Mormânt de Snagov – Depths Below Space and Existence

A chi pensa che black metal sia sinonimo di ripetitività, potrebbe valere la pena di far ascoltare di seguito due lavori composti da band provenienti dalla stessa terra che ho avuto modo di recensire uno dopo l’altro.

Nel primo caso mi sono imbattuto nei Dark Archive, i quali forniscono una versione quanto mai diretta e brutale del genere, spingendosi fino ai limiti del grind death, mentre nel secondo ho avuto in sorte i Mormânt de Snagov, i quali si muovono all’interno di uno spettro sonoro molto più vasto e ricco di variazioni sul tema.
E’ proprio di questa band di Turku che andiamo a parlare, esaminando in breve il contenuto del suo terzo full length Depths Below Space and Existence: intanto è curioso il fatto che il monicker scelto sia in lingua rumena (significa la tomba di Snagov, città dove è seppellito il ben noto Vlad Tepes) cosi come è della stessa nazione la Pest Recrds, etichetta che ha pubblicato il disco.
Come detto, siamo di fronte ad un approccio relativamente elaborato anche se di norma pure qui si viaggia a velocità sostenute, come nella notevole Resist, ma è nelle tracce più lunghe che emerge naturalmente un’indole cangiante ben esemplificata in Stories Untold, dalla partenza anch’essa a mille per stemperarsi poi in una parte centrale più atmosferica e melodica.
Sono ritmiche più vicine al doom che fanno capolino in Battle Neverending, brano davvero molto bello e ben interpretato vocalmente (a proposito, il cantante Miska Lehtivuori era bassista nei magnifici Ablaze In Hatred, che fine avranno fatto?), mentre è vicina al prog death un’altra ottima traccia come Writhe Infinite e, infineè il mid tempo inquieto di The Roots of Grief a chiudere questo buon album che esamina concettualmente i più reconditi e bui meandri della mente umana, mettendone in luce le storture e la propensione al condizionamento.
Depths Below Space and Existence è l’espressione di una band che ha il merito di provare a fare qualcosa di diverso senza apparire necessariamente cervellotica: l’operazione riesce piuttosto bene, a testimonianza del raggiungimento di una confortante maturità compositiva da parte dei Mormânt de Snagov.

Tracklist:
1. Mentor Deceived
2. Never Speak Aloud
3. Resist
4. Stories Untold
5. Battle Neverending
6. You’re Next
7. Writhe Infinite
8. The Roots of Grief

Line-up:
Pekka Jokela – Drums
Sasu Haapanen – Guitars, Vocals (backing)
Miska Lehtivuori – Vocals, Guitars
Pekka Venho – Bass

MORMANT DE SNAGOV – Facebook

Kirlian Camera – Hologram Moon

I Kirlian Camera impartiscono una lezione a chiunque si cimenti dei dintorni di queste sonorità, in virtù di una serie di brani che riescono ad essere mirabilmente orecchiabili pur senza smarrire la loro intrinseca profondità.

Se qualcuno (lecitamente) si sta chiedendo cosa centrino i Kirlian Camera con una webzine metal, la risposta è probabilmente niente, ma ci sono almeno tre buoni motivi per parlarne ugualmente: il primo è che siamo aperti alle forme musicali più disparate purché lo meritino, il secondo è che personalmente ho sempre adorato l’electro dark wave così come l’ebm, e il terzo è il fatto che considero Elena Alice Fossi una delle donne più belle e sensuali del pianeta, anche se mi rendo conto di come quest’ultima motivazione oggettivamente sia un po’ deboluccia …

Veniamo al punto quindi: la storia dei Kirlian Camera equivale di fatto a quella della electro dark wave italiana, e non si dice nulla di nuovo nell’affermare che la creatura fondata da Angelo Bergamini agli albori degli anni ottanta sia in assoluto una delle nostre eccellenze musicali (cosa che al di fuori dei confini sanno perfettamente, peraltro).
Dopo diversi cambi di formazione, l’ingresso alla voce della Fossi, avvenuto alla fine degli scorso millennio, ha conferito un impronta più marcata al sound del gruppo, in virtù anche di doti interpretative capaci di esaltare al massimo le intuizioni compositive del musicista lombardo.
Hologram Moon è il dodicesimo album di studio che testimonia di una frequenza di uscite magari non eccessiva ma inversamente proporzionale alla qualità immessa in ogni lavoro; nello o specifico l’album arriva dopo una stasi abbastanza lunga, nel corso della quale c’è stato modo di apprezzare la vocalist alle prese con il suo progetto di dance ottantiana SPECTRA*paris, ma fin dalle prime note ogni minima intenzione critica viene spazzata via: i Kirlian Camera impartiscono una lezione a chiunque si cimenti dei dintorni di queste sonorità, in virtù di una serie di brani che riescono ad essere mirabilmente orecchiabili pur senza smarrire la loro intrinseca profondità.
Ne consegue cosi che l’album sia fatto da una serie di potenziali hit, a partire dalla già conosciuta Sky Collapse che vede la Fossi duettare con Esklil Simonsen dei Covenant, per un risultato finale che non poteva che essere eccelso, per passare alla cristallina ed ariosa Polar-IHS, spingendosi fino alla accentuata ballabilità di Kryostar (vicino a quanto fatto da Elena Alice come SPECTRA*paris), all’inquietudine di Haunted River per finire con l’intenso recitato che si appoggia ad un mirabile tappeto atmosferico di Travelers’ Testament.
Ci sono tutti presupposti, quindi, perché i frequentatori della nostra webzine possano e debbano apprezzare un’opera di tale spessore, capace di insinuarsi in maniera irrimediabile sottopelle, facendosi beffe di ogni tentativo di chiusura aprioristica a livello mentale.

Tracklist:
1.Holograms
2.Sky Collapse
3.Lost Islands
4.Polar-IHS
5.Helium 3
6.Kryostar
7.I Don’t Sing
8.The Storm
9.Eyes Of The Moon
10.Equation Echo
11.Haunted River
12.Travelers’ Testament

Line-up
Elena Alice Fossi
Angelo Bergamini

KIRLIAN CAMERA – Facebook

Sacred Leather – Ultimate Force

Un ottimo cantante e buone idee che confluiscono in un sound legato alla tradizione hard/heavy metal fanno di Ultimate Force un lavoro riuscito, per certi versi datato (anche nelle scelte in fase di produzione) ma piacevole se si è amanti dell’heavy metal classico.

I Sacred Leather suonano heavy metal old school duro e puro, con in bella mostra tutti i cliché tipici degli anni ottanta ed un tocco hard che ricorda i momenti più taglienti della discografia dei Kiss.

Colpevolmente nelle note di presentazione di rito si parla di thrash, ma vi assicuro che su Ultimate Force del genere in questione non se ne sente traccia, mentre credo più veritiero parlare di almeno tre storiche band che hanno maggiormente influenzato i Sacred Leather: appunto i Kiss, i Judas Priest ed i Mercyful Fate.
Il quintetto dell’Indiana ha all’attivo una manciata di lavori minori ed un live, mentre Ultimate Force risulta il primo lavoro sulla lunga distanza.
Il grande felino in copertina. pronto ad assalire la preda. raffigura perfettamente il sound tagliente e diretto del combo americano, valorizzato dalla voce di Wrathchild al microfono, animale metallico che risulta una via di mezzo tra Halford e King Diamond.
Le prime tre tracce sono da manuale, fuse nell’acciaio, sostenute da un approccio hard & heavy e con l’alternanza delle ispirazioni descritte con buoni risultati, confermandosi come il momento migliore dell’album.
Al quarto brano la ballad Dream Searcher smorza troppo i toni facendo perdere un po’ di quell’adrenalina che aveva caricato a mille il sottoscritto, ritornata ad alzare la tensione con l’ottima Master Is Calling, il crescendo di Prowling Sinner e la conclusiva The Lost Destructor / Priest of the Undoer, che con i suoi quasi dieci minuti mette la parola fine a questo full length.
Un ottimo cantante e buone idee che confluiscono in un sound legato alla tradizione hard/heavy metal fanno di Ultimate Force un lavoro riuscito, per certi versi datato (anche nelle scelte in fase di produzione) ma piacevole se si è amanti dell’heavy metal classico.

Tracklist
1.Ultimate Force
2.Watcher
3.Power Thrust
4. Dream Searcher
5. Master Is Calling
6. Prowling Sinner
7. The Lost Destructor / Priest Of The Undoer

Line-up
Dee Wrathchild- Vocals
JJ Highway- Lead Guitar
Magnus LeGrand- Bass Guitar
Carloff Blitz- Lead Guitar
Jailhouse – Drums

SACRED LEATHER – FAcebook

VESTA

Il video di Aurora pt.1, dall’album Vesta in uscita ad aprile (Argonauta Records).

Il video di Aurora pt.1, dall’album Vesta in uscita ad aprile (Argonauta Records).

VESTA svelano copertina e nuovo singolo del loro album omonimo.

“Vesta” è stato registrato e mixato da Alessandro Sportelli, mentre la masterizzazione è stata affidata a James Plotkin (ISIS, PELICAN, SUMAC e altri).

Vesta “S/T” sarà pubblicato in CD/DD da ARGONAUTA Records il 6 aprile 2018.

I pre-ordini sono attivi: http://bit.ly/2G2LrXf

TRACKLIST:
1. Signals
2. Resonance
3. Constellations
4. Ethereal
5. Nebulae
6. Aurora pt.1
7. Aurora pt.2
http://www.argonautarecords.com
https://www.facebook.com/vesta2017

Bible Black Tyrant – Regret Beyond Death

Il filo conduttore è un groove incessante, una vibrazione nemmeno tanto di sottofondo che ci conduce in un mondo alieno e bellissimo, che dà assuefazione come se fosse un oppiaceo, perché qui dove tanti vedono solo pesantezza, chi ama questo suono trova carica e pace.

Disco di musica estrema fatto da musicisti che sanno maneggiare molto bene l’argomento.

Infatti il gruppo è formato da Tyler Smith, Aaron D.C. Edge e David S. Fylstra membri di Eagle Twin, Lumbar, KVØID., band che in ambito estremo hanno molto da dire. La loro unione produce un ottimo risultato e questo Regret Beyond Death è una mazzata che regalerà molte gioie a chi ama un suono sporco, pesante, ma non privo di una certa psichedelia. Gli ingredienti nel calderone sono molti, dallo sludge al post metal, passando per il noise. Le chitarre sono super distorte e ribassate, la voce è un grido che graffia, la velocità non è eccessiva, è piuttosto una lenta corrosione delle vostre resistenze sonore, per arrivare ad una totale sottomissione, almeno musicale. I nostri trovano soluzioni sonore assi difficili da trovare anche nella musica pesante, che ha da tempo imboccato la strada della standardizzazione, ma grazie a dischi come questo c’è ancora speranza. In Regret Beyond Death si può apprezzare la varietà e il talento musicale dei musicisti coinvolti la grande intensità del suono, che pur essendo massiccio e coriaceo non viene mai a noia, anzi. Il filo conduttore è un groove incessante, una vibrazione nemmeno tanto di sottofondo che ci conduce in un mondo alieno e bellissimo, che dà assuefazione come se fosse un oppiaceo, perché qui dove tanti vedono solo pesantezza, chi ama questo suono trova carica e pace. In certi momenti i Bible BlacK Tyrant sembra abbiano musicato lo spostamento di ghiacciai e montagne in epoche remotamente lontane, scontro di titani naturali. Un disco che fa star bene, viva la musica pesante.

Tracklist
1 Instead of…
2 The Irony
3 New Verse Inferno
4 Regret Beyond Death
5 Wilderness of Steel and Stone
6 The Standard
7 A Terror to the Adversary.

Line-up
Aaron D.C. Edge: Guitar, Bass, Vocals
Tyler Smith: Percussion
David S. Fylstra: Additional Guitar, Vocals, Soundscapes

BLACK BIBLE TYRANT – Facebook

New Horizons – Inner Dislocation

I New Horizons senza atteggiarsi a fenomeni hanno scritto delle belle canzoni e si affacciano sulla scena con la consapevolezza di aver fatto un ottimo lavoro, magari non originalissimo (chi può dire di esserlo al giorno d’oggi?), ma assolutamente godibile per gli amanti del metal progressivo e melodico.

I New Horizons sono l’ennesima band italiana che si affaccia sulla scena progressivamente metallica, con il primo album licenziato dalla sempre attenta Revalve Records.

Il sestetto pisano si è formato nel 2010 e, dopo i soliti fisiologici assestamenti nella line up, arrivano alla firma con l’importante etichetta nostrana ed alla pubblicazione di questo ottimo lavoro intitolato Inner Dislocation.
Grazie al magico zampino di Simone Mularoni, dietro alla consolle nei Domination Studio, e l’ausilio di una track list di alta qualità i New Horizons sono pronti a conquistarsi un posto tra le più convincenti nuove realtà del metallo progressivo nazionale, con questo lotto di canzoni che fanno delle melodie il loro punto di forza, seguite da una buona tecnica strumentale sempre al servizio del songwriting.
I New Horizons senza atteggiarsi a fenomeni hanno scritto delle belle canzoni e si affacciano sulla scena con la consapevolezza di aver fatto un ottimo lavoro, magari non originalissimo (chi può dire di esserlo al giorno d’oggi?), ma assolutamente godibile per gli amanti del metal progressivo e melodico.
Oscar Nini è un cantante emozionale e sà donare ai brani la giusta intensità interpretativa, la sezione ritmica con Claudio Froli al basso e Federico Viviani alle pelli è un orologio diprecisione che a tratti impazzisce è ci travolge con cambi di ritmo e tempo, le due chitarre suonate con maestria da Nicola Giannini e Giacomo Froli offrono passaggi strumentali sopra le righe (Evolution) e Luca Guidi fa il bello e cattivo tempo con i tasti d’avorio, l’arma letale in possesso del gruppo.
Il cuore dell’album pulsa delle note di Evolution e della durissima Inhuman Wrath, ma è tutto il lavoro a regalare emozioni forti, seguendo le strade tracciate dai mostri sacri del genere come Dream Theater e  DGM, passando con disinvoltura dall’impronta melodica delle due parti di Borderlands al progressive animato da uno spirito fortemente metallico, in stile Symphony X, come in Where Is The End e The Trail Of Shadows.
Sta diventando una piacevole abitudine godere del metallo progressivo made In Italy, quindi, sperando che la vena aurifera non si esaurisca in fretta, è bene approfittarne.

Tracklist
1 – Introspective
2 – Inner Dislocation
3 – Where Is the End
4 – Born in the Future
5 – Inhuman Wrath
6 – Evolution
7 – Borderlands, Pt. 1
8 – Borderlands, Pt. 2
9 – The Trail of Shadows

Line-up
Oscar Nini – Vocals & Backing Vocals
Nicola Giannini – Rhythm Guitars
Giacomo Froli – Lead Guitars
Luca Guidi – Keyboards & Synth
Claudio Froli – Bass
Federico Viviani – Drums & Backing Vocals

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