Crying Steel – Steel Alive

Un’uscita imperdibile targata Jolly Roger: in doppio cd il primo ep omonimo dei Crying Steel e l’album On The Prowl, entrambi rimasterizzati, con l’aggiunta delle rispettive versioni live.

Un’altra uscita da non perdere per tutti gli amanti dell’heavy metal classico battente bandiera tricolore da parte della instancabile Jolly Roger, sempre attenta a proporre succulente ristampe di quei gruppi che hanno fatto la storia della nostra musica preferita su e giù per lo stivale.

Tocca a i Crying Steel, tornati in forma smagliante lo scorso anno con l’album Stay Steel ed ora tributati dalla label nostrana con questo doppio cd che prevede sul primo le versioni rimasterizzate dell’ep omonimo, uscito originariamente nel 1985, e del primo full length On The Prowl, licenziato dalla band due anni dopo, mentre sul secondo si trovano le versioni live dei due lavori.
Siamo al cospetto di uno dei migliori esempi di heavy metal tradizionale che la nostra scena abbia regalato negli anni d’oro, anche se all’epoca fare metal in Italia era un’impresa ardua anche per gruppi del valore del quintetto bolognese.
I Crying Steel alternavano graffianti brani alla Judas Priest ad altri più melodici, presentando una scaletta vari e perfetta per quegli anni, con gli acuti del singer Luca Bonzagni a non far rimpiangere gli illustri colleghi stranieri ed una formazione compatta che oltre ai due membri fondatori Alberto Simonini (chitarra) e Angelo Franchini (basso) era completata da Luca Ferri (batteria) e Franco Nipoti (chitarra).
Grande heavy metal dunque, nel quale non mancano, oltre ai Priest, echi dei Motorhead e di quelle band che allora facevano la fortuna di quella New Wave Of British Heavy Metal che trovava nei Crying Steel un’appendice tricolore di tutto rispetto.
Erano ovviamente più acerbi i brani tratti dall’ep, mentre On The Prowl vedeva il gruppo fare passi da gigante, sfornando un album gagliardo e melodico composto da una tracklist impeccabile.
No One’s Crying, le melodie di Changing The Direction, l’irresistibile cavalcata The Song of the Evening e la tellurica Thunderdogs sono le tracce simbolo di questo pezzo di metallo forgiato dai Crying Steel.
Il secondo cd ci mostra le capacità del gruppo in sede live, un’ulteriore prova dell’importanza e della grandezza di questa leggendaria band nostrana ed un motivo in più per non perdere questa apprezzabile ristampa.

Tracklist
Cd 1
1.Ivory Stages (Ep)
2.You Have Changed (Ep)
3.Hero (Ep)
4.Where the Rainbow Dies (Ep)
5.Runnin’ Like a Wolf (Ep)
6.No One’s Crying (On the Prowl)
7.Changing the Direction (On the Prowl)
8.Struggling Along (On the Prowl)
9.Fly Away (On the Prowl)
10.Upright Smile (On the Prowl)
11.The Song of Evening (On the Prowl)
12.Alone Again (On the Prowl)
13.Thundergods (On the Prowl)
14.Shining (On the Prowl)

Cd 2
15.Ivory Stages (Live)
16.Hero (Live)
17.Where the Rainbow Dies (Live)
18.You Have Changed (Live)
19.Running Like a Wolf (Live)
20.No One’s Crying (Live)
21.Changing the Direction (Live)
22.Struggling Along (Live)
23.Fly Away (Live)
24.Upright Smile (Live)
25.Alone Again (Live)
26.The Song of Evening (Live)
27.Shining (Live)
28.Thundergods (Live)

Line-up
Luca Bonzagni – Vocals
Franco Nipoti – Guitars
Alberto Simonini – Guitars
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums

Formazione attuale
Angelo Franchini – Bass
Luca Ferri – Drums
Franco Nipoti – Guitars
JJ Frati – Guitars
Mirko Bacchilega – Vocals

CRYING STEEL – Facebook

Flotsam and Jetsam – The End of Chaos

Non giudichiamo l’opera dalla cover e lasciamoci attrarre e sedurre da un disco potente,viscerale,splendidamente suonato da musicisti dotati di classe cristallina.Spettacolare ritorno per una band storica ma purtroppo sottovalutata.

La storia è nota! I Flotsam and Jetsam, di Phoenix in Arizona, sono sempre stati sottovalutati e sono rimasti un patrimonio solo per veri intenditori che seguono la vera musica fregandosene delle mode e del riscontro commerciale.

Molti li ricordano per essere stata, agli albori (Doomsday for Deceiver, 1986), la band di Jason Newsted, ex bassista dei Metallica, ma credo che pochi se li ricordino per lo straordinario valore di alcuni loro dischi, il già citato Doomsday, ma anche No Place for Disgrace del 1988. Con una carriera di assoluto valore tra alti e bassi normali nell’arco di una storia più che trentennale, rinvigorita nel 2016 con l’omonimo e ottimo Flotsam and Jetsam, la band da sempre nelle mani del vocalist Erik A.K Knutson, ritorna con un disco di alto livello, fresco, coinvolgente, ottimamente prodotto e suonato; quasi cinquanta minuti con canzoni potenti, viscerali condotte da un grande interplay tra i due chitarristi, lo storico Michael Gilbert e Michael Conley entrato nel 2016. Non ci sono filler, sono dodici brani che hanno una capacità di coinvolgere con linee melodiche mai banali, ma sempre intriganti accompagnate da un preciso lavoro di basso, suonato da Michael Spencer, rientrato nel 2014, che struttura  le tracce in progressioni inarrestabili. Le chitarre sono precise e pulite negli assoli che impreziosiscono i vari brani, che sanciscono l’unione tra trash e metal più classico, ricorrendo anche ad armonizzazioni pregevoli all’interno dei vari episodi. Ulteriore valore aggiunto è la grande capacità espressiva di Eric Knutson, che anche dopo i 50 anni dimostra di avere elasticità ed estensione notevole, variando molto l’interpretazione in ogni frangente. Assalti furiosi e intricati come in Slowly Insane accendono i sensi, ascoltare le chitarre inarrestabili è pura adrenalina, cosi come lasciarsi trasportare da visioni voivodiane nella meravigliosa Architects of Hate, dove il buon Erik si lascia andare a una interpretazione ricca di pathos. Classe cristallina e songwriting che molte band si sognano portano l’eccitazione a livelli molto alti: ogni brano possiede linee melodiche facilmente riconoscibili pur all’interno di strutture per nulla banali o scontate. Demolition Man, di cui esiste anche un video, sorprende cosi come il riff selvaggio di Unwelcome Surprise costruisce un brano teso e tagliente come una lama di rasoio. Non so cosa porterà il 2019 ma l’inizio è decisamente con il botto!

Tracklist
1. Prisoner of Time
2. Control
3. Recover
4. Prepare for Chaos
5. Slowly Insane
6. Architects of Hate
7. Demolition Man
8. Unwelcome Surprise
9. Snake Eye
10. Survive
11. Good or Bad
12. The End

Line-up
Michael Gilbert – Guitars
Eric A.K. – Vocals
Michael Spencer – Bass
Steve Conley – Guitars
Ken Mary – Drums

FLOTSAM AND JETSAM – Facebook

Ghostheart Nebula – Reveries

I Ghostheart Nebula riescono a far proprie le diverse sfumature del genere convogliandole in un sound che mette sempre in primo piano l’impatto emotivo, e questo è esattamente ciò che chiede chi si approccia a queste sonorità.

I Ghostheart Nebula son il più gradito quanto inatteso regalo per gli appassionati del death doom melodico italiano.

Come ho già avuto occasione di affermare più volte, mentre per quanto riguarda il doom nella sua veste più classica nel nostro paese la scena è decisamente fiorente, le band di assoluto livello appartenenti al versante più estremo del genere (funeral o death doom che sia) sono decisamente di meno.
L’ep Reveries ci consegna quindi una nuova entusiasmante realtà nata dall’incontro tra tre musicisti lombardi (Nick Magister, Maurizio Caverzan e Bolthorn) le cui band di provenienza non rimandano in maniera scontata all’ambito doom; forse anche per questo l’approccio al genere del trio è quanto di più fresco ed emozionante ci sia stato dato modo di ascoltare ultimamente.
Pur immettendo nel tutto alcune sfumature riconducibili al post metal, i Ghostheart Nebula non si perdono in divagazioni di sorta ed esibiscono, senza particolari mediazioni, un carico di emotività travolgente dalla prima all’ultima nota del lavoro; eventuali dubbi sull’esito dell’opera vengono fatti svanire dall’opener Dissolved che, dopo una delicata introduzione, esplode letteralmente con tutto il suo fardello di malinconia e disperazione, con un Maurizio Carverzan che non indugia in clean vocals ma esibisce un growl lacerante.
Elegy Of The Fall ha un impatto meno immediato ma è pervasa da un diffuso senso melodico, con reminiscenze dei Valkiria, una delle band che nell’ambito del genere nel nostro paese possono essere definite storiche: qui si possono apprezzare le doti di Nick Magister come chitarrista e quelle di Bolthorn, il cui basso è tutt’altro che un semplice elemento di contorno nell’economia del sound.
A.R.T.E. (Always Remember Those Eyes) è invece, a mio avviso, il picco emozionale del lavoro, con le sue sonorità struggenti che occupano il proscenio in alternanza a rarefatti passaggi pianistici e morbide linee di chitarra, trovando un possibile termine di paragone con i recenti lavori dei Clouds; si parla quindi di assoluta eccellenza in campo melodic death doom, e ogni minimo dubbio viene spazzato via dall’ultima gemma intitolata Denialist, nella quale trova spazio la limpida voce dell’ospite Therese Tofting, la cui apparizione equivale ad un barlume di soffusa speranza incastonato nel drammatico incedere di un’altra canzona stupenda.
I Ghostheart Nebula riescono a far proprie le diverse sfumature del genere convogliandole in un sound che mette sempre in primo piano l’impatto emotivo, e questo è esattamente ciò che chiede chi si approccia a queste sonorità: Reveries è un’opera che al primo colpo si mette in scia delle migliori band del settore e ci si augura, a questo punto, che non resti l’abbagliante manifestazione di un progetto estemporaneo ma che costituisca, semmai, il primo passo di una band di grande spessore in grado anche di portare anche dal vivo la propria splendida musica.

Tracklist:
1. Dissolved
2. Elegy Of The Fall
3. A.R.T.E. (Always Remember Those Eyes)
4. Denialist (feat. Therese Tofting)

Line-up:
Maurizio Caverzan: voce
Nick Magister: chitarra, synths, programmazione
Bolthorn: basso

GHOSTHEART NEBULA – Facebook

Riccardo Tonoli

Il video di “City of Emeralds”, dall’album omonimo.

Il video di “City of Emeralds”, dall’album omonimo.

Riccardo Tonoli presenta il videoclip di “City of Emeralds”, brano che dà il titolo al suo primo lavoro solista.

Il nuovo videoclip, diretto da Michele Sirigu (G Studio Entertainment), vede Riccardo e la sua chitarra al centro dei luoghi del Lago di Garda, tra montagne, boschi e gallerie.

Un video suggestivo in cui spiccano le capacità chitarristiche di Tonoli, già conosciute per il lavoro con la band Tragodia nella quale milita dal 2007 con quattro album all’attivo tra cui il recente “Before The Fall” (Revalve Records).

La chitarra è dunque la vera protagonista capace sia di agguantare con forza i propri spazi che di lasciare momenti di respiro.

Il titolo del brano fa riferimento alla Città di Smeraldo del Mago di Oz, uno dei racconti che hanno ispirato il chitarrista nella scrittura delle musiche; infatti gran parte del disco rimanda al mondo delle fiabe, in cui fantasia e sentimento possono viaggiare separandosi da tutto quello che è il mondo reale, dando vita ad avventure e situazioni completamente nuove.

Così,esattamente come nel viaggio fantastico di Dorothy, ‘City of emeralds’ fa si che tramite la musica si possa raggiungere qualsiasi destinazione andando oltre i limiti, riuscendo a vivere l’immaginario e rendendo reale l’impossibile.

L’album, prodotto da Daniele Mandelli (Forgotten Tomb, Dark Horizon, Tragodia, ecc.), verrà pubblicato il prossimo 7 Febbraio attraverso Heavy Loads/Freemood, etichette del gruppo Tanzan Music.

ARTISTI di Riferimento

John Petrucci, Yngwie Malmsteen, Jeff Loomis, Kiko Loureiro, Steve Vai.

Biografia
Le straordinarie doti chitarristiche di Riccardo Tonoli sono state una colonna portante del progressivo, potente e ‘thrashy’ sound della band Tragodia sin dal 2007. Assimilando da adolescente le tecniche classiche apprese dall’ascolto di leggende come Yngwie Malmsteen e John Petrucci, e fondendole al proprio stile, sempre melodico e meravigliosamente irrequieto, Riccardo ha scolpito la sua nicchia e ha creato un approccio immediatamente riconoscibile tra i chitarristi moderni.
Riccardo è attivo dal 1998, suonando in varie band come Bladhe, D-Vines, Hand of Glory, e ha collaborato con gruppi molto apprezzati come To Cast a Shadow (Norvegia), Gravøl (Norvegia), Take me Out (Italia) e Dark Horizon (Italia).
Attualmente è il chitarrista principale dei Tragodia, posizione che ricopre dal 2007,contribuendo in maniera consistente all’attività della band sia come interprete che come autore versatile e prolifico.
Dopo aver completato il songwriting per il suo primo lavoro da solista nel 2014, Riccardo è entrato in studio per registrare il suo primo full lenght album strumentale ‘City Of Emeralds’, prodotto a fianco del noto sound engineer Daniele Mandelli (Forgotten Tomb,Dark Horizon, Tragodia, tra gli altri) presso gli Elfo Studio (Piacenza, IT) e Tanzan Music studio (Lodi, IT).

Spearhead – Pacifism Is Cowardice

Pacifism Is Cowardice è un’opera estrema di buona qualità ed impatto, pur essendo destinata a rimanere confinata nell’underground metallico a uso e consumo degli amanti del genere.

La guerra diviene fonte inesauribile di ispirazione sia per i testi che per la musica, assolutamente estrema e violentissima, un death metal che alleandosi con il black affronta con crudeltà inaudita la battaglia trasformandola in una carneficina.

Stiamo parlando dei britannici Spearhead, band estrema attiva da più di dieci anni e con tre album all’attivo, prima che Pacifism Is Cowardice torni dopo un lungo silenzio a far parlare del gruppo.
Sono passati sette anni infatti dall’ultimo lavoro (Theomachia) ma la band non ha perso nulla dell’impatto che l’ha sempre contraddistinta, in virtù un sound dalla forza soprannaturale, oscuro e violentissimo, a tratti pregno di una solenne epicità estrema che lo rende un macigno di musica guerresca.
Il death metal del quartetto si ispira alla scuola statunitense, con rallentamenti ed atmosfere tipiche del Bay Area Sound per poi colpire senza pietà con tempeste di black metal che non fanno prigionieri.
La bravura del gruppo sta nel non farsi trascinare troppo dal caos sprigionato dalla battaglia, facendo in modo che le tracce abbiano una loro precisa connotazione e le atmosfere siano ben delineate in un ascolto che si fa feroce ma interessante nel seguire la band nei suoi assalti.
Ottimi i solos che nei momenti di potenza oscura e controllata si rivolgono agli amanti del death floridiano, per poi lasciare spazio ad un massacro di matrice black metal in brani come Of Sun and Steel, Degeneration Genocide e Khan.
Pacifism Is Cowardice risulta quindi un’opera estrema di buona qualità ed impatto, pur essendo destinata a rimanere confinata nell’underground metallico a uso e consumo degli amanti del genere.

Tracklist
1. Duellorum
2. Of Sun and Steel
3. Ajativada
4. Wolves of the Krypteia, We
5. Violence Revolt Ruination
6. Hyperanthropos
7. Degeneration Genocide
8. The Elysian Ideal
9. A Monarch to Rats
10. Khan
11. Aion (Two Keys and a Lion’s Face)
12. Aftermath

Line-up
Barghest – Bass, Vocals
Invictus – Guitars
Typhon – Drums
Praetorian – Lead Guitars

SPEARHEAD – Facebook

Ahnengrab – Schattenseiten

Un’opera che parte dal black metal e arriva in molti posti diversi, una rivelazione per chi non li conoscesse ancora, e una grande riconferma per chi li segue da tempo.

I tedeschi Ahnengrab sono al loro terzo disco, la direzione è quella del pagan black metal, con una forte dose di atmospheric e molta melodia.

La miscela musicale di questa band è molto difficile da trovare declinata in questa maniera. Il loro punto di partenza è un black pagano, ma c’è tantissima melodia e soprattutto uno sviluppo assai inusuale delle canzoni, molto al di sopra della media dei gruppi coinvolti nel genere. La questione centrale non è però tanto la qualità quanto la diversità di questo gruppo. I testi in tedesco rendono ancora più corposa ed originale la loro proposta. Ascoltando il disco si viene guidati dal sentimento e non da creazioni musicali artificiose. Ci sono grandi cavalcate che hanno insito il cuore dell’heavy power, momenti di grandioso headbanging, i classici massacri in crescendo del black metal, le stimmate del pagan e anche dei tocchi di folk. Insomma, ci sono moltissime cose per un lavoro che sa emozionare e lascia l’ascoltatore con la voglia di sentirlo ancora. I gruppi come Ahnengrab sono sempre più rari, poiché fluttuano in diversi mondi musicali e si assumono l’alto rischio di non piacere a chi si limita ad un solo genere, privandosi del piacere che può dare un disco come questo. Tutto qui è metal, si usano vari registri per arrivare a narrare storie in una certa maniera, quel modo assai caro a chi legge una webzine come questa, che potrà trovare in Schattenseiten un’autentica rivelazione. Ogni canzone fa genere e storia a sé, poiché racconta una storia diversa e le storie sono come gli uomini, ognuno è differente, è ciò che è. Un’opera che parte dal black metal e arriva in molti posti diversi, una rivelazione per chi non li conoscesse ancora e una grande riconferma per chi li segue da tempo. Sapienza compositiva superiore, grande resa e un suono fuori dal comune.

Tracklist
01. Aurora
02. Katharsis
03. K-37c
04. Phoenicis
05. Rad der Zeit
06. Herbstbeginn
07. Urknall
08. Des Weltenend’ Melancholie
09. …When Paths Separate
10. Sternenmeer

Line-up
Christoph H. – Guitar
Tom W. – Drums
Tom J. – Bass
Tibor C. – Guitar
Christoph “Fenris” L. – vocals

AHNENGRAB – Facebook