Sad Iron – Chapter II: The Deal

Ritmiche scagliate a velocità della luce, solos taglienti come rasoi, e refrain da pogo infernale sotto qualunque palco in giro per locale e festivals, niente di più e niente di meno, una garanzia la track list di questo lavoro per i fans di queste sonorità.

Heavy, speed, thrash metal old school, una corsa a tutta velocità nel sound che ha fatto storia, questo è il terzo album in uscita per Wormholedeath dei Sad Iron, una macchina da guerra metallica fieramente old school.

Il gruppo olandese risulta attivo dai primi anni ottanta, con il primo album, intitolato Total damnatio targato 1983, quindi siamo al cospetto di gente che ha scritto un pezzo di storia l’ha scritta nell’underground metallico europeo.
Un lungo silenzio interrotto tre anni fa con la pubblicazione di The Antichrist ed ora questo nuovo album intitolato Chapter II: The Deal, composto da una decina di canzoni veloci come il vento, dirette e tradizionalmente old school, che ci catapultano in quelle atmosfere ottantiane mai dimenticate, soprattutto se si hanno un bel po’ di capelli bianchi sulla ormai rada chioma.
Ritmiche scagliate a velocità della luce, solos taglienti come rasoi, e refrain da pogo infernale sotto qualunque palco in giro per locale e festivals, niente di più e niente di meno, una garanzia la tracklist di questo lavoro per i fans di queste sonorità.
Suonate dai Sad Iron, le varie The Deal (The Story Of Miss Betty), Revolution e la magnifica Fighting For Revenge si rivelano esplosioni di metal adrenalinico vecchia scuola e Chapter II: The Deal, nella sua interezza, un lavoro heavy/speed/thrash metal convincente su tutta la linea.

Tracklist
1.The Deal (The Story of Miss Betty)
2.Revolution
3.Raise Hell
4.Warmonger
5.Now It’s Dark
6.Fighting for Revenge
7.F.O.B
8.Murder of Crows
9.Weaponized
10.We Play to Kill

Line-up
Marc van den Bos – Guitar, vocals
Bernard Rive – Guitar
Bjorn Hylkema – Bass, backing vocals
Marco Prij – Drums

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Metalian – Vortex

Vortex è devastante, melodico ed irresistibile, come il pogo a cui vi esporrete sotto il palco calcato da questi quattro canadesi.

Un sound che corre veloce come il vento sulle ali di un heavy/speed metal di matrice old school: questo è Vortex, ultimo album dei Metalian, quartetto di Montreal arrivato al terzo lavoro in oltre quindici anni di carriera.

Con i Judas Priest a fare da padrini all’heavy metal suonato dal gruppo, Vortex si lascia ascoltare che è un piacere, colmo di cavalcate tali da far saltare gli autovelox e solos che sono temporali metallici scatenanti lampi e tuoni.
Trenta minuti in balia del metal classico dei Metalian, otto brani che non trovano ostacoli, di genere, assolutamente derivativi ma spettacolari, almeno per chi è cresciuto a pane ed heavy metal.
The Sirens Wail, Land Of The Brave, la title track non escono di un millimetro dai canoni dell’heavy metal anni ottanta, new wave of British heavy metal e speed si alleano nel sound dei Metalian per portare il verbo del true metal old school nel nuovo millennio: Vortex è devastante, melodico ed irresistibile, come il pogo a cui vi esporrete sotto il palco calcato da questi quattro canadesi.

Tracklist
1. Prologue
2. The Sirens Wail
3. Full Throttle
4. Vortex
5. Land of the Brave
6. Liquid Fire
7. Broke Down
8. No Home

Line-up
Ian – vocals / guitar
Simon – guitar
Andres – bass
Tony – drums

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Bewitcher – Under the Witching Cross

Under the Witching Cross segue di tre anni il debutto omonimo e propone un travolgente esempio di metal ottantiano, ben prodotto e con una serie di devastanti, crudeli e piacevolmente vecchia scuola

Quando alla qualità si abbina un minimo di talento, anche un genere come lo speed/black metal old school può regalare grandi lavori come questo secondo album dei Bewitcher, trio proveniente da Portland.

Under the Witching Cross segue di tre anni il debutto omonimo e propone un travolgente esempio di metal ottantiano, ben prodotto e con una serie di devastanti, crudeli e piacevolmente vecchia scuola: otto deraglianti tracce che non trovano ostacoli, una serie di cavalcate speed/thrash black metal ignoranti, rocciose ma valorizzate da un lavoro ritmico eccellente, colme di riferimenti alle band storiche del genere, ed in grado di far saltare il banco.
Siamo in territori infernali e i Bewitcher si aggirano tra in cerca di anime a colpi di Venom, Sodom, Motorhead ed attitudine black metal, con un sound che non manca di chiari riferimenti alla new wave of british heavy metal, nei solos e nei mid tempo che si alternano a bolidi musicali che risultano distruttivi come venti atomici.
Savage Lands Of Satan e la seguente Hexenkrieg formano un avvio sfolgorante, la title track e In The Sign Of The Goat e la spettacolare e blasfema Rome Is On Fire sono invece il picco qualitativo di questo gran bel lavoro firmato Bewitcher: quando il genere viene proposto a questi livelli riesce ancora ad avere un suo perché.

Tracklist
1. Savage Lands Of Satan
2. Hexenkrieg
3. Under The Witching Cross
4. Heathen Women
5. Too Fast For The Flames
6. In The Sign Of The Goat
7. Rome Is On Fire
8. Frost Moon Ritual

Line-up
Mateo Von Bewitcher – Guitars, Lead Vocals
Andreas Magus – Bass, Vocals
Rand Crusher – Drums

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Barbarian – To No God Shall I Kneel

Ormai in sella ad un destriero infernale da una decina d’anni, la band toscana irrompe con il suo speed/heavy metal che a tratti sfora nel thrash di scuola tedesca, esaltante nelle tante cavalcate metalliche di cui è pregno To No God Shall I Kneel.

I Barbarian tornano con il loro quarto lavoro sulla lunga distanza che ne ribadisce l’assoluta devozione per i suoni old school.

Ormai in sella ad un destriero infernale da una decina d’anni, la band toscana irrompe con il suo speed/heavy metal che a tratti sfora nel thrash di scuola tedesca, esaltante nelle tante cavalcate metalliche di cui è pregno To No God Shall I Kneel, uno dei dischi migliori che mi sia capitato di ascoltare nel genere da diverso tempo.
La voce cartavetrata a ribadire lo spirito battagliero, la vocazione estrema del sound ed un buon uso delle melodie nei solos, fanno da cornice a veloci ripartenze speed/thrash e tellurici mid tempo metallici.
Nella sua mezzora abbondante l’album non ha un attimo di tregua nel suo totale impatto distruttivo, i brani si susseguono uno più efficace dell’altro, con attimi di puro e travolgente heavy metal old school che richiama un numero infinito di gruppi storici senza che si perda un’oncia di convincente personalità.
Dall’opener Obtuse Metal, passando per Birth And Death Of Rish’Ah, il crescendo maideniano di The Old Worship of Pain e la conclusiva title track, To No God Shall I Kneel è un esaltante tuffo nel metal guerriero e senza fronzoli che mise a ferro e fuoco gli anni ottanta, con lo speed/thrash e l’heavy metal che vengono uniti sotto il drappo insanguinato dei Barbarian.

Tracklist
1.Obtuse Metal
2.Birth and Death of Rish’Ah
3.Hope Annihilator
4.Sheep Shall Obey
5.The Beast Is Unleashed
6.The Old Worship of Pain
7.To No God Shall I Kneel

Line-up
Borys Crossburn – Guitars, Vocals
Blackstuff – Bass
Sledgehammer – Drums

BARBARIAN – Facebook

Darkthrone – Old Star

Permangono alcuni elementi che legano queste canzoni alla storia passata dei Darkthrone e che compongono il filo nero di una carriera che non ha eguali, nella quale Old Star è un punto molto luminoso e soprattutto un monito a tutti : potete fare ciò che vi pare, ma il metal è questo.

Tornano i Darkthrone, uno dei gruppi che hanno maggiormente tracciato la storia del metal nel bene e nel male.

Old Star è la nuova fatica di Fenriz e di Nocturno Culto ed è un disco vecchia scuola nella sua essenza e nella sua epifania. Innanzitutto è un lavoro molto godibile, abbastanza lontano dal black, è solo metal al cento per cento andandone a recuperare gli elementi più puri, vicini ai Celtic Frost soprattutto quando si tratta delle linee di chitarra oppure di natura speed thrash per quando riguarda il resto. Tutto ciò non stupisce più di tanto, essendo Fenriz uno dei veri dispensatori mondiali di metal antico e veloce, come si può sentire nel suo programma radiofonico su NTS. L’amore di Fenriz per il metal vecchio stile è totalizzante ed esce fuori prepotentemente in questo disco, che fin dal titolo è una dichiarazione d’amore per le vecchie vibrazioni. In Old Star tutto è volutamente vintage, ma è più preciso dire che è metal nella sua essenza più pura. Non si cerca la velocità a tutti i costi, prediligendo una costruzione della canzone in maniera che sia una crescita costante, attraverso un vortice di riff e una sezione ritmica che portano l’ascoltatore nelle regioni maledette a sud del paradiso. Era da tempo che il duo norvegese non produceva un disco così coinvolgente e completo, una vera e propria dichiarazione stilistica. Old Star è un lavoro affatto anacronistico, è credibile e molto ben prodotto, è metal marcio e sanguinolento, con giri di chitarra che penetrano il cervello, spazzando via le cazzate sul metal come zona di comfort, perché qui è sempre guerra, ossa e sangue. Permangono comunque alcuni elementi che legano queste canzoni alla storia passata dei Darkthrone e che compongono il filo nero di una carriera che non ha eguali, nella quale Old Star è un punto molto luminoso e soprattutto un monito a tutti : potete fare ciò che vi pare, ma il metal è questo.

Tracklist
1 I Muffle Your Inner Choir
2 The Hardship Of The Scots
3 Old Star
4 Alp Man
5 Duke Of Gloat
6 The Key Is Inside The Wall

Line-up
Gylve Fenriz Nagell
Nocturno Culto

DARKTHRONE – Facebook

Sins Of The Damned – Striking the Bell of Death

Striking the Bell of Death è un gran bel lavoro, ma ovviamente il genere rimane di nicchia e l’album indicato agli amanti dell’heavy speed metal tradizionale.

La Shadow Kingdom non sbaglia un colpo e le uscite che vedono il suo logo sul retro di copertina regalano sempre gradite sorprese per quanto riguarda i suoni classici.

I cileni Sins Of The Damned per esempio arrivano tramite la label al traguardo del primo full length dopo svariati lavori minori che ne hanno caratterizzato la carriera dal 2013.
Una manciata di demo è servita al gruppo di Santiago per rodarsi, prima di travolgere glia amanti dei suoni old school di matrice heavy/speed metal con Striking the Bell of Death, album composto da sette brani medio lunghi, a metà strada tra l’heavy metal di scuola europea e lo speed thrash.
Un prodotto che più underground di così non si può, ma suonato egregiamente, caratterizzato da convincenti cavalcate strumentali che li avvicinano agli Iron Maiden suonati al doppio della velocità.
La voce cartavetrata ma personale il giusto per non passare nell’anonimato, il gran lavoro delle chitarre e le ritmiche forsennate, aggiungono adrenalina a brani diretti e senza compromessi, sette bombe sonore di matrice old school che non fanno prigionieri e che hanno in They Fall and Never Rise Again e The Lion And The Prey i brani migliori.
Striking the Bell of Death è quindi un gran bel lavoro, ma ovviamente il genere rimane di nicchia e l’album indicato agli amanti dell’heavy speed metal tradizionale.

Tracklist
1.Striking the Bell of Death
2.They Fall and Never Rise Again
3.Take the Weapons
4.The Lion and the Prey
5.The Outcast (Sign of Cain)
6.Victims of Hate
7.Death’s All Around You

Line-up
Maot – Guitars (lead)
Razor – Vocals, Guitars
Noisemaker – Drums, Bass
Tyrant – Drums

SINS OF THE DAMNED – Facebook

Seax – Fallout Rituals

La giostra gira vorticosa, le tracce si susseguono spazzando via tutto come sferzate di un vento metallico tempestoso dove i tanti cenni ai maestri dell’heavy thrash metal anni ottanta non fanno che confermare l’assoluta dedizione e attitudine dei Seax.

Attivi da una decina d’anni e con tre full length rilasciati tra il 2012 ed il 2016, tornano con il loro speed/thrash metal vecchia scuola i Seax, band proveniente da Worchester in Massachusetts.

Licenziato dalla Shadow Kingdom Records, il nuovo album intitolato Fallout Rituals nulla aggiunge e nulla toglie non solo al quartetto statunitense ma a tutto un genere, radicato nella scena underground degli anni ottanta.
I Seax non si nascondono certo dietro un dito, sono una band nata per travolgere gli ascoltatori con ritmiche velocissime ed un impatto diretto, lasciando all’esperienza live l’ultima parola sulle proprie capacità.
L’opener Fallout funge da conto alla rovescia prima Rituals ci investa con tutta la sua potenza old school, tra solos vorticosi, voce aggressiva che non rinuncia all’uso del falsetto ed un approccio assolutamente senza compromessi.
Bring Down The Beast, Interceptor e gli altri brani che compongono il nuovo album dei Seax non concedono pause, la giostra gira vorticosa, le tracce si susseguono spazzando via tutto come sferzate di un vento metallico tempestoso dove i tanti cenni ai maestri dell’heavy thrash metal anni ottanta non fanno che confermare l’assoluta dedizione e attitudine della band.
Inutile affermare che Fallout Rituals è pane solo per i denti degli heavy/thrashers dai gusti old school, chiunque non porti ancora jeans stretti, chiodo e scarpe da ginnastica giri alla larga dai Seax e dalla loro musica.

Tracklist
1.Fallout
2.Rituals
3.Killed by Speed
4.Bring Down the Beast
5.Feed the Reaper
6.Interceptor
7.Winds of Atomic Death
8.Legions Arise
9.Riders of the Oldworld
10.Born to Live Fast

Line-up
Carmine Blades – Vocals
Razzle – Guitar
Hel – Guitar
Derek Jay – Drums

SEAX – Facebook

Hellish Grave – Hell No Longer Waits

Dieci brani che non trovano tregua, dieci inni metallici dall’impatto old school che trovano nei vari Motorhead, Possessed ed Hellhammer le massime influenze, meritandosi un più che sufficiente giudizio per attitudine, impatto e songwriting.

Amanti del metal old school di matrice thrash/speed metal, sedetevi comodi, portate le cuffie alle orecchie e fatevi massacrare dagli Hellish Grave e dal loro secondo full length, intitolato Hell No Longer Waits.

Speed metal, thrash ed una forte attitudine black metal sono il mix esplosivo con cui la band brasiliana si impossessa delle anime dei appassionati dagli ascolti fermi tra gli anni ottanta ed i primi anni del decennio successivo, un prodotto che più underground di così non si può ma assolutamente in grado di farvi saltare i padiglioni auricolari.
Un sound senza compromessi è quello con cui la band di San Paolo ci aggredisce, con Satana che suggerisce blasfemie varie su di una potenza di fuoco non indifferente.
In Hell No Longer Waits tutto puzza di zolfo e decomposizione: gli Hellish Grave danno così un seguito al paio di ep ed al primo lavoro su lunga distanza Worship Macabre, in un clima da tregenda, un inferno che brucia di metallo estremo.
Dieci brani che non trovano tregua, dieci inni metallici dall’impatto old school che trovano nei vari Motorhead, Possessed ed Hellhammer le massime influenze, meritandosi un più che sufficiente giudizio per attitudine, impatto e songwritng.

Tracklist
1.Transilvanian Nights
2.In Nomine Draculae
3.Revenant Awakening
4.Over My Haunted Pact
5.Possessed by the Witch
6.Macabre Worship
7.Lust for Youth
8.Locomotive Blast
9.Hell No Longer Waits
10.Soldiers of Hell

Line-up
Witchripper – Bass
Hellish Angelcorpse – Vocals
Butchereaper – Guitars
Speeddemon – Drums
Liber Falxifer – Guitars

HELLISH GRAVE – Facebook

Manifestic – Anonymous Souls

Strepitoso lavoro di una nuova band, che si pone e subito quale esponente di spicco del progressive speed metal.

Quando la tradizione dei secondi anni ottanta si amalgama alla perfezione con suoni moderni.

I Manifestic sono un quartetto tedesco, nettamente superiore alla media degli esordienti. Il loro è un techno-thrash che colora sapientemente di tinte progressive la base speed metal di partenza, forte di doti esecutive di assoluto prim’ordine. Anche il songwriting è veramente da paura: colpisce, più di tutto, una maturità di scrittura sicura e impressionante. Le undici composizioni sono inoltre pervase da un flavour fantascientifico, evidente sin dalla grafica (interna ed esterna) e dai suoni di synth che aprono la title-track, che connota in termini freddi e quasi siderali la proposta dei quattro. Un punto di riferimento sono senz’altro i Megadeth del sommo Rust in Peace (anno di grazia 1990), nonché i Voivod del periodo 1987-1988. Tutto è peraltro calato con molta originalità e personalità nel nostro presente ed il platter certo incontrerà i favori di impazzisce per i Vektor di Black Future ed i Sacral Rage del secondo e terzo disco. Quello dei Manifestic è peraltro un album assai vario e completo da tutti i punti di vista: una vera e propria geometria del caos cosmico, che in Time Will Collapse sposa trame nere di matrice primi Slayer e nell’apertura di Code of Silence sa altresì confrontarsi in modo intrigante e generoso con la grande tradizione dell’hard americano e dello US metal più melodico: altri aspetti che fanno di questo Anonymous Souls un prodotto assolutamente da avere.

Tracklist
1- Anonymous Souls
2- Deaf, Dumb and Blind
3- Wide Open
4- Time Will Collapse
5- Incognito
6- Spiritual Abyss
7- Silicon War
8- Code of Silence
9- 263
10- Pillars of Democracy
11- Poisoned Waters

Line up
Tristan – Bass
Jerome – Drums
Rob – Guitars / Vocals
Samy – Guitars

MANIFESTIC – Facebook

Flageladör – Predileção Pelo Macabro

Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.

Proposta assolutamente underground quella dei Flageladör, nome che da quasi vent’anni fa parte della scena metal brasiliana.

La band infatti è attiva dall’inizio del nuovo millennio e può contare su una discografia che annovera tre full length ed un buon numero di split e demo.
Predileção Pelo Macabro è quindi il quarto lavoro sulla lunga distanza per il quartetto di thrashers dal suono old school, che non delude i suoi fans e li travolge con il suo thrash metal dalle accelerazioni speed senza compromessi.
Una musica zeppa di cliché, ma che viaggia a ritmo sostenuto, tra ritmiche sparate, solos e refrain scolpiti sulle tavole della legge di questo tipo di sonorità.
La produzione in linea con quanto suonato crea un’atmosfera ottantiana, mentre l’uso della lingua madre è sicuramente l’unico tocco di originalità da attribuire alla band.
Predileção Pelo Macabro spara dieci colpi che insieme formano una mitragliata di speed/thrash tradizionale ispirato alla scena teutonica, i brani si susseguono veloci e abbastanza simili, lasciando troppo poco all’ascoltatore.
Si tratta di un album rivolto essenzialmente ai fans del genere, magari incuriositi dall’uso della lingua portoghese che non inficia assolutamente un risultato comunque poco oltre la sufficienza e nulla più.

Tracklist
1.Entre o Martelo e a Bigorna
2.Nas Minhas Veias Corre Fogo
3.Máxima Voltagem
4.Terror Pós-Atômico
5.Queimando nas Chamas do Heavy Metal
6.Micromega
7.Eternamente Cinza
8.Predileção pelo Macabro
9.O Infiel
10.M.A.F.

Line-up
Armando Exekutor – Guitars & Vocals
Hugo Golon – Drums
Alan Magno – Bass
Jean Nightbreäker – Guitars

FLAGELADOR – Facebook

METEORE: VIOLENT FORCE

Unico disco, di una band storica. Per chi ama Sodom, Assassin, Darkness, Living Death, Tankard, Possessed, Razor, Slayer, Vendetta e Dark Angel.

Tra il 1984 ed il 1985, nella città tedesca di Velbert, sorsero i Violent Force.

Nel 1985 la formazione finalmente si stabilizzò e il gruppo apparve sulla compilation Teutonic Invasion. Il thrash dei quattro ragazzi tedeschi cominciò a mietere consensi in patria. Dopo ben cinque demo, nel 1987 uscì infine Malevolent Assault of Tomorrow, esordio ed unico lavoro dell’act germanico, per la Roadrunner. Le speranze riposte dal quartetto si tramutarono presto in delusione: il disco, benché valido ed ottima espressione del più puro ed incontrastato speed-thrash made in Germany, non riuscì a farsi notare e si perse tra le molte altre produzioni dello stesso genere, in Europa centrale. Anche i testi, malgrado in apparenza ingenui, non erano da poco e trattavano problemi sociali e rischi legati al nucleare. Ma non fu abbastanza e giunse, immeritato, lo split. Oggi, possiamo riapprezzare questa meteora grazie alla ristampa della HR, sempre attivissima e da seguire.

Tracklist
1- Dead City
2- Soulbursting
3- Vengeance and Venom
4- MAOT
5- What About the Time After
6- Sign of Evil
7- Violent Force
8- The Night
9- Destructed Life
10- SDI

Line up
Lemmy – Vocals / Guitars
Stachel – Guitars
Hille – Drums
Waldy – Bass

Revenge – Deceiver.Diseased.Miasmic

Due canzoni davvero furiose e che portano quasi in trance l’ascoltatore, facendogli imboccare una via lastricata di sangue e di ossa.

La scena canadese del metal è vasta e di buona qualità, e si denota per essere una delle più estreme e senza compromessi al mondo.

Testimoni di ciò sono i Revenge, da Edmonton stato di Alberta, con la loro furiosa proposta sonora, fatta di war metal che si avvicina molto al black. I nostri vedono la luce nel 2000, fondati dal batterista e cantante J.Read, per continuare il discorso iniziato con i Conqueror. La loro discografia è piuttosto vasta e questo ep è l’ultimo episodio, pienamente allineato ai precedenti, e se possibile ancora più cattivo. Il suono dei Revenge risale ai primordi dell’uomo, è l’evoluzione di una furia cieca e senza comprensione, un orrore che cala come una falce sul genere umano che si crede buono, e si avvicina molto alle cose del passato con una produzione dalla resa quasi analogica. Tutto ciò serve a creare un’atmosfera particolare, che è poi quella che ricerca l’ascoltatore in un disco dei Revenge. Odio, completa assenza di qualsivoglia speranza salvifica e una grande rabbia che nasce da lontano. Precedentemente si parlava di war metal, un genere che è molto particolare e che secondo alcuni riprende le origini del metal in maniera incontaminata, e ciò lo si può pienamente apprezzare in questi due pezzi, che sono il perfetto manifesto di ciò che sono i Revenge e del perché abbiano un seguito molto fedele. Ci sono accenni anche importanti al black metal, ma il fulcro del suono è qualcosa di ben diverso dal nero metallo. Qui gli strumenti musicali sono portatori di una furia e di un odio che travalica la musica e arriva da e dentro l’animo umano, vero mistero insondabile. Due canzoni davvero furiose e che portano quasi in trance l’ascoltatore, facendogli imboccare una via lastricata di sangue e di ossa.

Tracklist
1. Diseased Intrusion
2. Deceiver Futile

Line up:
V. – Guitars / Bass
J.Read – Drums / Vocals

REVENGE – Facebook

METEORE: EXORCIST

Primo ed unico disco di una band misteriosissima, dietro la quale si celano in realtà gli statunitensi Virgin Steele (i nomi dei componenti degli Exorcist sono del resto palesi pseudonimi).

ExorcistNightmare Theatre

L’uscita di questo disco nel 1986 venne subito accompagnata dalla voce secondo la quale dietro alla band degli Exorcist (che in effetti nessuno aveva visto in faccia e che non si esibivano dal vivo), si celassero in realtà i newyorkesi Virgin Steele, campioni dell’epic metal e dell’hard rock più cromato di gran classe desiderosi di misurarsi con un album thrash, allora al culmine della popolarità, specie in America. La biografia ufficiale degli Exorcist affermava soltanto che il quartetto proveniva dalle terre canadesi. Da parte sua, il vocalist dei Virgin Steele, il cantante e tastierista David De Feis, non fece altro che negare ogni forma di coinvolgimento suo e dei suoi compagni d’arme. Tutti, peraltro, si convinsero della cosa, che oggi viene in buona sostanza data per assodata. Le coincidenze, d’altra parte, non erano poche: ambedue le band appartenevano alla scuderia della Cobra, erano prodotte da De Feis stesso e impiegavano il medesimo studio di registrazione, il Sonic Sound. Inoltre, dopo che Nightmare Theatre fu stampato, gli Exorcist scomparvero nel nulla: una vera meteora, insomma. Lo sfogo thrash dei Virgin Steele, ristampato giusto un anno fa dalla HR Records in edizione doppia, è da riascoltare: un thrash assai oscuro e tetro, non distante da certo horror metal di qualità, intriso di atmosfere dark e con una gran dose di occulta ferocia sonora. Detto altrimenti: un classico, con titoli e testi degni delle evil stories di King Diamond.

Track list
1- Black Mass
2- The Invocation
3- Burnt Offerings
4- The Hex
5- Possessed
6- Call For the Exorcist
7- Death By Bewitchment
8- The Trial
9- Execution of the Witches
10- Consuming Flames of Redemption
11- Megawatt Mayhem
12- Riding to Hell
13- Queen of the Dead
14- Lucifer’s Lament
15- The Banishment

Line up
Damian Rath – Vocals
Marc Dorian – Guitars
Geoff Fontaine – Drums
Jamie Locke – Bass

Overruled – Hybris

L’anello mancante, nell’Olanda odierna, fra il thrash e l’heavy classico: un gran bel disco di speed metal tradizionale.

Dopo un EP nel 2013 (ad un anno dalla nascita), gli olandesi Overruled esordiscono ora sulla lunga distanza per Punishment 18 Records, con le nove tracce di questo ottimo Hybris.

Il loro è un thrash, energico e brillante, che bada decisamente al sodo, molto vicino al più tradizionale heavy metal anni Ottanta, quindi diretto e con pochi fronzoli, duro e violento. Sistemata la formazione, il quartetto di Drenthe riesce ad essere diretto e melodico, stile Megadeth per capirci. Il vocalist è davvero bravo e gli assoli si segnalano positivamente per la loro tessitura, mentre la sezione ritmica pare più cupa. Il suono è comunque abbastanza moderno in termini di produzione, pulita ed incisiva. Dopo la bella e deflagrante Pawns of War, la seguente Burning Bridges è un determinato speed metal vecchia scuola nella vena degli Accept del sommo Restless and Wild. La title-track è emozionante e coinvolge non poco, con molta qualità nel lavoro di riffing. Una sfavillante doppia cassa illumina She-Devil. Assai costruita la successiva Purgatory, una vera narrazione musicale elettro-acustica, alla Running Wild, tra dark ed epic metal. Follow His Order è un omaggio alla NWOBHM, mentre i rimanenti pezzi di Hybris tornano con efficacia alla tradizione speed più classica. Veramente un bel cd.

Tracklist
1- Pawns of War
2- Burning Bridges
3- Hybris
4- She-Devil
5- Purgatory
6- Follow His Order
7- Lust For Power
8- Run For Your Life
9- Losing Sanity

Line-up
Remco Smit – Vocals / Guitars
Ronald Reinders – Guitars
Joeri Klaassens – Bass
Gerald Warta – Drums

OVERRULED – Facebook

Rawfoil – Evolution in Action

Eccellente esordio per questa promettente band lombarda, titolare di un debutto sulla distanza che è un vero omaggio alla grande tradizione dello speed metal anni Ottanta.

Dopo aver firmato per la Punishment 18 Records, la formazione italiana di speed metal dei Rawfoil si presenta ora al debutto, con Evolution in Action, album la cui bellissima grafica si deve a Roberto Toderico (Pestilence, Tygers of Pan Tang, Athlantis, Sadistic Intent e Sinister, tra gli altri).

Il gruppo è nato a Monza, nel 2009 ed in quasi dieci anni ha potuto maturare e perfezionarsi sempre di più, la ragione per la quale questo compact di esordio si presenta già come un prodotto decisamente valido e all’altezza. Il quintetto brianzolo, fondato da ex membri di Ignorance Flows e Theory of Chaos, ci propone otto canzoni veloci ed entusiasmanti, che colmano l’attuale vuoto in Italia tra il più classico heavy anglo-europeo e il thrash metal americano meno radicale. Gli appassionati di Anvil, Raven e Liege Lord sono quindi avvisati.

Tracklist
1- Evolution in Action
2- Josey Wales
3- Broken Black Stone
4- Fail
5- Demons Inside
6- Reflect the Death
7- Circle of Hate
8- Wrath of War Mankind

Line-up
Lorenzo Riboldi – Bass
Francesco Ruvolo – Vocals
Giacomo Cappellin – Guitars
Ruben Crispino – Guitars
Sborradamatti – Drums

RAWFOIL – Facebook

Abrin – Hell on Earth

Ottimo disco della band moscovita, con sonorità germaniche che molto piaceranno, sia ai thrashers, sia ai defenders.

I russi Abrin arrivano con Hell on Earth al quarto disco, in otto anni.

Un’ottima media, per una band che con questo nuovo lavoro abbandona in via definitiva il cirillico in favore dell’inglese. La line-up sembra essere adesso finalmente stabile e risultano più che apprezzabili i contributi di ospiti esterni, membri di Udo e Arkona. Il gruppo di Mosca esplora quei territori thrash più vicini al metal classico e in particolare allo speed dei primi Helloween, con canzoni ricche di velocità e potenza, freschezza e belle melodie. Il prodotto finale è quindi decisamente tedesco per stile e suoni, con azzeccatissime armonizzazioni chitarristiche che scorrono più che bene e lasciano il segno. La produzione è ottima, il sound assai limpido. Molto intensa 1939 (dedicata all’anno che vide scoppiare la Seconda Guerra mondiale) e davvero emblematica la conclusiva Heavy Metal, un pezzo che sin dal titolo si propone come un autentico manifesto di pensiero true metal. Avanti così.

Tracklist
1- Hell on Earth
2- Prisoners of the Abyss
3- A Monster in Disguise
4- Slavery
5- Looking All Around
6- Deception
7- The Willpower
8- The Last Run
9- 1939
10- Heavy Metal

Line-up
Maxim Garanin – Bass
Vahktang Zadiev – Vocals
Vyacheslav Zavershnev – Guitars
Alexander Mavromatidis – Drums

ABRIN – Facebook

Pestilence – Dysentery

Un nastro che è una pietra miliare: l’alba del death metal nell’Europa continentale.

Un po’ di storia. I primi dischi death metal escono in Florida tra il 1987 e il 1988.

L’Europa risponde con la concomitante scuola svedese (i cui primi album, a partire dallo storico Left Hand Path degli Entombed, escono dal 1990 in poi) e – cronologicamente addirittura prima, sia pure di poco – con i Pestilence di Consuming Impulse (Roadrunner, 1989). In precedenza, la band olandese aveva dato alle stampe il suo esordio (Malleus Maleficarum nel 1988, un concept sulla caccia alle streghe e sul libro tardo-quattrocentesco che l’aveva avviata). All’origine di tutto vi era un demo davvero di culto, Dysentery, inciso naturalmente su cassetta nel 1987 dai Pestilence: qui, con testi che anticipano gli Autopsy e i Defecation, assistiamo a una primissima commistione – che rimane pressoché unica sul continente europeo – di speed-thrash (nello stile degli Slayer di Show No Mercy) e del nuovo genere inventato dai Death, in America. I quattro pezzi di Dysentery sono stati successivamente ristampati, insieme al secondo demo Penance, su CD dalla Vic Records nell’ottobre del 2015.

Track list
1- Against the Innocent
2- Delirical Life
3- Traitor’s Gate
4- Throne of Death

Line up
Patrick Mameli – Vocals / Guitars / Bass
Randy Meinhard – Guitars
Marco Foddis – Drums

https://www.youtube.com/watch?v=6hJYy7L9akU

1987 – Autoprodotto

Toxikull – The Nightriser

Ogni tanto si ha bisogno anche di band come i Toxikull, una sorta di panacea per la vostra fame di heavy metal veloce e maledettamente classico.

I gloriosi anni ottanta, con tutta la loro carica ed ignoranza, tornano ad essere protagonisti con i portohesi Toxikull, quartetto dedito ad un heavy/speed metal che non rinuncia ad iniezioni thrash per un risultato che, tutto sommato, sa risvegliare il metallaro duro e puro che è dentro a chi gli anni d’oro li ha vissuti.

The Nightraiser è il secondo lavoro del gruppo, un ep di sei brani successore di Black Sheep, primo album licenziato nel 2016: una raccolta di mitragliate speed metal dai molti riferimenti all’heavy e al thrash, assolutamente old school, suoni perfettamente assecondati da Lex Thunder e compagni che, senza fronzoli scaricano cinque brani più la cover di Rocker, brano degli Hollywood Rose (che in seguito diventeranno i Guns N’Roses).
Rozzi e cattivi, i Toxikull suonano heavy metal, veloce e adrenalinico; con la sezione ritmica che produce scintille, le chitarre che urlano e i chorus da gridare con quanto fiato in corpo, mentre la title track dà via all’headbanging sfrenato e Surrender Or Die scatena l’inferno metallico, sorretta da un irresistibile riff e un ritornello assolutamente travolgente.
Con la band portoghese verrete trasportati indietro nel tempo, mentre il chiodo d’ordinanza vi apparirà invecchiato e più aderente rispetto al passato, con Satan Bloody Satan che vi ricorderà che il diavoletto suggeritore è ancora li che vi parla all’orecchio.
Ogni tanto si ha bisogno anche di band come i Toxikull, una sorta di panacea per la vostra fame di heavy metal veloce e maledettamente classico.

Tracklist
1.Nightraiser
2.Surrender Or Die
3.Hellmaster
4.Freedom To Kill
5.Satan Bloody Satan
6.Rocker

Line-up
Lex Thunder – Vocals, Guitars
Michael Blade – Guitars
Antim “The Vicking” – Vocals, Bass
The Lorke – Drums

TOXIKULL – Facebook

Inkvisitor – Dark Arts of Sanguine Rituals

Agli Inkvisitor non mancano certo attitudine ed impatto, ma a questo giro lasciano molto in qualità arrivando alla sufficienza solo per qualche buon assolo in crescendo, che porta alle classiche cavalcate tutto impatto ed ignoranza tipiche del genere.

Nella terra dei mille laghi si suona anche speed/thrash, uno dei generi per cui la definizione old school calza a pennello, forse il genere più conservatore e tradizionalista di tutta la scena metallica.

Ovvio che, per attirare, una band dedita a questo tipo di suono deve per forza avere dalla sua un talento compositivo fuori dal comune, virtù che agli Inkvisitor manca, o comunque non viene espressa al meglio su questo loro ultimo lavoro.
La band, attiva dal 2012 e falcidiata dai cambi di line up (inclusa la stessa formazione che ha registrato l’album) ha già, aveva esordito sulla lunga distanza tre anni fa con Doctrine of Damnation, album formato da dieci brani che non andavano più in la di uno speed metal d’assalto.
Questo secondo full length dal titolo Dark Arts of Sanguine Rituals risulta un ambizioso concept incentrato su una storia noir che ha come protagonista un detective alle prese con un misterioso caso di omicidio.
Il quintetto finlandese il genere lo sa suonare, su questo non ci piove, le ritmiche corrono veloci, i solos squarciano lo spartito e la voce particolarmente aggressiva varia la tonalità sfiorando addirittura una sorta di growl.
Il problema di Dark Arts of Sanguine Rituals è la mancanza di un paio di brani trascinanti e il poco appeal dei chorus, difficilmente memorizzabili in un contesto metallico che a tratti inciampa in qualche forzatura estrema.
Agli Inkvisitor non mancano certo attitudine ed impatto, ma a questo giro lasciano molto in qualità arrivando alla sufficienza solo per qualche buon assolo in crescendo, che porta alle classiche cavalcate tutto impatto ed ignoranza tipiche del genere.
Per concludere, Dark Arts of Sanguine Rituals è un lavoro per cui l’ascolto è consigliato ai soli fans dello speed metal, ma con riserva.

Tracklist
1.Dark Arts of Sanguine Rituals
2.Second Sacrament
3.A Shadow Suspended by Dust
4.The Confession
5.Mindslaver
6.Necromancy Cascade
7.Paradigm Shift
8.War Is Path to Victory
9.The Revenant (Redeemer)
10.Quagmire Twilight (Deleted Scene)

Line-up
Jesse Kämäräinen – Guitar
Tino Jäntti – Drums
Markus Martinmäki – Vocals
Sakari Soisalo – Bass
Mikko Saviranta – Guitar

INKVISITOR – Facebook

Militia – Regiments of Death

Nastro di una band forse minore, ma comunque molto interessante, del thrash americano della metà degli Eighties: tra l’altro, un caso rilevante di gruppo non proveniente dalla Bay Area.

Gli americani Militia sono tra quegli sfortunati ‘grandi fra i minori’ che non hanno mai raggiunto la possibilità di pubblicare un disco in vita.

Texani, si formarono ad Austin, nel 1984, e rimasero attivi solo sino al 1986 (per riformarsi poi molti anni dopo, come accadde a tanti dei loro colleghi). Il loro primo demo tape vide la luce nel 1985, con il titolo di Regiments of Death, ad opera di un manipolo di musicisti che avevano o avrebbero militato in gruppi più noti (Watchtower, SA Slayer, la band di Rhett Forrester dopo la sua uscita dai Riot). Il nastro conteneva solo tre pezzi, peraltro eccellenti ed altamente rappresentativi di quello che era l’heavy a stelle e a strisce, a metà degli anni Ottanta: per un verso ottimo thrash metal, in linea con le aree di San Francisco e Los Angeles; per un altro molte propensioni speed e segnatamente US metal, stile Metal Church-Vicious Rumors per intenderci. La cassetta, divenuta assai presto introvabile, è stata infine ristampata, su compact, dalla Rockadrome – nel 2008 soltanto, peraltro – con il titolo Released, insieme ad altro materiale di provenienza demo: cinque brani del 1986, due del 1984 e altrettanti dal vivo. La migliore occasione per una doverosa e utile operazione di recupero storiografico. Perché anche questa è archeologia musicale.

Track list
1. Metal Axe
2. Search For Steel
3. Regiments of Death

Line up
Mike Soliz – Vocals
Tony Smith – Guitars
Robert Willingham – Bass
Phil Acham – Drums

1985 – Autoprodotto