musica.

Nuovo progetto francese di riscoperta filologica della musica degli skald, i cantastorie vichinghi che tramandavano le gesta dei figli di Odino.

Ultimamente i vichinghi sono molto di moda (anche se la cosa sta scemando), soprattutto per il telefilm Vikings che narra in maniera storicamente raccapricciante le gesta di una delle prime ondate di invasioni in Europa ed oltre. Gli Skaldscandinavi erano figure che incrociavano musica, magia e tanto altro, simili ma differenti rispetto ai bardi, e ci sono giunte a noi un pugno di testimonianze realmente chiarificatrici. Una di esse, la più conosciuta a livello mondiale, è l’Edda in prosa, raccolta dell’islandese Snorri Sturluson, e ancora meno sono le pagine sulla musica degli Skald. Non si sa molto, ma è fuori di dubbio che le loro musiche grazie a ritmi serrati e con particolari modulazioni canore gutturali e non, inducevano il pubblico alla trance, poiché la società vichinga ricercava molto l’esperienza fuori da sè stessi, anche con l’uso di funghi allucinogeni e non solo nel caso dei guerrieri berserk. In questo lavoro edito da Decca, la famosa major di musica classica, troviamo questo trio di cantori specializzato in canto Skald, accompagnati da musicisti che suonano strumenti che si rifanno a quell’epoca. La ricerca filologica è notevole, ed è la caratteristica più importante del disco, dato che tutto viene ricostruito nei minimi dettagli, e non è un’operazione fatta con approssimazione o faciloneria. In questi tre pezzi dell’ep abbiamo un assaggio del disco che uscirà il prossimo novembre, e che sarà un’opera molto coinvolgente e straniante rispetto alla musica moderna che siamo abituati ad ascoltare. La bravura dei tre cantori è pari alla loro preparazione specifica, e anche la parte musicale è notevole. I testi in islandese antico si rifanno alla Völuspá e al Gylfaginning, due parti della Edda. I tre brani sono un qualcosa di molto interessante, che fanno capire quale sarà la cifra stilistica del lavoro, la produzione è assai accurata, ed infatti su di loro puntano sia la Decca Records e la Universal, e non è un investimento da poco, visto anche i tre video che hanno tratto dall’ep. Un lavoro molto interessante e piacevole, che ha il notevole pregio di farci ascoltare una musica che viene direttamente da un altro tempo ,e che come tutte le musiche antiche va ben oltre il significato che diamo attualmente alla musica.

Tracklist
1. Gleipnir
2. Ódinn
3. Rún

Line-up
Justine Galmiche
Pierrick Valence
Mattjö Haussy

SKALD – Facebook

Marrasmieli – Marrasmieli

Buona la prima, quindi, per competenza, intensità ed impatto, anche se il giudizio nei confronti dei Marrasmieli resta inevitabilmente sospeso in attesa di un’uscita più probante a livello quantitativo.

Il fatto che ci si occupi della prima uscita dei Marrasmieli, nonostante si tratti di un singolo, è motivato da due aspetti fondamentali, ovvero la lunghezza complessiva del lavoro che raggiunge i venti minuti, durata buona anche per un ep, oltre al fatto che l’etichetta che ne cura l’uscita è la Naturmacht, quanto basta perché il tutto sia meritevole d’attenzione.

Ce ne sarebbe in realtà un terzo, ma quello lo si può scoprire solo a posteriori, cioè la bontà oggettiva dell’operato di questo trio finlandese, capace di disimpegnarsi abilmente con un pagan black ricco di buon gusto melodico e compositivo.
La traccia autointitolata presenta in maniera esemplare questi aspetti , senza accentuare certi elementi folk che si palesano invece nella più lunga e diretta What Nature Fears, nella quale i nostri sconfinano a tratti nei territori di competenza dei Finntroll, anche se si percepisce sempre un’impronta più marcatamente estrema rispetto ai profeti dell’’humppa metal.
Buona la prima, quindi, per competenza, intensità ed impatto, anche se il giudizio nei confronti dei Marrasmieli resta inevitabilmente sospeso in attesa di un’uscita più probante a livello quantitativo.

Tracklist:
1. Marrasmieli
2. What Nature Fears

Line-up:
Nattvind – vocals & drums
Zannibal – guitars
Maelgor – bass

MARRASMIELI – Facebook

Switchblade Jesus/Fuzz Evil – Second Coming Of Evil: Chapter 7

Second Coming Of Evil: Chapter 7 risulta è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda lo stoner/sludge, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se siete amanti di queste sonorità

Uscito qualche tempo fa, questo split, come suggerisce il titolo, è il settimo capitolo dell’interessante iniziativa della Ripple Music, che consiste nel portare in superficie ottime band underground con questo tipo di uscite curate nei minimi dettagli.

Il settimo sigillo della label presenta due notevoli band statunitensi, i pesantissimi texani Switchblade Jesus e gli heavy/rocker dell’Arizona Fuzz Evil.
Il trio proveniente dal Texas risulta attivo dal 2010, con il debutto omonimo risalente al 2013: i tre brani presenti in questo split risultano altrettante mazzate heavy/stoner/sludge rock, attraversate da un’aura psichedelica ed un’attitudine vintage che ci riporta negli anni settanta.
Snake And Lion è un brano hard rock che si muove tra pesantezza sludge, blues acido e psych rock travolgente, mentre la seguente Wet Lungs, si apre con un cameo country per poi lasciare spazio ad un riff in crescendo, monolitico e cadenzato.
Heavy Is The Mountain è un perdersi nel deserto affrontando il caldo letale, un trip psichedelico, un incubo stoner/sludge rock che lascia spazio al rock’nroll dei Fuzz Evil.
Altro trio, la band proveniente dall’Arizona mostra un impatto più rock, con uno stoner desert urgente e diretto dal quale scaturiscono quattro scariche di adrenalina dalle quale fanno capolino gli Stooges.
Anche per i Fuzz Evil il mood è settantiano, grazie ad un rock vintage drogato da iniezioni letali di stoner rock che unisce in una jam psychedelica Stooges e Kyuss: una manciata di tracce per convincere l’ascoltatore travolto dalla forza dei loro colleghi texani ed ora ringalluzzito dall’onda desert rock’n’roll di Better Off Alon, Grave And Cupids, If You Know e la più marcia e strippata Flighty Woman.
Second Coming Of Evil: Chapter 7 è uno degli split più interessanti degli ultimi tempi, almeno per quanto riguarda il genere, presentando una coppia di band assolutamente da non perdere se si è amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.(Switchblade Jesus) Snakes And Lions
2.(Switchblade Jesus) Wet Lungs
3.(Switchblade Jesus) Heavy Is The Mountain
4.(Fuzz Evil) Better Off Alone
5.(Fuzz Evil) Grave And Cupids
6.(Fuzz Evil) If You Know
7.(Fuzz Evil) Flighty Woman

Line-up
Switchblade Jesus :
Jon Elizondo – Drums
Eric Calvert – Guitars
Chris Black – Bass

Fuzz Evil :
Wayne Rudell – Vocals, Guitars
Joseph Rudell – Vocals, Bass
Orgo Martinez – Drums

SWITCHBLADE JESUS – Facebook

Hierophant – Spawned Abortions

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata

I deathsters romagnoli Hierophant sono rimasti in tre, ma la devastante carica estrema e maligna che li ha sempre contraddistinti è rimasta immutata.

La band, torna con questo 7” in cui troviamo nel lato A l’inedito Spawned Abortions, che conferma la proposta assolutamente sopra le righe dei ravennati, e nel lato B la cover del classico Realm Of Chaos dei leggendari Bolt Thrower.
Il death metal feroce e carico di malata attitudine hardcore ci investe in tutta la sua furia in Spawned Abortions, nuovo massacro sonoro di scuola Hierophant all’insegna del, caos primordiale, un attacco frontale che si trasforma in una mattanza quando le note della storica Realm Of Chaos, tornano a dispensare morte e sofferenza.
Lorenzo Gulminelli (voce e chitarra), Ben Tellarini (batteria) ed il nuovo arrivato Fabio Carretti (basso e voce) sono le figure che stanno dietro questo mostro sonoro chiamato Hierophant, una delle realtà più convincenti dell’ottima scena death metal tricolore.

Tracklist
1.Spawned Abortions
2.Realm Of Chaos

Line-up
Lorenzo Gulminelli – Vocals/Guitar
Ben Tellarini – Drums
Fabio Carretti – Bass/Vocals

HIEROPHANT – Facebook

MINERVIUM – ETERNO E OMEGA

Buon ep d’esordio per questo combo black metal di Catanzaro. Un primo passo, sicuramente non falso, che molto ci racconta delle espressioni tipiche del genere mediterraneo, sia per liriche e tematiche proposte, che per linguaggio e manifestazione musicale

Quando si parla di black metal immediatamente si pensa a satanismo, anticristianesimo, occultismo o a tematiche (spesso molto care ad un certo black francese) più legate a stati d’animo umani connessi con la depressione, la disforia, la grigia malinconia e frequentemente anche misoginia, odio, avversione nei confronti di tutto e tutti (il cosiddetto “Anti”).

Ma quando ci si appropinqua a band provenienti dalla Grecia e, appunto, dalla nostra penisola, si può spesso incappare in produzioni fortemente influenzate dall’antichità classica (Magna Grecia ed Impero Romano).
I Minervium – già il nome ci riconduce immediatamente ad una precisa fase storica del nostro Paese – non fanno eccezione.
La Colonia Minervia, o più semplicemente Minervium, fu un territorio romano (inizialmente conosciuto come Solacium, città del letterato Cassiodoro – siamo circa cent’anni prima di Cristo) sito proprio sulla costa ionica, poco più a sud di Catanzaro, città natale della band, composta da Vulr (voce, all’anagrafe Kristian Barrese), Antonius Pan (chitarra), Angelo Bilotta (batteria) e Gianluca Molè (basso).
Apprezzando indubbiamente il loro attaccamento alla propria terra natia, ammiriamo volentieri il black metal da loro proposto – cantato in italiano – sicuramente di ottima fattura. Il combo, esplicitamente influenzato da quella che io definisco “fascia mediterranea” (Portogallo, Grecia e ovviamente Italia su tutte), esordisce con questo ep di 5 tracks, uscito oggi in formato digitale, ma previsto su cd il prossimo gennaio per l’attivissima russa Narcoleptica Productions (già label di band quali Darkestrah, Ritual americani e di altre 50 bands circa).
Dopo l’intro Il canto del mare (un melodico arpeggio, cullato dal leggiadro suono di onde che si infrangono sulla battigia), la prima vera track Invocando il passato, mostra fin da principio, quanto i nostri abbiano a cuore miscelare ad uno dei più classici black metal, viete atmosfere, momenti di secolare doom e nostalgiche malinconie di un antico nostro passato che fu. Anche le successive due canzoni (Cenere e la title track) paiono impregnate di vetusto passato, dove l’Antico ne imbeve ogni singola nota. Interitus (dal latino = annientamento) , ultimo breve momento strumentale di veloce black, più che categorico annullamento, a chiusura definitiva, ci appare come un nuovo inizio, un trait d’union con la prossima produzione, quasi che fosse l’attacco iniziale della prima track di un imminente probabile futuro album.
Non manca nulla: tremolo, scream, blast beat, up-tempo e mid-tempo, sapientemente alternati, armonicamente amalgamati, e soprattutto ben bilanciati, per non indurre mai l’ascoltatore, né alla noia e al sonno indotti dalla ripetitività dei tempi cadenzati, né alla schizofrenica monotonia delle hyper velocità fini a se stesse. Sonnamboliche atmosfere contornano tutto l’album, e il cantato in italiano clean spesso rende il tutto ancor più arcaico, d’un fascino remoto.
L’ascolto è piacevole, le sonorità sono limpide e la definizione musicale dei singoli strumenti ripone indubbiamente a loro favore. Una produzione all’altezza, ci permette inoltre di apprezzare le buone capacità tecniche dei ragazzi di Catanzaro. Ovvio, non siamo di fronte all’album che sconvolgerà le masse (è comunque un mini-album di esordio, ricordiamolo), ma sicuramente arricchisce la nostra scena, e propone una “new entry” che potrà dire la sua, in un futuro prossimo, in un scena, quella del black nostrano, sempre più imperiosamente ai vertici mondiali del genere.
In attesa di un full-length, ci godiamo appieno il nuovo arrivato, ma che profuma di antichi aromi e di primeve fragranze musicali.

Tracklist
1. Il canto del mare
2. Invocando il passato
3. Cenere
4. Eterno e omega
5. Interitus

Line-up
Gianluca M. – Bass
Angelo B. – Drums
Antonius Pan – Guitars
Vulr – Vocals

MINERVIUM – Facebook

?Alos – The Chaos Awakening

Questo lavoro è l’esatto contrario di linearità, si avvicina per sommi capi a qualcosa che possiamo chiamare dark ambient, ci sono loop e droni ma tutto ciò è davvero oltre la musica, è come entrare in una foresta di notte in acido.

Venti minuti di un antico rituale messo in musica, suggestioni, rumori e suoni che provengono da un’altra dimensione, da un tempo nel quale l’umanità aveva una composizione fisica che si legava direttamente agli elementi naturali e non al silicio o ad una scheda madre.

?Alos è una sciamana che opera e ha operato con OvO e con Allun, e ora sta continuando la sua avventura solista. Parlare di musica è davvero superfluo in questo caso perché si va molto oltre essa, si entra in un portale dove tutto è ciò che sembra solo se si decide di essere altro da sé, come ?Alos, che ha registrato questa performance dal vivo a Valico Terminus a Ramiseto, un’azienda agricola e casa rurale per artisti sita in un crocevia fra Emilia Romagna e Toscana, dove si incontrano molte forze, come ci insegnavano gli antichi.
?Alos dopo aver trattato la Terra e L’Aria, passa ora a descrivere l’Acqua ed il Fuoco, con questa traccia unica che esplora molti tipi di femminino diversi, perché la storia dell’uomo, e soprattutto della donna, non è andata come ce la raccontano, è molto più complessa e conflittuale, e molto probabilmente non la conosceremo mai. Il titolo The Chaos Awakening dice già moltissimo sulla struttura e sulle intenzioni di Stefania Pedretti, perché pur senza adorare il caos lo descrive come unica via possibile di vita, partendo dalla profonda convinzione che non siamo affatto perfetti, ma che dobbiamo saper rapportarci a forze molto più grandi di noi e che abbiamo lasciato sopite per troppo tempo, convinti che la conoscenza scientifica lo avrebbe fatto fuggire. Questo lavoro è l’esatto contrario di linearità, si avvicina per sommi capi a qualcosa che possiamo chiamare dark ambient, ci sono loop e droni ma tutto ciò è davvero oltre la musica, è come entrare in una foresta di notte in acido. L’ultimo disco di ?Alos è fortemente catartico perché risveglia qualcosa dentro di noi che è dormiente ma che è innato, e che è stato spezzato da questa supposta superiorità del moderno rispetto all’antico visto e vissuto come un’epoca oscura e disagiata, mentre il domani non è quasi mai esistito per l’uomo; la Signorina Alos è qui per ricordarci che siamo come sopra è sotto, e che il caos è sempre in agguato.

Tracklist
1. The Chaos Awakening

Line-up
?Alos – Vocals, flute, modular synthesizer,
The Chaos Scepter, bells and other vietnamese instruments –

?ALOS – Facebook

Vulgar Speech – Is This Vulgar?

Is This Vulgar? mostra un sound ancora in divenire ma che potrebbe regalare soddisfazioni, perché sicuramente non manca di impatto e di una buona dose di groove, esattamente quanto serve oggi per entrare nel cuore degli ascoltatori.

I Vulgar Speech sono un gruppo di giovani rockers provenienti da Pordenone, attivi dal 2012 come quartetto e diventati in seguito un affiatato trio.

Questo ep intitolato Is This Vulgar? è uscito in realtà tre anni fa, e ci presenta una band che all’hard & heavy classico aggiunge sfumature thrash/groove metal ed abbondanti dosi di stoner .
Il risultato è tutto in questo ep che lascia parlare la musica, specialmente nell’opener W.A.R., sorta di intro che sfocia nella prima lunga traccia, la stoner metal Scarred, brano ispirato alla scena americana degli anni novanta e appesantito da dosi letali di thrash metal che richiama i Metallica, così come avviene nella notevole Fight Your Demons, traccia oscura che ispira jam desertiche chiamando in causa anche Alice In Chains e Kyuss.
Si cambia registro con We Innovate Healthcare, dove Riccardo Cauduro (voce e chitarra), Mirko Martinello (basso) e Fabio Cauduro (batteria) si trasformano in una hard rock band ad inizio brano, per poi violentarlo con potenti ripartenze thrash.
In conclusione, Is This Vulgar? mostra un sound ancora in divenire ma che potrebbe regalare soddisfazioni, perché sicuramente non manca di impatto e di una buona dose di groove, esattamente quanto serve oggi per entrare nel cuore degli ascoltatori.

Tracklist
1. W.A.R.
2. Scarred
3. Fight Your Demons
4. We Innovate Healthcare
5. Can U Really..?

Line-up
Riccardo Cauduro – Vocals, Guitars
Mirko Martinello – Bass
Fabio Cauduro – Drums

VULGAR SPEECH – Facebook