Ravens Creed – Ravens Krieg

Un album feroce e brutale, death/thrash che troverà estimatori negli amanti dei suoni old school

I Ravens Creed sono una band britannica attiva ormai da una decina d’anni, tra le sue fila militano musicisti di una certa importanza del metal underground, come il fondatore e chitarrista Steve Watson (ex Iron Monkey), Al Osta (ex Cerebral Fix) e Jay Graham (ex Skyclad).

Ravens Krieg è il terzo lavoro sulla lunga distanza, di una discografia che si completa con altri lavori minori, tra ep e split.
Il sound proposto è un minimale e ruvido death metal , dall’approccio diretto, musica estrema senza fronzoli, dalla furia thrash e dalle reminiscenze old school.
Ravens Krieg si sviluppa su tredici brani, dalla durata minima, giusto il tempo di scaricare mitragliate estreme, aggressive e da battaglia, una scarica di pugni in pieno volto, portati senza pietà, anche grazie al gran lavoro di Graham alle pelli.
Sicuramente un lavoro composto nel più puro spirito underground, dove velocità, pesantezza ed attitudine senza compromessi la fanno da padrone, non concedendo nessuno spazio a melodie facili, ma andando dritti al cuore, spaccandolo a colpi di metallo intransigente e aggressivo.
Dove il gruppo rallenta, si viene travolti da una cadenzata potenza guerresca (Victory In Defeat), trascinati dal growl abrasivo di Osta e dalle ritmiche che rilasciano putrido groove.
La produzione segue il filo conduttore di un sound grezzo, l’atmosfera che si respira è da tregenda, mentre una dopo l’altra le songs non lasciano all’ascoltatore un secondo per riprendere fiato, attanagliato dall’odore della polvere da sparo e dai cadaveri in decomposizione.
Il riffing a tratti pesantissimo (Bitten By Witch Fever) segna la marcia dei soldati della morte verso la carneficina (Brigade ’77), mentre l’album scivola verso un finale che non può che essere tragico.
Un album feroce e brutale, death/thrash che troverà estimatori negli amanti dei suoni old school, e a chi continua a preferire l’impatto più aggressivo ed ignorante al genere, rimane comunque l’impressione di essere al cospetto di musicisti di tutto rispetto,.

TRACKLIST
1. Rock Cemetery
2. Palmer the Harmer
3. Jungle Justice
4. Riding the Pillock
5. Lecturn of Burning Swords Reversed
6. Victory in Defeat
7. VIP Treatment
8. Go Home
9. Bitten by Witch Fever
10. Brigade ’77
11. Dirty Diary
12. While You Were Sleeping
13. Carrion Screaming

LINE-UP
Rod Boston – Bass
Jay Graham – Drums
Steve Watson – Guitars
Al Osta – Vocals

RAVENS CREED – Facebook

Coffin Lust – Manifestation of Inner Darkness

Un mare di odio mosso da onde di sporcizia e sangue.

Un mare di odio mosso da onde di sporcizia e sangue. I Coffin Lust sono un duo australiano che propone un death metal cattivo e sporco, a volte veloce, spesso lento e pregno di malvagità.

I due componenti del gruppo sono due veterani della scena metal australiana. Il loro debutto come Coffin Lust è un demo del 2012 intitolato Beyond The Dark, quattro tracce nelle vene di Autopsy, Dismbember, vecchia scuola insomma. Nel lavoro attuale le coordinate generali sono quelle, ma spesso nel disco nuovo il suono si rallenta per fa affiorare maggiormente la cattiveria e la sporcizia. I Coffin Lust grattano alla ricerca della cattiveria che alberga in ognuno di noi, cattiveria che il death metal riesce a purificare senza grossi danni per noi e per i nostri simili. Sporca cattiveria australiana in lp, cd e cassetta.

TRACKLIST
1. Execration of Mortality
2. Beyond Redemption
3. Chaos Absolute
4. Swarming Black Inferno
5. Damnation’s Bringer
6. Prophecy of Malevolence
7. Manifestation of Inner Darkness

LINE-UP
J.R. – Drums, Guitars.
P.W. – Guitars, Vox.

COFFIN LUST – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Crafter of Gods – The Scarlet Procession

La band non ha paura di estremizzare la propria proposta ed è brava a raffinarla con gli elementi classici

Uscito lo scorso anno, ma meritevole anche se con un po’ di ritardo, della vostra attenzione, vi presento The Scarlet Procession, primo ep dei veneti Crafter Of Gods, band estrema ma dalla ottima vena sinfonica, attiva dal 2007 e con due promo già licenziati tra il 2009 ed il 2010.

Il gruppo di Treviso dà alle stampe questo mini cd, ed è già all’opera per la realizzazione del primo full length che, vista la buona qualità della musica prodotta in questi cinque brani, alza non poco le aspettative di chi segue le sorti del metal underground.
The Scarlet Procession mette in evidenza un approccio alla materia che si discosta non poco dalle solite opere symphonic gothic, il sound mantiene un’atmosfera brutale, sempre in bilico tra il black ed il death, le parti orchestrali riempiono di raffinata ed oscura eleganza gli assalti sonori, dove un’ottima sezione ritmica (Luca Felet al basso e Alessandro Padovan alle pelli) aggredisce con veloci sfuriate black e cadenzate ma potenti ritmiche death, mentre gli strumenti classici disegnano armonie dal sapore gotico molto affascinati.
Drammatico ed oscuro, il mood del disco è poi valorizzato da un ottimo uso delle voci, così che screaming, parti pulite e voce femminile dal taglio operistico ma molto personale (Francesca Eliana Rigato), si scambino il palcoscenico evidenziando la personalità di una band navigata.
Le chitarre giocano con il death metal melodico (Giovanni Perin e Nicola Trentin), mentre la produzione perfetta aggiunge valore all’ascolto di piccoli gioielli estremi come l’opener The Tempest Legacy e In the Midst of Ocean’s Infinity, song strutturata su continui cambi di tempo, tra l’irruenza death metal, e parti più pacate e classiche.
Stupenda A Mirage of Hanging Moon, il sunto del sound proposto dal gruppo, una tempesta metallica dove bellissimi accordi pianistici, interrompono la devastante furia del black/death e solos melodici portano le note dei nostri a posarsi su lidi scandinavi, mentre la conclusiva Celestial Breed, Treacherous Blood, ci presenta il lato più sinfonico e magniloquente dei Crafter Of Gods.
Ho trovato questo lavoro molto ben fatto e a suo modo originale, la band non ha paura di estremizzare la propria proposta ed è brava a raffinarla con gli elementi classici, donando al proprio sound caratteristiche che pescano da gruppi molto diversi tra loro come Epica, Dark Tranquillity e Dark Lunacy.
Ascoltatelo e vi metterete, come me, in trepidante attesa del prossimo full length, ne sono certo.

TRACKLIST
1.The Tempest Legacy
2. In the Midst of Ocean’s Infinity
3. A Mirage of Hanging Moon
4. In Silence of Death We March
5. Celestial Breed, Treacherous Blood

LINE-UP
Giovanni Perin – Guitar, Vocals, Keys
Nicola Trentin – Guitar, Vocals, Keys
Luca Felet – Bass
Alessandro Padovan – Drums

CRAFTER OG GODS – Facebook

Convulse – Cycle Of Revenge

Veterani della scena death metal finlandese, i Convulse non hanno avuto una storia facile e lineare, a partire dal debutto del 1991 World Without God, che li ha portati ben presto nel novero delle miglior band del genere.

Ai Convulse però ciò non bastava, dato che nel secondo album del 1994, Reflections, il death metal veniva accompagnato da fughe rock and roll, tanto da essere etichettati appunto come un gruppo death and roll. Ma c’è molto di più nelle musica di questo gruppo e lo possiamo ascoltare proprio in questo disco. La Svart Records li pubblica dal loro terzo disco del 2013, Evil Prevails, un’opera marcatamente death metal. Con questo quarto disco i finlandesi ampliano maggiormente i loro orizzonti ed arrivano a proporre un genere tutto loro, dove il death è la base ma si va lontanissimi, passando ora dal prog ora addirittura da cose più gothic. La voce rimane spiccatamente death, ma il resto dell’impianto è vario e caleidoscopico, addirittura psichedelico. Chi ascolta i dischi della Svart Records ovviamente non ama l’ovvio, e quindi eccoci serviti delle fantastiche escursioni nel mondo metal tutto.
Ci sono molte cose dentro questo disco, e gli stessi Convulse ci hanno creduto molto, dato che hanno impiegato molti mesi per scriverlo. Sta a voi pubblico giudicare questo disco, ascoltatelo e ragionate con la vostra testa, non con generi, tags od altro.

TRACKLIST
1.Cycle Of Revenge
2.God Is You
3.Pangaea
4.Fractured Pieces
5.Nature Of Humankind
6.Ever Flowing Stream
7.War
8.Into The Void

LINE-UP
Rami Jämsä – Guitar, Vocals.
Juha Telenius – Bass.
Rolle Markos – Drums.

CONVULSE – Facebook

Altarage – Nihil

Nihil è un disco densissimo ed originale che tira le fila di un certo movimento blackened che sta crescendo molto negli ultimi tempi, ma che non sempre è di qualità come in questo caso.

Lp per questi baschi che suonano un death metal fortemente influenzato dal black e dall’hardcore maleficamente mutato.

Non si conoscono i nomi dei musicisti coinvolti in questo misfatto sonoro, si sa solo che sono veterani della scena underground. Fatto sta che riescono a creare un magma che sembra immoto ma che in realtà si muove molto velocemente verso di noi e non è prevista al salvezza. Ci sono anche elementi di hardcore e metalcore dentro questo maleficio messo in musica. La furia e la rabbia tipici di chiunque faccia metal qui raggiungono un nuovo livello, con un certo lo fi che è funzionale al conseguimento del risultato. Nihil è un disco densissimo ed originale che tira le fila di un certo movimento blackened che sta crescendo molto negli ultimi tempi, ma che non sempre è di qualità come in questo caso.
Ci sono momenti di saturazione e tensione estrema in questo disco, e proprio quei momenti vorresti non finissero mai. Un suono nuovo per vecchie oscurità. Notevole.

TRACKLIST
1.Drevicet
2.Womborous
3.Graehence
4.Baptism Nihl
5.Vortex Pyramid
6.Batherex
7.Altars
8.Cultus

ALTARAGE – Facebook

Prisoner Of War- Rot

12″ e mini cd d’esordio per questo truculento gruppo neozelandese che tratta principalmente tematiche di guerra.

12″ e mini cd d’esordio per questo truculento gruppo neozelandese che tratta principalmente tematiche di guerra, confermando una decisa ascesa della scena metal neozelandese, che si conferma veramente true e legata alla vecchia scuola.

I Prisoner Of War sono un bel trio di macellai, si sono uniti nel 2013 per fare un thrash sporco e cattivo, con intarsi anni ottanta per creare un bel magma sonoro davvero potente. Rot è stato registrato dal vivo in un pomeriggio solo, andando poi a overdubbare chitarre e voci a parte. Il risultato è notevolmente una mazzata, ancor di più se si leggono i testi che parlano in maniera diretta e vera della brutta realtà chiamata guerra. Un altro ottimo gruppo neozelandese, di cui aspettiamo un disco di più corposa durata.

TRACKLIST
01. Slow And Painful Death By Gas
02. Evil Sky
03. Purgatorial Shadow
04. Twisted Mass Of Burnt Decay
05. Rot

LINE-UP
Charred Remains – Vocals, Bass.
Typhoid Filth – Guitars.
MG – 42 – Drums.

http://www.facebook.com/IronBoneheadProductions

Uhttps://www.youtube.com/watch?v=0xpbi07uMtw

Voltumna – Disciplina Etrusca

Il mondo etrusco si presta benissimo ad essere rivisitato attraverso un linguaggio metal, e i Voltumna lo fanno con sensibilità e passione.

Secondo disco per questo gruppo nato in Toscana, alfiere della cultura etrusca trasposta nel linguaggio metal.

Dopo un primo demo di quattro pezzi, Chimera, uscito nel 2011, hanno pubblicato l’esordio sulla lunga distanza Damnatio Sacrorum nel 2012, disco che li ha portati a suonare in lungo ed in largo per l’Italia. Arrivati al secondo album, i Voltumna si dimostrano un gruppo molto sicuro dei propri mezzi, proponendo un death black metal classico molto ben bilanciato e ben suonato. Non ci sono pause per tutta la durata del disco e l’ascoltatore viene incalzato ed inseguito con veemenza. I Voltumna sono discendenti degli etruschi, forse il più meraviglioso e misterioso popolo che abbia visto il suolo italico. Disciplina Etrusca era l’insieme delle arti, dei rituali e delle dottrine, in pratica la summa di quella cultura. Il mondo etrusco si presta benissimo ad essere rivisitato attraverso un linguaggio metal, e i Voltumna lo fanno con sensibilità e passione, producendo un gran disco che invoglia a conoscere più da vicino quell’antica civiltà. Oltre a ciò Disciplina Etrusca conferma i Voltumna come una delle migliori realtà italiane in ambito metal, infatti stanno girando in Europa e persino in Sudafrica con i Behemoth.

TRACKLIST
1. Roma Delenda Est
2. Prophecy Of One Thousand Years
3. Disciplina Etrusca
4. The Alchemist
5. Bellerofonte
6. Bringer Of Light
7. Tages, Born From The Earth
8. Carnal Genesis
9. Measure The Divine
10. Teofagia
11. Black Metal (Venom Cover)
12. Tirreno

LINE-UP
Zilath Meklhum – Vocals
Haruspex – Guitar
Augur – Drums
Fulgurator – Bass

VOLTUMNA – Facebook

Diesear – Ashes of the Dawn

Un sound rabbioso, veloce e tempestoso, colmo di scale e solos melodic, accompagnato da un tappeto ritmico che varia tra sgommate micidiali di thrash metal e potenti muri di groove moderno

Questo giovane gruppo proveniente da Taiwan nasce nel 2007, è una delle migliori realtà della scena metallica estrema del loro paese e lo confermano con Ashes Of The Dawn, secondo full length che segue le gesta di The Inner Sear, debutto datato 2009.

In Iyezine siamo abituati a confrontarci con il metal proveniente dai paesi più remoti e fuori dai soliti circuiti, perciò non sorprende più di tanto incontrare una band nata in un luogo inusuale per queste sonorità, proponendo un ottimo compromesso tra il melodic death metal scandinavo ed il metalcore statunitense, reso ancora più brutale e potente da ritmiche thrash metal e valorizzato da un lavoro alle sei corde di altissimo livello.
Un sound rabbioso, veloce e tempestoso, colmo di scale e solos melodici, accompagnato da un tappeto ritmico che varia tra sgommate micidiali di thrash metal e potenti muri di groove moderno, una voce cartavetrata, perfetta per il genere, riescono ad elevare questo album a qualcosa di più che una canonica riesumazione del death melodico portato al successo dalle solite band a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo millennio e diciamolo francamente, non è poco.
Taipei, ne Stoccolma o Goteborg, ma Taipei, la nuova frontiera del genere si sposta verso oriente e i Diesear non sono neanche l’unico gruppo di un certo valore che giunge da quei paesi.
India in primis e poi tutte le altre terre che formano il continente asiatico, hanno portato in dote ai vari generi metallici un’orda di gruppi intenti a sviluppare le varie influenze arrivate dall’Europa e dagli States, mettendoci sempre qualcosa di loro, così da non risultare mai banali copie dei più famosi gruppi occidentali.
I Diesear viaggiano a velocità pazzesche sulla transiberiana del metal estremo, Ashes Of The Dawn è una mazzata furibonda, ma attenzione; la tecnica e la personalità di questi giovani musicisti è di alto livello, i brani mantengono un tiro micidiale, la tensione non cala un attimo e come detto le chitarre travolgono l’ascoltatore in un vortice di violenza e melodia da infarto.
Shadows of Grey, la splendida Silent Division e poi via via tutte le altre songs, formano un album che frantuma ogni vostra convinzione su dove si suona meglio il genere in questo inizio millennio, con il quartetto che si candida come una delle più belle sorprese dell’anno, battendo sul campo molti nomi noti in rotazione su Rock Tv e compagnia satellitare.
Primi Soilwork, The Crown, At The Gates e poi Devil Driver e Machine Head, questi sono gli ingredienti con cui il gruppo confeziona un piccantissimo piatto a base di metal estremo, prendete e mangiatene tutti.

TRACKLIST
1. Faith In Ares
2. Shadows Of Grey
3. Fearless
4. Silent Division
5. Corrode My Soul
6. Dying Dust
7. Breath Remains
8. Until The Light
9. Blazing Wings
10. Falling Ashes
11.Dig Your Lies

LINE-UP
Amo – drums
Sui – guitars
Chris-J – guitars
Kurenai – vocals

DIESEAR – Facebook

Circle Of Indifference – Welcome To War

Welcome To War è un’altra nera perla estrema targata Circle Of Indifference

Piano piano, uno alla volta, tornano con nuovi lavori tutti i gruppi che un paio di anni fa, chi più chi meno, avevano impreziosito con album dall’elevata qualità l’underground metallico.

Questa volta tocca ai Circle Of Indifference del polistrumentista svedese Dagfinn Övstrud, realtà scandinava dalle potenzialità enormi confermate anche in questo bellissimo lavoro che ci invita senza mezzi termini alla guerra.
Infatti il mood dell’album è molto più in your face rispetto al suo splendido predecessore, anche se Övstrud non ci fa certo mancare il suo incredibile talento per melodie in piena overdose da scandinavian melodic death metal.
Al microfono troviamo, come su Shadows Of Light, il vocalist belga Brandon L. Polaris, ma gli ospiti non si fermano qui con le performance di Kostas Vassilakis (Infravision) alle tastiere ed alle pelli e la chitarra solista di Tyler Teeple.
Prodotto ottimamente da Övstrud, Welcome To War ci invita alla distruzione totale con i primi due brani, Concription e Einberufung (Conscription), pesantissimi, epici e battaglieri, che vedono la band esplorare il lato più duro e drammatico della propria anima musicale, avvicinandosi al puro death metal scandinavo.
Arriva From This I Depart e si torna a cavalcare l’onda del primo lavoro, il riff melodico che sostiene il brano è di una bellezza straordinaria e la voce pulita si alterna al growl cattivissimo di Polaris in un crescendo emozionale elevatissimo.
Neanche il tempo di metabolizzare questo splendido brano che l’elettronica si impossessa della progressiva Menschenmörder (Murderer Of Man), regalando emozioni a non finire e tornando al songwriting stellare della prima opera tra Edge Of Sanity e Pain.
Welcome To War è marziale, monolitica e con un mood da tregenda, le tastiere addolciscono leggermente l’atmosfera pesante di questa death metal song, mentre la voce pulita dai toni disperati di Kein Entkommen (No Escape) sembra non dare speranza, ma quando tutto è perduto un assolo classico e melodico, accompagnato dai tasti d’avorio di chiara ispirazione prog, riaccende una flebile speranza.
Veil Of Despair è irruente ed aggressiva in un crescendo che porta ad una parte strumentale da brividi, con i musicisti ad impartire sotto la guida del leader lezioni di metallo estremo, devastante e melodicissimo.
Ein Akt Der Güte (An Act Of Kindness) chiude, con i suoi abbondanti sette minuti, questa nuova e splendida opera estrema, lasciando che tutto il mondo dei Circle Of Indifference si apra all’ascoltatore, investito da uno tsunami di death metal melodico sopra le righe, potente, maturo, progressivo ma oltremodo drammatico e violento.
Welcome To War è un’altra nera perla estrema targata Circle Of Indifference: se il primo lavoro risultava una piacevole sorpresa, la conferma di essere al cospetto di un grande compositore e musicista l’avrete nel momento di mettere l’elmetto, imbracciare il fucile e scendere in trincea … Benvenuti alla guerra.

TRACKLIST
01.Concription
02.Einberufung (Conscription)
03.From This I Depart
04.Menschenmörder (Murderer Of Man)
05.Welcome To War
06.Kein Entkommen (No Escape)
07.Veil Of Despair
08.Ein Akt Der Güte (An Act Of Kindness)

LINE-UP
Dagfinn Övstrud – Guitars, bass and additional keyboards
Kostas Vassilakis – Keyboards, Drums
Tyler Teeple – Guitars
Brandon L. Polaris – Vocals

CIRCLE OF INDIFFERENCE – Facebook

Horrified – Of Despair

Of Despair è un’opera poco originale ma ben realizzata, un buon modo per ricordare i primi passi del famigerato death metal scandinavo

Vi avevamo già parlato dei britannici Horrified in occasione dell’uscita del loro debutto, Descent into Putridity, uscito un paio di anni fa e che vedeva il gruppo di Newcastle confrontarsi con il metal estremo di matrice scandinava.

Completamente devoto alla scena death metal nord europea di inizio anni novanta, il gruppo inglese esordì con un dischetto sufficientemente in grado di risvegliare dal torpore gli amanti del death metal scandinavo old school, con una mazzata che, se risultava ancora leggermente acerba, coinvolgeva in quanto a violenza ed impatto.
Il ritorno in questo 2016 si chiama Of Despair, otto brani che formano una cascata di sonorità estreme care alle band storiche della gloriosa scena scandinava.
Ad un primo ascolto il gruppo lascia intravedere non pochi miglioramenti, soprattutto nel songwriting, leggermente più vario ed ispirato da una maggiore esperienza, che si evince anche da un miglioramento tecnico individuale.
La band continua a martellare senza pietà, ma in questo lavoro fanno la voce grossa le melodie, che escono a frotte dai manici delle sei corde dei due axeman, Daniel Alderson e Rob Hindmarsh e, se il primo lavoro viaggiava al ritmo devastante di Entombed e Dismember, Of Despair paga dazio agli immensi Edge Of Sanity, storica creatura estrema di quel genio di Dan Swano.
Aperture melodiche, solos dall’impronta classicheggiante, ripartenze e rallentamenti atmosferici pesantissimi avvicinano il sound del gruppo ai primi lavori dei Sanity, continuando a massacrare l’ascoltatore con ritmiche veloci, ed improvvise sfuriate che rimandano a Like An Everflowing Stream dei Dismember.
Un buon passo avanti, che convince non poco, Of Despair ha nell’assalto sonoro Palace of Defilement, in Funeral Pyres, nell’ottimo strumentale che è la titletrack e nel conclusivo monumento ai Sanity, The Ruins That Remain, le sue armi migliori.
Death metal old school, questa volta assistito da una buona produzione, Of Despair è un’opera poco originale ma ben realizzata, un buon modo per ricordare i primi passi del famigerato death metal scandinavo.

TRACKLIST
1. Palace of Defilement
2. Infernal Lands
3. Chasm of Nihrain
4. Funeral Pyres
5. Amidst the Darkest Depths
6. Dreamer of Ages
7. Of Despair
8. The Ruins That Remain

LINE-UP
Matthew Henderson – Drums
Daniel Alderson – Guitars (lead), Bass, Vocals
Dan H – Bass
Rob Hindmarsh – Guitars (lead)

HORRIFIED – Facebook

Ashen Horde – Nine Plagues

L’ora delle nove piaghe è arrivata e queste si abbattono senza pietà, portando male, morte e distruzione dove prima c’era lusso e divertimento, in una devastante tempesta di suoni estremi che vanno dal death metal di scuola americana al black metal

Dopo i fasti degli anni ottanta, la Sunset Strip di Los Angeles ha lasciato ai posteri solo un manipolo di zombie armati di chiodo e spandex, che si aggirano senza meta aspettando che tutto si riaccenda come in un immenso luna park, fatto di code davanti ai locali, droga, sesso facile e tanto rock’n’roll.

Ma nella notte un’identità oscura e maligna si aggira per le vie della città degli angeli, fagocitando queste povere amebe nostalgiche di un mondo ormai finito: è Ashen Horde, mandata dall’inferno a cacciare anime dannate, perse nel vortice del vizio e pronte per bruciare nell’antro più buio nella casa del signore oscuro.
Trevor Portz, polistrumentista e mente di questo progetto diabolico, nato nelle fatiscenti vie dove tanti anni fa il via vai delle Cadillac davanti ai locali più cool era la normalità, arriva con Nine Plagues al secondo lavoro sulla lunga distanza.
L’ora delle nove piaghe è arrivata e queste si abbattono senza pietà, portando male, morte e distruzione dove prima c’era lusso e divertimento, in una devastante tempesta di suoni estremi che vanno dal death metal di scuola americana al black metal, il tutto ben congegnato ed unito da un collante progressivo che ne fa una proposta estrema molto interessante.
Assolutamente padrone di tutti gli strumenti, Trevor Portz lancia una maledizione in musica dall’effetto distruttivo, il sound di Ashen Horde non lascia molto spazio alle atmosfere e si viaggia in un clima da tregenda, come in un’invasione di cavallette il caos regna sovrano, inutile scappare, non ci si può difendere da questa martellante amalgama di death/black contaminato da belligerante e pazzoide thrash progressivo, che richiama le opere del geniale Devin Townsend.
Desecration of the Sanctuary mette subito le cose in chiaro, nove minuti di metal estremo che passa dal death metal di Covenant dell’angelo morboso, a devastanti sfuriate di black metal old school, scandinavo nel suo macabro sound e schizoide quando le ritmiche thrash, aggiungono violenza a violenza.
Bravissimo tecnicamente e sul pezzo con tutti gli strumenti, il musicista americano rifila cinquanta minuti di maligno e disturbante metal estremo, le fughe in blast beat, come le frenate sull’orlo del baratro, aggiungono monoliticità a brani che urlano dolore sconvolgendo con le oscure trame di Feral, The Stranger, il capolavoro black progressive doom Isolation e la conclusiva e terremotante A Reversal of Misfortune.
Al passaggio del demone, sulla strada rimane solo una putrida e soffocante puzza di zolfo, ora le vie sono in mano all’oscuro e feroce demone, statene alla larga, soprattutto di notte …

TRACKLIST
1. Desecration of the Sanctuary
2. Sans Apricity
3. Feral
4. Famine’s Feast
5. The Stranger
6. Atra Mors
7. Dissension
8. Isolation
9. A Reversal of Misfortune

LINE-UP
Trevor Portz – Everything

ASHEN HORDE – Facebook

Morgue Supplier – Morgue Supplier

Disturbante ma molto affascinate, Morgue Supplier viaggia una spanna sopra i lavori della maggioranza dei gruppi dediti al genere, perderlo sarebbe un peccato mortale per gli amanti del grindcore e del death metal estremo

Il corridoio di un cimitero abbandonato, le lapidi alle pareti che ricordano i cari defunti, sono per qualcuno solo corpi decomposti, involucri vuoti che un tempo erano solo oggetti da torturare senza pietà.

Lo sporco e l’incuria aleggiano in questo sacrario dimenticato, mentre l’ombra putrida dell’insana bestia assetata di sangue, si aggira tra ratti e vermi, ormai unici abitanti di questo luogo maledetto.
Benvenuti nel mondo dei Morgue Supplier e del loro sound,malato e schizoide, un death metal violentissimo, stravolto da iniezioni di grindcore feroce e senza compromessi che, nella sua assoluta brutalità, si abbellisce di pazzie sonore alla Voivod e rallentamenti doom destabilizzanti.
Il gruppo proviene da Chicago, ha molta esperienza alla spalle ed arriva, tramite la Obscure Musick, a questo malatissimo lavoro, una mazzata psicologicamente instabile di metal estremo, una caduta libera nella violenza primordiale, valorizzata dalle virtù tecniche e dalle ottime idee in fase di stesura dei brani da parte della band, che non dimentica nei suoi testi di denunciare le orribili stragi e le violenze perpetuate dall’uomo sui suoi stessi simili.
Veloce, devastante e a tratti cerebrale, l’album in questione non lascia dubbi sul valore dei tre musicisti coinvolti: le songs coinvolgono l’ascoltatore, travolto dal sound sempre al limite dell’umano delle varie Cultic Rape, Bringer of the End (Executioner) ed End Of Self, lasciando alle insane riminiscenze doom di Rotting In An Alley lo scettro di brano più bello e coinvolgente dell’intero lavoro.
Lavoro disturbante ma molto affascinate, Morgue Supplier viaggia una spanna sopra i lavori della maggioranza dei gruppi dediti al genere, perderlo sarebbe un peccato mortale per gli amanti del grindcore e del death metal estremo.

TRACKLIST
1. Heathen (The Throes of Poison)
2. Cultic Rape
3. Moral Vacuity
4. Bringer of the End (Executioner)
5. Mental Slum
6. End of Self
7. Graveyard Filler
8. Rotting in an Alley
9. Massive Murder
10. Dead Room
11. Equipped to Obliterate
12. Destroying a Human
13. Restraints
14. Broken Gods

LINE-UP
Paul Gillis – Vocals
Eric Bauer – Drums, Guitars
Steve Reichelt – Bass

MORGUE SUPPLIER – Facebook

Mind Affliction – Into The Void

Il gruppo polacco ci investe con tutta la sua potenza estrema, unita ad un approccio tecnico che si avvicina al brutal, pur rimando confinato nel sound tradizionalmente suonato in quei luoghi.

La Metal Scrap sta facendo davvero un ottimo lavoro: nell’est europeo, oltre alle band più famose, esiste una scena in continuo fermento nell’underground metallico, che abbraccia più di un genere musicale, dal metal classico ai suoni estremi.

La label si sta imponendo come uno dei maggiori punti di riferimento per fans e addetti ai lavori, presentando nel suo catalogo una vasta gamma di gruppi e generi diversi, dalla Polonia fino agli stati dell’ex Unione Sovietica.
E dalle terre polacche arrivano i Mind Affliction, extreme metal band di Cracovia nata nel 2009 e con alle spalle un demo e il full length d’esordio, Pathetic Humanity, datato 2013.
Il gruppo polacco ci investe con tutta la sua potenza estrema, unita ad un approccio tecnico che si avvicina al brutal, pur rimando confinato nel sound tradizionalmente suonato in quei luoghi.
Death metal dai richiami black, un buon cocktail di suoni old school e moderne intuizioni, per un sound che rimane esattamente a metà strada tra i generi descritti, ma che convince, anche per l’attenta predisposizione al songwriting del combo.
Ad un primo ascolto, la lezione dei maestri Behemoth è il primo elemento che salta alle orecchie, specialmente quando il growl lascia spazio ad uno scream di stampo black metal, ma ad un ascolto più attento si intuisce che nel sound dei Mind Affliction c’è molto di più.
I tre musicisti non risparmiano le loro qualità tecniche, mettendole in campo e facendo sì che le songs siano valorizzate da brutali scariche di death metal tecnico, senza perdere la bussola e tenendo tra le briglie la forma canzone.
Brani mediamente lunghi, tra cui spiccano le devastanti Enjoy The Violence, Sundraft e Abandoned, blast beat, velocità e potenza che si trasformano in bordate di atmosferico doom metal che segue le orme degli storici Asphyx, mentre le cavalcate estreme di oscuro black/death abbondano come da tradizione nella scena estrema dei paesi dell’est.
Dariusz Zabrzeсski ( Voce e chitarra), Krzysztof Chomicki (voce e basso) e Dawid Adamus alle pelli, ci consegnano un ottimo lavoro, tra l’altro prodotto con tutti i crismi per sfondare i timpani agli amanti di queste sonorità, sta a voi andare oltre i soliti nomi e cercare ottime alternative come i Mind Affliction.

TRACKLIST
1. Lucid Void
2. Enjoy the Violence
3. Sundraft
4. Chaos Readings
5. Madness Utopia
6. Abandoned
7. Armin’s Hunger

LINE-UP
Dawid Adamus – Drums
Kamil Poręba – Guitars
Krzysztof Chomicki – Vocals (scream), Bass
D. – Vocals, Guitars

MIND AFFLICTION – Facebook

Mourning Soul – Ego Death – Ritual

Il sound dei Mourning Soul, nonostante provenga dalla calda Trinacria, è gelido quanto quello dei Behemoth o dei “confratelli” scadinavi, ma racchiude in sé una drammaticità di fondo tutta mediterranea, un’inquietudine che si esplicita tramite passaggi acustici, voci recitate, sampler, che di volta in volta vengono investiti da una colata lavica di note possenti.

Dopo una decina d’anni di attività, i siciliani Mourning Soul giungono al full length d’esordio sotto l’egida della Dolorem Records.

La prima cosa che emerge fin dall’ascolto delle prime note dell’album è che, sicuramente, tutto il tempo che il trio di Enna si è preso prima di arrivare questo appuntamento è stato ben speso: il black death che viene riversato in questo lavoro è, infatti, di un livello tecnico e compositivo inattaccabile, esaltato poi dalla scelta di affidare il lavoro di registrazione a Magnus Andersson (già all’opera sugli ultimi album di Marduk e Ragnarok, tra gli altri) presso gli Endarker Studio in quel di Norrköping.
Furia controllata, rallentamenti, inserti acustici, un growl di matrice tipicamente death, sono gli elementi che, perfettamente coesi, rendono l’album un prodotto di respiro internazionale, meritevole quindi di uscire dai nostri angusti confini “metallici”.
Il sound dei Mourning Soul, nonostante provenga dalla calda Trinacria, è gelido quanto quello dei Behemoth o dei “confratelli” scadinavi, ma racchiude in sé una drammaticità di fondo tutta mediterranea, un’inquietudine che si esplicita tramite passaggi acustici, voci recitate, sampler, che di volta in volta vengono investiti da una colata lavica di note possenti.
Ego Death – Ritual non mostra cedimenti, quindi, piuttosto che di punti deboli, bisogna necessariamente parlare di picchi compositivi, rinvenibili per esempio in una traccia formidabile come Weltschmerz, con la quale si viene sballottati tra il black più oscuro ed atmosferico, il depressive ed il doom, o nella conclusiva e drammatica The Judgement Of Gehenna, che si chiude rievocando momenti del massacro di Jonestown (o almeno è quanto mi pare di cogliere, in assenza di note più esplicite in tal senso).
Un sentimento fortemente antireligioso è, del resto, ciò che gronda in maniera copiosa da queste note, ma ciò non avviene mai in maniera becera bensì in una forma matura, compiuta e convincente; in sintesi, Ego Death – Ritual è uno dei migliori esempi di black/death metal sfornati in questo primo scorcio di 2016 (con buone chance di restare tale anche a fine anno), per cui chi ama il genere ha il dovere di farlo proprio.

Tracklist:
1. Salvation (To The Temple Of Knowledge)
2. Resurrection Through The Serpent’s Light
3. The Cold Embrace Calls Me
4. Weltschmerz (The Heavyness Of Sin)
5. Chamber Of Bones
6. Bleeding By Thorns
7. Moribunds
8. Ultima Solitudo
9. The Judgement Of Gehenna

Line-up:
Sacrifice – Vocals, Bass, Synths
Decrepit – Guitar, Synths
Nocturnal Fog – Drums, Synths

MOURNING SOUL – Facebook

Veneficium – Veneficium Tape

Tumultuosa e caotica eggregora di death e black metal, che cresce come una bestia senza controllo per lo spazio di tre canzoni che segnano più di album interi.

Tumultuosa e caotica eggregora di death e black metal, che cresce come una bestia senza controllo per lo spazio di tre canzoni che segnano più di album interi.

Dall’underground metallico neozelandese arriva questa bestia demoniaca che porta il nome di Veneficium, e che qui ci colpisce con il suo primo demo in cassetta. La proposta dei Veneficium porta il segno demoniaco, ed è fatta di metal in lo fi ma con gusto, ovvero l’analogico è al servizio dell’effetto finale, e non è esso stesso un fine. Tre pezzi pesanti e sporchissimi, che lasciano sperare in un’agonia finale su lunga distanza. Non si risparmiano i Veneficium e non lasciano tregua all’ascoltatore, che dovrà calarsi in tenebrosi abissi che lo faranno godere alquanto.
La saturazione sonora è quasi al limite ma ciò non infastidisce poiché i Veneficium trovano sempre qualcosa di valido e bestiale per andare avanti. Un demo che lascia basiti per quanta cattiveria e caos contiene, ma anche per la sagacia metallica con la quale è composto. Molto bestiale, molto bello.

TRACKLIST
01. Mefetic Exhumations
02. Aggregation Of Suffering Manifest
03. Mordant Photism Above Cathedrals

VENEFICIUM – Facebook

Megascavenger – As Dystopia Beckons

Il death metal dei nostri soldati estremi risulta più americano che scandinavo, in realtà, oscuro e devastante e violentato da suoni sintetici di matrice industriale che sottolineano ancora di più il contenuto lirico dei brani.

Eccoci qua, ancora una volta a parlare di Rogga Johansson, polistrumentista e compositore svedese che non ne vuol sapere di prendersi una pausa e continua ad invadere il mercato dell’ underground estremo con le sue proposte, sempre di ottima qualità e che hanno nel loro DNA il death metal old school.

Meno male aggiungerei, visto che anche questo progetto chiamato Megascavenger, porta con sé musica di alto livello.
Fondati da Rogga intorno al 2012, anno in cui usciva il primo ep, i Megascavenger arrivano quest’anno al terzo full length, dopo Descent of Yuggoth del 2012 ed il precedente At the Plateaus of Leng, uscito un paio di anni fa.
A far coppia con prezzemolino Johansson troviamo alla batteria Brynjar Helgetun, anche lui alle prese con svariati progetti come Axeslasher, Crypticus, Johansson & Speckmann, Just Before Dawn, Liklukt e The Grotesquery, insomma un altro instancabile protagonista dell’underground estremo proprio come il buon Rogga.
Il concept che gira intorno ai brani dell’album parla di tematiche fantascientifiche ed horror, ben evidenziate nella copertina raffigurante un Terminator stile Schwarzenegger ormai distrutto da una terribile guerra futurista.
Il death metal dei nostri soldati estremi risulta più americano che scandinavo, in realtà, oscuro e devastante e violentato da suoni sintetici di matrice industriale che sottolineano ancora di più il contenuto lirico dei brani.
Rogga questa volta non molla neppure il microfono, il suo growl è di quelli cavernosi ed animaleschi, chitarra e basso suonano oscuri, le linee industriali sono soffocanti, mentre il lavoro alle pelli è altamente distruttivo.
I soldati in lega d’acciaio, con gli occhi infuocati di un rosso freddo come l’espressione di una macchina per uccidere, si aggirano in paesaggi di distruzione, i martellanti e marziali rintocchi industriali creano un’atmosfera di terra disumanizzata, mentre i nostri confezionano una colonna sonora davvero efficace.
Mezz’ora, non di più, e As Dystopia Beckons crea un’aura terrificante che non abbandona l’ascoltatore neanche dopo la fine dell’album, straziato da ottime songs di death old school amalgamato all’industrial.
Non manca la ciliegina sulla fantascientifica torta: The Harrowing of Hell è una dark song che vede come ospite Kam Lee, vocalist con Johansson nei magnifici The Grotesquery, nonchè ex di una band storica come i Massacre.
Un altro ottimo lavoro firmato dal musicista svedese, sempre alle prese con il suo amato death metal, ma con proposte che variano sia per il concept che nel sound, a dimostrazione del suo inossidabile talento.

TRACKLIST
1. Rotting Domain
2. The Machine That Turns Humans into Slop
3. Dead City
4. As the Last Day Has Passed
5. The Hell That Is in This World
6. Dead Rotting and Exposed
7. Steel Through Flesh Extravaganza
8. The Harrowing of Hell
9. As Dystopia Beckons

LINE-UP
Rogga Johansson – Guitars, Bass, Vocals
Brynjar Helgetun – Drums

MEGASCAVENGER – Facebook

Sinphobia – Awaken

Un bombardamento sonoro che non lascerà indifferente sia chi predilige il death tout court, sia chi è propenso ad ascolti più in linea con il sound degli ultimi anni e che non nasconde una predisposizione insana per il thrash moderno.

La Bakerteam, oltremodo dotata di un gran fiuto per gruppi dall’alto spessore artistico, ci invita a fare dell’headbanging sfrenato con Awaken, nuovo lavoro dei veneti Sinphobia.

Il primo album autoprodotto, risalente a due anni fa, qui viene riproposto per intero con l’aggiunta di un’intro e due bonus track, dando vita ad un’ottimo lavoro che spazia tra death metal, thrash e soluzioni moderne, molto statunitense nel sound e dall’impatto di un carro armato.
Convincono a più riprese i quattro musicisti nostrani, il loro album risulta un assalto sonoro di notevole intensità, compatti ed affiatati, non lasciano punti deboli in balia di chi ascolta, grazie alla notevole prova del vocalist (Conso), al gran lavoro di una sezione ritmica che non risparmia blast beat a manetta, ritmiche dal groove micidiale, ed a tratti potenti bordate moderniste che incollano al muro (Darkoniglio al basso e Falsi alle pelli).
Una forza della natura il chitarrista Vain, punto di forza di questo quartetto di distruttori sonori: la sua prova, specialmente nelle ritmiche, è da applausi, contribuendo ad alzare un muro sonoro invalicabile di potenza estrema.
Un lavoro con gli attributi, senza fronzoli, un bombardamento sonoro che non lascerà indifferenti sia chi predilige il death tout court, sia chi è propenso ad ascolti più in linea con il sound degli ultimi anni e che non nasconde una predisposizione insana per il thrash moderno (Lamb Of God).
Il groove rimane sempre a livelli altissimi così come la tensione, i riff rompono ossa e triturano carni, il basso esplode sotto i colpi inferti da Darkoniglio sulle quattro corde, mentre le bacchette scintillano sulle pelli abrase dalla forza di Falsi.
Non manca qualche brano che spicca sul resto dell’album, a cominciare da Prayer To Wacry, la death metal Thread Of Salvation, il moderno groove di Respect e l’elaborata March Of The Lambs, tra velocità e rallentamenti , in una tempesta di suoni estremi molto ben congegnati.
Ottimo lavoro e gruppo che si candida come una delle sorprese dell’anno nel genere proposto: siamo in Italia, quindi supportare realtà meritevoli come i Sinphobia diventa un dovere per chiunque si professi un amante del metal estremo.

TRACKLIST
1. Fearless Horde (Intro)
2. Prayer to Warcry
3. Guilty of Downfall
4. The Punishing Hand
5. Thread of Salvation
6. Respect
7. Face Your Mirror
8. March of the Lambs
9. Tetra (Raw version)
10. Labyrinth (Elisa cover)

LINE-UP
Darkoniglio – Bass
Falsi – Drums
Vain – Guitars
Conso- Vocals

SINPHOBIA – Facebook

Demonstealer – This Burden Is Mine

Non smettono di stupire le realtà metalliche provenienti dalla magica India e noi di iyezine non ci priviamo della possibilità di portarle a conoscenza di chi ci segue, una missione che appaga specialmente il nostro udito, visto l’enorme potenziale di quel movimento.

Mumbai, una delle città più popolose al mondo, ha una scena metal/rock davvero entusiasmante nei suoi angoli e anfratti crescono band e gruppi di spessore, toccando un po’ tutti i generi che compongono il variegato ed affascinante mondo della nostra musica preferita.
Demonic Resurrection, Albatross e Reptilian Death, nomi che i più attenti lettori avranno incontrato nei nostri viaggi virtuali alla scoperta dell’underground asiatico, sono band eccellenti che hanno tutte un denominatore comune, The Demonstealer: il polistrumentista indiano milita ed ha militato nei gruppi citati e non solo ma, dal 1998, ha fondato il suo progetto denominato, appunto, Demonstealer.
This Burden Is Mine è il secondo lavoro, che segue di otto anni l’esordio …and Chaos Will Reign…, il sound è un’affascinante immersione nel death metal brutale, progressivo e tecnico, un monolitico viaggio fatto di esperienze musicali che lasciano a bocca aperta per intensità e bravura strumentale, un calderone di musica estrema dove il musicista ingloba tutte le sue influenze.
La parte progressiva del sound di Demonstealer è sicuramente la più avvincente, le orchestrazioni creano un’atmosfera magniloquente ed oscura, abbinandosi ad accelerazioni estreme, sempre molto ragionate ed in perfetto equilibrio con la musica rock di cui This Burden Is Mine è composto.
Sono molte e di diverso lignaggio le influenze di cui si avvale il nostro, dal death classico al doom death, per passare al dark progressivo: durante l’ascolto sono molti gli esempi che passano nella testa del sottoscritto, ma la grande maestria nel songwriting, non fa che valorizzare questa raccolta di brani da ascoltare con la dovuta calma, per fare proprie tutte le sfumature di cui la musica si nutre.
Brani mediamente lunghi, cantati alla grande, soprattutto nelle parti pulite, e tanta tecnica strumentale, danno all’album quel tocco in più per non passare inosservato, lasciando che piccoli capolavori come An Unforgiving Truth, la title track, Frail Fallible e The Last Jester Dance ci rapiscano, persi nei vortici di musica creati dal musicista indiano, che per l’occasione si è avvalso alla batteria di un pezzo da novanta come George Kolias (Nile), oltre ad Ashwin Shriyan al basso e di Nishith Hedge e Daniel Rego per le parti di chitarra solista.
Per gli amanti dei suoni progressivi uniti alla musica estrema, This Burden Is Mine è assolutamente un ascolto obbligato, godetene tutti.

TRACKLIST
1. How the Mighty Have Fallen
2. An Unforgiving Truth
3. When the Hope Withers and Dies
4. This Burden Is Mine
5. Frail Fallible
6. The Failures of Man
7. Where Worlds End
8. The Last Jester Dance
9. From Rubble and Ruin

LINE-UP
The Demonstealer – Guitars, Vocals
Geoge Kolias – Drums
Ashwin Shriyan – Bass

DEMONSTEALER – Facebook

Necroskin – Before Chaos Takes You

Molto bravi, i musicisti palermitani, riprendono la vecchia scuola capitanata dai Morbid Angel e la riassumono in questo lavoro con buona personalità

Palermo è una città che vanta una scena underground di livello altissimo, non sono poche le band delle quali ho avuto il piacere di fare conoscenza attraverso lavori di categoria superiore, non solo nel metal estremo (Haemophagus), ma anche in generi magari lontani dall’estremismo del death metal, ma assolutamente geniali (Elevators To The Grateful Sky).

Un piccolo paradiso per chi ama la musica non convenzionale, uno splendido inferno se, come in questo caso, l’album in questione è composto da una ventina di minuti scarsi di death metal, molto vicino al brutal, tecnicamente suonato al meglio, oscuro, blasfemo e maligno il giusto per non passare inosservato.
La band si chiama Necroskin, si è formata solo lo scorso anno e Before Chaos Takes You è il riuscito biglietto da visita, un buon esempio di death metal dai chiari riferimenti old school, statunitense nell’approccio, derivativo dirà qualcuno, ma assolutamente d’impatto.
Molto bravi, i musicisti palermitani, riprendono la vecchia scuola capitanata dai Morbid Angel e la riassumono in questo lavoro con buona personalità, aggiungendo all’oscurità malsana tipica di Vincent e soci una dose letale di brutalità, così da proporre la loro personale versione del genere.
Ottimo il lavoro della sei corde, mai banale e piacevolmente tecnico, sul pezzo la sezione ritmica e di notevole intensità il growl, che esce demoniaco e bestiale come il genere comanda.
Brani brevi ma che vanno subito al sodo e tra i quali spiccano le devastanti Universal Implosion, la potentissima Three Is The Perfect Death e la violentissima Open Yourself For Chaos, per un delirio estremo di sicuro impatto.
Il gruppo è alla ricerca di un’etichetta per produrre un futuro full length: le premesse ci sono tutte, perciò il consiglio è di ascoltare Before Chaos Takes You, mentre sono d’uopo gli auguri ai Necroskin e supportarli è il minimo.

TRACKLIST
1 – Before Chaos Takes You
2 – Universal Implosion
3 – Three is the Perfect Death
4 – The Family Remains
5 – Open Yourself For Chaos (to Jon Nödtveidt)
6 – 237 Redrum
7 – After Chaos Takes you

LINE-UP
Valerio Sandman : Drums
Andrea Conti : Bass
Gabriele Mazzola : Vocals
Diego Gore Zimmardi : Guitar

NECROSKIN – Facebook

Dark Oath – When Fire Engulfs the Earth

Non poteva che esserci la Wormholedeath dietro alla pubblicazione di When Fire Engulfs the Earth, primo full length di questo quartetto proveniente da Coimbra, non un caso, visto la notevole qualità dei prodotti firmati dalla label nostrana che non si è fatta sfuggire neppure i Dark Oath.

Il gruppo ha all’attivo due ep, usciti tra il 2010 e il 2012 (Under a Blackened Sky e Journey Back Home), primi passi verso quello che di fatto risulta la glorificazione del concept dei Dark Oath, un death metal epico, sinfonico e guerresco, che poco ha della tradizione metallica del loro paese, guardando invece ai paesi nordici e non solo, mantenendo una personalità sorprendente per una band al debutto.
Dotati di una guerriera vichinga al microfono, nella persona di Sara Leitão, singer da aggiungere al novero di Angela Gossow e compagnia, e avvalendosi di un songwriting in stato di grazia, i Dark Oath conquistano un posto d’onore per quanto riguarda le migliori uscite del genere in questo primo scorcio dell’anno del signore 2016.
Il loro sound esplode letteralmente in un’epica battaglia senza soluzione di continuità, metal bombastico, estremo ed oscuro, un assalto al fosso di Helm musicale in cui gli scudi si spezzano, le lame tagliano la carne e gli sciacalli si dissetano dopo aver banchettato con i cadaveri degli eroi, dalla vita spezzata da una lancia.
Senza tregua per più di un’ora, la mente viaggia tra il campo di battaglia, con un furore da tregenda, un epico orgoglio e tanta violenza in una musica lanciata alla velocità della luce, intervallata da chorus magniloquenti; le ritmiche forsennate fanno da tappeto sonoro all’unisono con orchestrazioni da brividi alle varie Land Of Ours, Battle Sons, Thousands Beasts, Wrath Unleashed, le asce ricamano riff e solos melodici ed il gruppo disegna atmosfere di scontri all’ultimo sangue.
I Dark Oath mostrano le stesse capacità dei Bal-Sagoth, ma risultando rispetto a questi più death oriented, di proporre atmosfere leggendarie, in un vortice continuo di sonorità estreme da apocalisse, e stupiscono per come riescono a tenere l’ascoltatore incollato alle cuffie, travolgendolo con la stessa carica degli eserciti alla conquista della gloria …

TRACKLIST
1. Land of Ours
2. The Tree of Life
3. Battle Sons
4. Watchman of Gods
5. Thousand Beasts
6. Death of Northern Sons
7. Wrath Unleashed
8. Vengeful Gods
9. When Fire Engulfs the Earth
10. Brother’s Fall

LINE-UP
Sara Leitão – Vocals
Joël Martins – Guitar, Orchestrations
Sérgio Pinheiro – Guitar, Back vocals
Afonso Aguiar – Bass

DARK OATH – facebook