Injury – Wreckage

Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Nuovo ep per i thrashers emiliani Injury (freschi di firma per Volcano Records) sempre all’insegna di un sound diretto, veloce e hardcore style.

La band attiva da una decina d’anni, torna dunque con questo nuovo lavoro composto da cinque diretti in pieno volto intitolato Wreckage, dopo due full length (Unleash the Violence e Dominhate) ed un primo ep licenziato nell’ormai lontano 2010.
Il quartetto non concede alternative, parte sparato per non fermarsi più, ed anche questo lavoro lo vede impegnato in brani violenti e veloci definibili di matrice thrash statunitense ma in versione accelerata.
Wreckage è estremo ed assolutamente senza compromessi, con bolidi sparati verso muri dove si infrangono senza freni: questo risultano i brani che da The Brand Of Hate in poi non lasciano respirare l’ascoltatore, travolto dalla bufera musicale di Under The Sign Of Devastation o Fueled By Rage.
Come accennato Wreckage è una sorta di versione punk/hardcore del sound di Anthrax ed Exodus, ma ancora più cattiva e devastante, e risulta un buon antipasto per un futuro lavoro sulla lunga distanza targato Injury.

Tracklist
1.The Brand Of Hate
2.Under The Sign Of Devastation
3.Fueled By Rage
4.Endless Decay
5.I Don’t Belong

Line-up
Alle – Vocals
Mibbe – Bass, Backing Vocals
Pollo – Drums
Simon – Lead / Rhythm Guitar

INJURY – Facebook

Vanishing Kids – Vanishing Kids

La poetica musicale dei Vanishing Kids è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore.

I Vanishing Kids sono americani e fanno un doom metal molto psichedelico e sognante, che può facilmente indurre un dolce stato di trance.

Fondato da Jason Hartman (Jex Thoth) e Nikki Drohomyreky alla voce nei primi anni duemila, il gruppo ha fortemente risentito degli ascolti che i due hanno fatto in giovinezza, probabilmente tutti di grande valore visto il risultato finale.
Ascoltando questo nuovo lavoro, il primo da cinque anni a questa parte, si viene subito introdotti in una dimensione che non è quella quotidiana, bensì un qualcosa che muta sempre tenendo come sottofondo un sogno che si dipana lentamente, senza fretta, per spiegare le sue ali e volare. Dal 2013 è poi entrato nel gruppo Jerry Sofran, uno degli eroi dell’undeground del Midwest degli States con gruppi come Lethal Heathen e Mirrored Image, che ha dato un importante arricchimento al gruppo. Con questa formazione i Vanishing Kids sono al loro massimo, e questo disco ne è la bellissima dimostrazione. La loro poetica musicale è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore. Questa operazione non ha però nulla di violento o di coercitivo, mettere questo disco è come entrare nella tana del Bianconiglio, dove la realtà è felicemente distorta, non è paradisiaca ma è sicuramente lisergica. Il cantato è di rara bellezza, e tutto il resto del gruppo ha le idee molto chiare, sa sempre cosa fare e lo mette in pratica benissimo. Il suono è molto particolare, di una grandissima forza evocativa dai tratti immediatamente riconoscibili. I Vanishing Kids sono uno dei migliori gruppi di psichedelia altra che potete incontrare ed ascoltare, in quanto hanno anche una piccola percentuale di grunge che spiazza piacevolmente rendendo ogni canzone bellissima. Un disco prezioso per provare a sognare ancora attraverso la musica.

Tracklist
1 Creation
2 Heavy Dreamer
3 Without A Sun
4 Mockingbird
5 Eyes of Secrets
6 Reaper
7 Rainbows
8 Magnetic Magenta Blue

Line-up
Nikki Drohomyreky- Vocals, Organ, Synths, Percussion
Jason Hartman- Guitar
Jerry Sofran- Bass
Hart Allan Miller- Drums

VANISHING KIDS – Facebook

KALIDIA

Il lyric video di “Black Sails”, dall’album “The Frozen Throne” in uscita a novembre (Inner Wound Recordings).

Il lyric video di “Black Sails”, dall’album “The Frozen Throne” in uscita a novembre (Inner Wound Recordings).

The Italian melodic power metal band KALIDIA just released a lyric video for “Black Sails”, the second single from their new album “The Frozen Throne”.

“The Frozen Throne” will be released on November 23rd via Inner Wound Recordings. The album will be available on CD, digital and as an exclusive black wooden box edition, limited to 250 hand-numbered copies.

Inspired by classic power metal bands like Rhapsody of Fire, Hammerfall and Stratovarius as well as new bands like Beast In Black, Kalidia have created an uplifting melodic power metal album with the roots in classic power metal with a modern and fresh touch.

“The Frozen Throne” was produced, recorded and mixed by Lars Rettkowitz [Freedom Call], mastered by Achim Köhler [Primal Fear, Amon Amarth, Brainstorm] and the cover artwork was created by Stan W. Decker [Vanden Plas, Primal Fear].

Led by the charismatic vocalist Nicoletta Rosellini and with a really strong album behind them, Kalidia are ready to show the metal scene that they are a force to be reckoned with!

Link to the music video for “Frozen Throne”: https://youtu.be/ABM7YmBOMyM

“The Frozen Throne” track listing
01. Frozen Throne
02. Circe’s Spell
03. Black Sails
04. Orpheus
05. To The Darkness I Belong
06. Myth Of Masada
07. Midnight’s Chant
08. Go Beyond
09. Amethyst
10. Lotus
11. Queen Of The Forsaken

Kalidia tour dates
Nov 16: Hard Rock Café – Firenze (IT)
Nov 24: Arci Tom – Mantova (IT)
Dec 08: Crazy Bull – Genova (IT)
Dec 29: The One – Cassano D’Adda/Milano (IT)

“The Frozen Throne” artwork: http://www.innerwound.com/promo/kalidia_artwork.jpg

Kalidia online
Facebook: https://www.facebook.com/kalidiaofficial
Website: http://www.kalidia.com

Inner Wound Recordings online
Website: http://www.innerwound.com
Facebook: http://www.facebook.com/innerwoundrecordings

Mule Skinner – Airstrike

Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Anche nel grindcore, come negli altri generi estremi, le contaminazioni hanno imbastardito il sound originale, portando il genere verso nuovi lidi senza farne venire meno la prerogativa d’essere uno degli esempi più estremi della musica moderna.

Ovviamente non mancano band che, dopo tanti anni, continuano a proporre con attitudine, personalità e senza compromessi i dettami di un sound che va oltre la musica per abbracciare tematiche sociali e politiche.
Un suono che, come la spazzatura lasciata per giorni sulle strade dei quartieri poveri delle metropoli, viene disprezzato dai benpensanti, ominidi travestiti da persone oneste in un mondo che ha perso il controllo.
I grinders statunitensi Mule Skinner tornano per F.O.A.D. Records con il secondo lavoro di una carriera che partì addirittura nel 1987, ma che in trent’anni ha regalato solo un demo, due ep ed il full length Abuse, licenziato nel lontano 1996.
Quindi si può sicuramente parlare di un ritorno auspicato dagli amanti del genere (anche se l’ep Crushing Breakdown è di quattro anni fa) che conferma i Mule Skinner come band grindcore classica, dal sound stilisticamente conservatore ma pregno di provocatoria denuncia, dall’impatto devastante ed un’attitudine mai doma.
I tredici brani, senza tregua, ci investono con tutta la loro rabbiosa aggressione in quota primi Napalm Death e Terrorizer, ma mantenendo ben salde le coordinate stilistiche e riuscendo a donare ad ogni singolo brano una sua precisa identità.
Veloce, violento, aggressivo e senza compromessi, Airstrike è buon album, ascoltabile tutto d’un fiato lungo la sua mezz’ora abbondante di attacco al potere senza esclusione di colpi.

Tracklist
1.Suicide Vest
2.Airstrike
3.Bone & Debris
4.Chocking Agent
5.Bred to Destroy
6.Sovereignty
7.Firing Squads
8.Battle Worshiper
9.Among Sheep
10.Faith in Blood
11.Backbone
12.Tactical Control
13.Fuse

Line-up
Tony Salisbury – Bass
Todd Capiton – Drums
Michael Howes – Guitars
Ryan Ashmore – Vocals

MULE SKINNER – Facebook

Infernal Forces Festival – Live Music Club 27/10/8

Il report della prima edizione dell’Infernal Forces, festival dedicato appositamente all’estremo tenutosi sabato 27 ottobre 2018 a Trezzo sull’Adda, nella bellissima e collaudata location del Live Club.

Sabato 27 ottobre 2018, a Trezzo sull’Adda, nella bellissima e collaudata location del Live Club, si è svolta la prima edizione dell’Infernal Forces, festival dedicato appositamente all’estremo. I cancelli sono stati aperti poco dopo le due.

Ricchissimo il merchandising presente e nutritissimo, e di elevata qualità, l’elenco delle otto band che hanno reso indimenticabile la giornata e la serata. Fuori la pioggia incessante, dentro la grande musica.
I primi a salire sul palco sono stati i tedeschi The Spirit, ottimo gruppo di black-death, volutamente scelto dai co-headliners Hypocrisy e Kataklysm per la tournée. Il combo germanico, con all’attivo il validissimo esordio Sounds From the Vortex su Nuclear Blast, non ha purtroppo avuto quel pubblico che avrebbe meritato (alle 14,30 la platea era ancora da riempire), ma ha eseguito una performance impeccabile e molto professionale, con una scelta di brani dal debutto eseguiti con una sicurezza già alquanto pronunciata, che fa ben sperare in vista di quello che poi sarà – ci auguriamo presto – il secondo lavoro.

Una breve pausa – come anche in seguito, ovviamente, tra un act e l’altro – e si sono presentati gli storici Distruzione. Vera grande cult-band (sono nati nel 1990), seguitissima da uno zoccolo duro di fans scatenati, gli emiliani hanno sfoderato una prestazione decisamente muscolare, con una scelta di pezzi da pressoché tutti i loro lavori, primariamente dallo storico Endogena (1996) e dall’ultimo e notevole disco omonimo. Dal vivo, il loro thrash-death ha rivelato tutta la propria attitudine di tipo hardcore-punk, in stile Sepultura-Cavalera Conspiracy, come a volerci ricordare che l’extreme metal non è nato per fare atmosfera, ma per portare a grande velocità violenza, morte – casino, ha voluto, coerentemente, rammentare il singer – e appunto distruzione. Un set davvero incandescente, caldo e rumoroso.

Gli Antropofagus si sono confermati una stella di prima grandezza del nostro panorama musicale. I musicisti liguri hanno oramai compiuto – e la loro esibizione ne è stata una brillante conferma – la transizione definitiva dal death-grind a tinte gore dei primi anni (ne hanno ben 21 sulle spalle) ad un brutal efficacissimo e chirurgico, velocissimo e marziale, supportato da una una tecnica veramente fuori dal comune, in linea con le nuove leve del genere pubblicate in America da Unique Leader. Se fossero statunitensi, avrebbero probabilmente altri riconoscimenti.

Altro cambio di scena, altra grande band italiana: i romani Hour of Penance. Autori di svariati ed eccellenti dischi – fenomenali gli ultimi due, Cast the First Stone e Regicide – i laziali hanno sfoderato una prestazione davvero maiuscola, tutta all’insegna d’un brutal death tecnico ed eseguito in maniera formidabile. Anche per loro si può giustamente parlare di una caratura artistica a tutti gli effetti internazionale, come il set ha attestato in maniera inequivocabile e ammirevole.

La seconda parte della giornata – intanto, fuori si è fatta sera – si è aperta cogli Enthroned. I belgi hanno confermato tutto il proprio valore. Lo storico (attivo da un quarto di secolo) quintetto di Bruxelles è stato il primo gruppo di puro black metal della giornata ad esibirsi e non ha certo deluso le aspettative (anzi), con una performance maligna e cattivissima che ha rinunciato del tutto alle aperture sinfoniche, per abbeverarsi alla fonte del BM primigenio di scuola nordeuropea, freddo ed evocativo.

A ruota sono venuti gli Impaled Nazarene, grandiosi e pieni di energia. Unici al mondo nella loro originale e personalissima commistione di black metal, crust punk e grindcore, sempre orgogliosi di essere finlandesi, hanno eseguito per intero il loro capolavoro Suomi Finland Perkele con una carica a dir poco impressionante, non senza divertirsi e divertire il pubblico, oltre a una scelta di altri loro brani storici (ricordiamoci che sono in pista da oltre ventotto anni, sempre coerenti con sé stessi). Il loro è stato un set di grind-metal alla velocità della luce, tra provocazione e squarci melodici con un sostrato punkeggiante che dal vivo emerge e si fa strada prepotentemente, molto più che in studio e con un impatto granitico. Mika Luttinen, neanche a dirlo, si è dimostrato ancora una volta frontman incredibile. L’Udo Dirckschneider dell’estremo. E gli Impaled Nazarene hanno lasciato intendere, tra le loro note, di essere stati – forse inconsapevolmente, ma le etichette sono del resto venute dopo – i padri fondatori di ciò che oggi si chiama war metal. Questo dicono in fondo i loro show.

L’emozione di assistere allo show di Mr. Tägtgren, la voglia di poter presenziare all’esibizione degli Hypocrisy ci conduce intanto quasi alla pazzia; la spasmodica attesa di veder ascendere (perché Loro non salgono sui palchi, ascendono) la band di Peter e soci provoca tachicardia e fibrillazioni…
Ore 22.10: avviene il miracolo. Salgono sul palco, scatenando applausi, esaltanti cori, scene di delirio di massa e ogni qualsivoglia sorta di solenne celebrazione, i Signori del Death Svedese.
La presenza scenica è all’altezza: i nostri irrompono nel nostro campo visivo, attraverso l’arte comunicativa di un vero showman, quale è Tägtgren. Gesti e movenze ci appaiono come pura estensione spontanea della voce e degli strumenti. Un suono pulito, terso come una fresca, limpida giornata primaverile. La potenza e la ferocia compositiva espressa dai nostri, saggiamente guidate da un ingegno musicale non comune, raggiunge apici stratosferici. Competenze strumentali, interpersonali e sistemiche, tra cui la grande abilità di dialogare col pubblico, non solo grazie alla voce, ma anche a gesti, posa e movimento, trasformano un semplice show in un affresco sociale della scena Death moderna, dove attori e spettatori agiscono univocamente, quasi fossero un’entità singola e non – come, spessissimo, accade – i differenti astanti di un evento musicale. La scelta di uno show Best of, cuore pulsante dell’attuale Death… is just the beginning tour 2018 (in onore della famosissima serie di compilation della Nuclear Blast, a cui i Nostri hanno sempre aderito, sin dal Volume II), sicuramente determinata dalla mancanza di un nuovo album, non ha fatto che enfatizzare il legame tra gli Hypocrysy e i loro fan, enunciando pubblicamente l’amore reciproco. Trenta anni esatti di carriera (ricordiamo che i nostri nacquero nel 1988 come Seditious, solo project di Peter), sciorinati con sapiente cura dei dettagli, in poco più di un’ora di musica (da Penetralia sino ad Osculum Obscenum, da Abducted a Virus e a Catch 22, e così via) ci hanno donato ricordi memorabili e scaldato i nostri cuori, nella spasmodica attesa del nuovo album, promesso (e quindi segnato col sangue), recentemente dallo stesso Tägtgren.

Esaltante chiusura in bellezza con i canadesi Kataklysm, forti del loro ultimo lavoro, Meditations – dal quale sono state estratte molte songs, con, in più, i classici del repertorio – e gruppo di assoluta prima classe, esaltante e grandioso, nella sua capacità (più unica che rara) di unire brutal americano (e in effetti la performance è stata realmente devastante, oltre che tecnicamente ineccepibile) e il più melodico death di matrice svedese. Il cantante, originario del nostro paese, non ha mancato mai di esprimere tutto il suo sincero amore per la nostra terra, alla quale è sentimentalmente legato dall’età di sedici anni. Per tutta la durata dell’esibizione – che i collaboratori presenti di MetalEyes hanno potuto comodamente seguire, ospiti allo stand dei gentilissimi ragazzi della Punishment 18 Records – si è rivolto in italiano al pubblico, coinvolgendolo e mostrando una naturale carica di simpatia. La sua frase finale – “noi siamo insieme in un mondo solo nostro, che nessuno ci può toccare” – resta il suggello, non solamente del concerto dei Kataklysm e di un indimenticabile evento, ma di tutto un movimento musicale. Perché la musica è la colonna sonora della nostra vita.

Dazagthot – Michele Massari

Necandi Homines – Black Hole

Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Raramente il titolo di un album si rivela più calzante al contenuto musicale di questo Black Hole, ep dei marchigiani Necandi Homines, intezionati a scaraventare l’ascoltatore in una voragine esistenziale dai confini indefiniti.

La band è reduce dall’ottimo full length Da’at, dello scorso anno, ma il nuovo patrocinio fornito dalla collaborazione tra due etichette come Third I Rex e Toten Schwan sembra aver acuito la vena sperimentale e psichedelica che già era visibilmente impressa in un black doom del tutto sui generis.
I tre brani contenuti in Black Hole mostrano altrettante sfaccettature dei Necandi Homines, dal cupo e inquieto incedere dall’impronta doom del primo, al più nervoso ed estremo snodarsi del secondo, riconducibile ad un black metal pur sempre di natura aliena, per arrivare al lungo e micidiale mantra dell’ultimo episodio, nel quale voci salmodianti si rincorrono poggiandosi su un tappeto psichedelico/rituale in grado di scavare solchi profondi.
Un lavoro come Black Hole è l’esemplificazione di quanto dovrebbe essere lo sperimentalismo in campo estremo, ovvero non un rumorismo sconnesso e fine a sé stesso, ma un susseguirsi di momenti e di intenzioni che scardinano quanto fatto in precedenza, fungendo allo stesso tempo da puntello per ciò che verrà dopo.
Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Tracklist:
1. .
2. ..
3. …

Line-up:
Discissus – Vocals
Oxide – Bass
Hagen – Drums
Apsychos – Guitars

NECANDI HOMINES – Facebook