Il release party della band Alchimia, progetto gothic metal con influenze tipiche del folk mediterraneo, si terrà il 14 Luglio al Cellar Theory di Napoli.
Ritmiche grasse, chitarre sature ed attitudine selvaggia sono le maggiori caratteristiche degli Uncommon Evolution e la loro musica, un macigno sonoro che passa per i Clutch e si ferma tra le trame del sound dei Corrosion Of Conformity, aggiunge preziose sfumature southern metal trasformando il tutto in hard rock pesantissimo.
Gli Uncommon Evolution si sono formati nel 2013, arrivano dal Montana e sono stati catturati dalla Argonauta Records, per la quale esce il terzo ep Junkyard Jesus.
Prodotto da Machine (Clutch, Lamb of God, Crobot), il lavoro è composto da quattro brani per una ventina di minuti circa che trasportano sulle montagne degli States.
Deserti che diventano paradisi e viceversa, mentre il caldo soffocante del giorno lascia spazio al freddo polare della notte, in un’escursione termica che si riflette nella musica del quartetto, un hard rock pregno di sonorità stoner, duro come la vita nelle provincie americane, maschio e pesante come una band di taglialegna in trip per suoni stonerizzati e a tratti psichedelici.
Ritmiche grasse, chitarre sature ed attitudine selvaggia sono le maggiori caratteristiche degli Uncommon Evolution e la loro musica, un macigno sonoro che passa per i Clutch e si ferma tra le trame del sound dei Corrosion Of Conformity, aggiunge preziose sfumature southern metal trasformando il tutto in hard rock pesantissimo.
I quattro musicisti statunitensi ci sanno fare con la materia e già dalla title track la loro musica è sparata per fare danni, mentre il chorus di Highly Modified Son of a Bitch si stampa in testa così come l’ottimo refrain, mentre il solo arriva direttamente dalla vetta di una montagna.
La discesa si fa dura e l’ andamento cadenzato di Feather Short of Flight segna il ritorno a valle, mentre King Of The Heep concede un momento di gloria al doom settantiano, compresso e destabilizzato da un’atmosfera satura di elettricità.
Un ottima prova per la band ed ennesimo buon colpo per l’etichetta ligure: gli Uncommon Evolution potrebbero regalare grosse soddisfazioni con un auspicabile prossimo full lenght.
TRACKLIST
1.Junkyard Jesus
2.Highly Modified Son of a Bitch
3.Feather Short of Flight
4.King of the Heep
LINE UP
Matt Niles – drums
Rick Bushnell – bass
River Riotto – lead guitar
Briar Gillund – guitar and vocals
Oscuri, melodici e atmosferici come mai era accaduto prima: questi sono gli Ecnephias del 2017, fieri portabandiera di un’identità “mediterranea” in ambito rock e metal, ai quali non viene mai meno quella peculiarità che è caratteristica solo delle band di categoria superiore.
Ogni volta che gli Ecnephias pubblicano un nuovo album, nel mio caso l’attesa dell’estimatore della prima ora è contrastata dalla necessità di scrivere quali impressioni mi abbia destato e, avendo a che fare con una band che innegabilmente non ha mai fatto uscire un disco stilisticamente contiguo a quello precedente, è sempre difficile immaginare cosa attendersi.
Ormai da tempo, con una cadenza biennale, Mancan e soci offrono lavori di grande spessore qualitativo, partendo dal dirompente Inferno (2011), passando per il più estremo Necrogod (2013) per giungere al più darkeggiante album omonimo del 2015.
Personalmente ritenevo che le sonorità presenti in quell’ultimo lavoro rappresentassero stilisticamente le colonne d’Ercole per la band lucana, immaginando che si trattasse del punto più lontano dal metal entro il quale si potesse spingere: The Sad Wonder Of The Sun smentisce puntualmente questa mia congettura, rappresentando al contrario il veleggiare libero di musicisti scevri da condizionamenti stilistici di sorta verso territori finora inesplorati.
Per capire cosa intendo può essere utile partire dalla quinta traccia Nouvelle Orleans, dove si viene accolti da accenni di reggae che sono lontani anni luce dalle asprezze di Necrogod (per non parlare del black/death/doom, per quanto di volta in volta cangiante, di Dominium Noctis e Ways Of Descention) ma che, paradossalmente, non vanno ad intaccare il trademark Ecnephias; peraltro, questo brano non rappresenta neppure il massimo scostamento rispetto ad un’ipotetica strada maestra metallica, visto che la conclusiva You è un ottimo episodio di rock quasi radiofonico, con una chitarra che si erge a protagonista più che in altri frangenti.
Detto delle tracce più emblematiche del nuovo corso, l’album si rivela una raccolta di nove canzoni senz’altro fruibili, almeno se raffrontate con quelle contenute nel precedente lavoro, ma ciò non deve assumere un significato negativo rappresentando, piuttosto, una forma di evoluzione anche rischiosa, in quanto non è detto che possa trovare unanimi consensi, specie da chi considera i primi due album del decennio i più significativi della carriera degli Ecnephias.
La verità è che la musica dei potentini, in tutte le sue vesti possibili, si rivela sempre un veleno che insinua lentamente e che, dopo ogni passaggio nel lettore, acquisisce spessore e fa salire nell’ascoltatore la consapevolezza d’essersi imbattuto nell’ennesimo album di grande spessore.
E allora, quel pizzico di smarrimento iniziale nel rinvenire i retaggi del passato solo nei rari passaggi in growl di un Mancan sempre più cantante ed interprete, nel senso più completo del termine, svanisce al cospetto dei chorus ficcanti che ogni canzone riserva, con menzione d’onore nella prima parte per Gitana e Povo de Santo, e nella seconda metà per Quimbanda e Maldiluna, nelle quali il cantato in italiano torna a lasciare il segno, assieme ad un’ispirazione melodica che, nel primo caso, è asservita ad una ritmica più incalzante e nel secondo, invece, va a toccare il punto più alto del disco per evocatività ed afflato poetico, nonostante accattivanti spunti elettronici possano inizialmente trarre in inganno.
Gli agganci alla produzione passata comunque non mancano, specialmente con la magnifica Sad Summer Night, traccia che riconduce ai momenti più emotivamente intensi di Inferno, e lo stesso in parte vale per l’altrettanto oscura A Stranger. The Sad Wonder Of The Sun è un album elegante e ricco di atmosfere e melodie vincenti, che deve essere ascoltato senza alcun pregiudizio, cosa che del resto è da sempre è il modo giusto per approcciarsi con la musica degli Ecnephias: in questo caso, però, non si può parlare di un balzo in avanti rispetto al precedente lavoro omonimo, bensì, metaforicamente, del salto in corsa da un treno all’altro per finire su un binario che potrebbe condurre verso nuovi ed inaspettati scenari futuri, facendo ritenere al momento improbabile una possibile inversione di marcia.
Oscuri, melodici e atmosferici come mai era accaduto prima: questi sono gli Ecnephias del 2017, fieri portabandiera di un’identità “mediterranea” in ambito rock e metal, ai quali non viene mai meno quella peculiarità che è caratteristica solo delle band di categoria superiore.
Tracklist:
1. Gitana
2. Povo De Santo
3. Sad Summer Night
4. The Lamp
5. Nouvelle Orleans
6. A Stranger
7. Quimbanda
8. Maldiluna
9. You
Line-up:
Mancan: Vocals, Guitars
Nikko: Guitars
Khorne: Bass
Sicarius: Keyboards and piano
Demil: Drums
Female voice on song 2 and 7 by Raffaella Cangero (LA JANARA)
Si sogna grazie ad una musica che regala onde sonore che ci colpiscono nel profondo: si dovrebbero chiudere gli occhi e lasciarsi andare, la meta è lontana ma con i Distant Landscape si può raggiungere lo spazio profondo.
Quando si hanno grandi idee e visioni musicali non è mai facile metterle in musica, e soprattutto non è semplice risvegliare qualcosa nell’ascoltatore, dare quella sensazione particolare.
I Distant Landscape ci riescono benissimo, con un disco maestoso, ma intimo e confortevole al contempo. Il miglior post rock o post metal qual dir si voglia può essere un posto molto bello dove rifugiarsi la riparo dalla tempesta che c’è là fuori, e i Distant Landscape riescono a portarci in una zona nostra, dove possiamo respirare e sognare mentre il diaframma si alza e si abbassa. Le atmosfere del disco regalano momenti di vera magia, di sospensione dei pensieri una bolla di assoluto piacere. I romani riescono a fare ciò con un post rock suonato in maniera divina, con cura e composizioni che paiono semplici solo grazie alla bravura del gruppo che le rende tali. Distant Landscape è nato come progetto solista di Marco Spiridigliozzi, del gruppo doom gothic Raving Season, ma poi non rimane più solo perché riesce a coinvolgere prima il batterista Andrea Biondi, e poi entreranno nel gruppo Fabio Crognale al basso e Alessio Rossetti alla chitarra. E tutto ciò doveva succedere ascoltando questo disco, e ciliegina sulla torta arriva anche Judith alle tastiere e alla voce, già compagna di Marco nei Raving Season. I due si sono portati dietro un certo gusto gotico per la composizione, ma qui il barocco è una piccola parte di un tutto molto più ampio. Si sogna grazie ad una musica che regala onde sonore che ci colpiscono nel profondo: si dovrebbero chiudere gli occhi e lasciarsi andare, la meta è lontana ma con i Distant Landscape si può raggiungere lo spazio profondo. Ottimo disco, e ci sono ancora grossi margini di miglioramento: il futuro brilla laggiù
Tracklist
01. Same Mistake
02. Cage Inside Us
03. First Insight
04. The Desire
05. The Change
06. The Love Of A Mother For Her Sons
07. Distant Landscape
Terzo e nuovo centro per gli Elegy Of Madness, che con il nuovo New Era si confermano come una delle migliori realtà nazionali del symphonic metal.
Quattro anni fa rimasi letteralmente folgorato dal secondo lavoro degli Elegy Of Madness, band pugliese che con Brave Dreams portava una ventata di oscura e sinfonica freschezza nella scena gothic metal.
Non è un caso se il quintetto è saldamente legato alla Wormholedeath, label nostrana con un fiuto eccezionale per band assolutamente non scontate, che siano estreme, dall’approccio classico o come in questo caso piacevolmente orchestrali.
Brave Dreams era piaciuto per un songwriting sopra la media, chitarre che esploravano la scena death melodica scandinava (Amorphis) e quella gotica proveniente dalle strade umide e nebbiose del Regno Unito (Paradise Lost), unite ad atmosfere orchestrali e valorizzate da una singer straordinaria come Anja Irullo .
Gli Elegy Of Madness, al trio storico formato, oltre che dalla cantante, dal chitarrista Tony Tomasicchio e dal violoncellista Luca Basile, si ripresentano con una sezione ritmica nuova di zecca per l’entrata in formazione di Larry Ozen al basso e Francesco Caputo alle pelli, e con un sound che porta con sé qualche importante novità. New Era entra subito nel vivo, l’opener Apokalypsis risulta un brano perfetto per presentare il nuovo lavoro, un singolo orchestrato a meraviglia, dall’appeal irresistibile e con una prova della Irullo che conferma la spiccata personalità espressa in passato: una conferma, dunque, e la consapevolezza di trovarci al cospetto di una delle migliori interpreti del genere in circolazione.
Dicevamo del sound: New Era sposta il tiro su un metal sinfonico ed orchestrale più moderno, perdendo di fatto quelle sfumature che riconducevano al death/gothic dei primi anni novanta ed affascinando non solo con atmosfere apocalittiche, ma con l’uso più presente di una parte elettronica e soprattutto di tanta melodia, così da risultare appetibile agli amanti del genere con i piedi ben saldi nel nuovo millennio.
Diciamo che brani straordinariamente melodici come Fairytale, la title track, song da primo posto nelle classifiche rock se non fosse purtroppo per la carta d’identità tricolore del gruppo, la power ballad Memories River e l’ elegante Reset, avvicinano la musica degli Elegy Of Madness alle splendide trame degli ultimi Epica, più moderni come approccio al genere, finemente orchestrali e meno gotici.
Quando si parla del gruppo pugliese non si può non nominare la Turunen, sempre ispiratrice del magnifico canto della singer nostrana, mentre le orchestrazioni operistiche e cinematografiche della conclusiva Day Zero ci invitano a ricominciare in questa nuova era, dove verremo presi per mano dalla musica di questa straordinaria band: sicuramente il modo migliore per ripartire …
Tracklist
1.Apokalypsis
2.Answer
3.Fairytale
4.Lunacy
5.New Era
6.Divine Obsession
7.Memories River
8.Endless
9.Illuminated
10.Nobody Cares
11.Reset
12.Day Zero
Line-up
Anja Irullo – Voice
Tony Tomasicchio – Guitars and Backing Vocals
Luca Basile – Cello, Orchestra