Bioscrape – Psychologram

Se amate i suoni metallici moderni e le sonorità core non perdetevi questo lavoro, i Bioscrape hanno armi affilate per farvi male.

Un disco che trasuda groove ed una insana carica hardcore, una pesante incudine che ingloba nella propria musica sfumature industriali, metal moderno ed un impatto core oscuro e devastante.

Questo in sintesi è Psychologram, secondo lavoro sulla lunga distanza dei Bioscrape, band italiana che costruisce un muro sonoro assolutamente indistruttibile.
Il successore di Exp.01, debutto licenziato nel 2012, conferma l’assoluta caparbietà del gruppo nel confezionare un prodotto estremo che si mantiene su coordinate metalcore, ma non risparmia all’ascoltatore bordate metalliche colme di groove, sfuriate al limite del thrash moderno ed una chiara ispirazione hardcore, racchiuso in un concept che richiama un futuro di distruzione in clima sci-fi.
E’ un’aggressione senza soluzione di continuità, con il growl rabbioso che passa da tonalità profonde care al death, ad urla in hardcore style, le ritmiche sanguinano groove, le chitarre taglienti sono cavi elettrici che balzano tra pozzanghere sporche di acqua putrida, mentre il grigio è il colore del mondo in cui si muove Psychologram.
Tecnicamente ineccepibili e con l’aiuto di Wahoomi Corvi che ha prodotto e mixato l’album ai Realsound Studio di Parma, i Bioscrape creano un album maturo e bilanciato tra i vari generi di cui si nutre, i brani che si mantengono monolitici, hanno in loro varie sfumature che li rende unici e che va dal thrash (Primordial Judge), alle variazioni ritmiche di Aliena, al metallo moderno di Cyber Hope, per non mancare di farci ascoltare elementi riconducibili al progressive death con Echo Silent, piccolo gioiello che risulta il miglior brano del lotto.
L’elemento core è chiaramente quello più distinguibile, ma viene manipolato dal gruppo con ottima conoscenza della materia ed un impatto e compattezza che sono i punti forti dei Bioscrape ed in generale di tutte le band alle prese con il genere.
Psychologram non mancherà di soddisfare i fans del gruppo, ma se amate i suoni metallici moderni e le sonorità core non perdetevi questo lavoro, i Bioscrape hanno armi affilate per farvi male.

TRACKLIST
01 – Primordial Judge
02 – Mechanical Providence
03 – Aliena
04 – Bioscrape
05 – Killer Collision
06 – Cyber Hope
07 – Astro Noise
08 – Echo Silent
09 – Vega Cospiration
10 – Psychologram

LINE-UP
V. – drums
J. – vocals
S. – guitar
P. – bass

BIOSCRAPE – Facebook

Nerodia – Vanity Unfair

Il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di grandi intuizioni melodiche.

Tornano come una tromba d’aria che, vorticando, finisce il lavoro di distruzione sulle macerie lasciate al primo fatale passaggio, lasciando solo il caos prodotto dalla sua inesauribile furia.

Loro sono i Nerodia, quartetto romano che rilascia questo devastante secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo il primo full length Heretic Manifesto e Prelude To Misery, ep uscito tre anni fa e che avevamo già elogiato su queste pagine.
Vanity Unfair è stato affidato per il mix ed il mastering a Stefano Morabito in quel dei 16th Cellar Studio e vede come ospite Massimiliano Pagliuso dei Novembre, alle prese con un solo nella belligerante ed oltremodo scandinava The Black Line.
I nostri quattro thrash/blacksters, senza farci respirare, ci immergono nel loro mare di note estreme sempre in bilico tra il black metal scandinavo ed il thrash old school di matrice tedesca.
E’ un mare nero, dove vivono entità che nell’ombra, voraci, che attaccano senza pietà pregne di umori black’n roll ed insana attitudine evil con questo nuovo lavoro, ancora una volta valorizzato dalla tecnica sopraffina dei musicisti, tra cui spicca l’enorme piovra famelica che di nome fa David Folchitto.
I riff si susseguono, veloci e taglienti come zanne di squali tigre convincendo ancora una volta sulla perizia dei due axeman (Giulio Serpico Marini, Marco Montagna), mentre il basso di Ivan Contini segue lo tsunami di colpi inferti dal suo collega ritmico.
Brani che non scendono sotto l’atmosfera di esaltazione che dalle prime note della title track cala sull’ascoltatore, stordito dal mix letale di Darkthrone, Dissection, Kreator ed impulsi motorheadiani che brani come Pussywitch 666, Anti-Human Propaganda, Chains of Misery e No Crown For The Dead non fanno che confermare.
Siamo a livelli molto alti, la band romana non ha punti deboli, ed il lavoro suona praticamente perfetto in tutti i suoi aspetti, un album estremo che potrebbe trovare ammiratori anche tra gli amanti del metal più classico per via di intuizioni melodiche sopra le righe. Un acquisto obbligato.

TRACKLIST
01 Necromorphine Awakening
02 Vanity Unfair
03 The Black Line
04 Souldead
05 Pussywitch 666
06 No Crown for the Dead
07 Anti-Human Propaganda
08 Chains of Misery
09 Celebration of the Weak
10 Usque Ad Finem
11 Channeling the Dark Sound of Cosmos

LINE-UP
Giulio Serpico Marini – Vocals, Guitars
Marco Montagna – Guitars, B.Vocals
Ivan Contini – Bass
David Folchitto – Drums

NERODIA – Facebook

Mausoleum Gate – Metal And The Might / Demon Soul

Vocals che riconducono agli ormai storici anni ottanta, tasti d’avorio purpleiani e cavalcate chitarristiche di scuola britannica (NWOBHM) fanno parte del background del gruppo finlandese, una cult band per alcuni, davvero troppo datata per altri.

Heavy metal old school, un sound che racchiude la filosofia metallica di stampo classico in tutte le sue componenti e un’attitudine che rispecchia in toto la tradizione, queste sono le caratteristiche dei Mausoleum Gate, band finlandese attiva dal 2009, presentataci dalla Cruz De Sur Music con questo singolo di due brani.

Metal And The Might, song che da il titolo all’opera, più i sei minuti della vintage Demon Soul compongono questo singolo che va a rimpolpare una discografia che vede il quintetto di Kuopio alle prese con una manciata di lavori minori ed un unico full length omonimo uscito un paio di anni fa.
A prescindere dall’operazione criticabile nel genere proposto, questo singolo presenta quanto meno il gruppo a chi,dei suoni nostalgici dalle sfumature 70’/80, fa il suo credo, devoto ai suoni tradizionali in toto, compresa una produzione deficitaria e che non rende giustizia al songwriting dei Mausoleum Gate.
Vocals che riconducono agli ormai storici anni ottanta, tasti d’avorio purpleiani e cavalcate chitarristiche di scuola britannica (NWOBHM) fanno parte del background del gruppo finlandese, una cult band per alcuni, davvero troppo datata per altri.
La verità come sempre sta nel mezzo, ed i Mausoleum Gate risulterebbero un ottimo gruppo se non fosse per le scelte in fase di produzione che, purtroppo in questi anni, trovano terreno fertile solo nei fans del rock, affondato nelle sabbie mobili di un passato che molti gruppi glorificano con album che amalgamano tradizione e modernità, ma che risulta obsoleto quando, per scelta o per difetto, i mezzi usati risultano deficitari.
Immaginatevi la vergine di ferro sprofondata in un profondo porpora ed ammaliata da un sabba nero ed avrete un’idea della proposta del gruppo finlandese, peccato solo che il tutto non venga valorizzato al meglio; speriamo che ciò accada alla prossima occasione.

TRACKLIST
Side A – Metal and the Might
Side B- Demon Soul

LINE-UP
V-P. Varpula – Vocals
Count L.F. – Electric and Acoustic Guitars
Nino Karjalainen – bass
Kasperi Puranen – Electric Guitars
Wicked Ischianus – Hammond C3 Organ, Mellotron M400 and MiniMoog
Oscar Razanez – Drums, Percussions and Gongs

MAUSOLEUM GATE – Facebook

Human Vivisection – The Perpetual Gap

Oscuro e pesantissimo, The Perpetual Gap vive su un impatto che non manca di fare danni, accontentando in quanto ad efferatezza sonora gli amanti dei genere

The Perpetual Gap è l’esordio discografico della band belga Human Vivisection, arrivata al primo full length a quattro anni dalla sua fondazione.

Brutal death metal in puro delirio di blast beat, un monolito di metallo estremo che ha nei classici cliché del genere la propria forza e non rinuncia a soluzioni che si avvicinano al grindcore, The Perpetual Gap vive di queste sensazioni estreme, senza compromessi e dall’impatto violentissimo.
Un’altra opera targata Rising Nemesis, label specializzata nel metal estremo di cui ci siamo occupati nella recensione riguardanti gli olandesi Korpse, band che si avvicina al sound del gruppo belga, anche se The Perpetual Gap come detto richiama specialmente nelle ritmiche il classico sound grind.
Il quintetto di Bree, opera un massacro a tutto tondo, sfoderando una prestazione al limite dell’umano nella potentissima sezione ritmica e lasciando al vocalist il compito di vomitare puro odio per il genere umano, violenze ed altre atrocità.
Trentacinque minuti di massacro sonoro che, anche in questo caso, non mancano di stancare un po’, complici soluzioni usate in tutti i brani così che, ad un approccio distratto, sembra di ascoltare lo stesso brano ripetuto all’infinito, questo è il difetto maggiore che si riscontra in questo ennesimo devastante lavoro in arrivo dal nord Europa.
Oscuro e pesantissimo, The Perpetual Gap vive su un impatto che non manca di fare danni, accontentando in quanto ad efferatezza sonora gli amanti dei genere, ma canzoni come Age of Disgust, la mastodontica Birth of a Defective Race e la super grindcore song che risulta Consumed by the 4th Dimension, faranno la gioia dei fans accaniti del death metal estremo, per tutti gli altri è consigliato di stare alla larga dagli Human Vivisection.

TRACKLIST
1. The Enigma of Subsistence
2. Age of Disgust
3. The Perpetual Gap
4. The Transmutation Program
5. Feed the Warmachine
6. From Blaspheme to Viscera
7. Birth of a Defective Race
8. Consumed by the 4th Dimension
9. Indulging in the Downfall
10. Creation of the Spiritual Machines
11. The Inevitable Confine of Existence

LINE-UP
Roy Feyen – Guitar
Sonny Hanoulle – Guitar
Yenthe Meeus – Vocals
Robbie Cuypers – Bass
Olivier Smeets – Drums

HUMAN VIVISECTION – Facebook

Aeternus Prophet – Exclusion of Non-Dominated Material

Un viaggio nell’assoluta e misantropica repulsione per l’umanità che il trio riversa in dieci inni al male

I tre sacerdoti ucraini tornano a seminare odio con il secondo full length, Exclusion of Non-Dominated Material.

Gli Aeternus Prophet sono attivi dal 2010 e la loro discografia si completa con una coppia di demo ed il primo lavoro sulla lunga distanza dal titolo Безжальність, uscito quattro anni fa.
Death metal old school, infestato di malefici virus raw black metal ed atmosferici passaggi doom, per una proposta che non manca di fascino evil.
In generale il mood dell’album mantiene una componente diabolicamente oscura, il metal estremo scarno e violento del gruppo si nutre di puro odio, così da farne un lavoro di monolitico metal estremo decadente e senza compromessi.
Un viaggio nell’assoluta e misantropica repulsione per l’umanità che il trio riversa in dieci inni al male, che potrebbero trovare estimatori sia nelle frange del death metal che in chi si nutre di pure fucking black.
Veritas (chitarra e voce), Oberon (chitarra) e Dessident (batteria) non mancano di guardare ai maestri delle sonorità oscure, soprattutto provenienti dall’est, il loro sound tramortisce, ed imperterrito marcia verso il regno dell’oscurità senza troppi fronzoli ne cambi di atmosfere che perdurano dall’opener Removed Eyes, fino alla conclusiva A Look into Eternity, passando per le devastanti Sick Vision e Uncaused Defacement.
Belphegor e Behemoth sono le ispirazioni maggiori del loro black/death metal, niente di nuovo, ma assolutamente maligno e luciferino, tanto da farne un lavoro perfetto per le anime più oscure che si aggirano nell’ombra del variegato mondo del metal estremo underground.

TRACKLIST
1. Removed Eyes
2. Total Dominance
3. Diapause of Thought Processes
4. Sick Vision
5. Exclusion of Non-Dominated Material
6. Uncaused Defacement
7. Fate Will Expect Your Death…
8. Obliged to Live
9. Wipe Off the Mark
10. A Look into Eternity

LINE-UP
Veritas – guitar, vocal
Oberon – guitar
Dessident – drums

AETERNUS PROPHET – Facebook

Korpse – Unethical

Unethical scarica dosi letali di violenza, i brani si succedono uno dopo l’altro in un’atmosfera di delirio, dove torture, abominevoli amputazioni e blasfemie varie sono il pane quotidiano.

Rientriamo dopo un po’ di tempo nei meandri insani del death metal estremo con il brutale combo olandese dei Korpse, quartetto di Bussum foriero di un devastante slam brutal death metal.

Il gruppo attivo dal 2013 licenzia il suo secondo lavoro, successore del debutto omonimo uscito un paio di anni fa, e conferma tutto il suo impatto anche su questo nuovo lavoro, un assalto brutale senza soluzione di continuità per oltre mezzora di carneficina in musica.
I musicisti che formano la band sono tutti di buona esperienza avendo militato in molte realtà della scena e si sente, l’aggressione è più di quanto violento e brutale si possa immaginare, sempre perennemente ancorato ai cliché del genere, ma valorizzato da una carica a dir poco esplosiva.
Come un vento atomico che travolge senza pietà il sound del gruppo alterna passaggi in blast beat a rallentamenti e slamming potentissimi, il growl animalesco fa il resto valorizzando l’approccio senza compromessi dei Korpse.
Unethical scarica dosi letali di violenza, i brani si succedono uno dopo l’altro in un’atmosfera di delirio, dove torture, abominevoli amputazioni e blasfemie varie sono il pane quotidiano.
Ottima la prova di una sezione ritmica che avanza come un carro armato (Mart Wijnholds al basso e Marten van Kruijssen alle pelli) e dove la sei corde di Floor van Kuijk lancia grida lancinanti torturate dall’axeman olandese.
Sven van Dijk vomita rabbia e crudeltà nel microfono con il suo growl da orco indemoniato, mentre siamo già arrivati all’ultimo brano in uno tsunami di sangue e arti.
Un difetto, che è molto facile riscontrare nei gruppi dediti a queste sonorità, è la somiglianza tra le canzoni che fa di Unethical un unico blocco di brutale metal estremo ed un lavoro che, comunque, gli amanti del genere sicuramente apprezzeranno.

TRACKLIST
1. Conquer
2. Collateral Casualties
3. Incinerate
4. Deformed to the Extreme
5. Stoneage
6. Cleaning the Aftermath
7. Cannibal Warlords
8. Unethical
9. Retaliation
10. Monastery Waste
11. Eternal Misery

LINE-UP
Mart Wijnholds – Bass
Marten van Kruijssen – Drums
Sven van Dijk – Vocals
Floor van Kuijk – Guitars

KORPSE – Facebook

A Silent Noise – ZeitMaschine / The Wake

Nuovo singolo, che funge da apripista per il prossimo album, per i A Silent Noise, realtà nostrana che fonde con eleganza new wave ottantiana, musica elettronica di ispirazione tedesca e colonne sonore sci-fi.

La band nasce per volere del tastierista e cantante Libero Volpe, ideata come solo project, poi trasformata in una band a tutti gli effetti con l’entrata in pianta stabile di Lorenzo Ceccarelli al basso e Stefano Esposito alla chitarra.
Il primo lavoro del gruppo, intitolato Kaleidoscope, esce nel 2014 e permette alla band di iniziare un’intensa attività live, mentre a marzo di quest’anno è il video di ZeitMaschine, girato come un cortometraggio, che irrompe sui canali di competenza, con la musica del gruppo diventa la suggestiva colonna sonora per le immagini che scorrono sul video.
La firma con Agoge porta la band al singolo in questione, formato dal brano che dà il titolo al video con in più la bellissima The Wake.
Musica onirica che richiama la new wave più matura, basi elettroniche di suggestivo kraut rock in una struttura di liquido incedere dalle reminiscenze sci-fi, la proposta del terzetto si muove misteriosa e dark su queste coordinate, lasciando intravedere una maturità artistica sorprendente.
La moltitudine di ispirazioni dalle quali la band attinge lascia spazio al talento compositivo che in questi due brani viene espresso galleggiando mellifluo tra i generi di cui si compone il sound, tra una ZeitMaschine, che ricorda un trip alla Odissea nello Spazio ed una The Wake, semplicemente straordinaria nel richiamare diverse realtà oscure del periodo ottantiano (Ultravox, Joy Division e Tangerine Dream).
In sintesi, due brani che esprimono appieno il valore artistico degli A Silent Noise, andando a creare una certa aspettativa per il prossimo album.

TRACKLIST
Side A: ZeitMaschine
Side B: The Wake

LINE-UP
Libero Volpe – voice, synthesizers, bass/baritone guitar
Lorenzo Ceccarelli – Bass guitar
Stefano Esposito – Guitars

A SILENT NOISE – Facebook

The Dead Daisies – Make Some Noise

Crue, Whitesnake, Aerosmith, Bad Company, Kiss, Gunners, metteteli in un bidone e fatelo rotolare giù per la collina di Hollywood, aprite il coperchio e ne usciranno i The Dead Daisies.

Avete presente quando un calciatore, all’ultimo minuto della partita più importante della sua carriera, segna in rovesciata il goal che dà la vittoria alla propria squadra?
Il primo commento è: ora può smettere di giocare!

Ebbene, dopo aver scritto questo articolo il sottoscritto potrebbe tranquillamente tornare ad invasare fiori sul suo terrazzo, perché un disco del genere in campo hard rock, nel nuovo millennio sarà improbabile che gli ricapiti tra le mani.
Ecco quindi il disco perfetto, quello che non uscirà mai più dal vostro stereo e che vi farà cantare, esaltare come e più dei classici, esplosivo in tutte le sue componenti e suonato da una manciata di mostri con a capo il grande John Corabi.
The Dead Daises, ovvero John Corabi al microfono ( (Mötley Crüe, Union, The Scream), Brian Tichy (Ozzy Osbourne, Foreigner) alle pelli, David Lowy (Red Phoenix, Mink) alla chitarra, Doug Aldrich (Whitesnake, Dio) alla chitarra, e quello spettacolo di bassista che è Marco Mendoza (Thin Lizzy, Whitesnake): un’associazione a delinquere dell’hard rock che si presenta in questa metà del 2016 e scarica pallettoni di adrenalinico rock’n’roll da spellarsi le mani fino a farle sanguinare.
Giunto al terzo lavoro, questo supergruppo ideato da Brian Tichy e che, a rotazione, raccoglie tra le sue fila i più grandi interpreti dell’hard rock internazionale, torna dopo il successo del precedente Revolución con un altro spettacolare lavoro dove l’hard rock classico trova la sua glorificazione in riff ficcanti, solos al fulmicotone, un vocalist che per attitudine mette in fila tutti quelli della sua generazione ed un songwriting commovente, da quanto risulta perfetto.
Un disco che è già un classico ancora prima di risplendere sugli scaffali dei negozi, prodotto da Marti Frederiksen (Aerosmith, Def Leppard, Mötley Crüe, Buckcherry) a Nashville, supportato dalle versione in cd, digipack e doppio vinile e composto da dieci brani più due cover (Creedence Clearwater Revival e The Who).
Il nuovo entrato, Mr. Doug Aldrich, si scrolla di dosso la sua avventura alla corte del serpente bianco e traduce la bibbia di tutti i chitarristi rock con una performance stellare, la sezione ritmica portentosa e pregna di quelle ritmiche bluesy ipervitaminizzate da adrenaliniche iniezioni di rock’n’roll, ha nella coppia Tichy/Mendoza due martelli pneumatici sfuggiti all’ormai stanco operaio e che, impazziti distruggono tutto quello che incontrano … e poi c’è lui, Corabi, quel signore che rese un capolavoro l’unico album dei Crue a cui prestò la sua inconfondibile voce.
Il tutto viene tradotto in un monumentale album hard rock: se siete ancora impegnati a cercare il disco della vita, beh non siete così distanti dall’averlo trovato, specialmente dopo essere stati travolti da Mainline, Make Some Noise e le loro bellissime, affascinanti ed irresistibili dieci sorelline.
Crue, Whitesnake, Aerosmith, Bad Company, Kiss, Gunners, metteteli in un bidone e fatelo rotolare giù per la collina di Hollywood, aprite il coperchio e ne usciranno i The Dead Daisies.
Il chitarrista David Lowy ha dichiarato: The Dead Daisies vogliono solo celebrare il classic rock’n’roll; beh, caro Lowy, ci siete riusciti alla grande.

TRACKLIST
1.Long Way To Go
2. We All Fall Down
3. Song And A Prayer
4. Mainline
5. Make Some Noise
6. Fortunate Son
7. Last Time I Saw The Sun
8. Mine All Mine
9. How Does It Feel
10. Freedom
11. All The Same
12. Join Together

LINE-UP
John Corabi-Vocals
David Lowy-Guitars
Brian Tichy-Drums
Marco Mendoza-Bass
Doug Aldrich-Guitars

THE DEAD DAISIES – Facebook

Ashcloud – Children of the Chainsaw

Se siete amanti del death metal scandinavo ed Edge Of Sanity, Dismember, Entombed e Grave sono ancora tra i vostri ascolti abituali, non perdetevi per nessun motivo questo album.

Lo scorso anno una manciata di lavori estremi che del death metal scandinavo erano i più legittimi discendenti, fecero sobbalzare dalla scrivania il sottoscritto, travolto dai suoni che nei primi anni novanta fecero la fortuna di band come Dismember, Edge Of Sanity ed Entombed.

Tra i gruppi che si imposero all’attenzione, nel mondo dell’underground estremo il duo scandinavo/britannico degli Ashcloud, con il debutto Abandon All Light, diedero una bella spallata al muro di detrattori dei suoni old school.
Children Of The Chainsaw segue dunque di un anno il precedente lavoro, confermando l’ottima impressione suscitata e superandolo in quanto a songwriting ed impatto.
La premiata ditta Jonny Pettersson/Gareth Nash non delude e ancora una volta spara una dozzina di cannonate death metal come ai bei tempi, quando i gruppi storici deliziavano i padiglioni auricolari degli appassionati di di tutto il mondo.
Una serie impressionate di riff pesantissimi, solos melodici di ispirazione primi Edge Of Sanity e sangue che gronda dalle carcasse scarnificate di scheletri/zombie in marcia verso la cittadina per sfamarsi dei corpi imbolsiti dei poveri abitanti, il nuovo lavoro è un’apoteosi di scandinavian death metal, feroce, devastante ed assolutamente travolgente.
Prodotto a meraviglia e licenziato dalla Xtreem, ormai una certezza in ambito estremo, il nuovo album del duo spacca con la forza che solo il vecchio death metal scandinavo sa fare, accelerazioni, stop and go, chitarre che sfornano solos melodici e ritmiche che scaraventano al muro con la forza d’urto di una bomba atomica, un torrente in piena questa raccolta di brani che se per qualcuno non risplende in originalità, deborda e risulta un perfetto esempio di come si suona il genere.
The Revolting Dead, Inside the Shame of Desire, Tonight Your Skin Is Mine e By the Weight of a Thousand Chains, sono gli esempi più fulgidi di cosa regala in termini di qualità estrema questo bellissimo album, se siete amanti del death metal scandinavo ed Edge Of Sanity, Dismember, Entombed e Grave sono ancora i vostri ascolti abituali, non perdetevi per nessun motivo questo album

TRACKLIST
1. Children of the Chainsaw
2. The Revolting Dead
3. Descend into Madness
4. Inside the Shame of Desire
5. Sovereign of Filth
6. Tonight Your Skin Is Mine
7. In This Eternal Void
8. Under dödens vingar pt.3
9. The Creeping Unknown
10. S.C.U.M.
11. By the Weight of a Thousand Chains
12. Written in Flesh

LINE-UP
Jonny Pettersson – Vocals, Bass, Guitars
Gareth Nash – Guitars, Vocals

ASHCLOUD – Facebook

Widow – Carved In Stone

Carved in Stone lascia che la passione di questi tre alfieri del metal classico traspaia da ogni nota che compone l’album

Attivo dall’alba del nuovo millennio, il trio proveniente dal North Carolina torna con un nuovo lavoro a cinque anni dal precedente Life’s Blood.

Siamo giunti al quinto capitolo della storia degli Widow e la band continua il suo percorso tra le sonorità power metal classicamente americane, iniziata nel 2003 anno di uscita del primo album Midnight Strikes, seguito da On Fire nel 2005 e Nightlife del 2007.
Niente di nuovo sotto il sole del North Carolina, il gruppo ci propone l’ennesima opera di U.S. metal dai tratti power, lineare e senza grossi picchi compositivi ma di buon livello, un album che si lascia ascoltare ed apprezzare per le cavalcate old school di cui è pregno, buone linee melodiche che si accompagnano al cantato maschio ma molto melodico del bassista John E. Wooten ed i solos di gustosa maniera ad appannaggio del buon Chris Bennett .
Dodici brani che ci accompagnano nell’heavy metal, tra accelerazioni power, mid tempo heavy e la classica atmosfera oscura dei gruppi statunitensi, anche se gli Widow non mancano di strizzare l’occhio alle band europee, Maiden in primis.
Ne esce un buon lavoro, Carved in Stone lascia che la passione di questi tre alfieri del metal classico traspaia da ogni nota che compone l’album, un lavoro composto da tre metallari per metallari, niente di più, niente di meno.
Ne sono esempio brani dal taglio tradizionale come l’opener Burning Star, la title track, ed il mid tempo maideniano And We Are One, che si assestano su buone coordinate interpretative ed un buon piglio metallico.
Certo, mancano almeno un paio di brani trascinanti ed il tutto si mantiene su di un livello discreto, ma Carved In Stone è senza dubbio un ascolto gradito per ogni metal fans che si rispetti, specialmente quelli legati alla scuola classica.

TRACKLIST
1. Burning Star
2. Carved In Stone
3. Another Time and Place
4. Wisdom
5. Time on Your Side
6. Borrowed Time
7. And We Are One
8. Anomaly
9. Live By The Flame
10. Of The Blood, We Bind
11. Nighttime Turn
12. Let It Burn

LINE-UP
John E. Wooten IV – lead vocals, bass
Chris Bennett – lead guitars, bass
Robbie Mercer – drums

WIDOW – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=HvJRShkIyls

Infinitum Obscure – Internal Dark Force

Una furiosa prova di forza che purtroppo la produzione non valorizza appieno, ed è questo l’unico difetto dell’album.

Gli Infinitum Obscure sono un gruppo messicano nato all’alba del nuovo millennio e che propone un death metal dalle riminiscenze black, sia nel sound che nei testi di chiara ispirazione satanista ed antireligiosa.

Internal Dark Force uscì originariamente dieci anni fa e la Transcending Obscurity ne licenzia questa ristampa, dopo la che le due parti hanno messo la firma sul contratto.
Una discografia che dopo questo album ha visto la band di Tijuana uscire sul mercato estremo con un ep e due full length, di cui l’ultimo risale a due anni fa (Ascension Through the Luminous Black), tutti incentrati su un tempestoso metal estremo.
Internal Dark Force è una tregenda di suoni che amalgamano il death metal alla scuola black scandinava, una furiosa prova di forza che purtroppo la produzione non valorizza appieno, ed è questo l’unico difetto dell’album.
Per il resto gli Infinitum Obscure sanno come tempestare l’ascoltatore di suoni ed arringhe diaboliche, gelidi ed infernali trasportano l’ascoltatore in un mondo oscuro, fatto di atmosfere abissali e sfuriate black/death come nelle devastanti A Quest for Vengeance e Storm of Impious Hatred.
Un inferno dalle ritmiche velocissime, Internal Dark Force perde qualcosa nel lavoro in studio per puntare sulle atmosfere tempestose, assolutamente il punto di forza del gruppo: non un album imperdibile ma sufficientemente interessante per gli amanti del metal estremo.

TRACKLIST
1. As Light Fades (The Coming Armageddon)
2. Where Death-Winds Blow
3. A Quest for Vengeance
4. Possessing the Fire
5. Storm of Impious Hatred
6. The Final Aeon
7. Beyond a Dying Sun
8. Path to Apocalypse
9. Shadowless Light

LINE-UP
Roberto Lizarraga – Vocals, Guitars
Allan Castaneda – Bass
Hugo Lalanne – Guitars
Oscar García – Drums

INFINITUM OBSCURE – Facebook

Game Zero – Rise

Potenza e melodia, una miscela esplosiva che non difetta in questa prima prova dei Game Zero

Con qualche mese di ritardo sull’uscita vi presentiamo l’esordio di questa ottima band nostrana, i Game Zero, frutto dell’incontro tra il chitarrista/cantante Mark Wright e Alexincubus, ex ascia dei Theatres Des Vampires, in seguito raggiunti da Dave J alle pelli (ex Dragonhammer) e Domino al basso.

Le prime cinque canzoni create vanno a comporre un demo con cui il gruppo guadagna l’interesse di Gianmarco Bellumori e della sua label Agoge records, con cui registrano Rise, un ottimo lavoro costruito su riff granitici ed una miscela a dir poco esplosiva di hard rock ed heavy metal.
Potenza e melodia, una miscela esplosiva che non difetta in questa prima prova del quartetto, bravo nel costruire su una base fortemente metallica un sound dall’ottimo appeal senza rinunciare a graffiare il giusto per piacere un po a tutti.
Chorus di scuola hard rock si alternano ad un bombardamento heavy, ritmiche che non disdegnano groove di scuola moderna vanno a braccetto con sfumature metal classiche, così da mettere d’accordo tanto gli amanti dei suoni moderni, tanto quelli più orientati alle atmosfere classiche.
L’apertura del disco è col botto, il riff potente ed irresistibile dell’opener The City With No Ends ci dà il benvenuto nel mondo metal rock dei Game Zero, sissata da It’s Over e da Now, irresistibile brano di hard rock moderno devastato da ritmiche che sanguinano groove.
Si viaggia spediti in Rise, i brani si succedono uno più sfrontato dell’altro con una cura maniacale per i ritornelli, perfettamente incastonati nelle trame dei brani e punto di forza dell’album.
Tra i solchi si respira aria di hard rock moderno, poi il respiro si fa più pesante quando la sei corde spara solos metallici o qualche accenno allo street metal tramuta il sound in pura adrenalina rock.
Don’t Follow Me e Unbreakable alzano una temperatura che si fa insopportabile sotto il bombardamento a tappeto a cui veniamo sottoposti, e si giunge alla conclusione con la voglia matta di schiacciare ancora il tasto play e farsi travolgere dalla musica dei Game Zero.
Che dire, se non scusate per il ritardo e complimenti al gruppo e all’etichetta per l’ottimo lavoroe.

TRACKLIST
1.The city with no ends
2.It’s over
3.Now
4.Fallen
5.Don’t follow me
6.Time is broken (rise)
7.Lions and lambs
8.Purple
9.In your shoes
10.Unbreakable
11.Look at you
12.Escape

LINE-UP
Mark Wright – Vocals, Rhythm Guitars
AlexIncubus – Lead Guitars
Domino – Bass Guitars
Dave J – Drums

GAME ZERO – Facebook

The Embodied – Ravengod

I The Embodied si candidano come una delle sorprese dell’anno nel genere

In materia metallica i paesi scandinavi sono ancora i maestri indiscussi e lo dimostrano ad ogni uscita, con ogni band che si affaccia nel panorama hard & heavy.

Passata l’ondata che devastò le rive mondiali con il death metal melodico e confermandosi come paradiso dei suoni hard rock, il nord Europa continua a regalare grande musica grazie anche a gruppi meno noti ma dal grande talento come questi The Embodied.
Nato una decina di anni fa in quel di Jönköping (Svezia) il quintetto licenzia, tramite la Pure Legend Records, Ravengod, bellissimo secondo album dopo il debutto omonimo uscito nel 2011.
Già The Embodied aveva fatto drizzare le orecchie a più di un addetto ai lavori, ma Ravengod supera di gran lunga le aspettative, confermando il gruppo svedese come una delle rivelazioni di questo 2016 con un album di heavy metal fresco, prodotto alla grande e che non disdegna qualche salto nel metal più estremo ma irresistibilmente melodico come da tradizione.
E qui chiaramente sta il bello, la band suona heavy metal, moderno ma ispirato chiaramente a quello classico, irrobustendolo in una miscela esplosiva con mitragliate estreme che si rifanno al death metal melodico, quello vero e che ha dato al genere capolavori epocali firmati In Flames e compagnia vichinga.
Ne esce un lavoro splendido formato da un lotto di brani che alternano furia estrema e metal melodico in egual misura, valorizzato da un singer sontuoso (Marcus Thorell), una coppia d’asce che risulta una macchina di solos melodici da infarto (Chris Melin e Jon Mortensen) ed una sezione oliata come il motore di una formula uno (Agust Ahlberg al basso e Axel Janossy alle pelli).
Bleed dà il via alle danze e davvero rimane difficile rimanere impassibili all’alto tasso qualitativo di questo brano, con chorus che si cominciano a canticchiare al primo ascolto, mentre il mood del disco cambia registro e il death melodico prende le redini del sound di Vengeance.
Ed è cosi che si passa da un brano più bello dell’altro, tra richiami illustri e tanta voglia di headbanging fino alla folk ballad Land of the Midnight Sun, non prima di passare dalla stupenda The Exorcist.
Immaginatevi una pazzesca jam tra In Flames, Iron Maiden, Soilwork e Masterplan ed avrete un’idea di cosa suonano questi cinque svedesi, così che Ravengod non scende da un livello ottimo per tutta la sua durata, impreziosito da brani esaltanti come I Suffocate of Anger, Battle of the Mind e la velocissima Death by Fire.
Gran colpo per la label tedesca, Ravengod risulta un album quasi perfetto e i The Embodied si candidano come una delle sorprese dell’anno nel genere, non perdeteli per nessun motivo.

TRACKLIST
1. Bleed
2. Vengeance
3. Praetor Sorrow
4. Ravengod
5. The Exorcist
6. Land of the Midnight Sun
7. Awaiting the End
8. I Suffocate of Anger
9. Art of Hunting
10. Battle of the Mind
11. Death by Fire
12. Vallfaerd till Asgaard

LINE-UP
Marcus Thorell – Vocals
Chris Melin – Guitars
Jon Mortensen – Guitars
Agust Ahlberg – Basguitar
Axel Janossy – Drums

THE EMBODIED – Facebook

Virgo – Virgo

Travolti dalla musica dei Virgo veniamo trasportati dal loro personale modo di intendere lo stoner rock, che non lascia punti di riferimento ed è valorizzato dall’estro compositivo e dalla maturità artistica dei suoi componenti.

I Virgo son un quintetto di musicisti vicentini alle prese con un rock di matrice stoner cantato in italiano, dal forte impatto ed assolutamente oltre ai suoni desertici del genere come va di moda in questo periodo.

Il gruppo formato nel 2012 è al secondo lavoro, traguardo raggiunto dopo il primo album autoprodotto (L’appuntamento) ed un’intensa attività live, esperienze che ha trasformato il gruppo in un compatto monolite di suoni rock pesanti ed oscuri, valorizzati da testi introspettivi e mai banali ed una propensione per un mood progressivo che appunto allontana il sound da facili accostamenti con le solite band di genere.
Sfuriate elettriche ed atmosfere di tragica drammaticità interiore si alternano nel sound di cui sono composti questo dodici brani, rabbiosi e complessi che hanno bisogno di più ascolti per essere assimilati, ma che non nascondono un’ indubbia capacità della band di strutture musicali ed armoniche mai banali.
E’ la benedizione/maledizione dei gruppi nostrani, maestri nel coniugare al rock di respiro internazionale testi maturi ed un’ottima propensione per linee melodiche mai banali, qui valorizzate dall’ottima performance del cantante Daniele Perrino, ma quantomeno difficili da assimilare per i frettolosi ascoltatori odierni.
Come detto viene davvero difficile fare paragoni con altre realtà, magari più conosciute, proprio perché i Virgo interpretano il genere con una personalità unica, creando vortici di rock pesante e stonerizzato sottolineato da una serie di canzoni travolgenti come l’opener Danza Di Corteggiamento, Selene, Visione Intima e Trasparenze.
Travolti dalla musica dei Virgo veniamo trasportati dal loro personale modo di intendere lo stoner rock, che non lascia punti di riferimento ed è valorizzato dall’estro compositivo e dalla maturità artistica dei suoi componenti.

TRACKLIST
1. Danza di corteggiamento
2. Vergine livrea
3. Selene
4. Coco
5. Aspirare
6. E’ uno di quei giorni
7. Nel fondo della segreta ossessione
8. Pensieri infetti
9. L’astinenza
10. Bianca ombra
11. Visione intima (tutto di lei)
12. Trasparenze

LINE-UP
Daniele Perrino-Voce
Michele Prontera-Chitarra
Luca Del Lago-Chitarra
Luca Bastianello-Chitarra
Carlo Bucci-Chitarra

VIRG – Facebook

Element Of Chaos – A New Dawn

Gli Element Of Chaos meritano l’attenzione di chi non ha paura di attraversare i confini tracciati nella vasta cartina del metal moderno

Fortunatamente il mondo del metal è più vario e colmo di sorprese di quello che molti sostengono, gli amanti della musica dura possono contare per i loro ascolti di una moltitudine di generi e sottogeneri, molte volte ben delineati tra loro, ma spesso come in questo caso amalgamati per formare un quadro di musica fresca e sorprendentemente matura.

Ovviamente anche i romani Element Of Chaos non inventano nulla che non sia già stato scritto a suo tempo, semplicemente con sagacia rielaborano in un unico spartito spunti provenienti da mondi diversi di intendere il metal.
Armati di un’ottima tecnica la band romana scarica dodici bordate di moderno metal dagli spunti progressivi, irrobustendolo con ritmiche dal micidiale groove, una forte base elettronica e l’immancabile impronta deathcore, data non solo dalle ritmiche a tratti marziali, ma dall’uso delle due voci, un robusto growl ed ottime cleans.
Nato ormai quasi dieci anni fa, il sestetto laziale esordì con il primo album autoprodotto tre anni fa dal titolo Utopia; la firma per la label Agoge records e l’aiuto del produttore Gianmarco Bellumori, hanno portato la band a questo A New Dawn, un album che al primo passaggio nel vostro lettore vi sembrerà un labirinto di suoni metallici in cui perdersi, ma pian piano la chiave del sound nascosta tra le fughe di synth, i passaggi atmosferici, la furia del deathcore ed il forte mood progressivo, aprirà la porta che vi condurrà nel mondo degli Element Of Chaos.
La melodia si scontra con l’aggressività, in tutti i vari capitoli che compongono il lavoro, la quiete di questa tempesta di suoni viene rivestita di passaggi progressivi che dimostrano la maturità artistica del combo romano, mentre veniamo travolti dal mood apocalittico di songs come l’opener The Second Dawn Of Hiroshima, Nothing But Death, e la splendida conclusione affidata al tragico intimismo di Sons Of The Atom.
Difficile trovare delle similitudini con altre realtà, la spiegazione più logica rimane confinata ai generi più che ad una band in particolare, anche se la genialità di Devin Townsend per esempio fa capolino più concettualmente che musicalmente.
Gli Element Of Chaos meritano l’attenzione di chi non ha paura di attraversare i confini tracciati nella vasta cartina del metal moderno: difficile fare previsione sulla strada che prenderà il sound del gruppo, per accontentiamoci dall’ottimo lavoro svolto su questo A New Dawn.

TRACKLIST
01. The Second Dawn Of Hiroshima
02. Idiots Lose Control
03. Just A Ride
04. Nothing But Death
05. Mutant Circus Manifesto
06. Coming Home
07. The Harmony Concept
08. Epiphany
09. A New Dawn
10. Sons Of The Atom
11. Epiphany (Paternoise Remix)
12. The Butterfly Effect (Remastered

LINE-UP
Andrea Audino (Dandy) – voce
Danele Spigola (Echo) – chitarra
Bruno Colucci (Vice) – chitarra)
Luca Prata (Ulga) – basso
Daniel Mastrovito (Shag) – tastiere
Claudio Finelli (Wonder Boy) – batteria

ELEMENT OF CHAOS – Facebook

Slowmother – Chemical Blues

Un album rock maturo che convince, anche se i brani in cui è il blues a dominare li ho trovati superiori

Vive di più anime la musica dei milanesi Slowmother, al primo full length dopo l’ep di debutto uscito lo scorso anno e recensito su queste pagine.

Le quattro canzioni che andavano a comporre il debutto omonimo sono inserite anche in questo nuovo lavoro, che conferma l’originalità della musica del trio, un rock blues che non disdegna puntate nella new wave e nel post punk di matrice ottantiana.
Generi così diversi, eppure sapientemente assemblati nel sound del gruppo lombardo in questo Chemical Blues, con un sound impostato su chitarre a tratti ruvide e vicino all’alternative, ritmiche ed atmosfere che ricordano non poco le note plumbee della darkwave, lasciando che l’influenza sporca del blues rock riempa di suoni roots gran parte del disco.
Il terzetto milanese, composto da Alessio Slowmother (voce, chitarra), Grace alle pelli e Pietro The Butcher al basso, ed aiutato dai suoni tastieristici e dal lavoro in fase di produzione di Larsen Premoli, costruisce un album di musica blues e rock’n’roll per le anime della notte che si muovono tra una Londra grigia, in un’altalena di suoni che travolgono e ci confondono raggiungendo l’apice in quei pochi ma devastanti salti nella psichedelia.
Puntano al sodo e ci regalano musica rock in your face gli Slowmother, da Liar alla title track mettono sul piatto il loro sound caratteristico, per poi concedere qualche piccola jam nei brani dove i loro strumenti liberano sfumature blues psichedeliche.
Chemical Blues è un album a cui l’appellativo alternativo calza a pennello, non concedendo all’ascoltatore una facile via da seguire svoltando ad ogni crocicchio per prendere sempre strade diverse e mai convenzionali, tra tutte le atmosfere descritte e nel mezzo di una raccolta di brani che non conosce cedimenti qualitativi o forzata ripetitività.
Un album rock maturo che convince, anche se i brani in cui è il blues a dominare li ho trovati superiori (su tutti, 20 Years): un dettaglio, rimane la sensazione di essere al cospetto di un gruppo con tante cose da dire e dalle ottime potenzialità.

TRACKLIST
1. Liar
2. Chemical Blues
3. Drugs
4. Mr. Whoo Hoo Yeah
5. Lipstick
6. The City Of Taste
7. Queen
8. Outlaw
9. My Grave
10. 20 Years
11. Too Late Jesus

LINE-UP
Alessio Slowmother – guitar, voice
Grace- drums
Pietro The Butcher – bass

Larsen Premoli-hammond and moog on tracks 2, 5, 6, 9, 11

SLOWMOTHER – Facebook

Derdian – Revolution Era

Il power metal sinfonico dei Derdian viene valorizzato al massimo dall’enorme dispiego di talenti che ci mettono del loro per rendere irrinunciabile quest’opera

Ivan Giannini, vocalist che aveva fatto faville sul precedente Human Reset non è più in forza ai Derdian, una perdita non da poco per una delle migliori realtà del power metal nazionale e non solo; la band, però, a sorpresa licenzia questo monumentale lavoro, una raccolta di brani pescati dai primi tre album che andavano a formare una sontuosa trilogia: New Era PT. 1 (2005), New Era PT. 2- War of the Gods (2007) e New Era Pt. 3 – The Apocalypse (2010).

Ma le novità non finiscono qui e i Derdian chiamano alla loro corte un manipolo di vocalist della scena nazionale ed internazionale per dare il loro contributo a questi bellissimi tredici brani, ri-registrati per l’occasione, che formano un suggestivo riassunto della saga, più un brano inedito a creare questo gioiellino di power metal dai tratti sinfonici.
La band ha fatto davvero le cose in grande, così che al microfono si dà il cambio il meglio o quasi che il genere può vantare tra i propri frontman, sicché diventa assolutamente un dovere elencarli cercando di non dimenticarne alcuno: Ralf Scheepers (Primal Fear), D.C. Cooper (Royal Hunt), Fabio Lione (Rhapsody of Fire, Angra, Vision Divine), Apollo Papathanasio (ex-Firewind, Evil Masquerade), Henning Basse (Metalium, Firewind), GL Perotti (Extrema, Rebel Devil), Davide Damna Moras (Elvenking), Mark Basile (DGM), Elisa C. Martin (ex-Dark Moor, Hamka), Terence Holler (Eldritch), Roberto Ramon Messina (Ex Secret Sphere, Physical Noise, Andrea Bicego (4th Dimension), Leo Figaro (Minstrelix), Elisa Stefanoni (Evenoire) e Joe Caggianelli (Starbynary, ex-Derdian)
Il power metal sinfonico dei Derdian viene valorizzato al massimo dall’enorme dispiego di talenti che ci mettono del loro per rendere irrinunciabile quest’opera, non solo per chi già conosce il gruppo ma per tutti gli amanti dei suoni power metal dal taglio sinfonico.
Epicità, magniloquenza, splendida musica metallica che diventa regale nelle bellissime Beyond The Gate, I Don’t Wanna Die (con l’immenso D.C. Cooper), l’inedito rhapsodyano Lord Of War su cui spicca la prova (non a caso) di Fabio Lione, l’emozionale Forevermore e via via tutte le altre canzoni in un’apoteosi di suoni metallici prodotti alla grande e che confermano l’altissimo potenziale dei Derdian.
Nel frattempo le audizioni per un nuovo cantate sono in pieno svolgimento, non rimane che augurare alla band di trovare presto un vocalist all’altezza della splendida musica prodotta e di riascoltarne al più presto un nuovo album di inediti.

TRACKLIST
1. Overture
2. Burn
3. Beyond The Gate
4. Battleplan
5. I Don’t Wanna Die
6. Screams Of Agony
7. Lord Of War
8. Forevermore
9. Eternal Light
10. The Hunter
11. Black Rose
12. Incitement
13. New Era
14. Cage Of Light

LINE-UP
Enrico “Henry” Pistolese – Guitars, Vocals
Salvatore Giordano – Drums
Marco “Gary” Garau – Keyboards
Dario Radaelli – Guitars
Marco Banfi – Bass

Vocals:
Ralf Scheepers
D.C. Cooper
Fabio Lione
Apollo Papathanasio
Henning Basse
GL Perotti
Davide Damna Moras
Mark Basile
Elisa C. Martin
Terence Holler
Roberto Ramon Messina
Andrea Bicego
Leo Figaro
Elisa Stefanoni
Joe Caggianelli

DERDIAN – Facebook

Whispered – Metsutan – Songs of the Void

Metsutan porta gli Whispered ad un livello più alto, passando dallo status di ottima cult band a punto fermo del melodic death metal

Tornano i quattro samurai di Tampere con il terzo lavoro sulla lunga distanza, un altro ottimo ed alquanto esaltante lavoro che amalgama in una forma originale il death metal melodico scandinavo ed il folk della terra del sol levante.

Vi avevamo parlato dei Whispered due anni fa in occasione dell’uscita di Shogunate Macabre, un album che aveva confermato le buone idee e la qualità del gruppo capitanato da Jouni Valjakka, cultore delle tradizioni nipponiche e con l’idea geniale di fonderle al metal estremo nato proprio nella penisola scandinava.
Epico, sinfonico e coinvolgente più che mai Metsutan- Songs Of The Void non tradisce le attese, continuando a sorprendere per il suo piglio battagliero, le stupende melodie date dagli strumenti tradizionali, non facendo assolutamente mancare quella carica estrema che, se continua a rimandare al sound dei Children Of Bodom, lo surclassa per coinvolgimento ed epicità.
Le cavalcate velocissime in puro death metal style, i solos iper tecnici, gli stacchi atmosferici che riempiono di orgoglio orientale le canzoni dell’album, invitano alla battaglia a colpi di katana, affilate come rasoi e taglienti come i solos che squarciano i brani, molti dei quali valorizzati da chorus epici e dal piglio cinematografico in un delirio di nobile metallo estremo.
Gran lavoro in fase di songwriting, il gruppo rifila quasi un’ora di musica a suo modo originale, specialmente dove l’anima nipponica prende il sopravvento e travolge in tutta la sua gloriosa epicità.
Bloodred Shores Of Enoshima, ultimo brano dell’album è quanto di più sinfonicamente epico troverete nel genere, undici minuti di sferragliante metallo impreziosito da atmosferiche parti folk, una bellissima colonna sonora per i molti film nipponici arrivati sul grande schermo in questi ultimi anni.
Ma Metsutan non si ferma certo a questo splendido brano, tutto il lavoro è avvolto da un’aura epico estrema magniloquente e le songs risultano una più bella dell’altra in un susseguirsi di colpi di scena, accelerazioni power, splendide melodie folk e sinfonie da far impallidire i più famosi act del metal sinfonico.
Kensei, Warriors Of Yama, Victory Grounds Nothing, vi catapulteranno in un mondo dove il sangue, l’onore e la cultura della spada sono le uniche compagne dei valorosi guerrieri giapponesi, in un devastante e perfetto tsunami di melodic death power folk metal da applausi.
Il miglior album del gruppo finlandese ed un acquisto obbligato per gli amanti del genere, Metsutan porta gli Whispered ad un livello più alto, passando dallo status di ottima cult band a punto fermo del melodic death metal, non considerarli è come fare harakiri.

TRACKLIST
1.Chi No Odori
2.Strike!
3.Exile Of The Floating World
4.Sakura Omen
5.Kensei
6.Our Voice Shall Be Heard
7.Tsukiakari
8.Warriors Of Yama
9.Victory Grounds Nothing
10.Bloodred Shores Of Enoshima

LINE-UP
Jouni Valjakka – Vocals, Guitar
Mikko Mattila – Guitar
Kai Palo – Bass
Jussi Kallava – Drums

WHISPERED – Facebook

Tracy Grave – In The Mirror Of Soul

L’album è un viaggio emozionale nell’hard rock melodico, formato dai cinque brani riarrangiati del precedente ep più altri cinque nuovi di zecca

E’ lunga la storia che ha portato il musicista e poeta nostrano Tracy Grave a questo primo lavoro sulla lunga distanza della band che da lui prende il nome.

Ex Hollywood Pornostar, band con un ep ed un full length alle spalle e con una buona attività live in compagnia di Adam Bomb e Pretty Boy Floyd, il musicista sardo ha collaborato in questi anni con molte realtà della scena metal e non solo, condividendo importanti esperienze live di supporto a molti gruppi storici del panorama hard rock internazionale come Alice Cooper, Faster Pussycat, Paul Dianno, L.A Guns e Backyard Babies.
Nel 2015 Grave da inizio alla sua carriera solista con un ep acustico di cinque brani dal titolo Faith, gira alcuni video ed inizia a registrare In The Mirror Of Soul presso i DGM Studios in compagnia di Federico Fresi alle chitarre e del fido Gabriele Oggiano.
L’album è un viaggio emozionale nell’hard rock melodico, formato dai cinque brani riarrangiati del precedente ep più altri cinque nuovi di zecca, che vanno a comporre un’opera molto matura dove le semi ballad la fanno da padrone, senza però risultare un’opera mielosa, in quanto non mancano elettrizzanti canzoni hard rock ed il livello del songwriting rimane per tutta la durata ad un livello alto, colmo di atmosfere intimiste e dall’ottimo input emozionale.
Il sound richiama l’hard rock americano con in testa i Bon Jovi, da sempre influenza primaria di Grave, che riesce nella non facile impresa di donare un tocco personale e maturo alla fonte musicale da cui la sua musica si disseta rendendola elegante e raffinata.
Dotato di una voce passionale come la sua musica, Grave ci invita all’ascolto di questo lavoro con Welcome To My Madness, brano perfetto per entrare nel mondo di questo lavoro, grintosa ma con un tocco melodico che risulta la carta vincente del sound proposto, mentre le semiballad prendono in mano l’album già dal bellissimo trittico When The Candle Is Burning, Faith e Melancholy.
Attracted by The Anger ci riporta al rock statunitense di matrice ottantiana, con un ottimo refrain da cantare sotto il palco, così come la metallica Reflection Of The Vampire, mentre Fragile Heart e l’acustica Tears Of Flames lasciano che l’atmosfera malinconica e cantautorale di cui è pervaso l’album ritorni a far braccia nei nostri duri cuori da rockers.
Tracy Grave, nel frattempo, si è contornato di una manciata di musicisti formando una band a tutti gli effetti: lo aspettiamo on stage per assaporare dal vivo tutte le sfumature e le calde emozioni che la sua musica sa offrire e che lui ha chiamato Grave Rock.

TRACKLIST
1.Welcome To My Madness
2.When The Candle Is Burning
3.Faith
4.Melancholy
5.Rise Again
6.I Will Be There
7.Attracted By The Anger
8.Fragile Heart
9.Reflection Of A Vampire
10.Tears Of Flames

LINE-UP
Tracy Grave – Singer, Soulwriter
Sham – Guitar
Emy Mad – Drums
Joe Tuveri – Bass
Mr. Zed – Guitar

TRACY GRAVE – Facebook

Fractured Insanity – Man Made Hell

Il sound poggia su una base ritmica che alterna marzialità e groove e facendo di Man Made Hell un lavoro moderno

Death metal al limite del brutal, vicino al trademark della scena polacca, moderno, marziale a tratti devastante, ma ben calibrato e oscuro come un’ombra demoniaca disegnata sulle pareti di una stanza raggelata da una moltitudine di presenza malvagie.

Benvenuti nel mondo dei Fractured Insanity, death metal band di origine belga tornata a seminare odio con il supporto della fondamentale (per i suoni estremi) Xtreem.
Il quartetto di deathsters nasce nell’ormai lontano 2004, Man Made Hell è il loro terzo album sulla lunga distanza, successore del buon Mass Awakeless uscito sei anni fa e che a sua volta arrivava, come una tempesta con nucleo temporalesco al centro dell’inferno, dopo il debutto When Mankind Becomes Diseased … del 2007.
I Fractured Insanity non inventano nulla e non è nelle loro intenzioni, Man Made Hell risulta un pesantissimo, violento e belligerante lavoro di metal estremo e così potrei salutarvi dandovi appuntamento alla prossima release, ma entrando nello specifico l’album non manca di inanellare una serie di composizioni che formano un compatto monolito di death metal dall’impatto brutale, puro odio, ragionato e cesellato con ritmiche pesantissime, riff che scavano nel profondo buio dove demoni ciechi preparano l’invasione e la possessione della superficie terrestre e dei suoi abitanti.
Mitragliate violentissime e senza soluzione di continuità, un growl da orco deturpato dal maligno e poche ma perfette accelerazioni che sferzano il sound del combo come venti atomici che soffiano distruggendo il pianeta.
Il sound poggia su una base ritmica che alterna marzialità e groove e facendo di Man Made Hell un lavoro moderno, sicuramente non catalogabile come old school come ultimamente va di moda specialmente nell’underground, mantenendo però una ben distinguibile matrice death che ne sottolinea confini ed influenze.
Dall’opener Habitual Killer fino alla conclusiva Suicidal Holiness verrete travolti dall’onda d’urto prodotta dalle truppe infernali che marciano alla conquista delle vostre anime (A Blasted Life), non opponete resistenza o le sofferenze saranno atroci.

TRACKLIST
1.Habitual Killer
2.The Blame Of Humanity
3.Forced To Rome
4.Inferno Of A Narcissist
5.Man Made Hell
6.One Shot Salvation
7.A Blasted Life
8.Suicidal Holiness

LINE-UP
Ignace – Drums
Kenny – Guitars
Dieter – Guitars
Stefan Van Bael – Vocals, Bass

FRACTURED INSANITY – Facebook