Xibalba Itzaes – Ah Tza Xibalba Itzaes

Se si ama il black metal non si potrà che essere contenti di questo ritorno e di questo disco che farà la gioia di chi ama quel ramo del genere che potrà anche essere definito semplice, ma che è ugualmente di grande bellezza.

Si sono fatti attendere ventiquattro e sono una delle prime band di black metal che fa riferimento alla natia cultura Maya: sì sono tornati i Xibalba Itzaes.

Loro sono messicani di passaporto, ma sono Maya nel cuore e nei fatti, dato che tutti loro testi vertono sulla quella grande cultura. Questo è appena il loro secondo disco sulla lunga distanza , dopo quello pubblicato nel 1994, chiamato Ah Dzam Poop Ek, che li aveva imposti all’attenzione della scena black mondiale. I nostri furono fra i propugnatori della scena black aztec maya metal in Messico e non solo: ora vi sono diversi gruppi in giro che si rifanno a quell’immaginario ed alcune si sono anche alleate fra di loro, ma nel 1994 anche in Europa il black metal muoveva i primi passi, tanto per far capire l’importanza di questo gruppo. Questo disco inedito segue la ristampa del debutto e di altro materiale da parte della Nuclear War Now! Productions che ha avuto il grande merito di rimetterlo in pista. Valeva davvero la pena attendere il ritorno di questo gruppo e del suo black metal molto vicino a quello degli esordi, dai suoni molto ortodossi ed influenzati in maniera importante dallo speed. Il cantato è abbastanza pulito, non ci sono growl, le chitarre viaggiano spedite senza essere pesantemente distorte, la batteria è molto vecchia scuola come il basso. Il risultato è un disco black metal molto bello e assai godibile, che riporta indietro negli anni, per una formula che è abbastanza ovvia ma mai facile da riproporre. Ah Tza Xibalba Itzaes è un lavoro ben fatto e suonato da persone che credono fermamente in ciò che fanno, ha un grandioso suono vecchia scuola ed indugiano sulla giusta narrazione, dando spazio ad un certo immaginario di sangue interessante e ben costruito. Se si ama il black metal non si potrà che essere contenti di questo ritorno e di questo disco che farà la gioia di chi ama quel ramo del genere che potrà anche essere definito semplice, ma che è ugualmente di grande bellezza.

Tracklist
01 Ah Tza!
02 Intro All Hail Chaac
03 All Hail Chaac
04 Rituals in the Sun
05 Throughout the Equinox
06 The Storm of Giaia
07 Nine Steps Below
08 Dawn of Endless Horrors
09 Ekab
10 The Owl
11 Ah Tza Xibalba Itzaes
12 Katun II (The First Chronicle)

Line-up
Marco Ek-Balam – Guitar & Vocals
Vic EkXibChac – Bass Guitar
Jorge Ah-Ektenel – Drums

XIBALBA ITZAES – Facebook

Festerday – Iihtallan

Licenziato dalla Season Of Mist, il primo colpo sparato ad altezza d’uomo dal metal estremo nord europeo si chiama Iihtallan, se il buongiorno si vede dal mattino in questo nuovo anno ci sarà da divertirsi.

Il 2019 è appena iniziato e dalla lontana Finlandia arriva la prima bomba che sulla fiancata porta la scritta death metal.

Il primo album dei Festerday non è in effetti un debutto, visto che la band risulta attiva dall’alba degli anni novanta e in realtà per diversi anni ha sfornato grandi lavori con il monicker di tutto rispetto …And Oceans.
Così, dopo i primi demo ed il ritorno nel 2015 alla piena attività licenziando un paio di ep, è giunto il momento anche per l’originaria incarnazione degli …And Oceans di dare alle stampe il suo primo lavoro, e anche se ci sono voluti trent’anni si può tranquillamente dire che ne è valsa la pena.
Iihtallan è un album eccellente nel quale il gruppo finlandese (che prende il nome da un brano dei Carcass contenuto in Reek Of Putrefaction), raccoglie tre decenni di metal estremo di matrice death e li fonde in un pesantissimo e malato sound su cui si basano questa quindicina di tracce che compongono l’opera.
Death metal scandinavo, brutal death metal, doom e progressione estreme in stile Death (la band) si fondono in un’unica detonazione che libera liquami putrescenti sul fondo di un pozzo cimiteriale al suono di Edible Excrement, Dreaming For The Dead e Into The Void, spettacolare e quanto mai maligno mid tempo strutturato su un riff proveniente da una cripta millenaria.
Licenziato dalla Season Of Mist, il primo colpo sparato ad altezza d’uomo dal metal estremo nord europeo si chiama Iihtallan, se il buongiorno si vede dal mattino in questo nuovo anno ci sarà da divertirsi.

Tracklist
1.The Last Night of the Earth
2.Edible Excrement
3.Tongues for Rotten Kisses
4.Kill Your Truth
5.Control Not Your Soul
6.Dreaming for the Dead
7.Vomiting Pestilence
8.Flowers of Bones
9.Flowers of Stone
10.Into the Void
11.Constructive Decomposition
12.Gravelove
13.The Human Race Disgrace
14.Your Saliva My Vagina
15.Let Me Entertain Your Entrails
16.Let Me Entertain Your Entrails (Redux)

Line-up
Timo Kontio – Guitar
Teemu Saari – Guitar
Kena Strömsholm – Vocals
Antti Räisälä – Bass
Jani Kuoppamaa – Drums

FESTERDAY – Facebook

Homo Macabrus – Homo Macabrus

Il musicista greco, ispirato e convincente, non lascia nulla al caso, le sue ispirazioni si perdono nella scena death metal e brutal e le tracce risultano una serie di mazzate dove gli ospiti al microfono non mancano di dare il loro prezioso contributo.

Sotto il monicker Homo Macabrus si cela il polistrumentista greco Teo Kakouris il quale, aiutato da un gruppo di vocalist della scena estrema mondiale (uno per ogni brano), ha dato vita a questo brutale lavoro omonimo.

Si tratta di un album di death metal violento ed appunto brutale, diviso tra devastanti e velocissime tracce e mid tempo potentissimi, nel quale gli otto vocalist si danno il cambio, dando vita ad un’opera varia e a suo modo affascinate.
Kakouris ha fatto le cose per bene, quindi vi troverete al cospetto di un’opera soddisfacente sotto tutti i punti di vista; il musicista greco, ispirato e convincente, non lascia nulla al caso: le sue influenze si perdono nella scena death metal e brutal e le tracce risultano una serie di mazzate dove gli ospiti al microfono non mancano di dare il loro prezioso contributo.
Da segnalare le notevoli Mental Disorder, con la presenza di Nathan Kleinclauss dei Voraphilya, e Misanthropy, dove a vomitare odio troviamo Supratim Sen degli immensi deathsters indiani Fragarak, ma è comunque tutto l’album che merita la giusta attenzione da parte dei fans di queste sonorità.

Tracklist
1. Stained By Blood
2. Bestial Savagery
3. Exctinction of Mankind
4.The Last Trace of Hope
5.Mental Disorder
6.Slaughter The Seeds
7.Misanthropy
8. Betrayed

Line-up
Teo Kakouris – Guitars/Bass/DrumProgramming/Mixing/Mastering

Guests
Amadeus Laub in Stained By Blood
Edwin Haroutonian (Nyctophile) in Bestial Savagery
Fabrizio Presente in Exctinction of Mankind
Katrin Brunier (Cyclocosmia) in The Last Trace of Hope
Nathan Kleinclauss (Voraphilya) in Mental Disorder
Christopher Roche (Möltar, ex-Aepoch) in Slaughter The Seeds
Supratim Sen (Fragarak) in Misanthropy
Cameron Aldrich in Betrayed

HOMO MACABRUS – Facebook

ACHERONTE – SON OF NO GOD

Con questo secondo album, uscito per l’etichetta ucraina Grimm Distribution, il quartetto marchigiano conferma quanto di buono già espresso con le produzioni precedenti. Un ottimo lavoro, completo, maturo e mai banale.

La mitologia greca o romana, da sempre, ha influenzato il Black Metal della Fascia Mediterranea. Non fanno eccezione i marchigiani Acheronte (un nome, una garanzia) che, attraverso questo loro ultimo sforzo (il secondo full-length dopo già un demo, un mini cd e due split all’attivo) ci traghettano, quasi impersonificando Caronte stesso, nell’Ade del Black Metal.

Il viaggio dura poco più di 45 minuti, attraverso 6 tracce di puro odio antico, avviluppandoci tra le fiamme dell’Inferno, in un viaggio musicale devastante. Non stiamo navigando per quel ramo del Lago di Como, ma percorriamo il fiume del dolore (come lo definivano gli antichi greci), il ramo del fiume Stige, unica via verso gli Inferi più profondi. Il viaggio sul fiume che dissetò i Titani (scatenandone l’ira di Zeus, che lo maledì), non poteva che avere una colonna sonora tetra, nera, oscura, stigia appunto.
Immersi nel Chaos abissale, gorgogliante oscenità e blasfemie, per via del messaggero (nonché cantante…) Lord Baal (all’anagrafe Mario Sgattoni, abile orditore di parti vocali e maestro nell’arte alchemica del miscellaneo scream/growl), percorriamo in sei lunghe tappe il nostro pellegrinaggio, verso la destinazione che segnerà la fine della vita per come la intendiamo noi, attraversando il confine tra il mondo dei vivi e il mondo e gli Inferi, verso il nostro destino di dannazione eterna.
Il nostro viaggio verso l’Oltretomba non sarà silenzioso. Come nei migliori film horror, il soundtrack dovrà esserne all’altezza, e pertanto quanto proposto dai Nostri dovrà, per forza di cose, prepararci agli eterni dolori e alle infinite sofferenze, che ci riserveranno gli Inferi. Il desolante Black Metal degli Acheronte pertanto, rende ancor più angosciante il nostro conosciuto destino, consapevoli che la musica qui, non vuole allietarne il viaggio, bensì renderlo ancor più disperato e ricolmo di afflizione e tormento.
Ma noi ne siamo coscienti. Anzi, è proprio quanto ci donano i quattro ragazzi di San Benedetto del Tronto, a darci forza, attraverso un Black Metal ottimamente suonato, sì classico, ma mai assolutamente monotono e scontato. Molti cambi di tempo denotano, fin da subito, buone capacità tecniche e non indifferenti attitudini creative. Brani come Heralds of Antichrist e Babylon Unholy Hammer sono un inno all’anti-cristianità e a malvagi Dei Antichi; brani ben studiati, capaci di irrompere nei nostri padiglioni auricolari, grazie ad un blast beat ciclico, tipico del genere, ma mai caotico od improvvisato. Accelerazioni improvvise, travolgenti, grazie alla furia cieca (ma non sorda…) di Bestia, ossia Marco Del Pastro, che ha scelto un monicker adatto alle sue belluine attitudini musicali; come in Trascendental Will e nella title track, dove un drumming feroce, ma incapace di avvilupparsi su se stesso, ed invece sapientemente abile a dettare i ritmi ai pezzi, dialogando meravigliosamente con Phobos (Luigi Biondi, abile manipolatore della sei corde) e con A.T. La Morte (bass player – alias Adamo Tirabassi), riesce a rendere ogni traccia differente, meravigliosamente discorde, una dall’altra. E così, l’album piacevolmente scivola via, verso l’ultima traccia, Fall of Perfection. Dodici minuti (e venticinque secondi) di cadenzati ritmi, velocità sostenute, ossessive ciclicità, in una delle più classiche forme di traditional blast, che ci coinvolgono totalmente, dimentichi che allo scoccare del ventiseiesimo secondo, saremo giunti infine, alle porte degli Inferi. D’altronde Caronte ci aveva avvertiti : “Non sperate mai più di rivedere il cielo. Io vi porto sull’altra riva nel buio eterno, nel fuoco o nel gelo“.

Tracklist
1. Heralds of Antichrist
2. Four Beasts
3. Babylon Unholy Hammer
4. Trascendental Will
5. Son of No God
6. Fall of Perfection

Line-up
Phobos – Guitars
Lord Baal – Vocals
A. T. La Morte – Bass
Bestia – Drums

ACHERONTE – Facebook

Svartidauði – Revelations of the Red Sword

Gli Svartidauði, con il loro secondo disco, ci portano in oscuri regni dove la dissonanza si incontra con morbose e visionarie melodie offrendoci un superbo ed evocativo affresco del suono islandese.

Era molto attesa, dopo sei anni da Flesh Cathedral, la seconda prova sulla lunga distanza per gli islandesi Svartidauði i quali avevano il compito, ove mai ce ne fosse stato bisogno, di dimostrare la cristallina purezza del black espresso nell’isola medio atlantica.

A quelle latitudini prospera una scena molto viva e ricca di fermento anche nel 2018, con il nuovo e splendido disco dei Carpe Noctem, a cui si aggiunge Revelations of the Red Sword, titolo assai evocativo, con marcati riferimenti alla potenza del Sole, inteso come la maggior forza creativa e distruttiva al di sopra del mondo. Sei brani con i quali la band esplora vividamente reconditi angoli oscuri del suono black, distillando note dissonanti all’interno di episodi perfettamente compiuti, tesi, vibranti, articolati e spesso asfissianti; rispetto al disco d’esordio del 2012 i musicisti hanno allargato le maglie sonore dei loro brani, miscelando un gusto melodico fortemente visionario, mantenendo comunque una carnalità data dalla forza interpretativa e sonora. In Flesh Cathedral i suoni erano più monolitici e ripetitivi, creando un’ atmosfera angosciante e opprimente, mentre nella nuova opera il percorso musicale offre una maggiore varietà, non tralasciando comunque gli ingredienti primari del loro suono, una texture chitarristica densa e impenetrabile ma con una anima melodica matura e visionaria. Lo splendido lavoro di mixaggio ad opera di un altro grande musicista Stephen Lockhart (nel 2017 rilasciò come Rebirth of Nefast il fantasmagorico Tabernaculum) rappresenta un ulteriore valore aggiunto ad un opera che penetra lentamente sottopelle; l’intro strumentale di Wolves of a Red Sun lascia stupefatti per intensità e atmosfera, con il suo dilaniante chitarrismo prima di esplodere in un feroce suono black dissonante e “caotico”. Sono passati sei anni dal debutto e la band ha continuato a maturare il proprio suono, attraverso tre EP che li ha portati a un risultato veramente magnifico, in cui il suono dissonante, tipico di un certo black, è sviscerato ed è capace di creare brani affascinanti e morbosi, come la commovente Reveries of Conflagration (…I’m the the flame that burns in the heart of every man…) o Aureum Lux, undici minuti lenti, meditativi, che inesorabilmente si liquefano a contatto dei raggi solari. Ultimo grande lascito di un 2018 ricco di ottime uscite.

Tracklist
1. Sol Ascending
2. Burning Worlds of Excrement
3. The Howling Cynocephali
4. Wolves of a Red Sun
5. Reveries of Conflagration
6. Aureum Lux

Line-up
Magnús – Drums
Þórir – Guitars
Sturla Viðar – Vocals, Bass

SVARTIDAUDI – Facebook

Luke Fortini – Inside

Fortini, oltre alla riconosciuta ottima preparazione strumentale, esibisce anche un buon talento nella scrittura di brani che non restano avviluppati da virtuosismi fine a sé stessi.

Non certo un nome nuovo della scena metal/rock nazionale, il chitarrista Luke Fortini presenta il suo nuovo album solista interamente strumentale.

Il musicista, oggi in forza agli Hyperion (band heavy/thrash di cui ci siamo occupati in occasione dell’uscita dell’album Dangerous Days) ed agli Imago Imperii (epic/power metal), ha un passato in molti altri gruppi della scena metal tricolore e alle spalle una manciata di lavori solisti che precedono questo nuovo lavoro intitolato Inside.
I sette brani sono stati scritti, registrati e suonati interamente da Fortini, il quale, oltre alla riconosciuta ottima preparazione strumentale, esibisce anche un buon talento nella scrittura di brani che non restano avviluppati da virtuosismi fine a sé stessi rivelandosi a loro modo originali ed affascinanti anche per chi non ama le opere strumentali.
L’album si apre con la title track, un brano progressivo e dalle atmosfere oscure che a tratti ricorda i Goblin, ma a seguire le tracce prendono strade diverse, raggiungendo lidi che vanno dal metal estremo al rock sperimentale, fino a raggiungere atmosfere stranianti nella conclusiva From Hell To Space, che si sviluppa tra suoni ed effetti dai rimandi cinematografici, ricordando la colonna sonora di un film muto.
Un album scritto per sé stesso, che trova nella sua varietà di stili l’arma per non sfigurare tra le opere del genere.

Tracklist
1.Inside
2.The Prism
3.Interplanetary Code
4.Irregular
5.The Black Demon
6.Virtuoso
7.From Hell To Space

Line-up
Luke Fortini – All Instruments

LUKE FORTINI – Facebook

METEORE: VIOLENT FORCE

Unico disco, di una band storica. Per chi ama Sodom, Assassin, Darkness, Living Death, Tankard, Possessed, Razor, Slayer, Vendetta e Dark Angel.

Tra il 1984 ed il 1985, nella città tedesca di Velbert, sorsero i Violent Force.

Nel 1985 la formazione finalmente si stabilizzò e il gruppo apparve sulla compilation Teutonic Invasion. Il thrash dei quattro ragazzi tedeschi cominciò a mietere consensi in patria. Dopo ben cinque demo, nel 1987 uscì infine Malevolent Assault of Tomorrow, esordio ed unico lavoro dell’act germanico, per la Roadrunner. Le speranze riposte dal quartetto si tramutarono presto in delusione: il disco, benché valido ed ottima espressione del più puro ed incontrastato speed-thrash made in Germany, non riuscì a farsi notare e si perse tra le molte altre produzioni dello stesso genere, in Europa centrale. Anche i testi, malgrado in apparenza ingenui, non erano da poco e trattavano problemi sociali e rischi legati al nucleare. Ma non fu abbastanza e giunse, immeritato, lo split. Oggi, possiamo riapprezzare questa meteora grazie alla ristampa della HR, sempre attivissima e da seguire.

Tracklist
1- Dead City
2- Soulbursting
3- Vengeance and Venom
4- MAOT
5- What About the Time After
6- Sign of Evil
7- Violent Force
8- The Night
9- Destructed Life
10- SDI

Line up
Lemmy – Vocals / Guitars
Stachel – Guitars
Hille – Drums
Waldy – Bass

Duirvir – Endless Graves, Endless Memories

Il disco è una puntata notevole dell’eterno raccontare della vita e della morte, di come siamo cenere portata via dal vento, mentre viviamo per un ricordo, per un attimo che brucia in fretta.

I Duirvir sono di Udine, e sono nati nell’estate del 2011 da un’idea dei due chitarristi Iskhathron e Ithydvea.

Il gruppo nacque inizialmente come progetto di melodic death meta sulla scia di gruppi come gli Amon Amarth, e in seguito il progetto è evoluto in maniera costante, fino ad arrivare ad un post black metal, che è la punta dell’iceberg, perché sotto ci sono molte meraviglie. Come tanti musicisti di talento ed evoluti, i Duirvir hanno intrapreso un sentiero sconosciuto che passo dopo passo è mutato ed è arrivato ad essere ciò che ci presentano in questo bel debutto sulla lunga distanza. Il cambio avviene con il primo demo Duir del 2013, dove le istanze post black, atmospheric black e doom vedono la luce in maniera compiuta per poi realizzarsi nell’ep Idho del 2014, che permette loro di suonare anche in festival prestigiosi. Una domanda lecita che potrebbe essere fatta da un ascoltatore attento è la seguente: cosa hanno i Duirvir di diverso rispetto ai tanti gruppi atmospheric e post black? Una breve risposta potrebbe essere che la musica della band udinese ha un sapore diverso, un incedere molto più black nel tipo di composizione e nella resa. La risposta più lunga e molto più compiuta sono le cinque tracce e i quasi trenta minuti di Endless Graves, Endless Memories, un disco che va assaporato lentamente, come una giornata di neve lenta, dove si guarda fuori dalla finestra o camminando sulla neve fresca, in quel silenzio carico di rumori soffusi. L’atmosfera creata dai Duirvir è notevole e molto ben strutturata, si sente subito che il gruppo ha qualcosa in più, e lo sviluppo del disco è pieno di episodi notevoli, di momenti malinconici e dolci, di carezze struggenti e graffi rabbiosi, di slanci e di momenti di isolamento, ma tutto è caduco eppure eterno proprio come dice il titolo. Il disco è una puntata notevole dell’infinito raccontare della vita e della morte, di come siamo cenere portata via dal vento, mentre viviamo per un ricordo, per un attimo che brucia in fretta. Il cantato in growl si alterna a quello in chiaro e le voci giostrano benissimo, come tutto il resto del gruppo. Un’opera che colpisce al cuore chi sa che dentro al black ci sono infiniti universi, un premio per persone che godono di piccole grandi gioie: il gran debutto di un gruppo che ha ancora enormi margini e tanto da dire.
Scaricabile con offerta libera dal loro sito.

Tracklist
1.Autumnal Lethargy
2.Blooming the Rose
3.Storm’s Chant
4.Drop from the Woods
5.Haggard Sin

Line-up
Marjan – Voice, Guitar
Ivan – Guitar
Luca – Bass
Fabiano – Drums

DUIRVIR – Facebook

Corpsessed – Impetus Of Death

Il ritorno dopo quattro anni si chiama Impetus Of Death, una terribile e marcissima colata di fango mortifero, composto da otto brani che risultano assolutamente estremi ed inattaccabili.

La Finlandia non è solo terra di metal estremo progressivo e folk, perché anche il death metal classico è ben radicato, come in tutte le terre del nord, e il nuovo lavoro dei Corpsessed arriva come un uragano a dimostrarlo.

La band di Järvenpää aveva già dato un bel scossone alla scena con il primo full length Abysmal Thresholds, un fiume in piena composto di melma e cadaveri, strappati a cimiteri distrutti dall’uragano Corpsessed.
Il ritorno dopo quattro anni si chiama Impetus Of Death, una terribile e marcissima colata di fango mortifero, composto da otto brani che risultano assolutamente estremi ed inattaccabili.
Difficile non provare un sentore di nefasta atmosfera, ed il lento incedere doom/death che a tratti si alterna con il bombardamento ritmico a cui la band ci sottopone è di quanto più terrificante si possa ascoltare, un monolite mostruoso e micidiale che si sposta come una tempesta provocando disastri biblici.
In questa atmosfera da inferno sulla terra si muovono con disinvoltura Matti Mäkelä e soci, mostruosi assassini al soldo del metal estremo di scuola Abhorrence/Incantation che la band amalgama con rilevanti forme di death metal scandinavo, in uno tsunami vorticoso e letale.
La torbida fiumana porta con sé monolitici brani come l’opener Impetus Of The Dead, la devastante e macabra Sortilege, la vulcanica Graveborne e i dieci minuti di putrescente doom/death della conclusiva Starless Event Horizon.
Estremo, brutale e devastante, Impetus Of Death non lascia scampo e ci consegna una band da considerare tra le punte nel vasto panorama del death metal europeo.

Tracklist
1. Impetus Of The Dead
2. Sortilege
3. Endless Plains Of Dust
4. Graveborne
5. Paroxysmal
6. Forlorn Burial
7. Begetter Of Doom
8. Starless Event Horizon

Line-up
N. Matilainen – vocals
M. Mäkelä – guitars
J. Lustig – guitars
J-P. Manner – drums
T. Kulmala – bass

CORPSESSED – Facebook

All Else Fails – The False Sanctuary

Il lavoro degli All Else Fails non si può stroncare, poiché è comunque una proposta a suo modo interessante, ma da un band del genere ci si aspetta qualcosa in più.

Gli All Else Fails sono un altro valido gruppo di metal moderno dal Canada, e più precisamente da Edmonton nello stato di Alberta.

Nati nel 2006, i canadesi sono al quarto ep e a tre lp su lunga distanza, si sente quindi che hanno raggiunto una ragguardevole maturità sonora e che sono un notevole gruppo di metal moderno. Gli stilemi sono quelli tipici degli ultimi In Flames, quelli più melodici e vicini ai gusti del pubblico americano, per intenderci. Qui tutto scorre bene, la potenza si accompagna in maniera piacevole alla melodia, producendo un valido disco di metal moderno. La pecca degli All Else Fails è che mancano di originalità, nel senso che svolgono molto bene il compitino, è tutto incasellato adeguatamente, ma manca decisamente lo spunto personale, quel guizzo che permetterebbe al disco di compiere un balzo in avanti. In The False Sanctuary è troppo scoperta la ricerca di una formula di successo, e se già il gruppo canadese è un nome di rilievo all’interno della scelta, potrebbe fare ben di più se ce ne fosse l’intenzione. Il problema è che molto probabilmente a questi musicisti va bene così, nel senso che un ep simile ha il suono che si può imporre all’attenzione di chi ascolta esclusivamente il metal moderno e giovane, mentre gli altri sono tagliati fuori. Nonostante il suo indubbio talento, la band si limita a proporre a chi apprezza queste sonorità qualcosa di molto appetibile, anche se ciò è stato già sentito e risentito. La produzione è totalmente votata a rendere al meglio quanto sopra, facendo perdere freschezza e potenza e rendendo il tutto un po’ piatto. Il lavoro degli All Else Fails non si può stroncare, poiché è comunque una proposta a suo modo interessante, ma da un band del genere ci si aspetta qualcosa in più.

Tracklist
1. A Dream of Names
2. Wolves
3. Thrice Broken
4. The Pause
5. Love In The Gloom
6. Bones (2015 Demo Version)
7. The Forever Lie (2015 Demo Version )

Line-up
Barrett Klesko – Vocals, Guitar, Programming –
Mike Sands – Guitar –

ALL ELSE FAILS

When Plagues Collide – Tutor Of The Dying

Se pensate che il metal moderno non sia in grado di portare alta la bandiera del genere più estremo, allora non vi siete ancora imbattuti nel gruppo belga e nel loro Tutor Of The Dying,

Chiamatelo come volete: deathcore, death metal moderno, amatelo, odiatelo, ma sappiate che un album come questo devastante lavoro intitolato Tutor Of The Dying è di una forza espressiva dirompente.

Loro sono i belgi When Plagues Collide, attivi da appena due anni e con un solo ep alle spalle, sono in cinque e hanno dato vita ad un’opera estrema straordinaria per potenza, intensità e brutalità: la band ci investe con gli undici brani che compongono Tutor Of The Dying. album nobilitato da una parte sinfonica che però non risulta invadente essendo usata con parsimonia,
Death metal, core, brutal, accenni grind ed armonie orchestrali entrano in quello che rimane un lavoro devastante, formando una musica che deflagra epica, violenta e brutale.
Growl cattivissimo, che a tratti prende toni grind core, ritmiche stoppate ma varie tra accelerazioni violentissime e mid tempo tellurici, brani operistici dall’andamento inquietante che si trasformano in metalliche deflagrazioni sonore sono le peculiarità della musica creata dai When Plagues Collide in questo primo bellissimo lavoro.
Se pensate che il metal moderno non sia in grado di portare alta la bandiera del genere più estremo, non vi siete ancora imbattuti nel gruppo belga e nel loro Tutor Of The Dying, fatelo al più presto.

Tracklist
1. Messengers of the Dying
2. Fertilization with the Bodies of Man
3. Legion
4. Dictating Violence
5. Als Imerative Grootmacht
6. Tutor of the Dying
7. Fleshmound
8. Belials Archetype
9. Marked for Destruction
10. Corpus Maleficus
11. Vows

Line-up
Wouter Dergez – Vocals
Joris Durgez – Guitars
Santy Van der Mieren – Guitars
Bastiaan Barbieux – Bass
Siebe Hermans – Drums

WHEN PLAGUES COLLIDE – Facebook

Sacrificium Carmen / Sarkrista / Malum – Trinity of Luciferian Illumination

Trinity of Luciferian Illumination è un ottima uscita rivolta essenzialmente ad appassionati puri e duri del genere, visto che le tre band coinvolte confermano in pieno il loro valore senza offrire però particolari spunti dai quali poter trarre indizi, anche parziali, di cambiamenti nel prossimo futuro: ma a chi ama il black metal tutto ciò di norma basta ed avanza.

La sempre attiva Purity Through Fire, etichetta tedesca specializzata in black metal, propone questo interessante split album che ci presenta tre realtà invero dai tratti piuttosto simili, ma tutte indubbiamente di buon livello.

Dei finlandesi Sacrificium Carmen non si può che ripetere quanto detto di buono in occasione del loro recente album Hermetica: il fatto che sia lo split che il full length siano stati pubblicati a distanza molto ravvicinata non fa che rendere questi tre brani inediti del tutto conformi a quanto già ascoltato, il tutto però con un accezione positiva, visto che la band di Tampere continua sempre più a convincere con il proprio melodico ed incessante incedere; Kuolonkerjäläinen e Soihdunkantaja esibiscono ritmi intensi ed accattivanti, mentre Ikiliekki si rivela una traccia relativamente più ragionata e rallentata, almeno nella parte iniziale, prima di esplodere nel finale.
I tedeschi Sarkrista sono una delle band che più ha impressionato nell’ultimo decennio in virtù di due ottimi album, l’ultimo dei quali, Summoners of the Serpents Wrath, uscito lo scorso anno: musicalmente la band proveniente dall’estremo nord della Germania fa proprio l’insegnamento soprattutto del black svedese, con i migliori Arckanum che paiono essere uno dei maggiori riferimenti; Distant Blazing Battle Horns e Staring with Fiery Eyes sono due notevoli brani, con il secondo che si fa preferire per intensità e cattiveria
Le ultime tre tracce sono appannaggio dei Malum, anch’essi esponenti dell’emergente scena finnica; anche per la band di Turku l’ultimo album risale al 2017 Night of the Luciferian Light ed in effetti bisogna dire che i tre gruppi che partecipano allo split album sono abbastanza omogenei anche a livello di curriculum, visti che tutti hanno due full length all’attivo, oltre a svariate uscite minori, in un arco temporale compreso dal 2013 in poi.
I Malum appaiono solo un po’ più ruvidi rispetto ai compagni d’avventura, forse anche a causa di una produzione più sporca, ma sostanzialmente le coordinate non cambiano, tramite l’offerta di una traccia lunga ma convincente come Opening the Gates of Cursed Dimension, una più breve Possessed votata al black’n’rpoll, con la sola conclusiva Desecrating the False Temples che assume toni più algidi e cadenzati, offrendo un gradito spunto di discontinuità rispetto a quanto ascoltato in precedenza.
In sostanza Trinity of Luciferian Illumination è un ottima uscita rivolta essenzialmente ad appassionati puri e duri del genere, visto che le tre band coinvolte confermano in pieno il loro valore senza offrire però particolari spunti dai quali poter trarre indizi, anche parziali, di cambiamenti nel prossimo futuro: ma a chi ama il genere tutto ciò di norma basta ed avanza.

Tracklist:
1. Sacrificium Carmen – Kuolonkerjäläinen
2. Sacrificium Carmen – Soihdunkantaja
3. Sacrificium Carmen – Ikiliekki
4. Sarkrista – Distant Blazing Battle Horns
5. Sarkrista – Staring with Fiery Eyes
6. Malum – Opening the Gates of Cursed Dimension
7. Malum – Possessed
8. Malum – Desecrating the False Temples

Line-up:
Sacrificum Carmen
Hypnos – Bass
Advorsvs – Guitars
Profostus – Guitars
Hoath Cambion – Vocals
Xeth – Drums

Sarkrista
Exesor – Drums
Farbauti – Guitars
Revenant – Vocals
VT – Guitars

Malum
KK – Bass
HH – Drums
Valtteri Tuovinen – Guitars
EV – Guitars
Tyrant – Vocals, Guitars, Bass

SACRIFICIUM CARMEN – Facebook

SARKRISTA – Facebook

MALUM – Facebook

Nailed To Obscurity – Black Frost

Un album come Black Frost, pur nel suo peccare in originalità, resta in ogni caso un ascolto fortemente consigliato agli amanti di un genere che riesce sempre a toccare le corde emotive giuste.

Accasatisi alla Nuclear Blast dopo una dozzina d’anni di gavetta, tornano sul mercato i Nailed To Obscurity, band tedesca che rilascia il suo quarto lavoro in studio intitolato Black Frost.

La formula che contraddistingue il quintetto è quella ormai nota del progressive melodic death metal dalle atmosfere doom dark, qui esibita in una delle sue vesti più convincenti.
I Nailed To Obscurity, inutile negarlo, si ispirano a Opeth e Katatonia, immettono nel loro sound momenti di poetico doom che ricorda i My Dying Bride e a tratti spingono sull’acceleratore sconfinando nel death metal melodico.
Da qui si parte per un ascolto di questo nuovo Black Frost che, se mostra dei limiti di personalità, soddisfa sicuramente i fans del genere, con un’ora abbondante di suoni ed atmosfere oscure e melanconiche, dure e romantiche, perfettamente gestite nel corso dell’intero album.
Tra suoni ed arrangiamenti sugli scudi, il buon Raimund Ennenga si erge a protagonista con una performance varie ed ottima sia nelle tonalità estreme che in quelle pulite, interpretando un lotto di brani che, tra possenti parti death, atmosferici e dilatati momenti oscuri e tratti progressivamente intensi, portano con loro echi delle opere gothic doom di primi anni novanta.
Un album come Black Frost, pur nel suo essere evidentemente derivativo, resta in ogni caso un ascolto fortemente consigliato agli amanti di un genere che riesce sempre a toccare le corde emotive giuste; quindi, se da un lato in brani come la title track, Feardom, Cipher o Road To Perdition le influenze ed un certo manierismo tendono ad affiorare maggiormente, dall’altro la bellezza di questa raccolta di tracce, la sua oscura melanconia e le toccanti melodie doom/dark rendono l’album meritevole della massima attenzione.

Tracklist
01. Black Frost
02. Tears Of The Eyeless
03. The Aberrant Host
04. Feardom
05. Cipher
06. Resonance
07. Road To Perdition

Line-up
Raimund Ennenga: vocals
Volker Dieken: guitars
Jan-Ole Lamberti: guitars
Carsten Schorn: bass
Jann Hillrichs: drums

NAILED TO OBSCURITY – Facebook

Currents – I Let The Devil In

In I Let The Devil In ci sono strutture potenti e belle sfumature: il metalcore con i Currents non vi sembrerà più ovvio come prima, ma qualcosa di valore.

Metalcore dai molti innesti post hardcore, derive djent e con momenti di deathcore, il tutto con molta melodia.

I Currents sono una delle migliori espressioni del metal moderno che si possano trovare in giro, hanno un suono giovane e ben studiato. Le canzoni sono nate durante le sessioni di registrazione dell’album precedente, The Place I Feel Safest, e il gruppo, come ha affermato rispondendo su Reddit ad un ascoltatore, non voleva che fossero l’appendice di un’eventuale edizione di lusso del disco ed ecco questo ep. Le canzoni sono ben variegate e mostrano lati meno conosciuti di questo gruppo del Connecticut. I ragazzi sono consapevoli di essere un gruppo al di sopra della media per quanto riguarda il genere e portano avanti un discorso bene preciso, mettendo al centro di tutto il perfetto bilanciamento fra potenza e melodia, che è poi il marchio di fabbrica del genere, ma qui acquista un significato diverso grazie al loro talento. Ascoltando i Currents si possono trovare motivi di interesse per varie tipologie di metallaro, da quello più moderno e prevalentemente giovane, a quello più vecchio ma interessato ad ascoltare il meglio del metalcore, o meglio, ciò che non è solo metalcore come in questo caso. Questo ep è la dimostrazione che i Currents sono una band che ha molteplici soluzioni sonore ed una brillantezza generale che li pone in posizione privilegiata rispetto ad altri gruppi e che, concentrando gli sforzi, un ep è molto meglio di dischi più lunghi. La lunghezza del disco è giusta e permette di cogliere tutte le cose che vanno colte. In I Let The Devil In ci sono strutture potenti e belle sfumature: il metalcore con i Currents non vi sembrerà più ovvio come prima, ma qualcosa di valore.

Tracklist
1. Into Despair
2. My Disguise
3. To Feel Empty
4. The Rope
5. Forever Marked

Line-up
Brian Wille – Vocals
Chris Wiseman – Guitar
Ryan Castaldi – Guitar
Dee Cronkite – Bass

CURRENTS – Facebook

Geostygma – The Die Is Cast

Ritmiche intricate ma perfettamente leggibili, uno spirito estremo indomito che non lascia spazio a cedimenti ed ovviamente una grande tecnica strumentale fanno di questi quattro brani una partenza sorprendente per i Geostygma.

Venti minuti di musica tecnicissima, estrema e brutale è quello che ci propongono i francesi Geostygma con il loro primo ep autoprodotto composto da quattro brani molto interessanti.

Non si tratta solo di death metal tecnico per gareggiare con altre band della scena su di chi sia il più bravo, ma di metal estremo progressivo di indubbio valore, su cui il gruppo parigino punta per ottenere la giusta attenzione da parte degli appassionati, grazie ad un ottimo songwriting che si destreggia tra scale e saliscendi velocissimi e labirintici sui manici degli strumenti e un uso di growl e scream vario e personale.
The Die Is Cast parte a bomba con la spettacolare Enqweentine 2.0 e non si ferma più, passando per la prima traccia realizzata dal gruppo ed intitolata Fanatic’s Chant e la clamorosa Withering Breath.
Ritmiche intricate ma perfettamente leggibili, uno spirito estremo indomito che non lascia spazio a cedimenti ed ovviamente una grande tecnica strumentale fanno di questi quattro brani una partenza sorprendente per i Geostygma, che chiudono le ostilità con Formatted Rain, altro straordinario esempio del detonante sound presente su The Die Is Cast.
Consigliato agli amanti della parte più estrema del death metal e di chi non rinuncia all’ascolto di ricami tecnici di classe.

Tracklist
1.Enqweentine 2.0
2.Fanatic’s Chant
3.Withering Breath
4.Formatted Rain

Line-up
Kevin
Nikus
Bryan

GEOSTYGMA – Facebook

Evilfeast – Mysteries Of The Nocturnal Forest

Mysteries Of The Nocturnal Forest si rivela l’ideale base di partenza per scoprire o riassaporare il valore di un musicista come Grzywacz, capace di dare alle stampe negli anni a seguire altri quattro full length di pari livello.

Mai come nel caso dei generi e delle realtà più underground si rivelano utili le ristampe. In questo caso l’operazione riguarda il full length d’esordio degli Evilfeast, a cura della sempre puntuale etichetta tedesca Eisenwald.

Mysteries of the Nocturnal Forest, prima testimonianza discografica del progetto solista del musicista polacco Jakub Grzywacz, in arte GrimSpirit, era stato originariamente pubblicato nel 2004 dall’etichetta locale Old Legend, da qualche anno non più attiva, e anche se c’erano già state in passato riedizioni sia in cassetta che in vinile, arriva opportunamente quella che consente di riappropriarsi in cd di questo frammento di storia del black polacco.
Il genere, nell’interpretazione degli Evilfeast, è quanto mai tradizionale e rimanda ai primordi in terra norvegese, in particolare ai primi passi degli imprescindibili Emperor; il sound, infatti, presenta quell’alone atmosferico che verrà in seguito esasperato da altri nella sua versione sinfonica ma che, nelle mani di Ihsahn e Samoth, diventava lo sfondo ideale sul quale rappresentare tutta la forza blasfema e misantropica del black metal.
GrimSpirit quindici anni fa dimostrava d’aver appreso alla perfezione quella lezione, riversando sull’ascoltatore un’ora di musica gelida, solenne, prodotta in maniera più che soddisfacente in relazione alla tipologia della proposta e quindi con tutte le carte in regola per attrarre l’attenzione di chi era rimasto fedele a quelle sonorità.
Per constatare la veridicità di queste affermazioni consiglio di passare direttamente alla traccia numero 6, la claustrofobica Descending Winds of Holocaust, brano che rappresenta in qualche modo equivalente d quello che fu per gli Emperor Into The Infinity Of Thought, fatte ovviamente tutte le distinzioni del caso.
Nel sound degli Evilfeast confluiscono anche pulsioni derivanti da nomi di minor fama ma ugualmente seminali come furono i Limbonic Art di Moon In Scorpio: parliamo quindi di quelle realtà che introdussero i suoni di tastiera nel genere al solo fine di accentuarne il potenziale evocativo, senza snaturane il senso e la filosofia di base.
Mysteries Of The Nocturnal Forest si rivela cosi l’ideale base di partenza per scoprire o riassaporare il valore di un musicista come Grzywacz, capace di dare alle stampe negli anni a seguire altri quattro full length di pari livello, ultimo dei quali Elegies of the Stellar Wind nel 2017.

Tracklist:
1. Ode to a Rising Fullmoon (Intro)
2. Immerse into Cold Mist
3. Thy Woods Are Sacred
4. Towards the Funeral Winternight Landscape
5. Solitude Apotheosis
6. Descending Winds of Holocaust
7. The Black Heavens Open
8. Morbid Rejoice
9. Desolate Fields Left (Outro)

Line-up:
GrimSpirit – All instruments, Vocals

EVILFEAST – Facebook

Serocs – The Phobos/Deimos Suite

I Serocs danno vita ad un lavoro in grado di mettere d’accordo sia gli amanti della tecnica che quelli del metal estremo più diretto, con una serie di belluine soluzioni musicale che vedono gli Spawn Of Possession come loro massimi ispiratori.

I Serocs sono il progetto solista del chitarrista messicano Antonio Freyre, che ad ogni album si contorna di ottimi esponenti della scena internazionale per dar vita ai suoi incubi musicali all’insegna di un technical death violento e brutale ma appunto valorizzato dalla bravura strumentale dei musicisti.

The Phobos/Deimos Suite è il quarto lavoro sulla lunga distanza, un album che a livello concettuale prende spunto dalla Divina Commedia, Christmas Carol ed altre opere nelle quali sono protagoniste solitudine, follia e paura, sensazioni espresse dai Serocs attraverso un death metal che non lascia scampo tra violenza e smisurata tecnica.
Laurent Bellamare al growl, Phil Tougas alla chitarra, Antoine Daigneault al basso e Kevin Paradis alla batteria sono i musicisti che accompagnano Freyre in questa nuova avventura tra i meandri del metal estremo più tecnico e brutale.
Di linee progressive neanche a parlarne, perché in The Phobos/Deimos Suite si parla la lingua del metal estremo roccioso e granitico, una colata di note appese sul filo di una tecnica sopraffina che non inficia un impatto da brutal death metal band.
I Serocs danno vita ad un lavoro in grado di mettere d’accordo sia gli amanti della tecnica che quelli del metal estremo più diretto, con una serie di belluine soluzioni musicale che vedono gli Spawn Of Possession come loro massimi ispiratori.
La band di Antonio Freyre appare oggi ormai un punto fermo al quale chi ama il genere non dovrebbe in alcun modo rinunciare.

Tracklist
1.Being
2.Nihilus
3.Thanatophobia
4.(REM)nants
5.Oneirology
6.Revenants
7.Lethe
8.SCP-106
9.Nonbeing
10.Deimos

Line-up
Laurent Bellemare – Vocals
Antonio Freyre – Guitars
Phil Tougas – Guitars
Antoine Daigneault – Bass, Baglama, Acoustic Guitars, Synths
Kevin Paradis – Drums

SEROCS – Facebook

Ellende – Rückzug in die Innerlichkeit

Se proprio post black deve essere, questo ristampa del primo ep degli Ellende è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli.

La label tedesca Art Of Propaganda ha da poco ristampato l’ep di debutto degli Ellende, progetto solista del musicista austriaco Lukas Gosch.

Rückzug in die Innerlichkeit risale al 2012 e rappresenta un buon esempio di come si dovrebbe suonare ed interpretare il black metal nella sua versione più atmosferica ed intimista (mi piace definirlo così perché post black rischia di voler dire tutto e niente).
Il bravo L.G., infatti, già al suo primo passo cercava di differenziarsi da tutte le altre one man band conferendo una particolare cura ai suoni sia al livello di produzione che di varietà degli stessi, affidando per esempio un parte importante agli strumenti ad archi affidati all’ospite Anne; tale notevole commistione diede i sui frutti regalando quattro brani che alternavano con grande gusto ed abilità le sfuriate ritmiche del black alle aperture melodiche contrassegnate dall’uso di strumenti classici.
Una traccia magnifica e dal grande tasso evocativo come Der letzte Marsch, con le ossessive note del pianoforte che accompagnano lo sviluppo del brano nella sua seconda metà, è solo un esempio dell’elevata qualità che il bravo musicista di Graz era stato in grado di esibire, ma il resto della tracklist non era affatto da meno, riservando sorprese in più frangenti senza che il sound ne risentisse minimamente a livello di omogeneità.
Comunque, tornando a quanto detto qualche riga sopra, se proprio post black deve essere questo è il volto migliore che vorremmo sempre attribuirgli; negli anni successivi gli Ellende (che in sede live diventano comunque una band vera e propria) hanno pubblicato due full length molto ben accolti a livello di critica, mentre nel prossimo marzo è prevista l’uscita del terzo lavoro su lunga distanza che sarà intitolato Lebensnehmer, per il quale quale l’ascolto di questa ristampa potrebbe risultare un’ideale introduzione.

Tracklist:
1. Rückzug in die Innerlichkeit
2. Pfad der Endlichkeit
3. Der letzte Marsch
4. Von Vergänglichkeit und Trost

Line-up:
L.G. – everything
P.F. – drums

ELLENDE – Facebook

Electrocution – Psychonolatry

Gli Electrocution sono tornati portandoci una ventata di odio e brutalità da respirare a pieni polmoni.

Questo inizio anno porta in dote un lavoro attesissimo dagli amanti del metal estremo; il nuovo album dei leggendari deathsters nostrani Electrocution.

Il quintetto bolognese, tramite la GoreGoreCords (sublabel di Aural Music) ritorna e pianta un altro tassello di musica estrema in cui la tecnica è messa al servizio di un death metal al quale non manca l’apporto di quelle sonorità thrash che ne alzano il livello di devastazione sonora.
Psychonolatry è un lavoro curato nei minimi dettagli dal respiro internazionale, da parte di una band che riprende il suo posto tra le migliori realtà del genere e confrontandosi alla pari con i colleghi di un tempo tornati nell’ultimo periodo a ribadire la loro superiorità nel genere.
Raccontare, anche in poche righe, la storia del gruppo e l’importanza per il movimento tricolore di un lavoro come Inside the Unreal, uscito nel lontano 1993, sembra superfluo anche perché chi legge queste righe non può non conoscere la band e quello che per lungo tempo è rimasto il suo unico lavoro su lunga distanza prima del ritorno, nel 2014, con l’ottimo Metaphysincarnation.
Di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, la band nel corso degli anni non si è fatta mancare nulla tra lunghi silenzi, lavori minori che inciampavano nei trend del momento (Acid But Suckable ep del 1997) e cambi di line up, ma rimane il fatto che Psychonolatry sia album imperdibile per gli amanti del death metal.
Accompagnato dall’artwork realizzato da Gustavo Sazes (Arch Enemy e Morbid Angel) l’album è composto da dieci brani più la versione riregistrata di Premature Burial, brano che apriva lo storico lavoro del ‘93.
Psychonolatry è un assalto sonoro di notevole impatto inferto da una macchina macina riff che non conosce tregua come sono gli Electrocution bel 2019, una band che non risparmia violenza ma incastona melodie tra le sfuriate di brani devastanti come la title track, la seguente Hallucinatory Breed, mid tempo potentissimo che accelera nel finale e lascia spazio alla terremotante Bulåggna (Bologna), a Warped e a Misanthropic Carnage.
Gli Electrocution sono tornati portandoci una ventata di odio e brutalità da respirare a pieni polmoni.

Tracklist
1.Psychonolatry (The Icons of God and the Mirror of the Souls)
2.Hallucinatory Breed
3.Bulåggna
4.Warped
5.Of Blood and Flesh
6.Misanthropic Carnage
7.Malum Intra Nos Est (Seneca I century AD)
8.Divine Retribution
9.Organic Desease of the Sensory Organs
10.Bologna 11 – Premature Burial (re recorded)

Line-up
Mick Montaguti – Voice
Vellacifer – Drums
Mat Lehmann – Bass
Neil Grotti – Guitar
Alessio terzi – Guitar

ELECTROCUTION – Facebook

WHOREDOM RIFE – NID – Hymner Av Hat

L’unica maniera per superare l’ostacolo ingombrante della derivatività è quella di riuscire ad imprimere ad ogni singola nota una convinzione ed un’intensità superiore alla media: ciò è quanto avviene con questa band.

Il secondo full length dei norvegesi Whoredom Rife conferma e rafforza quanto mostrato con l’ep d’esordio ed il primo lavoro su lunga distanza, uscite tutte racchiuse nell’arco degli ultimi due anni.

Il duo di Trondheim esibisce una forma quanto mai tradizionale di quel black metal che nella loro patria ha preso vita e quindi, sgombrato subito il campo da possibili curiosità o variazioni sul tema, ciò che resta per fare la differenza è la maniera in cui tutto ciò viene proposto.
L’unica maniera per superare l’ostacolo ingombrante della derivatività è quella di riuscire ad imprimere ad ogni singola nota una convinzione ed un’intensità superiore alla media: ciò è quanto avviene con questa band il cui motore è V. Einride, il quale si occupa di tutti gli strumenti lasciando al suo compare K.R. l’onere di dedicarsi alle parti vocali.
Il black metal, quando viene suonato senza tralasciare nessuno dei necessari crismi, diviene un genere capace di superare qualsiasi obiezione relativa alla sua ripetitività o addirittura obsolescenza: l’impatto brutale e allo steso tempo atmosferico, sorretto da ritmiche forsennate e da una vice improntata ad un feroce harsh piuttosto che al più consueto screaming, inchioda l’ascoltatore inducendolo che lo voglia o meno ad assimilare quest ennesima rappresentazione di oscurità musicale.
Satyricon, Immortal, poi un po’ tutte le band storiche che si vogliono inserire in elenco costituiscono la fonte alla quale i Whoredom Rife si abbeverano riuscendo a ritrasmettere queste sonorità in maniera fedele e allo stesso tempo confacenti alla contemporaneità.
L’equilibrio raggiunto con naturalezza da Einride in brani come Verdi Oeydest e Crown Of Deceit non può lasciare indifferenti e anche quando, a fine corsa, con Ceremonial Incantation si prova a prendere una leggera variante rallentando leggermente i ritmi e lasciando qualche attimo di respiro in più, il tutto avviene senza che la retta via venga minimamente smarrita fornendo un risultato invero magnifico.
In antitesi al titolo (Hymner Av Hat, ovvero inni di odio) questi sette brani spingeranno semmai gli appassionati ad amare ancor di più queste sonorità.

Tracklist:
1. Summoning The Ravens
2. Verdi Oeydest
3. Where The Shadows Dwell
4. Hyllest
5. Crown Of Deceit
6. New Hate Dawns
7. Ceremonial Incantation

Line-up:
V. Einride – All instruments
K.R – Vocals

WHOREDOM RIFE – Facebook