Heir Apparent – The View from Below

Uno dei ritorni più riusciti degli ultimi anni con una band che, dopo tre decenni, regala un album magnifico.

Diciamolo francamente: le tante reunion, o ritorni più o meno importanti delle vecchie glorie del metal classico, molte volte lasciano l’amaro in bocca, essendo frutto di poca convinzione o di un’esaurita vena creativa che attanaglia i protagonisti, da anni fuori dalla scena e tornati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

I rockers d’annata aspettano così queste operazioni con la speranza di un ritorno ai vecchi fasti che puntualmente delude, a meno che non si abbia a che fare con gli Heir Apparent ed il loro nuovo lavoro, The View from Below.
La band di Seattle si ripresenta con un nuovo album dopo ventinove anni, essendo nata nella prima metà degli anni ottanta e resasi protagonista della scena metal progressiva con due capolavori come Graceful Inheritance, debutto sulla lunga distanza uscito nel 1986, e One Small Voice, licenziato dal gruppo nel 1989 un attimo prima che Seattle diventasse famosa per la scena grunge.
Quasi trent’anni quindi, prima di tornare a parlare del gruppo di Terry Gorle e di una sua nuova opera, licenziata dalla No Remorse Records, che risulta la classica eccezione che conferma la regola vista l’altissima qualità di queste otto nuove composizioni di alta classe.
Partendo da due dei gruppi protagonisti per decenni della scena heavy metal progressiva statunitense, come i Queensryche ed i Fates Warning, ci si inoltra verso un viaggio nel metal progressivo di alta scuola, prodotto benissimo, zeppo di raffinate melodie e composto appunto da otto perle che offrono il meglio del metal classico e melodico d’oltreoceano.
Con The View from Below vi scorderete di essere al cospetto di una band datata, lasciandovi trasportare dalle sinuose note progressive che fin dall’opener man In The Sky vi rapiranno, presi per mano dal nuovo cantante Will Shaw, protagonista assoluto di questo lavoro al pari con un songwriting che ha nelle trame epico/progressive di The Road To Palestine il suo punto più alto.
Non sono da meno gli altri brani, tra i quali ricordo la splendida Synthetic Lies, la potente Savior e il mid tempo progressivo dal titolo Insomnia, che conclude uno dei ritorni più riusciti degli ultimi anni con una band che, dopo tre decenni regala un album magnifico, e chiedere di più è impossibile.

Tracklist
1. Man in the Sky
2. The Door
3. Here We Aren’t
4. Synthetic Lies
5. Savior
6. Further and Farther
7. The Road to Palestine
8. Insomnia

Line-up
Will Shaw – Vocals
Terry Gorle – Guitar
Derek Peace – Bass
Ray Schwartz – Drums
Op Sakiya – Keyboards

HEIR APPARENT – Facebook

ZAYN

Il video di ‘Barbarogenius’, dall’album ‘Evolution Made Us’.

Il video di ‘Barbarogenius’, dall’album ‘Evolution Made Us’.

New album ‘EVOLUTION MADE US’ with songs ‘Barbarogenius’, ‘Homoerectus’ and ‘Metamorphos’ conceptually show the form of a human being as the one that stood up, the one that conquers and the one that adapts. As such, these forms are a part of evolution legacy of modern man and society. Human development showed this way is framed by ‘Tall as Mountain’ and ‘Old as Earth’ which represent the nature – something that was always there and exists in its own peace, but is a riddle to us.

Web: http://holyzayn.com/

Youtube: http://bit.ly/YTZAYNBAND

Instagram: http://bit.ly/INSTAZAYNBAND

Facebook: http://bit.ly/FBZAYNBAND

Roine Stolt’s The Flower King – Manifesto Of An Alchemist

L’ennesimo valido lavoro offerto da un artista il cui operato si colloca costantemente su un livello medio alto, grazie alla bravura sua e dei musicisti di cui si circonda, senza possedere però quello spunto decisivo necessario per arrivare all’eccellenza assoluta.

Pur considerandolo un’artista meritevole della massima stima e di altrettanto successo non sono mai riuscito ad entrare del tutto in sintonia con l’idea di progressive di Roine Stolt, del quale ricordo con molto più piacere la militanza nei magnifici Transatlantic (dove comunque c’è molta farina del suo sacco) piuttosto che l’attività con la sua band principale, The Flower Kings, e lo stesso dicasi anche per la recente creatura denominata The Sea Within.

Per i miei gusti il musicista svedese esprime una versione tropo soffusa del progressive, ineccepibile quanto si vuole dal punto di vista tecnico ed esecutivo, ma avara di quegli slanci emotivi che il genere in questione dovrebbe evocare ad ogni pie’ sospinto.
Va da sé che non si può non accogliere con soddisfazione questa nuova uscita targata Roine Stolt’s The Flower King, perché in Manifesto Of An Alchemist non c’è davvero nulla che non vada per allietare le orecchie di chi voglia ascoltare, nel nuovo millennio, sonorità che rielaborano in maniera fedele e competente quanto offerto dai campioni del genere negli anni ‘70 e ‘80.
A tale proposito basta puntare subito alla traccia numero 5, Rio Grande, un bellissimo episodio strumentale che in certi passaggi sembra essere stato sottratto con destrezza alle sessioni di registrazione di A Trick of the Tail o Wind And Wuthering e questo, nel bene e nel male, è quanto bisogna attendersi da un lavoro del genere, piacevole, carezzevole ma destinato a non lasciare un segno indelebile nell’ascoltatore, a meno che questo non sia un fan incallito del prolifico musicista scandinavo.
Ovviamente quanto portato ad esempio in precedenza non deve far pensare ad un’operazione blandamente calligrafica da parte del buon Stolt, che unisce con sapienza gli insegnamenti del prog del secolo scorso con le pulsioni provenienti da oltreoceano (la sua lunga frequentazione con Neal Morse nei già citati Transatlantic in tal senso si percepisce chiaramente, specie in un brano come Lost America): il risultato è l’ennesimo valido lavoro offerto da un artista il cui operato si colloca costantemente su un livello medio alto, grazie alla bravura sua e dei musicisti di cui si circonda, senza possedere però quello spunto decisivo necessario per arrivare all’eccellenza assoluta.

Tracklist:
1. Rainsong
2. Lost America
3. Ze Pawns
4. High Road
5. Rio Grande
6. Next To A Hurricane
7. The Alchemist
8. Baby Angels
9. Six Thirty Wake-Up
10.The Spell of Money

Line-up:
Roine Stolt – lead vocals, guitars, synths, keyboards, bass
Marco Minnemann – drums
Michael Stolt – bass, vocals
Jonas Reingold – bass
Rob Townsend – sax
Max Lorentz – Hammond B3, vocals
Zach Kamins – Moog & keys
Hans Froberg – vocals
Nad Sylvan – vocals

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