Hallatar – No Stars Upon The Bridge

No Stars Upon The Bridge è un disco emozionante e coinvolgente, caldo e allo stesso tempo ghiacciato, dove si riafferma una delle più importanti caratteristiche dell’uomo, ovvero la capacità creativa di rielaborare il lutto, poiché il genere umano continua ad andare avanti, il fiume scorre inarrestabile e bisogna trovare il modo per ricordare chi è caduto, e questa è una maniera fantastica.

La musica è un mezzo perfetto per esprimere un dolore, anche per superarlo e riuscire ad andare avanti grazie alla creazione di qualcosa di bello.

Questo è stato ciò che ha mosso Juha Ravio nella scrittura di questo disco, che viene concepito in seguito alla morte della sua amata compagna Aleah Starbridge nel 2016. Juha è il chitarrista dei Swallow The Sun e dei Trees Of Eternity, dei quali gli Hallatar sono un’emanazione diretta. Juha ha vissuto questa tremenda perdita con disperazione, ed ad un certo punto per reagire si è convinto di dover creare qualcosa di nuovo, partendo dai poemi e dai testi della sua amata defunta. Tanto era il bisogno e l’urgenza che la musica del disco è stata concepita in una settimana, al che Juha ha chiamato due musicisti a lui molto cari, oltreché suoi amici: Tomi Joutsen e Gas Lipstick, il primo cantante degli Amorphis, i quali avevano collaborato con Aleah, e il secondo ex batterista degli Him. Il risultato è un gran disco di doom con intasi gotici, un affresco che parla di morte ed assenza, dove ogni nota scuote una cellula sconvolta dal dolore e dalla perdita. L’incedere è lento e maestoso, l’epicità è tangibile, la nobiltà del dolore messo in musica arriva qui a toccare vette altissime, anche grazie alle parole lasciateci da Aleah Starbridge. Ci sono momenti in cui la musica si alza di tono e sembra che sia un mostro che viene ad attaccarci, ma è solo un grido di dolore che viene dal nostro interno. Il valore musicale e poetico di questo disco è notevolissimo, anche se lo stile essenzialmente non si discosta molto dal discorso stilistico dei lavori di Ravio, che si conferma straordinario compositore, coadiuvato da due ottimi compagni di avventura. No Stars Upon The Bridge è un disco emozionante e coinvolgente, caldo e allo stesso tempo ghiacciato, dove si riafferma una delle più importanti caratteristiche dell’uomo, ovvero la capacità creativa di rielaborare il lutto, poiché il genere umano continua ad andare avanti, il fiume scorre inarrestabile e bisogna trovare il modo per ricordare chi è caduto, e questa è una maniera fantastica.

Tracklist
1. Mirrors
2. Raven’s Song
3. Melt
4. My Mistake (feat. Heike Langhans)
5. Pieces
6. Severed Eyes
7. The Maze
8. Spiral Gate
9. Dreams Burn Down (feat. Aleah Starbridge)

Line-up
Tomi Joutsen – vocals
Gas Lipstick – drums
Juha Raivio – guitar, bass, keys

HALLATAR – Facebook

The Haunted – Strength In Numbers

Thrash metal, melodic death ed un approccio hardcore fanno di questa ennesima decina di bombe metalliche un altro massiccio muro estremo a firma The Haunted

I The Haunted furono alla nascita uno dei primi gruppi della seconda ondata del death metal melodico che presto presero le distanze dalle soluzioni dei padri fondatori, per portare il Gothenburg sound verso territori thrash metal.

L’esordio omonimo del 1998 e Made Me Do It (forse l’album più riuscito e famoso della band svedese) furono due bombe thrash/hardcore scagliate sul mercato ancora in brodo di giuggiole per le melodie classiche di In Flames e Dark Tranquillity, ma già abbondantemente presi per il colletto dai primi devastanti Soilwork.
Quello che per tutti era di fatto un super gruppo, vedeva sotto il monicker The Haunted una manciata di musicisti impegnati in passato con la crema del melodic death come At The Gates o In Flames, ma non solo, portando così nuova linfa ed impatto ad una scena che cominciava a rivolgere lo sguardo aldilà dell’ Atlantico.
Nel 2017 possiamo sicuramente affermare che i The Haunted sono diventati una presenza ed una garanzia nel panorama metallico dai rimandi estremi, sempre orientati al thrash metal, sempre maestri nell’amalgamare furia e melodie vincenti, mantenendo un mood devastante nel sound ormai lontano ricordo per alcuni dei loro colleghi.
Certo, non sono mancati gli album meno incisivi nel corso della carriera, ma, con il ritorno di Marco Aro dietro al microfono e Adrian Erlandsson alla batteria, dallo scorso Exit Wounds il sound del gruppo è tornato a fare danni con l’efficacia di un tempo.
Strenght In Numbers è dunque un buon lavoro, con brani dall’impatto per i quali The Haunted sono famosi, rabbiose ripartenze, potenti mid temppo dove si scagliano solos dal buon potenziale melodico, mantenendo un approccio diretto classico della seconda ondata melodic death scandinava.
Thrash metal, melodic death ed un approccio hardcore fanno di questa ennesima decina di bombe metalliche un altro massiccio muro estremo a firma The Haunted: niente di più, niente di meno, quindi se amate il gruppo svedese le varie Brute Force, Preachers Of Death e Means To An End non vi deluderanno, circondate da tracce pesanti come incudini e dalla forte impronta live.
La bravura dei musicisti non si discute, il songwriting è buono, la produzione è esplosiva e l’album viaggia senza intoppi fino alla sua conclusione, direi che la band ed i suoi fans possono essere ampiamente soddisfatti.

Tracklist
1.Fill the Darkness with Black
2.Brute Force
3.Spark
4.Preachers of Death
5.Strength in Numbers
6.Tighten the Noose
7.This Is the End 8.The Fall
9.Means to an End
10.Monuments

Line-up
Jonas Björler – Bass
Adrian Erlandsson – Drums
Patrik Jensen – Guitars (rhythm)
Marco Aro – Vocals
Ola Englund – Guitars

THE HAUNTED – Facebook

Six Feet Deeper – Six Feet Deeper Ep

Il sound dei Six Feet Deeper risulta un hard rock tra reminiscenze vintage legate ai Led Zeppelin, qualche spunto elettrico post grunge e poi rock’n’roll a manetta, quello selvaggio e metallico che si suona da anni in Scandinavia.

Poche notizie ma tanto rock’n’roll da parte dei Six Feet Deeper, quartetto di Stoccolma in arrivo con un ep di quattro tracce più la cover di Immigrant Song del dirigibile più famoso del rock.

Infromazioni con il contagocce sulla storia del gruppo (scelta che non condivido affatto, soprattutto da parte di una band emergente), ma fortunatamente parla la musica ed il sound dei Six Feet Deeper risulta un hard rock tra reminiscenze vintage legate ai Led Zeppelin, qualche spunto elettrico post grunge e poi rock’n’roll a manetta, quello selvaggio e metallico che si suona da anni in Scandinavia.
Al microfono troviamo Sara Lindberg, cantante dotata e con una rock dalle ottime sfumature soul/blues, non lontano dalla dea Heidi Solheim dei Pristine, mentre il resto del gruppo (Patrik Andersson alla chitarra, Emil Mickols alle pelli e Erik Arkö al basso) fa il suo sporco lavoro mantenendo alta la tensione elettrica di un hard rock che porge i suoi omaggi agli Zep (la cover della famosa opener di Led Zeppelin III, in pieno trip vichingo), ai The Winery Dogs (da cui prendono il monicker da un brano contenuto nell’abum Elevate) ed alla scena rock nordeuropea (Hellacopters).
Quattro inediti ben strutturati, un rock duro suonato con passione e sudore, molte citazioni dei gruppi menzionati ma anche un’attitudine già esposta a dovere tra le note di In March The Clown e, specialmente, in Here We Go Again, brano scelto dalla band scandinava per girare il suo primo video.
Se qualcosa doveva dire, questo ep sicuramente ci ha descritto un  gruppo dalle buone potenzialità, resta solo da aspettarne le prossime mosse.

Tracklist
1.In March the Clowns
2.Make It Right
3.Here We Go Again
4.Freak
5.Immigrant Song

Line-up
Sara Lindberg – Vocals
Patrik Andersson – Guitar
Emil Mickols – Drums & Percussion
Erik Arkö – Bass

SIX FEET DEEPER – Facebook

Korpiklaani – Live at Masters Of Rock

In alto i calici e onore ai Korpiklaani …

Dopo un storia iniziata nei primi anni del secolo (ancora prima se consideriamo il periodo contrassegnato dal monicker Shaman) e nove full length che li hanno portati ad ottenere una successo di notevoli proporzioni, i Korpiklaani si autocelebrano con questo mastodontico Cd/Dvd che li immortala al Masters Of Rock di Vizovice, in Repubblica Ceca, durante due concerti tenutisi, rispettivamente, nel 2014 e nel 2016.

Gli alfieri del folk metal nordico più alcoolico sono per loro natura una band nata per le esibizioni dal vivo, nelle quali di sicuro il divertimento è garantito, a patto di avere una certa propensione per queste sonorità che, se non sono nelle proprie corde, alla lunga possono anche risultare stucchevoli.
Fatta questa doverosa premessa, è evidente che un’opera del genere può risultare appetibile particolarmente per chi è preso da un’irrefrenabile desiderio di danzare ai ritmi della humppa proposta da Jarvela e soci, anche perché, in caso contrario, l’ascolto (o la visione, nel caso del DVD/BluRay) di 38 brani piuttosto uniformi dal punto di vista ritmico, 7 dei quali peraltro eseguiti in entrambi i concerti, potrebbe risultare difficilmente digeribile senza un’assunzione alle giuste dosi.
Già, perché il problema, non di tutto il folk metal ma sicuramente di quello più caciarone (detto in senso benevolo), del quale i Korpiklaani sono fieramente tra i capiscuola, è quello di provocare nell’ascoltatore medio un’esaltazione che dura giusto per i primi due ascolti, prima di stabilizzarsi in un moderato apprezzamento, esattamente ciò che accadde quando mi imbattei per la prima volta nei nostri, in coincidenza con l’uscita del notevole Tervaskanto.
A proposito, se la scaletta è tutto sommato ben distribuita tra tutti i nove album, proprio Tervaskanto è stranamente il meno rappresentato (solo con la bellissima Viima), mentre se non altro si è ampiamente attinto ai lavori più datati ed efficaci che racchiudono, tra gli altri, brani anthemici come Journey Man o Happy Little Boozer.
Ma non so neppure se sia il caso di scendere nei dettagli e fare le pulci all’operato, presente e passato, dei Korpiklaani: Live at Masters Of Rock equivale, in fondo, al fissaggio su supporto audio visivo di una festa campestre nella quale un’ottima band si diverte ed il pubblico assiepato sotto il palco fa altrettanto (oltre a bere molto…): che piaccia o meno il genere, qui viene ampiamente raggiunto un obiettivo comune che non è mai scontato. Onore ai Korpiklaani quindi, e in alto i calici.

Tracklist:
CD1 (2016)
01. Intro (Tanhuvaara)
02. A Man With A Plan
03. Journey Man
04. Pilli on pajusta tehty
05. Erämaan ärjyt
06. Lempo
07. Sahti
08. Ruumiinmultaa
09. Vaarinpolkka
10. Viima
11. Metsämies
12. Kultanainen
13. Kipumylly
14. Ämmänhauta
15. Rauta
16. Kylästä keväinen kehto
17. Wooden Pints
18. Vodka
19. Beer Beer

CD2 (2014)
01. Intro (Tanhuvaara)
02. Tuonelan tuvilla
03. Ruumiinmultaa
04. Metsämies
05. Kantaiso
06. Juodaan viinaa
07. Petoeläimen kuola
08. Sumussa hämärän aamun
09. Vaarinpolkka
10. Kultanainen
11. Uniaika
12. Louhen yhdeksäs poika
13. Uni
14. Vodka
15. Ievan polkka
16. Rauta
17. Wooden Pints
18. Pellonpekko
19. Happy Little Boozer

Blu-ray/DVD
2016:
01. Intro (Tanhuvaara)
02. A Man With A Plan
03. Journey Man
04. Pilli on pajusta tehty
05. Erämaan ärjyt
06. Lempo
07. Sahti
08. Ruumiinmultaa
09. Vaarinpolkka
10. Viima
11. Metsämies
12. Kultanainen
13. Kipumylly
14. Ämmänhauta
15. Rauta
16. Kylästä keväinen kehto
17. Wooden Pints
18. Vodka
19. Beer Beer
2014:
01. Intro (Tanhuvaara)
02. Tuonelan tuvilla
03. Ruumiinmultaa
04. Metsämies
05. Kantaiso
06. Juodaan viinaa
07. Petoeläimen kuola
08. Sumussa hämärän aamun
09. Vaarinpolkka
10. Kultanainen
11. Uniaika
12. Louhen yhdeksäs poika
13. Uni
14. Vodka
15. Ievan polkka
16. Rauta
17. Wooden Pints
18. Pellonpekko
19. Happy Little Boozer

Line-up:
Jonne Järvelä – vocals, guitar, hurdy-gurdy & percussion
Tuomas Rounakari – fiddle
Sami Perttula – accordion
Jarkko Aaltonen – bass
Cane Savijärvi – guitars
Matson Johansson – drums

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