Soundscapism Inc. – Desolate Angels

Tra ambient e post rock, il disco dei Soundscapism Inc. si snoda apparentemente lieve e e delicato, entrando però subdolamente sotto pelle dopo qualche ascolto

Secondo lavoro targato Soundscapism Inc., attuale progetto di Bruno A., noto por il suo operato nel recente passato con gli ottimi Vertigo Steps

Chiusa, pare definitivamente, l’avventura in coppia con il vocalist finlandese Niko Mankinen, il musicista lusitano prosegue quindi sulla strada tracciata con l’album d‘esordio, all’insegna di un sound intimista e quasi del tutto scevro di pulsioni rock, in ossequio ad un monicker che rappresenta una chiara manifestazione di intenti.
Desolate Angels è una raccolta di brani per lo più carezzevoli, intrisi di una malinconia contemplativa, che solo di rado subisce qualche strappo, come avviene per esempio in Supernovas After Fever Pitch, canzone molto bella ed orecchiabile (accompagnata da un video) della quale però non condivido la scelta di filtrare la voce di Flavio Silva.
Proprio il cantante dei Left Sun presta la sua ugola educata a tre brani dell’album, mentre in altri casi per la prima volta è lo stesso Bruno a cimentarsi come cantante, con discreti risultati anche se, come spesso avviene in questi casi, il contributo vocale è del tutto funzionale ed asservito al contenuto musicale.
Tra ambient e post rock, il disco dei Soundscapism Inc. si snoda apparentemente lieve e e delicato, entrando però subdolamente sotto pelle dopo qualche ascolto, non potendo fare a meno di apprezzare in toto la qualità che in Desolate Angels viene esibita quasi con ritrosia.
Nonostante la mia parziale idiosincrasia per i lavoro di natura esclusivamente strumentale, andrò contro le mie opinioni affermando che, in questo caso, prediligo i brani che non prevedono un contributo vocale, se non quello occasionale di spoken word (Quintessence) , proprio perché musicalmente Bruno dà il meglio nelle parti più rarefatte, ai confini dell’ambient, potendo esibire al meglio un raffinato gusto melodico, ben esaltato da un eccellente tocco chitarristico e da una produzione cristallina (emblematici in tal senso i tre frammenti intitolati Zwischenspiel – in tedesco “interludio”).
Detto questo, resta il dato certo che la voce del bravo Silva non guasta affatto nelle bellissime Evening Lights, e February North, e lo stesso vale per quella di Bruno nella title track e nella conclusiva Sleep Arrives Under Your Wings.
Desolate Angels si rivela, come auspicato in sede di commento dell’album d’esordio, una naturale evoluzione volta al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dal musicista portoghese (oggi di stanza a Berlino), tra i quali l’ideale rappresentazione di scenari sonori in grado di evocare visioni che travalicano le normali percezioni sensoriali e delle quali le splendide immagini presenti nel booklet sono una possibile chiave di lettura (non poco inquietante l’immagine della carcassa dell’aereo che campeggia anche sulla copertina del singolo).
La strada intrapresa è senz’altro quella giusta e non è azzardato immaginare un futuro foriero di ulteriori interessanti sviluppi.

Tracklist:
1.Evening Lights
2.Supernovas At Fever Pitch
3.The Mourning After pt II
4.Zwischenspiel I
5.Desolate Angels
6.Man In The Glass
7.Zwischenspiel II
8.February North
9.Quintessence
10.Low-Fi Man, Hi-Tech World
11.Zwischenspiel III
12.Desolate Angels (reprise)
13.Sleep Arrives Under Your Wings

Line-up:
Bruno A. – all instruments, vocals
Flávio Silva (vocals) on Evening Lights, Supernovas at Fever Pitch and February North.

SOUNDSCAPISM INC. – Facebook

Antier – De La Quimera, El Dolor

L’impressione è che negli Antier la componente strumentale sia messa in subordine allo spoken word, impedendo che sia la musica a costituire il vero fulcro dell’album.

E’ difficile parlare con la necessaria equidistanza di un album che, alla fine, si basa su spoken word declamati in una lingua che non si padroneggia a sufficienza.

L’idea di inserire parti parlate su una base musicale fatta di liquido post rock non è nuova: solo qualche settimana fa abbiamo recensito su MetalEyes l’ottimo album dei The Chasing Monster e questo offre la possibilità di partire proprio da lì per commentare questo lavoro dei catalani Antier.
Se sono simili le coordinate di base, con un sound dall’incedere tra il sognante ed il malinconico a fungere da colonna sonora a testi recitati, sono altrettanto differenti i contenuti e gli esiti: dove la band italiana colpiva nel segno in virtù di una scrittura musicale sempre volta alla ricerca di armonie di cristallina bellezza, gli iberici tendono più a creare un substrato atmosferico privo di decise linee guida melodiche; e se, nel primo caso, due ospiti dalla buona impostazione interpretavano in inglese le parti dei protagonisti di un racconto che per lo più inframmezzava i brani, in De La Quimera, El Dolor la voce enfatica ma di limitata espressività del drummer Santiago Arderiu si erge spesso a protagonista del lavoro, rivelandosi alla lunga piuttosto stucchevole. In sintesi, sembra proprio che negli Antier la componente strumentale si riveli soprattutto un accompagnamento allo spoken word, impedendo che sia la musica a costituire il vero fulcro.
Questo limita non poco la fruizione dell’album, proprio perché vengono meno due elementi chiave quale l’immediata comprensione dei testi, preclusa ai non ispanici, ed una componente musicale in grado di reggersi da sola, se non nei brani che restano maggiormente immuni dall’invadenza verbale, a dimostrazione delle non disprezzabili doti compositive del duo di Barcellona.
Non dubito che chi abbia dimestichezza con la lingua possa gradire maggiormente un lavoro valido dal punto di vista musicale ma che, per tutte le caratteristiche sopra descritte, difficilmente farà un altro giro nel lettore dopo il primo ascolto.

Tracklist:
1.Nada Está Escrito
2.Al Arder Bajo El Cielo
3.Más Allá De La Miseria
4.De La Quimera, El Dolor
5.Sin Dejar De Respirar
6.En Un Último Suspiro
7.Del Hambre, La Desidia
8.Al Final Todo Fue

Line-up:
Santiago Arderiu: Drums and vocals
Victor Gil: Guitars

Guillem Laborda: Keys on 1, 4 & 5
Gemma Llorens: Cellos on 2 & 4
Marta Catasús: Vocals on 4

ANTIER – Facebook

Cold Body Radiation – The Orphean Lyre

Post rock, post metal, gothic, un po’ di black, dolci distorsioni e tanto tanto amore, che è solo differente da quello comune per un disco commovente, bellissimo, e luminoso, tanto luminoso.

Troppo spesso ci dimentichiamo che la musica è il principale veicolo dei nostri sogni, un Caronte che ci porta oltre, superando il nostro quotidiano, trascendendo il tutto. Invece, le note rimangono poveramente intrappolate, in schemi, stilemi, pregiudizi ed altre lenti morti.

I Cold Body Radiation riportano la musica in quota sopra le nuvole e ben al di sopra delle nostre umane facezie. Li ho conosciuti con Deer Twilight ed è stato immediato amore verso la loro triste gioia e la lieve gravità. Qui si superano nuovamente, andando ad addolcire maggiormente i loro suoni, seguendo un chiaro cammino tra Cure, post rock e un cuore che sanguina. Sono carezze, lievi strusciamenti di vite parallele che non potranno o non riusciranno ad incontrarsi mai, perché l’incompiutezza è l’unico segno tangibile e sincero dell’essere umano. Non ci sono mai cali o sbagli in questo disco, tutto fluisce come un fiume di vita, di calore, di gelo, di amore e di odio. Ogni tanto si possono ascoltare le precedenti stimmate del black metal, che anche qui è stato madre feconda per poi lasciare liberi ben presto il proprio figlio. La provenienza è l’Olanda, ma importa davvero poco il come e il quando, qui ci sarete solo voi e la musica, e quest’ultima è qualcosa di incredibilmente emozionante, volando alto come un’anima distaccata dal copro guarderete di sotto e forse capirete. Post rock, post metal, gothic, un po’ di black, dolci distorsioni e tanto tanto amore, che è solo differente da quello comune per un disco commovente, bellissimo, e luminoso, tanto luminoso.

TRACKLIST
1.the ghost of my things
2.sinking of a wish
3.all the little things you forget are stored in heaven
4.at sea
5.the orphean lyre
6.spiral clouds
7.you where missing
8.the forever sun

COLD BODY RADIATION – Facebook

The Chasing Monster – Tales

Tales è un’opera d’arte, intesa nel senso più completo del termine: fatela vostra, ne godrete, vi commuoverete ed amerete il lavoro di questi ragazzi.

I viterbesi The Chasing Monster sono una band di formazione recente e, nonostante questo, hanno già modificato in maniera sensibile l’approccio rispetto agli esordi.

Dalle tendenze post hardcore racchiuse nell’ep autointitolato del 2014 giungono, infatti, con questo primo full length, ad esplorare territori post rock dalla struttura prevalentemente strumentale, ma arricchita dal ricorso a spoken word.
Nel caso di Tales, i ragazzi laziali si spingono anche oltre, offrendo, oltre alla versione standard, anche quella extended che porta come sottotitolo Today, Our Last Day On Earth, nella quale i vari brani vengono legati l’uno all’altro da una storia che racconta, appunto, le ultime fasi dell’esistenza terrena dei due protagonisti.
Un’operazione, questa, che si addice alla perfezione allo stile dei The Chasing Monster, autori di oltre quaranta minuti di musica intrisa di poesia e sempre pervasa, al contempo, da una malinconia di fondo che sfocia frequentemente in passaggi di grande impatto emotivo; personalmente ritengo un brano come The Porcupine Dilemma un vero e proprio capolavoro, che ha il solo difetto, paradossalmente, di offuscare con la sua struggente e drammatica bellezza altri brani di livello superiore alla media come Itai, La Costante e Today, Our Last Day On Earth, senza per questo dimenticare tutti gli altri.
Non so se la band abbia del tutto la percezione della portata di un lavoro del genere, anche perché, operando in un paese dalla ricettività del tutto relativa per tutto ciò che non sia di immediata fruizione, c’è il rischio di sottostimare il proprio potenziale, accontentandosi di quel minimo sindacale di consensi che dalle nostre parti appare già un risultato rilevante per chi opera al di fuori del mainstream.
Apro questo fronte ricollegandomi alla presenza di Theodore Freidolph, chitarrista degli Acres, quale ospite nel brano La Costante: il gruppo britannico, attivo da più tempo e fautore una forma di post rock senz’altro più abbordabile, in patria gode di un consenso meritato ma che, se lo si paragona a quello dei The Chasing Monster, appare sproporzionato rispetto al valore delle due band, segno che il problema è evidentemente tutto italiano.
Per questo invoco la massima attenzione ed il supporto, da parte di tutti gli addetti ai lavori, nei confronti del gruppo laziale: la nostra è una webzine piccola, attiva solo da qualche mese in maniera autonoma e di conseguenza in grado di raggiungere un numero ancora limitato di persone, ma mi auguro che le mie parole siano di stimolo a qualcuno di ben altro “peso”, affinché spinga un pubblico più ampio a godere di questo splendido lavoro.
Tales, nonostante la sua propensione chiaramente strumentale, sfugge alle controindicazioni che la soluzione alla lunga può comportare, grazie all’inserimento delle spoken word che, pur non sostituendo del tutto le parti cantate, conferiscono ai brani una sembianza diversa, attirando maggiormente l’attenzione dell’ascoltatore; poi, e è evidente che tutto risulterebbe vano se non ci fosse dietro una band come i The Chasing Monster, in grado di offrire con grande continuità momenti ora liquidi, ora più robusti, ma sempre intrisi di linee melodiche splendide, elemento fondamentale nell’economia di un album che non patisce neppure per un attimo di passaggi a vuoto o di riempitivi.
Tales è un’opera d’arte, intesa nel senso più completo del termine: fatela vostra, ne godrete, vi commuoverete ed amerete il lavoro di questi ragazzi.

Tracklist
1. Act I *
2. Itai
3. Act II *
4. The Porcupine Dilemma
5. Act III *
6. The Girl Who Travelled The World
7. Act IV *
8. Albatross
9. La Costante (feat. Theodore Freidolph from Acres)
10. Act V *
11. Creature
12. Today, Our Last Day On Earth

Line-up:
Leonardo Capotondi – Chitarra
Edoardo De Santis – Batteria
Riccardo Muzzi – Basso
Alessio Bartocci – Chitarra
Daniele Pezzato – Chitarra

THE CHASING MONSTER – Facebook

Klimt 1918 – Sentimentale Jugend

Il lungo silenzio discografico dei Klimt 1918 viene ampiamente compensato dalla pubblicazione di un lavoro di livello eccelso.

Un periodo lungo sei anni può apparire molto breve o pressoché eterno, dipende tutto dal contesto e dall’importanza che riveste per ciascuno il concetto di tempo.

Fatto sta che i Klimt 1918 si palesano nuovamente all’attenzione dei musicofili alla costante ricerca di sonorità nelle quali malinconia e melodia si rincorrono, senza mai ammiccare ad una facile fruibilità.
Del resto, solo l’idea di ripresentarsi al pubblico con quasi due ore di musica non sembra proprio indicare una scelta biecamente commerciale, in tempi di ascolti usa e getta portati alle estreme conseguenze; tra l’altro, la musica della band romana non è certo un qualcosa che possa essere affrontata con noncuranza, nonostante una sua levità del tutto apparente: il pop rock dei Klimt 1918, ora screziato di oscurità, ora sognante all’insegna del migliore shoegaze, gode di una profondità che lo rende peculiare, scoraggiando chiunque provi a cercare termini di paragone comodi quanto fuorvianti.
Sentimentale Jugend è un album che ha avuto una lunga gestazione, e quello che sorprende di più è l’apprendere, dalle parole di presentazione dello stesso Marco Soellner, quanto il tutto si manifesti ad un tale livello di perfezione malgrado uno sviluppo in tempi così dilatati e le naturali interferenze che la vita quotidiana piazza sulla strada di musicisti impossibilitati, purtroppo, a campare delle propria arte. Anche per questo, quando ci viene fornita la possibilità di ascoltare opere di un certo spessore, dovremmo provare ad immedesimarci nelle difficoltà che affrontano le nostre band rispetto, per esempio, a quelle del Nord Europa, agevolate da organizzazioni statali che sicuramente favoriscono chi voglia trovare uno sbocco alla propria indole artistica.
Fatte le dovute premesse, non resta che tuffarsi in questo vasto oceano di note che, fin dal titolo, riporta ad una Berlino crepuscolare e ad un afflato poetico che, pur ispirandosi negli intenti alla scena settantiana della capitale tedesca, trae linfa dalla Città Eterna e dall’esplorazione dei suoi meandri più oscuri, cosa che è stata fatta con successo in epoca recente, pur utilizzando differenti coordinate sonore, da altre band capitoline come Riti Occulti, Rome in Monochrome o Raspail (questi ultimi collegati ai Klimt 1918  per la presenza in line-up di elementi comuni).
Montecristo, Comandante e La Notte è il trittico d’apertura del CD Sentimentale, che da solo basterebbe a nobilitare l’intera carriera di centinaia di gruppi: tre maniere diverse, ma ugualmente convincenti, di interpretare la materia, con il mio personale picco di gradimento per La Notte, brano cantato in italiano contraddistinto da un fremente crescendo; la prima delle due parti dell’opera vede ancora Belvedere e la title track quali ulteriori vertici qualitativi, senza dimenticare la splendida cover di Take My Breath Away, canzone composta per i Berlin esattamente trent’anni fa dal più “berlinese” dei musicisti italiani, Giorgio Moroder.
Il secondo CD, Jugend, non differisce più di tanto dal precedente dal punto di vista stilistico, a parte forse un piglio leggermente più nervoso, ben esplicitato dai ritmi sostenuti di Sant’Angelo (The Sound & The Fury), preceduta però dalle ariose aperture melodiche di Ciudad Lineal; qui altri picchi sono The Hunger Strike, canzone che gode di una seconda parte in cui i fiati vanno a sovrapporsi ad una progressione sognante, e la poesia musicata di Stupenda e Misera Città.
In questa lunga traccia, la voce del noto doppiatore Max Alto interpreta la prima parte del poemetto pasoliniano “Il pianto della scavatrice” sopra un tessuto sonoro che ne enfatizza l’impatto evocativo: l’omaggio ad un grande poeta si rivela l’ideale chiusura di un opera che, proprio nella poesia, trova il suo aspetto più caratterizzante, pur se veicolato dai suoni per lo più liquidi e morbidi dello shoegaze d’autore.
La scelta di una produzione volutamente non troppo “leccata” aumenta il potenziale oscuro di un lavoro la cui lunghezza, se da una parte ne rende più laboriosa l’assimilazione, dall’altra consente di godere di un robusto fatturato di musica emozionante, senza momenti deboli salvo, forse, la canzone più sbilanciata verso il pop britannico, Nostalghia, ma che probabilmente mi appare tale più per gusto personale che non per oggettivi demeriti dei Klimt 1918.
Per concludere, una nota di servizio utile ai molti che (si spera) decideranno di fare proprio Sentimentale Jugend: l’opera è disponibile nel formato integrale in doppio CD, ma Sentimentale e Jugend possono essere acquistati anche separatamente, con due diverse copertine; ritengo però difficile, ed anche inopportuno, che qualcuno possa optare per l’uno o l’altro disco, vista la citata contiguità stilistica che li accomuna, per cui consiglio vivamente di non fare troppi calcoli scegliendo la versione completa, ne vale davvero la pena.

Tracklist:
CD 1 Sentimentale
1.Montecristo
2.Comandante
3.La Notte
4.It Was To Be
5.Belvedere
6.Once We Were
7.Take My Breath Away
8.Sentimentale
9.Gaza Youth

CD 2 Jugend
1.Nostalghia
2.Fracture
3.Ciudad Lineal
4.Sant’Angelo (The Sound & The Fury)
5.Unemployed & Dreamrunner
6.The Hunger Strike
7.Resig-nation
8.Caelum Stellatum
9.Juvenile
10.Stupenda e Misera Città
11.Lycans

Line-up:
Marco Soellner – vocals & guitars
Paolo Soellner – drums & percussions
Davide Pesola – bass
Francesco Conte – guitars

KLIMT 1918 – Facebook

My Silent Land – Life Is War

Life Is War appare peculiare perché fresco, frutto dell’istinto compositivo di chi è piuttosto al di fuori dei circuiti musicali canonici e che, quindi, compone musica per il solo piacere di farlo senza particolari calcoli.

Ecco arrivare, agli ultimi sgoccioli di un 2016 dimenticabile per molti motivi (in campo musicale principalmente per la moria delle icone del rock/metal e non certo per la qualità delle uscite), un lavoro in grado di emozionare e far pensare, semplicemente tramutando in note, senza ricorrere a trucchi od effetti speciali, il sentire del proprio autore, Silvio Spina da Cossoine (Sassari).

Il suo progetto My Silent Land può essere definibile homemade nel senso più reale del termine, e questo rischia di rivelarsi fuorviante, facendo pensare nell’immediato ad un qualcosa di casereccio e poco curato: l’ascolto di Life Is War, prima uscita in cd della one man band dopo un demo risalente a qualche anno fa, ci mette di fronte all’opera di un musicista con le idee chiare sia dal punto di vista compositivo che lirico.
L’album, infatti, è incentrato su un tema spinoso e forse abusato come la guerra, vista però (fortunatamente) per quello che è, ovvero un tragedia per chi ne viene coinvolto in prima persona e, sovente, anche in maniera indiretta, senza scivolare nelle forme di pericolosa fascinazione che l’argomento esercita in diversi ambienti del metal; musicalmente Silvio si muove su territori ambient-folk-post rock, potendo ricordare di tanto in tanto qualche nome noto, come Antimatter nella fase iniziale di The Battle o gli ultimi Anathema in Dark & Light, ma si tratta solo di lampi, di riflessi incondizionati non tanto dell’autore ma più dell’ascoltatore, specie se ha immagazzinato molti anni di musica nella propria memoria.
La verità è che Life Is War appare peculiare perché fresco, frutto dell’istinto compositivo di chi è piuttosto al di fuori dei circuiti musicali canonici (anche se va annotata la partecipazione come bassista, in The Departure, del conterraneo Bloody Hansen, artefice dell’intrigante progetto The Providence) e che, quindi, compone musica per il solo piacere di farlo senza particolari calcoli e senza perdersi nell’attenzione ai particolari sacrificando la sostanza.
Non c’è un solo minuto sprecato in questo bellissimo lavoro, che ci fa immergere in atmosfere più malinconiche che tragiche, nonostante ciò possa apparire stano per un concept imperniato sulla guerra, qui intesa sia dal punto di vista bellico vero e proprio, sia in senso metaforico volendone creare un parallelismo con la vita quotidiana di ognuno di noi.
E’ piacevole perdersi in questa quarantina di minuti condotti per lo più dalla chitarra acustica e dalla voce, a tratti incerta e in tal senso in linea con le tendenze attuali del neofolk, ma sempre capace di trasmettere con efficacia il pensiero dell’autore, all’insegna di una linearità compositiva che va in direzione ostinata e contraria, per risultato e per intenti, rispetto all’esibizione cervellotica di contorsioni musicali atte a nascondere, il più delle volte, degli enormi vuoti di ispirazione.
Semplicità che, ci tengo a ribadire, non deve essere scambiata per banalità: My Silent Land si rivela un progetto comunque curato, nel quale non mancano riferimenti colti alla cinematografia o alla storia moderna, tramite l’ausilio di campionamenti come quelli tratti da Salvate il Soldato Ryan (The Battle) o il discorso di Kennedy sul New World Order (Dark & Light).
New World Order è, appunto, il brano che chiude il lavoro, una bonus track che rappresenta la versione demo di una traccia che confluirà sul prossimo lavoro targato My Silent Land: un assaggio che, visto l’esito oltremodo positivo di Life Is War, eleva non poco le aspettative nei confronti delle future mosse dell’ottimo musicista sardo.

Tracklist:
1. Feel The War
2. The Departure (feat. Bloody Hansen)
3. Marching Over The Silent Land
4. The Battle
5. Collateral Murders
6. Dark & Light
7. Winter’s Night
8. The Last Letter
9. After The War
10. New World Order (Demo Version)

Line-up:
Silvio “Viossy” Spina – voce, chitarre, basso, drum machine, tastiere, synth

MY SILENT LAND – Facebook

Les Discrets – Virée Nocturne

Un antipasto del prossimo full length dei Les Discrets di Fursy Teyssier.

In attesa dell’imminente ma uscita del loro terzo full length, che sarà intitolato Prédateurs, i Les Discrets di Fursy Teyssier pubblicano questo Ep contenente, soprattutto, il singolo Virée Nocturne, un buon brano per il quale è stato girato anche un elegante video.

La traccia appare molto soffusa e rarefatta, rivolta più verso una forma di trip hop che non al lieve postrock al quale Teyssier ci ha abituato fino ad oggi. Un’evoluzione naturale e non del tutto sorprendente, tutto sommato, e resta solo da verificare se si tratta di un qualcosa di circoscritto al brano in questione o se sarà, invece, un tratto comune del prossimo lavoro nel suo insieme.
Assieme al singolo troviamo la breve Capricorni.Virginis.Corvi, traccia che non troverà posto su Prédateurs, e una versione demo di Le Reproche, brano che invece vi confluirà, e che sembrerebbe in parte confermare le sensazioni destate da Virée Nocturne. Chiude una versione remix del singolo che, come spesso accade in questi casi, assume soprattutto il valore di un riempitivo.
Non resta che attendere, a questo punto con una certa curiosità, i Les Discrets alla prova del nuovo album.

Tracklist:
1. Virée Nocturne
2. Capricorni.Virginis.Corvi
3. Le Reproche (demo version)
4. Virée Nocturne (Dälek / Deadverse Remix)

Line-up:
Audrey Hadorn – vocals, lyrics
Fursy Teyssier – guitars, bass, vocals

LES DISCRETS – Facebook

Soundscapism Inc. – Soundscapism Inc.

Questo nuovo progetto di Bruno A., denominato Soundscapism Inc., è una sorta di scarnificazione di ciò che furono i Vertigo Steps, dei quali viene mantenuta l’aura intimista privandola però di gran parte delle sue pulsioni rock

E’ con grande piacere che ritroviamo Bruno A. dopo la chiusura (si spera solo temporanea) dell’avventura dei suoi Vertigo Steps.

Oggi il musicista portoghese vive a Berlino, città che indubbiamente è una delle fucine della cultura europea e che ben si addice, quindi, come base per chi abbia nelle proprie corde espressioni artistiche meno convenzionali.
Questo nuovo progetto denominato Soundscapism Inc. è una sorta di scarnificazione di ciò che furono i Vertigo Steps, dei quali viene mantenuta l’aura intimista privandola però di gran parte delle sue pulsioni rock, rendendo l’album di fatto una gradevole esibizione di musica ambient e acustica di matrice prevalentemente strumentale.
Risalta, così, all’interno di un lavoro di questo tipo, l’accoppiata centrale Sommerregen / Planetary Dirt, due brani in cui ritmiche più marcate e, nel primo, il contributo vocale di Flávio Silva, vanno a costituire un’anomalia all’interno di paesaggi sonori che nel resto della tracklist sono contrassegnati per lo più da atmosfere liquide e pacate.
Bruno si conferma musicista di talento cristallino, anche se questa sua nuova proposta possiede nell’immediato un impatto inevitabilmente inferiore a quello che ebbe un album splendido come Surface/Light, ma non sarebbe neppure giusto mettere a confronto due realtà musicali lontane per scelte espressive, per quanto contigue trattandosi comunque del frutto di una comune sensibilità compositiva.
Del resto è lo stesso musicista lusitano ad invitarci a considerare Soundscapism Inc. come una raccolta di frammenti di colonne sonore di film mai realizzati, e la definizione ci sta tutta, specie quando si può godere della purezza di brani come The Quiet Grand ed Eucaliptus Song, o anche di Tomorrow´s Yesterdays, che viene riproposta in coda all’album come bonus track arricchita dall’intervento vocale di Silva.
Un lavoro che se, a prima vista, potrebbe apparire interlocutorio, in realtà si rivela un passo necessario a Bruno A. per porre nuove fondamenta ad un percorso musicale mai scontato e foriero di produzioni sempre di ottimo livello.

Tracklist:
1.The Breath Of Life And All Things The Sky Looked Upon
2.The Quiet Grand
3.Tomorrow´s Yesterdays
4.Sommerregen (feat. Flávio Silva)
5.Planetary Dirt
6.The Mourning After (pt. I)
7.Eucaliptus Song (Lullabye For Summer´s End)
8.Alone In Every Crowd
9.Tomorrow´s Yesterdays (feat. Flávio Silva)

Line-up:
Bruno A. : electric & acoustic guitars, ebow, bass, keyboards (piano, mellotron, celesta, etc.), loops, sampling & programming.

Guest musicians:
Flávio Silva – vocals
Sharalalanda Laya – violin
Aki Heikinheimo – double-bass

SOUNDSCAPISM INC. – Facebook

Les Discrets – Live At Roadburn

Per chi sta scoprendo lo shoegaze e colpevolmente non conoscesse ancora i Les Discrets, Live At Roadburn potrebbe rappresentare il pretesto per colmare tale lacuna

La band di Fursy Teyssier dopo una lunga gavetta ha finalmente ottenuto la sua consacrazione: dopo aver vissuto per qualche anno nell’ombra degli Alcest dell’amjco Neige, il versatile artista francese ha visto i suoi Les Discrets ottenere la meritata attenzione verso una proposta che, tenendo fede al monicker, accarezza l’ascoltatore con i propri suoni tenui e sognanti.

Rispetto agli Alcest il sound appare meno emozionale, forse anche meno malinconico, probabilmente perché diverso è il tragitto musicale percorso dai due progetti, il cui approdo però, oggi, si può definire del tutto comune, visto che di post rock o shoegaze sempre si tratta,  pur con tutte le differenze del caso .
In occasione di questo Live At Roadburn, risalente al 2013, i due si ritrovano ancora fianco a fianco sul palco rendendosi protagonisti di una testimonianza audio di grande qualità, benché la dimensione live per band di questo tipo non è detto che sia sempre quella ottimale.
Lo spettacolo, anche a giudicare dalle reazioni di un pubblico molto composto,  sembra più affine ad una rappresentazione teatrale, il che forse fa perdere un po’ di calore alla resa finale del documento;  certo è che l’ascolto di brani meravigliosi come Le Mouvement Perpétuel e Song for Mountains riconcilia sempre e comunque con la musica e con il mondo circostante in senso lato.
Per chi sta scoprendo lo shoegaze e colpevolmente non conoscesse ancora i Les Discrets, Live At Roadburn potrebbe rappresentare il pretesto per colmare tale lacuna ascoltando in un colpo solo il meglio della produzione della band di Teyssier, in attesa di un nuovo lavoro che sta cominciando a farsi attendere un po’ troppo …

Tracklist:
1. Linceul d’hiver
2. L’Échappée
3. Les Feuilles de l’olivier
4. Au Creux de l’hiver
5. Le Mouvement perpétuel
6. La Nuit muette
7. Chanson d’automne
8. Song for Mountains

Line-up:
Fursy Teyssier – vocals guitar
Winterhalter – drums
Neige – bass
Zero – guitar, background vocals

LES DISCRETS – Facebook

The Morningside – Letters From The Empty Towns

Terzo ed ottimo album per i russi The Morningside.

Nuovo capitolo della saga The Morningside, band al suo terzo full-length dopo l’esordio del 2007 “The Trees and the Shadows of the Past”, bissato nel 2009 da “Moving Crosscurrent of Time” e dall’EP del 2011 “Treelogia”. Il gruppo proveniente dalla capitale sovietica propone un doom/death metal melodico sulla scia dei primi lavori dei Katatonia (la band alla quale fanno maggior riferimento) irrobustendolo con iniezioni di death melodico alla Dark Tranquillity (era “Projector”), ed il risultato non può che essere, visto anche il buon songwriting e la bravura dei musicisti coinvolti, un ottimo lavoro di genere. Rispetto agli album precedenti i The Morningside imprimono più potenza al sound di Letters From The Empty Towns relegando le atmosfere rarefatte e gli interventi della voce pulita ad occasionali stacchi in qualche brano (On the Quayside), lasciando invece molto spazio alle chitarre, assolute protagoniste con splendide ritmiche e solos che si avvicinano al prog/death degli Opeth piuttosto che al sound di Agalloch e Ulver come nei primi dischi. Le vocals di Nikitin sono corrosive e come sempre marchio di fabbrica della band che, The Outside Waltz a parte (bellissimo strumentale acustico), regala brani dal forte impatto drammatico, per un viaggio in quel metal dai richiami dark capace di regalare emozioni, sostenuto da una struttura chitarristica di primo livello: un lavoro maturo, che cresce con gli ascolti e che trova nella stupenda Ghost Lights (la canzone che più si avvicina ai Katatonia) otto minuti di meraviglie melodiche. Invero sul finire del lavoro la band, dopo le sfuriate della prima metà del disco, si rilassa e anche nella finale Letter ci consegna un brano semiacustico, come se il sound del gruppo si raccogliesse su se stesso, in posizione fetale, dopo aver sfogato tutta la rabbia ed essere arrivato, così, allo stremo. Buoni outsiders, i The Morningside sanno toccare l’anima: la loro musica difficile, per questi tempi dove anche nel metal si ha la sensazione di dover consumare tutto e subito, in una sorta di tremendo usa e getta, ferma il tempo e siamo noi che ne dobbiamo approfittare per regalarci ogni tanto un momento di poesia; fatelo, non ve ne pentirete.

Tracklist:
1. Immersion
2. One Flew (Over the Street)
3. Deadlock Drive
4. Sidewalk Shuffle
5. On the Quayside
6. The Traffic Guard
7. The Outside Waltz
8. Ghost Lights
9. The Letter

Line-up:
Ilya Egorychev – Bass
Boris Sergeev – Drums
Igor Nikitin – Vocals, Guitar
Sergey Chelyadinov – Guitars

Les Discrets – Ariettes Oubliées

Sicuramente le emozioni che dà questo rock virato shoegaze sono notevoli, e questo doppio cd è un’opera che crea dipendenza

Progetto di Fursy Teyssier attivo dal 2003, arriva a farsi notare nello split del 2007 con gli Alcest, con cui i Les Discrets condividono la visione sonora, ovvero quel rock sognante e depresso, incline allo shoegaze, ma con profonde radici nel black metal, di cui diviene un’evoluzione possibile.

Teyssier, il fulcro del gruppo, ha militato negli Amesoeurs che furono il luogo d incontro di musicisti molto interessanti, com Neige, già nei Peste Noire, formazione black metal transalpina tra le migliori nel suo genere, e Winterhalter, batterista anch’egli già nei Peste Noire e poi negli Alcest e altri. C’è un forte interscambio tra questi gruppi, e si può osservare la maturazione di musicisti che, cominciato con il black metal, si spostano su altri lidi, trovando nello shoegaze o comunque nel black dai toni ambient la loro vera vocazione. Ad esempio i compagni di etichetta dei Les Discrets, gli Alcest, nel loro ultimo album sono andati decisamente su atmosfere rock, salendo un ulteriore gradino nella scala della loro maturazione. I Les Discrets fanno shoegaze, o comunque musica decadente, decadenza intesa in senso di abbandono alla vita, con predilezione per un stanca contemplazione degli affanni umani. Personalmente la trovo una musica perfetta per la meditazione, poiché stimola molti pensieri, ci guarda dentro. I Les Discrets sono uno dei gruppi francesi che stanno portando avanti un discorso molto originale e particolare, con destinazione ancora ignota. Non è musica commerciale ma vende, non è musica facile, ma ha un grosso seguito in questi tempi bui. Sicuramente le emozioni che dà questo rock virato shoegaze sono notevoli, e questo doppio cd è un’opera che crea dipendenza, poichè le sue soffuse carezze e il senso di cullamento che troviamo qui è qualcosa di ancestrale in certi animi umani, che sono profondamente convinti che alla fine la vita sia un inutile affanno. Molto meglio la musica e l’assenzio.

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