Cryptic Realms – Enraptured by Horror

Se non siete fans accaniti del genere direi che potreste tranquillamente passare oltre, l’album non offre grossi spunti e si attesta sul compitino svolto in modo sufficiente dal gruppo ma nulla più.

Death metal old school per questa multinazionale congrega di zombie che, con il monicker Cryptic Realms, debutta con questo marcissimo full length dal titolo Enraptured By Horror.

Kostas Analytis (Grecia), Tersis Zonato (Brasile), Victor Varas (Mexico) e Uriel Aguillon (U.S.A./Mexico) compongono questa banda internazionale del metal estremo, tutti già al lavoro con gruppi più o meno famosi dell’underground estremo come Necrosis, Abyssus, Offal e Agnus Dei, e dallo scorso anni impegnati tutti insieme in questo progetto che ha già dato alle stampe un demo ed uno split.
Death metal vecchia scuola, si diceva, con gli Obituary a fare da padrini ai banchetti cannibali dei quattro deathsters, anche per il growl di Analytis, molto simile a quello del becchino John Tardy.
Il sound di conseguenza viaggia sui binari del death metal statunitense, alternando mid tempo ed accelerazioni, la produzione in linea con lo spirito vintage del progetto è scarna e diretta, mentre si respirano continuamente le esalazioni di putrida decomposizione, lasciata dai cadaveri sparsi per i vari brani che compongono Enraptured by Horror.
Se non siete fans accaniti del genere direi che potreste tranquillamente passare oltre, l’album non offre grossi spunti e si attesta sul compitino svolto in modo sufficiente dal gruppo ma nulla più.

TRACKLIST
1.Enraptured by Horror
2.Doomed Cathedrals
3.In Mortal Distress
4.Total Demise
5.Sinister Force Descends
6.Vulgar Exhumation
7.Begging to Be Dead
8.Act of Derangement

LINE-UP
Victor Varas – Bass
Tersis Zonato – Guitars (lead)
Uriel Aguillon – Guitars, Drums
Kostas Analytis – Vocals

http://www.facebook.com/thecrypticrealms

Terrifier – Weapons of Thrash Destruction

Per i fans di Exodus, primi Megadeth, Testament e di tutta la scena statunitense, questo lavoro è vera goduria thrash metal da gustarsi dal primo all’ultimo istante.

La prima bomba thrash metal proveniente dall’underground metallico targato 2017 è dei canadesi Terrifier: il loro secondo album è un’ autentica esplosione made in Bay Area.

Fresco di firma per la Test Your Metal, il gruppo torna dopo quasi cinque anni dal precedente full length più in forma che mai, con questa botta di vita thrash metal, pura nitroglicerina in musica, dalle ovvie influenze statunitensi, derivativa quanto volete ma perfettamente in grado di farvi a pezzi a suon di mazzate metalliche.
Non esiste tregua ne respiro, Weapons of Thrash Destruction scaraventa al muro, immobilizza il nemico e lo massacra di fendenti senza soluzione di continuità, veloci, potenti e letali.
L’album in cuffia a volume critico è un’autentica gioia per le orecchie malandate degli amanti del thrash americano di matrice old school, non manca niente per non fare prigionieri ai ritmi infernali di vere bombe come l’opener Reanimator, la seguente Deceiver e via una sotto l’altra tutte le nove tracce che vanno a comporre l’album di questi guerrieri indomiti del thrash metal.
Per i fans di Exodus, primi Megadeth, Testament, e tutta la scena statunitense questo lavoro è vera goduria thrash metal da gustarsi dal primo all’ultimo istante.

TRACKLIST
1.Reanimator
2.Deciever
3.Nuclear Demolisher
4.Violent Reprisal
5.Skitzoid Embolism
6.Drunk as Fuck
7.Bestial Tyranny
8.Riders of Doom
9.Sect of the Serpent

LINE-UP
Chase Thibodeau – Vocals
Rene Wilkinson – Guitar
Brent Gallant – Guitar
Kyle Sheppard – Drums
Alexander Giles – Bass

TERRIFIER – Facebook

Hour Of Penance – Cast The First Stone

Tornano a seviziarci con il loro death metal brutale i romani Hour Of Penance.

Tornano a seviziarci con il loro death metal brutale i romani Hour Of Penance, a distanza di tre anni dal precedente e bellissimo Regicide.

Il gruppo ha cambiato le carte in tavola tornando al sound più quadrato e diretto di Sedition, non un male, chiariamolo, anche perché il talento compositivo della band è alto e anche questo lavoro brilla per un’ approccio brutale e devastante ma valorizzato da ottimi inserimenti melodici.
Meno articolato dunque e più old school rispetto al predecessore, Cast The First Stone è un attacco estremo a suon di tellurici bombardamenti, mezz’ora abbondante nel genere di scuola americana, ma con ben impressa la firma Hour Of Penance.
Se in Regicide spiccava l’aspetto tecnico, con questo lavoro il gruppo punta sull’impatto, grazie ad una sezione ritmica micidiale ed il gran lavoro delle chitarre che non sbagliano un colpo, con inserti melodici perfetti e riff pesanti come carri armati.
Un album da fagocitare tutto d’un fiato, un muro estremo inviolabile che gli Hour Of Penance costruiscono con una facilità disarmante e in cui gli indistruttibili mattoni portano il nome di Cast The First Stone, Burning Bright e Horn Of Flies, ma si potrebbero nominare tutte le tracce visto l’enorme potenziale della tracklist nel suo insieme.
Da parte della band italiana un altro ottimo lavoro che non mancherà di soddisfare chi, in generale, predilige il brutal death di scuola americana.

TRACKLIST
1.XXI Century Imperial Crusade
2.Cast the First Stone
3.Burning Bright
4.Iron Fist
5.The Chains of Misdeed
6.Horn of Flies
7.Shroud of Ashes
8.Wall of Cohorts
9.Damnatio Memoriae

LINE-UP
Giulio Moschini – Guitars ,Backing Vocals
Marco Mastrobuono – Bass
Paolo Pieri – Vocals, Guitars
Davide “the Bomber” Billia – Drums

HOUR OF PENANCE – Facebook

Capuchin Punks – Metal Dalla Cripta Dei Monaci

“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.

Ci sono o ci fanno i Capuchin Punks?

Il quintetto americano proveniente dal Missouri per il suo debutto usa un titolo in lingua italiana e prende ispirazione da un luogo sacro ubicato nella nostra capitale.
Metal Dalla Cripta Dei Monaci si riferisce, infatti, alla cripta che si trova sotto la chiesa di santa Maria della Concezione a Roma, costruita dai frati cappuccini, una tomba decorata con i resti dei loro fratelli religiosi.
Titolo ed ispirazione così originale non vanno però di pari passo con la musica prodotta dal gruppo, un miscuglio neanche troppo riuscito di heavy metal, hard rock e punk, con qualche atmosfera rallentata dai richiami sabbatiani, prodotto che sembra arrivare davvero dalla cripta e con una cantante monocorde che appiattisce il sound non certo eccelso del gruppo statunitense.
Il punk rock è forse il genere in cui la band riesce ad essere più convincente, poi vine proposto un minestrone di generi che si annullano l’un l’altro senza lasciare traccia: peccato, perché l’idea iniziale non era male, ma quello che si ci aspettava era un qualcosina di più organizzato.
Accompagnato da una copertina davvero brutta, con cinque scheletri vestiti da monaci, l’album non decolla, rimanendo fermo sulla pista ad attendere che il motore si spenga ed il silenzio torni a regnare.
“Volevamo fare i Misfits inserendovi qualche riff preso in prestito da mister Iommi, ma non ci siamo riusciti”, forse questo titolo era più lungo ma sicuramente più adatto.
Lasciamo riposare in pace i monaci e passiamo oltre.

TRACKLIST
1.Rise of the Capuchins​
2.​Jet Black Chevette​
3. Martigney Creek​ ­
4.The War​
5.Dust and Ash​
6.One of Them
7.My Addiction​
8.Former Crowns​
9.Better Not Ask

LINE-UP
Donna Katherine -​ ­Vocals
Danny Nichols​­ – Guitar
Isaac Bryan​­ – Guitar
Josh Sanderson -​­ Bass, Guitar
Matt Bryan ​­- Drums

http://www.facebook.com/capuchinpunks/?fref=ts

Thrash Bombz – Master Of The Dead

Thrash metal old school alla massima potenza, per i fans del genere Master Of The Dead è un lavoro imperdibile.

In Sicilia si suona thrash metal old school tripallico, senza compromessi ed assolutamente devastante.

I Thrash Bombz sono uno dei gruppi principali della scena che si muove nel sottosuolo della calda isola dell’Italia meridionale, per molti terra ignorata se si parla di musica metal, ma non per noi di MetalEyes, da tempo attenti a tutto quello che succede in campo musicale nei vari capoluoghi siciliani.
Il gruppo di Agrigento arriva, sempre tramite la Iron Shield, al secondo lavoro sulla lunga distanza, tre anni sono passati da Mission Of Blood, esordio che in quell’anno fu seguito dall’ep Dawn, ultimo urlo metallico dei Thrash Bombz.
Dopo Leonardo Botta, al microfono sul primo album, e Angelo Bissanti che aveva prestato la sua voce su Dawn, è l’ora di Tony Frenda nel prenderci per le parti basse e con violenza scaraventarci nel mondo di Master Of The Dead, ennesimo tributo al thrash metal old school capace di soddisfare le aspettative dei fans.
L’album parte con Condemned To Kill Again e la band ci fa aspettare ancora un minuto e trenta secondi, avvicinandoci pericolosamente all’area di tiro, così da finire falciati dalla mitragliatrice che spara velocissima migliaia di pallottole metalliche.
Il gruppo è in gran forma, si susseguono ritmiche spettacolari, veloci ripartenze dove la solista imperversa, chorus che sono bombe a mano lanciate in mezzo al battaglione, fenomenali rincorse su e giù per lo spartito violentato da questi thrashers che non sbagliano una virgola: siamo alla fine del secondo brano ed è già festa grande.
Bellissima Evil Witches, oscura ed heavy e che si presenta con una intro arpeggiata che funge da conto alla rovescia, mentre Curse Of The Priest è una devastante traccia che nei suoi meandri puzza di punk, prima che Black Steel ci riporti al thrash metal bay area style dell’esordio.
Non sbaglia un colpo la band siciliana, l’impressione è quella di essere al cospetto di un album curato e che, nel suo spirito underground, i Thrash Bombz abbiano messo qualcosa in più.
Tornano a fare la differenza le parti strumentali sulla title track, brano perfetto dove funziona tutto alla perfezione, dall’atmosfera in crescendo dei primi minuti, ai chorus, al lavoro di sezione ritmica con Angelo Bissanti a fare coppia con la piovra Salvatore Morreale alla batteria, e le due chitarre di Salvatore Li Causi e Giuseppe Peri che, minacciose e in perfetta sintonia, distruggono, devastano e urlano dolore.
L’album corre verso il suo epilogo, il trittico Evoking The Ghost, The Avenger e Call Of Death non fa che confermare la vena del gruppo siciliano e la bontà di un ritorno che, nel genere, risulta uno degli album più riusciti di questo inizio anno.
Thrash metal old school alla massima potenza, per i fans del genere Master Of The Dead è un lavoro imperdibile.

TRACKLIST
1. Condemned To Kill Again
2. Ritual Violence
3. Master Of The Dead
4. Curse Of The Priest
5.Black Steel
6. Taken By Force
7. Evil Witches
8. Evoking The Ghost
9. The Avenger
10. Call Of Death

LINE-UP
Salvatore “Trronu” Morreale: drums
Tony “Stormer” Frenda: vocals
Salvatore “Skizzo” Li Causi: lead guitar
Giuseppe “UR” Peri: rhythm guitar
Angelo Bissanti : bass

THRASH BOMBZ – Facebook

Wretch – The Hunt

The Hunt è un lavoro heavy power metal classico scitto da chi ha vissuto la scena in prima persona.

C’è voluta la Pure Steel per dare a Cesare quel che è di Cesare, tradotto, un contratto per i Wretch, band heavy power metal attiva nella scena di Cleveland addirittura dalla metà degli anni ottanta.

Una lunga serie di demo e nel 2006 il debutto Reborn, in una carriera che se non decolla definitivamente comincia a risultare più costante con l’uscita di una compilation, l’ep Rise To Power del 2013 e il secondo full length intitolato Warrior, uscito nel 2014.
Dunque con The Hunt siamo al terzo album in più di trent’anni , ma il gruppo non molla e ci travolge con il suo U.S. power metal, dalle tinte oscure e dal piglio drammatico come tradizione americana, anche se i Wretch hanno in serbo soluzioni maideniane che accentuano l’ottima amalgama tra tradizione statunitense ed europea.
Aiutato dal tono vocale del singer Juan Ricardo, che a tratti ricorda Bruce Dickinson, e da molte soluzioni ed intrecci chitarristici in stile Murray/Smith, il sound del quintetto americano non mancherà di soddisfare gli amanti del genere, forte di un lotto di brani arrembanti, dove aggressione e melodia vanno a braccetto come nella migliore tradizione classica, così da incendiare di passione metallica gli amanti di Iron Maiden, Iced Earth e Metal Church.
The Hunt parte con il freno a mano tirato, la title track risulta una partenza inceppata, ma passata Throne Of Poseidon, l’album spicca il volo con una serie di canzoni riuscite, quel in cui più si sente l’influenza maideniana (The Final Stand, Straight To Hell e Once In A Lifetime).
Ne esce un album che parte piano per poi crescere alla distanza, risultando un buon ascolto per i defenders dai gusti classici e confermando l’ottima vena trovata negli ultimi anni dal gruppo americano.

TRACKLIST
1. Sturmbringer
2. The Hunt
3. Throne Of Poseidon
4. Twilight´s End
5. The Final Stand
6. Fortune’s Fool
7. The King In Red
8. Straight To Hell
9. Pierce The Veil
10. Once In A Lifetime
11. She Waits

LINE-UP
Juan Ricardo – vocals
Nick Giannakos – lead- and rhythm guitar
Michael “Mjölnir” Stephenson – lead- and rhythm guitar
Tim Frederick – bass
Jeff Curenton – drums

WRETCH – Facebook

Gothic – Demons

Un album d’altri tempi in cui le atmosfere gotiche fanno da ricamo all’aggressività death metal e ai rallentamenti doom.

Sicuramente non dimostrano molta fantasia nel nome scelto per la band, ma i rumeni Gothic sanno sicuramente come intrattenere gli amanti del genere.

Ovviamente si parla di death metal di matrice gotica e doom, magari poco elegante ma di sicura presa e pesante quel tanto per piacere ai vecchi fans del death/doom che imperversava nei primi anni novanta.
Il gruppo infatti, proprio nel 1993 mosse i primi passi con tre demo usciti tra il 1994 ed il 1996, prima che Touch of Eternity (1998) diede al gruppo la soddisfazione del primo lavoro sulla lunga distanza.
Una compilation nel 2005 e poi il lungo silenzio, spezzato dalla comparsa al Wacken come rappresentati del loro paese, il ritorno con Expect The Worst tre anni fa, seguito dalla firma per Loud Rage Music e questo nuovo lavoro intitolato Demons.
Sarà che non ci siamo più abituati ma Demons si distacca piacevolmente dai cliché delle gothic metal band odierne: nessuna voce femminile a duettare con l’orco al microfono, orchestrazioni usate con parsimonia, e soprattutto ritmiche potenti e aggressive che non si allontanano dal death/doom e lasciano alle sei corde il compito di sfoderare ottime linee melodiche, accompagnate dai tasti d’avorio mai invadenti, quasi timidi nell’approccio.
Un album d’altri tempi, dunque, dove le atmosfere gotiche fanno da ricamo all’aggressività death metal e ai rallentamenti doom, disegnando immagini di castelli transilvani dove i demoni hanno poco da trastullarsi con sirene dark, intenti ad impalare i loro nemici fatti prigionieri e torturati, mentre Disillusion, Catacombs e la devastante From Within fungono da colonna sonora alle loro efferate gesta.
Demons è un’opera riuscita perché torna a far respirare le atmosfere dei primi anni novanta: le ispirazioni le trovate tutte in quel periodo, ma se volete un mio personale aggancio, pensate ai primi Crematory con un uso più misurato delle tastiere e più velocità nelle ritmiche.

TRACKLIST
1.Shadow Man
2.Disillusion
3.Demons
4.Catacombs
5.Time
6.Destroying The Masses
7.From Within
8.A New End

LINE-UP
Alin Petrut – guitar/vocals
Taly – bass
Vlad Golgotiu – drums
George Lazar – vocals
Florian Lysy – keyboards

GOTHIC – Facebook

Deathvalves – Dark Stories From The Past

Un lavoro oscuro e drammatico che coniuga sapientemente alternative metal, dark e melodie southern rock, così da formare un sound affascinante comprendente molte altre ispirazioni

Poche informazioni ma tanta buona musica da parte di questa band greca chiamata Deathvalves, quartetto alternative metal attivo da una decina d’anni e con un paio di lavori alle spalle, Wild Rock ‘n’ Roll Obsession del 2007 e Deathvalves. uscito nel 2012.

Il gruppo si autoproduce anche questo ottimo Dark Stories From The Past, un lavoro oscuro e drammatico che coniuga sapientemente alternative metal, dark e melodie southern rock, così da formare un sound affascinante comprendente molte altre ispirazioni, partendo dagli anni ottanta per attraversare la fine del secolo scorso ed assaporare le sonorità alternative del nuovo millennio.
L’album parte con un intro che ricorda le atmosfere dark/western dei Fields Of the Nephilim, per poi sviluppare il proprio sound con richiami ai Type O Negative (il basso pieno e in bella mostra, a tratti distorto) e metal rock di estrazione grunge molto simile a quello degli Alice in Chains.
Sono queste le maggiori influenze di questo valido gruppo, alle prese con un disco molto sentito ed emotivamente importante.
T. Sydrome e compagni hanno saputo andare oltre alle facili melodie post grunge, regalando quasi un’ora di musica oscura, melanconica e dura, accompagnata dal nero supporto di melodie gothic/dark e dai refrain di un’Alice sempre imprigionata dalle catene chiuse con da un lucchetto con la scritta Facelift stampata sulla chiave nascosta da Jerry Cantrell e compagni.
Vengeance, Crawl In The Night, Forefathers Graves, Vampyres Eyes sono i brani su cui l’album ha posato le sue fondamenta, mentre le altre tracce si innalzano verso il cielo scuro, dove stelle dalla pallida luce disegnano i volti di Peter Steele e Layne Staley.

TRACKLIST
01. Intro
02. Vengeance
03. Pantera
04. Crowl in the Night
05. Bad Ways
06. So Much to Kill
07. Forefathers Graves
08. Burn the Sun
09. Into This Ocean
10. Vampyres Eyes
11. The Emperor

LINE-UP
T. Sydrome – Guitars & Vocals
Sakis – Drums & Backing Vocals
Thanasis Valeras – Guitars
Chris Sven – Bass

DEATHVALVES – Facebook

Endezzma – Morbus Divina

Cinque anni dopo il primo full length tornano gli Endezzma con queste due perle nere antipasto, si spera, di una prossima prova sulla lunga distanza.

Storie di black metal: gli Endezzma sono un gruppo black metal norvegese, nata dalle ceneri dei Dim Nagel e fondata dal vocalist Morten Shax e da Trondr Nefas, ex Urgehal e Angst Skvadron scomparso nel 2012.

Nato intorno al 2005, il gruppo diede alle stampe un ep nel 2007 (Alone) e soprattutto un full lenght, Erotik Nekrosis, licenziato nel 2012 ed ultima testimonianza musicale del musicista norvegese.
La band ritorna sotto l’ala della Pulverised Records con questo bellissimo 7″ composto da due tracce, la devastante Morbus Divina, brano che da il titolo all’ep, classica song black metal tra Darkthrone e Satyricon, e la splendida Black Tempest, traccia capolavoro che, se riprende il mood del gruppo di Satyr e Frost, lo valorizza di un’anima metallica di stampo classico, marcia e oscura ma pur sempre con la fiamma che rivolge il suo calore all’heavy metal, squarciata da ritmiche infernali, oscure e maligne.
Il gruppo, ora in mano al solo vocalist, si completa con la sezione ritmica formata da Aske e Skriu (rispettivamente basso e batteria) e delle due chitarre, in mano a Mattis Malphas e Nihil.
Cinque anni dopo il quintetto scandinavo torna alle morbose trame di cui è capace, proponendo black metal come nella migliore tradizione norvegese con queste due perle nere antipasto, si spera, di un ‘altra prova sulla lunga distanza.

TRACKLIST
Side A
1.Morbus Divina

Side B
2.Black Tempest

LINE-UP
Mattis Malphas – Guitars
Morten Shax – Vocals
Nihil – Guitars
Aske – Bass
Skriu – Drums

ENDEZZMA – Facebook

Festering – From The Grave

Una sorpresa gradita questo primo lavoro del gruppo portoghese, peccato per il tanto tempo trascorso senza rilasciare alcunché, visto anche l’ottima qualità esibita da From The Grave.

La copertina meravigliosamente old school non può non eccitare i maniaci del death metal che imputridisce nella terra smossa dai cadaveri che tornano in vita, ma che a noi, vecchi becchini che gozzovigliavano con gli arti dei malcapitati nei primi anni novanta, piace tanto.

Ed i Festering di attitudine vecchia scuola ne hanno da vendere, visto che i primi passi li hanno mossi proprio nel 1992 ma, sfortunatamente, la loro discografia non va oltre uno split ed un ep, prima che From The Grave arrivi a rendere giustizia a questi paladini del death metal puro e classico, tra tradizione scandinava e quel tocco statunitense che rende il loro macello sonoro una goduria per ogni amante del genere.
Dalla porta del cimitero, il quartetto portoghese inizia a suonare e dopo pochi minuti l’ultima casa dei nostri corpi su questa terra brulica di zombie famelici.
Le lapidi si scoperchiano, la terra umida di morte rilascia il suo fetido odore, mentre l’esercito dei non morti si mette in marcia a suo di metal estremo, tra partenze a razzo e brusche frenate, solos che si scagliano nel cielo scandinavo e refrain che dalla Bay Area attraversano l’Atlantico fino alle coste dell’estremo ovest europeo.
Un album d’altri tempi, uscito quando i suoni tradizionali sembrano tornare a riempire le serate dei metallari sparsi per il mondo, in un’orgia infernale creata dalle efferate Infected, Consuming From Within e dall’irresistibile Proliferation of Infected Leucocytes, una cavalcata estrema a base di death metal scandinavo che non lascia scampo.
Una sorpresa gradita questo primo lavoro del gruppo portoghese, peccato per il tanto tempo trascorso senza rilasciare alcunché, visto anche l’ottima qualità esibita da From The Grave.

TRACKLIST
1. Festering (Intro)
2. Exhumed
3. Infected
4. The Myth Of Creation
5. Consuming From Within
6. Submerged In Emptiness
7. Bloodline
8. Proliferation Of Infected Leucocytes
9. Ascent Of The Blessed
10. Psychic Convulsions Of Neurasthenia

LINE-UP
Pedro Gonçalves – vocals
João Galego – guitars
Koja Mutilator – bass
Norberto Arrais – drums

FESTERING – Facebook

Paolo Baltaro – The Day After the Night Before

The Day After the Night Before va scoperto piano, senza fretta, abbandonandosi tra le note di questi splendidi brani.

Certo che la scena underground nazionale non smette di regalare sorprese e così, lasciando per un attimo la frangia metallica ed estrema, ci facciamo travolgere dalla musica totale del polistrumentista Paolo Baltaro, al secondo album da solista dopo i trascorsi con varie band, tra le quali Arcansiel, Mhmm, Roulette Cinese, S.A.D.O. e Sorella Maldestra.

Questo nuovo lavoro segue il debutto licenziato per Musea nel 2011 (Low Fare Flight to the Earth) ed entusiasma per la varietà della musica proposta che, se può senz’altro essere considerata come rock progressivo, è composta da una moltitudine di anime musicali perfettamente amalgamate nel suo insieme.
Ogni brano è stato composto come una colonna sonora di film inesistenti, in cui Baltaro canta e suona tutti gli strumenti aiutato da molti altri musicisti, eccetto le due versioni di Do It Again, colonna sonora reale dell’ultimo film di Ricky Mastro, in preparazione questi giorni e in uscita prevista per la prima metà del 2017, e le due cover Bike (Syd Barrett) e It’s Alright With Me (Cole Porter).
Registrato a Londra al Pkmp Soho Studios e ad Amsterdam allo Studio 150, masterizzato da Cristian Milani al Rooftop Studio di Milano, l’album è un’opera affascinante dove la parola d’ordine è stupire.
Progressivo nel più puro senso del termine, The Day After the Night Before – Original Soundtracks for Imaginary Movies si compone di una dozzina di brani l’uno diverso dall’altro, l’uno più intrigante dell’altro, dove il musicista nostrano vola oltre i confini ed i muri costruiti per imprigionare i generi, per raccogliere il meglio che la musica rock può offrire donandolo all’ascoltatore.
Dagli anni settanta ai giorni nostri, si compie un viaggio su una nuvola di note che solca il cielo mentre progressive, jazz, rock e fusion compongono quella che risulta di fatto un’opera rock.
Preparatevi all’ascolto dell’album come se doveste incontrare in una quarantina di minuti tutti gli artisti e musicisti che hanno segnato la storia della nostra musica preferita, dai Pink Floyd, ai Beatles, da Jimi Hendrix a Frank Zappa: in totale libertà artistica e con una facilità disarmante Paolo ce li presenta tutti prima che il loro contributo, tradotto in ispirazione, lasci un segno indelebile su questo splendido album.
The Day After the Night Before va scoperto piano, senza fretta abbandonandosi tra le note di questi splendidi brani: l’opera è scaricabile dal sito del musicista (www.paolobaltaro.com), mentre è disponibile all’acquisto la versione in vinile più cd, quindi non ci sono scuse per perdersi un lavoro di questa portata.

TRACKLIST
1.Do It Again (Acoustic Version)
2.Postcard From Hell
3.Cole Porter At Frankz’s Birthday Party
4.Goodnight
5.Another Sunny Day
6.Bike
7.Nowhere Street Part II
8.Pills
9.Silent Song
10.It’s All Right With Me
11.Do It Again (Electric Version)
12.Revolution N.13-11 (Hidden Track)

LINE-UP
Paolo Baltaro – Vocals, all Instruments
Andrea Beccaro – Drums
Andrea Fontana – Drums
Alessandro De Crescenzo – Guitars
Paolo Sala – Guitars
Gabriele Ferro – Guitars
Gabriel Delta – Guitars
Simone Morandotti – Piano
Barbara Rubin – Chorus
Luca Donini – Sax, Flute
Sandro Marinoni – Sax, Flute
Alberto Mandarini – Tromba

PAOLO BALTARO – Facebook

Exoto – And Then You Die / The Fifth Season

Una ristampa interessante che rispecchia perfettamente l’aria che tirava nel centro Europa nei primi anni ’90.

Continua la missione della label olandese Vic Records nel riesumare opere dimenticate dal tempo, o album storici di quei gruppi facenti parte della scena death metal attivi nei primi anni novanta, periodo d’oro per il genere padre del metal estremo.

I belgi Exoto iniziarono la loro carriera proprio nel 1990 e in un paio d’anni diedero alle stampe tre demo, prima di consegnare ai posteri due full length: Carnival Of Souls nel 1994 e A Thousand Dreams Ago l’anno dopo.
Una serie di reunion e scioglimenti li hanno portati fino ai giorni nostri ed è di un paio d’anni fa l’ultimo parto Beyond the Depths of Hate.
And Then You Die/The Fifth Season è la ristampa del secondo e terzo demo, usciti in cassetta nel 1991 e nel 1992, che rispecchiano un’era ormai dimenticata non fosse per queste iniziative, che tanto sanno di passione.
Old school death metal e non potrebbe essere altrimenti, con una buona dose di thrash sparato in vena così da alternare veloci cavalcate e mid tempo.
Il suono è sufficiente per apprezzare la musica del combo, senza compromessi e devastante nelle ripartenze, capitanate dal drumming del compianto batterista Didier Mertens, scomparso nel 1994.
La seconda parte è quella più interessante, i brani tratti da The Fifth Season mostrano un miglioramento notevole da parte del gruppo, ed il death metal degli Exoto corre veloce, efferato e devastante con Art Of Butchery valorizzata da una prima parte gotica per poi esplodere in un death thrash che non manca di mettere in mostra la discreta tecnica dei nostri.
Notevole Ashes From The Past, aperta anch’essa da una parte oscura ed atmosferica, per poi partire a razzo in uno tsunami di metal estremo dai buoni cambi di tempo.
Una ristampa interessante che rispecchia perfettamente l’aria che tirava nel centro Europa in quegli anni.

TRACKLIST
1.Into the Ritual (Intro)
3.Waiting for the Maggots
4.Insomnia
5.After Death
6.Cannibalistic Killer
7.The Things That Were (And Shall Be Again)
8.Art of Butchery
9.Necromantic Love-Affair
10.Ashes from the Past
11.The Fifth Season

LINE-UP
New Line-up since 2016 :
Wim Melis – Guitar
Name in a few days – Guitar
Guy Vernelen – Drums
Kevin Schutters – Bass
Chris Meynen – Vocals

EXOTO – Facebook

Carnal Decay – You Owe You Pay

Metal estremo confezionato a dovere, per niente noioso e sviluppato su di una forma canzone che rende adatto l’ascolto anche a chi ama generi estremi più moderni o non legati per forza alla tradizione brutal.

Ottimo lavoro questo You Owe You Pay dei Carnal Decay, gruppo svizzero dedito ad un convincente e vario brutal death metal.

Per chi non conoscesse il quartetto di Hütten ricordo che la band è attiva fin dall’alba del nuovo millennio (2002) e che, con questo lavoro, arriva al quarto full length di una discografia iniziata nel 2003 con il classico primo demo e proseguita con uno split ed il primo album targato 2006 (Carnal Pleasures) a segnare l’inizio delle vere e proprie ostilità, segnate dalla costante uscite ogni due/tre anni.
Per Rising Nemesis Records esce dunque questo nuovo lavoro che, come da tradizione per il gruppo svizzero, si contraddistingue per un brutal death segnato da accelerazioni e potentissimi mid tempo, dove vengono aggiunte dosi massicce di hardcore e metalcore.
In particolare nei cori i Carnal Decay abbondano di sfumature prese dai generi sopracitati ed il sound se ne giova, trovando nei cambi repentini tra le voci e in molte delle ritmiche il suo punto di forza.
Poco più di mezz’ora alle prese con un assalto sonoro dalle ritmiche che prendono per il collo e ci strattonano, ma non mancano a tratti di farci battere il piede, prima che l’anima brutale torni a farci scapocciare sulle note di Until You Die, Not Worth a Bullet e le loro compagne di carneficina.
You Owe You Pay risulta così un devastante esempio di metal estremo confezionato a dovere, per niente noioso e sviluppato su di una forma canzone che rende adatto l’ascolto anche a chi ama generi estremi più moderni o non legati per forza alla tradizione brutal.

TRACKLIST
1.No Sequel
2.Until You Die
3.Decimating the Living
4.Show Your Fucking Face
5.Murder a la carte
6.Not Worth a Bullet
7.Your Guts My Glory
8.Freed from the Leash
9.I Crush Your Dreams
10.Trick or Treat

LINE-UP
Michael Kern – Bass, Vocals
Isa Iten – Guitars
Nasar Skripitskij – Bass
Markus Röthlisberger – Drums

CARNAL DECAY – Facebook

The Ossuary – Post Mortem Blues

Bellissimo album di hard rock/doom sulla scia dei maestri settantiani da parte dei The Ossuary, band formata da musicisti della scena estrema e metallica nazionale.

Non è la prima volta che dei musicisti attivi nella scena death metal lasciano i suoni estremi per tornare indietro nel tempo, fino alla fine degli anni settanta per ricreare l’atmosfera ipnotica ed occulta di molte delle opere hard rock uscite in quel periodo, magari perse tra le nebbie di fumi illegali, basti pensare agli Spiritual Beggars ed ai trascorsi estremi dei suoi componenti.

Questa nuova band pugliese è formata da tre musicisti che facevano parte degli storici Natron, più Stefano Fiore dei Twilight Gates alla voce, si chiama The Ossuary ed è attiva da un paio d’anni.
Nell’ossario troviamo uno straordinario esempio di hard rock/doom metal dal titolo Post Mortem Blues, una messianica opera dove il blues è più concettuale che suonato, mentre aumenta la voglia di farci travolgere da questo sabba settantiano, in compagnia di un sound che, da frangia dell’hard rock, si trasformò in qualcosa di più pesante.
Post Mortem Blues è un bellissimo lavoro, il suo compito non è quello di stupirci, ma di farci vivere ancora una volta le atmosfere dei primi lavori di Black Sabbath e Pentagram, aggiungendo dosi massicce di Rainbow e Deep Purple, interpretando in maniera straordinaria i suoni rock a cavallo tra gli anni settanta ed il decennio successivo, divenuto poi il periodo d’oro dell’heavy metal che stava nascendo.
Un enciclopedia rock; questo possiamo definire l’album, con la voce di Fiore che richiama il Dio alla corte di Iommi ed il Gillan più introspettivo, mentre si passa da brani hard rock come l’opener The Curse o la melodica title track a molossi doom metal come Graves Underwater ed Evil Churns.
Band già da culto, grazie ad un album da conservare tra gli altri gioielli di un prolifico underground tricolore.

TRACKLIST
01. Black Curse
02. Witch Fire
03. Blood On The Hill
04. Graves Underwater
05. Post Mortem Blues
06. The Crowning Stone
07. Evil Churns
08. The Great Beyond

LINE-UP
Stefano “Stiv” Fiore – vocals
Domenico Mele – guitars
Dario “Captain” De Falco – bass
Max Marzocca – drums

THE OSSUARY – Facebook

Wormhole – Genesis

La mezz’ora regalataci dai Wormhole rispecchia in toto la tradizione brutal death americana.

Brutal death metal da Baltimore con questo devastante trio chiamato Wormhole, che unisce al metal estremo liriche che richiamano il mondo dello sci-fi.

Genesis è il primo lavoro sulla lunga distanza del gruppo, nato nel 2015 e con due singoli già editi: il suo metal brutale di matrice slamming risulta un assalto sonoro senza soluzione di continuità, anche se il gran lavoro delle sei corde lascia intravedere in qualche assolo scorci di luce melodica in un mondo di totale devastazione ed oscurità.
Mezz’ora scarsa basta al trio del Maryland per vomitarci addosso una serie inumana di blast beat, momenti altamente tecnici ed intricati e massacri musicali veloci e debordanti, le due chitarre fanno il bello e cattivo tempo con una serie di diavolerie sul manico che non lasciano indifferenti.
Il growl animalesco, affiancato da uno scream di matrice black, fa il resto e Genesis si rivela un lavoro soddisfacente per gli amanti di queste sonorità.
Inutile scrivere che dall’opener Nurtured in a Poisoned Womb in poi è un susseguirsi di cambi di tempo, velocità al limite, con una serie di brani estremi di buona fattura di cui almeno due brani a spiccare: Battle Logic Disrupted e la conclusiva Existence Gap.
Niente di nuovo, il genere è questo e la mezz’ora regalataci dai Wormhole rispecchia in toto la tradizione brutal death americana, con tutte le band storiche del genere ben presenti nel sound di questo debutto che dovrebbe risultare gradito ai fans del genere.

TRACKLIST
1.Nurtured in a Poisoned Womb
2.Battle Logic Disrupted
3.Symbiotic Corpse Possession
4.Automated Distress Signal
5.Geoform 187
6.Gravity Manipulation Unit
7.Genesis Chamber
8.Existence Gap

LINE-UP
Sanil Kumar – Guitars
Sanjay Kumar – Guitars, Bass
Calum Forrest – Vocals
Duncan Bentley – Vocals

WORMHOLE – Facebook

Frozen Sand – Fractals – A Shadow Out Of Lights

I Frozen Sand si confermano una realtà da seguire con attenzione in un panorama nostrano che ha ormai raggiunto una qualità complessiva altissima, anche in questo specifico genere.

Vi avevamo parlato dei piemontesi Frozen Sand in occasione dell’uscita del primo ep intitolato Prelude, uscito nel 2015, ottimo lavoro che appunto fungeva da preludio a questo primo full length che conferma la bravura del gruppo novarese.

Fractals – A Shadow Out Of Lights mantiene quello che i quattro brani contenuti nel lavoro precedente promettevano, sviluppando le virtù che risplendevano all’epoca e valorizzandole con ottime idee ed un songwriting più maturo, con il gruppo più consapevole dei propri mezzi.
Prodotto benissimo, come deve essere un album di metallo progressivo, Fractals riparte da dove si era fermato l’ep, ed il primo brano, A Melody through Time and Space mette subito in evidenza l’eleganza metallica con cui i Frozen Sand affrontano tracce aggressive e la loro bravura nel saper coniugare il power prog al metal più moderno, magari poco digerito dagli amanti della musica progressiva più canonica, ma perfetta per accaparrarsi le lodi dei più giovani dagli ascolti estremi.
Perfect Inspiration ed Everlasting Yearning sono due devastanti canzoni power prog, in  cui la sezione ritmica mette la freccia e viaggia sulla corsia di sorpasso: da annotare anche il bell’assolo power sulla seconda traccia e le ottime linee melodiche vocali.
Si corre veloce e Sail Towards The Unknown tiene il piede ben schiacciato sull’acceleratore preparandoci a Yell Of Esitation dove tornano le sfumature modern metal che non inficiano affatto l’ottimo risultato ottenuto dalla band con questo primo full length.
Poi, come per incanto, si torna a viaggiare sulle ali dei DreamTheater: You – Partial – Perfection – Daylight, traccia top di questo lavoro, con il prezioso contributo al microfono di Alessandra Sancio (ospite sull’album oltre a Fabio Privitera e Alex Saitta), vede il gruppo affrontare la materia progressiva con uno spiccato talento melodico, così da fare del brano uno scrigno emozionale, seguito dalla splendida ballad dalle tinte folk Silent Raven.
I Frozen Sand si confermano una realtà da seguire con attenzione in un panorama nostrano che ha ormai raggiunto una qualità complessiva altissima, anche in questo specifico genere.

TRACKLIST
1.A Melody through Time and Space
2.Perfect Inspiration
3.Everlasting Yearning
4.Sail towards the Unknown
5.Yell of Hesitation
6.Rule this World
7.You – Partial – Perfection – Daylight
8.Silent Raven

LINE-UP
Luca Pettinaroli – Vocals
Mattia Cerutti – Guitar
Tiziano Vitiello – Bass
Simone De Benedetti – Drum
Federico De Benedetti – Guitar, synth guitar & back vocals

FROZEN SAND – Facebook

Solitude – Reach For The Sky

I Solitude riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica

La terra del sol levante ha una tradizione metal rock radicata fin dai primi anni settanta, e non è un caso se molti dei nomi storici della scena abbiano nella discografia almeno un album live registrato nel paese dei samurai.

Dal successo di Made in Japan dei Deep Purple in poi (ed era il 1972) ogni gruppo con un minimo di ambizione commerciale è dovuta passare per il Giappone, ma ovviamente non sono mancate le band indigene che si sono costruite una reputazione anche in occidente (su tutti i Loudness), mentre la scena regalava ottime realtà, magari ad uso e consumo dei fans accaniti come i Sacrifice, thrash metal band nata addirittura nella seconda metà degli anni ottanta: quella band venne lasciata da Akira Sugiuchi (voce) e Toru Nishida (basso) nel 1996 per formare i Solitude, con i quali licenziarono Virtual Image, ep di debutto uscito all’alba del nuovo millennio.
Nel 2009 è tempo per il debutto sulla lunga distanza (Brave The Storm ) seguito a distanza di sette anni da quest’ultimo lavoro, Reach For The Sky un buon esempio di metallo classico, puro acciaio musicale tra thrash, heavy e potenti ritmiche hard rock.
Raggiunti da Takamasa “Mad” Ohuchi alle pelli e Shingo Ida alla sei corde, che trancia il cielo del levante con una prestazione tutta fuoco e fiamme, i due storici musicisti riescono nell’intento di confezionare un prodotto metallico fresco, pur conservando la propria anima classica
L’album risulta così una versione più hard rock dei Primal Fear (l’aquila in copertina richiama non poco gli album del gruppo tedesco), o se preferite un compendio delle caratteristiche primarie di una manciata di gruppi storici, tra cui Saxon, Maiden e Judas Priest, potenziate da potenti dosi di power metal ed impreziosite a tratti da una vena hard rock.
Il risultato piace, Reach For The Sky si lascia ascoltare volentieri, la prestazione della vecchia volpe Sigiuchi al microfono è un concentrato di grinta e furore, con i brani che si stampano in testa al primo ascolto e le melodie che escono dalle corde della chitarra di Ida sono forgiate nel sacro fuoco dell’heavy metal.
Le migliori tracce aprono e chiudono il lavoro (Venoms Angel e December), nel mezzo una raccolta di brani da spararsi a volumi illegali per vendicarsi della vicina di casa e del suo amore per i talent show.

TRACKLIST
1.Venom’s Angel
2.Blow
3.Reach for the Sky
4.Don’t Need Mercy
5.Escape for the Crime
6.You Got My Mind
7.On the Edge of Sorrow
8.December

LINE-UP
Takamasa “Mad” Ohuchi – Drums
Toru Nishida – Bass
Akira Sugiuchi – Vocals
Shingo Ida – Guitars

Cynic – Uroboric Forms – The Complete Demo Recordings

Una compilation che aiuta, specialmente chi non conosce l’intera discografia del gruppo, a capire l’evoluzione di questa straordinaria band, che in seguito ha dato forse meno di quello che avrebbe potuto.

Paul Masvidal, Sean Reinert, Sean Malone e Jason Gobel sono entrati nella storia del metal per aver creato uno degli album che più hanno influenzato il corso della musica contemporanea, almeno se parliamo di metal estremo.

Era il 1993 quando il quartetto statunitense licenziò Focus, dopo aver dato alle stampe una serie di demo, ed il mondo metallico si inchinò al genio creativo e strumentale di questi viaggiatori dello spartito, non gli unici ai tempi a contaminare il death con altri generi (Atheist, Pestilence) ma mai il risultato fu così perfettamente bilanciato ed amalgamato, fondendo in un unico ed allora originalissimo sound death metal, fusion e progressive.
Focus si può considerare senza dubbio un album che ancora oggi crea figli legittimi, molto belli alcuni, nella norma altri, anche perché l’effetto sorpresa è svanito e le note progressive condite da sfumature fusion e jazz non sono più una novità.
Questa compilation vuole tributare il periodo antecedente l’uscita del primo album del gruppo, prima parte di una discografia che, come poi avremmo visto, regalerà solo due full length più qualche lavoro minore: qui sono racchiusi i demo incisi tra il 1988 ed il 1993, quando la band della Florida non aveva ancora sviluppato in toto il suo personalissimo sound, ed il death suonato ai tempi negli States era il signore e padrone del songwriting dei Cynic.
L’unico brano finito sul famoso esordio è quello che dà il titolo a questa raccolta, Uroboric Forms,  non a caso il più diretto e death della track list di Focus, mentre le altre tracce ci presentavano una band death metal devastante, dal sound veloce ed aggressivo, ma lontana dalle sontuose trame progressive che vedranno la luce più avanti, anche se più ci si avvicinava alla fatidica data d’uscita dell’album più la musica dei Cynic cominciava a cambiare sfumature (The Eagle Nature).
Una compilation che aiuta, specialmente chi non ne conosce l’intera discografia, a capire l’evoluzione di questa straordinaria band, che in seguito ha dato forse meno di quello che avrebbe potuto.
Uroboric Forms – The Complete Demo Recordings ha il valore di un documento storico che gli appassionati della musica estrema e dei Cynic non possono ignorare.

TRACKLIST
1.Uroboric Forms
2.The Eagle Nature
3.Pleading For Preservation
4.Lifeless Irony
5.Thinking Being
6.Cruel Gentility
7.Denaturalizing Leaders
8.Extremes
9.A Life Astray
10.Agitating Affliction
11.Once Misguided
12.Weak Reasoning
13.Dwellers Of The Threshold

LINE-UP
Jack Kelly – Vocals (lead)
Paul Masvidal – Guitars (lead)
Mark van Erp – Bass
Sean Reinert – Drums

Paul Masvidal – Guitars (lead), Vocals
Jason Gobel – Guitars (lead)
Mark van Erp – Bass –
Sean Reinert – Drums

Paul Masvidal – Guitars (lead), Vocals
Jason Gobel – Guitars (lead)
Tony Choy – Bass
Sean Reinert – Drums

CYNIC – Facebook

Artemisia – Rito Apotropaico

Un album molto bello ed intenso, un passo avanti importante per gli Artemisia ed uno dei migliori esempi di metal cantato in italiano degli ultimi tempi.

Tornano gli Artemisia con il quarto album della loro carriera, a conferma dello stato di grazia raggiunto dal precedente lavoro, Stati Alterati Di Coscienza, uscito tre anni fa ed applaudito da fans e addetti ai lavori.

La band della splendida interprete Anna Ballarin e del chitarrista Vito Flebus, ormai da dieci anni nella scena metal nazionale, propone il suo disco più oscuro e dark, potenziato da scariche metalliche classic doom ed una vena psichedelica che spunta tra i brani come ipnotici occhi di un serpente pronto a colpire.
Sempre valorizzato da testi d’autore, questa nuova quarta opera dal titolo Rito Apotropaico (termine riferito a oggetto, atto, animale o formula che allontana o annulla un’influenza maligna) porta con sé una voglia di cambiamento da parte del quartetto, che potenzia la vena sabbatica del proprio sound, lasciando le sfumature alternative dei precedenti lavori e proponendosi come band metal a tutti gli effetti.
Oscuro e potente dicevamo, proprio come un rito che deve allontanare le forze oscure, con una Ballarin espressiva e a tutti gli effetti sacerdotessa di questi trentacinque minuti di metal cantato in italiano.
Leggende, magia, l’aldilà ed il sempre aberrante lato oscuro dell’uomo sono i temi trattati in questi otto brani ,con l’opener Apotropaico che, senza indugi, ci invita al sabba creato dagli Artemisia e che continua ipnotico con Il Giardino Violato, traccia dedicata al tema scottante della pedofilia.
Stupenda Tavola Antica, con in evidenza il basso di Ivano Bello, mentre la tensione metallica rimane altissima, con la protagonista che tramite una tavola ouija cerca di evocare uno spirito guida.
Doom stoner di alta qualità nella rituale Iside e atmosfera che si rilassa con le ariose armonie acustiche di La Guida, prima che il gran finale venga assicurato dalle sfuriate metalliche del trittico La Preda, Regina Guerriera e Senza Scampo.
Un album molto bello ed intenso, un passo avanti importante per gli Artemisia ed uno dei migliori esempi di metal cantato in italiano degli ultimi tempi.

TRACKLIST
1.Apotropaico
2.Il giardino violato
3.Tavola antica
4.Iside
5.La guida
6.La preda
7.Regina guerriera
8.Senza scampo

LINE-UP
Anna Ballarin – Voce
Vito Flebus – Chitarra
Ivano Bello – Basso
Gabriele “Gus” Gustin – Batteria

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Clouds Of Dementia – Seventh Seal

Black Sabbath, Pentagram e Candlemass, nè più ne meno il sound del gruppo è ispirato a queste icone del genere, perciò un ascolto è consigliato a chi ama le band citate ed i loro figli sparsi per il mondo musicale.

Nel doom di stampo classico non sono poche le buone realtà che ci arrivano da tutto il mondo, ed in questa sede vi presentiamo il quartetto transalpino dei Clouds Of Dementia, all’esordio autoprodotto e promosso dalla Solstice Promotions, con Seventh Seal, ep di cinque brani ricchi di atmosfere heavy/doom classiche.

Tempi medi, rallentamenti e riff di granitico heavy metal si scagliano su ritmiche e sfumature messianiche in orge temporali dove vengono chiamate in causa i migliori act della musica del destino.
Dagli anni settanta passando per i vari decenni, la scena del doom classico ha vissuto una vita parallela mentre piano piano passavano le mode, continuando a proporre  litanie e riti di questa magica variante della musica heavy: i Clouds Of Dementia tutto questo lo fanno assaporare agli amanti del genere, con brani forgiati nello spartito dei mostri sacri del genere, con tutti i tasselli al loro posto e forti di una manciata di brani che da Welcome, passando per la title track e la notevole My Friend, non ci fanno risparmiare i complimenti per Jujux (voce) e soci.
Black Sabbath, Pentagram e Candlemass, ne più ne meno il sound del gruppo è ispirato a queste icone del genere, perciò un ascolto è consigliato a chi ama le band citate ed i loro figli sparsi per il mondo musicale.

TRACKLIST
1.Welcome
2.All My Prayers
3.Seventh Seal
4.Love Song
5.My Friends

LINE-UP
Jujux – Vocals
Ben – Lead Guitar
Chérubin – Rhythm Guitar
Cécile – Bass
Azra – Drums

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