Streambleed – Enslave The World Forever

Groove metal alla massima potenza, tra tradizione e modernità in arrivo dall’Austria tramite la Wormholedeath, che ci invita al massacro perpetuato dagli Streambleed.

Un potentissimo e devastante meteorite metallico di dimensioni enormi in caduta libera sulla terra.

Groove metal alla massima potenza, tra tradizione e modernità in arrivo dall’Austria tramite la Wormholedeath, che ci invita al massacro perpetuato dagli Streambleed, giovane quintetto attivo dal 2015 e ora giunto al debutto con questo debordante esempio di groove/thrash metal intitolato Enslave The World Forever, composto da undici deflagranti esplosioni metalliche.
Fin dall’inizio, con Damnation, veniamo travolti e schiacciati da questa massa di note che, libere come l’acqua di un bacino enorme dopo il crollo di una diga, travolge senza lasciare nulla al suo passaggio.
Siamo nel metal statunitense nato tra gli anni novanta e i primi vagiti del nuovo millennio, con i Pantera a fare da capostipiti di una famiglia estrema che ha portato scompiglio nel circuito metallico degli ultimi anni, unendo tradizione thrash ed attitudine modern, con il sound potenziato da overdose di groove.
Hate & Destroyed, la pachidermica Obsessed, la drammatica e soffocante atmosfera di Black Rain, il massacro causato dalla devastante Panic At The Moshpit, alzano l’atmosfera da tregenda di un lavoro che tracima violenza da tutti i pori.
Machine Head e Devil Driver caricati come pallettoni e sparati ad altezza d’uomo, amplificandone attitudine estrema, impatto e groove: questo è il mastodobticoEnslave The World Forever.

Tracklist
1. Damnation
2. Hated And Destroyed
3. Obsessed
4. Supersystem
5. Enslave The World Forever
6. Black Rain
7. Voice Of The Stream
8. Between Fire And Fire
9. Panic At The Moshpit
10. The Final Hour
11. Let It Out Loud (Bonus Track)

Line-up
Stefan Weilnböck – Vocals
Stefan Wöginger – Guitar
Christian Rosner – Guitar
Jakob Reiter – Bass
Tobias Mayrhofer – Drums

https://www.facebook.com/streambleed/

Reatzione – Sopravvissuti

Con le sue undici esplosioni di rabbia senza soluzione di continuità, Sopravvissuti non lascia scampo: drammatico, violento, rabbioso, grazie a brani potentissimi, a tratti veloci o pervasi da mid tempo possenti come un colosso musicale che avanza lento ed inesorabile.

I Reatzione sono un quartetto di musicisti provenienti dalla Sardegna e Sopravvissuti è il loro manifesto sonoro, licenziato da Dark Hammer Legion / Volcano Records.

La band, nata nel 2015 da un’idea del chitarrista Alessandro Ciuti, crea un muro sonoro invalicabile di thrash/groove metal, con la particolarità del cantato in lingua sarda, in alternanza a quella italiana.
Sopravvissuti è composto da undici mazzate metalliche potentissime, il gruppo dopo vari aggiustamenti di line up risulta un compatto carro armato musicale, che in poco più di mezzora spazza via ogni cosa al suo passaggio.
I testi affrontano vari argomenti, dai problemi politico/sociali a livello europeo, agli incendi che da sempre devastano la vegetazione dell’isola, con il metal di matrice thrash/groove metal a fare da colonna sonora.
Con le sue undici esplosioni di rabbia senza soluzione di continuità, Sopravvissuti non lascia scampo: drammatico, violento, rabbioso, grazie a brani potentissimi, a tratti veloci o pervasi da mid tempo possenti come un colosso musicale che avanza lento ed inesorabile.
In un contesto così compatto e possente spiccano, la title track, il lento incedere stoner /doom di Accabadora e la thrashy Fizu, sunto compositivo di un lavoro il cui muro sonoro trae le sue maggiori ispirazioni da Sepultura, Soulfly, Hatebreed e Down.

Tracklist
1.Raikinas
2.Inferru
3.Sopravvissuti
4.Bestia
5.Incubi
6.Fame
7.Acabbadora
8.L’inizio Della Fine
9.Rispetto
10.Fizu
11.Meno di un Verme

Line-up
Mex – Vocals
Alessandro Ciuti – Guitars
Salvatore Sechi – Bass
Mauro Carta – Drums

REATZIONE – Facebook

Oigres – Psycho

Psycho convince per il suo essere diretto, essenziale ma non banale: la svolta attuata dal musicista torinese è del tutto condivisibile e non dà spazio ad alcun tipo di recriminazione, lasciando aperti al contrario diversi interessanti scenari da esplorare nel prossimo futuro.

Oigres è il nuovo progetto solista che vede all’opera Sergio Vinci, conosciuto nell’ambiente estremo italiano anche per essere stato il leader degli ottimi Lilyum, una delle migliori espressioni nazionali a mio avviso per quanto riguarda il black metal nelle sue vesti più ortodosse.

I brani contenuti in questo lavoro hanno però ben poco a che vedere con quell’esperienza, se non per l’approccio diretto e rabbioso che qui si estrinseca sotto forma di un thrash/groove hardcore cantato prevalentemente in italiano e che, anche per questo, rimanda a livello attitudinale a gruppi come i Negazione e relativa genia di provenienza piemontese.
I testi abrasivi, ma non privi di slanci poetici, sono sorretti da un sound che non si perde in preamboli ma va dritto all’obiettivo lasciando spazio a tempi più diluiti solo nella pregevole traccia ambient di chiusura, Outro – Openclosed.
Come detto, il nome Lilyum vale qui essenzialmente quale sorta di garanzia della bravura e della sincerità di un musicista come Sergio, che qui si disimpegna in maniera lineare ma alquanto efficace anche nelle vesti di cantante.
Brani come Fermo, Lontano Da Me e Stella, in particolare, sono sferzate di energia contenenti un’urgenza espressiva che, probabilmente, all’interno di una band rischiava d’essere in qualche modo mediata o filtrata, mentre lo stesso monicker prescelto testimonia ampiamente come questa nuova avventura sia, per Sergio Vinci, un qualcosa di intimo, al riparo da qualsiasi interferenza esterna dal punto di vista prettamente compositivo.
Psycho convince per il suo essere diretto, essenziale ma non banale: anche se, come si può intuire dalla mia premessa, non posso considerare la fine dei Lilyum come una buona notizia, la svolta attuata dal musicista torinese è del tutto condivisibile e non dà spazio ad alcun tipo di recriminazione, lasciando aperti al contrario diversi interessanti scenari da esplorare nel prossimo futuro.

Tracklist:
1. Intro – Lifog
2. Fermo
3. Lontano Da Me
4. Stella
5. I Am
6. Scivola Via
7. No Fear, No Truth
8. Outro – Openclosed

Line-up:
Sergio Vinci

OIGRES – Facebook

Helligators – Hell III

Hell III conferma gli Helligators come una delle migliori realtà in un genere che è rock’n’roll duro e puro, magari potenziato da tonnellate di riff dal groove fenomenale ed attraversato da un’attitudine southern/blues metal da far impallidire una buona fetta di realtà d’oltreoceano.

Quattro anni dopo lo spesso e potente Road Roller Machine, tornano i rockers romani Helligators con il loro terzo album intitolato Hell III, sempre sotto l’ala della Sliptrick Records, un altro muro sonoro di groove, hard rock, southern metal pesante come un macigno, grasso di watt e devastate come l’impatto di un asteroide sulla terra.

In questi ultimi quattro anni la band non si è certo fermata, tra singoli, video, tributi, ed un ep, licenziato due anni (Back To Life) in cui venivano presentati due brani inediti (Nomad e Servant No More), ed intanto si andavano a formare i nuovi brani che compongono la tracklist di questo nuovo assalto sonoro marchiato Helligators.
Hell III conferma il gruppo come una delle migliori realtà in un genere che, come affermano i protagonisti, è rock’n’roll duro e puro, magari potenziato solo un poco da tonnellate di riff dal groove fenomenale ed attraversato da un’attitudine southern/blues metal da far impallidire una buona fetta di realtà d’oltreoceano.
Con queste premesse Hell III non può che entrare tra gli ascolti abituali come un treno impazzito in una stazione ferroviaria nel periodo vacanziero, una valanga di rock’n’roll che dall’opener Rebellion non lascia tracce di resti al suo passaggio.
Le prime tre tracce, la già citata Rebellion, Here To Stay e Bleeding rappresentano un inizio formidabile per impatto e appeal; la semi ballad Where I Belong, che tanto sa di Black Label Society, concede pochi minuti per riprendere le forze prima che l’album riparta ancora più deciso e possente con le due parti di Confession, Until I Feel No More e la conclusiva Pedal To The Metal.
Con l’ingresso nel raggio d’azione di Black Label Society, Corrosion Of Conformity, Down e Pantera, le linee guida del sound degli Helligators si sono leggermente spostate, abbandonando quel poco di doom classico che aveva caratterizzato qualche momento del precedente lavoro, ma Hell III rimane decisamente un gran bel sentire.

Tracklist
01. Rebellion
02. Here To Stay
03. Bleeding
04. Where I Belong
05. Born Again
06. The Prison (Confession pt.1)
07. Gone (Confession pt.2)
08. Until I Feel No More
09. Bassthard Session III
10. Even From The Grave
11. Pedal To The Metal

Line-up
Simone “Dude” – Lead Vocals
Mik “El Santo” – Guitar & Backing Vocals
Alex – Drums
Kamo – Lead Guitar & Backing Vocals
Pinna “Yeti” – Bas

HELLIGATORS – Facebook

Leash Eye – Blues, Brawls & Beverages

Potenza e melodia, tanto groove, un pizzico di sfumature blues e desertiche fanno di Blues, Brawls & Beverages un lavoro riuscito, con le oggettive differenze rispetto al precedente album, ma con ancora le carte in regola per soddisfare gli amanti del rock a stelle e strisce.

Dopo sei anni dall’ultima fatica (Hard Truckin’ Rock) torna sulle strade, che dalla Polonia portano alle highway americane, il tir dei rockers Leash Eye.

Il gruppo della capitale mette l’acceleratore a tavoletta e travolge tutto, prima di fermarsi per una meritata sosta e farsi scappare una jam che vede le proprie influenze scatenarsi in undici potenti bordate southern rock dai rimadi grunge e groove metal.
Blues, Brawls & Beverages conferma l’ottima reputazione della band, attiva addirittura dal 1996, come una realtà tutta da scoprire del panorama rock del suo paese, più conosciuto negli ambienti musicali per le gesta estreme di Behemoth e compagnia che per una scena di stampo rock.
Qualche cambio di line up ed un sound che si sposta sempre più verso coordinate southern, fanno di questo nuovo lavoro una manna per gli amanti del genere, ovviamente dall’impatto che rimane alimentato da una forte componente groove e che vede i Leash Eye percorrere le highway che hanno visto viaggiare a suo tempo, Corrosion Of Conformity, Kyuss, primi Soundgarde e i sempre attuali e leggendari Lynyrd Skynyrd.
Il nuovo singer (Lukasz Podgórski), dall’ugola molto più melodica e meno bruciata del precedente cantante, si destreggia con mestiere tra le trame dei vari brani che hanno come comune denominatore un’atmosfera sudista che ne valorizza l’aspetto “americano” del sound.
Potenza e melodia dunque, tanto groove, un pizzico di sfumature blues e desertiche fanno di Blues, Brawls & Beverages un lavoro riuscito, con le oggettive differenze rispetto al precedente album, ma con ancora le carte in regola per soddisfare gli amanti del rock a stelle e strisce.

Tracklist
1.Bones
2.Moonshine Pioneers
3.On Fire
4.Lady Destiny
5.The Disorder
6.Planet Terror
7.Twardowsky, J.
8.Furry Tale
9.Jackie Chevrolet
10.One Last Time
11.Well Oiled Blues

Line-up
Marecki – Bass
Opath – Guitars
Piotr Sikora – Keyboards
Lukasz Podgórski – Vocals
Bigos – Drums

LEASH EYE – Facebook

Equaleft – We Defy

Un album riuscito, anche in presenza delle spigolose ed intricate vie della tecnica, che il gruppo dimostra a tratti di saper maneggiare senza stancare l’ascoltatore, il cui ascolto è consigliato agli amanti del thrash moderno e del death core tecnico e progressivo.

Quelli della Raising Legend Records continuano a proporci ottime realtà nate specialmente nel loro paese, il Portogallo.

E’ il momento degli Equaleft, band proveniente da Oporto e fautori di un thrash metal moderno pregno di groove e molto tecnico, con passaggi progressivi al limite del djent.
Il quintetto, attivo dal 2004, arriva con We Defy al secondo lavoro sulla lunga distanza, cinque anni dopo il precedente Adapt & Survive ed un ep uscito una decina d’anni fa.
We Defy alterna momenti ipertecnici ad altri più lineari che poi sono il punto di forza di un album che non cede proprio grazie a questi chiaroscuri che impediscono all’ascoltatore di rimanere imbrigliato nelle tele di brani come la title track, uno di quelli che più si avvicinano al djent.
Quando gli Equaleft decidono di picchiare decisi e diretti, il thrash/groove metal moderno prende il sopravvento, rallentato da macigni sonori in cui il growl di matrice deathcore è un grido abissale.
Da questo lato Mindset è uno dei brani più riusciti dell’intero lavoro, così come la devastante Strive e la progressiva Fragments.
Un album riuscito, anche in presenza delle spigolose ed intricate vie della tecnica, che il gruppo dimostra a tratti di saper maneggiare senza stancare l’ascoltatore, il cui ascolto è consigliato agli amanti del thrash moderno e del death core tecnico e progressivo.

Tracklist
1.Before Sunrise
2. Once Upon a Failure (ft. André Ribeiro from Sullen and Sollar – guitar solo)
3. We Defy
4. Mindset
5. Endless
6. Strive
7. Overcoming
8. Fragments
9. Realign (ft. Nuno Cramês “Veggy” – guitar solo)
10. Disconnected
11. Uncover the Masks (ft. José Pedro Gonçalinho – saxophone)

Line-up
Miguel “Inglês“ – Vocals
Bernardo “Malone“ – Guitar
Miguel Martins – Guitar
Marco Duarte – Drums
André Matos – Bass

EQUALEFT – Facebook

Beneath The Hollow – Nihilist

Nihilist è composto da sei brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al metal moderno, un modo per spaccarsi il testone in headbanging sfrenati se si è fans del genere, da ignorare se questo modo di fare metal non raggiunge corde scaldate dai suoni classici e old school.

Quello che alcuni anni fa veniva descritto come alternative metal, definizione generica e non propriamente esatta per certe realtà, si è trasformato in groove metal, etichetta molto più modaiola ed ancora più astratta.

Alla fine anche i Beneath The Hollow, band in arrivo da Chicago, suonano metal moderno diviso tra un’anima thrash ed un altra core ed il loro ep, intitolato Nihilist, non fa altro che seguire i soliti cliché del genere, un metal estremo che non manca di melodie, sia in qualche passaggio strumentale che nell’alternanza tra scream/growl e voce pulita.
Nihilist è composto da sei brani che nulla aggiungono e nulla tolgono al metal moderno, un modo per spaccarsi il testone in headbanging sfrenati se si è fans del genere, da ignorare se questo modo di fare metal non raggiunge corde scaldate dai suoni classici e old school.
Il groove ovviamente non manca in brani come Killing Floor e Our Own Hell, con il quintetto statunitense che raggiunge lidi nu metal con Omens.
I Machine Head del controverso The Burning Red e i Pantera sono i gruppi che più ispirano i Beneath The Hollow, mentre le parti propriamente alternative ricordano note fuoriuscite nell’ultimo decennio del secolo scorso in quel di Seattle.

Tracklist
1.Killing Floor
2.Our Own Hell
3.Spineless
4.Nihilist
5.Omens
6.Doom

Line-up
Aaron Revels- Vocals
Jesse DeGroot- Guitar
Tyler Williams- Bass
Matt DeGroot- Drums
URL Facebook

BENEATH THE HOLLOW – Facebook

Granshaw – Bloody Hands, Clear Conscience

Bloody Hands, Clear Conscience è un ep di cinque rocciosi brani con cui la band costruisce muri metallici debordanti: tutto nella proposta dei Granshaw è esagerato, forse troppo, lasciando all’ascoltatore la sensazione di un gruppo che punta essenzialmente sull’impatto.

Notevoli picchiatori questi Granshaw, quartetto del Kentucky che per propria definizione suona brutal metal.

In effetti, la proposta del gruppo statunitense è carica di attitudine violenta, sfogata con un sound che si avvicina al thrash/groove dei Pantera, senza le magie del compianto Dimebag Darrell alla chitarra, ma con un cantante che con il suo urlo animalesco e sguaiato mette in fila più di un aspirante nuovo Phil Anselmo.
Bloody Hands, Clear Conscience è un ep di cinque rocciosi brani con cui la band costruisce muri metallici debordanti: tutto nella proposta dei Granshaw è esagerato, forse troppo, lasciando all’ascoltatore la sensazione di un gruppo che punta essenzialmente sull’impatto.
L’opener Force Fed Violence ben si presta come esempio del sound proposto dal gruppo, ricca com’è di groove, chitarre piene e voce che sbraita rabbiosa, il problema è che la formula rimane pressoché inalterata fino alla fine, non riuscendo a coinvolgere più di tanto.
Diventa quindi difficile digerire un futuro full length, magari con il doppio del minutaggio di Bloody Hands, Clear Violence, se non si è davvero predisposti per questo tipo di sonorità.

Tracklist
1.Force Fed Violence
2.The Reckoning
3.White Knuckle Apocalypse
4.Killing Epidemic
5.Raise My Glass In Hell

Line-up
Bo White – Vocals
Travis Furlong – Drums
Josh Puckett – Bass
Corey Arnold – Guitars

GRANSHAW – Facebook

Kraanston – Northern Influence

Si prova un gusto decisamente differente rispetto al gruppo sludge medio, anche se definire i Kraanston sludge è un arrotondare per difetto, dato che sono difficilmente classificabili, o meglio sono i Kraanston punto e basta.

Da Torino arrivano i Kraanston, al debutto sulla lunga distanza dopo l’ep Dead Eyes del 2016.

La loro proposta è uno sludge molto particolare, potente, distorto e che esplora anche altri sottogeneri del metal come thrash e groove metal, confezionando un disco non comune e molto interessante. Non poteva essere altrimenti con in formazione due musicisti come Fabio Insalaco degli Homicide Hagridden e Andrea Bonamigo dei The Selfish Cales, due gruppi musicali assai diversi, ma entrambi eccellenti nei loro campi. Northern Influence è un disco che non cerca mai la soluzione ovvia, ma lavora attraverso distorsioni e una imponente sezione ritmica per devastare tutto. La via anglosassone allo sludge ha influenzato molto i nostri, anche se la loro proposta è originale, dato che il suono dei Kraanston è metal nella sua essenza e nella sua manifestazione. Il disco regala belle sensazione a chi ama la musica pesante fatta con passione e concretezza, e saranno particolarmente soddisfatti gli amanti di sfuriate distorte e con la batteria incombente. Il gruppo è un trio molto ben assortito e capace di funzionare al meglio, esprimendosi in momenti più lenti o anche più veloci, sempre pesanti e potenti. Si prova un gusto decisamente differente rispetto alla band sludge media, anche se definire i Kraanston sludge è un arrotondare per difetto, dato che sono difficilmente classificabili, o meglio sono i Kraanston punto e basta. La formazione di questi musicisti è solida come i loro ascolti, tutto è eseguito al meglio, in perfetta comunione con la produzione. Non manca nemmeno la melodia declinata in maniera diversa, che contribuisce ad attirare l’attenzione dell’ascoltatore verso questo magma sonoro. Northern Influence riserva anche parecchie sorprese, certi pezzi dopo vari minuti cambiano registro e sono la migliore testimonianza della bravura compositiva ed esecutiva di questo gruppo. Un disco in tutto e per tutto underground che meriterebbe molto e speriamo lo riceva, anche se lo scopo principale è quello di fare male, tanto male.

Tracklist
1.UVB-76
2.An Unknown Hero
3.Tunguska (free)
4.Planet 4
5.Noril’sk
6.Cargo Cult
7.Kraanston

Line-up
Fabio Insalaco – Guitar / Vocals
Andrea Bonamigo – Bass / Vocals
Stefano Moda – Drums

KRAANSTON – Facebook

Extrema – Headbanging Forever

Headbanging Forver è un ritorno agli Extrema che amiamo, perché sinceramente fare a meno di loro non è per niente bello, ma questo disco non culla la nostalgia per ciò che fu, bensì è uno sguardo verso ciò che è e ciò che sarà.

Tornano gli Extrema, band che, parafrasando qualcuno, non fa metal ma è il metal in Italia.

Ovviamente non sono stati l’unico gruppo metal tricolore, ma sono stati paradigmatici e hanno mostrato a tanti altri cosa possa produrre il genere nel nostro paese. Nati a Milano fra il 1985 e il 1986, con questo disco arrivano al settimo full length in carriera con il solo chitarrista e produttore Tommy Massara rimasto tra i membri originari del gruppo. Ne hanno passate tante gli Extrema, una su tutte la traumatica separazione con il cantante Gianluca Perotti, con un comunicato da parte del gruppo che non lasciò spazio a dubbi. Dopo GL è subentrato come cantante Tiziano Spigno che li ha resi più forti e devastante con la sua bellissima voce. Cosa è Headbanging Forever? Prima di tutto un buon disco di thrash metal con un grande groove, che oscilla fra vari generi non chiudendosi in nessun steccato ed è, in seconda battuta, un grande atto d’amore verso la ragion d’essere degli Extrema: il metal. Troppo spesso ci dimentichiamo cosa fa muovere velocemente la nostra testa e cosa davvero amiamo in questa musica rumorosa. Con questo disco gli Extrema ce lo ricordano molto bene, grazie ad un’opera bilanciata tra aggressione e ritmo, con ottime melodie e una tecnica ben al di sopra della media ma del tutto è al servizio della musica. Il gruppo di Massara guarda al risultato totale e non a quello di una manciata di canzoni, e anche per questo l’insieme è notevole. Spigno è un cantante maggiormente melodico e con una gamma maggiore di soluzioni rispetto a Perotti, che ha comunque fatto tantissimo negli Extrema. Questo disco segna anche il nuovo corso per un gruppo storico, per il quale non è mai facile riproporsi dopo tanti anni che si è in giro, ma gli Extrema portano a termine molto bene la missione. Il disco è gustoso e lascia un ottimo retrogusto, contenendo metal che guarda al futuro con delle solide radici, perché in questo lavoro appaiono molti omaggi alle divinità passate del metal. Le composizioni sono di ampio respiro e permettono al gruppo di sviluppare al meglio le proprie tematiche. Headbanging Forver è un ritorno agli Extrema che amiamo, perché sinceramente fare a meno di loro non è per niente bello, ma questo disco non culla la nostalgia per ciò che fu, bensì è uno sguardo verso ciò che è e ciò che sarà.

Tracklist
01. The Call
02. Borders Of Fire
03. For The Loved And The Lost
04. Heavens Blind
05. Pitch Black Eyes
06. Headbanging Forever
07. Believer
08. Invisible
09. Paralyzed
10. The Showdown

Line-up
Tiziano “Titian” Spigno – Voce
Tommy Massara – Chitarra
Gabri Giovanna – Basso
Francesco “Frullo” Larosa – Batteria

EXTREMA – Facebook

IX-The Hermit – Present Days, Future Days

Dei IX-The Hermit ne sentiremo ancora parlare, nel frattempo si può ascoltare Present Days, Future Days per farsi un’idea sulle buone potenzialità messe in mostra dal gruppo.

Chi è abituato a frequentare l’underground metallico sa che le sorprese sono sempre dietro l’angolo e diventa quasi un’urgenza scovare nuove realtà, sorprendendosi piacevolmente all’ascolto di demo, ep o primi full length che potrebbero diventare l’inizio di qualcosa d’importante.

Ovviamente, quando si parla di underground si intende quello mondiale, lasciando ad altri antipatici confini da proteggere, per abbracciare ogni impulso musicale che riesca ad emozionare.
In questo caso rimaniamo nel nostro paese per presentare questa ottima nuova band, i IX-The Hermit, fondata da musicisti dal diverso background e con l’intento di creare qualcosa di nuovo ed originale, inglobando in unico sound i diversi generi musicali da cui provengono.
Dopo diversi cambi di line up, la formazione si stabilizza lo scorso anno così che, la band si può concentrare sui sei brani che compongono questo primo lavoro, un ep dal titolo Present Days, Future Days.
Sei buoni motivi per dare un ascolto alla proposta dei IX-The Hermit sono racchiusi nel sound di questo album che parte con Party Animal, titolo dai richiami street metal, ma pesante come un macigno seppur devota ad un hard & heavy che non manca di potenza e groove.
Ma già dal secondo brano la band lascia le strade dirette e hard rock del brano di apertura per salire su per tornanti progressivi, alternati da ripartenze pesanti come nella decisa You’re Not Worth e nel crescendo di Boston.
Buona tecnica unita ad una non facile catalogazione, fanno di Your Pain e soprattutto della conclusiva The Hermit, brani che uniscono metal estremo, sfumature alternative ed atmosfere progressive.
Dei IX-The Hermit ne sentiremo ancora parlare, nel frattempo si può ascoltare Present Days, Future Days per farsi un’idea sulle buone potenzialità messe in mostra dal gruppo.
Tracklist
1.Party Animals
2.Beyond All My Days
3.You’Re Not Worth
4.Boston
5.Your Pain
6.The Hermit

Line-up
Fabrizio Vindigni – Vocals
Fabrizio Miceli – Guitars
Luigi Gabriele – Guitars
Matteo De Franco – Bass
Giacomo Marsiglia – Drums

IX THE HERMIT – Facebook

Childrain – The Silver Ghost

Il gruppo è in definitiva molto interessante e ha ancora ampi margini di miglioramento: questo quarto disco potrebbe essere quello che li impone all’attenzione mondiale, anche se l’attenzione del pubblico dura poco e bisogna agire in fretta.

Portando avanti la fertile tradizione basca, i Childrain sono un gruppo di metal potente e moderno, guidato dai due fratelli Ini e Iker.

Nato nel 2008 a Gasteiz, fin dagli inizi questo gruppo ha saputo coniugare potenza e melodia, usando i canoni del metal moderno, portando una propria sceneggiatura originale. Fra le loro peculiarità c’è quella di riuscire a fare ritornelli che sono degli autentici inni da concerto. I riff di chitarra hanno assorbito molto da molti generi differenti come il metalcore, il groove metal e anche cose più southern, non sbilanciandosi mai, ricercando sempre una sintesi originale. I Childrain sono un gruppo da ascrivere a quella corrente di giovani metallari che partendo dal passato prossimo riescono a portare il suono pesante in uno dei futuri possibili. Tutto ciò grazie ad una struttura sonora ben composta che porta l’ascoltatore a provare diverse emozioni. I Childrain hanno ben presente dove vogliono andare e tutto rientra in un disegno ben preciso. The Silver Ghost è il loro quarto album, il primo con dichiarate aspirazioni internazionali, e ascoltandolo si comprende subito il grande potenziale di questo gruppo basco e la sua capacità di inserirsi nell’agone mondiale. Infatti nel mese di aprile faranno delle date a supporto dei Six Feet Under in Europa, come riconoscimento del loro lavoro e come trampolino per nuove avventure. Il disco è piacevole e ben bilanciato e mostra uno degli sviluppi possibili del metal moderno, incentrato sulla potenza e su richiami al passato. Il gruppo è in definitiva molto interessante e ha ancora ampi margini di miglioramento: questo quarto disco potrebbe essere quello che li impone all’attenzione mondiale, anche se l’attenzione del pubblico dura poco e bisogna agire in fretta.

Tracklist
1. Wake The Ghost
2. Saviors of the Earth
3. The Valley of Hope
4. Saturnia
5. The Silver Walker
6. Interstellar
7. Eon
8. Ten Thousand Moons
9. Omega

CHILDRAIN – Facebook

Grimaze – Planet Grimaze

Planet Grimaze è un debordante e monolitico lavoro che non lascia spazio a scorciatoie per facilitare l’ascolto, ma che come un carro armato avanza senza fermarsi davanti a nulla travolgendo e triturando ogni cosa senza pietà.

Picchiano come se non ci fosse un domani i Grimaze, band proveniente da Sofia ed attiva da una manciata d’anni, con un ep omonimo alle spalle licenziato nel 2016.

Interessante e pesantissima, la proposta dei bulgari unisce impatto groove e attitudine brutal risultando un monolitico esempio di metal estremo moderno ma legato indissolubilmente alla tradizione.
In poche parole la band ci travolge con pesantissime porzioni di groove metal rese ancora più violente ed estreme da iniezioni di death/thrash spaventosamente brutali.
Un suono magmatico ed impastato fa il resto e Planet Grimaze risulta così un lavoro non facile da digerire se non si è in sintonia con queste sonorità.
Atmosfera che rimane di estrema tensione, riff debordanti e ritmiche pregne di groove del più possente, nonché un growl al limite del brutal sono le caratteristiche che allontanano il sound di Planet Grimaze dalle solite band groove metal da classifica, risultando figlio di un’attitudine brutalmente estrema.
Facendo pensare a Pantera e Gojira alle prese in una jam violentissima con Asphyx e Gorguts, Planet Grimaze è un debordante e monolitico lavoro che non lascia spazio a scorciatoie per facilitare l’ascolto, ma che come un carro armato avanza senza fermarsi davanti a nulla travolgendo e triturando ogni cosa senza pietà.

Tracklist
1.Endless Life Force
2.Inner Engineering
3.Survival of the Fittest
4.Scars
5.Disobey the Primitive
6.Face of the North
7.8000 Meters
8.Bleeding Earth
9.My Vow

Line-up
Nedislav Miladinov – Drums
Melina Krumova – Guitar
Pavel Krumov – Vocals
Anton Dimitrov – Bass

GRIMAZE – Facebook

Coffin Birth – The Serpent Insignia

I Coffin Birth sono una nuova formazione nata nel 2018 dalla collaborazione fra musicisti metal maltesi ed italiani.

Non deve stupire il fatto che vi siano dei componenti maltesi, perché la scena metal dell’isola, in special modo quella doom, è molto fiorente e valida. Il gruppo offre una potente miscela di death metal con un taglio vecchia scuola, con molte influenze punk e con incursioni nel groove metal. Il risultato è un disco di debutto molto potente, calibrato alla perfezione anche grazie alla grande esperienza degli attori coinvolti. I nostri sono Giulio Moschini (Hour of Penance), Marco Mastrobuono (Hour of Penance), Francesco Paoli (Fleshgod Apocalypse, ex-Hour of Penance), Davide Billia (Hour of Penance, Beheaded) e Frank Calleja (Beheaded). Visti i nomi ciò che viene fuori con i Coffin Birth non dovrebbe stupire più di tanto, ma si va ben oltre le aspettative. La media del disco è molto alta, l’intensità non viene mai meno, e con essa c’è una grande potenza di fondo che lega con una capacità compositiva importante. La musica è molto pesante e veloce, con dei mid tempo devastanti, e la produzione fa rendere al meglio il tutto. Era da tempo che non si ascoltava un disco come questo, in grado di partire dal death metal e spaziare in altri ambiti, senza creare steccati, ma anzi andando a ricercare aspetti differenti per creare un ottimo groove. Infatti The Serpent Insignia non sfigura nemmeno in quest’ultimo ambito, dove spesso ci sono lavori che segnano il passo mentre qui è tutto fresco e ben composto. I Coffin Birth sono ben al di sopra della media e il disco è un debutto che si proietta direttamente nelle migliori uscite dell’anno che volge al termine per i generi coinvolti.

Tracklist
01. Throne of Skulls
02. The 13th Apostle
03. Godless Wasteland
04. Red Sky Season
05. Christ infection Jesus Disease
06. From the Dead to the Dead
07. Casket Ritual
08. Sanguinary
09. The Serpent Insignia
10. Zombie Anarchy

Line-up
Frank Calleja – Lyrics & Vocals
Giulio Moschini – Guitars
Francesco Paoli – Guitars
Marco Mastrobuono – Bass
Davide Billia – Drums

COFFIN BIRTH – Facebook

Eleim – Freak

Freak è un album davvero ben costruito, una sorpresa per gli amanti del genere, con la lingua italiana che ben si adatta al sound del gruppo e composto da una tracklist senza punti deboli

Gli Eleim sono un quartetto toscano attivo dal 2010 ed arrivato tramite la Buil2kill Records al terzo lavoro.

Si ripresentano sul mercato metallico underground con una nuova formazione e questo ottimo lavoro dal titolo Freak, un potentissimo concentrato di thrash/groove metal, tra tradizione e modernità cantato in lingua madre.
Freak è un album davvero ben costruito, una sorpresa per gli amanti del genere, con la lingua italiana che ben si adatta al sound del gruppo e composto da una tracklist senza punti deboli.
Bordate metalliche moderne si alternano a sfuriate thrash metal, l’uso della voce è in linea con le nuove tendenze, aggressivo e graffiante ma perfettamente leggibile tra le tonnellate di riff con cui la band travolge l’ascoltatore.
L’impatto notevole di Freak si palesa già dall’opener I Nuovi Mostri, con la quale gli Eleim, precisi, potenti e melodici, esibiscono ritmiche dal groove poderoso, citazioni di nobile metallo (l’inizio di Fate di Confine ricorda Flesh Of The Blade dei Maiden) e brutali sfumature core.
Registrato, mixato e masterizzato da Tai Fronzaroli al Tai Sevenstudio di Calenzano vicino a Firenze, Freak è un ottimo prodotto 100% italiano, studiato in ogni minimo dettaglio, con un sound che trova le proprie ispirazioni in gruppi come Pantera e Gojira, ma plasmandoli ad uso e consumo della varie Danza Macabra e A Cuore Aperto.
L’invito all’ascolto di Freak è d’obbligo così come i complimenti alla band toscana per il riuscito connubio tra metal dal taglio internazionale e l’uso della lingua italiana,

Tracklist
1. I Nuovi Mostri
2. Fate Di Confine
3. Erotica
4. Ali di Carta
5. Piccolo Mio
6. Mari
7. Danza Macabra
8. Marrick
9. A Cuore Aperto
10. Edward Mondrake

Line-up
Joe Eleim – Voce
Niko wylde – Chitarra
Taralane – Basso
Damian Pierucci – Batteria

ELEIM – Facebook

Tragodia – Before The Fall

Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener e non trovando intralci sulla strada percorsa.

Groove progressive metal di buona qualità, un’atmosfera gotica che incupisce l’atmosfera ed un neanche troppo nascosto impatto thrash sono le peculiarità di questo quarto album targato Tragodia, band lombarda al quarto full length tramite la Revalve Records.

Il gruppo nostrano, dopo cambi di line up e tre album tra il 2007 e il 2013, ritorna dopo cinque anni con dieci nuovi brani che compongono il nuovo Before The Fall, un album dalla potente forza metallica dietro ad un velo di gotiche melodie.
Trascinata da una sezione ritmica potentissima, chitarre possenti ed un vocalist eccellente, questa raccolta di brani non conosce batture d’arresto, picchiando duro fin dall’opener The Untrodden Road e non trovando intralci sulla strada percorsa.
Un album intenso nell’approccio, senza ballad, a parte lo strumentale Of Dark Suns and Dying Stars, sorta di intro alla seconda parte della tracklist, mentre cresce all’ascolto il sentore di essere al cospetto di un quartetto collaudato e dalla ben delineata personalità.
I refrain melodici sono il punto forte di Before The Wall, e vengono alternati a possenti cavalcate progressive che avvicinano la band al metal teatrale della scena statunitense (Veils Of Grey e la title track).
Prodotto splendidamente, così da poter apprezzare in pieno i vari passaggi tra potenza e melodia incastonati in piccoli gioiellini metallici come The Fifth Season e The Forgery, Before The Fall è un ottimo esempio di metal potente e melodico.

Tracklist
1.The Untrodden Road
2.Master of the Loss
3.Veils of Grey
4.The Fifth Season
5.Adrift
6.Of Dark Suns and Dying Stars
7.Before the Fall
8.Star-Driven
9.The Forgery
10.The House by the Grove

Line-up
Luca Meloni – Vocals
Riccardo Tonoli – Guitars
Marco Nicoli – Bass
Daniele Valseriati – Drums and percussion

TRAGODIA – Facebook

Deathtura – Division

Il metal moderno passa anche e soprattutto da album come questo ottimo lavoro firmato Deathtura.

La Wormholedeath non si fa scappare questa realtà proveniente dal Belgio, chiamata Deathtura, che amalgama in un unico sound, dinamico, potente e melodico thrash metal, groove e death moderno, creando una bomba musicale intitolata Division che scoppierà nel momento che premerete il tasto play del vostro lettore.

Attiva dal 2013 e con un full length autoprodotto alle spalle, la band, sotto l’ala della prestigiosa label italiana, sforna un pezzo di granito metallico, un ottimo esempio di come il metal moderno possa regalare soddisfazioni se in campo si mettono un songwriting di alto livello ed un buon talento nel saper far convivere potenza e melodia in un contesto a tratti estremo, ma provvisto di un appeal che sorprende.
La tracklist di questo lavoro non lascia scampo, i brani si susseguono mettendo in campo tutti gli elementi che i Deathtura possiedono per portarsi a casa i favori degli amanti del thrash/groove metal, genere principe del sound di Division ma non l’unico.
Death metal e soluzioni che si avvicinano al più moderno e bistrattato metal core fanno da contorno a brani spettacolari come l’opener Purgatory Of Your Future e la seguente Help Me Confide, mentre prima che la band tiri il freno bisogna aspettare la semi ballad Killing Your Threats, dopo essere stati travolti dalla forza prorompente della devastante Fury.
Ancora Confess For Them ed In Sight alzano temperatura e qualità ad un album che non manca di un grande lavoro di chitarra e dell’uso “totale” delle voci, che passano con disinvoltura da toni estremi alla voce pulita, maschia quel tanto che basta per non abbassare la tensione sprigionata dal gruppo belga.
Il metal moderno passa anche e soprattutto da album come questo ottimo lavoro firmato Deathtura.

Tracklist
1.Purgatory Of Our Future
2.Help Me Confide
3.Escape The Time
4.Fury
5.Broken Man’s Road
6.Killing Your Threats
7.Not A Fool
8.Confess For Them
9.Sick Of Being You
10.In Sight
11.The Kid

Line-up
Bastian Flames – Vocals
Jack – Bass
Jerem – Lead Guitar
Jeff – Guitar
Mickey D. – Drums

DEATHTURA – Facebook

Revolutio – Vagrant

Le influenze del gruppo vanno dai gruppi storici del thrash metal a quelli più moderni del groove ma con una forte impronta personale, e tutto cio contribuisca fare di Vagrant un’opera riuscita.

I Revolutio sono una band bolognese attiva dal 2011, con un primo ep licenziato due anni dopo ed un lungo silenzio prima del buon ritorno intitolato Vagrant.

Ambientazioni da film d’azione in un futuro neanche troppo distante, se continueremo a maltrattare il pianeta, vengono raccontate tramite un thrash/groove power metal che ovviamente risulta pregno di input moderni e di un impatto “nucleare”.
Si corre nel deserto post atomico con questo bolide metallico che non rinuncia a potenza e a soluzioni estreme, ma neanche alla melodia che affiora, ora timida, ora a dettare l’atmosfera che si respira lungo tutto il lavoro con armonie semi acustiche capaci di creare il giusto effetto prima che il sound torni a deflagrare in uno tsunami modern metal.
Dalla loro i guerrieri bolognesi hanno un controllo perfetto del sound, che pur mantenendo un clima di tensione altissima, anche quando le scorribande metalliche si placano non perdono mai la bussola e di questo l’ascolto se ne giova non poco.
Vagrant è un’opera di moderno metallo dal clima estremo che diventa sempre più intrigante e riuscita man mano che si entra nel suo cuore, una escalation qualitativa che ha il suo epicentro tra The Oracle e le atmosfere dark della “Metallica” Silver Dawn, ma che continua a crescere in emozioni fino alla sua conclusione, lasciata alle atmosfere evocative e modern/thrash di Daydream e a The Great Silence, che conclude l’album immergendoci nei rumori del deserto nucleare.
Le influenze del gruppo vanno dai gruppi storici del thrash metal a quelli più moderni del groove ma con una forte impronta personale, e tutto ciò contribuisca fare di Vagrant un’opera riuscita.

Tracklist
1. Aftermath
2. Meek and the Bold
3. What Breaks Inside
4. The Oracle
5. Ozymandias
6. Eclipse
7. Silver Dawn
8. Requiem
9. Daydream
10. The Great Silence

Line-up
Maurizio Di Timoteo – Vocals
Luca Barbieri – Lead Guitars
Carlos Reyes Vergara – Rhythm Guitars
Francesco Querzè – Bass
Davide Pulito – Drums

REVOLUTIO – Facebook

Soulfly – Ritual

Come una squadra con un certo palmares le cadute contano doppio, e sebbene la loro carriera sia sempre stata su buoni livelli era il momento di una riscossa, e Ritual è proprio il disco giusto.

Ritual, il nuovo lavoro dei Soulfly, cattura il gruppo capitanato da Max Cavalera nel momento migliore degli ultimi anni.

I Soulfly sono una band che non deve innovare nulla, ma che in compenso hanno il durissimo compito di essere sempre all’altezza del loro blasone e della loro fama. Come una squadra con un certo palmares le cadute contano doppio, e sebbene la loro carriera sia sempre stata su buoni livelli era il momento di una riscossa, e Ritual è proprio il disco giusto. L’aggressività musicale sale di livello e si torna ai Soulfly più veraci, con una produzione che riesce a valorizzare il tutto. Il suono cambia leggermente soprattutto nel maggior respiro delle canzoni, che sono più ampie e con elementi diversi al loro interno, sviluppando maggiormente la composizione rispetto agli episodi precedenti. Una delle maggiori peculiarità è Zyon Cavalera alla batteria: il figlio di Max è davvero un batterista interessante e molto intenso, forse non ancora del livello e della ricchezza musicale dello zio Igor, ma ci stiamo avvicinando.
L’ultima fatica di Max e compagnia ha un suono molto incattivito che attinge pienamente dalle radici metal del gruppo, mentre i temi trattati sono quelli di sempre, ma declinati in maniera maggiormente oscura e marcatamente horror. La scelta del titolo, Ritual, calza a pennello perché come dice lo stesso Max, il metal è un rituale che ha i suoi tempi e i suoi modi, e questo disco è un rituale della famiglia Soulfly, che include chi sta sopra e sotto il palco. Max è in forma come non lo era da tempo, ed il resto del gruppo lo segue molto bene per un risultato che rende Ritual uno degli album migliori dei Soulfly.
Intensità, velocità, cattiveria, incisività, e capacità di far divertire e pensare con il metal, questi sono i Soulfly e tutto ciò è dentro Ritual.

Tracklist
1. “Ritual”
2. “Dead Behind the Eyes” (featuring Randy Blythe)
3. “The Summoning”
4. “Evil Empowered”
5. “Under Rapture” (featuring Ross Dolan)
6. “Demonized”
7. “Blood on the Street”
8. “Bite the Bullet”
9. “Feedback!”
10. “Soulfly XI” (instrumental)

Line-up
Max Cavalera – Vocals and Rhythm Guitar
Marc Rizzo – Lead Guitar
Mike Leon – Bass Guitar
Zyon Cavalera – Drums

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