Revolution Within – Annihilation

Annihilation punta tutto sulla forza d’urto e non potrebbe essere altrimenti, le canzoni si succedono in un clima di efferata violenza e la band risulta compatta, una forza della natura tremendamente efficace.

Licenziano il terzo full length i Revolution Within, thrash metal band portoghese che si unisce alle truppe europee devote alla parte più moderna e groove del genere.

Nato più di dieci anni fa, il gruppo debuttò nel 2009 con Collision a cui seguì tre anni dopo Straight from Within a consolidare una formula confermata anche sul nuovo lavoro e che vede il quartetto alle prese con un thrash metal violentissimo, moderno e che non manca di far male con letali iniezioni di groove ed una predisposizione deathcore.
Quasi quaranta minuti senza prendere fiato, sopraffatti da una valanga di metal estremo che pur guardando alla parte moderna del genere rimane assolutamente senza compromessi.
Come in molte opere del genere si passeggia sulle macerie di una città distrutta, l’atmosfera che regna è di assoluta desolazione. come dopo la deflagrazione di un ordigno nucleare in un paesaggio devastato dalla furia dell’implosione.
Niente di nuovo ma dall’ottimo impatto alternando velocità e mid tempo dai rimandi core, pesantissimi e monolitici, con la voce che urla rabbiosa tutto il disagio possibile.
Annihilation punta tutto sulla forza d’urto e non potrebbe essere altrimenti, le canzoni si succedono in un clima di efferata violenza e la band risulta compatta, una forza della natura tremendamente efficace.
Grande prova delle asce che rifilano solos al limite, mentre la sezione ritmica si destreggia tra moderno groove e veloci sfuriate in un clima di torrido calore atomico.
Siamo come detto nell’area moderna del thrash metal e le influenze del gruppo portoghese si rifanno ai gruppi cardine del movimento come Machine Head, ultimi Sepultura, Killswitch Engage e Lamb Of God: dunque, se siete fans di questi gruppi e del genere descritto, Annihilation potrebbe essere l’ascolto di questa calda estate 2016.

TRACKLIST
1. Annihilation
2. A Fortress Around My Fate
3. Growing Inside
4. Countdown to…
5. Suicide Inheritance
6. From Madness to Sanity
7. Until I See the Devil Dies
8. Manhunt
9. Without a Reason for Denial
10. This Dying World

LINE-UP
Matador – Guitars
Raça – Vocals
Shaq – Drums
Adriano – Guitars
Jay – Bass

REVOLUTION WITHIN – Facebook

Nogrod – Abstruce Dismal

Aleggia un senso di depravata malvagità ed istinto guerriero nei brani che compongono la prima nera opera del gruppo indiano

Morte, distruzione del paradiso e guerra alla religione: i Nogrod lanciano le loro urla belluine dalla lontana India e lo fanno con il loro primo ep autoprodotto, Abstruce Dismal, una ventina di minuti di black metal battagliero e sferragliante.

Il giovane trio di Guwahati composto da Dhiraj Baishya alle pelli, Bhaskar Deka chitarra, voce e Rohan Kumar Das alla chitarra, aggredisce e distrugge senza pietà con un bombardamento black metal senza compromessi, lo violenta con growls feroci al limite del brutal, che lasciano spazio a screams demoniaci in un tornado di violenza diabolica.
Non mancano accenni melodici che fuoriescono dalle corde di chitarre torturate sotto l’impulso diabolico dei due axeman, mentre il drummer picchia inarrestabile con una prova che non lascia dubbi sulla sua malvagità.
Niente che non sia già stato scritto col sangue sulla bibbia luciferina del metal estremo ed evil, ma i Nogrod alle prime avvisaglie danno battaglia con furia ed attitudine come nella migliore tradizione dei gruppi estremi che ultimamente si affacciano sul mercato dal lontano paese asiatico.
Compatto e maligno Abstruce Dismal arriva come un fulmine alla fine, grazie a song che non si perdono in inutili orpelli e arrivano al sodo dalle prime note.
Aleggia un senso di depravata malvagità ed istinto guerriero nei brani che compongono la prima nera opera del gruppo indiano, ispirato dai gruppi storici del genere (Marduk su tutti) ma con un tocco moderno che li proietta tra le nuove leve del black metal del nuovo millennio.

TRACKLIST
1. Call to all Unholy Beings (intro)
2. Powered by the Black Sun
3. Scavenger of Truth
4. Reign of the Fallen
5. Celestial Crusade
6. Ageless Mourning

LINE-UP
Dhiraj Baishya – Drums, Percussions
Bhaskar Deka – Guitars (lead), Vocals
Rohan Kumar Das – Guitars

NOGROD – Facebook

Lanfear – The Code Inherited

Un ottimo album, melodico e progressivo, metallico e perfettamente calato nel trademark compositivo che da anni distingue i Lanfear

Tornano sul mercato i prog/power metallers tedeschi Lanfear, gruppo da vent’anni ai margini della scena prog metal a livello commerciale ma capace di rilasciare ottimi lavori come il precedente This Harmonic Consonance, uscito quattro anni fa e da considerare l’apice qualitativo.

Un lungo viaggio nel mondo dei suoni progressivi dal taglio power, iniziato nel 1996 con il debutto Towers e continuato con altri sei capitoli, compreso quest’ultimo lavoro che arriva in questa estate metallica, dal titolo The Code Inherited.
Come tradizione tedesca vuole, la band amalgama con buoni risultati sonorità power e raffinati inserti melodici e progressivi, in un’ottima via di mezzo tra l’irruenza di gruppi come i conterranei Brainstorm e l’eleganza del prog metal di scuola Fates Warning.
The Code Inherited risulta così un ottimo lavoro, prodotto alla grande e dal sound che fa breccia nel cuore degli appassionati per le le ruvide cariche ritmiche, i chorus e le atmosfere melodiche e una buona tecnica esecutiva qualità peculiare nel genere suonato.
Meno sinfonico e tragico rispetto al suo predecessore, il nuovo album risulta più in your face, la componente power del gruppo prende il sopravvento sui brani di cui si compone The Code Inherited, anche se le aperture melodiche, specialmente nei refrain continuano ad essere l’arma in più del sound del gruppo.
Ottimi i dieci minuti della title track, la song più prettamente prog metal dell’album (insieme alla sci-fi oriented Remain Undone) con i suoi repentini cambi di tempo ed atmosfere, mentre si fanno apprezzare le cavalcate metalliche espresse dalla band nell’opener The Delusionist, della devastante progressione ritmica di The Opaque Hourglass e Converging Saints.
Un ottimo album, melodico e progressivo, metallico e perfettamente calato nel trademark compositivo che da anni distingue i Lanfear: per gli amanti del gruppo un ritorno senza sbavature, per chi non ne conoscesse la musica un buon modo per rimediare.

TRACKLIST
1. The Delusionist
2. The Opaque Hourglass
3. Evidence Based Ignorance
4. The Code Inherited
5. Self-Assembled
6. Converging Saints
7. Remain Undone
8. Summer of ’89

LINE-UP
Nuno Miguel de Barros Fernandes – vocals
Kai Schindelar – bass
Markus Ullrich – guitars
Richard Seibel – keyboard
Jürgen Schrank – drums

LANFEAR – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=RsLUPHt6p2w

Vulture – Victim to the Blade

Primo demo di quattro brani per i tedeschi Vulture, votati al più puro spirito underground di matrice ottantiana.

I Vulture sono un giovane gruppo tedesco, attivo dallo scorso anno, del quale la label High Roller licenzia il primo demo di quattro brani (rigorosamente in musicassetta), per una quindicina di minuti di speed/thrash old school, debitore della scuola ottantiana.

E all’ascolto di Victime To The Blade sembra davvero di tornare ai gloriosi anni delle musicassette e delle ‘zine cartacee, produzione ed impatto sono infatti  in puro stile anni ottanta, cosi come il cantato che non fa mancare qualche sguaiato urlo in falsetto.
Ritmiche velocissime, accompagnano un’aggressione thrash senza compromessi, l’aria che si respira è di pura nostalgica riesumazione delle sonorità care ai pionieri dei generi descritti, ed un alone di stantio prevale sul sound dei nostri baldi thrashers tedeschi.
La cover di Rapid Fire dei Judas Priest chiude il lavoro, non prima di averci fatto scendere qualche lacrimuccia nostalgica con l’impatto a tutta velocità delle varie Vulture, Delivered to Die e la titletrack.
Poco per esprimere un giudizio sulla prova del gruppo, ma abbastanza per consigliare un ascolto solo a chi è un vero fan dello speed metal di matrice ottantiana, nonché assoluto cultore delle opere in musicassetta.
La domanda che mi pongo al riguardo è: ma ne esistono ancora? …

TRACKLIST

Side A
1. Vulture
2. Delivered to Die
3. Victim to the Blade
4. Rapid Fire (Judas Priest cover)

Side B
1. Vulture
2. Delivered to Die
3. Victim to the Blade
4. Rapid Fire (Judas Priest cover)

LINE-UP
M. Outlaw – Guitars
S. Genözider – Guitars, Drums
L. Steeler – Vocals
A. Axetinctör – Bass

VULTURE – Facebook

Vanhelgd – Temple of Phobos

Temple Of Phobos non mancherà di affascinare gli amanti dei suoni oscuri e dalle tematiche occulte ed horror

Scivolando lentamente sul letto di acque scure ci avviciniamo al tempio di Phobos, dove ad aspettarci, sinistri e crudeli ci sono i Vanhelgd, dal 2007 sacerdoti malvagi di litanie metalliche estreme tra doom metal, black e old school death.

Tre full length alle spalle, una discografia che ha dato in pasto ai cultori del metallo più oscuro un disco ogni tre anni circa, partendo da Cult Of Lazarus fino a quest’ultimo lavoro, e con in mezzo Church of Death del 2011, Relics of Sulphur Salvation del 2014, ed un unico ep uscito nel 2010 dal titolo Praise the Serpent.
Accompagnato da una bellissima copertina raffigurante un “Caronte” che si avvicina al tempio, in classico stile doom, Temple Of Phobos non mancherà di affascinare gli amanti dei suoni oscuri e dalle tematiche occulte ed horror, grazie soprattutto ad un songwriting vario e a tratti entusiasmante per quel modo di coniugare i generi citati con grande maestria, creando così un’opera dai tratti nerissimi ma dalle sfumature cangianti.
La pesantezza del doom metal, dai riff che ricordano non poco i Paradise Lost dei primi bellissimi lavori (Gravens lovsång sembra uscita dalle sessions di Gothic), lasciano spazio a sferzate dai rimandi black e mid tempo ispirati dallo swedish death metal di primi anni novanta in un’escalation di emozioni intense, spesse come l’acqua nera come la pece del fiume che porta al sacro tempio di Phobos, mentre tra la boscaglia occhi di fuoco seguono il percorso di questo liquido letto di morte.
Enorme il lavoro delle due asce ispiratissime in tutte le loro cangianti sfumature e che come demoni, a turno, si impossessano di Mattias “Flesh” Frisk e Jimmy Johansson, coppia che non manca di imprimere il loro marchi anche dietro al microfono.
La sezione ritmica (Jonas Albrektsson al basso e Björn Andersson alle pelii) non può che assecondare il mood dell’album con cambi di tempo da una song all’altra, che mantengono un livello alto anche se la parte doom/death è quella che imprime un salto di qualità importante a tutto Temple Of Phobos.
Il death/black dell’opener Lamentation of the Mortals, la già citata e stupenda Gravens lovsång e la conclusiva Allt hopp är förbi sono i picchi qualitativi di un album bello, inquietante e che non può mancare nella discografia di chi ama questi generi e le opere dei primi anni novanta.
Inoltratevi nella foresta (l’inquietante barcaiolo vi sta già aspettando) e andate alla ricerca del tempio di Phobos, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1. Lamentation of the Mortals
2. Rebellion of the Iniquitous
3. Den klentrognes klagan
4. Temple of Phobos
5. Gravens lovsång
6. Rejoice in Apathy
7. Allt hopp är förbi

LINE-UP
Björn Andersson – Drums
Mattias “Flesh” Frisk – Guitars, Vocals
Jimmy Johansson – Guitars, Vocals
Jonas Albrektsson – Bass

VANHELGD – Facebook

Malus – Looking Through the Horrorglass

Un’affascinante opera horror black metal dai rimandi sinfonici, ideata, suonata e prodotta dal genio demoniaco di Wargrath

L’underground metallico molte volte regala delle grandi sorprese, specialmente nello sconfinato ed oscuro mondo del metal estremo.

Intanto questo bellissimo lavoro non si compra, è totalmente libero e pronto per essere ascoltato da tutti, un’affascinante opera horror black metal dai rimandi sinfonici, ideata, suonata e prodotta da questo genio demoniaco di nome Wargrath che, sotto il monicker Malus, è da un po’ di anni che crea e produce bellissime opere nere come la pece.
Looking Through The Horrorglass infatti è il terzo full length di una discografia iniziata con una serie di demo licenziata all’alba del nuovo millennio e due album: Creation of Death del 2003 seguito da The Beauty of Doom del 2008.
Otto anni sono passati dunque dall’ultimo lavoro, ma direi che ne è valsa la pena visto l’alta qualità del songwriting del polistrumentista tedesco.
Ed è guardando dentro lo specchio che le immagini orrorifiche che vi si presenteranno, saranno quanto di più teatrale ed a suo modo raffinato potrete trovare nel black metal; sembra un assurdo, ma la musica di Wargrath, nella sua assoluta natura evil ed estremamente metallica, lascia nell’ascoltatore un senso di eleganza suggestiva che non può non sorprendere.
La parte black dai richiami old school, anche se le chitarre lasciano intravedere qualche sfumatura heavy, è inglobata in una spettacolare ma mai invadente parte sinfonica, valorizzata da atmosfere di raggelante teatralità dalle tinte horror, come in un film veniamo assorbiti dal crescendo di tensione che non si alleggerisce neanche quando i tasti d’avorio rilasciano note di nobile pianoforte.
Voci di demoni imprigionati nel fantomatico e pericolosissimo specchio, cigolii provenienti da altre stanze racchiuse nel mondo parallelo aldilà del nostro riflesso, un black feroce che si abbellisce solo in parte con il fascino della musica dalle sfumature classiche, in un saliscendi di emozioni.
L’album si snoda come un’unica opera estrema divisa in capitoli, assolutamente da seguire dall’inizio alla fine, perciò diventa inutile il classico (e per me stucchevole) track by track, anche se Alien-Hand, The Puppeteer e Now sono piccoli capolavori evil da non perdere.
La musica dei Dimmu Borgir è forse quella che si avvicina di più al sound di Malus, anche se personalmente tra i solchi del disco ho rivissuto accenni atmosferici vicini alle note create da Mr.Doctor per i Devil Doll, chiaramente in un contesto black.
Date un ascolto a questo lavoro che non smetterà di sorprendervi ad ogni più attento ascolto.

TRACKLIST
1. Non Timebo Mala
2. The Curse of the Almighty
3. Alien-Hand
4. The Secret of the Old Ruins
5. The Puppeteer
6. Now
7. The Release of a Trapped Soul
8. Entombed Alive
9. Out of the Black
10. Nebulous Memories
11. Night of Terror

LINE-UP
Wargrath – All instruments, Vocals

MALUS – Facebook

Insane Vesper – Layil

Quaranta minuti circa di metal estremo gelido, feroce e satanico, racchiuso in un abisso di riff malvagi

Nidiate malefiche di demoni figli del più puro credo black metal si aggirano per tutta Europa, portando la loro proposta evil e senza compromessi nel più puro spirito underground.

Anche in terra transalpina non mancano certo realtà che, fuori da ogni tipo di moda (si, anche nel metal estremo seguire sonorità cool conta) portano avanti con attitudine e coerenza un modo di concepire il genere puro e old school.
Satanismo, oscurità, misantropia e puro male, il black metal è tutto questo, almeno nella sua natura originale, e gli Insane Vesper da quasi quindici anni sono portavoce del nero verbo in terra francese.
Layil è il loro secondo full length, ma il gruppo di Tolosa ha dato alle stampe (oltre ad Abomination of Death primo album del 2011) una serie di demo, split ed ep ribadendo il suo approccio assolutamente underground.
Il quartetto di demoni transalpini non manca di proporre il suo black metal old school, avvelenato da un totale odio per il mondo anche in questo nuovo lavoro, licenziato da Art Of Propaganda e che non manca di spunti interessanti.
Atmosfericamente metallico, Layil si compone di sei brani medio lunghi, quaranta minuti circa di metal estremo gelido, feroce e satanico, racchiuso in un abisso di riff malvagi, scream provenienti da un demone racchiuso nel corpo martoriato di un impossessato, la cui stanza gelida marcisce sotto gli occhi degli annichiliti astanti.
Blood Of The Moon apre l’opera con i suoi nove minuti di metal nero e abominevole, le chitarre e le ritmiche mantengono inalterata una marcia malefica verso gli inferi, i mid tempo abbondano (Scorned Ascension) ma il gruppo non fa certo mancare sferzate ritmiche glaciali come il freddo vento del nord.
Per chi ha una superficiale conoscenza del mondo black, Layil si colloca in pieno e malvagio true black metal, anche se il gruppo ha la personalità per non concedere grossi paragoni con le band storiche.
Gli Insane Vesper sono una realtà di tutto rispetto nel genere e la loro musica rimane confinata negli ascolti degli amanti del true black metal.

TRACKLIST
1. Blood of the Moon
2. Of Serpent’s Embrace
3. Seed of Inanna
4. Scorned Ascension
5. Sink the Ark of Knowledge
6. The Circle

LINE-UP
Arggon – Guitars, Bass
Vanitas – Vocals
Ate Rigant – Bass
A.L. – Drums

INSANE VESPER – Facebook

Harm – October Fire

Una bomba estrema, questo risulta October Fire, nuovo lavoro dei norvegesi Harm, un trio diabolico che al thrash aggiunge una potenza death/black metal per un risultato da tregenda musicale.

Il gruppo nasce addirittura nel 1997, ma la prima uscita risale al 2004 con il debutto in versione demo, seguito da due full length, Devil del 2006 e Demonic Alliance del 2011.
Una furia distruttrice che parte da una base thrash ed incorpora elementi death e black, i generi estremi di cui il loro paese è da sempre tra i massimi esponenti; il risultato non può che essere devastante come un ciclone biblico.
Vocals che rasentano lo scream di estrazione black, ritmiche inumane, solos spaccaossa , tanta furia distruttrice e se non bastasse rallentamenti al limite del doom/death, fanno di October Fire un lavoro estremo violentissimo ed assolutamente affascinante.
Il songwriting parossistico fa di questa raccolta di brani violenti e demoniaci una chicca per gli amanti del metal estremo, una band che nel suo estremismo sonoro mette d’accordo un po’ tutti gli affezionati al male in musica.
Non un attimo di tregua, fin dall’opener Devastator gli Harm danno inizio alla carneficina e non c’è modo di fermarli, crudeli e senza pietà infieriscono sull’ascoltatore con un approccio che fa passare una qualsiasi black metal band per dei bimbetti ai primi canti imparati a scuola.
La title track, Kill The King, l’infernale Bad Omen letteralmente uccidono, riconcorrono le vittime per finirle con una violenza inumana, le trombe d’aria metalliche non lasciano che macerie al loro passaggio e l’esercito di demoni con il fuoco di Ottobre purifica la terra dalle ultime avvisaglie di umanità.
Steffan Schulze (voce e basso), Nicolay Jørni Johnsen (chitarra), Kevin Kvåle (batteria), confezionano uno dei più malvagi e terremotanti lavori in ambito estremo di questa prima metà dell’anno, non perdetelo o il fuoco vi brucerà.

TRACKLIST
1. Devastator
2. Executioner
3. Trying To Grow Wings
4. October Fire
5. Kill The King
6. Shadow And The Slave
7. Red Stone Souls
8. In These Moments
9. Bad Omen

LINE-UP
Steffan Schulze – Bass/vocals
Nicolay Jørni Johnsen – Guitars
Kevin Kvåle – Drums

HARM – Facebook

Mortal Terror – Creating Destruction

Creating Destruction è un lavoro niente male che ci consegna un gruppo da scoprire, nel caso non lo si sia già fatto.

Veterani della scena thrash metal tedesca, i Mortal Terror non sono molto conosciuti, a meno che non si sia fans accaniti del thrash metal old school, eppure la loro nascita è datata addirittura 1986, in pieno sviluppo e successo delle sonorità estreme.

Una sfilza di demo a cavallo tra gli anni ottanta ed il decennio successivo ed un primo full length licenziato nel 1994 e seguito da altri quattro lavori e due ep, trovando una discreta costanza proprio negli ultimi anni con questo nuovo album che segue We Are The Damned di “appena” sei anni.
Forse la poca produttività ha pesato sulla carriera del gruppo tedesco, fatto sta che dopo trent’anni tornano con un nuovo lavoro e Iyezine, pronta, cercherà di far luce su questi vecchi thrashers ottantiani.
Il sound della band è un buon esempio di thrash tecnico, con molte parte classiche e sfumature death metal progressive, un po’ come i primi Voivod, ma resi brutali da iniezioni slayerane, senza dimenticare la vecchia scuola, specialmente nel lavoro delle due asce, protagoniste di solos dal notevole spessore melodico e tecnico.
Voce aggressiva ma classicamente thrash old school, e ritmiche varie, fanno di Creating Destruction un ottimo lavoro: il gruppo di Kassel alterna brani dall’impatto e velocità illegali ad altri dove l’anima progressiva prende il sopravvento donando ottime parti dove gli accordi semi acustici si sprecano, le parti intimiste diventano predominanti ed un altro glorioso nome , i Metallica era Master Of Puppets, si affaccia sul sound della band.
La carica slayerana di brani come Too Old to Die Young e Death Zone, rimarcano la natura senza compromessi del combo tedescol, mentre  Speed Demon e Spit You Out accentuano quella più elaborata che alza non di poco il valore di una album buono su tutta la linea: trent’anni di esperienza si sentono, ed i musicisti risultano ottimi artigiani metallici.
Creating Destruction è un lavoro niente male che ci consegna un gruppo da scoprire, nel caso non lo si sia già fatto.

TRACKLIST
1. Funeral March (Intro)
2. Too old to die young
3. Speed Demon
4. Death Zone
5. The Beast takes Control
6. Creating Destruction
7. Violent Years
8. Spit you out
9. Mortal Terror

LINE-UP
Stefan Kunth-Vocals
Dirk Wieland-Guitars, vocals
Gerrit Geilich-Bass
Matthias Keyser-Guitars
Jürgen Grauer-Drums

 

Surtur – Descendant of Time

Riff secchi e precisi e tanta ferocia, sommata all’entusiasmo che una giovane band al primo lavoro mette alla grande sul piatto, fanno pari e patta con i piccoli difetti del caso: i ragazzi sono giovani ed hanno ampi margini di miglioramento

Che i paesi asiatici siano ormai una culla per il movimento estremo mondiale non è certo una novità, almeno per chi è abituato a spulciare le ‘zine di riferimento, attente a quello che succede in quei lontani paesi dal punto di vista musicale.

Iyezine in questi anni ha dato molto spazio alla scena, confrontandosi con realtà metalliche che nulla hanno da invidiare a quelle europee e statunitensi, in tutti i generi e sottogeneri di cui può vantare la nostra musica preferita.
Oltre all’immensa India anche gli altri paesi non mancano di gruppi di una certa importanza, specialmente a livello qualitativo, ed uno di questi è sicuramente il Bangladesh.
Thrash metal, per molti un genere obsoleto, che nell’underground però regala piccoli gioiellini di metallo incendiario, trovando appunto nel continente asiatico terreno fertile per far crescere nuove e buone realtà che al genere si ispirano.
A Dhaka, città del Bangladesh nascono nel 2012 i Surtur giovane quartetto di thrashers che debuttano lo scorso anno con Descendant of Time, ristampato quest’anno dalla Witches Brew, un ep di quattro brani ispirato al thrash metal old school di scuola tedesca ma che non rinuncia a devastare con letali dosi di death metal.
Ne esce un sound violento e senza compromessi, dato anche dal growl cattivissimo e dalle atmosfere da battaglia negli inferi che oscurano il sound dei brani.
Intro acustica, che sfocia in un mid tempo, è un attimo perché si parte a velocità furibonde con doppia cassa sparata al limite ed una tregenda metallica dall’impatto furibondo.
La titletrack risulta una tempesta estrema, ma dall’ottima Maggot Filled Brain e Demolisher, qualche rallentamento ed un minimo di melodia in più danno al sound della band una leggera varietà nel suo assalto sonoro senza compromessi.
Riff secchi e precisi e tanta fer28ocia sommata all’entusiasmo che una giovane band al primo lavoro mette alla grande sul piatto, fanno pari e patta con i piccoli difetti del caso, i ragazzi sono giovani ed hanno ampi margini di miglioramento, il genere suonato è del più classico perciò l’originalità la lasciamo in altre sedi, aspettiamo il prossimo passo per una più accurata esamina, anche per il minutaggio ridotto del lavoro in questione.

TRACKLIST
1.Prologue to Chaos
2.Descendant of Time
3.Maggot Filled Brain
4.Demolisher

LINE-UP
Riasat Azmi – Vocals
Shadman Omee -Guitars
Masnun Efaz -Bass
Rifat Rafi – Drums

SURTUR – Facebook

Art Of Deception – Shattered Delusions

Death metal melodico che nel suo dna porta con sé cromosomi thrash metal.

Death metal melodico che nel suo dna porta con sé cromosomi thrash metal.

Shattered Delusions, primo lavoro sulla lunga distanza di questa giovane band norvegese, al secolo Art Of Decption, non delude sicuramente per quanto riguarda l’impatto e la buona vena melodica, valorizzata da un gran lavoro alla sei corde ed animata da una sezione ritmica dallo spirito battagliero.
Il gruppo di Stavanger attivo da quattro anni, ha rilasciato un ep ed un singolo, prima della firma con Crime records ed il rilascio di Shattered Delusions, album dalla forte impronta melodica pur nella sua nature estrema, a tratti alimentato da una vena progressiva e dal songwriting sufficientemente buono.
Il quartetto si aggira furtivo tra il metal estremo degli ultimi anni , rubando di qua e di là umori ed atmosfere che passano dal thrash al death melodico, la vena progressiva e qualche sfumatura più moderna rendono l’ascolto vario, con le atmosfere tragiche ed arrembanti classiche del genere che acquistano spunti interessanti seguendo i dettami del genere suonato.
La voce grossa la fanno le due sei corde, impegnate a costruire riff e solo melodici dal taglio classico su ritmiche veloci e thrash oriented, il growl è da manuale ed il tutto non può che risultare perfetto per un lavoro improntato sull’alternanza tra old school, refrain moderni e tecnicismo progressivo.
In Shattered Delusions il gruppo norvegese non manca di alternare cavalcate veloci e trascinati a parti più elaborate confermandosi una giusta e riuscita via di mezzi tra gli Opeth, i primi Dark Tranquillity e gli At The Gates in versine progressiva e moderna.
Washing Water e gli undici minuti di Organized Chaos sono i picchi di questo buon lavoro, consigliato agli amanti del death metal melodico, ed in generale dei suoni estremi della loro terra di origine, così che Shattered Delusions merita senz’altro da parte loro un attento ascolto.

TRACKLIST
1. Lunar Eclipse
2. Killing
3. Kraken’s Awakening
4. Washing Water
5. Øyekast
6. Molested by the Beast
7. Illusion of Trust
8. Evil (bitch)
9. Organized Chaos

LINE-UP
Marius Ofstad-Guitars, volcals
Sindre Wathne Johnsen-Guitars, B.vocals
Einar Petersen-Drums
Patrick Ivan Rørheim-Bass

ART OF DECEPTION – Facebook

Yarast – Tunguska 1908

Tunguska 1908 è un lavoro pienamente riuscito, all’altezza della migliore tradizione scandinava

Questa band romana attiva dal 2011 non poteva trovare monicker migliore, infatti Yarast in russo significa furia, una furia death metal che si scatenerà appena schiaccerete il tasto play del vostro lettore.

Tunguska 1908 si avvale di un originale concept fanta politico ambientato all’epoca della guerra fredda, con la Russia come assoluta dominatrice del mondo.
L’album è composto da otto brani, prodotti magistralmente da Stefano Morabito ai 16th Cellar Studios (Hour of Penance, Fleshgod Apocalypse), di death metal che rimanda alla scena scandinava, potenti furiosi e marcatamente melodici specialmente nei solos, così da essere una perfetta via di mezzo tra l’approccio classico e quello melodico del genere, a cui la penisola scandinava ha dato i natali.
L’ottima tecnica dei musicisti coinvolti fa il resto e l’album non manca di deliziare i deathsters con una serie di brani oscuri, dal taglio brutale ed epico ed attraversate da un’atmosfera di tensione dannatamente coinvolgente.
Un album che nella sua interezza appare compatto come granito, sferragliante e rabbioso, freddo come il clima delle lande sovietiche, agguerrito nelle ritmiche che alternano mid tempo a sfuriate debordanti e tagliato dalle sei corde, che come lame infieriscono con taglienti e melodici solos.
Il growl imponente del singer Matteo Boccardi accompagna il sound carico di adrenalina, con una tensione altissima, che quasi la si può toccare, e la titletrack apre le ostilità, devastante e rabbiosa, lasciando alle sfuriate ritmiche (Fabrizio Chionni al basso e Nicola Petricca alle pelli, bravissimi nei cambi di tempo della successiva Doomsky Fills Your Eyes) il compito di introdurci al sound del gruppo romano,.
Non c’è un attimo di respiro e Tabula Rasa è un massacro sonoro che rasenta il brutal, mentre su Распyтица (Rasputiza) sono le due asce le protagoniste indiscusse (David Ceccarelli e Daniele Foderaro).
Mentre Nuclear Winter è un’altra mazzata devastante, Blood Path si apre con un accordo acustico che sfocia in una tempesta di suoni estremi dal taglio leggermente progressivo, sempre splendidamente ancorato al metal scandinavo.
Deserter e Retaliation chiudono l’album all’insegna del death metal tecnico e, specialmente nel brano conclusivo, con una serie di ripartenze e solos clamorosi.
Tunguska 1908 è un lavoro pienamente riuscito, all’altezza della migliore tradizione scandinava e, se siete fans degli Hypocrisy, band a mio avviso più vicina al sound prodotto dai nostri, non potete permettervi di perdervelo.

TRACKLIST
01 – Tunguska 1908
02 – Doomsky Fills Your Eyes
03 – Tabula Rasa
04 – Распyтица (Rasputiza)
05 – Nuclear Winter
06 – Blood Path
07 – Deserter
08 – Retaliation

LINE-UP
Matteo Boccardi – Vocals
David Ceccarelli – Guitars
Daniele Foderaro – Guitars
Fabrizio Chionni- Bass
Nicola Petricca – Drums

YARAST – Facebook

Aftermoon – Phase One

Una raccolta di brani che spazia tra irruenza metal, qualche accenno all’alternative rock e tanta elettronica perfettamente inserita nella struttura di un sound che traccia una sottile linea tra il dark pop ed il metal.

Sotto l’etichetta modern metal si nascondono molte anime della nostra musica preferita, dal sound estremo e quello più raffinato la musica dura viene plasmata tornando in vita sotto altre forme.

Per molti o almeno per chi è ancora imprigionato nelle anguste celle della tradizione a tutti i costi un male, ma per chi ha seguito con interesse tutte le camaleontiche trasformazioni che il metal/rock ha avuto in tutti questi anni, le soprese non mancano di certo.
La Wormholedeath, label nostrana che di musica originale e di qualità fa il suo credo, ci fa partecipi di questo ottimo album, proveniente dall’Ucraina e suonato dagli Aftermoon, band di Kiev attiva dal 2012 e capitanata da un’altra splendida musa che il nostro mondo può vantare, la singer Valeri, elegante e raffinata interprete di questa raccolta di brani che spaziano tra irruenza metal, qualche accenno all’alternative rock e tanta elettronica perfettamente inserita nella struttura di un sound che traccia una sottile linea tra il dark pop ed il metal.
Modern metal diventa ovviamente la più facile soluzione per descrivere la moltitudine di note che all’ascolto di Phase One riempiono di musica le nostre stanze, che si trasformano ai nostri occhi in un paesaggio vellutato, con arcobaleni di tutte le tonalità del rosso ( il metal) e del nero (il dark elettronico).
La band non manca di accontentare gli amanti della musica dura, le chitarre sanno far male all’occorrenza e le ritmiche a tratti si fanno pesanti e potenti, la parte elettronica fa la differenza soprattutto nei brani dove si amalgama alla rabbiosa parte metallica, ed il piano che timido ricama armonie, dona una marcata eleganza che si evince all’ascolto dell’intero album.
Time Crisis, Somewhere e Duality sono gli esempi più fulgidi del songwriting del gruppo, che lascia alla splendida vocalist tutta la meritata gloria con le magnifiche interpretazioni su Silence, To You e Losing Me le canzoni più intimiste e sentite del lavoro.
Un grande lavoro alla produzione rende il suono cristallino e patinato il giusto per non mancare di convincere gli ascoltatori del rock più cool e l’appeal a tratti risulta davvero alto.
Difficile fare dei paragoni, che rimangono più legate al genere che a specifiche band, non vi rimane che ascoltare questo ottimo lavoro ed innamorarvi perdutamente della musica degli Aftermoon e della loro bellissima vocalist.

TRACKLIST
1. In Loving Memory
2. Lumia
3. DeadBorn Revolution
4. Cold
5. Losing Me
6. Runaway
7. Somewhere
8. Duality
9. Silence
10. Daemons
11. Time Crisis
Bonus 12. To you

LINE-UP

Valeri
Ivan
Dmitriy
Sergey
Roman

AFTERMOON – Facebook

Thrashit – Kaiser of Evil

Poco più di una ventina di minuti per scaricare otto proiettili di thrash metal old school feroce ed aggressivo

Il vecchio e vituperato thrash metal non conosce confini ,così che nell’underground non sono solo la vecchia Europa o gli USA a regalarci nuove realtà nel genere, ma anche dalla lontana Asia non mancano nuovi adepti al sacro fuoco del thrash.

Dalla Malesia arrivano i Thrashit e Kaiser Of Evil è il loro primo lavoro sulla lunga distanza, che segue l’ep di debutto uscito due anni fa (Neckbangers).
Qualcuno dirà che il quartetto di Kuala Lumpur, formato da Jorn (chitarra e voce), Logan (batteria), Erulz(basso) e Beno (chitarra), è in ritardo di almeno una trentina d’anni, poco male per chi aprrezza il thrash più evil, grezzo ed ignorante come non mai.
Poco più di una ventina di minuti per scaricare otto proiettili di metal old school feroce ed aggressivo, prodotto discretamente e dall’ottimo impatto, tanto basta al gruppo malese per accontentare chi fra voi preferisce soluzioni in your face, d’altronde il genere è nato per far male estremizzando l’heavy metal cercando di suonarlo il più veloce possibile.
Cattivo e crudele, il sound del gruppo si avvicina alla tradizione europea, lasciando le melodie statunitensi ad altre realtà e la scelta non può che essere quella giusta visto le buone impressioni suscitate da questo estremo lotto di songs.
Speed e tharsh old school quindi, con una sezione ritmica indiavolata così come il singer sembra un Mille Petrozza indemoniato, che fa fuoco e fulmini nel già schizoide sound di brani evil come, Fallen War e la devastante triade Son Of Bastard, Thrashing And Slaughter e 666 Days In Hell.
Kaiser Of Evil può essere considerato un buon inizio per il gruppo malese, la proposta segue per intero le coordinate del genere tanto da risultare il classico disco per appassionati, dategli un ascolto non mancherà di garantirvi quasi mezzora di sana cattiveria.

TRACKLIST
1. Pressure
2. Fallen War
3. Neckbanger
4. Son of Bastard
5. Thrashing and Slaughter
6. 666 Days in Hell
7. Kaiser of Evil
8. Thrashit

LINE-UP
Jorn – Guitars, Vocals
Logan – Drums
Erulz – Bass
Beno – Guitars

THRASHIT – Facebook

Our Souls – The Beast Within

Cercate e fate vostro questo lavoro, non potete immaginare la forza bruta che sprigionano gli Our Souls finché non la proverete sulla vostra pelle.

Una mazzata terrificante, una bomba devastante, violento e senza compromessi, thrash metal dalle venature hardcore che deflagra e distrugge senza pietà, questo risulta The Beast Within, ultimo lavoro del bombardiere tedesco Our Souls.

Nata sul finire del millennio passato, questa debordante band arriva lo scorso anno al suo terzo album, giunto a noi solo ora, così senza perdere altro tempo prezioso, ve li presentiamo in tutta la loro furia distruttrice.
Debutto targato 1999 (Final Hour) e poi un ep ed un live, prima che il precedente War for Nothing del 2013 dia un po’ di continuità alla discografia del gruppo, ed infatti dopo solo due anni The Beast Within torna in tutta la sua potenza devastante a turbare i sogni dei thrash metal fans europei.
Il quintetto tedesco costruisce su una base thrash, ben bilanciata tra tradizione e sfumature più moderne, il suo muro sonoro fatto di pietre metal e cemento hardcore, ed il risultato non può che essere un’insormontabile parete di roccia metallica, sfiorata da poche ma eccezionali ventate di death metal melodico (F-E-S-R).
Con un singer (Berny) che sbraita rabbioso e risulta una furia scatenata, un lavoro ritmico che sfiora la perfezione (Michael “Gruni” Grunert alle pelli e Marcus “Linne” Lindemann al basso) e due chitarre torturate sadicamente lanciando gemiti melodici prima della morte (Florian “Flocke” Klähr e Andreas “Andti.D” Damm) il giochino perverso e violentissimo è fatto e gli Our Souls possono liberare tutta la loro attitudine hardcore su un tappeto di metallico thrash dalle palle fumanti, potente come un vulcano in eruzione, portatore di distruzione come il più violento degli uragani.
Ecco, un uragano sonoro di notevoli dimensioni che si abbatte ed infierisce senza pietà, tra velocissime cavalcate e mid tempo pesanti come incudini, un esagerato ed esaltante viaggio nella musica estrema, accompagnati da brani di una forza dirompente come la title track posta in apertura, la devastante Zombie Nation, la già citata e death oriented F-E-S-R , ed il rullo compressore Pornsuckers from Hell, un inferno hardcore sceso sulla terra.
Cercate e fate vostro questo lavoro, non potete immaginare la forza bruta che sprigionano gli Our Souls finché non la proverete sulla vostra pelle.

TRACKLIST
1. The Beast Within
2. Time Is Up
3. Zombie Nation
4. Age of Pestilence
5. I Am Alive
6. F-E-S-R
7. No Surrender
8. Pornsuckers from Hell
9. Leave Me Alone
10. Chemie der Verwesung

LINE-UP
Berny – Vocals
Flokke – Guitar
Andti – Guitar
Linne – Bass
Gruni – Drums

OUR SOULS – Facebook

Snakewine – Serpent Kings

Otto brani micidiali e perfettamente bilanciati tra metal, hard rock ed una forte attitudine rock’n’roll.

Questo adrenalinico gioiellino di heavy/hard rock è il debutto dei Snakewine, quartetto tedesco proveniente da Saalfeld che approda con un po’ di ritardo sulle pagine di Iyezine.

Fondato nel 2014, lo scorso anno il gruppo approda al debutto tramite Phonector con questi micidiali otto brani perfettamente bilanciati tra metal, hard rock ed una forte attitudine rock’n’roll.
Tanto groove nelle ritmiche, solos dinamitardi che fanno l’occhiolino tanto allo street metal ottantiano quanto all’hard rock classico ed una verve motorheadinana, che non manca di aggiungere pepe ad un lotto di brani divertentissimi e tremendamente live.
Ed è proprio on stage che il sound del gruppo da il meglio di sé, le songs risultano perfette per un ambito in cui il rock ritrova la sua vera natura, sguaiato, debordante ed irresistibile, aiutato non poco dall’appeal di brani estremamente inyourface.
Registrato, mixato e masterizzato da Niklas Wenzel, Serpent Kings deflagra letteralmente, carico di un forte impatto rock’n’roll, che la voce maschia e graffiante del singer Ronny Konietzko rende aggressivo e perfetto per i fans dell’hard & heavy.
Grande prova della sezione ritmica, un muro di cemento armato hard rock (Sebastian Welsch al basso e Buddha a picchiare come un forsennato sulle pelli del suo drumkit) ed esplosiva risulta la sei corde di Frank Vogel, sanguigna come nel southern blues di cui è rivestita Double Barreled, cattiva e tagliente nei molti assoli dall’impronta metallica.
Non ci sono ballad in Serpent Kings, se volete conquistare la vostra donzella dovrete rivolgervi altrove, qui si brucia di passione, niente romanticismi, accoppiatevi senza freni inibitori al ritmo di The Devil You Know, della Ac/Dc oriented Breathtaker o dalla potentissima Mean Machine.
Motorhead, Ac/Dc, un pizzico di street metal, tanto impatto alla Danko Jones ed il vino di serpente che scenderà nelle vostre gole, vi rendernno dipendenti e non potrete più farne a meno, consigliato senza riserve.

TRACKLIST
1.Breathtaker
2.Son Of a Gun
3.Brood Of Vipers
4.Mean Machine
5.Serpent Kings
6.Double Barreled
7.The Devil You Know
8.Swipwrecked

LINE-UP
Ronny Konietzko-Vocals
Frank Vogel-Guitars
Sebastian Welsch-Bass
Buddha-Drums

SNAKEWINE – Facebook

Centinex – Doomsday Rituals

Altra grande prova dello storico combo svedese, altra mazzata musicale che conferma l’assoluto dominio del death metal sulla musica estrema

Un’altra lezione di come si suona death metal impartita dalla storica band svedese con questo straordinario lavoro, secondo dopo la reunion avvenuta nel 2013 e successore di Redeeming The Filth di due anni fa, rientro in pompa magna del gruppo scandinavo.

I Centinex tornano a devastare padiglioni auricolari che gronderanno sangue, massacrati da questa mezzora di metal estremo entusiasmante confermando la buona forma dopo i lunghi anni di inattività e il conseguente ritorno, a questo punto una benedizione per i death metallers ancora innamorati dei suoni old school.
Prodotto ai Wings Studios ed accompagnato da una copertina vecchia scuola, Doomsday Rituals è il degno successore del bellissimo predecessore, nonché un album che assolutamente non sfigura con le opere storiche dei primi anni novanta, composto da una decina di bombe atomiche fatte esplodere nello stesso istante, producendo la totale distruzione del pianeta.
I Centinex non sono certo prolissi nel comporre metal estremo, i loro brani puntano la vittima e la eliminano con una raffica di death metal perfettamente bilanciato tra la tradizione scandinava e quella statunitense, compatti come una nave da guerra rifilano dieci cannonate devastanti, dalle ritmiche potenti e sempre sorrette da mid tempo che si trasformano in poderosi blast beat violentissimi.
Epico a tratti, perfetto nell’essere facilmente memorizzato complice un songwriting sopra le righe, Doomsday Rituals vive e si crogiola nelle ritmiche, punto di forza del gruppo e goduria per gli amanti del genere, pura violenza che non trascende ma acquista flavour, grazie al talento ed al mestiere di questi quattro guerrieri estremi.
La band ha un curriculum tale che parlare di influenze sarebbe sminuire l’importanza dei Centinex e della loro discografia, come detto anche Doomsday Rituals si nutre di death metal old school, niente di più, niente di meno e qui sta il bello, almeno per chi considera il death metal padre dei generi estremi ed il miglior modo per suonare musica violenta.
L’opener Flesh Passion, il capolavoro ritmico di cui è composta The Shameful Few, la carica emanata dalla veloce e devastante (la song più veloce del lotto) Sentenced to Suffer, sono solo le prime virtù che escono prepotentemente dai solchi dell’album, poi con gli ascolti la sensazione di essere al cospetto di un death metal album perfetto cresce a dismisura.
Altra grande prova dello storico combo svedese, altra mazzata musicale che conferma l’assoluto dominio del death metal sulla musica estrema.

TRACKLIST
1. Flesh Passion
2. From Intact to Broken
3. Dismemberment Supreme
4. Generation of Flies
5. The Shameful Few
6. Doomsday
7. Exist to Feed
8. Death Decay Murder
9. Sentenced to Suffer
10. Faceless

LINE-UP
Martin Schulman Bass
Kennet Englund Drums
Sverker Widgren Guitars
Alexander Högbom Vocals

CENTINEX – Facebook

Infernal Diatribe – Videha Mukti

La prova sulla lunga distanza dirà se il gruppo indiano è già pronto per conquistare il vecchio continente, nel frattempo per gli amanti del raw black metal si consiglia sicuramente l’ascolto di Videha Mukti.

Dopo i bellissimi lavori di Diabolus Arcanium e, soprattutto Heathen Beast, il black metal torna a far parlare di sé in quel di Calcutta, India.

Videha Mukti è il primo lavoro in formato ep degli Infernal Diatribe, oscura ed occulta realtà che si aggira maligna tra i vicoli della metropoli asiatica.
Ancora, come sempre è la Transcending Obscurity a fasi portavoce del metal proveniente da quella porzione di pianeta, in questo caso, estremo e demoniaco ed assolutamente old school.
In Videha Mukti musicalmente si parla la lingua dei paesi scandinavi, il quintetto indiano infatti trae ispirazione dai gruppi storici della scena nordica, con ottime melodie oscure che atmosfericamente rendono i brani terrorizzanti e vari, insomma una miscela di black metal classico con ottime parti rallentate tra spiritualismo ed occultismo.
Si sviluppano così questi quattro inni alla misantropia, neri come la pece e senza compromessi, con buone linee ritmiche, sfuriate estreme di buon livello, uno scream demoniaco possibile e un’atmosfera che non fa sicuramente rimpiangere il miglior black metal internazionale.
Mayhem, Dark Funeral, Darkthrone, le ispirazioni per il gruppo non mancano, così come un’ottima attitudine che si evince da brani tremendamente evil come The Cry e Doomed, brani cardine del sound degli Infernal Diatribe.
La prova sulla lunga distanza dirà se il gruppo indiano è già pronto per conquistare il vecchio continente, nel frattempo per gli amanti del raw black metal si consiglia sicuramente l’ascolto di Videha Mukti.

TRACKLIST
1.Demonic Gasping Mortal Nightmare (Wisdom)
2.Doomed
3.Morbid Evocation
4.The Cry

LINE-UP
KaraNavigama – Vocals
Kalavikrama – Guitar
Narantaka – Guitar
Kalaparzudhara – Bass
Naztaz – Drums

INFERNAL DIATRIBE – Facebook

Blood Moon Hysteria – Crimson Sky

Runar Beyond si conferma un talento nel descrivere emozioni che non lasciano spazio alla speranza, ancora più accentuate in questo lavoro della sua nuova creatura che trasforma in musica il disagio esistenziale e la profonda inquietudine

Avevamo lasciato il polistrumentista norvegese Runar Beyond all’indomani dell’uscita, tramite la nostrana WormHoleDeath, del bellissimo Dreaming Stoned, ep della sua creatura chiamata Beyond The Morninglight, quattro brani acustici dal flavour malinconico, un viaggio in solitudine tra i boschi del suo paese in compagnia della sua chitarra assolutamente espressiva.

Ritroviamo il buon Runar in questa nuova avventura chiamata Blood Moon Hysteria, ancora con l’aiuto di Leo Moracchioli, che ha prodotto l’album e suonato la batteria, ed il piano di Fredrik S e questi cinque brani racchiusi in Crimson Sky.
Non più trame acustiche, ma un’irruenza rock/metal è quello che si evince all’ascolto di questo primo ep: i Blood Moon Hysteria mantengono una profonda malinconia di fondo, anche se un mood apocalittico riveste i brani, mentre la voce intrisa di profonda tristezza del musicista norvegese accompagna il rock irrobustito da richiami al metal ed all’alternative, ma soprattutto, almeno per il sottoscritto, da sfumature dark che richiamano i Joy Division.
In questa alternanza di umori, la tragica malinconia che è insita nella musica del musicista norvegese viene descritta da queste ottime cinque canzoni che passano dal rock alternativo di Blood Moon Hysteria, alle tastiere dal mood seventies della conclusiva Change, dall’irruenza metallica della title track, all’hard rock intriso di umori dark di Labyrinth e Paranoia.
Il musicista di Stavanger si conferma un talento nel descrivere emozioni che non lasciano spazio alla speranza, ancora più accentuate in questo lavoro della sua nuova creatura che trasforma in musica il disagio esistenziale e la profonda inquietudine, con assoluta padronanza dello spartito in una cascata di note velate dall’oscurità dell’animo.
Musica che è un tuffo nelle più profonde emozioni che risultano estreme, forse, anche più di molte opere black o death.

TRACKLIST
1.Paranoia
2.Blood Moon Hysteria
3.Crimson Sky
4.Labyrinth
5.Change

LINE-UP
Runar Beyond – all music and lyrics, vocals, guitars, bass, mellotron and organ
Fredrik S – piano
Leo – drums

BLOOD MOON HYSTERIA – Facebook

https://soundcloud.com/user-589348358

Macabra – ….To The Bone

….To The Bone è un lavoro dannatamente coinvolgente, almeno per chi ama il death metal old school ispirato alle opere storiche dei primi anni novanta, per cui l’ascolto è senz’altro consigliato.

Torna a far parlare di sé Mark Riddick, factotum dei deathsters Fetid Zombie e collaboratore in un’altra decina di band, questa volta in compagnia del cantante belga Adrien “Liquifier” Weber (Alienante Damnation, Ebauche Noire, Vociferian) per un’alleanza internazionale a suon di death metal old school dal nome Macabra.

Un’idea nata nel 2011 e che ha già dato i suoi velenosi frutti: un demo, il full length Blood-Nurtured Nature, uscito nel 2011, un secondo demo dal titolo Heavier Than Your Own Coffin, ed uno split in compagnia dei Father Befouled uscito tre anni fa.
E allora avventuriamoci nelle catacombe, sotterranei rimasti nascosti per millenni dove regna il male puro, ad attenderci i due demoni, circondati dai poveri resti di una civiltà ormai dimenticata, un popolo adoratore di idoli malvagi che regnano ancora nell’oscurità, accompagnati dal metal estremo dal taglio classico del duo belga/americano.
Death metal old school, dove le ritmiche si mantengono serrate per poi rallentare in monoliti di oscuro estremismo sonoro, buoni ed atmosfericamente perfetti gli interventi dei tasti d’avorio che accentuano il sentore di mistero e maligna oscurità che attanaglia tutto il lavoro.
Il growl bestiale e profondo di Weber è tanto animalesco quanto inserito alla perfezione nelle trame dei brani così che in …To The Bone l’aria che si respira è imputridita dal marcio liquame delle ossa in putrescenza.
Intricate ragnatele tessute da aracnidi millenari, serpenti che si aggirano tra gli scheletri abbandonati nell’enorme città ossario e lunghe scale che scendono nell’abisso, questo è il regno dei Macabra, descritto da brani oscuri e terrificanti come Sadocrat, Global Brainwash Confederacy e Crucified Individual Nation cardini estremi di questo lavoro.
…To The Bone è un lavoro dannatamente coinvolgente, almeno per chi ama il death metal old school ispirato alle opere storiche dei primi anni novanta, per cui l’ascolto è senz’altro consigliato.

TRACKLIST
1. Death Speculation
2. Sadocrat
3. Oppression Delegation
4. Global Brainwash Confederacy
5. Royalties on Murder
6. Crucified Individuals Nation
7. Cannibal Black Market
8. Scars of Dignity

LINE-UP
Adrien “Liquifier” Weber – Vocals and text
Mark Riddick – Guitar, bass, drum programming, keyboard, and visuals

MACABRA – Facebook