Infernal Angels – Ars Goetia

Ars Goetia, per il suo potenziale, è un album capace di travalicare i ristretti confini musicali del nostro paese, anche perché le più pesanti sfumature death che presenta potrebbero ampliare non poco la gamma dei suoi possibili fruitori.

Quarto album per gli Infernal Angels, band guidata ormai da quindici anni da Xes, uno dei migliori vocalist italiani in ambito black/death e che, non a caso, troviamo all’opera anche in altre due ottime realtà come Lilyum e Byblis.

Come il precedente Pestilentia, anche Ars Goetia è un album tematico, che incentra ognuno dei dieci brani su altrettanti demoni tra i 72 principali, quelli descritti nella prima parte della Piccola Chiave di Salomone, che dà appunto il titolo al lavoro.
Oltre ad essere una buona occasione per dare un ripasso o approfondire maggiormente il significato di alcuni nomi divenuti familiari a chi ascolta metal (ben pochi sono quelli che non sono diventati un ambito monicker), Ars Goetia è soprattutto un altro notevole lavoro fornito da questa band: se Pestilentia conservava maggiormente la sua impronta black, qui invece gli Infernal Angels vanno ad esplorare anche il versante death.
Non se a ciò possa aver contribuito il totale stravolgimento della line-up, che vede ora il sempre convincente Xes accompagnato da quattro nuovi musicisti, tra i quali sicuramente il più noto è il batterista Alex Venders, attivo soprattutto in sede live con diversi gruppi estremi della scena nazionale ma, assieme a lui, i bravi Apsychos, Nekroshadow (chitarre) e Hagen (basso) rendono oggi gli Infernal Angels una gruppo più che mai completo, pronto a mettere a ferro e fuoco i palchi anche senza ricorrere all’aiuto di altri musicisti in sede live.
Ars Goetia è un disco oscuro e dai suoni ottimali che gode anche di una certa varietà, ulteriormente conferita, oltre che da una scrittura tutt’altro che monolitica, anche dal ricorso alle voci di tre ospiti disseminate in altrettanti brani: Asmoday, con il contributo della voce inconfondibile di Mancan (Ecnephias), e Bael e Paimo, rispettivamente con le timbriche più harsh di Lorenzo Sassi (Frostmoon Eclipse) e Snarl (Black Faith), sono tutte tracce notevoli, anche se ritengo che i picchi dell’album vengano raggiunti nella trascinante Balam e nella più impressionante, per costruzione ed impatto, Belial (scelta opportunamente per essere accompagnata da un video).
Con questo ottimo lavoro gli Infernal Angels proseguono la loro opera di consolidamento di uno status già consistente, e l‘operazione non può che trarre giovamento dall’avere oggi alle spalle un’etichetta come la My Kingdom: Ars Goetia, per il suo potenziale, è un album capace di travalicare i ristretti confini musicali del nostro paese, anche perché le più pesanti sfumature death che presenta, a mio avviso, potrebbero ampliare non  poco la gamma dei suoi possibili fruitori facendolo entrare nell’orbita dei fans di Behemoth e co.

Tracklist:
1. Amdusias: The Sound Of Hell
2. Vine: Destroyer Of The World
3. Asmoday: The Impure Archangel
4. Purson: Matter And Spirit
5. Bael: The Fire Devour Their Flesh
6. Paimon: The Secret Of Mind
7. Balam: Under Light And Torment
8. Zagan: The Alchemist
9. Belial: The Deceiver
10. Beleth: Lord Of Chaos And Spirals

Line-up:
Xes: voice
Apsychos: guitars, synth
Nekroshadow: guitars
Hagen: bass
Venders: drums

INFERNAL ANGELS – Facebook

Frozen Hell – Path To Redemption

Path To Redemption è un prodotto curato nei minimi dettagli, un altro gioiellino made in Italy su cui puntare per i prossimi ascolti.

Il death metal melodico scandinavo, in particolare lo swedish sound nato a Goteborg nei primi anni novanta, sembra aver trovato nuova vita lungo il nostro stivale con ottime realtà alle quali si vanno ad aggiungere i Frozen Hell, band veneta al primo full length, successore dell’ep Rise, che viene con un mix nella conclusiva What We Were.

Del resto Path To Redemption è legato a quel lavoro sia nell’artwork che nella struttura dei brani che rispecchiano lo stile scandinavo, con la melodia nei solos in primo piano, un imponente lavoro ritmico ed atmosfere estreme che si avvicinano senza paura al black di stampo Dissection.
I brani sono tutti collegati tra loro come una lunghissima traccia di oltre un’ora, forse un po’ troppo, ma in ogni caso la scelta risulta coraggiosa, dimostrando che il quintetto è sicuro dei propri mezzi, in un’epoca in cui, specialmente nel metal estremo, difficilmente si superano i quaranta minuti di durata.
Masterizzato nella patria del genere da Jens Bogren (Katatonia, Amon Amarth, Soilwork e Kreator), Path To Redemption non ha nulla da invidiare alle opere uscite all’estero nell’ultimo periodo e, sinceramente, non è una novità, ad indicare lo stato di salute e gli importanti passi avanti fatti dalla scena metallica tricolore.
Dunque aspettatevi quello che un lavoro del genere sa abbondantemente regalare, ovvero furiose cavalcate, ritmiche devastanti, chitarre che, torturate a dovere, sprizzano melodie oscure e a tratti pregne di sana epicità metallica, ed quel tocco demoniaco che tramuta in metallo nero molte delle atmosfere dell’album.
I musicisti impegnati in questo tour de force metallico sono sul pezzo, ed il buon songwriting dona qualità ai brani, con più di un picco rinvenibile in Stainless, Everything Ends e Killing Temptation.
Path To Redemption è un prodotto curato nei minimi dettagli, un altro gioiellino made in Italy su cui puntare per i prossimi ascolti.

TRACKLIST
01.Stainless
02.Absently
03.Chaotic Hostilities
04.Lethal Syndrome
05.Demons Inside
06.Quiet Before The Storm
07.Everything Ends
08.Deathly Route
09.Weavers of fate
10.Until Daybreak
11.Unforgotten
12.Killing Temptation
13.The Last Torture
14.What We Were

LINE-UP
Tazzo – vocals
Zucc – guitars
Patrick – drums
Tech – bass

FROZEN HELL – Facebook

Deserted Fear – Dead Shores Rising

Produzione cristallina, songwriting buono quel tanto che basta per non far risultare l’album solo una attacco ai padiglioni auricolari e qualche ottima intuizione nel lavoro chitarristico sono le virtù maggiori di Dead Shores Rising.

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C’è una nuova generazione di band dedite al death metal old school che sta facendo fuoco e fiamme nell’underground estremo, ma ancora poche riescono ad arrivare alla firma con label storiche e di importanza assoluta come per esempio la Century Media.

In Germania si muovono da un po’ di anni gruppi notevoli come per esempio i Revel in Flesh, puntualmente recensiti sulle pagine di MetalEyes, e questi Deserted Fear, al terzo album e con alle spalle l’etichetta tedesca.
In comune con i loro colleghi, la band proveniente dalla Turingia ha nientemeno che Dan Swanö in consolle e questo è già garanzia di qualità ma, mentre il sound dei Revel In Flesh è completamente devoto al death metal scandinavo, il trio in questione lo allea con il death metal guerresco dei Bolt Thrower così da uscire con una bordata estrema niente male che valorizza il death metal da battaglia con solos melodici.
Produzione cristallina, songwriting buono quel tanto che basta per non far risultare l’album solo una attacco ai padiglioni auricolari e qualche ottima intuizione nel lavoro chitarristico, che si scontra con l’assalto della sezione ritmica, sono le virtù maggiori di Dead Shores Rising che, come se non bastasse è accompagnato da una copertina che più old school di così non si può.
In una decina d’anni dunque , il gruppo ha dato alle stampe tre lavori  (i primi due sono My Empire del 2007 e Kingdom Of Worms uscito due anni fa), ha messo la firma sul contratto con la famosa label e con quest’ultimo album attacca alla gola i fans del death metal classico con dodici brani più intro e l’apparizione di Tomas Lindberg degli storici At The Gates nella bonus track The Path Of Sorrow.
Le ritmiche rimangono stabili per tutto l’album, variando pochissimo, e questo è l’unico difetto di Dead Shores Rising, per il resto si tratta di un ottimo e devastante lavoro estremo, senza compromessi, ben confezionato e curato nei minimi dettagli.

TRACKLIST
01. Intro
02. The Fall Of Leaden Skies
03. The Edge Of Insanity
04. Open Their Gates
05. Corrosion Of Souls
06. Interlude
07. Towards Humanity
08. The Carnage
09. Face Our Destiny
10. Till The Last Drop
11. Carry On
Bonus tracks:
12. A Morbid Vision
13. The Path Of Sorrow

LINE-UP
Manuel Glatter – Vocals, Guitar
Fabian Hildebrandt – Guitar
Simon Mengs – Drums

DESERTED FEAR – Facebook

Stillborn Slave – 7 Ways To Die

Ennesimo gran disco di metal dalla Francia, gran bel suono potente e pieno, e si aspetta già la prossima puntata.

Disco d’esordio per questo gruppo francese di Brive La Gallarde che ha molte influenze ed un bel suono granitico, con un gran groove.

Gli Stillborn Slave hanno rielaborato secondo il loro gusto le nuove tendenze del metal, includendo anche un tocco hardcore. La produzione molto accurata riesce a far risaltare un suono che è moderno e dinamico, ma non perde le caratteristiche di cattiveria e potenza, ha risvolti metalcore, ma è maggiormente hardcore, perché la fiamma che brucia all’interno del gruppo è questa, con una importante attenzione al death metal, come le due voci in clear ed in growl, che giovano molto al loro suono. Sette pezzi che faranno la felicità degli amanti delle nuove sonorità metalliche, ma che piacerà molto anche a chi è più grande. Gli Stillborn Slave sono un gruppo completo e potente, molto tecnico e versatile, nato con l’intenzione di fare musica potente e ci riescono benissimo. Ennesimo gran disco di metal dalla Francia, gran bel suono potente e pieno, e si aspetta già la prossima puntata.

TRACKLIST
1.Two Worlds
2.Fiends
3.Fallen Empire
4.The End Of Everything
5.I Spit On Your Grave 00:30
6.When Sheep Become Lion
7.You Stand Alone

LINE-UP
Kronar : Vocals
Jeff : Bass Guitar
James : Drums
Nicolas : Rythm And Lead Guitar
Romain: Rythm And Lead Guitar & Back Vocal

STILLBORN – Facebook

From the Shores – Of Apathy

Una battaglia infernale tra cielo, terra e acqua, molto swedish non solo nei riff ma nella sua struttura, tra death metal old school e black melodico.

Una band italiana alla corte della Metal Scrap, label ucraina della quale MetalEyes ha avuto il piacere di occuparsi, parlando delle sue band, di buon livello medio e dedite ai generi più disparati.

Il sound dei From The Shores è un death metal feroce, in cui non mancano soluzioni vicine al black ed ottimi spunti melodici: il quintetto veneto, nato nel 2008 e con solo un ep ed un singolo alle spalle, di ormai cinque anni fa, è al primo lavoro sulla lunga distanza.
Of Apathy è furente, suonato con un’urgenza tipica del thrash metal , ma oscuro e devastante e dalle chiare influenze death/black scandinave.
le melodie, molto importanti nell’economia dei brani sono lasciate a solos di ottima fattura, che non scendono sotto il limite di una velocità disumana, ma mantengono un ottimo appeal e rendono i brani godibili nella loro furia estrema, una vera battaglia infernale tra cielo terra e acqua, molto Swedish, non solo nei riff ma nella struttura, tra death metal old school e black melodico.
Quasi quaranta minuti di metal estremo di matrice nordeuropea (Dissection, At The Gates), con il growl deciso e perfetto di Luca Cassone, le ritmiche infernali della coppia Nicolò ‘Theo’ Del Zotto (basso) e Nicolò Sambo (batteria) e l’ottima vena dei due chitarristi Leonardo Manente e Giorgio Dorigo, davvero bravi nel mantenere un approccio melodico alle sfuriate estreme del loro strumento come in Heaven’s Dark Harbinger, Incest of the Wretched e Hourglass.
Un esordio più che positivo per la band veneta ed ottimo colpo della Metal Scrap: Of Apathy risulta un lavoro soddisfacente ed un nuovo e solido punto di partenza per i From The Shores.

TRACKLIST
1. This Ain’t Another Feast For Crows
2. Heaven’s Dark Harbinger
3. The Constellation Thirst
4. To Rest In Arms Of Perfection
5. Incest Of The Wretched
6. Primal
7. Opus XIII
8. Hourglass
9. I, The Firebreather
10. Weakness Of The Flesh

LINE-UP
Luca Cassone – vocals
Nicolò ‘Theo’ Del Zotto – bass & vocals
Leonardo Manente – guitar
Giorgio Dorigo – guitar
Nicolò Sambo – drums

FROM THE SHORES – Facebook

Acranius – Reign Of Terror

Un buon lavoro, consigliato sia agli amanti del genere sia a chi si aggira per il mondo estremo con totale naturalezza.

Le tribù degli Acranius hanno invaso la foresta e hanno massacrato ogni essere vivente che nel sottobosco vi dimorava, hanno distrutto tutto, mentre gli abitanti sono stati uccisi tra atroci tormenti, impalati, bruciati e seviziati dagli abominevoli mostri.

Benvenuti nel mondo degli Acranius, brutal death metal band tedesca, attiva dal 2009 e con una già buona discografia alle spalle che vanta un ep e tre full length. compreso questo ultimo guerresco e brutale Reign of Terror.
Il brutal death metal del quartetto di Rostock risulta alimentato da ottime ritmiche hardcore che si alternano ai blast beat e ai rallentamenti di disumana potenza, rendendo il lavoro vario e di ottima presa.
La devastante atmosfera da massacro che aleggia sui brani mantiene, insieme al growl da orco sadico del buon Kevin, quella brutalità insita nel sound del gruppo ma che viene addomesticata dalle ottime ritmiche chitarristiche di stampo hardcore, che sulla maggior parte dei brani fa la differenza.
Quando poi sono i mid tempo a prendere possesso della trama musicale del disco, sono dolori, schiacciati da tonnellate di note pregne di estremismo al limite dell’umano.
Si passa così da brani di genere come Kingmaker, a rallentamenti mostruosi che debordano da Return To Violence, a tracce che lasciano trasparire la vena hardcore del gruppo come Built On Tradition.
Il resto continua su questa falsariga, rendendo l’ascolto di Reign Of Terror alquanto interessante e sicuramente non noioso.
Un buon lavoro, consigliato sia agli amanti del genere sia a chi si aggira per il mondo estremo con totale naturalezza.

TRACKLIST
1.Born a King
2.Kingmaker
3.Return to Violence
4.Outlaw
5.Built on Tradition
6.The True Reign
7.Warpath
8.Battle Scars
9.The Executioner
10.Died a Liar

LINE-UP
Lars Torlopp – Bass
Björn Frommberger – Guitars
Rob Hermann Arndt – Drums
Kevin Petersen – Vocals

ACRANIUS – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Æðra – Perseiderna

Un lavoro stupefacente dal primo all’ultimo secondo, grazie ad una proprietà di scrittura tipica dei fuoriclasse,, e in grado di fondere con naturalezza disarmante black e death, nelle loro versioni atmosferiche, finendo per creare l’ibrido ideale che ogni appassionato vorrebbe creare a tavolino.

Come glielo (ri)spiego, a chi non ascolta da anni un disco nuovo di una band sconosciuta, che là fuori ci sono tali e tante magnifiche realtà musicali che non basterebbe una vita intera per poter godere di ogni singola nota che viene prodotta.

Se qualcuno pensa che stia esagerando cominci a buttare un orecchio (possibilmente aperto, dopo aver fatto altrettanto con la mente) a questo gioiello di metal estremo melodico ed atmosferico marchiato Æðra.
Di questa one man band statunitense, dietro la quale c’è il talento di Erik Lagerlöf, se ne sentiva parlare bene già da un po’, fin dall’uscita del primo demo autointitolato e del full length d’esordio The Evening Red, risalente al 2011.
Tempo ne è trascorso parecchio da allora, ma Erik si fa perdonare con un lavoro stupefacente dal primo all’ultimo secondo, grazie ad una proprietà di scrittura tipica dei fuoriclasse, in grado di fondere con naturalezza disarmante black e death, nelle loro versioni atmosferiche, finendo per creare l’ibrido ideale che ogni appassionato vorrebbe creare a tavolino: un entità capace di esprimere l’impeto epico degli Amon Amarth, le trascinanti melodie dei migliori Dark Tranquillity e quel pizzico di solenne ed oscura glacialità delle band americane (Agalloch e Wolves In The Throne Room).
Perseiderna è tutto questo, e se tale affermazione può apparire eccessiva, prego gli astanti di accomodarsi all’ascolto di questo disco esaltante per freschezza ed intensità: quale ulteriore garanzia c’è il nome dell’etichetta che ha licenziato il lavoro, la Naturmacht, realtà piccola che non inflaziona certo il mercato con le sue produzioni ma che, quando propone una band o un progetto, lo fa sempre a ragion veduta.
Erik, il cui cognome tradisce in maniera evidente radici nordeuropee, si rivela anche un ottimo chitarrista, infarcendo di gustosi assoli i brani di Perseiderna, e non se la cava male nemmeno con la voce, anche se il suo screaming è il piatto meno prelibato della casa (meglio, allora, i rari passaggi in growl); in generale, comunque, funziona tutto alla perfezione, anche quando il musicista dell’Illinois si lancia in un sempre rischioso strumentale pianistico (The Shoreline’s A Starting Point …) o quando decide di chiudere l’album con una traccia di oltre un quarto d’ora di durata, ambiziosa per intento e ricca di variazioni ritmica senza far mai scemare la tensione compositiva ed esecutiva, chiudendo così idealmente il cerchio aperto con la spettacolare doppietta iniziale (la title track seguita da The Rainflower Crest).
Al di là dei prodromi emersi in passato, è innegabile che questo lavoro costituisca una sorpresa dai riflessi abbaglianti mentre, al contrario, non stupisce il fatto che ciò provenga dal nuovo mondo piuttosto che dalla vecchia Europa, patria di queste sonorità, perché proprio l’essere al di fuori di una scena dagli sviluppi piuttosto codificati può consentire di dare sfogo ad una creatività frutto di influenze immagazzinate e rielaborate con mente fresca e libera da condizionamenti di sorta.
Peccato solo che quest’album sia uscito proprio nella seconda metà di dicembre, restando inevitabilmente fuori dalle classifiche del 2016, immaginando che molti, come me, lo avranno ascoltato per la prima volta solo nell’anno nuovo, ma sinceramente è solo un problema per chi tiene alle statistiche, di certo non per quelli che ricercano come l’ossigeno musica buona e, soprattutto, inedita.

Tracklist:
1 Perseiderna
2 The Rainflower Crest
3 Tracing Luna’s Path
4 Alpenglow
5 Svartån
6 The Shoreline’s A Starting Point…
7 …For The Long Road Home

Line-up:
Erik Lagerlöf

Æðra – Facebook

Sinatras – Drowned

Il gruppo fondato da Emanuele Zilio, composto da musicisti dalla provata esperienza, non solo conferma quanto di buono era stato fatto con il precedente lavoro ma, passando al livello successivo, offre agli amanti del genere un gioiello di death metal contaminato da rock ‘n’ roll.

Il 2017 si annuncia come anno di ritorni e conferme nella scena underground nazionale, le prime avvisaglie arrivate sul finire dello scorso anno e un inizio scoppiettante in questi primi giorni del nuovo, fanno pensare ad un’altra ottima annata per il metal tricolore.

Puntuale, la famiglia Logic Il Logic/Atomic Stuff immette sul mercato il primo lavoro sulla lunga distanza dei Sinatras, gruppo vicentino apparso sulle pagine di Iyezine nel 2015, quando il primo ep di sei brani (Six Sexy Songs) diede il buongiorno agli amanti del death ‘n’ roll.
Il gruppo fondato da Emanuele Zilio, composto da musicisti dalla provata esperienza, non solo conferma quanto di buono era stato fatto con il precedente lavoro ma, passando al livello successivo, offre agli amanti del genere un gioiello di death metal contaminato da rock ‘n’ roll, scariche adrenaliniche di groove e leggermente stonerizzato, quel tanto che basta per sfondare crani e non solo a chi con queste sonorità si sazia abitualmente.
Drowned, infatti ha nel songwriting l’arma in più per lasciare a terra decine di cadaveri travolti dall’impatto irresistibile dei brani in scaletta, che non scendono mai neppure per sbaglio sotto l’eccellenza.
Come scritto in sede di recensione dell’ep, il sound dei nostri risulta un mix tra gli Entombed dello storico Wolverine Blues ed i Pantera, il tutto centrifugato a pazza velocità con dosi letali di groove ed una predisposizione per il rock’n’roll che, per impatto ed attitudine, non possono che far pensare al compianto Lemmy ed i suoi Motorhead.
La title track parte come un razzo Acme alla ricerca di Beep Beep e l’esplosione di note continua per tutta la durata del disco, con 24/7 studiata per fare male in sede live, Something to Hate che sfodera ritmiche da infarto, e la pazzesca cover di You Spin Me Round dei Dead Or Alive, qui chiamata You Spin Me Round (Like A Record), la velocissima ed irriverente Miss Anthropy e la conclusiva Spiral Hell, ma è tutto l’album, come detto, che si rivela nel genere un lavoro perfetto.
Nella scena attuale l’unica band che mi sento di paragonare a questi fenomenali Sinatras sono i genovesi Killers Lodge, a formare una coppia d’assi di un modo di fare musica estrema che viene sicuramente enfatizzata dal talento dei musicisti coinvolti.

TRACKLIST
1. Drowned
2. 24/7
3. Cockroach
4. Something To Hate
5. Flow
6. You Spin Me Round) (Like A Record
7. Los 43
8. Miss Anthropy
9. Back In Frank
10. Blind Fury
11. Spiral Hell

LINE-UP
Fla Sinatra – Vocals
Lele Sinatra – Guitars
Minkio Sinatra – Guitars
Lispio Sinatra – Bass
Pisto Sinatra – Drums

SINATRAS – Facebook

Cerebral Fix – Disaster Of Reality

Si torna indietro di molti anni con i Cerebral Fix, tornati sul mercato tramite la Xtreem con questo nuovo lavoro fatto di death scarno e dallo spirito hardcore.

Si torna indietro di molti anni con i Cerebral Fix, tornati sul mercato tramite la Xtreem con questo nuovo lavoro fatto di death scarno e dallo spirito hardcore.

Il gruppo britannico fece parte di quella scena che, a cavallo tra il decennio ottantiano e quello successivo, imperversò nel mondo metallico estremo capitanato da nomi storici come Bolt Thrower e Napalm Death.
Pur essendo meno famosi dei loro compagni di merende a base di musica violenta e senza compromessi, il loro approccio si differenziava non poco, con un’anima crossover che aleggiava sulla musica tra potenza death metal ed impatto hardcore.
Una discografia composta da lavori minori ed una manciata di full length, tutti licenziati tra il 1988 ed il 1992, poi un lungo silenzio fino ad un paio di anni fa e l’uscita di uno split in compagnia dei Selfless, era l’eredità lasciata dallo storico gruppo, fino ad oggi e a questo Disaster of Reality.
Della formazione storica sono rimasti in tre: Gregg Fellows e Tony Warburton alle chitarre e Andy Baker alle pelli, raggiunti da altri tre energumeni che corrispondono a Neil Hadden (voce), Chris Hatton (chitarra) e Nigel Joiner al basso, così da formare un combo di sei musicisti estremi con tanta voglia di spaccare a modo loro, cioè senza compromessi, assolutamente fuori da trend e modus operandi prestabiliti e con un’attitudine old school quasi commovente.
Disaster Of Reality è un lavoro basato tutto sull’impatto, con una serie di brani che risultano pugni nello stomaco, essenziali, violenti e in presa diretta.
Quello che esce dagli strumenti dei Cerebral Fix è ciò che sentite debordare dalle vostre casse, non c’è trucco né inganno, solo metal estremo che alterna momenti death oriented a sfuriate hardcore (Skate Fear) e vanno a comporre un album da cantina fumosa, sperduta in qualche sobborgo della città britannica, tenendo fede alla sua natura di lavoro registrato in presa diretta.
Disaster Of Reality ha dalla sua l’esperienza dei musicisti coinvolti ed un’anima vera e per questo va rispettato: a molti forse apparirà come il solito album di una vecchia band dimenticata dal tempo, ma sono sicuro là fuori ci sia più d’uno che un lavoro del genere lo aspettava da tempo.

TRACKLIST
01. Justify
02. Mosh Injury
03. Crucified World
04. Realities of War
05. Skate Fear
06. Reality Pill
07. Dear Mother Earth
08. Dead Cities
09. Never Say Never Again
10. Felted Cross
11. Inside My Guts
12. (Untitled Mystery Track)

LINE-UP
Neil Hadden – Vocals
Chris Hatton – Guitars
Gregg Fellows – Guitars
Tony Warburton – Guitars
Nigel Joiner – Bass
Andy Baker – Drums

CEREBRAL FIX – Facebook

Ilemauzar – The Ascension

Un buon esempio di black metal, dai pochi ma utili rimandi al death, nelle cui vene scorre nero sangue scandinavo con gli ultimi Satyricon a fare da riferimento per il truce quartetto di Singapore.

Tra gli angoli bui di una Singapore glaciale, come il punto più remoto di una Scandinavia oscura e demoniaca, si aggira da una decina d’anni una creatura blasfema di nome Ilemauzar , quartetto di blacksters arrivato tramite la Transcending Obscurity al meritato debutto sulla lunga distanza.

Nato infatti nel 1996, il gruppo ha soli due demo nella propria discografia e giunge quindi con molta calma al full length ma, visti i risultati, direi che senz’altro il trascorrere del tempo non è stato un problema.
The Ascension infatti, risulta un buon esempio di black metal, dai pochi ma utili rimandi al death, nelle cui vene scorre nero sangue scandinavo con gli ultimi Satyricon a fare da riferimento per il truce quartetto di Singapore.
Mezz’ora di ritmiche che alternano veloci sfuriate a mid tempo scarni, richiamanti il sound del famoso gruppo norvegese, specialmente quello orchestrato nelle due opere più controverse del combo, Volcano e Now, Diabolical.
Tra oscurità e malvagità in musica, The Ascension segue così le coordinate del genere, con una produzione all’altezza, l’ottimo lavoro fatto dietro al microfono da Bloodcurse ed un sound che penetra nell’anima, senza bisogno di inutili orpelli, freddo e malvagio come l’ anima di Lucifero, estremo nelle sue atmosfere che mantengono un distacco ed una oscurità da brividi.
Ovviamente il sound risulta derivativo, ma se ci si concentra sulla musica l’album sa regalare attimi di black metal a tratti marziale  e sopra la media, con almeno un paio di brani notevoli come Temporis Obscuri e la conclusiva Reclamation.
Se siete amanti di questo tipo di black metal ed in particolare della musica dello storico duo norvegese, The Ascension è l’album che fa per voi.

TRACKLIST
1.Into the Shadow Realm (Adrian Von Ziegler)
2.The Dissolute Asumption
3.Ode to Apostasy
4.Temporis Obscuri
5.Nectar of Insanity
6.Relinquishing the Faith
7.Doctrine 68th
8.The Ascension of Bloodcurse
9.Reclamation

LINE-UP
Nivlek – Guitars
Asmodeus – Guitars
Maelstrom – Drums
Bloodcurse – Vocals

ILEMAUZAR – Facebook

Diatonic – I Am The One

I Am The One è consigliato a chi stravede per il melodic death, con Antman che si conferma un ottimo musicista.

Diatonic è il monicker scelto dal polistrumentista svedese Joakim Antman (Overtorture, The Ugly) per la sua creatura solista, un mostro che si nutre di death metal scandinavo, tra tradizione ed elementi moderni, elementi che si evincono in alcune ritmiche sostenute da un buon groove, che rendono il suono avvolgente, mentre il resto del sound viaggia sui binari dello swedish death.

Il secondo lavoro sulla lunga distanza per il musicista svedese, a distanza di un anno dal precedente Hidden Pieces, fornisce il segno di una certa creatività, almeno in questo periodo, per Antman, confermata da un lotto di brani molto ben curato, vari nelle ritmiche e solidi come un incudine.
Derivativo, ma ottimamente prodotto e alquanto agguerrito, I Am The One esce vincitore dall’ascolto per via dei suoi solos alquanto melodici, mentre la tensione rimane alta per tutta la sua durata: trentasette minuti di death metal, a tratti sfiorato da una vena classica che emerge dal lavoro della sei corde, sempre melodica ma tagliente, cangiante nelle sue atmosfere che passano con disinvoltura da repentine accelerazioni ad attimi di atmosferiche ed oscure parti dove un’anima prog prende il sopravvento.
Sono attimi di lucida follia espressiva, poi si riparte in quarta per toccare vette estreme destabilizzanti, con tracce che abbinano ferocia ed intimista oscurità.
Il growl è cattivo e tormentato, i brani che alzano il livello qualitativo sono quelli che più alternano gli elementi di cui si caratterizza la musica di Antman (notevoli a mio parere Hypocrite, la title track e le reminiscenze industrial della conclusiva Deceived) e che fanno di I Am The One un buon lavoro di death metal melodico moderno.
Buona la seconda dunque: il lavoro è consigliato a chi stravede per il melodic death, con Antman che si conferma un ottimo musicista.

TRACKLIST
1.The Eyes
2.Kiss of Death
3.Replace the Numbers
4.Once More
5.Hypocrite
6.Game Piece
7.Fading
8.I Am the One
9.Deceived

LINE-UP
Joakim Antman – All instruments, Vocals

DIATONIC – Facebook

Maze Of Sothoth – Soul Demise

Un album che merita la massima attenzione da chi si dichiara un fan del metal estremo.

Un’altra perla estrema made in Italy è pronta a risplendere nell’underground metallico e noi di MetalEyes non possiamo che farvi partecipi di cotanta violenza sonora.

Questa volta si tratta di death metal old school, tecnicamente ineccepibile ed esaltante nel suo ripercorrere le strade tracciate nel profondo sentiero degli inferi da Morbid Angel ed i loro seguaci.
Il gruppo protagonista di questi quaranta minuti circa di death metal d’alta scuola sono i bergamaschi Maze Of Sothoth, giovane quartetto nato nel 2009 dalla mente diabolica del chitarrista Fabio Marasco (ex Hiss Like The Damned).
Dopo il primo demo Guardian of the Gate, uscito nel 2011, ed uno split in compagnia di un nugolo di band estreme gravitanti nell’underground più oscuro (Molto Male Fest Vol.1, uscito lo scorso anno), la band licenzia il suo primo lavoro su lunga distanza tramite la Everlasting Spew Records, questo mastodontico Soul Demise che ha sicuramente nei Morbid Angel la sua principale fonte di ispirazione, ma che non manca di correre più veloce, trovando la sua via tramite scosse telluriche alla Nile e qualche ritmica slayerana.
L’atmosfera è di soffocante oscurità, anche nelle parti più violente la coltre di nebbia, dove vivono e si riproducono orrendi demoni, non lascia respiro: la velocità, molto spesso ai limiti, lascia talvolta spazio a mid tempo pesantissimi, mentre le chitarre urlano dolore sotto le torture di Marasco e di Riccardo Rubini.
La formazione viene completata dal maremoto ritmico composto da Cristiano Marchesi che, oltre a vomitare nefandezze al microfono si occupa del basso, e da Matteo Moioli alla batteria: Soul Demise si rivela così un esempio idelae di death metal old school, oscuro e mostruoso, da concedersi in tutta la sua estrema potenza senza perdere neanche una delle bordate che Lies, Multiple Eyes, l’accoppiata distruttiva The Dark Passenger – At The Mountain Of Madness, e  la conclusiva Divine Sacrifice sanno sparare.
Un album che merita la massima attenzione da chi si dichiara un fan del metal estremo.

TRACKLIST
1.Cthulhu’s Calling
2.Lies
3.Seed of Hatred
4.Multiple Eyes
5.The Outsider
6.The Dark Passenger
7.At the Mountain of Madness
8.Blind
9.Azzaihg’nimehc
10.Divine Sacrifice

LINE-UP
Fabio Marasco – Guitars, Synthesizers
Matteo Moioli – Drums
Cristiano Marchesi – Vocals, Bass
Riccardo Rubini – Guitars

MAZE OF SOTHOTH – Facebook

1914- Eschatology of War/Für Kaiser, Volk und Vaterland

Dischi molto belli, dove vengono scandagliate le assurdità della guerra, ma soprattutto le tante assurdità della nostra vita, attraverso una ricerca storica e musicale imponente e molto affascinante.

Ristampa per l’ep e l’album di debutto per questo gruppo ucraino che, con Eschatology Of War, pubblica uno dei migliori concept album mai fatti sulla prima guerra mondiale.

Dalle cariche degli Arditi italiani, ai bombardamenti degli Zeppelin passando per l’Impero Ottomano, questo disco offre una visione differente e molto aderente di ciò che è stato uno dei peggiori massacri della storia. Dietro alla patina retrò ed elegante della propaganda, a milioni cadevano in fronti davvero estremi, a causa di battaglie che si risolvevano in corpi a corpi ancestrali, o uccisi dal gas o travolti dalle bombe. In Europa quasi ogni famiglia contava un reduce o un caduto al fronte, io stesso avevo un parente che visse fino alla morte con una pallottola nel torace, ricordo di una battaglia in Trentino. I 1914 fanno un genere tutto loro, che si situa tra il black ed il death, ma li supera entrambi, andando oltre il war metal, per entrare direttamente nei nostri cuori e nelle nostre menti. Con i 1914 siamo direttamente nel campo di battaglia, con il loro fantastico metal che spazia anche nel doom o nello sludge, a seconda dei momenti ma soprattutto delle esigenze emotive. Insieme a questa ristrampa troviamo anche il primo ep del gruppo, ormai introvabile, che dà una cifra precisa della loro bravura e del loro particolare stile, annoverando anche una cover molto molto particolare di Something On The Way dei Nirvana. Dischi molto belli, dove vengono scandagliate le assurdità della guerra, ma soprattutto le tante assurdità della nostra vita, attraverso una ricerca storica e musicale imponente e molto affascinante. Se andate nella loro pagina facebook troverete materiale molto interessante sulla prima guerra mondiale.

TRACKLIST
CD1: “Eschatology of war”
1. War In
2. Gasmask
3. Frozen in Trenches (Christmas Truce)
4. Verdun
5. Caught in the Crossfire
6. Zeppelin Raids
7. Ottoman Rise
8. Arditi
9. Battlefield
10. War Out

CD2: “Für Kaiser, Volk und Vaterland!”
1. An Meine Völker! (intro)
2. Karpathenschlacht (Dezember 1914 – März 1915)
3. 8 × 50 mm. Repetiergewehr M.95
4. Gas mask (Eastern front rmx by Solar Owl)

Trench mud outtakes
5. Caught in the Crossfire (trench demo 2014)
6. Frozen in Trenches (trench demo 2014)
7. Zeppelin Raids (trench demo 2014)
8. Zeppelin Raids (Western front rmx by ✞ λ₴MѺÐ∆I ✞)
9. Something in the way (Nirvana cover, Schlacht an der Somme version)
10. Preparing for the Next War (outro)

1914 – Facebook

The Descent – The Coven Of Rats

The Coven Of Rats si compone di undici brani devoti al death metal melodico, con un uso parsimonioso ma ben congegnato di elementi thrash e death vecchia scuola.

Negli ultimi tempi il death metal melodico dai rimandi alla scena scandinava ha regalato una manciata di opere sopra la media, in barba ai pruriti commerciali di qualche gruppo storico (In Flames?) e giunti da paesi lontani tra loro.

Ai Path Of Sorrow dall’Italia, agli Sky Scrypt dalla Russia si sono aggiunti i The Descent dalla Spagna, tre modi diversi di suonare il genere, ma tutti ben saldi nella tradizione nord europea.
The Coven Of Rats è il secondo lavoro della band proveniente dai Paesi Baschi (Bilbao); il primo lavoro, Dimensional Matters, venne licenziato dal combo nel 2012, dopo sei anni dall’inizio delle ostilità ed il suo successore conferma i The Descent come ottimi interpreti di queste sonorità, in un underground che giustamente se ne fotte di trend e mode e tira dritto per la sua strada, dando spazio a quei gruppi che se non brillano per originalità, si destreggiano con la materia alla grande.
The Coven Of Rats si compone di undici brani devoti al death metal melodico, con un uso parsimonioso ma ben congegnato di elementi thrash e death vecchia scuola.
Il quintetto punta dritto sull’impatto, aiutato da una discreta tecnica ed un ottimo cantante che ricorda l’Anders Fridèn dei tempi migliori, tra growl e scream era Colony/Clayman ed un sound strutturato per non fare prigionieri.
Qualche spruzzata di synth per rendere ancora più melodico il loro metallo estremo, ed aiutare così le chitarre a travolgerci di assoli che dal metal classico prendono lo spirito e una valanga di ritmiche che dal thrash prendono forza; in mezzo, soluzioni armoniche già sentite (chiariamolo) ma assolutamente perfette, almeno in questo contesto.
Prodotto benissimo e licenziato dalla Suspiria Records, l’album nel suo insieme riesce a donare al fan di queste sonorità una quarantina di minuti abbondanti di tutti gli stilemi del genere e, se mi permettete, è tanta roba.
In Flames, The Haunted, At The Gates, Dimension Zero, qualche accenno ai Dark Tranquillity nelle parti più oscure, sono le influenze e le ispirazioni che impreziosiscono le varie The Warrior Within, la title track, At The Foot Of The Monolith e la splendida Overcome, brano che riassume perfettamente il sound di cui si nutre questo lavoro, mandando i The Descent a giocarsela con le migliori band che ripropongono il genere in questo nuovo millennio; per il fans del death metal melodico un album irrinunciabile.

TRACKLIST
1.Alpha
2.The Warrior Within
3.Falling from Grave
4.New Millennium Spawn
5.The Coven of Rats
6.At the Foot of the Monolith
7.Dead City Gospel
8.Ten Times Stronger
9.Overcome
10.Seeds of Madness
11.Bitter Game
12.Omega

LINE-UP
Charlie – Vocals
Ander – Guitar
Borja “Taj” – Guitar
Iñigo – Bass
Txamo – Drums

THE DESCENT – Facebook

Pentacle – Ancient Death (reissue)

Death metal scarno, assolutamente old school anche se un po’ scolastico nelle soluzioni e nell’approccio, che classifica questo lavoro tra le opere ad esclusivo uso e riscoperta per i soli amanti del genere.

Un’altra ristampa da parte della label olandese Vic Records, questa volta riguardante una band ancora attiva, i Pentacle.

Attivo dall’alba dei primi anni novanta, il gruppo di Bladel può vantare una discografia di tutto rispetto, con solo due lavori sulla lunga distanza (…Rides the Moonstorm del 1998 e Under the Black Cross licenziato nel 2005) ma colmata da una serie infinita di ep e split, con la compilation The Fifth Moon … Beyond and Back del 2014 a fungere da ultimo canto del pentacolo, almeno fino ad ora.
Ancient Death è un ep uscito nel 2001 e risulta una mezz’ora di death metal old school che richiama più la scena americana che quella europea, un macigno di metal estremo che avvicina la band a quanto fatto dai loro colleghi Obituary, specialmente nelle prime opere (Slowly We Rot, Cause Of Death).
Growl molto simile a quello di John Tardy e parti cadenzate suonate in obitorio ed alternate a veloci ripartenze dalle ritmiche black: il sound del gruppo sta tutto qui, racchiuso in uno tsunami di musica estrema vecchia scuola.
Picchiano duro i Pentacle, anche se sarebbe stata d’aiuto, per chi non conosce il gruppo, una ristampa più eloquente, magari con uno dei due album fin qui pubblicati.
Death metal scarno, assolutamente old school anche se un po’ scolastico nelle soluzioni e nell’approccio, che classifica questo lavoro tra le opere ad esclusivo uso e riscoperta per i soli amanti del genere.
Da rilevare solo le cover di due classici del metal estremo: Legion Of Doom (Mantas) e Witch Of Hell (Death).

TRACKLIST
1.Prophet Of Perdition
2.Descending Of The Soul
3.Legion Of Doom
4.Immolated In Flames
5.Witch Of Hell
6.Walking Upon Damnation’s Land
7.Soul’s Blood

LINE-UP
Mike Verhoeven – Guitars
Marc Nelissen – Drums
Wannes Gubbels – Vocals, Bass

PENTACLE – Facebook

Golden Rusk – What Will Become Of Us?

Molti cambi di tempo e di atmosfere sonore rendono questo disco una piccola perla da scoprire canzone dopo canzone, addentrandosi nei territori sconosciuti che Maher ha approntato per noi.

La musica ha moltissime facce, tante quante le infinite sfaccettature dell’animo e del cervello umano.

Può essere una fuga, o un ristabilire pienamente ciò che siamo per davvero. Per Maher, musicista siracusano potrebbe essere entrambe le cose. Come molti di noi, non moltissimi vista l’attuale livello di disoccupazione, Maher lavora in un ufficio, spendendo ore per qualcun altro, ma poi con la musica riesce ad esprimere quello che porta dentro: Golden Rusk è un progetto death metal in cui lui compone e suona tutto. In verità definirlo death metal è alquanto riduttivo, poiché si va ben oltre, con ritmiche ed atmosfere industrial e sfuriate black metal.
Molti cambi di tempo e di atmosfere sonore rendono questo disco una piccola perla da scoprire canzone dopo canzone, addentrandosi nei territori sconosciuti che Maher ha approntato per noi: pensate ad un sound in cui il death metal degli Obituary incontra la pazzia industrial dei Ministry e la ferocia black dei Mayhem, ed avrete più o meno un’idea di cosà possano contenere brani come No Blame No Gain, As It Should Be e Life No More.
Dietro e dentro questo esordio vi è un gran lavoro, una fortissima passione ed una non comune capacità di fare musica che offre quale risultato un album dalla natura estrema, vario e perfettamente in grado di soddisfare più palati. Il metal underground si conferma ancora una volta una scoperta continua di musicisti incredibili e molto dotati, e soprattutto di metal al cento per cento.

TRACKLIST
1. Grave of Dawn
2. What Will Become of Us?
3. No Blame No Gain
4. Painful Demise
5. As It Should Be
6. Show Me Your Hate
7. Black Aura
8. Life No More
9. Take off the Mask (Alternative Mix)
10. No Blame No Gain (Demo Version)

LINE-UP
Maher – All instruments, vocals and sampling

GOLDEN RUSK – Facebook

Church of Disgust – Veneration of Filth

Il sound sprigiona horror e malignità da tutti i pori, e i testi incentrati per lo più sulle opere di H.P. Lovecraft fanno il resto.

Dal caldo opprimente di un Texas trasformato nell’inferno sulla terra, arrivano i deathsters Church Of Disgust con il loro nuovo e secondo lavoro.

Partito come un duo nel 2010 ( Dustin James, voce e chitarra, e Joshua Bokemeyer alla batteria) e con il primo album uscito due anni fa (Unworldly Summoning), il gruppo si è trasformato ora in un quartetto con una sezione ritmica nuova di zecca (Travis Andrews al basso e Dwane Allen a sfondare drumkit, con Bokemeyer passato alle seconda chitarra).
Il nuovo lavoro non si discosta più di tanto dal recente passato della band texana e Veneration of Filth continua il martellamento a suon di death metal old school, ovviamente di scuola statunitense, tra accelerazioni paurose e rallentamenti richiamanti i Morbid Angel.
Il sound sprigiona horror e malignità da tutti i pori, e i testi incentrati per lo più sulle opere di H.P. Lovecraft fanno il resto in un album in linea con le produzioni estreme dal taglio classico.
Sound oscuro e profondo come l’abisso infernale da cui scaturiscono i demoni che, impossessatisi dell’anima di James, gli conferiscono un growl profondo e sinistro; un chitarrismo efficace, anche se a volte leggermente macchinoso, e un drumming possente, portano Veneration Of Filth ad un livello ottimale, strutturato su dieci capitoli urlanti dolore e sofferenza che hanno il loro fulcro nelle trame morbose di Plague of Punishment, Supine in the Face of Total Death e nella conclusiva e monolitica Sunken Altan Of Dagon il loro sunto, tra parti di morboso doom/death e accelerazioni estreme dal devastante incedere.
Un buon album di genere, perciò con i suoi pregi e difetti, ma ascolto raccomandato per chi è amante del death metal americano.

TRACKLIST
1.Wrath of the Thirteen
2.Ripping Decay
3.Corpses of Dead Worlds
4.Abhorrent Cruelty
5.Plague of Punishment
6.Temple of Sonance (Interlude)
7.Supine in the Face of Total Death
8.To Seek Congress with the Realms Beyond
9.Veneration of Filth
10.Sunken Altar of Dagon

LINE-UP
Dustin James – Guitars (rhythm), Vocals
Joshua Bokemeyer – Guitars (lead)
Travis Andrews – Bass
Dwane Allen – Drums

CHURCH OF DISGUST – Facebook

Pighead – Until All Flesh Decays

Per gli amanti del metal estremo di matrice brutal che amano Suffocation, Dying Fetus e compagnia omicida, l’album è assolutamente consigliato.

Giovani e dannatamente brutali, i Pighead licenziano il nuovo devastante e marcissimo album in questo tramonto dell’anno di grazia 2016.

Il trio tedesco (il bassista Clemens figura come ospite), al terzo lavoro sulla lunga distanza è protagonista di un brutal death metal molto ben strutturato, tra lo slamming ed il technical death.
Terzo lavoro si diceva, con i primi due album usciti rispettivamente nel 2010 (Cadaver Desecrator) e nel 2012 (Rotten Body Reanimation), quindi il gruppo berlinese si è preso quattro anni per dare alle stampe questo notevole pezzo di brutalità in musica, prodotto bene e dal songwriting che in alcuni casi risplende di cattiveria e malignità, ma che sa esaltare con soluzioni ritmiche molto ben congegnate (Revengeful Strife).
Il genere non promette originalità ovviamente, influenze ed ispirazioni sono uguali a tante giovani band in giro per il mondo, ma i Pighead hanno qualcosa in più, le canzoni.
Infatti, nella loro brutalità, i brani di Until All Flesh Decays non mancano di mantenere una loro forma canzone, e l’album ne giova risultando ostico, violento, terremotante ma a tratti pregno di morboso appeal.
Per gli amanti del metal estremo di matrice brutal che amano Suffocation, Dying Fetus e compagnia omicida, l’album è assolutamente consigliato.

TRACKLIST
1.Transcend the Unknown
2.Twitching Xenomorphic Shades
3.Eliminate Alien Elements
4.State of Absolute Misery
5.Corrupted
6.Indoctrinate
7.Revengeful Strife
8.Until All Flesh Decays
9.A Swamp of Dark Crimson Sludge
10.Siamese Spawn
11.Exterminating the Unworthy
12.The Piggrinder

LINE-UP
PHIL – Vocals
CONOR – Drums
DENNY – Guitar
CLEMENS – Sessionbass

PIGHEAD – Facebook

Avulsed – Deathgeneration

A chi ha familiarità con il gruppo rimane solo da segnalare l’ottima scelta dei brani da parte del leader mentre, per chi non conoscesse la band, Deathgeneration è un’opera essenziale per ogni appassionato.

Venticinque anni di attività nel mondo della musica non è cosa da poco, figuriamoci nel metal estremo, se poi la ricorrenza riguarda una band seminale come gli spagnoli Avulsed, il traguardo va sicuramente festeggiato nel migliore dei modi.

E Dave Rotten, storico vocalist del gruppo e responsabile artistico della Xtreem, ha fatto le cose in grande per festeggiare al meglio la sua band, con una raccolta di brani racchiusi in un doppio cd reinterpretati per l’occasione con una serie di ospiti di grido.
Deathgeneration vede, infatti, la partecipazione di nomi altisonanti del metal estremo, molti di questi importantissimi per lo sviluppo di queste sonorità, con l’aggiunta di un secondo cd contenente le versione originali dei brani.
Una compilation che risulta davvero un monumento al death metal old school, non solo per la qualità altissima della musica del gruppo madrileno, ma in questo caso anche per il suddetto contributo di artisti i cui nomi non hanno bisogno di presentazioni.
Chris Reifert (Autopsy), Will Rahmer (Mortician), Rogga Johansson (non abbiamo spazio a sufficienza per scrivere tutte le band che lo vedono coinvolto …), Mike Van Mastrigt (ex-Sinister), Piotr Wiwczarek (Vader), Mark “Barney” Greenway (Napalm Death), Tomas Lindberg (At The Gates), sono solo alcuni dei graditi ospiti che il buon Rotten ha voluto su questo tripudio alla sua creatura più importante e i ragazzi non si sono certo tirati indietro, rendendo questo disco un imperdibile gioiellino estremo.
Si parla, del resto, di uno dei gruppi più influenti a livello underground della scena europea, dal 1991 a dispensare death metal di morte in giro per il continente, dunque si tratta di un’operazione più che mai giustificata dall’importanza della nome in ballo.
A chi ha familiarità con il gruppo rimane solo da segnalare l’ottima scelta dei brani da parte del leader mentre, per chi non conoscesse la band, Deathgeneration è un’opera essenziale per ogni appassionato.

TRACKLIST
1.Amidst The Macabre (instr.)
2.Stabwound Orgasm
3.Breaking Hymens – guest: Per Boder (God Macabre/Mordbrand)
4.Sweet Lobotomy – guest: Chris Reifert (Autopsy)
5.Burnt But Not Carbonized – guest: Antti Boman (Demilich)
6.Daddy Stew – guest: Snencho (Aborted)
7.Addicted To Carrion – guest: Will Rahmer (Mortician)
8.Dead Flesh Awakened – guest: Rogga Johansson (Paganizer)
9.Powdered Flesh – guest: Ludo Loez (Supuration/S.U.P)
10.Gorespattered Suicide – guest: Mike Van Mastrigt (ex-Sinister/Neocaesar)
11.Nullo (The Pleasure Of Self-mutilation) – guest: Johan Jansson (Interment/Moondark)
12.Exorcismo Vaginal – guest: Paul Zavaleta (Deteriorot)
13.Carnivoracity – guest: Anton Reisenegger (Pentagram Chile/Criminal)
14.Sick Sick Sex – guest: Ville Koskela (Purtenance)
15.Devourer Of The Dead – guest: Tomas Lindberg (At The Gates)
16.Horrified By Repulsion – guest: Kam Lee (ex-Massacre)
17.Blessed By Gore – guest: Bongo (Necrophiliac)
18.Red Viscera Serology – guest: John McEntee (Incantation)

LINE-UP
Dave Rotten – Vocals
Jose “Cabra” – Guitars
Juancar – Guitars
Tana – Bass
Arjan van der Wijst – Drums

AVULSED – Facebook

Delirium X Tremens – Troi

Metal estremo atmosfericamente sopra la media, un tuffo nella tradizione popolare di uno dei territori più belli, misteriosi e ricchi di leggende della nostra penisola,

Sono ormai anni che il monicker Delirium X Tremens gira nella scena estrema underground, almeno da quando Cyberhuman, debutto in mini cd, fece conoscere la band bellunese ai fans del metallo estremo.

Il gruppo, duro e pesante come uno dei passi dolomitici affrontati in bicicletta, arriva tramite la Punishment 18 Records al terzo full length della sua ormai lunga carriera, successore di CreHated from No_Thing del 2007 e Belo Dunum, Echoes from the Past, licenziato cinque anni fa: Troi è un concept che racconta il viaggio di un ragazzo guidato da un gufo posseduto dall’anima di un alpino, verso la casa dove è custodito un importante album di fotografie.
Veniamo quindi trasportati nell’immaginario montano delle Dolomiti, tra orgoglio nordico, spunti folk popolari di quelle terre e metal estremo, a tratti epico, devastante ed originale nel saper mantenere con sagacia l’equilibrio tra death metal old school e spunti musicali che vanno dal folk al rock, dalla musica popolare a mood alternativi che, all’apparenza, con il metal estremo c’entrano poco ma fondamentali nel sound del quartetto bellunese.
I Delirium X Tremens sono un gruppo originale, su questo non c’è il minimo dubbio, e anche per questo il nuovo lavoro ha bisogno di qualche giro in più nel laser ottico per essere pienamente assimilato, ma l’atmosfera malinconicamente epica di brani che sprizzano tradizione nordica (finalmente italiana, aggiungo), come Col Di Lana/Mount Of Blood, The Voice Of The Holy River e la tragicità di eventi drammatici e storici come Spettri nella Steppa, fanno di Troi un lavoro sicuramente affascinante.
Un’opera di metal estremo atmosfericamente sopra la media, un tuffo nella tradizione popolare di uno dei territori più misteriosi e ricchi di leggende della nostra penisola, tra il freddo, la solitudine e la magica bellezza delle Dolomiti.

TRACKLIST
01. Ancient Wings
02. Col Di Lana, Mount Of Blood
03. The Dead Of Stone
04. The Voice Of The Holy River
05. Owl
06. Spettri Nella Steppa
07. Song To Hall Up High (Bathory Cover)
08. When The Mountain Call The Storm
09. The Picture

LINE-UP
Ciardo – Vocals
Med – Guitars
Thomas – Drums
Pondro – Bass

DELIRIUM X TREMENS – Facebook