Gianluca Magri – Reborn

Un buon inizio per il chitarrista bellunese, che ci fa testimoni della sua bravura in un contesto armonioso e mai fine a sé stesso.

Debutto solista per il chitarrista bellunese Gianluca Magri, con un passato nella metal band Phaith, con la quale ha inciso un album nel 2011 (Redrumorder).

In questa nuova avventura discografica, intitolata Reborn, il musicista nostrano affida il basso alle mani di Diego Maioni, la batteria a Raffaele Fiori ed i tasti d’avorio a Lorenzo Mazzucco per dar vita alla sua idea di rock strumentale, assolutamente fuori dai binari ipertecnici dei guitar heroes, ed orientati come spesso accade tra le nuove leve verso una forma canzone che ne facilita la fruibilità.
Anche se in poco più di una ventina di minuti, ma sicuramente di buon livello, Reborn ci presenta un musicista preparato ed assolutamente in grado di ben figurare nel vasto mondo del rock/metal strumentale, con cinque brani che passano in rassegna le varie ispirazioni che hanno portato Magri ad imbracciare una sei corde, dai Led Zeppelin, a Gary Moore e Satriani, con un occhio agli anni settanta quanto al metal del decennio successivo.
Bellissime e varie, a mio parere, sono Snowballed e A.D.R., cuore di questo gioiellino strumentale iniziato con la title track (brano alla Satriani) e Cloudbreaker, poi concluso con le armonie acustiche e zeppeliniane della sognante Atlas Bound che prova a far rivivere la magia di Bron-Y-Aur, dal mastodontico Physical Graffiti.
Un buon inizio per il chitarrista bellunese, che ci fa testimoni della sua bravura in un contesto armonioso e mai fine a sé stesso.

Tracklist
1.Reborn
2.Cloudbreaker
3.Snowballed
4.A.D.R.
5.Atlas Bound

Line-up
Gianluca Magri – Guitars
Diego Maioni – Bass
Raffaele Fiori – Drums
Lorenzo Mazzucco – Hammond, Synth

GIANLUCA MAGRI – Facebook

Don Broco – Technology

Definiti da molti tra i massimi esponenti del rock alternativo contemporaneo, i Don Broco rilasciano il disco perfetto per i tempi in cui viviamo: una serie di brani lucidati e impacchettati con estrema cura per piacere alla generazione dei talent show, ma che alla fine non lasciano niente, se non un gusto amarognolo di fregatura.

Vi presentiamo l’ album perfetto per fare una caterva di sterline con il minimo sforzo: pop travestito da rock alternativo, una serie di trovate elettroniche da far impazzire i ragazzini nelle balere di mezza Europa e il gioco è fatto.

Quattro affascinanti ragazzotti inglesi, irriverenti il giusto per far innamorare stormi di ragazzine sono autori di tre album che di rock hanno davvero poco, al massimo qualche chitarra sparata qua e là che fa tanto post industrial/alternative rock, con vocine reduci dall’esame di terza media ed una base elettronica su cui sono strutturate queste quattordici canzoni.
Loro sono i Don Broco da Bedford e Technology è il loro terzo disco licenziato dalla Sharptone Records, dopo una serie infinita di singoli e mini cd.
Definiti da molti tra i massimi esponenti del rock alternativo contemporaneo, i Don Broco rilasciano il disco perfetto per i tempi in cui viviamo: una serie di brani lucidati e impacchettati con estrema cura per piacere alla generazione dei talent show, ma che alla fine non lasciano niente, se non un gusto amarognolo di fregatura.
Technology è perfetto per portare la band il più in alto possibile, tra suoni bombastici, esplosioni elettroniche e camei di chitarre finte metal, una voce che a tratti si avvicina alla musica dance anni ottanta, tanto che sembra clonata, e ritmi che definire ballabili è un eufemismo.
Non c’è grinta, rabbia, non esiste un suono che non esca plastificato, mentre siamo già al nono brano e di quello che abbiamo ascoltato non rimane impresso che una spiacevole sensazione di posticcio.
Una musica senz’anima è quella che troviamo in questo lavoro, rock o meno che sia, una serie di brani usa e getta che tra un  anno non ricorderà più nessuno, soffocati dalla prossima new sensation che non mancherà di prendere il posto dei Don Broco sui poster appesi nelle camere dei fans.
Ascoltando questo lavoro mi è venuta voglia di sentire rock alternativo dai pesanti influssi elettronici, tipo Swamp Terrorists e Young Gods: forse è meglio …

Tracklist
1. Technology
2. Stay Ignorant
3. T Shirt Song
4. Come Out To LA
5. Pretty
6. The Blues
7. Tightrope
8. Everybody
9. Greatness
10. Porkies
11. Got To Be You
12. Good Listener
13. ¥
14. Something To Drink

Line-up
Rob Damiani – Vocals
Matt Donnelly – Drums/Vocals
Simon Delaney – Guitars
Tom Doyle – Bass

DON BROCO – Facebook

NEREIS

Il video di ‘Breaking Bad’, dall’album Turning Point in uscita a giugno (Eclipse Records).

Il video di ‘Breaking Bad’, dall’album Turning Point in uscita a giugno (Eclipse Records).

NEREIS will release their upcoming full-length album entitled Turning Point on June 8, 2018 via Eclipse Records. The album features twelve hard-rocking songs that take the listener on an all-out aural adventure, ranging from blistering alternative metal, to mellow power-rock – and everything in between. The album was produced by Mauro Andreolli at das Ende der Dinge, and the album art was designed by Dani Hofer of Archetype Design. See below for the full track listing…

The band have also revealed the first music video from the album, for the song ‘Breaking Bad’. The video was directed by Maurizio Del Piccolo, and shot at Black and White Studio & Cross Studio in Milan, Italy. Watch it right now at this location.

“Breaking Bad is about someone who has been oppressed for a very long time” says lead singer Andrea Barchiesi. “at some point, this person finally gathers his last strength and unleashes a fiery redemption upon her adversaries. For the video, we translated this into a post-apocalyptic scenario in which the masked woman is kept prisoner and used as a source of electrical power, a kind of human battery. In the end, she manages to break free and hunt down her oppressors”.

Pre-order the full album on CD, iTunes, Amazon, or Google Play, and stream the singles via Spotify, Apple Music, Deezer, and more at http://eclp.se/rtrnn

For more information on Nereis, please visit them on Facebook, Twitter, or Eclipse Records.

‘Turning Point’ track listing
1. Unity
2. Ready for War
3. Breaking Bad
4. Overdrive
5. Two Wolves
6. Now
7. One Time Only
8. The Wave
9. What is Wrong and What is Right
10. Induced Extinction
11. Born to Fly
12. We Stand as One

Nereis Discography
From the Ashes (EP) – 2014
Burnin’ Game (demo) – 2012

Nereis Lineup
Andrea Barchiesi (lead vocals), Mattia Pessina (guitar), Samuel Fabrello (guitar), Gianluca Nadalini (bass), Davide Odorizzi (drums)

Media Assets (all okay to post/embed online):
YouTube (‘Breaking Bad’ video) – https://www.youtube.com/watch?v=d_N37CgIftE
Spotify (‘Breaking Bad’ single) – https://spoti.fi/2pziSJ9
Cover art ‘Turning Point’ – https://www.eclipserecords.com/wp-content/uploads/Turning-Point-Nereis-cover-art-1600.jpg
Band photo (Credit: Silvia Benatti) – https://www.eclipserecords.com/wp-content/uploads/Nereis-band-photo-01-201802-1600-photo-Silvia-Benatti.jpg
News source – https://www.eclipserecords.com/news/nereis-album-turning-point-video-breaking-bad/

Earthless – Black Heaven

Lo stoner rock degli Earthless è sempre stato molto piacevole, ma qui tocca forse le vette più alte della loro lunga carriera, perché c’è qualità, passione, potenza e veemenza in questo stoner rock molto fisico, dove si continua la tradizione della psichedelia pesante americana, con lunghe jam potenti e lisergiche che portano lontano.

Quarto disco per i californiani Earthless, in giro dall’ormai lontano 2001. La maggiore novità è data dal fatto che a differenza degli altri dischi questo ha la maggior parte delle canzoni cantate dal chitarrista Isaiah Mitchell, che ha un voce molto adatta al genere.

La cosa è nata spontanea all’interno del gruppo, un cambiamento naturale che non va a snaturare nulla, anzi. Rimangono sempre le cavalcate di psichedelia pesante che hanno sempre contraddistinto la band. Un’altra novità, anche se minore rispetto alla prima, è che il gruppo ha un tiro maggiormente rock rispetto al passato, facendo emergere le sue radici profonde. Gli Earthless devono moltissimo ai Cream, e hanno sempre affermato che senza di loro non ci sarebbe stato nulla. Ascoltando Black Heaven si capisce molto bene questa loro affermazione. La band americana ci mette molto del suo e produce un disco davvero molto godibile e forte, potente e composto di lunghe canzoni che sono jam infuocate sotto il sole della California. Con il trasferimento di Isaiah Mitchell da San Diego, base del gruppo, al nord della California, il gruppo è passato dal vedersi e provare spesso al diradare le occasioni di fare musica insieme. Ciò non ha tolto nulla, anzi ha agito come un rasoio di Occam, andando a perfezionare ulteriormente taluni passaggi. Lo stoner rock degli Earthless è sempre stato molto piacevole, ma qui tocca forse le vette più alte della loro lunga carriera, perché c’è qualità, passione, potenza e veemenza in questo stoner rock molto fisico, dove si continua la tradizione della psichedelia pesante americana, con lunghe jam potenti e lisergiche che portano lontano. Un gran bel disco da una band che si migliora costantemente e che intrattiene molto bene l’ascoltatore.

Tracklist
1. Gifted by the Wind
2. End to End
3. Electric Flame
4. Volt Rush
5. Black Heaven
6. Sudden End

Line-up
Mario Rubalcaba
Isaiah Mitchell
Mike Eginton

EARTHLESS – Facebook

Elixir of Distress – Kontynent

Un lavoro di spaventosa intensità, con una tensione che non scema in alcun frangente, scandita da uno screaming tutto sommato intelligibile e da un tessuto melodico e atmosferico che resta spesso sullo sfondo, trovando talvolta eccellenti sbocchi sotto forma di assoli chitarristici.

Dalla sempre vivace e mai banale scena polacca arriva il primo passo discografico degli Elixir of Distress, band della quale si sa poco o nulla se non che Kontynent è frutto di una lunga gestazione provocata da diversi avvicendamenti in una line-up che, proprio per questo suo essere in costante divenire, verrà resa nota solo in occasione del prossimo lavoro.

Intanto godiamoci senza troppe remore questo brillante esordio, basato su un black metal che mantiene costantemente un’aura drammatica che ben si confa con il tema trattato a livello lirico, concernente i famigerati campi di detenzione siberiani, nei quali migliaia di polacchi furono peraltro condotti e costretti a lavorare in condizioni disumane (in tal senso la copertina, per quanto minimale, mette i brividi e non solo per il freddo evocato dal paesaggio nevoso).
Gli Elixir of Distress offrono un’interpretazione del genere che prende il meglio dalle diverse scuole, anche se si percepisce una certa preponderanza di quella tedesca (Lunar Aurora in primis, e l’utilizzo di un monicker che ne richiama uno dei molti capolavori, Elixir Of Sorrow, qualcosa vorrà ben dire) con l’inserimento di certe dissonanze del black più obliquo di matrice francese.
Il frutto è un lavoro di spaventosa intensità, con una tensione che non scema in alcun frangente, scandita da uno screaming tutto sommato intelligibile, anche se ovviamente le liriche in polacco restano appannaggio degli ascoltatori di madre lingua, e da un tessuto melodico e atmosferico che resta spesso sullo sfondo, trovando talvolta eccellenti sbocchi sotto forma di assoli chitarristici.
I cinque brani si attestano su una durata media attorno ai dieci minuti e sono tutti, nessuno escluso, esempi di black metal glaciale, arcigno e allo stesso tempo coinvolgente: autentica pietra miliare dell’album è a mio avviso Katorga, traccia nella quale aleggia una disperazione tangibile espressa da un incedere furioso, che racchiude una sottile quanto evocativa linea melodica; lo schema è abbastanza simile, anche per qualità esibita,  nel resto della tracklist, con qualche parentesi acustica volta a spezzare il mood tragico, andando a comporre il quadro di un disco splendido e che, a mio avviso, è finora una delle più belle sorprese di questo 2018.
Resta solo la curiosità di capire chi ci sia dietro il monicker Elixir of Distress, anche se l’esito di Kontynent depone a favore di musicisti di grande spessore e profondi conoscitori della materia.

Tracklist:
1. Kontynent
2. Kołyma
3. Katorga
4. Workuta
5. Magadan